Il caso del ragazzo selvaggio dell'Aveyron

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Il caso del ragazzo selvaggio dell’Aveyron Le competenze di scrittura nell’osservazione antropologica Una programmazione interdisciplinare nel Liceo delle Scienze Umane Materiali di Carlo Mariani ISIS «Pontormo» - Empoli Classe Terza - Sezione E - Anno scolastico 2013- 2014

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La competenza di scrittura nell'osservazione antropologica.

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Il caso del ragazzo selvaggio dell’Aveyron

Le competenze di scrittura nell’osservazione antropologica

Una programmazione interdisciplinare nel Liceo delle Scienze Umane

Materiali di Carlo MarianiISIS «Pontormo» - Empoli

Classe Terza - Sezione E - Anno scolastico 2013-2014

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I temi chiave di questo percorso

Perché questo percorso? Per quanto tempo? A che scopo? In che modo?

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I temi chiave di questo percorso

Interdisciplinarità: parola chiave della scuola, quasi mai effettivamente coltivata e sperimentata.

Perché? Provincialismo della scuola italiana. Scarsa preparazione dei docenti poco inclini a

mettere in gioco i loro saperi e a confrontarsi con le sfide della complessità. È preferibile chiudersi nei propri programmi da svolgere; seguire il manuale attraverso una lettura-commento dei capitoli; non rischiare di avventurarsi in territori sconosciuti. 3

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I temi chiave di questo percorso

Scuola delle competenze: locuzione postmoderna che significa non solo imparare nozioni (che è quello che si fa seguendo i docenti descritti nel paragrafo precedente) ma soprattutto imparare ad adoperare le nozioni (e i concetti, i metodi, le parole, le strutture, i metodi) in un contesto diverso da quello scolastico, e che qui chiameremo scenario pedagogico.

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Che cos’è uno scenario pedagogico?

Che cos’è uno scenario pedagogico? È un contesto nel quale a scuola si riproduce una

situazione operativa (e, ad esempio, lavorativa) in cui uno studente viene chiamato a fare finta di essere… un antropologo, uno psicologo, un pedagogista (se siamo al liceo delle scienze umane); oppure …un segretario contabile, un impiegato di banca (se siamo all’istituto tecnico commerciale); un … agronomo (se siamo al tecnico agrario). E così via.

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Che cos’è uno scenario pedagogico?

In uno scenario pedagogico lo studente dovrebbe imparare ad utilizzare – in un particolare contesto – i ferri del suo mestiere, cioè i saperi disciplinari che si insegnano a scuola, per poi declinarli e adattarli, per coniugarli e applicarli in una situazione molto simile a quella in cui si troverà una volta uscito dalla secondaria superiore, quando entrerà nel mondo del lavoro.

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Che cos’è uno scenario pedagogico?

Sembra un’esperienza finalizzata al lavoro, ma non lo è. Perché? Perché è molto di più.

Primo aspetto: le competenze sono conoscenze e saperi di lunga durata, che necessitano di essere metabolizzate (cioè ingerite, assimilate e conservate) per poi trovare la possibilità di venire nuovamente impiegate in altre situazioni e ricollocate in contesti analoghi.

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La competenza linguistica

La principale di queste competenze è quella linguistica.

Esempio? Prendete i verbi che ho usato in queste prime slides. Vedrete che dalla mia competence linguistica (cioè dal mio vocabolario personale) ho tirato fuori una serie di verbi che appartengono ad un medesimo campo semantico.

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La competenza linguistica

9Il caso del ragazzo selvaggio dell'Aveyron - Materiali di Carlo Mariani

adoperare

usareutilizzare

impiegare

declinare adattareconiugare

applicare

ricollocare

Camposemantico

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La competenza linguistica

Come si fa ad imparare l’uso di quei verbi-struttura del linguaggio specifico di una determinata disciplina? Cioè di quelle forme verbali attorno alle quali possiamo costruire discorsi, argomentazioni critiche, descrizioni, rappresentazioni della realtà, analisi deduttive.

Come si fa? Si adoperano. Ma non solo nei classici temi che si fanno

(quando si fanno) a scuola.

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Che cos’è uno scenario pedagogico?

Seconda questione: le competenze si articolano e si snodano dentro situazioni di scambio-condivisione. Nel mondo della vita si vive e si lavora

in gruppo. Siamo dentro una società in cui il file-

sharing è un dato di fatto. Parola d’ordine: collaborare.

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Il nostro scenario

Bisogna allora inventarsi degli scenari operativi che inducano a scrivere relazioni, rapporti di ricerca, forme saggistiche brevi, papers (come dicono gli inglesi), commenti, riassunti (abstract o resumé).

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Il nostro scenario

Il ritrovamento di un ragazzo dell’età di undici-dodici anni che per molto tempo è stato lontano dalle forme e dai modi tradizionali (occidentali) della civiltà umana (l’educazione, la famiglia, il gruppo sociale, i giochi, la scuola, lo sport).

Il caso del ragazzo selvaggio dell’Aveyron. La civiltà illuministica.

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Il nostro scenario

Per ricostruire questa situazione ci serviremo di fonti di informazione (già, come si utilizzano le fonti?):

un film (che peraltro è già il risultato-sintesi di una rielaborazione di fonti precedenti);

un saggio molto dettagliato e specifico (il cui autore è stato un importante docente universitario di storia della filosofia; esperto del Settecento e dell’illuminismo);

altre fonti reperibili in biblioteca (ad esempio le Memorie di Itard sul ragazzo selvaggio dell’Aveyron), oppure on line come approfondimento del problema e corollario del contesto di riferimento. 14

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Mission impossible

Come se voi foste operatori sociali (psicologi, pedagogisti, ecc.) di un centro di recupero educativo il vostro compito finale è quello di stendere una relazione in cui vengano evidenziati:

Il contesto in cui si sviluppò il dibattito sul ragazzo selvaggio dell’Aveyron (il quadro storico, le teorie filosofiche che lo influenzarono, gli autori che direttamente o indirettamente vennero chiamati in causa, ecc.).

I temi, gli aspetti specifici (psicologici, medici, riabilitativi), i materiali culturali che un lavoro del genere dovette portare alla luce come motivi di discussione alla comunità scientifica dell’epoca. 15

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Mission impossible

Gli obiettivi che – all’epoca – si erano prefissi i veri specialisti che furono coinvolti a vario titolo in questa complessa operazione.

I risultati che vennero ottenuti. La riproducibilità o meno di quell’intervento; i punti

di forza e i punti di debolezza che possono emergere: questa parte necessita quindi di riadattare e di ricontestualizzare quell’intervento alla luce delle nostre conoscenze di oggi. Ovvero. In un contesto simile, oggi come agiremmo? Quale lezione ci insegna la vicenda che abbiamo studiato e approfondito?

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La nascita delle scienze umane

Le scienze umane sono il risultato di quella complessa riorganizzazione dei saperi che si mette in moto a partire dalla fine dell’Ottocento con la dissoluzione della filosofia in quelle che Dilthey chiamò scienze dello spirito.

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La nascita delle scienze umane

Alla fine del XIX secolo questa rottura produsse come conseguenza l’autonomia delle «scienze dello spirito»: una terminologia con cui si intendevano in realtà quelle che noi oggi chiamiamo «scienze umane» (antropologia, pedagogia, psicologia, sociologia).

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La nascita delle scienze umane

In realtà le basi e le premesse per la costituzione epistemologica di queste scienze – di tutte queste scienze, in quanto scienze dell’uomo e sull’uomo – ha un’origine più lontana.

E questa gestazione avviene dentro l’incubatore culturale dell’illuminismo, nel corso del XVIII secolo.

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La nascita delle scienze umane

Nel Settecento si collocano: le prime ricerche antropologiche (legate

ai viaggi, alla dimensione dell’esotismo, all’esperienza esplorativa di un continente come l’Oceania);

i primi tentativi di sistematizzare la psicologia (Herbart);

le nuove teorie sull’educazione del bambino (da Rousseau a Pestalozzi);

importanti innovazioni nell’ambito della clinica.

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L’intera Africa e i suoi numerosi abitanti, singolari per il carattere quanto per il colorito, restano ancora da studiare; tutta la terra è piena di popoli che conosciamo solo di nome, e pretendiamo di dar giudizi sul genere umano! Supponiamo che un Montesquieu, un Buffon, un Diderot, un Duclos, un d’Alembert, un Condillac, o altri uomini della loro tempra, si mettano a viaggiare per istruire i loro compatrioti, osservando e descrivendo come sanno fare la Turchia, l’Egitto, la Barberia, l’impero del Marocco, la Guinea, i paesi dei Cafri, l’interno dell’Africa e le sue coste orientali, il Malabar, il Mogol, le rive del Gange, i regni del Siam, del Pegù e dell’Ava, la Cina, la Tartaria e soprattutto il Giappone; poi, nell’altro emisfero, il Messico, il Perù, il Cile, le terre di Magellano, senza dimenticare i patagoni, veri o falsi, il Tucuman, possibilmente il Paraguai, il Brasile, infine i Caraibi, la Florida e tutte le contrade selvagge […]; supponiamo che questi novelli Ercoli, tornando dalle loro memorande peregrinazioni, scrivessero poi, con comodo, la storia naturale, morale e politica delle cose viste: anche noi vedremmo uscire dalla loro penna un mondo nuovo e ci servirebbe per imparare a conoscere il nostro.

Jean-Jacques Rousseau, Discorso sull’origine della disuguaglianza, nota L.

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La nascita delle scienze umane

Cosa scrive Claude Lévi-Strauss a proposito del brano precedente?

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Non è forse l’etnologia contemporanea, con il suo programma e i suoi metodi, quella che vediamo qui profilarsi? E i nomi citati da Rousseau, non sono forse gli stessi che gli etnografi d’oggi si propongono come modelli, senza pretendere di eguagliarli, ma convinti che solo seguendone l’esempio potranno garantire alla loro scienza un rispetto che così a lungo le è stato lesinato?

C. Lévi-Strauss, Jean-Jacques Rousseau, fondatore delle scienze dell’uomo, postfazione a Jean-Jacques Rousseau, Emilio, Milano, Mondadori, 1997, p. 702.

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La nascita delle scienze umane

Perfino una disciplina come la pedagogia vede nascere settori specifici e branche trasversali rispetto al proprio statuto generale: gli interventi a sostegno dei minorati fisici e

psichici danno il via alla pedagogia speciale;

i nuovi strumenti della ricerca che accompagna l’economia politica favorisce l’impiego dei metodi statistici e delle indagini quantitative che avranno in seguito una notevole importanza nelle scienze sociali (con le inchieste, con le ricerche sul campo). 23

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La nascita delle scienze umane

Quali sono le condizioni in cui matura questa nuova scienza dell’uomo?

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La nascita delle scienze umane

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1. La moltiplicazione epistemologica

2. L’osservazione sensibile

3. La riduzione dell’uomo a

oggetto di studio

4. La riabilitazione del corpo e della

corporeità

5. La scoperta dell’ambiente

6. La scoperta dell’altro

Le condizioni

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La prima condizione è di carattere filosofico. Nel Settecento si assiste ad una

liberazione delle energie interne allo spirito di ricerca con un costante susseguirsi di teorie, anche sperimentali: è quello che gli storici hanno chiamato il fenomeno della moltiplicazione epistemologica.

L’opera più rappresentativa di questa straordinaria stagione culturale è stata la Encyclopédie. 26

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Da questa situazione vengono fuori numerose conseguenze: Si mette in crisi e si ridiscute la centralità e

l’egemonia del metodo matematico come unico strumento di indagine nelle scienze dell’uomo.

Si assiste ad una costruzione empirico-induttiva e non più formale-deduttiva (dal generale al particolare) dei modelli esplicativi, cioè partendo da singoli casi particolari si cerca di stabilire una legge universale.

La descrizione dei fenomeni, la loro documentazione a partire dall’esperienza diventano parte integrante della metodologia della ricerca. 27

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Il secondo fenomeno che si registra è quello dell’osservazione sensibile. Il Settecento ha inventato – per così dire –

una sorta di epistemologia dello sguardo con cui la scienza indaga e registra, permette di cogliere le differenze ma soprattutto di confrontare i casi specifici, i singoli soggetti, le situazioni particolari.

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L’osservazione è poi sempre collegata ad un altro grande principio-guida della ricerca illuministica, quello della comparaison: la comparazione, il confronto, la messa in relazione di un caso specifico con altri casi analoghi, in modo da costruire strutture, collegamenti e riferimenti.

È questa la tecnica della clinica, dell’antropologia, dell’archeologia, dell’etnologia, della psicologia, della pedagogia: in sintesi, di tutte le scienze umane.

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La terza condizione è data dalla riduzione dell’uomo a oggetto di studio. La scienza del Settecento ha studiato i

fenomeni fisici e sociali (l’anatomia, l’economia, la demografia, ecc.) e lo ha fatto in modo razionale, rigoroso, matematico.

La stessa modalità è stata quindi adoperata per lo studio dell’uomo e del suo comportamento.

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Quarta condizione: la riabilitazione del corpo e della corporeità. Le scienze umane del Settecento hanno

indagato a lungo il corpo umano: non è un caso che è proprio nel secolo dei lumi che si afferma la nascita della clinica moderna, della moderna introspezione medica.

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La nascita delle scienze umane

Attorno alla metà del secolo si colloca un libro estremamente interessante, L’homme machine di La Mettrie, che ha studiato il funzionamento, la fisiologia della macchina umana come se fosse un marchingegno: lo scheletro è diventato una specie di impalcatura; le articolazioni sono descritte come il fulcro di leve meccaniche; le arterie e le vene rappresentano l’apparato idraulico. Poi, verso la fine del XVIII secolo, c’è una svolta

ulteriore a questi studi.

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La nascita delle scienze umane

Il corpo vivente è ancora più complesso di una macchina, perché è un organismo sensitivo e dinamico.

Non c’è bisogno di ipotizzare l’esistenza di un’anima perché il cervello è già una materia pensante, intellettiva e affettiva.

La scienza che studia l’uomo dal punto di vista fisico e fisiologico (physique) deve collegarsi a quelle scienze (la psicologia, l’antropologia) che studiano l’uomo dal punto di vista del comportamento (moral) individuale e collettivo.

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La nascita delle scienze umane

Quinta condizione: la scoperta dell’ambiente L’uomo come essere fisico intrattiene relazioni con il

contesto esterno, con l’ambiente sociale di provenienza, con la famiglia, con gli ambienti di lavoro ecc. L’uomo cioè, interagisce con quello che i francesi chiamarono milieu (Lamarck impiegò anche i termini sinonimi di climat e di territoire) e che noi oggi definiamo in vario modo (il background; l’esperienza; l’ecologia dello sviluppo umano).

Il clima è insomma la cornice di riferimento all’interno della quale l’uomo si muove e stabilisce le sue relazioni; in cui si forma, si autoeduca e progetta i suoi interessi (proprio nel senso dell’interagire). 34

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La nascita delle scienze umane

Sesta condizione: la scoperta dell’Altro. Un romanzo è stato estremamente

significativo di questo fenomeno: il Robinson Crusoe (1719) dell’inglese Daniel Defoe.

È il solo libro che Rousseau raccomanda come lettura durante la formazione di Emilio proprio perché riporta l’attenzione al mondo della natura e all’incontro con l’altro da sé (ovviamente il selvaggio Venerdì).

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La nascita delle scienze umane

Questa dimensione si collega nel Settecento alla nascita dell’etnologia e dell’antropologia. Ma ciò che cambiò fu soprattutto l’atteggiamento

di fronte alle civiltà diverse da quella europea: si passò da un atteggiamento di curiosità verso popoli e costumi eccentrici e meravigliosi ad un atteggiamento scientifico di osservazione e analisi che allargò di parecchio la concezione dell’umanità, che spostò il baricentro dell’attenzione da una visione eurocentrica della cultura ad una visione policentrica.

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La nascita delle scienze umane

Fontenelle e Leopardi: Entretiens sur la pluralité des mondes e il Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo

Ma chi è l’altro? Ovviamente il selvaggio, il primitivo,

ma anche il diverso, lo straniero, il diversamente abile, il malato, l’alienato, il pazzo.

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