Il ragazzo fastidioso

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WWW.RUBRIC.IT Matteo Trombacco IL RAGAZZO FASTIDIOSO Il ragazzo fastidioso parla: “La vita è come la pasticceria: se ti limiti a realizzare sempre la solita torta, solo perchè ti viene bene ed è facile da preparare e confezionare, non vuol certo dire che tu sia un pasticciere. Un pasticciere è colui che affronta una ricetta nuova ogni giorno e che ne ricerca la perfezione. O quantomeno la commestibilità. Un mastro dolciario è colui che, come un capocomico del teatro settecentesco, è in grado di raffazzonare composizioni differenti, dando vita ad un’opera teatrale. Perchè, poi, alla fine ci si può anche pure accontentare. Ma alla fine, non all’inizio...”. Il ragazzo fastidioso è così. Dice sempre quel che pensa, talvolta a proposito, spesso a sproposito. Dice la cosa giusta nel momento sbagliato e la cosa sbagliata nel momento in cui sarebbe utile dirne una giusta. Non va molto d’accordo con il tempo e lo spazio, lui, convinto com’è del kantiano assioma secondo cui spazio e tempo non siano realtà esterne all’uomo, ma solo un personale modo di organizzare i dati sensibili della realtà.

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"Dice sempre quel che pensa, talvolta a proposito, spesso a sproposito. Dice la cosa giusta nel momento sbagliato e la cosa sbagliata nel momento in cui sarebbe utile dirne una giusta". Basta un semplice assaggio per odiare il ragazzo fastidioso, provare per credere. Scoprilo leggendo il racconto di Matteo Trombacco

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  Matteo  Trombacco  

IL  RAGAZZO  FASTIDIOSO  

Il ragazzo fastidioso parla: “La vita è come la pasticceria: se ti limiti a realizzare sempre la solita torta, solo perchè ti viene bene ed è facile da preparare e confezionare, non vuol certo dire che tu sia un pasticciere. Un pasticciere è colui che affronta una ricetta nuova ogni giorno e che ne ricerca la perfezione. O quantomeno la commestibilità. Un mastro dolciario è colui che, come un capocomico del teatro settecentesco, è in grado di raffazzonare composizioni differenti, dando vita ad un’opera teatrale. Perchè, poi, alla fine ci si può anche pure accontentare. Ma alla fine, non all’inizio...”. Il ragazzo fastidioso è così. Dice sempre quel che pensa, talvolta a proposito, spesso a sproposito. Dice la cosa giusta nel momento sbagliato e la cosa sbagliata nel momento in cui sarebbe utile dirne una giusta. Non va molto d’accordo con il tempo e lo spazio, lui, convinto com’è del kantiano assioma secondo cui spazio e tempo non siano realtà esterne all’uomo, ma solo un personale modo di organizzare i dati sensibili della realtà.

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Per questo motivo, per lui e per Kant, l’uomo percepisce le cose l’una accanto all’altra (spazio) ed una dopo l’altra (tempo), ma non perché esse siano effettivamente nello spazio e nel tempo, ma perché questo è il proprio modo di percepirle. Di conseguenza, e per concludere, il ragazzo fastidioso definisce kantianamente il mondo come una semplice, artefatta costruzione umana. Da qui, tutto un minuzioso, quanto tedioso, elenco di concetti che spaziano dalla matematica alla morale, passando per la metafisica. Un Bastian Contrario, insomma, come l’ha puntualmente definito suo padre, che ormai non lo chiama più per nome, ma semplicemente ‘il Bastian Contrario’. Lui, il ragazzo fastidioso, gli avrebbe voluto dire che Bastian Contrario non era altro che l’epiteto affibbiato al Conte di San Sebastiano che, disobbedendo all’ordine di ritirarsi, aveva consentito al Piemonte di sconfiggere l’esercito franco-ispanico nella battaglia dell’Assietta (1747, se mai dovesse interessare a qualcuno). Ma ha deciso di lasciar perdere e di fare, del paterno soprannome, motivo di vanto. Anche qui c’è, alla base, un postulato kantiano, tutto sommato. Malcelatamente frammisto a preoccupanti deliri d’onnipotenza. Grazie a dio, o a chi per esso, il ragazzo fastidioso non è sempre così sgradevole: diciamo che va evitato la mattina presto, al risveglio, quando il malumore lo attanaglia come un rottweiler attaccato alle palle; durante i pasti, che preferisce consumare frugalmente, in solitudine, in piedi, tra televisione e frigorifero; quando è sotto l’effetto di sostanze lisergiche e, last but not least, la domenica, che trascorre irrimediabilmente rinchiuso in casa guardando qualunque tipo di sport venga trasmesso, occupando gli intervalli stramaledendo le donne, il tempo ed il governo, come i quattro pensionati della Città Vecchia di De Andrè. Con, unico guizzo domenicale, l’imperdibile pizza serale, marinara con aggiunta di cipolla rossa di Tropea e Philadelphia light. Sempre la stessa, tanto per non sbagliare. Ma, tornando alla pasticceria, ed alla vita, prosegue il ragazzo fastidioso: “Se ti limiti a preparare ciambelle al cioccolato, dopo un mese sarai il mago delle ciambelle al cioccolato. Ma non le saprai realizzare al mascarpone, all’anice o alle melanzane. Sì, certo, alle melanzane. Perché, chi ti dice che una ciambella alle melanzane sia meno buona di una al cioccolato? La risposta verrà solo dall’esperienza, ma l’esperienza deriva dal coraggio di provare, sperimentare, osare. Se non ti metti mai in discussione, sperimentando appunto, come potrai metterti alla prova? La vita è ricerca, studio, esperimenti, tentativi. Ecco, soprattutto è fatta di tentativi, i più falliti, i meno riusciti. Ma come potrai confezionare una torta Russa se, per esempio, per paura di fallire non hai mai nemmeno preso in considerazione l’ipotesi di sostituire il cioccolato con lo yogurt nella tua maledetta ciambella?”. Chissà se questo ragionamento, che di per sé non fa una grinza, potrebbe essere applicato anche alla sua pizza domenicale… chissà se ha mai provato a sostituire la cipolla rossa con quella ramata di Montoro… chissà. “Fate quello che dico, ma non quello che faccio”, qualcuno potrebbe pensare. Difficile che il ragazzo fastidioso dica pane al pane e vino al vino. Troppo innamorato delle allegorie e delle metafore, troppo convinto che gli esempi concreti siano più chiari e comprensibili di un semplice ‘non puoi sempre rimanere legato alle poche cose che conosci, altrimenti ti perdi il meglio della vita’, troppo sedotto dal suono della sua voce e dal ritmo delle sue parole. Ma ognuno ha i propri difetti e solo chi è senza peccato dovrebbe potersi permettere l’ardire di scagliare la prima pietra. Che, poi, in fin dei conti, se Narciso si affoga da solo sarà anche un

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problema suo. Peccato soltanto che il Narciso in questione tenda ad esondare. Non sempre, ma spesso sgradevolmente. E noiosamente, anche. Un altro difetto del ragazzo fastidioso è quello di essere taciturno quando dovrebbe essere espansivo e di essere logorroico quando dovrebbe, e potrebbe, essere succinto. E, quindi, ritorna nuovamente alla pasticceria ed alla metafora della vita. “Ecco, io in questo caso è come se avessi preparato un Makroud tunisino, amalgamando i datteri con il burro, la margarina, il semolino ed il miele. Era la prima volta che lo facevo: ne è uscito un dolce dal sapore gradevole e dall’aspetto quantomeno decente. Ora so che sono in grado di realizzarlo. Ci proverò ancora, giusto per capire se ne potrò affinare le procedure e migliorarne tanto l’aspetto quanto il sapore, ma poi cambierò, magari provando a realizzare un Ataef palestinese, nonostante il mix fritto di noci, mandorle, arachidi e frutta secca non incontri esattamente i miei gusti. Ma, mentre io infornavo il Makroud, tu continuavi a cuocere focacce al cioccolato”. Un altro difetto del ragazzo fastidioso, ma qui cominciano ad essere veramente troppi da sopportare, anche per un Santo o per un monaco stilita, è il continuo, quanto inutile, sfoggio di erudizione. Che, almeno, se non si limitasse a pillole di saggezza del tipo ‘sapete perché il numero 17 si dice porti sfortuna?’, ma fosse il risultato di una vera cultura a 360 gradi, ecco, avrebbe anche un qualche senso. Ma non è così. O non proprio. Certo, non solo un lettore della pagina ‘lo sapevate che’ de La Settimana enigmistica, il ragazzo fastidioso, ma nemmeno uno con un quoziente intellettivo di 156 su 160, tipo Dorata Rabczewska, la rockstar polacca, ex coniglietta di Playboy, definita la donna più intelligente al mondo. Ovviamente aspirava al Mensa, il ragazzo fastidioso, ma, con un banale qi di 107, ha dovuto abbandonare ogni sogno di gloria. Quando gli succedono queste cose, solitamente scrolla le spalle, simula indifferenza (sottolineo, simula) e si limita ad un laconico e bogartiano “è vita. Sempre e comunque. E non ci si può fare niente, come per la stampa. Niente!”. Riprende. E ci si augura concluda, anche. “Ora, ed è questo il nocciolo della questione, non ti puoi venire a lamentare che hai fatto fatica a preparare sempre la solita cazzo di focaccia al cioccolato, perché sei tu che hai deciso la monotematicità della tua Carta dei dolci. Come non mi puoi accusare, anche se velatamente, per carità, di aver voluto ampliare la mia, di Carta, solo per il gusto di sentirmi superiore a te o a chiunque altro. L’ho fatto perché avevo il desiderio di provarci, e niente e nessuno può, o vuole, impedire a te stessa di metterti alla prova. È una scelta solo tua. E, per inciso, non regge nemmeno la scusa che, quando sei andata al mercato, non hai trovato i datteri israeliani, anche perché, essendo nota la mia avversione per tutto ciò che politicamente batta sotto l’effigie della stella giudaica, ne ho acquistati di provenienti dall’Egitto. Ma, nonostante questo, ed, anzi, proprio per questo, niente mi impedirà di cimentarmi, prima o poi, anche nella realizzazione di Baklava, Ugat Pereg, Chavitanionet, Tapuchai Eden o Ma’amool israeliani. Quindi, e concludo perché ho già parlato fin troppo (alleluia, alleluia, canteranno, a questo punto, i più!), se proprio vuoi continuare ad infornare solo focacce al cioccolato, almeno abbi la decenza di non lamentarti. Perché, come diceva il console Appio Claudio Cieco, ‘ognuno è fabbro della propria fortuna’, ed artefice del proprio destino, aggiungo io!”. E con lui, e giusto qualche secolo prima di lui, Sallustio e Giordano Bruno. Accende una Malboro Light morbida, il ragazzo fastidioso, come per sottolineare, con questo gesto, la conclusione del suo edotto intervento. La accende con malcelata soddisfazione, più appagato

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dall’elegante trattazione che dal gusto amarognolo del tabacco trinciato e pressato che aspira dal cilindro di carta e catrame che tiene tra le labbra e che espira sotto forma di dense volute di fumo bianco. Appoggia la schiena alla spalliera della sedia, socchiudendo gli occhi in una posa studiatamente bohèmien, tanto che qualcuno potrebbe anche aspettarsi che, d’un tratto, tra le sue mani prendano forma un’antica pipa da oppio in ceramica cinese ed un bicchiere d’assenzio, con tanto di cucchiaino forato, zolletta di zucchero e qualche goccia di laudano. Ma del quadro La bevitrice di Pablo Picasso, il ragazzo fastidioso ha ben poco, come ben poco ha a che spartire anche con i suoi tanto amati, citati e decantati Poètes maudits. Ma nessuno può nemmeno negare che, al di là della posa e delle torte, nelle sue parole non ci sia della sostanza. Anche. Forse, in effetti, il problema non è che i porci non apprezzino le perle, come pensa spesso il ragazzo fastidioso, ed assieme a lui, e qualche millennio prima di lui, l’evangelista Matteo, ma, semplicemente, non sanno cosa farsene. Basterebbe, quindi, sostituire il pregiato carbonato di calcio cristallizzato con quasi qualunque altra cosa, data la suina voracità. Ma, si sa, molto spesso una pagliuzza è più visibile di una trave… Inoltre, parafrasando Romano Battaglia, a volte le cose sono così vicine da non riuscire ad essere colte. Come non coglie, il ragazzo fastidioso, gli sguardi disperati degli altri commensali quando, d’un tratto, rompe il silenzio che il monologo aveva fatto calare sulla cena, con un’altra delle sue uscite: “E, giusto un inciso: non me la voglio certo tirare perché ho fatto un corso da sommelier, ma, a mio modesto parere (modesto?), avrei abbinato all’arrosto, in realtà un po’ insipido ed un po’ troppo cotto, un Vino Nobile di Montepulciano Docg, piuttosto che questa Lacrima di Morro d’Alba, che è semplicemente una Doc, e per di più marchigiana. Non che abbia nulla contro le Marche, per carità, che un paio d’anni fa sono anche andato in vacanza a Recanati, in processione all’ermo colle leopardiano, ma i vini toscani hanno assolutamente una marcia in più. Come calerei anche un velo pietoso, anzi, una sacra sindone, sulle patate al forno: per carità, l’abbinata arrosto di vitello e patate è un classico, ma bisognerebbe almeno essere sicuri del risultato. Tra arrosto insipido e troppo cotto e patate insipide e poco cotte, ecco, io avrei optato per qualcosa di meno scontato e, tra l’altro, anche di più semplice realizzazione. Penso ai broccoli affogati al vino rosso, una ricetta catanese, o ai carciofi alla romana. Ma si sarebbe potuto osare anche un bulgur con pesto di erbe fresche e noci, forse un po’ estivo, ma sempre ottimo, dei ciliegini canditi con il timo o dei funghi saltati allo zenzero, ma anche, ma qui si va sulla haute cuisine, una quiche al radicchio con taleggio e birra… Chapeau, invece, a chi ha preparato i frijoles refritos, la crema di fagioli messicana che, a mio avviso, è un must!”. Finge di essersi dimenticato di essere stato lui a portarla, la crema di fagioli, tra l’altro spacciata come di sua produzione, di fatto acquistata al Mexicali, nota catena di ristoranti messicani diffusa in tutto il mondo, e successivamente messa in una kitscissima terrina in porcellana di Capodimonte, l’unica che possegga. Si potrebbe dire che, se non è tutto, e di fatto non lo è, per il ragazzo fastidioso l’apparenza riveste comunque la sua porca importanza. Ora ci si augura che abbia definitivamente terminato le sue edotte dissertazioni culinarie. E che taccia, se non per sempre, almeno per il resto della cena. La speranza, si sa, dicono sia l’ultima a morire… il problema, eventualmente, è che sono i rompi coglioni, quelli che non muoiono mai. Qualcuno suggerisce l’erba cattiva, ma qualcun altro risponde che, al limite, quella basta limitarsi a non fumarla.

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BIOGRAFIA

Nato 36 anni fa a Verona, dopo una laurea in lettere moderne e molti, troppi lavori, sono entrato nel mondo dell'editoria. Salvo poi uscirne, ma mai completamente, cinque anni più tardi. Ora mi occupo di marketing e comunicazione per sei società e sono responsabile dell'agenzia di comunicazione 'Symphonia, creatività skizofrenica'. Il richiamo della scrittura continua, tuttavia, ad essere forte quindi, quando riesco a ritagliarmi un po' di tempo libero, lo occupo battendo freneticamente i tasti del portatile cercando di dar vita a pensieri ed immagini. Con alterni risultati. Sono vegetariano ed animalista.