II = LA FESTA DELLA MONTAGNA - Domenico Cirino - Home page · Note :6> = Alàstri = Cytisus...

8
143 II = "LA FESTA DELLA MONTAGNA" Ti ritrovai su di un palco(1), ma tu eri … “tua figlia” ed io, già vecchio a vent'anni, cantavo alla gente la genesi dei padri e l'essere "soli" degli uomini. L'amplesso fu totale mentre falliva. Amavo quegli occhi ed il sorriso di allora. Quel sorriso che cerco e non trovo sulla tua bocca, che mi appare come ferita insanguinata in un viso scolpito nel ghiaccio, che dice in un sussurro -: Fu sempre così ! Ma le mura di pietre poste sullo sperone al di qua di Màrmurèri sono ancora là, cementate dall'amore del figlio che ve le pose, e sono là da trent'anni, e ci passò il “pastore” a cui corsero incontro a centinaia le "greggi" sparse per l'alto Mela dà Jinèstra è Palìtti, dà Jiàmmuni à Pùlarìu, dà Ficaràzza à Santa Nicòla, ò Fanùsu (2) e più in là e fu festa à Pùffinìa(2). Fu la festa della "MONTAGNA". Proprio quando giunse (3) su quelle pietre sparammo i botti . Note : 1>= Palco teatrale su cui si recita. 2> = sono località dei monti (Peloritani) del Mela. 3>= Vescovo mons. Tonetti.

Transcript of II = LA FESTA DELLA MONTAGNA - Domenico Cirino - Home page · Note :6> = Alàstri = Cytisus...

143

II = "LA FESTA DELLA MONTAGNA"

Ti ritrovai su di un palco(1), ma tu eri …

“tua figlia” ed io, già vecchio a vent'anni,

cantavo alla gente la genesi dei padri e

l'essere "soli" degli uomini.

L'amplesso fu totale mentre falliva.

Amavo quegli occhi ed il sorriso di allora.

Quel sorriso che cerco e non trovo sulla tua

bocca, che mi appare come ferita insanguinata in

un viso scolpito nel ghiaccio, che dice in un

sussurro -: Fu sempre così !

Ma le mura di pietre poste sullo sperone

al di qua di Màrmurèri sono ancora là, cementate

dall'amore del figlio che ve le pose, e sono là da

trent'anni, e ci passò il “pastore” a cui corsero

incontro a centinaia le "greggi" sparse per l'alto

Mela dà Jinèstra è Palìtti, dà Jiàmmuni à Pùlarìu,

dà Ficaràzza à Santa Nicòla, ò Fanùsu (2) e più in là

e fu festa à Pùffinìa(2).

Fu la festa della "MONTAGNA".

Proprio quando giunse (3) su quelle pietre

sparammo i botti .

Note : 1>= Palco teatrale su cui si recita. 2> = sono località

dei monti (Peloritani) del Mela. 3>= Vescovo mons. Tonetti.

144

Arrivammo fin lassù, senza che alcun

borghesuccio fosse presidente della commissione per

i festeggiamenti, perché tutto quel popolo,

raccolto all'Acino per una misera paga (*) fece

tutto da sé con la spontaneità generosa dei

montanari. - Avevo formulato l'invito, avevo

innescato l'orgoglio di essere figli dei monti del

Mela e la miccia bruciò. - Composi la carovana.

Qualcuno mise a disposizione la mula,

qualcun’altro altre cose, ma fummo tutti là perché,

sbocciata la festa della "montagna", era la festa

di tutti e nessuno volle mancare.

/ <Foto Nicola.Amico : vallone “ACINO”> // Venne il“Pastore”

e trovò intorno a sé il

suo "gregge", non pecore

ma gente orgogliosa,

pulita, sincera, che

quando prega e quando

bestemmia é sempre

devota al suo Dio.

Fu la festa di tutti

e andammo là, sino al

cantiere, sino ad

affacciarci a

Màrmurèri(2), fin dove

l'acqua zampilla dalla

pietra come vi fosse

spillata.

Ci radunammo a

Calderàro(2), ove l'aia

fu chiesa e balera, ove, oh "pastore", spezzasti le

ostie perché erano poche per il numero di figli che

si accostarono alla mensa e sbalordito fosti

"Maometto" che va alla “montagna” e ci trova i suoi

Note.:*>= 1954 - un operaio £.500 + 100 per ogni persona a carico,

un capo squadra £.1400 al giorno. Era però guadagnare realmente del

denaro sonante anziché barattare lavoro con cibo o altro lavoro .

145

figli in preghiera, imploranti giustizia e

perdono per colpe non loro

Non assistetti alla messa poiché badavo a ché

il pranzo e tutto il resto fossero in ordine .

Un pranzo da cui mi esclusi andando "invasato"

di qua e di là fra la gente, a vedere se, e come,

era stato provveduto a ciascuna cosa .

Intanto mi rendevo conto che, l'occasione

avrebbe preteso un lauto pasto per tutti e che io

non l'avevo preventivato, non avevo provveduto, non

avevo ben valutato e previsto / <La Sfinge? Jìssàla> (N.Am.)

Qualche convenuto

reclamava un posto a

tavola, che non c'era,

che io non avevo per

poterlo cedere e non

sapevo più che dire,

cosa inventare.

La mia gente, come

per incanto, si

organizzò e fece il "miracolo della montagna",

rinnovandolo. - Non moltiplicò il pane, ma spartì

con l'altro il poco che aveva.

Non c'erano bancarelle, venditori, questuanti,

scarpe nuove, banda musicale.

C’erano occhi brillanti di gioia, sorrisi sinceri

e quella composta fisicità di chi è perfettamente a

suo agio nella “festa”.

Benedetta dal "padre", la gente spartiva ciò

che aveva portato nella borsa di “frùsche”(4) con

l'altro e ce ne fu per tutti.

Intanto il vescovo, rinnovato il sacrificio

di Cristo su di un'ara inventata là per là e posta

sull'aia, arena naturale di quell'anfiteatro

Note : 4>= Frùsche = cartocci/foglie/brattee che avvolgono

la pannocchia del granturco .

146

naturale , partecipava al pranzo servito da

"barbitta"(soprannome)), meravigliato lui stesso di

quell’incontro col suo “gregge”, tanto numeroso

e franco, e si diceva fra un boccone saporito e

l'altro -: È vero, le vie del Signore sono

infinite !

Giravo fra la gente seduta sull'erba, su di un

muricciolo caduto, sotto un ciuffo di

ginestra, in mezzo al biancospino fiorito,

preoccupato della mia pochezza, di non aver saputo

provvedere a questo e a quello, e

correvo ai ripari di qua e di là come chi é

stato morsicato dalla tarantola.

Poi l'assenso della regina “dà Jìnèstra”(2), la

madre di Lorenzo, che mi trattava come un

figlio, e le piaceva chiamarmi Mimmo perché

Mimmo è il nome del suo figliolo lontano, mi

acquietò col suo dire -: “Bràvu à mè fìgghiu

Ci vòsi Mìmmu ‘pi fàri stì cosi”(5)! - Essa mi

curò quando la febbre mi colse, furiosa, sotto la

“Ròcc’à timògna”(2) e non potrò mai scordare che mi

carezzò sulle fronte quando vegliavo, attonito,

<Foto Nicola Amico : ROCCA TIMOGNA >

Note : 5> = “Bravo al mio figliolo – c’è voluto Mimmo per

fare queste cose!”

147

mio padre morto con viso sereno .

Mi ritirai in disparte, non a fumare, ma

certo con l'animo di chi inspira voluttuosamente

il fumo della sigaretta o succhia la pipa, ed ero

felice perché tu, popolo dei colli del Mela, non

avevi bisogno di un "capo" cui ubbidire supino, ma

di ritrovare la coscienza della tua identità e,

padrone del tuo essere libero, intonare l'inno della

vita, e spartire il pane sorridendo al fratello, e

cantare, e ballare sull'aia, e fare il "miracolo

della montagna".

Ricordo che ad un certo punto mi ero rifugiato

fra le candite pietre e gli “àlàstri”(6) che

guardano da “Pùffinìa ô Còrvu(“2) portandomi dietro

la cesta, coperta con un “criveddu”(7), in cui

custodivo e pascevo tre “pèrniganòtti”(8) raccolti

spauriti tra le strisce dell’Acino.

<Foto Nicola Amico : Vallone Mandrazza>

Note :6> = Alàstri = Cytisus infestus = cespugli spinosi dai

fiori gialli. 7>= Crivèddu /crivello :serve per vagliare

granaglie ed altro. 8> = Pèrniganotti (vezzeggiativo) =

Pernici molto giovani appena fuori dal nido /di primo volo.

148

Ero, rilassato ed assente, li carezzavo

come in “trance” con le mani aperte ed essi

fuggirono verso la libertà ed il destino d’essere

preda e di cadere uccisi.

In pace con me stesso mi rivedevo una sera,

arrivato sul tardi, levitare disteso e galleggiare

nella luce lunare cinerina, come nebbia

luminescente sui colli attorno, e mangiare con le

ulive il pane senza l'offesa del coltello, e

baciare la “barilòtta”(9) col vino paterno.

Ricordo di aver ascoltato i tuoi canti, lo

zufolo brillante “dù mìricànu dà Pùrtèdda ò

trònu”(10) tornato a lasciare qui le sue ossa, e

fino a tardi la fisarmonica di Altùni.

Quando la comitiva delle persone che

contavano in paese era già sparita “dà pùrtèdda

‘ì Mùliciànu”(2) io, insalutato ospite, me ne

stavo ancora disteso fra i cespugli di“àlàstri”(6)

guardando nel vuoto.

Due tortore si erano posate lì presso, ma non

ero cacciatore in quel momento e le guardavo

tubare.

Seppi poi che un grasso “curiale” mi faceva

tenere d’occhio perché, diceva -: Essere comunismo

il mio stare alla pari in cantiere; ed anche -:

Essere apostasia il rappresentare in piazza "La

Giara" di Luigi Pirandello parlando di barriere

costrittive da eliminare e dell'uomo all'uomo, di

sogni, di diritto e di libertà .

Io mangiavo con te il mio pane e accettavo solo

un uovo, cotto ai fuochi del mattino nel cantiere,

prima di mettere mano “àll'ànta”(11) sull'Acino.

Note : 9> = Bariletto contenitore in legno di gelso per

qualche litro di vino. 10>= dell’americano (emigrato)

originario di Portella del tuono. 11>= “Mettere mano al

lavoro” – Iniziare il lavoro nel luogo in cui esso

(lavoro /ànta) c’è .

149

Venivo a caccia con te e dormivo nel tuo

fienile, parlavo di Libertà, di Giuseppe

Mazzini, di partecipazione agli utili, della

“Città del Sole”, di don Sturzo (prima maniera)

e dei diritti dell'uomo, non di iscrizione ai

partiti. - Io ti amavo e ti rispettavo come

ancora e sempre farò. / <Rocca Timògna> F. N. Amico.

Così il nostro

essere insieme fu un

canto, un volo

d'aquila, un donare

ed avere in semplicità

ed io, è vero, ho

avuto più di quanto

dato non abbia.

Altri strumen-

talizza la tua lotta

per la vita, il tuo

soffrire, e non so

dirti sino a che punto avrebbe ragione costui se

facesse leva sul tuo dolore per muoverti al

riscatto trascinandoti suo malgrado nel villaggio

globale, ma la mia è fantasia, poesia, forse

speranza, la realtà è ben altro.

Conobbi la solidarietà di uomini, a volte

nemici fra loro, che vanno a spegnere il fuoco,

ovunque si sviluppi e accorrendo da contrade

lontane battono spalla a spalla, con frasche le

frasche in epica lotta, in ossequio ad una

civiltà montanara oggi perduta se intere

contrade bruciano e ci si limita a guardare da

lontano scuotendo la testa o al più, quelli

civili, a telefonare al “1515”.

Ho visto gente aiutarsi, senza magari

rivolgersi la parola, di fronte ad un evento

disgraziato, alla malattia o alla morte.

150

In presenza del "Fato", con rispetto, cessava

ogni manifestazione di rancore, salvo a

riprendere poi l'aspra lotta per la roba, per un

fazzoletto di terra, per un pugno di grano, per una

vena d'acqua.

L'uomo era in ogni caso salvo nella sua interezza

< Foto di Nicola Amico :”Rocca Timogna” >