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E ra l' '89 e giravamo nel quartiere di San Cristoforo con le macchine fotogra- fiche, noi del Gapa, cercavamo immagini per raccontare il quartiere fino a quando arrivammo in una strada parallela a via della Concordia. La strada si chiama via Barcellona, ai suoi due lati piccole industrie artigianali e di fronte ad una conceria una montagna di spazzatura: materiale di risulta, amianto, resti di animali macellati, una puzza terribile e un vecchio che cercava tra l'immondizia. Durante la mostra fotografica facemmo vedere le foto e denunziammo alla città quello sconcio, raccogliemmo le firme e iniziammo la nostra battaglia, quella discarica abusiva utilizzata anche dai mezzi del Comune di Catania doveva diven- tare piazza e così fu nel 1993, la battaglia fu vinta. La piazza si chiamò "Don Puglisi" e fu abbandonata dalle istituzioni, né un vigile urbano, né un giardiniere curò quel luogo che fu conquistato "dalla mala vita" che faceva pagare per giocare a pallone o ti vendeva droga e birra. Adesso piazza Don Puglisi la stanno ristrutturando, non ci importa se sarà bella o brutta, importa che i cittadini e le cittadine di quella piazza la facciano propria. A distanza di venti anni la storia… RIFIUTI SOTTO LA LUNA San Cristoforo, gennaio 2009. La Guardia di Finanza e il Corpo Forestale met- tono sotto sequestro un'area di oltre 10.000 mq utilizzata abusivamente per lo smaltimento di materiale di risulta e prodotti edili anche tossici. Laterizi, coper- ture in eternit, pezzi di granito, ma anche pneumatici, elettrodomestici, vernici venivano regolarmente abbandonati tra via Barcellona e Acquicella. Alcuni giorni dopo la confisca, siamo andati a vedere l'area in questione. Superiamo via della Concordia, e vaghiamo in quel lembo periferico dimentica- to dove imperano solo miseria e degrado. Percorriamo via Barcellona e alla fine di una piccola traversa troviamo la discarica. Non ci sono cartelli ad indicare il sequestro, né sigilli, e nemmeno il classico nastro bianco-rosso. Molti anni fa una recinzione doveva separare l'area dalla strada, ma adesso ne restano solo le due estremità, arrugginite, con in mezzo un varco di alcuni metri. La discarica è quin- di accessibile e nulla fa pensare ad un sequestro delle Fiamme Gialle. Entriamo e tra i rifiuti ammonticchiati e sparsi, vediamo due bambini e un cane giocare. continua in seconda pagina mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolare Direttore Responsabile: Riccardo Orioles Anno Quarto n• due Febbraio 2009 Questa è la mia terra ed io la difendo e tu? Giuseppe Gatì come vent’anni fa “Ridatemi il mio posto di lavoro!” 4 Giuseppe Gatì 2 Da Lampedusa a S. Cristoforo 3 Cucire le idee 3 CONTIENE INSERTO racconti

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“Ridatemi il mio posto di lavoro!” 4 Giuseppe Gatì 2 Da Lampedusa a S. Cristoforo 3 Cucire le idee 3 Questa è la mia terra ed io la difendo e tu? CONTIENE INSERTO mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolare Direttore Responsabile: Riccardo Orioles Anno Quarto n• due Febbraio 2009 continua in seconda pagina Giuseppe Gatì

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Era l' '89 e giravamo nel quartiere di San Cristoforo con le macchine fotogra-fiche, noi del Gapa, cercavamo immagini per raccontare il quartiere fino a

quando arrivammo in una strada parallela a via della Concordia.La strada si chiama via Barcellona, ai suoi due lati piccole industrie artigianali

e di fronte ad una conceria una montagna di spazzatura: materiale di risulta,amianto, resti di animali macellati, una puzza terribile e un vecchio che cercavatra l'immondizia.

Durante la mostra fotografica facemmo vedere le foto e denunziammo alla cittàquello sconcio, raccogliemmo le firme e iniziammo la nostra battaglia, quelladiscarica abusiva utilizzata anche dai mezzi del Comune di Catania doveva diven-tare piazza e così fu nel 1993, la battaglia fu vinta.

La piazza si chiamò "Don Puglisi" e fu abbandonata dalle istituzioni, né unvigile urbano, né un giardiniere curò quel luogo che fu conquistato "dalla malavita" che faceva pagare per giocare a pallone o ti vendeva droga e birra.

Adesso piazza Don Puglisi la stanno ristrutturando, non ci importa se sarà bellao brutta, importa che i cittadini e le cittadine di quella piazza la facciano propria.

A distanza di venti anni la storia…

RIFIUTI SOTTO LA LUNASan Cristoforo, gennaio 2009. La Guardia di Finanza e il Corpo Forestale met-

tono sotto sequestro un'area di oltre 10.000 mq utilizzata abusivamente per losmaltimento di materiale di risulta e prodotti edili anche tossici. Laterizi, coper-ture in eternit, pezzi di granito, ma anche pneumatici, elettrodomestici, vernicivenivano regolarmente abbandonati tra via Barcellona e Acquicella.

Alcuni giorni dopo la confisca, siamo andati a vedere l'area in questione.Superiamo via della Concordia, e vaghiamo in quel lembo periferico dimentica-to dove imperano solo miseria e degrado. Percorriamo via Barcellona e alla finedi una piccola traversa troviamo la discarica. Non ci sono cartelli ad indicare ilsequestro, né sigilli, e nemmeno il classico nastro bianco-rosso. Molti anni fa unarecinzione doveva separare l'area dalla strada, ma adesso ne restano solo le dueestremità, arrugginite, con in mezzo un varco di alcuni metri. La discarica è quin-di accessibile e nulla fa pensare ad un sequestro delle Fiamme Gialle. Entriamo etra i rifiuti ammonticchiati e sparsi, vediamo due bambini e un cane giocare.

continua in seconda pagina

mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolareDirettore Responsabile: Riccardo Orioles Anno Quarto n• due Febbraio 2009

Questa è lamia terra ed iola difendo e tu?

Giuseppe Gatì

come vent’anni fa

“Ridatemi il mio posto di lavoro!” 4Giuseppe Gatì 2 Da Lampedusa a S. Cristoforo 3Cucire le idee 3

CONTIENE INSERTO racconti

2 iCordai / Numero Due

RIFIUTI SOTTO LA LUNA

GIUSEPPE GATÌ NATO AD AGRIGENTO

contimua dalla prima paginaUna signora, che abita accanto alla discarica, ci dice che, a volte anche di notte,

sente un andirivieni di camion, "Ma non posso fare la guardiana??!". Con losguardo cerca la nostra approvazione, e poi aggiunge irritata: "Che posso saper-ne io di cosa scaricano? Perché non ci pensano loro, le amministrazioni, a sor-vegliare il quartiere???". Un tipo alto, dal sorriso malandrino, commenta: "Qua,tutti scarichiamo! Perché non ci lasciano lavorare in pace??! E poi, di quali rifiu-ti tossici vanno parlando??? …Semmai sono loro a intossicare il nostro lavoro,invece di aiutarci!".

Risposte forti, ma che mostrano senz'altro lo scollamento che esiste tra la clas-se politica e i cittadini. Manca un controllo del territorio, ma mancano soprattut-to forme di democrazia partecipativa che permetterebbero di dar voce alle realinecessità di persone stanche del degrado e desiderose di una vita diversa, abitantiche sanno quali interventi e quali politiche potrebbero rendere San Cristoforo"un quartiere differente, senz'altro più vivibile e sicuro". Dopo aver visto ladiscarica e parlato con tante persone ci risuonano in mente le parole del poeta-cantautore Claudio Lolli: "Ma siamo noi a far bella luna, noi con la nostra vitacoperta di stracci e di sassi e di vetri, quella vita che gli altri ci respingono indie-tro… riprendiamola in mano, riprendiamola intera, riprendiamoci la terra, la lunae l'abbondanza".

Come mai questa discarica continua ad accogliere rifiuti?Allonsanfan

"Viva l’antimafia! viva il giudice Caselli!"

Sabato 31 gennaio 2009: pocherighe per l'ennesima morte sul

lavoro. Ma questa volta fa impres-sione l'età della vittima: 22 anni. Faimpressione perchè lo si incontravala seconda domenica del mese allaFera Bio all' Istituto Agrario F.Eredia di Catania mentre vendevafiero i formaggi che faceva nellasua terra. Fa impressione perchè luianzichè fuggire da Campobello diLicata (AG) aveva deciso di resta-re, insieme ad altri giovani, perresistere e denunciare il servilismoche infanga il nostro paese. Faimpressione perché con coraggio,Giuseppe Gatì Savio, nato adAgrigento il 18/10/1986 "cittadinolibero" ha contestato i notabili agri-gentini tutti presenti e prostrati allacorte del pregiudicato VittorioSgarbi, gridando: "Viva l'antima-fia! Viva Caselli!". Poi i serviliguardaspalle lo hanno minacciato eportato via di forza (www.lamiater-raladifendo.it). Un giovane, comece ne sono tanti anche Catania; litrovi ovunque, nei pub all'apertodel centro storico, nelle tante salegiochi, nei pochi centri sportivi, neicentri sociali, nelle piazze… Unapotenziale risorsa, ma anche unpotenziale nuovo mercato, anzi ungià consolidato mercato e non soloper la droga, ma per abiti, oggetti,motori… Giovani della "Cataniabene", dei quartieri a rischio, gio-vani delle parrocchie, dei centrisociali, ragazzi di piazza Trentosabato sera, dei cori in curva la

domenica pomeriggio, giovani deigiornali liberi di quartiere, … unmosaico di giovani in una città cheè di per sé un mosaico di città, e i

tasselli spesso non comunicano traloro e le distanze si allungano e imuri si alzano, si fortificano. Forsela storia di Giuseppe può servire

per accorciare le distanze e perabbattere i muri, anche qui, nelleviolentate terre catanesi.

Toti Domina

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3iCordai / Numero Due

"Impara l'arte e mettila da parte chéverrà un giorno che ti servirà!"

Ecco cosa mi ripeteva sempre la vec-chia titolare di questo negozio… e cosìè stato. Le sue parole si sono rivelatetalmente vere che ora sono io a dirle aimiei figli".

Siamo nel cuore della nostra conver-sazione con Pina Privitera, nello spazioristretto del suo negozietto in viaPlebiscito, dove il biancore dei sai, deicordoni e dei fazzoletti, i ceri gialli e lescuzzette nere annunciano la festivitàin corso. Come ogni anno i devoti diSant'Agata gremiscono la bottega e lesue due figlie si affaccendano a dispie-gare ed incartare i "sacchi" da lorostesse confezionati.

La storia comincia così: "Quando lavecchia proprietaria - ci spiega Pina -mi chiese di darle una mano. Io erocasalinga, senza lavoro e con settefigli… non avrei mai pensato di inizia-re così, semplicemente dandole unamano… Non so come ringraziarla per-ché mi ha insegnato tutto lei, ma oggipurtroppo non c'è più". Accennando unsorriso aggiunge: "E che strana combi-

nazione, si chiamava come me: PinaPrivitera lei, Pina Privitera io!".

Oggi la signora insegna alle suefiglie a ricamare e cucire, a "pensarecon le dita", trasmettendo loro un'arteantica fatta di fatica, tradizione eamore per Sant'Agata.

Mentre le due figlie non smettono diservire i clienti, Pina tira fuori da unoscaffale uno dei tanti camici ammon-ticchiati. Ci racconta come avviene larealizzazione del saio, un vero ritoreligioso, e mentre parla, tocchiamo lastoffa che è "quella dei lenzuoli di unavolta, stoffa buona, non è terital!".Descrive la cura con cui cuce la fode-ra ed il velluto delle scuzzette e comelavora i fazzoletti, stirati a ventaglio aduno ad uno. I suoi occhi brillano e lasua dedizione al lavoro abbraccia tuttii nostri sensi, sentiamo vivere un'em-patia profonda tra lei e le sue creazio-ni.

"Lavoriamo tutto l'anno, iniziamoquindici giorni dopo la fine della festa.Di giorno facciamo i sai - ci dice lafiglia Cristina- e la sera prepariamo icordoni e le medaglie, spesso sacrifi-

chiamo le feste, persino quella diSant'Agata. Ma è una scelta d'amore, ilnostro modo di dimostrare la nostradevozione. Quando passa la vara perSan Cristoforo è una gioia immensa…ci viene la pelle d'oca. La vediamoscendere e, quando rientra all'alba,tutta la chiesa comincia a piangere epare che anche Sant'Agata non vogliapiù rientrare".

In quei pochi metri quadri vive lapoesia di un mestiere che lotta persopravvivere. Alla signora Pina e allesue figlie non interessa produrre nelminor tempo e al minimo costo. "Ionon conosco nessuno nel quartiere cheporta avanti questa tradizione comefacciamo noi". Pina si ferma un istan-te e subito riprende: "Oggi però è dif-ficile. La concorrenza è forte e il mioè solo un negozietto che per il restodell'anno vende tutto a mille, eppure letasse sono lo stesso troppo alte. Quindinon so se chiuderò… Ma all'idea dinon fare più sacchi mi sento male, …ormai ce l'ho nel sangue".

Sonia GiardinaIrenea Privitera

CUCIRE LE IDEEL'arte dei "sacchi" a San Cristoforo

"Quest'isola vive di turismo che èil nostro pane quotidiano e il

ministro Maroni non può permettersidi distruggere anni di fatiche!". Cosìurlava un cittadino di Lampedusadurante la manifestazione del 23 gen-naio 2009 contro la decisione diMaroni (della Lega Nord) di costruireun nuovo centro di prima accoglienzaa Lampedusa al fine di impedire l'af-flusso di stranieri verso il Nord Italia.

La situazione nell'isola è veramentegrave. I centri di prima accoglienza nonriescono più a contenere l'ondata diimmigrati, ma nonostante tutto gli abi-tanti stanno sostenendo con altruismo esolidarietà il peso che questo governo(di Berlusconi e della Lega Nord) hascaricato su di loro. Hanno realizzatoripari di fortuna e tende improvvisateper coloro che non riescono ad essereospitati nei centri di accoglienza chescoppiano per il gran numero di perso-ne stipate dentro fra sporcizia e gabi-netti intasati. Così divampa la protestacontro il Ministero dell'Interno che hadeciso di trattenere a Lampedusa i clan-destini fino a quando non saranno iden-tificati, per un periodo massimo di 18mesi. Il tutto contro il parere l'ex vice-sindaco Angela Maraventano, elettasenatrice della Repubblica Italiana pro-prio grazie alla Lega Nord.

Così i Lampedusani scendono inpiazza sostenendo gli immigrati anchequando hanno forzato i cancelli delC.P.A. (Centro di Prima Accoglienza).Quasi tutti gli immigrati sono poi tor-nati al Centro, mentre alcuni sono fug-giti perché non hanno più retto allesofferenze ed alle condizioni di semi-prigionia.

Gli immigrati sono persone che neipropri paesi di origine soffrono lafame e la povertà a causa delle lungheguerre o delle dittature, appoggiatespesso dai governi occidentali perinteressi economici. Gli abitanti diLampedusa hanno fatto sentire la lorovoce e quella degli immigrati mostran-do grande umanità e solidarietà, valoriche spesso troviamo fra la gente piùumile e semplice, nei piccoli centri onei quartieri più disagiati delle grandicittà.

"Ci deve pensare il Governo, non èuna situazione che possono risolveresolo gli abitanti di Lampedusa", così cidice il Signor Nicolò Belgiorno, pro-prietario di un panificio nel quartieredi San Cristoforo a Catania. E conti-nua: "Gli immigrati mi fanno moltatenerezza, c'è troppa disparità fra noi eloro. Io gli vendo il pane a prezzo piùbasso perché so che non hanno soldi."E chiede conferma ad una sua dipen-

dente. "Qui nel quartiere ce ne sonotanti e fanno molti sacrifici per guada-gnare qualche euro. Pensi che l'altrogiorno mi è capitato di vedere unextracomunitario che aveva sbagliatoa caricare nel telefonino un scheda dacinque euro. Piangeva come un bam-bino perché aveva buttato via cinqueeuro! Io, come tante altre persone delvicinato, cerco sempre di trovare qual-che lavoro per queste persone. Miocognato ha affittato loro delle case e leha rese quanto più confortevoli possi-bili e poi ho collegato i fili della luce almio appartamento, così non hannospese di luce." Il Signor Belgiorno siimmedesima molto nei problemi diquesta gente anche perché lui ha vis-suto in prima persona il problema del-l'emigrazione in quanto il padre si tra-

sferì a Torino quando lui aveva seianni. Conosce le difficoltà che siaffrontano quando si va fuori dal pro-prio paese. E conclude: "Lo Stato percercare di risolvere il problema del-l'immigrazione dovrebbe intervenirenei paesi di origine di queste persone!"

Invece chi sta al potere e ci governanon è in grado di mettersi nei panni dichi è più debole, di capire i reali biso-gni della popolazione, di comprendereche tutti hanno il diritto di vivere, dilavorare, di avere una casa etc., qua-lunque siano il colore della pelle e laprovenienza. Una classe politica, chenon mostra la volontà della popolazio-ne e va contro i principi dellaCostituzione Italiana, non è degna dirappresentarci.

Marcella Giammusso

DA LAMPEDUSA A S. CRISTOFOROI cittadini dell'isola si sono occupati con grande umanità degli immigrati

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4 iCordai / Numero Due

Redazione “i Cordai”Direttore Responsabile: Riccardo OriolesReg. Trib. Catania 6/10/2006 nº26Via Cordai 47, [email protected] - www.associazionegapa.orgtel: 348 1223253

Stampato dalla Tipografia Paolo Millauro,Via Montenero 30, CataniaGrafica: Massimo GuglielminoFoto: FotoArchivio Giovanni Caruso, SoniaGiardina

Hanno collaborato a questo numero:Giovanni Caruso, Toti Domina, Paolo Parisi,Marcella Giammusso, Sonia Giardina, IreneaPrivitera, Loredana Agosta, CarmeloGuglielmino, Salvo Ruggieri, Giancarlo Consoli

CAMPAGNA ABBONAMENTIAbbonamento annuale: €10

Abbonamento sostenitore: €20Per info: 348 1223253Sostenete la libertà

d’informazione

L'art. 18 dello Statuto dei Lavoratoriconsidera inefficace o nullo il licen-

ziamento quando avviene senza giustacausa o giustificato motivo. Eppure laCGIL, la più grande organizzazione deilavoratori, sembra averlo dimenticato.Ciro Crescentini e Luigi Castiglione,dopo aver lavorato per più di 20 anni nelsindacato, sono stati un bel giorno licen-ziati, ma entrambi si sono ribellati ricor-rendo alle vie legali. Sebbene laCassazione abbia ritenuto il licenzia-mento di Castiglione illegittimo e prete-stuoso, la CGIL si è appellata sostenen-do che le organizzazioni sindacali nonsono tenute ad applicare l'art.18.

Ed infatti è vero… dato che l'art. 4della legge 108 del 1990 esime dal mec-canismo di reintegro i "datori di lavoronon imprenditori che svolgono senzafini di lucro attività di natura politica,sindacale, culturale, di istruzione ovve-ro di religione o di culto".

Allora viene da chiedersi: La CGILpratica forse una doppia morale? Da unlato proclama scioperi generali, svento-la codici etici, denuncia il lavoro som-merso, e dall'altro permette ai suoi diri-genti di gettare sul lastrico un onestolavoratore?

E a Catania, un onesto lavoratore è alcentro dell'ennesima storia di diritti cal-pestati dal sindacato. Si chiamaGiovanni Sapienza e la sua vicenda èdavvero complicata. Nato a SanCristoforo nel cortile Ariete, Giovannivive da 25 anni in una piccola abitazio-ne popolare a Librino. Nell' '85 ha ini-ziato - come lui ci racconta- "a lavorare

in nero alla CGIL di Catania svolgendovarie mansioni e anche incarichi di fidu-cia per il segretario… Mi occupavodella manutenzione dell'edificio, eroresponsabile dell'apertura e della chiu-sura dei locali e della loro vigilanza,sbrigavo pratiche esterne e organizzavopersino cortei. Speravo di essere primao poi regolarizzato, ma gli anni passa-vano e io restavo senza tutele e prospet-tive di cambiamento. A seguito dellemie continue pressioni per la regolariz-zazione del rapporto lavorativo e dei 13anni di oneri contributivi, nel 1998 laConfederazione trovò un éscamotage.Venni assunto dalla ditta di pulizie,Alizzi Grazia, poi divenuta Novalux,ma solo formalmente…! Di fatto avevole responsabilità di sempre e non mioccupavo certo di pulizie.

Dopo altri cinque anni, nel settembre2003 decisi di rifiutare lo stipendio insegno di protesta. Il mio vero datore dilavoro era la CGIL e volevo che la miasituazione lavorativa -spiega Giovanni-diventasse chiara senza ditte fantoccioin mezzo. Così chiesi alla CGIL dirispettare i miei diritti assumendomi ecoprendo gli anni contributivi trascor-si".

"Da quel momento venni allontanatodai rapporti di fiducia, molti colleghinon mi parlarono più e fui confinato alcentralino, fino a quando nel dicembre2003 la sostituzione della serratura dellaporta d'ingresso non mi consentì dientrare. Capii che la situazione sarebbeprecipitata di lì a poco. E infatti primadelle festività natalizie ricevetti la lette-ra di licenziamento".

Fallito nel marzo 2004 il tentativo diconciliazione davanti U.P.L.M.O. permancata comparizione della CGIL,Giovanni decide allora di rivolgersi allamagistratura per difendere i suoi dirittidi lavoratore. Le udienze si susseguonolentamente, dilazionate ed estenuanti.La CGIL sostiene, come si legge nellamemoria di costituzione, che Giovanni"prima del '98 era conosciuto solo comeaspirante attivista sindacale che fre-

quentava, saltuariamente ed occasional-mente, i locali della Camera del lavorodella CGIL".

Tra un'udienza e l'altra si contanoregolarmente almeno sei mesi d'inter-vallo, "intanto io cado in depressione -racconta Giovanni - e mi rivolgoall'Istituto d'igiene mentale dove vengoseguito per due anni dalla dottoressaGulisano. La mia vita familiare diventaun inferno, incerta e senza prospettiveperché, alla mia età, chi vorrebbe maiassumermi?! Resto senza lavoro, senzasoldi e senza alcuna tutela previdenzia-le. Le mie figlie sono costrette a cercarelavoro a Firenze e mio figlio si trasferi-sce a Pistoia. I debiti aumentano".

Giovanni si ferma, il suo racconto staper arrivare a oggi, io lo guardo e michiedo dove questo piccolo uomo possatrovare la forza di combattere contro laconsorteria di segretari e burocrati, dovesiano finiti tutti quei gruppi politici chesi dicono a fianco dei lavoratori.Davanti a me ho semplicemente unuomo coraggioso, un piccolo uomo cheda solo sta sfidando un gigante, un pic-colo uomo che ha visto la corruzionenelle stanze di giustizia, un piccolouomo che per trent'anni è stato tra i sin-dacalisti più combattivi e irriducibili.

"E ora aspetto l'udienza di aprile… ,ma io non mollo, - conclude Giovanni -continuerò a lottare perché i miei dirittisono stati violati. Voglio essere riassun-to, voglio riprendere il mio posto dilavoro. Devo ritornare a vivere, risalireda questo inferno!"

La nostra conversazione finisce qui, ilsuo iter giudiziario è invece ancoralungo e difficoltoso. Da giornalistasento però il bisogno di sentire l'altracampana. Mi reco alla Camera delLavoro in Via Crociferi. Nessuno deidirigenti sembra sapere nulla, qualcunodice solo che Sapienza lavorava per unaditta di pulizie, nient'altro… e chi èdelegato a seguire il processo non vuoleneppure ricevermi…

Sonia Giardina

"RIDATEMI IL MIO POSTO DI LAVORO!"Il caso Sapienza: una lunga vertenza per i diritti del lavoratore

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