I TAANAATOOMMIIAA EE -...

15
“INDICAZIONI, ANATOMIA E FISIOLOGIAPROF. ROBERTO BIFFI

Transcript of I TAANAATOOMMIIAA EE -...

““IINNDDIICCAAZZIIOONNII,, AANNAATTOOMMIIAA EE

FFIISSIIOOLLOOGGIIAA””

PPRROOFF.. RROOBBEERRTTOO BBIIFFFFII

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

2 di 15

Indice

1 INDICAZIONI ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 3

1.1. OSMOLARITÀ ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 1.2. PH E FARMACI VESCICANTI -------------------------------------------------------------------------------------------------- 4

2 ANATOMIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 5

2.1 ARTO SUPERIORE ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 5 2.2 ARTO INFERIORE ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 9 2.3 ACCESSI VENOSI RARI ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10

3 FISIOLOGIA ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 11

BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12

BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

3 di 15

1 Indicazioni

1.1. Osmolarità

L’endotelio venoso di vasi periferici di piccolo calibro e di limitato flusso – quale quello

delle vene sottocutanee di mano ed avambraccio, comunemente impiegate per l’infusione venosa

periferica - non è in grado di tollerare osmolarità elevate o il contatto prolungato con sostanze

lesive per la parete venosa, cosa che invece può sopportare una vena centrale come la vena cava

superiore, dove il flusso è molto elevato e dove il calibro del vaso ed il rapido rimescolamento

dell’infusato con il sangue permettono di somministrare farmaci altamente lesivi per l’endotelio,

quali le soluzioni nutrizionali ad elevata osmolarità (i cui valori sono spesso vicini alle 1300-1400

mOsm/l). Il problema dell’osmolarità della soluzione nutrizionale compatibile con una

somministrazione per vena periferica è stato ripetutamente affrontato dalla società scientifiche di

settore, fra cui ASPEN (American Society for Parenteral and Enteral Nutrition), SINPE (Società

Italiana di Nutrizione Artificiale e Metabolismo), INS (Intravenous Nurses Society), AVA

(Association for Vascular Access) e RNAO (Registered Nurses Association of Ontario); pur con

qualche piccola differenza, il limite indicato in letteratura è intorno alle 800 mOsm/l. In termini

concreti e di buona pratica clinica, ciò significa che non devono essere somministrate in vena

periferica a fini nutrizionali le soluzioni di glucosio che abbiano concentrazioni superiori al 10% , o

di aminoacidi con concentrazioni superiori al 5%. Se il programma nutrizionale condiviso fra le

diverse figure professionali (medico, infermiere e dietista) richiede la somministrazione di nutrienti

più concentrati rispetto ai valori-soglia indicati, è necessario disporre di un catetere venoso centrale,

con punta posizionata alla giunzione atrio-cavale, indipendentemente dall’acceso venoso che si è

utilizzato per questo scopo (giugulare, succlavio, femorale o PICC – Peripherally Inserted Central

Venous Catheter). Le raccomandazioni delle società scientifiche sopra ricordate includono anche il

limite temporale di 7-10 gg. per concludere una terapia di supporto nutrizionale con soluzioni a

bassa osmolarità infuse in una vena periferica, a meno di non intraprendere un’integrazione orale o

enterale dei nutrienti, sufficiente a raggiungere i fabbisogni nutrizionali del paziente.

La successiva tabella riassume le Raccomandazioni delle Società Scientifiche sull’

osmolarità massima delle soluzioni ammessa per l’infusione in vena periferica

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

4 di 15

Criterio Autore

Osmolarità inferiore a 500 mOsm/l AVA

Osmolarità inferiore a 600 mOsm/l INS

Osmolarità inferiore a 800 mOsm/l ASPEN, SINPE

1.2. pH e farmaci vescicanti

L’osmolarità elevata delle soluzioni nutrizionali infuse per via parenterale non è l’unico

fattore limitante l’impiego di una vena periferica per la terapia infusionale. Alcune delle società

scientifiche sopra ricordate (AVA e RNAO) hanno prodotto anche raccomandazioni che riguardano

i farmaci con pH estremo (inferiore a 5 o superiore a 9), o comunque con alto potenziale lesivo per

l’endotelio vasale e per i tessuti perivascolari in caso di stravaso. In questa categoria di farmaci - di

cui si raccomanda la somministrazione per via venosa centrale - rientrano moltissimi chemioterapici

antiblastici, molti antibiotici (tra cui vancomicina ed altri glicopeptidi), alcune amine vasoattive di

comune impiego clinico (dopamina e dobutamina). E’ senz’altro opportuno consultare la scheda

tecnica di qualunque farmaco di cui non si abbia approfondita conoscenza ed esperienza, prima di

autorizzarne la somministrazione in vena periferica. Questa indicazione precauzionale vale anche

per le possibili interazioni chimico-fisiche tra farmaci e nutrienti - o fra diversi farmaci - quando

vengano infusi contemporaneamente nella stessa via venosa, sapendo che la somministrazione di

nutrienti ad elevata osmolarità per un programma di nutrizione parenterale richiede comunque una

via venosa dedicata, distinta da quella dei farmaci.

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

5 di 15

2 Anatomia

2.1 Arto superiore

Le vene della mano e dell’avambraccio - che vengono abitualmente impiegate per il

posizionamento di ago-cannule e per l’infusione venosa periferica - appartengono al circolo

superficiale, e sono infatti poste in sede sottocutanea sovra-fasciale. Sono pertanto visibili nella

maggior parte dei casi, quando non intervengano fattori ostacolanti (pregresso e prolungato utilizzo,

pregressa trombosi o flebite etc.). Esse di norma seguono un percorso distinto (radiale-laterale e

ulnare-mediale), sia sul lato dorsale che su quello volare. Le vene profonde (ulnare, radiale ed

interossea) seguono il percorso sotto- fasciale delle rispettive arterie, e non sono in pratica

utilizzabili per le infusioni.

La visibilità e la stessa anatomia di queste vene superficiali degli avambracci e delle mani è

molto variabile, in relazione alla costituzione anatomica del paziente, alla variabile presenza di

adipe e ad altri fattori. Esistono strumenti digitali a raggi infrarossi per migliorarne la visibilità in

situazioni complesse.

Alla piega del gomito, le vene superficiali dei lati ulnare e radiale confluiscono a costituire

rispettivamente la vena basilica (sul lato ulnare-mediale del gomito) e la vena cefalica su quello

radiale-laterale, unite fra loro da un tratto venoso mediano che attraversa tutta la fossa ante cubitale.

In passato il tratto venoso mediano alla piega del gomito - o le stesse vene cefalica o basilica nella

fossa ante cubitale - erano utilizzate preferenzialmente per il posizionamento di PICC, sfruttando la

visibilità delle vene in questa sede anatomica. L’avvento della guida ecografica sistematica ed

obbligata per il posizionamento di PICC al terzo medio del braccio ha reso del tutto desueta questa

metodica percutanea “a vista”, che era oltretutto gravata da un tasso molto maggiore di complicanze

trombo-flebitiche, dovute sia ai movimenti inevitabili del punto di ingresso del catetere (la flessione

del gomito mobilizza costantemente il catetere nella vena) che al minor calibro della vena utilizzata.

Soprattutto la vena basilica (di scelta elettiva per il posizionamento di PICC) è molto più ampia

nel sovrastante tratto omerale, dove si trova a circa 1-1.5 cm di profondità nel sottocute e dove non

è mai visibile.

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

6 di 15

Nel braccio la vena omerale (detta anche brachiale) è più spesso duplice, e segue in tutto il

suo percorso profondo l’arteria omonima. In prossimità dell’ascella essa accoglie lo vena basilica

(vena del circolo venoso superficiale dell’arto) e diventa vena ascellare. Al solco deltoideo-

pettorale la vena ascellare viene raggiunta con un angolo quasi di 90 ° sul suo lato esterno dalla

vena cefalica, che percorre tutto il braccio sul margine laterale esterno, in una sede molto più

superficiale di quella della vena basilica, che è posta medialmente. Queste caratteristiche

anatomiche e di rapporti topografici della vena cefalica rendono conto del fatto che essa è di ultima

scelta come accesso per l’impianto di PICC rispetto alla vena basilica ed alle stesse vene brachiali.

Il nervo mediano non ha rapporti con le vene superficiali del braccio; nel suo percorso nella

loggia anteriore è sempre profondo, posto davanti al setto intermuscolare mediale e lateralmente

all'arteria omerale, che viene scavalcata dal nervo prima di raggiungere il gomito. A questo livello il

nervo mediano passa sotto il lacerto fibroso del bicipite e quindi prosegue nell'avambraccio tra il

capo ulnare e quello omerale del muscolo pronatore rotondo. Le manovre di semeiotica ecografica

permettono di riconoscere un vaso venoso comprimibile e di distinguerlo da un struttura non

comprimibile (nervo) o non comprimibile e pulsante (arteria).

A livello della clavicola, in corrispondenza della base del collo, la vena ascellare supera la

prima costa per raggiungere il mediastino superiore, divenendo vena succlavia; questa vena ha un

rapporto abbastanza costante con la clavicola, ed al passaggio fra il terzo mediale e quello

intermedio della clavicola essa offre il punto anatomico di repere di massima affidabilità per la sua

puntura percutanea basata su reperi anatomici. Questa caratteristica, insieme con la pervietà del

vaso mentenuta anche in situazioni di relativa ipovolemia; è alla base del successo e della

conseguente diffusione della cannulazione percutanea land-mark di questo vaso per il rapido

recupoero volemico di pazienti critici, proposta per primo da Aubaniac nel 1952. E’ il caso di

ricordare che la vena si trova in un piano anteriore e più mediale rispetto all’arteria omonima, e che

si trova in rapporto inferiormente con la cupola pleurica: da qui il non trascurabile rischio di

pneumotorace da lesione dell’apice pleurico a cui questa metodica di puntura percutanea - basata

sui soli reperi anatomici – inevitabilmente espone. Per ovviare a questo rischio, molti operatori

prediligevano in passato un accesso molto medializzato alla vena succlavia, cercando di penetrare il

vaso a livello del legamento costo-clavicolare e quindi nel suo decorso ormai intramediastinico,

lontano dal rapporto con l’apice pleurico e con l’arteria succlavia. Ciò però determina un rischio

consistente di “pinch-off syndrome”, una condizione di usura cronica del catetere venoso, che

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

7 di 15

viene sottoposto ad un costante logoramento ad opera del giunto costo-clavicolare; soprattutto nei

cateteri a lungo termine questa condizione può provocare la progressiva deformazione del catetere,

con variabili gradi di malfunzionamento sino alla sua rottura ed embolizzazione distale nel sistema

venoso centrale Per questo motivo, l’uso di un approccio percutaneo mediale alla vena succlavia

deve sempre essere evitato, in favore di un approccio più lateralizzato, al passaggio fra terzo

intermedio e terzo laterale della clavicola. Come per altre situazioni analoghe, anche in questa

circostanza l’uso della guida ecografica è in grado di risolvere alla radice il problema della corretta

puntura del vaso nella maggior parte dei casi, azzerando o quasi il rischio di pneumotorace..

Allo stretto toracico superiore la vena succlavia accoglie la vena giugulare interna e forma la

vena anonima o tronco brachio-cefalico. La vena giugulare interna è posta profondamente al

muscolo strerno-cleido-mastoideo; essa drena il sangue proveniente dall’encefalo, dal massiccio

facciale, dalla lingua e dalle parti molli del collo (inclusa la ghiandola tiroidea). Un suo importante

collettore è costituito dalla vena giugulare esterna, una vena periferica che decorre lateralmente ad

essa, confluendovi prima dello sbocco con la vena succlavia a costituire la vena anonima.

E’ importante saper riconoscere alla base del collo il cosiddetto “triangolo di Sedillot”

formato dalla clavicola inferiormente e e dai due capi (sternale e claveare) del m. sterno-cleido-

mastoideo.

La vena giugulare interna è infatti posta ad 1.0-1.5 cm di profondità rispetto all’apice di

questo triangolo, che può quindi rappresentare un utile punto di repere anatomico per stabilire la

sede del vaso ed il punto di approccio per una puntura percutanea “alta” della vena giugulare

interna. Per acccessi a lungo termine - con necessità di tunnellizzazione del catetere - è però

preferibile un approccio postero-laterale “basso”, che abbia come repere il capo claveare del

muscolo sterno-cleido-mastoideo ed il profilo superiore della clavicola (accesso sec. Jernigan-

Pittiruti). Utilizzando sistematicamente la guida ecografica, è possibile attraverso la finestra del

triangolo di Sedillot identificare l’accesso più “facile”, in dipendenza da situazioni anatomiche

differenti fra i vari pazienti; in alcuni casi si può ottenere un’ottima visione di accessi meno

frequentemente utilizzati, quali la vena succlavia per via sovraclaveare o la stessa vena anonima

destra.

E’ di fondamentale mportanza conoscere bene i rapporti della vena giugulare interna con

l’arteria carotide comune, abitualmente posta medialmente e profondamente rispetto alla vena.

Studi in volontari sani hanno però dimostrato che l’arteria è posta anteriormente alla vena nel 20%

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

8 di 15

circa dei casi sul lato destro, e nel 26% dei casi circa sul lato sinistro. Ciò espone ad un rischio

elevato di puntura accidentale dell’arteria se non si utilizza la guida ecografica per l’accesso

venoso.

Il percorso delle vene centrali nei 2 lati non è identico; dopo aver accolto la giugulare

esterna ed aver costituito - mediante la fusione con la succlavia - la vena anonima (tronco brachio-

cefalico), a destra questa vena decorre verticalmente e per un tratto relativamente breve prima di

fondersi con l’anomima controlaterale a formare la vena cava superiore. Ne risulta un decorso

piuttosto rettilineo e sempre più breve di quello controlaterale, dove la vena anonima sinistra

descrive invece un ampio arco ed ha un percors nettamente più lungo per portarsi a destra della

linea mediana e qui formare nel mediastino superiore la vena cava, grazie alla fusione con

l’anonima destra. Ciò giustifica il tasso più elevato di successo della cannulazione giugulare interna

destra rispetto al lato sinistro.

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

9 di 15

2.2 Arto inferiore

La vena femorale è a tutti gli effetti una vena centrale, essendo una via di accesso diretta al

distretto cavale inferiore. E’ reperibile al di sotto del legamento inguinale, medialmente all’ arteria

femorale, nel c.d. triangolo di Scarpa (delimitato dal m. sartorio lateralmente, dal m. adduttore

lungo medialmente e dal legamento inguinale superiormente). E’ una via di accesso da utilizzare

solo come seconda scelta, in situazioni selezionate, identificabili abitualmente con l’assenza di vie

di acccesso affidabili al distretto cavale superiore. Un suo grosso ramo, tributario del circolo venoso

superficiale dell’arto inferiore, è la vena safena. Si tratta di una vena superficiale; può anch’essa -

in casi particolari – essere utilizzata per raggiungere la sede venosa centrale, generalmente mediante

esposizione chirurgica diretta. E’ importante conoscere i rapporti della vena femorale con la

rispettiva arteria, che è posta medialmente, e con il nervo femorale, che invece decorre lateralmente

alle strutture vascolari della radice della coscia.

Le vene del circolo superficiale dell’arto inferiore (radici della piccola e della grande safena,

alla faccia rispettivamente mediale e laterale del’arto) non hanno impiego pratico per la

somministrazione endovenosa di alcun farmaco o soluzione infusionale, anche iso-osmotica. La

raccomandazione è di farne un impiego minimo, in situazioni molto rare e selezionate, per il minior

tempo possibile, essendo molto elevato il rischio di complicanza trombo flebitica locale già alcune

ore dopo la loro incannulazione.

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

10 di 15

2.3 Accessi venosi rari

In letteratura scientifica sono stati riportati molti altri accessi venosi, diversi da quelli

indicati, utilizzabili per raggiungere la giunzione atrio-cavale. Il loro impiego si verifica

generalmente in condizioni clincihe molto rare, accomunate dal fatto che non vi sia la disponibilità

di altre vie venose più costo-efficaci. La situazione più tipica è l’esaurimento degli accessi più

idonei al distretto cavale - sia superiore che inferiore - come conseguenza di ripetute trombosi e/o

infezioni della vena impiegata, in pazienti con lunga aspettativa di vita e che pertanto necessitano di

un accesso venoso centrale a lungo tremine. Il caso paradigmatico è l’ìinsufficienza intestinale

cronica di natura benigna, in manacanza di una buona indicazione al trapianto di intestino

mesenteriale. Di seguito viene riportato un elenco - solo parziale - delle vie di accesso rare:

Vena facciale comune

Atrio destro del cuore per via percutanea

Auricola dell’atrio destro per via sternotomica

Vena azygos

Vena emiazygos

Vena ombelicale

Vena splenica

Vena mesenterica

Vena gonadica

Vena iliaca comune con accesso retroperitoneale

Vena cava inferiore con accesso percutaneo translombare

Vena cava inferiore con accesso percutaneo transepatico

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

11 di 15

3 Fisiologia

Un elemento fondamentale per tutti gli a accessi venosi centrali è la verifica - con

metodica appropriata - della corretta posizione della punta del catetere venoso alla giunzione atrio-

cavale. Una malposizione primaria accresce infatti di molto il rischio di trombosi e di

malfunzionamento del dispositivo, e deve essere pertanto accuratamente evitata. Escludendo le

posizioni della punta del catetere evidentemente sbagliate (vene anonime o cava “alta”, e porzione

bassa dell’atrio destro, a contatto con la parete e con la valvola atrio-ventricolare, causa di possibile

perforazione tardiva da decubito), il punto di giunzione fra cava superiore ed atrio destro del cuore

è considerato il golden standard per la maggior parte delle applicazioni, con l’esclusione dei

cateteri per uso dialitico in nefrologia, ove viene raccomandato l’atrio destro “pieno”, per la sua

maggiore capacità di garantire un ottimo inflow-outflow del catetere da dialisi, posizionato in vena

giugulare interna,. Va anche notato che - qualunque sia la sede della punta – questa si sposta in

continuazione all’interno del vaso centrale, seguendo i movimenti corporei, e che pertanto la

“corretta posizione della punta” è da intendere soprattutto come la sede in grado di opporsi più

efficacemente alla successiva possibilità di una dislocazione secondaria.

Un altro elemento importante della fisiologia delle vene impiegabili per una corretta terapia

infusionale è la proporzione che deve essere mantenuta fra il diametro del vaso ed il calibro/

dimensioni del catetere, soprattutto per quanto riguarda i cateteri centrali ad inserimento periferico

(PICC). Si ritiene che un rapporto 3:1 fra diametro del vaso e calibro del catetere sia in grado di

mantenere un flusso adeguato di sangue attorno al catetere, il quale non deve quindi mai essere

ostruente il lume del vaso o in grado di rallentare significativamente il flusso ematico al suo interno,

pena la comparsa di complicanze tromboflebiticche in un’elevata percentuale di casi. A questa

protezione dal rischio tromboflebitcio concorre anche efficacemente un sistema di fissazione

appropriato del catetere alla cute, che eviti i movimenti di va-e-vieni dello stesso nel suo punto di

ingresso nel vaso.

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

12 di 15

Bibliografia

Aubaniac R. Subclavian intravenous injection: advantages and technic. Presse Med

1952; 60:1456.

Jernigan WR, Gardner WC, Mahr MM, Milburn JL . The internal jugular vein for access

to the central venous system. JAMA 1971; 218:97-98.

Hickman RO, Buckner CD, Clift RA et al. A modified right atrial catheter for access

to the venous system in marrow transplant recipients. Surg Gynecol Obstet 1979; 148:871–

875.

Niederhuber JE, Ensminger W, Gyves JW et al. Totally implanted venous and arterial

access system to replace external catheters in cancer treatment. Surgery 1982; 92:706–712.

Bergman R, Thompson SA, Afifi AK . Compendium of human anatomic variation. Urban

and Schwarzenberg, Inc., Baltimore, 1988.

Au FC . The anatomy of the cephalic vein. Am Surg 1989; 55:638-639.

Sansivero GE . Venous anatomy and physiology. Considerations for vascular access device

placement and function. J Intraven Nurs 1998; 21:S107-114.

G Pittiruti M, Malerba M, Carriero C et al. Which is the easiest and safest technique for

central venous access? A retrospective survey of more than 5,400 cases. J Vasc Access

2000; 1:100–107

National Kidney Foundation. K/DOQI Clinical practice guidelines for vascular access.

Am J Kidney Dis 2001; 37(Suppl 1):S137-S181.

Deshpande KS, Hatem C, Ulrich HL et al . The incidence of infectious complications

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

13 di 15

of central venous catheters at the subclavian, internal jugular, and femoral sites in an

intensive care unit population. Crit Care Med 2005; 33:3-20.

Lefrant JP. Anatomy and physiology of venous system vascular access: implications. J

Parenter Enteral Nutr 2006; 30:S7-S12.

Karakitsos D, Labropoulos N, De Groot E et al. Real-time ultrasound-guided catheterisation

of the internal jugular vein: a prospective comparison with the landmark technique in

critical care patients. Crit Care 2006; 10: R162.

Boon JM, Van Schoor AN, Abrahams PH et al. Central venous catheterization - an

anatomical review of a clinical skill - Part 1: subclavian vein via the infraclavicular

approach.

Clin Anat 2007; 20:602-611

Hamilton HC, Foxcroft DR. Central venous access sites for the prevention of venous

thrombosis, stenosis and infection in patients requiring long-term intravenous therapy.

Cochrane Database Syst Rev 2007; 3:CD004084.

Loukas M, Myers CS, Wartmann ChT et al. The clinical anatomy of the cephalic vein

in the deltopectoral triangle. Folia Morphol (Warsz) 2008; 67:72-77.

Boon JM, Van Schoor AN, Abrahams PH et al. Central venous catheterization - an

anatomical review of a clinical skill - Part 2: internal jugular vein via the supraclavicular

approach. Clin Anat 2008; 21:15-22

Parienti JJ, Thirion M, Mégarbane B et al. Femoral vs jugular venous catheterization

and risk of nosocomial events in adults requiring acute renal replacement therapy:

arandomized controlled trial. JAMA 2008; 299:2413–2422.

Biffi R, Orsi F, Pozzi S et al. Best choice of central venous insertion site for the prevention

of catheter-related complications in adult patients who need cancer therapy: a randomized

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

14 di 15

trial. Ann Oncol 2009; 20:935-940.

Pittiruti M, Hamilton H, Biffi R et al . ESPEN Guidelines on Parenteral Nutrition: Central

Venous Catheters (access, care, diagnosis and therapy of complications). Clinical Nutrition

2009; 28:365-377

Chandrasekaran S, Chandrasekaran VP . Anatomical variations of the internal jugular

vein in relation to common carotid artery in lesser supra clavicular fossa – a colour doppler

study. Int J Basic Med Sci 2010. Available at: http://www.ijbms.com/anatomy/supra-

clavicularfossa.

Università Telematica Pegaso Indicazioni, anatomia e fisiologia

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

15 di 15

Bibliografia

Nelson L., Cox M. M. I principi di biochimica di Lehninger. Edizione Zanichelli 2010.

Barrett K. E., Barman S. M., Boitano S., Brooks H. L. Fisiologia Medica di Ganong. Piccin

Enciclopedia Zanichelli on line http://www.zanichelli.it/home/