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Diocesi di Treviso Commissione per la formazione del clero I sacramenti e la trasmissione della fede Settimana residenziale Centro di spiritualità e cultura “Don Paolo Chiavacci” Crespano del Grappa

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Diocesi di TrevisoCommissione per la formazione del clero

I sacramentie la trasmissione della fede

Settimana residenziale

Centro di spiritualità e cultura “Don Paolo Chiavacci” Crespano del Grappa

Preghiera  iniziale  16  marzo  2015  

 

Veni,  Creator  Spiritus  

1. Veni,  Creator  Spiritus  mentes  tuorum  visita,  imple  superna  gratia  quae  tu  creasti  pectora.  

2. Qui  diceris  Paraclitus,  Altissimi  donum  Dei,  fons  vivus,  ignis,  caritas  et  spiritalis  unctio.  

3. Tu  septiformis  munere,  digitus  paternae  dexterae  Tu  rite  promissum  Patris  sermone  ditans  guttura.  

4. Accende  lumen  sensi  bus,  infunde  amorem  cordibus,  infirma  nostri  corporis  virtute  firmans  perpeti.  

5. Hostem  repellas  longius  pacemque  dones  protinus;  ductore  sic  te  praevio,  vitemus  omne  noxium.  

6. Per  te  sciamus  da  Patrem,  noscamus  atque  Filium,  Teque  utriusque  Spiritum  credamus  omni  tempore.  

Salmo  126  

Se  il  Signore  non  costruisce  la  casa  invano  vi  faticano  i  costruttori.  

Se  la  città  non  è  custodita  dal  Signore  invano  veglia  il  custode.  

Invano  vi  alzate  di  buon  mattino,  tardi  andate  a  riposare  

e  mangiate  pane  di  sudore:  il  Signore  ne  darà  ai  suoi  amici  nel  sonno.  

Ecco,  dono  del  Signore  sono  i  figli,  è  sua  grazia  il  frutto  del  grembo.  

Come  frecce  in  mano  a  un  eroe  sono  i  figli  della  giovinezza.  

Beato  l’uomo  che  piena  ne  ha  la  faretra:  

non  resterà  confuso  quando  verrà  alla  porta  a  trattare  con  i  propri  nemici.  Gloria…  

Orazione  

Cel.:   Dio   onnipotente   ed   eterno,   che   ci   hai   fatto   figli   della   luce,   guidaci   nel   nostro   cammino,  perché  diventiamo  operatori  di  verità  e  testimoni  del  tuo  Vangelo.  Per  il  nostro  Signore…    

Ass.:   Amen.  Cel.:   Benediciamo  il  Signore.  Ass.:   Rendiamo  grazie  a  Dio.  

 

VICARIATI  DI  CASTELFRANCO,  MOGLIANO  E  NERVESA  Settimana  residenziale  di  Crespano  

16  –  19  marzo  2015  Programma  della  settimana  

 I  sacramenti  e  la  trasmissione  della  fede  

   Lunedì  MATTINO  

09.30 Arrivo,  accoglienza  e  sistemazione  10.00   Breve  preghiera  iniziale  in  sala  assemblee    

Saluto  del  Vescovo  Presentazione  della  settimana    

11.00   Intervento  del  Vescovo  Gli  orientamenti  pastorali  diocesani  La  formazione  degli  adulti  e  il  sacramento  del  battesimo  

12.30     Pranzo  POMERIGGIO  

15.30   Lavori  di  gruppo  17.00   Pausa  17.30   Dibattito  in  assemblea  18.45   Celebrazione  dei  Vespri  e  dell’Eucaristia  19.30   Cena  21.00   Serata  libera  

Martedì  MATTINO  

08.00     Lodi    08.30     Colazione  09.15     Relazione  di  don  Orioldo  Marson     I  sacramenti  sono  dono  del  Signore  risorto  

Prospettiva  cristologica     10.15   Pausa  

10.45   Lavoro  personale  11.30   Dibattito  in  assemblea  12.30     Pranzo  

POMERIGGIO  15.30     Relazione  di  don  Orioldo  Marson    

Battezzati  in  un  solo  Spirito  per  formare  un  solo  corpo  Prospettiva  ecclesiologica  Breve  dibattito  in  assemblea  

17.00   Pausa  17.15   Lavori  di  gruppo    18.45     Celebrazione  dei  Vespri  e  dell’Eucaristia    19.30   Cena  21.00   Serata  libera  

   

Mercoledì    MATTINO  

08.00   Lodi    08.30     Colazione  09.15     Relazione  di  don  Luigi  Girardi  

Cristiani  non  si  nasce,  ma  si  diventa  L’iniziazione  cristiana:  l’itinerario  e  i  sacramenti  

10.30     Pausa  11.00   Dibattito  in  assemblea  

  12.30   Pranzo  POMERIGGIO  

15.30   Relazione  di  don  Mario  Salviato  La  situazione  delle  nostre  comunità  cristiane    

  Riflessioni  sulle  Collaborazioni  pastorali,    a  partire  dalla  visita  pastorale  in  atto  

16.30   Pausa  17.00   Condivisione  in  assemblea  

Intervento  del  Vescovo  18.45     Celebrazione  dei  Vespri  e  dell’Eucaristia  19.30     Cena  21.00   Inizio  ritiro  con  un  tempo  di  adorazione  (con  compieta)  

 Giovedì  MATTINO  

07.30     Celebrazione  dell’Eucaristia  (facoltativa)  08.00     Lodi    08.30     Colazione    09.15     Proposta  di  mons.  Stefano  Chioatto     L’annuncio  del  Vangelo  10.15     Tempo  personale  con  possibilità  di  confessioni  11.30   Collatio  (facoltativa)  12.15   Ora  Sesta  12.30   Pranzo    

   

       

d. Mario Salviato - Crespano, 18 marzo 2015 - Aggiornamento sacerdoti Vic. Castelfranco Veneto, Mogliano Veneto, Nervesa

LA SITUAZIONE DELLE NOSTRE COMUNITÀ CRISTIANE Riflessioni sulle collaborazioni pastorali, a partire dalla visita pastorale in atto

LA VISITA PASTORALE IN ATTO Dalla lettera di indizione, due desideri:

- far emergere l'opera di Dio, per lodarlo e incoraggiare i tanti " operai del Vangelo" - l'urgenza della trasmissione della fede

Dalla lettera di indizione, due obiettivi: - la formazione cristiana degli adulti - le Collaborazioni pastorali

Gli esiti provvisori - la generale somiglianza delle parrocchie - il notevole impegno di tante persone nella pastorale parrocchiale - in aumento proposte rivolte al mondo degli adulti, con qualche sperimentazione - una crescita nella disponibilità alle Collaborazioni pastorali... - ...seppur rimangano interrogativi aperti.

LE COLLABORAZIONI PASTORALI - La conversione missionaria delle parrocchie e una pastorale più di evangelizzazione (EG 25)- Le Collaborazioni pastorali hanno per fine la missione- Il calo di numero dei sacerdoti: opportunità o emergenza?- Missione e comunione (Gv 17: "perché tutti siano una cosa sola.... perché il mondo creda")- La Collaborazione a servizio della comunione: "È finito il tempo della parrocchia autosufficiente"- Un cammino virtuoso: progressivo cambio di mentalità dei preti e dei laici, in primis i più vicini

collaboratori; ricchezza dello scambio di esperienze e il convergere di risorse; minor dispendio di energie; dall'iniziale coordinamento delle attività e risorse.... all'avvertire la necessità di un progetto per la Collaborazione

- Un cammino anche faticoso, che dipende dalla Collaborazione pastorale in sé (il timore che vengameno la propria identità parrocchiale) e da noi presbiteri (il carico pastorale; i "passi" diversi tra sacerdoti; la percezione di una nuova identità sacerdotale che ancora non é facile individuarla)

IL NUOVO DELLA COLLABORAZIONE PASTORALE: ALCUNI PASSAGGI NECESSARI 1. Priorità all'evangelizzazione

- una verifica della pastorale esistente, per ridimensionare o investire - la necessità di una forma di Chiesa adeguata alla missione - la via dell'incontro e del dialogo, attento alle situazioni di vita

2. Parrocchia e Collaborazione pastorale- Difficoltà della parrocchia a rispondere ai diversi cammini di fede - Sufficiente collaborare pastoralmente? - Collaborazione: segno-appello per tutti i cristiani alla "sensibilità di missione"

3. La responsabilità dei laici nella ri-evangelizzazione- i cristiani laici corresponsabili a pieno titolo dello slancio missionario della Chiesa e della fecondità

delle Collaborazioni. - la formazione i dei laici alla missione

4. Rilevanza della comunione e della relazioni fraterne tra presbiteri- Molteplicità di modalità, tenendo conto del rapporto inscindibile comunione-missione - La necessità di sostenerci e aiutarci in questo passaggio verso una modalità "nuova" di ministero - La consapevolezza di passare dalla autonomia pastorale alla comunione, da un ministero di

conservazione ad uno di evangelizzazione

CONCLUSIONI “Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario… la gioia dell’evangelizzazione” (EG 80.83)

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Apertura dell’anno pastorale 2013-2014

Tempio di S. Nicolò, 20 settembre 2013

Fratelli e sorelle carissimi, vi saluto tutti con affetto – presbiteri, diaconi, persone consacrate, fedeli laici – e vi ringrazio di essere convenuti qui questa sera: segno di una chiesa viva, che cammina nel tempo con lo sguardo fisso su Colui che la guida e la sostiene, e nel quale ripone tutta la sua fiducia. Ringrazio don Luca Pizzato per la ricca riflessione biblica che ci ha donato . Vorrei che facessimo nostre le parole di Paolo ai Corinzi: «Degno di fede è Dio, dal quale siete (siamo) stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!» (1 Cor 1,9). 1. Camminare nel tempo significa anche valorizzare con impegno e sapienza i tempi che ci diamo – o gli archi di tempo, come è l’anno pastorale – perché il nostro procedere avvenga con obiettivi, scansioni, modalità che ci aiutino ad essere chiesa che avanza insieme sulle strade di Dio. In verità, l’arco di tempo più significativo per la nostra fede è l’anno liturgico, grazie al quale essa vive e si alimenta ai misteri della vita di Cristo, resi attuali per noi, comunità e singoli, dalle celebrazioni della Liturgia. Potremmo dire che l’anno pastorale contiene come sua anima, come suo respiro interiore, l’anno liturgico; ma ci aiuta poi a dare corpo anche alle altre dimensioni che fanno la chiesa: l’annuncio e la catechesi, la formazione cristiana, la carità, l’edificazione della comunità come famiglia, come luogo di reciproco amore e di testimonianza di Cristo al mondo. Anche in quest’anno pastorale che questa sera inizia ci è chiesto dunque di proseguire il nostro cammino. 2. È un cammino che, a ben guardare, ha un suo percorso, una sua linearità. Già il magistero di mons. Andrea Bruno Mazzocato insisteva sulla primaria responsabilità della trasmissione della fede. Il sottotitolo dei suoi scritti pastorali più importanti è: «la trasmissione della fede in Gesù Cristo, oggi»; e anche «per trasmettere la carità di Cristo Gesù». La trasmissione della fede spesso ci mette in crisi, comunque ci interpella profondamente, perché se si facesse sempre più rarefatta o incapace di penetrare nelle esistenze, o addirittura si spegnesse, metterebbe a rischio l’esistenza stessa della comunità cristiana. Viene alla mente l’inquietante domanda di Gesù: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). Siamo ben consapevoli, però, che la fede può essere realmente trasmessa solo da chi la vive. Le fede non è semplicemente un insieme di nozioni, o una dottrina: non è qualcosa che passa da una mente ad altre menti, ma da un’esistenza ad altre esistenze. Per questo due anni fa ho posto l’attenzione sulla necessità che ci apriamo al dono meraviglioso che è Cristo, “una meraviglia ai nostri occhi”. Non si trasmette se non ciò che ci ha preso, ci è penetrato dentro, ci ha sorpreso. Papa Francesco chiede «una chiesa capace di riscaldare il cuore». Come riscaldare il cuore degli altri se il nostro è abitato da una fede – se ancora si può chiamare tale – fredda, stanca,

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inerte, annoiata e noiosa? Il credente è uno che ha dentro di sé una bella notizia (“la bella notizia”) e non può tenerla per sé. È all’interno di questo percorso che abbiamo sentito il bisogno di dedicarci maggiormente agli adulti. Sentiamo il bisogno di una chiesa in cui credenti adulti aiutino lo Spirito a generare alla fede, e sostenere nella fede, fanciulli, adolescenti, giovani e anche altri adulti. Abbiamo bisogno, per così dire, di accrescere il tasso di fede adulta della nostra chiesa. Il titolo della Lettera pastorale Una meraviglia ai nostri occhi voleva suscitare, in fondo, la domanda: abbiamo capito davvero che cosa Dio ha operato e opera per noi? Riprendo ancora l’espressione del Papa: quello che la fede ci fa conoscere di Dio scalda il nostro cuore? 3. Nella ricerca di riflessioni, proposte e iniziative che immettessero una maggior consapevolezza cristiana nella nostra vita, lo scorso anno abbiamo voluto aprire un piccolo cantiere di lavoro nell’ambito della preparazione al sacramento del battesimo dei bambini. Un buon numero di persone, che si impegnano ad aiutare i genitori a comprendere meglio il dono del battesimo dei loro figli e a renderli più partecipi di quell’evento cristiano fondamentale, si sono ritrovati più volte: hanno analizzato le situazioni concrete in cui si svolge la preparazione al battesimo; hanno cercato di capire quali modalità di accoglienza e di comunicazione e quali contenuti possono rendere più incisivo quel momento così significativo per un’esistenza cristiana. È riflettendo su questa piccola, ma apprezzata, iniziativa che è nata la domanda sulla coscienza che noi tutti abbiamo del nostro battesimo. Forse usiamo abbastanza spesso l’espressione “noi battezzati”, i “battezzati”, per dire semplicemente i cristiani, affermando così che all’origine di tutto, nella vita di una cristiano, vi è il suo battesimo come fatto decisivo, come realtà determinante. Ma nella Lettera pastorale che tra poco consegnerò ho posto queste domande: «Quale “consapevolezza battesimale” vi è nelle nostre comunità cristiane? I catechisti raccontano ai genitori dei battezzandi la bellezza e la grandezza del dono che il loro figlio sta per ricevere; ma poi viene spontaneo chiedersi: e chi questo dono lo ha già ricevuto, se ne ricorda? Ne ha coscienza? Lo vive? E la comunità cristiana che accoglie un nuovo battezzato si presenta come una comunità che riconosce nel battesimo l’origine della propria più radicale identità?». Vorrei a questo proposito riprendere alcune espressioni di Papa Francesco nella sua catechesi all’udienza generale di nove giorni fa. Ha detto il Papa: «Noi non diventiamo cristiani in laboratorio, noi non diventiamo cristiani da soli e con le nostre forze, ma la fede è un regalo, è un dono di Dio che ci viene dato nella chiesa e attraverso la chiesa. E la chiesa ci dona la vita di fede nel battesimo: quello è il momento in cui ci fa nascere come figli di Dio, il momento in cui ci dona la vita di Dio, ci genera come madre. (…) Il nostro far parte della chiesa non è un fatto esteriore e formale, non è compilare una carta che ci danno, ma è un atto interiore e vitale; non si appartiene alla chiesa come si appartiene ad una società, ad un partito o ad una qualsiasi altra organizzazione». E poi il Papa ha chiesto: «Se sono riconoscente anche ai miei genitori perché mi hanno dato la vita, sono riconoscente alla chiesa perché mi ha generato nella fede attraverso il battesimo?». Poi, come avviene spesso, ha aggiunto a braccio più o meno queste parole: «Quanti cristiani

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ricordano la data del proprio battesimo? Io vorrei fare questa domanda qui a voi, ma ognuno risponda nel suo cuore: quanti di voi ricordano la data del proprio battesimo? Alcuni alzano le mani, ma quanti non ricordano! Ma la data del battesimo è la data della nostra nascita alla chiesa, la data nella quale la nostra mamma chiesa ci ha partorito! E adesso vi lascio un compito da fare a casa. Quando oggi tornate a casa, andate a cercare bene qual è la data del vostro battesimo, e questo per festeggiarla, per ringraziare il Signore di questo dono». 4. Ecco, quella data ci interessa, perché quanto abbiamo ricevuto quel giorno ci rivela chi è Dio per noi e ci riconduce alla nostra identità originaria. Lì è l’inizio della nostra storia con Dio, o meglio della storia di Dio con ognuno di noi e con noi suo popolo. Lì la nostra vita è stata immersa nel mistero pasquale di Cristo. Lì è iniziato qualcosa che è destinato a non finire più, anzi a sfociare in una pienezza che solo Dio è in grado di donarci. Se ci guardiamo attorno – visto che nelle nostre terre la grande maggioranza delle persone ha ricevuto il battesimo – ci pare quasi che per molti quella storia con Dio iniziata nel battesimo si sia interrotta, più o meno rapidamente, o si sia sfilacciata, o abbia perso di vista la sua origine. Certo, ci è difficile valutare e non ci è lecito giudicare. Cominciamo noi con il riannodare le diverse stagioni, i diversi passaggi, anche i momenti semplici, feriali, della nostra vita, a quel suo inizio segnato così fortemente dall’amore gratuito di Dio. Ho scritto nella Lettera che «umanamente è difficile diventare adulti ignorando o rimuovendo la propria origine e la propria identità. Allo stesso modo, non si può diventare adulti nella fede avendo lasciato scomparire dal proprio orizzonte il battesimo, che “è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d’ingresso alla vita nello Spirito”» (n.4). Il titolo della Lettera pastorale che questa sera consegno riprende la celebre frase di Gesù alla Samaritana: «Se tu conoscessi il dono di Dio!» (Gv 4,10), e il sottotitolo è: «Riscoprire il nostro battesimo». Non comprendiamo Dio, il cristianesimo, la fede, se non ci poniamo di fronte ai grandi, sorprendenti doni divini. Senza questa percezione, senza questa consapevolezza di quello che Dio è e opera per noi, l’essere cristiani perde la sua bellezza, la sua forza, e anche il suo annuncio centrale: si riduce ad un insieme di precetti, più o meno incompresi, più o meno subìti. Nella sua intervista a La Civiltà cattolica che oggi ha fatto il giro del mondo, papa Francesco ha detto: «La chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ha salvato!”». E che cos’è il battesimo, se non la salvezza di Cristo, morto e risorto, che ci raggiunge e ci fa nuovi, ci fa suoi, immette la sua vita nella nostra, ci fa tralci della vite che Lui è. Davvero, se conoscessimo il dono di Dio! 5. Propongo dunque alla nostra chiesa, nel suo cammino verso una fede adulta, verso un più intenso impegno di trasmissione della fede e di testimonianza della “bella notizia” del vangelo, di impegnarsi nel prossimo biennio nella riscoperta, riflessione e ri-assunzione del nostro battesimo. Per capire chi siamo, per diventare quelli che siamo chiamati ad essere.

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Invito a dedicare il primo anno soprattutto alla riflessione e all’approfondimento del dono del battesimo. Il secondo anno invece darà modo di considerare le conseguenze del nostro battesimo nella nostra vita concreta, illuminata dalla vita del Risorto, anche valorizzando l’anno liturgico e i segni liturgici. Come sempre, l’Ufficio per il Coordinamento della Pastorale diocesana offrirà sussidi per aiutare l’impegno delle parrocchie e di altre comunità o aggregazioni e movimenti. Quello del battesimo non è dunque un tema che si aggiunge o si sovrappone a quelli già proposti negli anni recenti: è una loro ulteriore esplicitazione, un approfondimento e, nello stesso tempo, un’occasione di crescita in quella fede sulla quale da tempo la nostra chiesa sta lavorando. Del resto, da sempre il battesimo è definito il “sacramento della fede”. Vi chiedo, con semplicità e con rispetto della sensibilità di ciascuno, di camminare insieme lungo questa strada che viene proposta. Voglio concludere riprendendo le parole di Paolo agli Efesini, con le quali siamo soliti in questo tempo aprire la Visita pastorale nelle varie Collaborazioni pastorali: «Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,4-6). In questa unità, che valorizza la singolarità di ciascuno, vogliamo procedere con fiducia e con fedeltà. Maria ci accompagni. I nostri Santi ci sostengano.

✠ Gianfranco Agostino Gardin vescovo di Treviso

Apertura dell’anno pastorale 2014-2015

Tempio di S. Nicolò, 19 settembre 2014 Fratelli e sorelle carissimi, vi saluto tutti con affetto sincero e vi ringrazio di essere qui numerosi, questa sera. E così ci aiutiamo reciprocamente a sperimentare il nostro essere “chiesa”, a sentirci comunità radunata dall’amore del Padre, inviata da Cristo, sostenuta e resa una dallo Spirito. 1. Siamo riuniti in preghiera e nell’ascolto della Parola, perché siamo convinti che l’anno pastorale che sta davanti a noi è, ancora una volta, tempo di grazia per la nostra storia personale ed ecclesiale. È un tempo unico e irripetibile – il 2014-2015 ci è dato una sola volta –; tempo che domanda la nostra responsabilità, il nostro essere desti, con le lampade accese, in attesa dello sposo (cf. Mt 25,1-13); domanda la nostra disponibilità a metterci in ascolto di ciò che lo Spirito dice alla nostra chiesa (cf. Ap 2,7) in questo momento della sua storia; domanda la nostra volontà di seguire Gesù non a parole, ma in una sequela che prenda forma concreta dentro le situazioni che costituiscono il nostro “oggi”. Tutto questo in una profonda fiducia e in un sereno affidamento «al pastore e custode delle nostre anime» (cf. 1Pt 2,25). Servendoci delle parole di Paolo a Timoteo, noi vogliamo poter dire: «Sappiamo infatti in chi abbiamo posto la nostra fede e siamo convinti che egli è capace di custodire fino a quel giorno (cioè fino alla sua venuta) ciò che ci è stato affidato» (cf. 2Tim 1,12). 2. In questo spirito di fiducia nel Signore e nel suo amorevole guidare la nostra storia, vorrei che leggessimo anche gli avvicendamenti che anche quest’anno sono stati operati in un certo numero di parrocchie, come pure a livello di compiti centrali della diocesi. Mi riferisco in particolare all’avvicendamento, anzitutto, del Vicario generale e poi del Vicario episcopale per il coordinamento della pastorale. Mentre esprimo ancora profonda gratitudine a mons. Giuseppe Rizzo e a mons. Lucio Bonomo, rinnovo l’augurio cordiale a mons. Adriano Cevolotto, primo e indispensabile collaboratore del vescovo, e a don Mario Salviato, impegnato, in maniera particolare, nel seguire il cammino delle Collaborazioni pastorali. Essi hanno già iniziato con disponibilità e con impegno il loro servizio. Mi sia permesso di dire grazie anche ai sacerdoti che con spirito di obbedienza hanno accolto nuove destinazioni. Ma ringrazio anche i membri delle comunità parrocchiali, o di altre realtà ecclesiali, i quali, pur accogliendo con dispiacere il distacco da sacerdoti che hanno apprezzato e amato, sanno comprendere che dietro ai cambiamenti operativi è solo l’intento – mediante scelte delicate e necessariamente attente a tante situazioni – di sostenere il cammino delle comunità cristiane. E grazie anche ai parroci che hanno concluso definitivamente il loro servizio, svolto in lunghi anni di dedizione pastorale, e che mettono ancora generosamente il loro ministero presbiterale a disposizione delle nostra chiesa. 3. Questa nostra chiesa è chiamata a proseguire il suo cammino con coraggio, umiltà e determinazione.

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Ci è chiesto di continuare ad annunciare e celebrare l’amore del Signore, a testimoniare la nostra speranza, a dare alla chiesa, che noi siamo, il volto visibile e concreto della carità, dell’accoglienza e della condivisione. Nelle nostre comunità cristiane gli impegni svolti negli ambiti della catechesi, della formazione cristiana, della liturgia, dell’animazione spirituale, della carità, e in altri campi, sono davvero tanti e coinvolgono un vasto numero di persone, come la Visita pastorale mi consente di constatare. Sono espressione di una vita cristiana che pulsa, che costruisce comunità, che consente a tante persone, di tutte le età, di camminare sulla strada che conduce a Dio. Voglio ricordare anche come la nostra fede e la nostra appartenenza a questa chiesa sia stata alimentata e favorita, nell’anno passato e anche nel corso dell’estate che si sta concludendo, da esperienze vive e preziose. Penso, per esempio, alle tante e impegnative attività estive; penso anche ai pellegrinaggi: quello compiuto da varie parrocchie nella terra di Gesù o in altre terre del Nuovo Testamento; anche il pellegrinaggi compiuto dai presbiteri ordinati negli ultimi dieci anni sulle orme di san Paolo, a cui anch’io ho partecipato, per ritrovare insieme lo spirito e l’entusiasmo dell’Apostolo. Penso al consueto pellegrinaggio diocesano a Lourdes, con la partecipazione di numerose persone malate, esperienza sempre toccante di preghiera e di carità. Abbiamo anche fatto memoria, in maniere e circostanze diverse, di san Pio X, nel centenario della sua morte, per farci aiutare dalla santità di vita di questo figlio della nostra chiesa trevigiana: e qui penso al pellegrinaggio diocesano a Roma, assai partecipato, momento forte di fede e di gratitudine al Signore, oltre che di incontro con il Papa. Un ringraziamento particolare va a mons. Giuliano Brugnotto che ha seguito con dedizione instancabile l’organizzazione delle varie iniziative e celebrazioni del Centenario. E un sincero grazie anche alla parrocchia di Riese Pio X e al parroco mons. Giorgio Piva. 4. Ma voglio ricordare anche che nello scorso anno abbiamo intrapreso e cercato di praticare un itinerario di approfondimento del nostro Battesimo, per una crescita della consapevolezza della nostra identità di cristiani. Come ci ha efficacemente ricordato don Paolo Pigozzo nella sua riflessione – per la quale gli esprimo un sincero ringraziamento da parte di noi tutti – abbiamo bisogno di essere ricondotti, come usava fare l’apostolo Paolo con i cristiani delle sue comunità, all’”evento-sorgente”, a ciò che si colloca alla radice del nostro essere cristiani. Che è poi quell’essere posseduti da Cristo che abbiamo ascoltato da Paolo in apertura dalla nostra celebrazione: «Fratelli, l’amore di Cristo ci possiede» (2Cor 5,14). Davvero, per riprendere le parole del messaggio di quel giovane citato da don Paolo, “Quello lì” ci ha agganciati! Lo ha fatto con il Battesimo, facendoci morire e risorgere con Lui, e con tutto quello che è seguito e che continuamente viviamo soprattutto nella Liturgia. Come è noto, rimarremo anche quest’anno sul tema del Battesimo, mettendo l’accento sulla “risalita battesimale”. Rifacendoci alla figura del battesimo per immersione, noi siamo usciti dal fonte come «creature nuove in Cristo» (cf. 2Cor 5,17); ma siamo chiamati a vivere e rivivere continuamente questa risalita, che è nello stesso tempo una immersione di battezzati e da battezzati nella comunità, nel mondo, nella storia, nelle vicende di tutti i giorni, nelle relazioni quotidiane.

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5. Può essere che qualcuno dica, forse anche con qualche ragione: ancora il Battesimo? Non c’è il rischio di una ripetitività che produce stanchezza, assuefazione, diciamo pure noia? Si dice di solito che «la varietà è la madre del divertimento». Perché non passare ad un altro tema, aprire altri sguardi, collocarci in altri orizzonti? Ma giustamente è stata richiamata, facendo riferimento anche alla prassi evangelizzatrice dell’apostolo Paolo, la necessità di ritornare e sostare su ciò che per il cristiano è essenziale, che motiva tutto il resto. Qualche anno fa si dibatteva sulla necessità che l’Europa civile riconoscesse le proprie radici cristiane. Ma prima di chiedere questo ad una collettività che si fa sempre più estranea alla sua storia cristiana, non dobbiamo forse noi ri-conoscere, ri-scoprire, ri-assumere, ri-appropriarci delle nostre radici cristiane: non semplicemente radici culturali, ma sacramentali, vitali, esistenziali? Vorrei allora invitare voi e tutta la nostra chiesa, le nostre comunità parrocchiali, a continuare ad entrare ancora con interesse e con responsabilità dentro la nostra storia segnata radicalmente dal battesimo e chiamata ad essere storia battesimale, cioè storia di una vita resa continuamente nuova dall’amore salvifico e sanante di Cristo; con la capacità di scorgere e guardare con fiducia alle cose nuove che il Signore pone davanti a noi: «le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17). E poiché questo obiettivo si colloca dentro il più ampio percorso di divenire “cristiani adulti in una chiesa adulta”, e dentro l’impegno di essere chiesa evangelizzante, che sa trasmettere la fede, credo che siamo tutti rimasti colpiti dalle parole di papa Francesco che sono state lette poco fa: «La prima motivazione per evangelizzare è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto». Ma, osserva il Papa, «se non proviamo l’intenso desiderio di comunicarlo, abbiamo bisogno di soffermarci in preghiera per chiedere a Lui che torni ad affascinarci» (Evangelii gaudium 264). 6. Le tappe del semplice itinerario che viene proposto quest’anno, per aiutarci a riflettere sulle richieste della “risalita battesimale”, non ci richiamano solo alcune esigenze irrinunciabili di una concreta vita battesimale coerente, ma ci riconducono sempre a Lui: a Colui nel quale siamo riconciliati, a Colui il cui amore ci possiede, a Colui che ci ha amati e ha dato la sua vita per noi (cf. 2Cor 5,14.18; Gal 2,20). E così, come ci chiede il Papa, saremo testimoni e missionari nella misura in cui sapremo essere discepoli (cf. Evangelii gaudium 266); porteremo frutto se saremo tralci uniti alla vite (cf. Gv 15,1-6). Abbiamo ascoltato anche altre parole del Papa che – pare a me – dischiudono altri itinerari che probabilmente dovremo compiere per crescere verso un fede adulta. Ci ha detto il Papa: «Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i poveri, i suoi gesti, la sua coerenza, la sua generosità quotidiana e semplice, e infine la sua dedizione totale, tutto è prezioso e parla alla nostra vita personale. Ogni volta che si torna a scoprirlo, ci si convince che proprio questo è ciò di cui gli altri hanno bisogno, anche se non lo riconoscano» (Evangelii gaudium 264). Questi “altri” siamo anzitutto noi: noi abbiamo bisogno tornare a scoprire Gesù. Non è forse vero che spreso impegniamo molte energie nel organizzare le nostre comunità (cosa lodevole, intendiamoci), ma troppo poche per “scoprire Gesù”? Non mi soffermo a descrivere l’itinerario proposto per quest’anno, che si concretizzerà in sei momenti distribuiti nel corso dell’anno liturgico. Saranno illustrati dagli appositi strumenti offerti, come sempre, per accompagnare questo percorso. I sei momenti sono indicati nel pieghevole che avete ricevuto; sono espressi

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in sei verbi, ricavati dalla parola evangelica di sei domeniche, e hanno anche ispirato le invocazioni della nostra preghiera questa sera: invitare, testimoniare, sperare, servire, allargare, rimanere. Mi permetto solo di chiedere a tutti di accogliere l’invito di questo percorso, anche per sentirci chiesa che cammina insieme e si aiuta con spirito fraterno a praticare la sequela di Gesù.

Il Signore, mediante il suo Spirito, ci apra al dono del suo amore e ci renda

capaci di rispondervi. La Madre di Dio, prima discepola di Cristo, e i nostri Santi patroni, ci

sostengano nel cammino che la paternità di Dio schiude davanti a noi.

✠ Gianfranco Agostino Gardin

“Cristiani non si nasce, ma si diventa”. L’iniziazione cristiana: l’itinerario e i sacramenti

Relazione di don Luigi Girardi

Premesse generali

1. Parlando di iniziazione cristiana (= IC), ci riferiamo in senso proprio a quella degli adulti, in senso analogico anche a quella dei bambini. I due itinerari sono diversi e seguono logiche diverse: quella della conversione per gli adulti e quella dell’educazione per i fanciulli. Entrambi gli itinerari stanno cercando e sperimentando, oggi, soluzioni pastorali più convincenti.

2. È importante riconoscere la funzione propria dei riti sacramentali (riguarda la costituzione dell’identità cristiana) in stretto rapporto con le altre azioni pastorali per l’iniziazione (riguardano la formazione e sviluppo dell'identità). Il percorso di iniziazione cristiana, proprio perché riguarda l’edificazione della Chiesa, intreccia e fa convergere tutte le funzioni della pastorale (catechesi, liturgia, carità) nel contesto socio-culturale di oggi.

3. In questo intervento, consideriamo l’IC come pratica rituale-sacramentale che ci inserisce in Cristo e nella Chiesa. Trattandosi di una “pratica”, acquistano importanza anzitutto ciò che si fa, il “percorso” che si compie, il “corpo” che fa esperienza, le “emozioni” che sono attivate e che sorreggono le relazioni…

4. I riti, in generale, sono luogo di produzione di significati a diversi livelli (non solo a livello intellettuale), tramite la molteplicità e la pluri-stratificazione dei linguaggi rituali: nella celebrazione, non si parla solo con le parole, ma ancor di più con i gesti, le relazioni, i segni, gli spazi, i canti…

Gli “ingredienti” di un percorso di iniziazione

“Si diventa” cristiani o “si è fatti” cristiani? Il diventare cristiani nasce dall’incontro con Cristo e comprende sempre due dimensioni distinte e inseparabili: quella dell’itinerario progressivo, nel quale si dispiegano nel tempo sia la libera iniziativa di Dio sia la libera risposta dell’uomo (la sua adesione di fede), e quella dell’azione rituale, puntuale, nella quale si celebra la grazia che ci costituisce come figli del Padre in Cristo per lo Spirito. Questa struttura dell’iniziazione (percorso e azione rituale) deve sempre contenere e combinare insieme diversi elementi:

• un vangelo che “riscalda il cuore” (e che suscita il nostro “affidamento” al Dio che in esso si rivela);

• una chiesa che vive del vangelo e lo trasmette (quanto più è forte e nitida l’esperienza di Chiesa, tanto più si potrà favorire una appartenenza altrettanto forte e nitida ad essa);

• una ministerialità ecclesiale articolata che fa sperimentare la comunità/comunione ecclesiale (qualcuno che rappresenta la Chiesa, ha cura dell’iniziando e sa apprezzarne il valore);

• una formazione integrale ad essere credenti (attenzione all’intensità-profondità della formazione più che alla sua quantità-estensione) che coinvolge attivamente i destinatari (catecumeni/neofiti) secondo le loro caratteristiche.

L’iniziazione cristiana ha il suo culmine nei tre sacramenti (battesimo-confermazione e eucaristia). Essi celebrano l’eccedenza del dono, consentono la decisione della fede, mettono in atto la fraternità ecclesiale. Sono «in boccio» (nel simbolo rituale) ciò che è la vita cristiana nella sua «fioritura» (la varietà e unità delle membra ecclesiali, la ricchezza dei carismi…): infatti, ciò a cui si viene iniziati è anche ciò di cui vive costantemente la chiesa. Per questo, la vitalità dell’iniziazione riflette e sfocia nella vitalità della chiesa, e viceversa. Ma vale anche il “rovescio della medaglia”: le difficoltà dell’iniziazione cristiana sono sintomo e confermano le fatiche della vita ecclesiale.

Aspetti particolari (e problematici) della pastorale dell’IC

- Unità e ordine dei sacramenti. Si deve “riconquistare” l’unità dei tre sacramenti dell'IC (battesimo-confermazione e eucaristia) sul piano teologico, liturgico e pastorale, confrontandosi con il cambiamento del contesto ecclesiale e sociale in cui si dà la formazione e la vita cristiana. L’eucaristia, in particolare, deve apparire come il culmine dell'IC e l’anno liturgico come il cammino mistagogico permanente della Chiesa.

- I sacramenti e la fede. La fede non è solo un pre-requisito per l’accesso ai sacramenti, ma è anche un frutto che matura nella loro celebrazione e si sviluppa ulteriormente grazie ad essa. Occorre aver cura di tutte le fasi di questo percorso.

- Iniziazione e identità. L’IC segna un cambio di identità, una «rinascita dall’alto»: come si potrebbe descrivere il “passaggio” (di identità, con relative competenze, relazioni, stili di vita…) che avviene in chi è iniziato e come è avvertito?

- Iniziare nel contesto attuale. Il contesto socio-culturale attuale pone nuove problematiche pastorali, ma offre anche nuove opportunità. Sappiamo intravederle? Abbiamo gli strumenti e gli atteggiamenti per affrontarle insieme come chiesa?

VICARIATI  DI  NERVESA,  CASTELFRANCO  E  MOGLIANO  Lunedì  16  marzo  2015  

Scheda  di  lavoro  per  il  confronto  nei  gruppi    Per  la  riflessione  personale  

Ripercorri  sommariamente  l’itinerario  pastorale  propostoci  in  questi  anni  dal  nostro  Vescovo.  

3.  Nel  mio  intervento  alla  conclusione  dell’anno  pastorale  2009-­‐2010  ho  già  avuto  modo  di  offrire  alcune  indicazioni  per  il  cammino  della  nostra  Chiesa.  Ricordo  concisamente  che  ho  segnalato  l’opportunità  della   continuità,   della   collaborazione   (con   particolare   riferimento   alle   Collaborazioni   pastorali),   di   una  maggiore   attenzione   alla   presenza   e   al   ruolo   ecclesiale   dei   fedeli   laici,   della   valorizzazione   di   ciò   che  appartiene  all’ordinarietà  della  vita  ecclesiale  e  pastorale.    

In  quella  stessa  circostanza  indicavo  l’educazione  come  tema  che  guiderà  il  cammino  di  riflessione  e  di   impegno   della   nostra   diocesi   nei   prossimi   anni.   Questa   scelta,   frutto   anche   della   consultazione   del  Consiglio   presbiterale   e   degli   altri   collaboratori,   ci   colloca   sia   nel   cammino   della   Chiesa   italiana,   che   ha  deciso   di   dedicare   a   questo   tema   il   decennio   2010-­‐2020,   sia   sulla   scia   delle   indicazioni   presentate  dall’Esortazione   pastorale   “Camminate   nella   carità   come   Cristo   ci   ha   amato”   di   mons.   Andrea   Bruno  Mazzocato   (2009).   Inoltre,   raccogliamo   anche   noi   con   obbediente   disponibilità   l’appello   lanciato  recentemente  da  Benedetto  XVI,  che  ha  segnalato  con  lucidità  il  profilarsi  di  una  vera  e  propria  “emergenza  educativa”.    

(G.  A.  GARDIN,  “Cinque  pani  e  due  pesci”.  Consapevoli  del  dono  e  della  responsabilità  dell’educazione)  

1.  Alla  conclusione  dell’anno  pastorale  2010-­‐2011,  la  sera  del  3  giugno  scorso,  ho  già  annunciato  il  tema  che  dovrebbe  costituire  l’oggetto  della  nostra  attenzione  e  del  nostro  impegno  nel  prossimo  futuro:  la  formazione  cristiana  degli  adulti.  Questa  scelta  si   colloca,  come  è  noto,  nel  decennio   in  cui  è  chiesto  alla  chiesa   italiana   di   porre   al   centro   della   sua   riflessione   e   della   sua   attività   pastorale   il   grande   compito  dell’educazione.  

Facevo  presente,  in  quella  circostanza,  che  questo  tema  viene  indicato  negli  orientamenti  pastorali  della  CEI  per   il  decennio   in  corso  come  la  prima  priorità  tra  quelle  necessarie  per  “dare  impulso  e  forza  al  compito   educativo   delle   nostre   comunità”,   rilevando   che   “questa   scelta   qualificante,   già   presente   negli  orientamenti   pastorali   dei   decenni   passati,   merita   ulteriore   sviluppo,   accoglienza   e   diffusione   nelle  parrocchie  e  nelle  altre  realtà  ecclesiali”.  E  aggiungevo:  “Si  potrebbe  osservare  che  non  si  tratta  certo  di  una  scelta  nuova  e  originale,   anche   se   si  dovranno  poi  definirne  obiettivi  particolari  ed  eventualmente  alcuni  destinatari   specifici.  Ma   non   deve   sorprenderci   che   questa   preoccupazione,   la   formazione   di   una   chiesa  fatta  di  cristiani  adulti,  riemerga  sempre  con  forza,  dal  momento  che  una  ragione  (o  la  ragione)  di  fondo  del  nostro  lavoro  pastorale  è  –  e  non  potrebbe  essere  diversamente  –  un’efficace  trasmissione  della  fede”.  

(G.  A.  GARDIN,  “Una  meraviglia  ai  nostri  occhi”.  Cristiani  adulti  in  una  chiesa  adulta)  

2.  Mi   sembra   necessario   esplicitare   le   ragioni   di   questa   Lettera.   Essa   si   potrebbe   spiegare   con   il  detto  “da  cosa  nasce  cosa”.  La  “cosa”,  chiamiamola  così,  di  partenza  è  la  proposta  lanciata  dalla  mia  Lettera  pastorale  del  2011,  Una  meraviglia  ai  nostri  occhi:  quella  di  un   impegno  più  meditato,   convinto  e   fattivo  nella  formazione  di  cristiani  adulti  nella  fede.  All’interno  di  questo  grande  obiettivo  è  nata,  lo  scorso  anno,  la  piccola  “cosa”  di  un’attenzione  particolare  a  coloro  che  operano  in  relazione  al  battesimo  dei  bambini:  i  catechisti   che  preparano   i   genitori   e   i   genitori   stessi.     Dunque   adulti   che   aiutano   la   fede  di   altri   adulti   (i  catechisti)   e   adulti   che   ricevono   aiuto   per   la   loro   fede   (i   genitori).   Sono   stati   così   realizzati,   nello   scorso  anno  pastorale,  alcuni  incontri  a  livello  intervicariale  e  diocesano  con  la  partecipazione  di  un  buon  numero  di  catechisti  battesimali.    

Ma  ecco  la  terza  “cosa”,  nata  a  sua  volta  da  questa  iniziativa.  La  ricerca  su  come  preparare  i  genitori  al  battesimo  dei  figli  ha  fatto  sorgere  un  interrogativo:  quale  “consapevolezza  battesimale”  vi  è  nelle  nostre  comunità  cristiane?  I  catechisti  raccontano  ai  genitori  dei  battezzandi  la  bellezza  e  grandezza  del  dono  che  il  

loro  figlio  sta  per  ricevere;  ma  poi  viene  spontaneo  chiedersi:  e  chi  questo  dono   lo  ha  già  ricevuto,  se  ne  ricorda?  Ne  ha   coscienza?   Lo   vive?   E   la   comunità   cristiana   che   accoglie   un  nuovo  battezzato   si   presenta  come  una  comunità  che  riconosce  nel  battesimo  l’origine  della  propria  più  radicale  identità?     4.  Sollecitato  da  questi  pensieri,  ho  ritenuto  utile  offrire  alcune  riflessioni  sul  battesimo,  per  aiutarci  a   comprendere   quale   “peso”   esso   dovrebbe   avere   nella   nostra   vita   cristiana   personale   e   comunitaria.  Questo  nella  cornice  di  quel  vasto  obiettivo,  già  richiamato,  che  ci  vede  impegnati  in  questi  anni:  quello  di  un   cammino  più   deciso   verso   la   condizione  di   cristiani   adulti,   dalla   fede  matura.  Umanamente   è   difficile  diventare  adulti   ignorando  o  rimuovendo  la  propria  origine  e   la  propria   identità.  Allo  stesso  modo,  non  si  può   diventare   adulti   nella   fede   avendo   lasciato   scomparire   dal   proprio   orizzonte   il   battesimo,   che   “è   il  fondamento  di  tutta  la  vita  cristiana,  il  vestibolo  d’ingresso  alla  vita  nello  Spirito”  (CCC,  1213).  Ecco  l’origine  di  questa  Lettera  e  della  proposta  in  essa  contenuta.  Essa  non  è  niente  di  più  che  un  piccolo  fraterno  aiuto  nei  cammini  personali  e  comunitari  verso  una  fede  adulta  e  nella  costruzione  di  una  chiesa  adulta.    

(G.  A.  GARDIN,  “Se  tu  conoscessi  il  dono  di  Dio”.  Riscoprire  il  nostro  battesimo)  

Come   è   noto,   rimarremo   anche   quest’anno   sul   tema   del   Battesimo,   mettendo   l’accento   sulla  “risalita  battesimale”.  Rifacendoci  alla  figura  del  battesimo  per  immersione,  noi  siamo  usciti  dal  fonte  come  “creature   nuove   in   Cristo”   (cf.   2Cor5,17);   ma   siamo   chiamati   a   vivere   e   rivivere   continuamente   questa  risalita,  che  è  nello  stesso  tempo  una  immersione  di  battezzati  e  da  battezzati  nella  comunità,  nel  mondo,  nella  storia,  nelle  vicende  di  tutti  i  giorni,  nelle  relazioni  quotidiane.  

(G.  A.  GARDIN,  Intervento  di  apertura  dell’anno  pastorale,  San  Nicolò,  19  settembre  2014)  

Ora  lascia  emergere  le  immagini,  i  sentimenti  e  i  pensieri  che  ti  nascono  dentro.    

Dopo  qualche  minuto,  facendo  riferimento  al  tuo  vissuto  personale  ed  ecclesiale,  chiediti:  

1. Con  quale  spirito  (gioia,  soddisfazione,  resistenza,  perplessità,  disaccordo,  sopportazione…)  ho  accolto  stamattina   la  relazione  del  Vescovo?  Come  mi  sono  posto  di   fronte  agli  orientamenti  pastorali  che  in  questi  anni  mi  sono  stati  dati  dal  Vescovo  e  dai  suoi  più  stretti  collaboratori?  E  la   recezione   della   mia   parrocchia   (laici   impegnati,   organismi   di   partecipazione,   “fedeli   della  domenica”…)  e  della  mia  collaborazione  pastorale  qual  è  stata?  

2. Come   mi   sto   impegnando   concretamente   a   promuovere   l’attuazione   di   tali   orientamenti  nell’ordinarietà   dell’agire   pastorale   della   mia   comunità   cristiana?   Da   questo   punto   di   vista,  quali  sono  le  difficoltà  che  incontro  e  quali  le  “risorse”  su  cui  mi  accorgo  di  poter  contare?  

3. In   seno  alla  mia   comunità   sono  nate   iniziative  nuove  o   itinerari   inediti   di   formazione   (prima  evangelizzazione,  catechesi…)  degli  adulti  (non  solo  di  riscoperta  del  battesimo)?  Come  stanno  procedendo  (fatiche,  limiti,  segnali  confortanti…)?  Me  la  sento  di  narrare  ai  miei  confratelli  una  “sperimentazione”  riuscita  e  di  condividere  con  loro  le  condizioni  che  l’hanno  resa  tale?  

Ai  fini  di  una  comunicazione  in  gruppo  più  chiara  ed  efficace  può  esserti  utile  appuntarti  qualcosa.  

Per  il  lavoro  di  gruppo  

Si  scelga  subito  un  segretario,  che  avrà  il  compito  di  annotare  quanto  emergerà,  per  poi  ordinarlo  e  riportarlo  in  assemblea.  

Le  domande  guida  per  la  condivisione  sono  le  stesse  del  lavoro  personale.  

Non  ci  si  lasci  prendere  dall’ansia  di  dover  rispondere  a  tutte  le  domande,  ciò  che  conta  piuttosto  è  che  ci  si  ascolti  con  attenzione  e  rispetto.    

Gli  interventi  siano  relativamente  brevi,  per  permettere  a  tutti  di  parlare.  

Gli  ultimi  venti  minuti  siano  spesi  per  tirare  insieme  le  somme  di  quanto  condiviso.    

 

SETTIMANA RESIDENZIALE DI FORMAZIONE PER I PRETI DEI VICARIATI DI NERVESA, CASTELFRANCO E MOGLIANO

Scheda di verifica

Da consegnare al segretario prima del pranzo di giovedì

1. Impressioni, osservazioni e valutazioni personali sull’esperienza… 2. Suggerimenti agli organizzatori…