I QUADERNI anno 4 n. 2 (giugno 2012)

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A tu per tu con il Sè: tentativo di superamento dell’autoreferenzialità La ricetta che non c’è... Nei processi di disamina di se stessi o nella creazione difficilmente varchiamo il confine delle convenzioni, ossia di quelle strutture di lettura dei comportamenti e dei sentimenti che rendono possibili un certo tipo di classificazioni. Così se qualcuno dovesse pervenire, poniamo, alla scomoda verità di essere una persona egoista, tale definizione difficilmente varcherebbe l’aspetto convenzionale di egoismo, per una specie di astuzia della mente che ci impedisce di approfondire troppo ciò che siamo, risparmiandoci spiacevoli sorprese. Niente di male in tutto questo. Forse la natura stessa, per una questione di sopravvivenza, ha ideato nella coscienza d e l g e n e r e u m a n o u n a s e r i e d i trabocchetti per evitare di divenire coscienti e garantire in questo modo continuità certa alla specie. Ma se le cose stessero solo così, l’uomo non si sarebbe evoluto, dato che la maggior parte delle cose che ci circondano sono il frutto di menti superiori, quindi coscienti. E qui pare esserci una contraddizione, perché l’evoluzione è possibile solo se si diviene coscienti, ossia se si è disposti a scendere negli abissi della psiche, dove positivo e negativo si toccano, e non spaventarci se scopriamo di essere proprio il contrario di quello che immaginavamo, e che ciò che ci ha spinto così intensamente verso un traguardo (l’essere artisti, ad esempio, sforzandoci di affermarci in quel campo), altro non è che la forma più potente che ha preso il profondo dolore di non essere mai stati presi in considerazione, il quale può anche raggiungere livelli morbosi (megalomania, autoreferenzialità, disprezzo per il prossimo), proprio nei soggetti che percepiscono di non avere niente di particolarmente straordinario da dire. Quasi l’escamotage di scegliere un campo prestigioso quale quello creativo consenta di nascondersi dietro all’alibi di genio incompreso. Una scoperta che, se fatta con l’intenzione di conoscerci e migliorarci, può anche portare al più profondo dei benefici: scoprire chi siamo, dare un senso alla nostra storia, e trovare ciò che davvero ci interessa, oppure praticare in modo completamente diverso in futuro quello che sino a lì era una malattia, dalla quale saremo ben felici d’essere guariti. Buona estate a tutti! (di Silvio Da Rù) I Quaderni - editoriale pag.1 I Quaderni di Nuova Scena Antica GALLERY GIUGNO 2012. GLI ARTISTI. LE CREAZIONI I Quaderni di Nuova Scena Antica I Quaderni di Nuova Scena Antica nascono per raccogliere gli incontri significativi avvenuti nel panorama artistico contemporaneo internazionale ANNO 4 N. 2 GIUGNO 2012 RIVISTA TRIMESTRALE ARTE MUSICA PERFORMANCE Redazione Italia direttore responsabile SILVIO DA RU’ project & art director DANIELA BESTETTI Nuova Scena Antica 2012 Alcuni diritti riservati www.nuovascenaantica.it RIVISTA ON LINE ARTE MUSICA PERFORMANCE SOMMARIO Editoriale 1 Arte 2 Musica 3 Performance 4 I Quaderni nel mondo 5

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A tu per tu con il Sè: tentativo di superamento dell'auto referenzialità. EDITORIALE: La ricetta che non c'è... ARTE Francesca Bonini MUSICA Luca Olivieri PERFORMANCE Pilar Gallegos ESTERO Susana Egea (Spagna) e Clarice Niskier (Brasile)

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A tu per tu con il Sè: tentativo di superamento dell’autoreferenzialitàLa ricetta che non c’è...

Nei processi di disamina di se stessi o nella creazione difficilmente varchiamo il confine delle convenzioni, ossia di quelle strutture di lettura dei comportamenti e dei sentimenti che rendono possibili un certo tipo di classificazioni. Così se qualcuno dovesse pervenire, poniamo, alla scomoda verità di essere una persona egoista, tale definizione difficilmente varcherebbe l’aspetto convenzionale di egoismo, per una specie di astuzia della mente che ci impedisce di approfondire troppo ciò che siamo, risparmiandoci spiacevoli sorprese.

Niente di male in tutto questo. Forse la natura stessa, per una questione di sopravvivenza, ha ideato nella coscienza d e l g e n e r e u m a n o u n a s e r i e d i trabocchetti per evitare di divenire coscienti e garantire in questo modo continuità certa alla specie. Ma se le cose stessero solo così, l’uomo non si sarebbe evoluto, dato che la maggior parte delle

cose che ci circondano sono il frutto di menti superiori, quindi coscienti. E qui pare esserci una contraddizione, perché l’evoluzione è possibile solo se si diviene coscienti, ossia se si è disposti a scendere negli abissi della psiche, dove positivo e negativo si toccano, e non spaventarci se scopriamo di essere proprio il contrario di quello che immaginavamo, e che ciò che ci ha spinto così intensamente verso un traguardo (l’essere artisti, ad esempio, sforzandoci di affermarci in quel campo), altro non è che la forma più potente che ha preso il profondo dolore di non essere mai stati presi in considerazione, il quale può anche raggiungere livelli morbosi (megalomania, autoreferenz ia l i tà , disprezzo per il prossimo), proprio nei soggetti che percepiscono di non avere niente di particolarmente straordinario da dire. Quasi l’escamotage di scegliere un campo prestigioso quale quello creativo consenta di nascondersi dietro all’alibi di genio incompreso.

Una scoperta che, se fatta con

l’intenzione di conoscerci e migliorarci, può anche portare al più profondo dei benefici: scoprire chi siamo, dare un senso alla nostra storia, e trovare ciò che davvero ci interessa, oppure praticare in modo completamente diverso in futuro quello che sino a lì era una malattia, dalla quale saremo ben felici d’essere guariti.

Buona estate a tutti!

(di Silvio Da Rù)

I Quaderni - editoriale pag.1

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GALLERY GIUGNO 2012. GLI ARTISTI. LE CREAZIONI

I Quaderni diNuova Scena AnticaI Quaderni di Nuova Scena Antica nascono per raccogliere gli incontri significativi avvenuti nel panorama artistico contemporaneo internazionale

ANNO 4 N. 2 GIUGNO 2012

RIVISTA TRIMESTRALE

ARTE MUSICA PERFORMANCE

Redazione Italia

direttore responsabile SILVIO DA RU’ project & art director DANIELA BESTETTI

Nuova Scena Antica 2012 Alcuni diritti riservati

www.nuovascenaantica.it

RIVISTA ON LINE

ARTE MUSICA PERFORMANCE

SOMMARIO Editoriale 1 Arte 2 Musica 3 Performance 4 I Quaderni nel mondo 5

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Francesca Bonini (pittrice)Alcuni individui scelgono l’arte come mestiere, assecondando un’inclinazione più o

meno naturale; altri “scoprono” l’arte come strumento per conoscere se stessi e per comunicare al mondo, pur continuando ad esercitare una professione altra. A questa seconda categoria appartiene Francesca Bonini, pittrice romana, le cui opere nascono dall’espressione di contenuti inconsci e dall’elaborazione di simboli archetipici.

“Dal dipingere imparo e reimparo a non temere la precarietà". Un’affermazione tosta quella con cui esordisci nella premessa del tuo catalogo Performances. A cosa ti riferisci precisamente? FB: Una malattia autoimmunitaria, che cangiante nei sintomi mi accompagna fedele da quando ho 13 anni, mi ha imposto un ”sentire consapevole”, ma rallentato e diminuito rispetto al fare ed una predisposizione all’intercettazione di temi inconsci, immagini sotterranee del profondo. Per precarietà intendo l’impossibilità di arrivare a rappresentare un “finito”, un “compiuto”, un “esattamente e tecnicamente quello” proprio in virtù della natura dei contenuti che tratto, cangiante, mutevole intuibile di sbieco… come la traccia di un sogno che mentre lo ricordi sfugge, lasciando una vaghezza che per me ha del sublime. La precarietà è quella delle forme e dei colori che slittano via di mano e di pensiero per essere soprattutto “altro”, fuori dal metodo. Da quel “soprattutto altro” mi faccio affascinare e indugio. Infinite combinazioni sotto le mie mani, ciascuna la rimpiango e poi saluto come qualcosa di andato eppure presente e significativo nello strato di forme e colori che si va formando. Questa precarietà di forme e materia mi appare bella nella sua infinita disponibilità ad essere e trasformarsi: nella voluta allusione alla precarietà dell’umano, nel grottesco non bello del senso di morte, mi concedo così un doppio dono: l’illusione di poter giocare su un terreno sicuro tra materia, dita, pensieri e la leggerezza di un’esperienza del ”lasciare andare” che libera.

Che cosa sono queste Performances e, in generale, come ti poni nei confronti dell’opera?FB: Ciò che rimane sul supporto, che può essere di cartone, gesso o legno, è il risultato di un incontro profondo tra corpo e mente, tra pensieri, immagini e mani, e ciò che mi spinge a farlo ancora è proprio la vertigine della “precarietà” e la forza inesauribile del simbolo. Il compiuto è sempre molto di più rispetto al pensato interiormente: è “una” delle forme che quel contenuto ha scelto di indossare. Io sono la sarta che presta le mani ad una cerca vorticosa. L’opera è esperienza multisensoriale nella quale il simbolo, materializzandosi, produce energia. Energia prettamente femminile, direi, nel suo liberarsi prepotente fuori dagli schemi consueti ed in terreno franco quale quello di una performance in privè. Sperimento la forza di un femminile sotterraneo e potente che nella vita diurna del privato come nell’immaginario collettivo mi appare assai

depotenziata, se non rimossa. Questo numero è dedicato al delicato rapporto con il Sé e al tentativo di superare

l'autoreferenzialità di colui che crea. Quali sono i confini tra Francesca pittrice e Francesca individuo?FB: I confini sono dati dalle congiunture del quotidiano e il dipingere è l’unico vero lusso che mi concede di essere “intera”, come donna e come persona. L’urgenza di creare e di “fare materia“ dei contenuti emersi spesso arriva in momenti apparentemente sbagliati, che non consentirebbero ad una donna di un ex proletariato urbano medio, magari madre e lavoratrice, di astrarsi dal dato reale del ruolo e delle responsabilità pratiche del fare. Eppure proprio in quei momenti “stonati”, prorompe l’immagine piena del simbolo a fare ordine e bellezza..

Grazie, Francesca.

(intervista a Francesca Bonini del 20.04.2012)

I Quaderni - arte pag. 2

ARTEZOOM ON FRANCESCA1. Il tuo maggior pregioLa forza di volontà ed un feroce ottimismo.

2. Il tuo peggior difettoIl limite di una mente “non-pratica”, resistente al tecnico e al tecnologico in quanto metodo.

3. Progetti per il futuroUn ‘ i n s t a l l az ione su I n f anz ia , memoria, futuro e una tela su Il Rimosso delle donne.

Bio in sintesi di Francesca BoniniNasce a Roma nel 1971. Inizia a dipingere intorno ai 20 anni. Lavora come operatore sociosanitario in ambito riabilitativo. Coniugata e madre di due figli. Espone per la prima volta nel 2010 a Sutri, presso una galleria privata. Il catalogo Performances sceglie e raccoglie le opere prodotte dal 2003 al 2011: opere in cui la materia plasmata e scavata riveste un aspetto importante, quasi l’artista dipinga con le mani. “Nelle Performances io sono le mie mani. Scelgo materiali semplici, duttili, non strutturati perché, prima di arrendermi all’ultima forma, esploro la materia, la manipolo. L’esecuzione, fatta di movimenti e pause, ha un certo ritmo e diviene la mia “danza bambina”, come a descrivere il cerchio magico entro il quale posso avvicinare e tradurre la bella e terribile lingua del simbolo inconscio”.(Francesca Bonini). 

serie “Ferita n.3 “ 2010 tela 50 x 50“Rosa Rosarum” 2004

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Luca Olivieri (musicista, compositore, arrangiatore)Difficile orientarsi nello sterminato panorama musicale contemporaneo, tra musicisti

che sorprendono per il virtuosismo esecutivo e compositori che colpiscono per la maestria con cui contaminano suoni ed esperienze musicali diverse. Nel migliore dei casi, s’intende. L’artista che vi presentiamo in questo numero non è facilmente catalogabile, ma esprime coraggio e chiarezza d’idee nell’impiego di strumenti acustici, elettrici ed elettronici, provocando una sinergia molto evocativa di suoni sintetici e acustici insieme. Parliamo di Luca Olivieri, musicista, compositore e arrangiatore che vive ad Alessandria.

Chi è Luca Olivieri musicista e come diventa compositore?LO: Ho iniziato molto presto lo studio del pianoforte, arrivando a diplomarmi in conservatorio. Parallelamente ho cercato di tenermi aggiornato su quanto avveniva intorno a me ascoltando musiche di ogni tipo, collaborando con altri musicisti e imparando ad usare computer, campionatore e synth. Così ho iniziato ad occuparmi di sintesi sonora, arrangiamenti e composizione, tutte cose che mi hanno portato a realizzare diversi lavori in ambito teatrale e multimediale.

La quarta dimensione (2008), Trigenta (1996): sono i titoli dei tuoi cd. Come nascono e in cosa consistono questi lavori?LO: Entrambi i dischi contengono mie musiche realizzate per il teatro e il cinema: colonne sonore, sonorizzazioni di pellicole del cinema muto, installazioni... In essi convivono sonorità elettroniche, curate da me, ed acustiche, frutto del contributo di numerosi musicisti ospiti che con violoncello, percussioni, fiati, fisarmonica, contrabbasso e molto altro hanno “speziato” a dovere i brani.

Che funzione svolgono le numerose collaborazioni con altre realtà musicali e teatrali nella tua evoluzione personale di musicista?LO: Collaborare con altri artisti è importante, specie per chi come me considera la musica strettamente legata ad altre forme d'arte. Mi piace “vedere” la mia musica, applicarla a immagini, parole, gesti scenici, dove il tutto acquista più forza e accostamenti apparentemente azzardati alla fine risultano molto affascinanti. E poi incontrare persone anche distanti dal tuo mondo e scoprire che fino a quel momento ti sei perso qualcosa.

Questo numero è dedicato al Sé e al tentativo di superare l’autoreferenzialità dell’artista creatore. Che peso ha la questione “comunicazione” nella tua attività di musicista? LO: Comunicare è fondamentale, credo che ogni artista abbia la necessità di “arrivare” a qualcuno, di avere un riscontro esterno. Personalmente vivo la mia autoreferenzialità pensando che la musica che realizzo possa raccontare un po' di me e mi renda riconoscibile.

Grazie, Luca.

(intervista a Luca Olivieri del 05.06.2012)

La Quarta Dimensione

Luca Olivieri tastiere, wurlitzer, korg ms20, programmazioni, glockenspiel, melodica, percussioni Fabio Martino fisarmonica Mario Arcari oboe, clarinetto, flauto dolce sopranino Fabrizio Barale chitarra elettrica Giovanna Vivaldi violoncello Diego Pangolino percussioni Andrea Cavalieri basso elettrico, contrabbasso elettrico Roberto Lazzarino chitarra elettrica.

I Quaderni - musica pag. 3

MUSICAZOOM ON LUCA1. Il tuo maggior pregioLa costanza nel raggiungere un obiettivo. Se devo fare una cosa ci metto tutto l'impegno possibile e cerco sempre di portare a termine la missione.

2. Il tuo peggior difettoEssere astemio.

3. Progetti per il futuroContinuare a fare musica in libertà, concedendomi il lusso di decidere tempi e modi senza condizionamenti.

Bio in sintesi di Luca OlivieriNato a Milano, classe 1968, è musicista (pianoforte, tastiere e programmazioni), compositore e arrangiatore. Realizza musiche originali per spettacoli teatrali, cortometraggi, sonorizzazioni di film muti d'epoca e partecipa come strumentista ed arrangiatore a numerosi proget t i discografici . D i p l o m a t o i n p i a n o f o r t e a l conservatorio N. Paganini di Genova, si perfeziona con artisti quali Howie B, Françoise Kevorkian, Roberto Vernetti, Taketo Gohara. Produce musiche originali per compagnie e registi teatrali, collaborando tra gli altri con Fabrizio Contri e Valerio Binasco (Teatro Stabile di Genova), Enzo Buarnè (Teatro del Rimbombo) e per i readings Adamo vs Eva (con l'attrice Laura Bombonato) e Lettere dal Parentado (con l'attore Fabrizio Pagella). I suoi brani sono inseriti negli spettacoli Ricordi Fuoriusciti (ACTI Teatri Indipendenti/Teatro Stabile Torino) e Il Fiume Rubato ( N a r r a m o n d o ) . C o l l a b o r a attivamente con il gruppo Yo Yo Mundi, in registrazioni in studio e in spettacoli live in Italia, Svizzera, Gran Bretagna, Irlanda, Olanda e Austria. Grazie a questa collaborazione ha suonato per numerosi artisti quali Giuseppe Cederna, Franco Branciaroli, Marco Baliani, Marino e Sandro Severini, Paolo Bonfanti, Banda Osiris, Claudio Fossati, Maurizio Camardi, Giorgio Li Calzi, Martina Marchiori.Ha pubblicato due dischi solisti, T r i gen ta (1996) e La Quar t a Dimensione (2008), entrambi accolti favorevolmente dalla stampa musicale e da diverse radio nazionali (da ricordare le prestigiose trasmissioni Il Terzo Anello e Battiti su Radio 3 Rai e ZT L s u Ra i I s o rad io ) c he ne propongono alcuni estratti.Vive ad Alessandria.

www.lucaolivieri.eu

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Pilar Gallegos (danzatrice, coreografa)La danza contemporanea rappresenta l’evoluzione della rivoluzione attuata dalla

danza moderna: un linguaggio che ha saputo rinnovarsi spostando l’accento dalla codificazione rigorosa al corpo del danzatore, libero di scoprire nuove espressioni e di “contaminarsi” entrando in relazione con la recitazione, lo spazio scenico, il suono, le nuove tecnologie. La ricerca in questo ambito muove dalla necessità di scoprire una motivazione profonda dalla quale il movimento può nascere e l’energia creativa, più che sulla forma, si è focalizzata sull’obiettivo di comunicare.Abbiamo incontrato Pilar Gallegos, danzatrice e coreografa messicana ora residente in Italia, che partendo da una formazione rigorosamente classica è poi approdata alla danza

contemporanea.Come nasce Pilar danzatrice e come si evolve nella coreografia?

PG: All’inizio la danza è stata per me un gioco d'infanzia. Poi, ancora fanciulla, sono capitata per caso in una lezione e ho capito subito di appartenere a quel mondo. Da allora vivo la danza come una missione di vita, che richiede molte ore di studio e serietà prolungata negli anni per raggiungere un livello appena sufficiente, nessun tipo di garanzia lavorativa, neppure economica. La coreografia è arrivata in un periodo in cui sono stata costretta a fermarmi a causa di un incidente al ginocchio. Mi sono iscritta all'università, scoprendo un'altra faccia della danza, quella del linguaggio del corpo oltre la tecnica. Le possibilità creative della composizione coreografica sono affascinanti: da una prima idea si svela e costruisce l'universo che la circonda, facendola diventare logica in sé stessa. E’ questa la

magia che guida la nostra percezione, aprendo realtà parallele quando la guardiamo.

Che cosa distingue l’approccio classico da quello contemporaneo?PG: Parlerò in maniera molto generale. Direi che soprattutto possiamo distinguere l'estetica del corpo e del suo linguaggio, cioè il tipo di fisico del danzatore, che mentre nella classica regge ancora lo stereotipo anoressico, nella contemporanea cerca il corpo tonico. Poi la tecnica sulla quale si basa la coreografia, e qui si può parlare di stile puro - classico, neoclassico, moderno, contemporaneo, postmoderno, ecc. - oppure di combinazioni fra le diverse tendenze. Un'altra caratteristica è che mentre l'approccio classico ricerca una costruzione perfetta e ossessiva in ogni movimento, la danza contemporanea permette momenti - ultimamente anche troppi - lasciati all'improvvisazione.

Che cosa chiedi a te stessa quando crei una coreografia e qual è il rapporto nella comunicazione con il pubblico?PG: Negli ultimi anni mi sembra fondamentale sviluppare temi che facciano riflettere il pubblico. Il mondo che stiamo vivendo è pieno di paure guidate dai media, fatto che comporta molte malattie nell'uomo contemporaneo, soprattutto psicologiche. Come artista mi sembra giusto offrire un lavoro che bilanci questi effetti. Credo nella capacità dell'arte come strumento di guarigione dell'anima oltre ad essere militante dell'ondata mondiale convinta che dalla trasformazione individuale avverrà un'evoluzione della specie, un miglioramento nel nostro atteggiamento verso la vita e il pianeta.

Questo numero è dedicato al Sé e al tentativo di superare l’autoreferenzialità dell’artista. Un rischio sempre in agguato per quanti creano a partire da se stessi. PG: Decisamente sono un'artista che crea a partire da se stessa, soprattutto da quando faccio assoli. La mia intenzione, però, è sempre di prendermi come esempio individuale appartenente ad un collettivo. L'autoreferenzialità non mi attira affatto! A chi si trova di fronte questo genere di arte non posso che augurare uno spirito da archeologo per decifrare i “crittogrammi” dell’artista. Amen.

Grazie, Pilar.(intervista a Pilar Gallegos del 05.06.2012)

I Quaderni - performance pag. 4

PERFORMANCEZOOM ON PILAR

1. Il tuo maggior pregioEssere tenace.

2. Il tuo peggior difettoEssere testarda, che è sinonimo di essere tenace, solo percepito da un punto di vista negativo.

3. Progetti per il futuroContinuare a creare coreografie.

Bio in sintesi di Pilar GallegosNata in Messico, classe 1973. Cresce a Città del Messico, dove si forma c o m e d a n z a t r i c e c l a s s i c a e c o n t e m p o r a n e a p r e s s o i l Conservatorio de Danza e si laurea in Coreografia presso la Escuela N a c i ona l de Danza C l a s i c a y Contemporanea. Dal 1998 al 2002 fonda e dirige il gruppo di danza-teatro Movimiento Perpetuo con cui vince importanti premi di coreografia e riconoscimenti a livello nazionale. Dal 2002 ad oggi si presenta con i suoi assoli coreografici Mi cuerpo es mi casa, Sin Titulo ed Emocion Plastica. Nel 2008 si trasferisce a Udine, dove attualmente vive e lavora. Le sue coreografie hanno partecipato a numerose stagioni, incontri, festival e residenze artistiche in Messico, Canada, Norvegia, Repubblica Dominicana, Cuba, Panama, Spagna, Italia. Attualmente è s ov ve n z i o n a t a d a l F O N C A , attraverso il Sistema Nacional de Creadores de Arte, e in passato ha ricevuto il supporto di IBERESCENA, The Banff Centre, La Nave del Duende e Tec-Art-Eco.

www.pilargallegos.org

“Mi cuerpo es mi casa” di Pilar Gallegos

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Ed ora la parola ai nostri portavoce dall’estero per scoprire cosa succede nel resto del mondo.

I Quaderni nel Mondo pag. 5

I Quaderni nel mondo(ES) Daniela De Marchi

“L‘art pour l‘art” o

l ‘ a r t e c o m e comunicazione? E‘ possibile considerare l‘arte un linguaggio accessibile non solo agli addetti ai lavori? A 2 0 a n n i , i n

Tanzania con i missionari, entrai in una capanna Masai e, reduce dal mio diploma di conservatorio, sognai di suonare per loro un valzer di Chopin. Sono certa che li avrei fatti morire di noia o di risate. Anni dopo, durante uno scalo a Hong Kong, ho assistito all’opera cantonese, fiduciosa nelle mie capacità temprate da centinaia di spettacoli di lirica in tutte le lingue. Uscii al primo intervallo, disorientata e piena di interrogativi. Non sarà che anche all’arte occorre una chiave decodificatrice per poter essere compresa? Un “trampolino“ voluto dal creatore per permettere al pubblico di entrare nell‘opera e percorrerla. Chiudere questa porta è un atto di individualismo il cui risultato p r o d u c e i s o l a m e n t o e incomprensione: “l‘art pour l‘art“, appunto.

www.danielademarchi.es

(BR) Sergio Nunes MeloI l n o s t r o t e m p o m i l l a n t a autoreferenzial ità. L ’ar te non è p iù d e f i n i b i l e n é giudicabile e ciò che c o n t a s o n o l e c o n d i z i o n i d i

produzione. Ma l’arte è anzitutto configurazione originale, che porta con sé una chiave epifanica, quel misterioso potere di farci vedere ciò che l’utilitarismo nasconde alle nostre percezioni quotidiane. In uno spettacolo tra la stand-up comedy e il racconto di storie della Bibbia, attraverso la visione squisita di un intellettuale ebreo, Clarice Niskier, interprete e regista della piece, raggiunge un alto livello di poesia. Lungi dall’utilizzare la memoria ebrea con fini politici, L’Anima Immorale ci riporta al mondo fondatore dei valori che ci appartengono, mostrandoci però quanto le leggi che lo reggono possano anche cambiare. Una chicca di saggezza transtorica…

In questo numero Daniela ha scelto per noi

SUSANA EGEA. Actriz, directora e investigadora en artes escénicas.Es muy frustrante ir a un espectáculo “contemporáneo“ y salir de la sala sin haber entendido el mensaje de su creador. Crees que los artistas hoy en día están haciendo un esfuerzo para que el público actual les entienda?

SE: El problema es querer entender. Dependemos en exceso de aquello que procesamos a nivel consciente, de forma mental; tenemos la necesidad de controlar nuestro pequeño mundo, y, consecuentemente, tendemos a codificar racionalmente y a mostrar rechazo por lo que escapa de nuestro control. La obra de arte debe conmover, impactar, inquietar, transformar y lo que debe preocupar al artista no es que no se entienda, sino que aburra. El fracaso del arte está en la indiferencia. Hay artistas “contemporáneos“ cuya objeción a quien les hace notar que no se entiende su manera de expresarse es: “Es porque mi lenguaje es demasiado avanzado para el público de hoy“.SE: A menudo, en arte, se confunde laboratorio con obra, proceso con resultado, y las ansiedades comerciales no ayudan a esclarecer esa diferencia: el trabajo de laboratorio es un proceso del cual acabará surgiendo o no lo que buscamos; y en arte, a menudo se comercializa con un proceso de laboratorio, “vendiéndoselo” al espectador/receptor como una obra final. Hay que añadir que las políticas culturales potencian, en su desacierto, la insensatez, cuando términos como experimentación, formación, creación, exhibición, se funden y confunden constantemente en un gran mar sin criterio. A menudo pienso que el artista se vende antes de acabar su obra. Un público cómplice participa de un proceso de laboratorio; y lo entienda o no, lo vive y lo canaliza. Sin embargo, a veces, lo que el público recibe como obra, es una prueba, fuera de contexto, insertada ya en el deseado y necesitado escaparate del “mercado” final..Qué tipo de relación te gusta establecer con el público de un evento artístico tuyo?SE: Disfruto cuando veo que salen debatiendo, discutiendo sobre tal escena o tal personaje o lo que dice el texto aquí o allá. Cuando el público empatiza su espíritu crítico se acentúa y el arte cobra parte de su sentido. El arte cumple una función social e incluso evolutiva: debe permitirnos ver donde habitualmente no miramos, sea con un sencillo cambio de perspectiva, sea con mecanismos y lenguajes reconocibles o experimentales, pero debe incidir en permitirnos acceder cada vez más lejos en el conocimiento de nosotros mismos y del mundo.

In questo numero Sergio ha scelto per noi

CLARICE NISKIER’S IMMORAL SOUL.Tell us about the process of staging Nilton Bonder’s The Immoral Soul. CN: I met the Rabi Nilton Bonder at a TV show, where he gave me a copy of the book. I fell in love with it, the title coming to my mind like a mantra. I went on creating scenes in my mind. It took me two years

and sixteen adaptations to get to its final form. It’s been running for six years now.The show is far removed from an apology to a philosophical-religious system. CN: Although this system is implied, it emerges in a theatrical habitat, an artistic-cultural environment, where all philosophies and religions may be welcomed. Art is mankind’s universal territory. The theme of transgression from a Jewish perspective took on this territory, which in turn has contributed its medium to the themes. What’s your perception of the heterogeneity of the show’s viewers? CN: Brazi l ’s rel igious f reedom is remarkable. Accordingly, the show is being viewed by thousands of people with diverse belief systems. So, I feel that specific points of the show touch people more or less powerfully according to the places it is staged. But the themes of obedience/disobedience, tradition/rupture, and moral body/immoral soul are vital to all human beings.

To have a faint idea of this wonderful show, click on http://www.almaimoral.com/

Page 6: I QUADERNI anno 4 n. 2 (giugno 2012)

I Quaderni nel Mondo pag. 6

(USA) Iwona AdamczykL'arte è un'evidenza

e m p i r i c a d e l l ' e s s e n z a metaf i s ica deg l i e s s e r i u m a n i . E ' l ' u n i c o m e z z o a disposizione degli

uomini per trascendere il destino della propria natura, quello della morte, e ottenere l'immortalità. Nel l o r o s f o r z o v e r s o l ' e t e r n i t à , consciamente o inconsciamente, gli uomini cercano di lasciare un segno, una parte di se stessi per l'apprezzamento della società del tempo in cui vivono e per le generazioni future. E’ così che oggi possiamo distinguere tra il lavoro di cesello di Michelangelo e quello di Donatello e notiamo le differenze tra i disegni di Leonardo e del Bronzino. Attraverso le loro opere, questi artisti non hanno trasmesso solo il passato nel presente ma anche una presenza metafisica eterna di se stessi nella civiltà. Similmente agli artisti del passato, anche gli artisti del presente cercano di lasciare lo stesso tipo di impronta: l'arte contemporanea in ques to senso s i p ropone d i r e a l i z z a r e l o s t e s s o s c o p o , provvedendo alla continuazione dell'esistenza di un artista nella sua essenza metafisica. Sebbene i soggetti dell'arte contemporanea e i significati delle loro realizzazioni siano diversi, l 'arte è sempre influenzata dall'ambiente sociale, politico ed economico in cui si sviluppa, e l'impronta dell’artista e del suo sé, nel bene e nel male, sarà sempre rintracciabile nella sua opera.

Se avete voglia di collaborare con noi, presentando gli artisti e l’arte della vostra nazione o città, non esitate a contattarci

[email protected]

In questo numero Iwona ha scelto per noi

DOMENICO GNOLI. Paintings 1964 -1969A surreal yet strangely familiar feeling overcomes me as I walk in to a townhouse at 64 East 77th Street. Luxemburg & Dayan, a secondary market gallery founded to present curated museum-level exhibitions of modern masters and contemporary art, houses a rare works exhibition of an Italian artist that most have not heard of, nonetheless he is considered an Italian cult figure in the art world. Domenico Gnoli: Paintings 1964-1969 is after all the first U.S. exhibit of his works since his untimely death four decades ago.

Gnoli himself could not have picked a better place to show off his artwork. The intimacy and privacy of a New York townhouse further add to the elegant mystery that seeps from his canvases. Incandescent, large paintings adorn the few story building inviting onlookers to the world as seen by Gnoli. And a strange world it seems… or does it?

As I stand under a large canvas filled completely with detailed strands of a woman’s curly red hair, I see each lock, my eyes follow each curve and get lost in the high and low lights Gnoli created. And I feel small. I feel like a child. In front of the pair of trousers I get the feeling of being about to be scolded by my father… The detailed dress or shirt collar, remind me of being in the arms of my parents as a little kid. The parted man’s hair viewed from the top could might as well be that of my father kneeling down to tie my shoe when I still did not know how to.

Gnoli’s work is described by the gallery: “In canvases that are at once theatrical and humble, intimate and remote, humorous and melancholy, artist Domenico Gnoli uncovered a universe of meanings to be found in the details of everyday objects. His meditations on the material trappings of bourgeois Italian life directly challenged the politically charged discourse proffered by artists of the burgeoning Arte Povera

movement by suggesting that identity is constructed primarily around consumerism and commercial choices. Supra-realistic, subtly colored, luminous and large, his paintings suggest that subjectivity can be expressed through the width of a pinstripe, or that the social values of an entire decade can be located in a lady’s leather handbag.”To me his work is much more than that. It is personal, warm, and respectful. It is scrupulous and painstakingly beautiful. His thorough examination of simple, everyday scenes is thought provoking and magical. He comes alive in these paintings…

(di Iwona Adamczyk)

http://www.luxembourgdayan.com/

Page 7: I QUADERNI anno 4 n. 2 (giugno 2012)

I Quaderni di Nuova Scena Antica pag. 7

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Il prossimo appuntamento è per settembre 2012con un nuovo numero de I QUADERNI

Arrivederci

RIVISTA TRIMESTRALEANNO 4 N. 2 GIUGNO 2012

IN QUESTO NUMEROHanno collaborato:Daniela De Marchi (ES), Sergio Nunes Melo (BR) Iwona Adamczyk (USA)

Desideriamo ringraziare:Francesca BoniniLuca OlivieriPilar Gallegos

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