I Promessi Sposi Los Novios -  · Los Novios de Alessandro Manzoni tr. de Esther Benítez...

437
1 Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítez I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni INTRODUZIONE "L’Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl’anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia. Ma gl’illustri Campioni che in tal Arringo fanno messe di Palme e d’Allori, rapiscono solo che le sole spoglie più sfarzose e brillanti, imbalsamando co’ loro inchiostri le Imprese de Prencipi e Potentati, e qualificati Personaggj, e trapontando coll’ago finissimo dell’ingegno i fili d’oro e di seta, che formano un perpetuo ricamo di Attioni gloriose. Però alla mia debolezza non è lecito solleuarsi a tal’argomenti, e sublimità pericolose, con aggirarsi tra Labirinti de’ Politici maneggj, et il rimbombo de’ bellici Oricalchi: solo che hauendo hauuto notitia di fatti memorabili, se ben capitorno a gente meccaniche, e di piccol affare, mi accingo di lasciarne memoria a Posteri, con far di tutto schietta e genuinamente il Racconto, ouuero sia Relatione. Nella quale si vedrà in angusto Teatro luttuose Traggedie d’horrori, e Scene di malvaggità grandiosa, con intermezi d’Imprese virtuose e buontà angeliche, opposte alle operationi diaboliche. E veramente, considerando che questi nostri climi sijno sotto l’amparo del Re Cattolico nostro Signore, che è quel Sole che mai tramonta, e che sopra di essi, con riflesso Lume, qual Luna giamai calante, risplenda l’Heroe di nobil Prosapia che pro tempore ne tiene le sue parti, e gl’Amplissimi Senatori quali Stelle fisse, e gl’altri Spettabili Magistrati qual’erranti Pianeti spandino la luce per ogni doue, venendo così a formare un nobilissimo Cielo, altra causale trouar non si può del vederlo tramutato in inferno d’atti tenebrosi, malvaggità e sevitie che dagl’huomini temerarij si vanno moltiplicando, se non se arte e fattura diabolica, attesoché l’humana malitia per sé sola bastar non dourebbe a resistere a tanti Heroi, che con occhij d’Argo e braccj di Briareo, si vanno trafficando per li pubblici emolumenti. Per locché descriuendo questo Racconto auuenuto ne’ tempi di mia verde staggione, abbenché la più parte delle persone che vi rappresentano le loro parti, sijno sparite dalla Scena del Mondo, con rendersi tributarij delle Parche, pure per degni rispetti, si tacerà li loro nomi, cioè la parentela, et il medesmo si farà de’ luochi, solo indicando li Territorij generaliter. Né alcuno dirà questa sij imperfettione del Racconto, e defformità di questo mio rozzo Parto, a meno questo tale Critico non sij persona affatto diggiuna della Filosofia: che quanto agl’huomini in essa versati, ben vederanno nulla mancare alla sostanza di detta Narratione. Imperciocché, essendo cosa evidente, e da verun negata non essere i nomi se non puri purissimi accidenti... " "Ma, quando io avrò durata l’eroica fatica di trascriver questa storia da questo dilavato e graffiato autografo, e l’avrò data, come si suol dire, alla luce, si troverà poi chi duri la fatica di leggerla? " Questa riflessione dubitativa, nata nel travaglio del decifrare uno scarabocchio che veniva dopo accidenti , mi fece sospender Los Novios de Alessandro Manzoni tr. de Esther Benítez Alfaguara, Madrid, 2004 INTRODUCCIÓN «La Historia se puede en verdad definir como guerra ilustre contra el Tiempo, porque arrebatándole de las manos los años sus prisioneros, más aún, ya cadáveres, los reclama a la vida, les pasa revista, y los forma de nuevo en orden de batalla. Pero los ilustres Campeones, que en tal Liza cosechan Palmas y Lauros se extasían sólo con los despojos más fastuosos y brillantes, embalsamando con sus tintas las Empresas de Príncipes y Potentados, y cualificados Personajes, y pespunteando con la finísima aguja del ingenio los hilos de oro y seda, que forman un perpetuo bordado de Acciones gloriosas. Mas a mi debilidad no le es lícito alzarse a tales argumentos, y sublimidades peligrosas, aventurándose entre Laberintos de Políticas intrigas y estruendo de bélicos Clarines; sólo que, habiendo tenido noticia de hechos memo- rables, aunque sucedieron a gente mecánica y de vulgar condición, me dispongo a dejar memoria de ellos a la Posteridad, haciendo de todo escueto y fiel Relato, o sea Relación. En la cual se verán en an- gosto Teatro luctuosas Tragedias de horrores, y Escenas de maldad grandiosa, con intermedios de Empresas virtuosas y bondades angéli- cas, opuestas a las operaciones diabólicas. Y verdaderamente, consi- derando que estos nuestros climas están bajo el amparo del Rey Cató- lico nuestro Señor, que es ese Sol que jamás se pone, y que sobre ellos, con refleja Luz, cual Luna jamás menguante, resplandece el Héroe de noble Prosapia que pro tempore ostenta su papel, y los Amplísimos Senadores cual estrellas fijas, y los otros Respetables Magistrados cual errantes Planetas expanden la luz por doquier, viniendo así a formar un nobilísimo Cielo, no podría hallarse otra causa de verlo transmutado en infierno de actos tenebrosos, maldades y sevicias que por obra de hombres temerarios se van multiplicando, si no es por arte y hechura diabólica, considerado que la humana malicia no podría bastar por sí sola para resistir a tantos Héroes, que con ojos de Argos y brazos de Briareo vanse ajetreando por los públicos emolumentos. Por lo cual, al escribir este Relato acaecido en tiempo de mi verde estación, y aunque la mayor parte de las personas que en él representan sus papeles hayan desaparecido de la Escena del Mundo, haciéndose tributarias de las Parcas, no obstante, por dignos respetos, se ca- llarán sus nombres, esto es su linaje, y lo mismo se hará con los lugares, indicando sólo los Territorios generaliter. Nadie dirá que esto sea imperfección del Relato, y deformidad de este mi tosco Parto, a menos que el tal Crítico sea persona del todo ayuna de Filosofa; en cuanto a los hombres en ella versados, bien verán que nada falta a la sustancia de dicha Narración. Pues siendo cosa evidente y por nadie negada que los nombres no son sino puros, purísimos accidentes... » «Pero, cuando haya soportado yo el heroico trabajo de transcribir esta historia de este descolorido y arañado autógrafo, y la haya saca- do a la luz, como suele decirse, ¿habrá quien soporte el trabajo de leerla?» Esta reflexión dubitativa, nacida de la dificultad de descifrar un garabato que venía después de accidentes, me hizo suspender la

Transcript of I Promessi Sposi Los Novios -  · Los Novios de Alessandro Manzoni tr. de Esther Benítez...

  • 1

    Manzii’s Promezi tr. de Esther BenítezI Promessi Sposi

    di

    Alessandro Manzoni

    INTRODUZIONE

    "L’Historia si può veramente deffinire una guerra illustre controil Tempo, perché togliendoli di mano gl’anni suoi prigionieri, anzigià fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schieradi nuovo in battaglia. Ma gl’illustri Campioni che in tal Arringofanno messe di Palme e d’Allori, rapiscono solo che le sole spogliepiù sfarzose e brillanti, imbalsamando co’ loro inchiostri le Impresede Prencipi e Potentati, e qualificati Personaggj, e trapontandocoll’ago finissimo dell’ingegno i fili d’oro e di seta, che formanoun perpetuo ricamo di Attioni gloriose. Però alla mia debolezzanon è lecito solleuarsi a tal’argomenti, e sublimità pericolose, conaggirarsi tra Labirinti de’ Politici maneggj, et il rimbombo de’ belliciOricalchi: solo che hauendo hauuto notitia di fatti memorabili, seben capitorno a gente meccaniche, e di piccol affare, mi accingo dilasciarne memoria a Posteri, con far di tutto schietta e genuinamenteil Racconto, ouuero sia Relatione. Nella quale si vedrà in angustoTeatro luttuose Traggedie d’horrori, e Scene di malvaggitàgrandiosa, con intermezi d’Imprese virtuose e buontà angeliche,opposte alle operationi diaboliche. E veramente, considerando chequesti nostri climi sijno sotto l’amparo del Re Cattolico nostroSignore, che è quel Sole che mai tramonta, e che sopra di essi, conriflesso Lume, qual Luna giamai calante, risplenda l’Heroe di nobilProsapia che pro tempore ne tiene le sue parti, e gl’AmplissimiSenatori quali Stelle fisse, e gl’altri Spettabili Magistratiqual’erranti Pianeti spandino la luce per ogni doue, venendo cosìa formare un nobilissimo Cielo, altra causale trouar non si può delvederlo tramutato in inferno d’atti tenebrosi, malvaggità e sevitieche dagl’huomini temerarij si vanno moltiplicando, se non se artee fattura diabolica, attesoché l’humana malitia per sé sola bastarnon dourebbe a resistere a tanti Heroi, che con occhij d’Argo ebraccj di Briareo, si vanno trafficando per li pubblici emolumenti.Per locché descriuendo questo Racconto auuenuto ne’ tempi di miaverde staggione, abbenché la più parte delle persone che virappresentano le loro parti, sijno sparite dalla Scena del Mondo,con rendersi tributarij delle Parche, pure per degni rispetti, si taceràli loro nomi, cioè la parentela, et il medesmo si farà de’ luochi, soloindicando li Territorij generaliter. Né alcuno dirà questa sijimperfettione del Racconto, e defformità di questo mio rozzo Parto,a meno questo tale Critico non sij persona affatto diggiuna dellaFilosofia: che quanto agl’huomini in essa versati, ben vederannonulla mancare alla sostanza di detta Narratione. Imperciocché,essendo cosa evidente, e da verun negata non essere i nomi se nonpuri purissimi accidenti... "

    "Ma, quando io avrò durata l’eroica fatica di trascriverquesta storia da questo dilavato e graffiato autografo, e l’avròdata, come si suol dire, alla luce, si troverà poi chi duri la faticadi leggerla? "

    Questa riflessione dubitativa, nata nel travaglio del decifrareuno scarabocchio che veniva dopo accidenti , mi fece sospender

    Los Novios

    de

    Alessandro Manzoni

    tr. de Esther BenítezAlfaguara, Madrid, 2004

    INTRODUCCIÓN

    «La Historia se puede en verdad definir como guerra ilustre contrael Tiempo, porque arrebatándole de las manos los años sus prisioneros,más aún, ya cadáveres, los reclama a la vida, les pasa revista, y losforma de nuevo en orden de batalla. Pero los ilustres Campeones, queen tal Liza cosechan Palmas y Lauros se extasían sólo con los despojosmás fastuosos y brillantes, embalsamando con sus tintas las Empresasde Príncipes y Potentados, y cualificados Personajes, y pespunteandocon la finísima aguja del ingenio los hilos de oro y seda, que forman unperpetuo bordado de Acciones gloriosas. Mas a mi debilidad no le eslícito alzarse a tales argumentos, y sublimidades peligrosas,aventurándose entre Laberintos de Políticas intrigas y estruendo debélicos Clarines; sólo que, habiendo tenido noticia de hechos memo-rables, aunque sucedieron a gente mecánica y de vulgar condición,me dispongo a dejar memoria de ellos a la Posteridad, haciendo detodo escueto y fiel Relato, o sea Relación. En la cual se verán en an-gosto Teatro luctuosas Tragedias de horrores, y Escenas de maldadgrandiosa, con intermedios de Empresas virtuosas y bondades angéli-cas, opuestas a las operaciones diabólicas. Y verdaderamente, consi-derando que estos nuestros climas están bajo el amparo del Rey Cató-lico nuestro Señor, que es ese Sol que jamás se pone, y que sobre ellos,con refleja Luz, cual Luna jamás menguante, resplandece el Héroe denoble Prosapia que pro tempore ostenta su papel, y los AmplísimosSenadores cual estrellas fijas, y los otros Respetables Magistrados cualerrantes Planetas expanden la luz por doquier, viniendo así a formar unnobilísimo Cielo, no podría hallarse otra causa de verlo transmutadoen infierno de actos tenebrosos, maldades y sevicias que por obra dehombres temerarios se van multiplicando, si no es por arte y hechuradiabólica, considerado que la humana malicia no podría bastar por sísola para resistir a tantos Héroes, que con ojos de Argos y brazos deBriareo vanse ajetreando por los públicos emolumentos. Por lo cual,al escribir este Relato acaecido en tiempo de mi verde estación, yaunque la mayor parte de las personas que en él representan suspapeles hayan desaparecido de la Escena del Mundo, haciéndosetributarias de las Parcas, no obstante, por dignos respetos, se ca-llarán sus nombres, esto es su linaje, y lo mismo se hará con loslugares, indicando sólo los Territorios generaliter. Nadie dirá queesto sea imperfección del Relato, y deformidad de este mi toscoParto, a menos que el tal Crítico sea persona del todo ayuna deFilosofa; en cuanto a los hombres en ella versados, bien verán quenada falta a la sustancia de dicha Narración. Pues siendo cosaevidente y por nadie negada que los nombres no son sino puros,purísimos accidentes... »

    «Pero, cuando haya soportado yo el heroico trabajo de transcribiresta historia de este descolorido y arañado autógrafo, y la haya saca-do a la luz, como suele decirse, ¿habrá quien soporte el trabajo deleerla?»

    Esta reflexión dubitativa, nacida de la dificultad de descifrar ungarabato que venía después de accidentes, me hizo suspender la

  • 2

    Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezla copia, e pensar più seriamente a quello che convenisse di fare." Ben è vero, dicevo tra me, scartabellando il manoscritto, benè vero che quella grandine di concettini e di figure non continuacosì alla distesa per tutta l’opera. Il buon secentista ha voluto sulprincipio mettere in mostra la sua virtù; ma poi, nel corso dellanarrazione, e talvolta per lunghi tratti, lo stile cammina ben piùnaturale e più piano. Sì; ma com’è dozzinale! com’è sguaiato! com’èscorretto! Idiotismi lombardi a iosa, frasi d e l l a l i n g u aadoperate a sproposito, grammatica arbitraria, periodisgangherati. E poi, qualche eleganza spagnola seminataqua e là; e poi, ch’è peggio , ne’ luoghi più terribili o piùpietosi della storia, a ogni occasione d’eccitar maraviglia, odi far pensare, a tutti que’ passi insomma che richiedono bensìun po’ di rettorica, ma rettorica discreta, fine, di buon gusto,costui non manca mai di metterci di quella sua così fatta delproemio. E allora, accozzando, con un’abilità mirabile, lequalità più opposte, trova la maniera di riuscir rozzo insiemee affettato, nella stessa pagina, nello stesso periodo, nellostesso vocabolo. Ecco qui: declamazioni ampollose, compostea forza di solecismi pedestri, e da per tutto quella goffaggineambiziosa, ch’è il proprio carattere degli scritti di quel secolo,in questo paese. In vero, non è cosa da presentare a lettorid’oggigiorno: son troppo ammaliziati, troppo disgustati diquesto genere di stravaganze. Meno male, che il buon pensierom’è venuto sul principio di questo sciagurato lavoro: e mene lavo le mani ".

    Nell’atto però di chiudere lo scartafaccio, per riporlo, misapeva male che una storia così bella dovesse rimanersi tuttaviasconosciuta; perché, in quanto storia, può essere che al lettorene paia altrimenti, ma a me era parsa bella, come dico; moltobella. " Perché non si potrebbe, pensai, prender la serie de’ fattida questo manoscritto, e rifarne la dicitura? " Non essendosipresentato alcuna obiezion ragionevole, il partito fu subitoabbracciato. Ed ecco l’origine del presente libro, esposta conun’ingenuità pari all’importanza del libro medesimo.

    Taluni però di que’ fa t t i , cer t i costumi descr i t t i dalnostro autore , c’eran sembrat i così nuovi , così s t rani ,per non dir peggio, che, prima di prestargli fede, abbiamvoluto interrogare altri testimoni; e ci siam messi a frugarnelle memorie di quel tempo, per chiarirci se veramente ilmondo camminasse allora a quel modo. Una tale indaginedissipò tutti i nostri dubbi: a ogni passo ci abbattevamo incose consimili, e in cose più forti: e, quello che ci parvepiù decis ivo, abbiam p e r f i n o r i t r o v a t i a l c u n ipe r sonagg i , de ’ qua l i non avendo ma i avu to no t i z i afuor che dal nostro manoscritto, eravamo in dubbio se fosserorealmente esistiti. E, all’occorrenza, citeremo alcuna di quelletestimonianze, per procacciar fede alle cose, alle quali, per laloro stranezza, il lettore sarebbe più tentato di negarla.

    Ma, rifiutando come intollerabile la dicitura del nostroautore, che dicitura vi abbiam noi sostituita? Qui sta il punto.

    Chiunque, senza esser pregato, s’intromette a rifar l’operaaltrui, s’espone a rendere uno stretto conto della sua, e ne contraein certo modo l’obbligazione: è questa una regola di fatto e didiritto, alla quale non pretendiam punto di sottrarci. Anzi, perconformarci ad essa di buon grado, avevam proposto di dar quiminutamente ragione del modo di scrivere da noi tenuto; e, aquesto fine, siamo andati, per tutto il tempo del lavoro, cercando

    copia , y pensar más ser iamente en qué convenía hacer.«Es muy cierto», decía para mí, hojeando el manuscrito, «es muycierto que esta granizada de conceptillos y figuras no continúa asíen toda la extensión de la obra. El buen seiscentista ha querido alprincipio hacer alarde de su maestría; pero después, en el curso de lanarración, y a veces durante largos trechos, el estilo carnina mucho másnatural y más llano. Sí, pero ¡qué adocenado!, ¡qué desgarbado!,¡qué incorrecto! Idiotismos lombardos a pedir de boca, frases de lalengua empleadas con desacierto, gramática arbitraria, períodos des-quiciados. Y además, algunas elegancias españolas diseminadas aquíy allá; y además, lo cual es peor, en los lugares más terribles o másconmovedores de la historia, en toda ocasión de suscitar mara-villa, o de hacer pensar, en suma, en todos los pasajes que re-quieren un poco de retórica, sí, pero retórica discreta, fina, debuen gusto , el hombre no deja nunca de abrumarnos con la mis-ma del proemio. Y entonces, aliando, con admirable habilidad,las cualidades más opuestas, encuentra la manera de resultar altiempo tosco y afectado, en la misma página, en el mismo perío-do, en el mismo vocablo. Aquí está: declamaciones ampulosas,compuestas a fuerza de solecismos pedestres, y por doquier esatorpeza ambiciosa, que es el carácter propio de los escritos de esesiglo, en este país. En verdad, no es cosa para presentarla a lecto-res de hoy, demasiado avispados, demasiado disgustados con estegénero de extravagancias. Menos mal que se me ha ocurrido estabuena idea al principio de tan desdichado trabajo: y me lavo lasmanos».

    Sin embargo, en el momento de cerrar el cartapacio, para de-jarlo en su lugar, me sabía mal que una historia tan bella tuvieraque quedar ignorada; porque, como historia, puede que el lectoropine otra cosa, pero a mí me había parecido bella, como digo;muy bella. «¿Por qué no se podría», pensé, «tomar la serie de he-chos de este manuscrito, y rehacer su estilo?». Al no haberse pre-sentado ninguna objeción razonable, abracé de inmediato ese par-tido. Y ése es el origen del presente libro, expuesto con una inge-nuidad pareja a la importancia del libro mismo.

    Sin embargo, algunos de aquellos hechos, ciertas costum-bres descritas por nuestro autor, nos habían parecido tan nue-vos, tan extraños, por no decir peor, que, antes de prestarlesfe, hemos querido interrogar a otros testigos; y nos pusimos arebuscar en las memorias de la época, para aclarar si verdade-ramente el mundo caminase entonces de ese modo. Ta l inves-t igac ión d is ipó todas nues t ras dudas : a cada paso topába-mos con cosas similares, y con cosas aún más fuertes; y, loque nos pareció más decisivo, encontramos incluso algunosp e r s o n a j e s c u y a e x i s t e n c i a r e a l p o n í a m o s e n d u d a , n oh a b i e n d o t e n i d o n o t i c i a nunca salvo p o r nu e s t r o m a -n u s c r i t o . L l e g a d o e l c a s o , c i t a r e m o s a l g u n o s d e e sostestimonios, para procurar crédito a ciertas cosas, a las que el lec-tor se vería tentado de negárselo, a causa de su extrañeza.

    Pero, rechazando como intolerable el estilo de nuestro autor,¿con qué estilo lo hemos sustituido? He aquí la cuestión.

    Quienquiera que, sin ser solicitado, se entromete a rehaceruna obra ajena, se expone a rendir estrecha cuenta de la suya, ycontrae en cierto modo esa obligación; és ta es una reg la dehecho y de derecho , a la cua l no pre tendemos sus t raer-nos. Más aún, para acomodarnos a ella de buen grado, nos ha-bíamos propuesto dar aquí minuciosa razón del modo de escri-bir que adoptamos; y, con tal fin, hemos ido tratando de adivi-

  • 3

    Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezd’indovinare le critiche possibili e contingenti, con intenzionedi ribatterle tutte anticipatamente. Né in questo sarebbe stata ladifficoltà; giacché (dobbiam dirlo a onor del vero) non ci sipresentò alla mente una critica, che non le venisse insieme unarisposta trionfante, di quelle risposte che, non dico risolvon lequestioni, ma le mutano. Spesso anche, mettendo due critichealle mani tra loro, le facevam battere l’una dall’altra; o,esaminandole ben a fondo, riscontrandole attentamente,riuscivamo a scoprire e a mostrare che, così opposte inapparenza, eran però d’uno stesso genere, nascevan tutt’edue dal non badare ai fatti e ai principi su cui il giudizio dovevaesser fondato; e, messele, con loro gran sorpresa, insieme, lemandavamo insieme a spasso. Non ci sarebbe mai stato autoreche provasse così ad evidenza d’aver fatto bene. Ma che?quando siamo stati al punto di raccapezzar tutte le detteobiezioni e r isposte, per disporle con qualche ordine,misericordia! venivano a fare un libro. Veduta la qual cosa,abbiam messo da parte il pensiero, per due ragioni che il lettoretroverà certamente buone: la prima, che un libro impiegato agiustificarne un altro, anzi lo stile d’un altro, potrebbe parercosa ridicola: la seconda, che di libri basta uno per volta,quando non è d’avanzo.

    CAPITOLO I

    Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno,tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, aseconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi aun tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume,tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altraparte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che rendaancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segniil punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliarpoi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo,lasc ian l ’acqua d is tenders i e ra l len ta rs i in nuovi go l f ie in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito di tre grossitorrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno dettodi san Martino, l’altro, con voce lombarda, il Resegone ,dai molt i suoi cocuzzoli in f i la , che in vero lo fannosomigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo,purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milanoche guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un talcontrassegno, in quella lunga e vas t a g i o g a i a , d a g l i a l t r im o n t i d i n o m e p i ù o s c u ro e d i f o r m a p i ù c o m u n e .P e r u n b u o n pezzo , la costa sale con un pendìo lento econtinuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e inispianate, secondo l’ossatura de’ due monti, e il lavorodell’acque. Il lembo estremo, tagliato dalle foci de’ torrenti,è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne,sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi,che si prolungano su per la montagna. Lecco, la principaledi quelle terre, e che dà nome al territorio, giace pocodiscosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in parte atrovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgoal giorno d’oggi, e che s’incammina a diventar città. Ai tempiin cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, quel borgo,già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò l’onored’alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere unastabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestiaalle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempole spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir

    nar, durante todo el tiempo del trabajo, las críticas posibles ycontingentes, con intención de rebatirlas todas por anticipado.No habría estribado en esto la dificultad, pues (debemos decirloen honor a la verdad) no se nos presentó a la mente una crítica queno viniera acompañada por una respuesta triunfante, de esas res-puestas que no digo que resuelvan las cuestiones, pero que lasmudan. A menudo, también, enzarzando dos críticas entre sí, lashacíamos derrotar una por otra; o, examinándolas bien a fondo,comparándolas atentamente, conseguíamos descubrir y demostrarque, aunque opuestas en apariencia, eran del mismo género, na-cían ambas de no fijarse en los hechos y los principios sobre losque debía basarse el juicio; y poniéndolas juntas, con gran sorpre-sa suya, las mandábamos juntas a paseo. Nunca habría habido au-tor que probase con tanta evidencia haber procedido bien. Pero¿cómo? Cuando llegamos al punto de recoger todas las objecio-nes y respuestas dichas, para disponerlas con cierto orden,¡válgame Dios!, ¡venían a formar todo un libro! En vista de locual hemos abandonado la idea, por dos razones que el lector en-contrará ciertamente buenas: la primera, que un libro empleadopara justificar otro, más aún, el estilo de otro, podría parecerridículo; la segunda, que de libros basta con uno cada vez, cuan-do no sobra.

    CAPÍTULO 1

    ESE RAMAL del lago de Como que tuerce hacia mediodía, entredos cadenas ininterrumpidas de montes, todo ensenadas y golfos,s e g ú n a q u é l l o s s o b r e s a l g a n o s e r e tiren,se estrecha, casi de repente, tomando curso y figura de río , en-tre un promontorio a la derecha, y una amplia orilla por la otraparte; y el puente, que allí une las dos riberas , parece volveraún más sens ib le a la v i s ta esa t ransformación , y marcarel punto donde el lago cesa y comienza el Adda, para tomardespués otra vez el nombre de lago donde las riberas, alejándose de nue-vo, dejan al agua extenderse y disminuir su velocidad en nuevos golfos y nue-vas ensenadas. La orilla, formada por los depósitos de tres caudalo-sos torrentes, desciende apoyada en dos montes contiguos, llama-do el uno de San Martín, y el otro, con voz lombarda, el Resegone,por sus muchos picos en fila que verdaderamente lo hacen aseme-jarse a una sierra; de modo que no hay quien, a primera vista, con tal quesea de frente, como por ejemplo desde lo alto de las murallas de Milánque miran al septentrión, no lo dist inga al instante , por tals e ñ a l , d e l o s o t r o s m o n t e s d e n o m b r e m á soscuro y forma más común de aquella larga y vasta cordillera.Durante un buen trecho, la costa sube con un declive lento ycontinuo; después se rompe en collados y vallecitos, en repe-chos y explanadas, según la osamenta de los dos montes, y el traba-jo de las aguas. El borde último, cortado por las desembocadurasde los torrentes, es casi todo de grava y guijarros; el resto, cam-pos y viñedos, sembrados de pueblos, quintas, caseríos; en algunaparte bosques, que se prolongan montaña arriba. Lecco, el princi-pal de esos pueblos, y que da nombre al territorio, yace no muylejos del puente, a la orilla del lago, e incluso llega en parte aencontrarse en el lago mismo, cuando éste crece: un gran pueblohoy en día, y que se encamina a convertirse en ciudad. En la épo-ca en que sucedieron los hechos que vamos a narrar, el pueblo, yaconsiderable, era también una plaza fuerte, y por ello tenía el ho-nor de alojar un comandante, y la ventaja de poseer una guarni-ción estable de soldados españoles, que enseñaban la modestia alas muchachas y a las mujeres del país, acariciaban de vez en cuan-do las espaldas de algún marido, de algún padre, y, al acabar el

  • 4

    Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezdell’estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, perdiradar l’uve, e alleggerire a’ contadini l e fatiche dellavendemmia. Dall’una all’altra di quelle terre, dall’alture allariva, da un poggio all’altro, correvano, e corrono tuttavia,strade e stradette, più o men ripide , o piane; ogni tantoaffondate, sepolte tra due muri, donde, alzando lo sguardo ,non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta di monte;ogni tanto elevate su terrapieni aperti : e da qui la vistaspazia per prospett i più o meno estesi , ma ricchi sempree sempre qualcosa nuovi , secondo che i diversi puntipiglian più o meno della vasta scena circostante, e secondoche questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta osparisce a vicenda. Dove un pezzo, dove un altro, dove unalunga distesa di quel vasto e variato specchio dell’acqua; di qualago, chiuso all’estremità o piùttosto smarrito in un gruppo, inun andirivieni di montagne, e di mano in mano più allargato traaltri monti che si spiegano, a uno a uno, allo sguardo, e chel’acqua riflette capovolti, co’ paesetti posti sulle rive; di làbraccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersiin lucido serpeggiamento pur tra’ monti che l’accompagnano,degradando via via , e perdendos i quas i anch’ess inell’orizzonte. Il luogo stesso da dove contemplate que’ varispettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: il monte di cuipasseggiate le falde, vi svolge, al di sopra, d’intorno, le sue cimee le balze , distinte, rilevate, mutabili quasi a ogni passo,aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v’era sembratoprima un sol giogo , e comparendo in vetta ciò che pocoinnanzi vi si rappresentava sulla costa: e l’ameno, il domesticodi quelle falde tempera gradevolmente il selvaggio, e orna viepiù il magnifico dell’altre vedute.

    Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dallapasseggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembredell’anno 1628, don Abbondio, curato d’una delle terreaccennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio,non si trovan nel manoscritto, né a questo luogo né altrove.Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo el’altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro, per segno ,l’indice della mano destra, e, messa poi questa nell’altra dietrola schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, ebuttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevanoinc iampo ne l se n t i ero : po i a l zava i l v i s o , e , g i r a t ioziosamente gli occhi all’intorno, li fissava alla parte d’unmonte, dove la luce del sole già scomparso, scappando peri fessi del monte opposto, si dipingeva qua e là sui massisporgenti, come a larghe e inugual i pezze di porpora .Aper to poi d i nuovo i l breviar io , e rec i ta to un a l t rosquarcio , giunse a una voltata della stradetta, dov’erasolito d’alzar sempre gli occhi dal libro, e di guardarsidinanzi: e così fece anche quel giorno. Dopo la voltata, lastrada correva diri t ta, forse un sessanta passi , e poi sidivideva in due viottole , a foggia d’un ipsilon: quella adestra saliva verso il monte, e menava alla cura: l’altrascendeva nella valle fino a un torrente; e da questa parte ilmuro non arrivava che all’anche del passeggiero. I muri internidelle due viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavanoin un tabernacolo, sul quale eran dipinte certe figure lunghe,serpeggianti, che finivano in punta, e che, nell’intenziondell’artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato, volevandir fiamme; e, alternate con le fiamme, cert’altre figure danon potersi descrivere, che volevan dire anime del purgatorio:anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo bigiognolo,

    verano, nunca dejaban de diseminarse por los viñedos, para mer-mar las uvas y aliviar a los campesinos de los trabajos de la ven-dimia. De un lado a otro de aquel terreno, desde las alturas a laribera, de un collado a otro, discurrían, y discurren todavía, cami-nos y caminitos, más o menos empinados, o llanos; de vez en cuandohundidos, enterrados entre dos muros, donde, alzando la mirada,no descubrís sino un trozo de cielo y alguna cima de un monte; devez en cuando elevados sobre terraplenes abiertos, y desde allí lavista se dilata sobre perspectivas más o menos extensas, pero siem-pre ricas y siempre con algo nuevo, según los diversos puntosabarquen más o menos de la vasta escena circundante, y segúnesta o aquella parte campee o se acorte, despunte o desap a r e z c aa l t e r n a t i v a m e n t e . A q u í u n t r o z o , a l l í o t r o , a l l á u n al a rg a extensión de aquel vasto y variado espejo de agua; por aquílago, cerrado en el extremo o más bien perdido en un grupo, enun ir y venir de montañas, y cada vez más ancho entre otros mon-tes que se despliegan, uno por uno, ante la mirada, y que el aguarefleja invertidos, con las aldeas colocadas en las riberas; por allá,brazo de río, después lago, después río de nuevo, que va a perder-se con brillante serpenteo entre los montes que lo acompañan,empequeñeciéndose poco a poco y casi perdiéndose también ellosen el horizonte. El propio lugar desde donde contempláis estosvariados espectáculos es un espectáculo por todas partes: el mon-te, por cuyas faldas paseáis, despliega, por encima, alrededor, suscimas y barrancos, distintos, prominentes, mudables casi a cada paso,abriéndose y perfilándose en cordilleras lo que os había parecidoprimero una sola cordillera, y apareciendo en la cima lo que pocoantes se os figuraba en la costa. Y lo ameno, lo doméstico de esasfaldas atempera gratamente lo salvaje, y engalana mucho más lomagnífico de las otras vistas.

    Por uno de esos caminillos regresaba tranquilamente a sucasa después del paseo, al atardecer del día 7 de noviembredel año 1628, don Abbondio, cura de uno de los pueblos an-tes aludidos; el nombre de éste, y el apellido del personaje,no se encuentran en el manuscrito, ni en este lugar ni en otro.Recitaba tranquilamente su oficio, y a veces, entre un salmoy otro, cerraba el breviario, metiendo en él, como señal , elíndice de la mano derecha, y después, cruzando las dos ma-nos a la espalda , proseguía su camino, mirando al suelo, ylanzando con un pie hacia la tapia los guijarros que estorba-ban en el sendero; después alzaba el rostro y, girando ocio-samente los ojos a su alrededor, los clavaba en la parte de unmonte, donde la luz del sol, ya desaparecido, escapando porlas hendiduras del monte frontero, se pintaba aquí y allá sobre lospeñascos salientes, como anchas y desiguales piezas de púrpura.Abier to después de nuevo e l b rev iar io , y rec i tado o t rofra g m e n t o , l l e g ó a u n r e c o d o d e l c a m i n o d o n d es o l í a a l z a r s i e m p r e l o s o j o s d e l l i b r o , y m i r a rante sí; eso hizo también aquel día. Tras el recodo, el cami-no seguía derecho, quizás unos sesenta pasos, y después sedividía en dos sendas, en forma de ípsilon; la de la derechasubía hacia el monte, y llevaba a la parroquia; la otra des-cendía por el valle hasta un torrente, y por esta parte la cer-ca sólo llegaba a la cintura del transeúnte. Las cercas inte-riores de las dos sendas, en vez de unirse en ángulo, termi-naban en una capillita, en la que estaban pintadas unas fi-guras largas, serpenteantes, rematadas en punta, y que, en laintención del artista y a los ojos de los habitantes del vecin-dario, querían ser llamas; alternadas con las llamas, otras fi-guras imposibles de describir, que querían ser almas del pur-gatorio: almas y llamas de color ladrillo, sobre un fondo gri-

  • 5

    Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezcon qualche scalcinatura qua e là. Il curato, voltata lastradetta , e dirizzando, com’era solito , lo sguardo altabernacolo, vide una cosa che non s’aspettava, e che nonavrebbe voluto vedere. Due uomini stavano, l’uno dirimpettoall’altro, al confluente, per dir così, delle due viottole: un dicostoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, con una gambaspenzolata al di fuori, e l’altro piede posato sul terreno dellas t r a d a ; i l c o m p a g n o , i n p i e d i , a p p o g g i a t o a l m u r o ,c o n l e b r a c c i a i n c r o c i a t e s u l p e t t o . L’ a b i t o , i lportamento, e quello che, dal luogo ov’era giunto il curato,si poteva distinguer dell’aspetto, non lasciavan dubbio intornoalla lor condizione. Avevano entrambi intorno al capo unareticella verde, che cadeva sull’omero sinistro, terminata inuna gran nappa , e dalla quale usciva sulla fronte un enormeciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una cinturalucida di cuoio, e a quella attaccate due pistole: un piccolcorno ripieno di polvere, cascante sul petto, come unacollana: un manico di coltellaccio che spuntava fuori d’untaschino degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con unagran guardia traforata a lamine d’ottone, congegnate comein cifra, forbite e lucen t i : a p r ima v i s ta s i davano aconoscere per individui del la specie de’ bravi .

    Ques t a spec i e , o r a de l t u t t o pe rdu t a , e r a a l l o r afloridissima in Lombardia, e già molto antica. Chi non neavesse idea, ecco alcuni squarci autentici, che potrannodarne una bastante de’ suoi caratteri principali, degli sforzifatti per ispegnerla , e della sua dura e rigogliosa vitalità.

    Fino dall’otto aprile dell’anno 1583, l’Illustrissimo edEccellentissimo signor don Carlo d’Aragon, Principe diCastelvetrano, Duca di Terranuova, Marchese d’Avola, Contedi Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestabile diSicilia, Governatore di Milano e Capitan Generale di SuaMaestà Cattolica in Italia, pienamente informato dellaintollerabile miseria in che è vivuta e vive questa città diMilano, per cagione dei bravi e vagabondi, pubblica unbando contro di essi. Dichiara e diffinisce tutti coloro esserecompresi in questo bando , e doversi r i tenere bravi evagabondi... i quali, essendo forestieri o del paese, nonhanno esercizio alcuno, od avendolo, non lo fanno... ma,senza salario, o pur con esso, s’appoggiano a qualchecavaliere o gentiluomo, officiale o mercante... per fargli spallee favore, o veramente, come si può presumere, per tendereinsidie ad altri ... A tutti costoro ordina che, nel termine digiorni sei, abbiano a sgomberare il paese, intima la galeraa’ renitenti, e dà a tutti gli ufiziali della giustizia le piùstranamente ampie e indefinite facoltà, per l’esecuzionedell’ordine. Ma, nell’anno seguente, il 12 aprile, scorgendoil detto signore, che questa Città è tuttavia piena di dettibravi... tornati a vivere come prima vivevano, non puntomutato il costume loro, né scemato il numero, dà fuoriun’altra grida, ancor più vigorosa e notabile, nella quale,tra l’altre ordinazioni, prescrive:

    Che qualsivoglia persona, così di questa Città, comeforestiera, che per due testimonj consterà esser tenuto, ecomunemente riputato per bravo, et aver tal nome, ancorchénon si verifichi aver fatto delitto alcuno... per questa solariputazione di bravo, senza altri indizj, possa dai detti giudicie da ognuno di loro esser posto alla corda et al tormento,per processo informativo... et ancorché non confessi delitto

    sáceo, con algún descon c h a d o a c á y a l l á . E l c u r a , a l l l e -g a r a l r e c o d o , y d i r i g i r , c o m o s o l í a , l a v i s t a a l ac a p i l l i t a , v i o a l g o q u e n o s e e s p e r a b a , y q u e n o h a -b r í a q u e r i d o v e r . H a b í a d o s h o m b r e s , u n o frente aotro, en la confluencia, por así decirlo, de las dos sendas:uno de ellos , a horcajadas sobre la cerca baja, con una pier-na colgando por la parte de dentro, y el otro pie posado en elsuelo del camino; su compañero, de pie, apoyado en la cer-ca, con los brazos cruzados sobre el pecho. Sus ropas , suporte y l o que , desde e l l uga r adonde hab ía l l egado e lcu ra , s e pod ía d i s t i ngu i r de su a spec to , no de j aban du -das sobre su condic ión . Ambos l l evaban en l a cabeza unaredecilla verde, que caía sobre el hombro izquierdo, rema-tada por una gran borla , y de la cual salía sobre la frente unenorme tufo; dos largos bigotes de puntas rizadas; un bri-llante cinturón de cuero, y colgadas de él dos pistolas; un pe-queño cuerno lleno de pólvora, cayendo sobre el pecho, como uncollar; el mango de un gran c u c h i l l o q u e a s o m a ba por unbolsillo de los amplios y fruncidos calzones; un espadón, con una granguarnición calada de láminas de bronce , dispuestas como en ci-fra, pulidas y relucientes. A primera vista se daban a cono-cer como individuos de la especie de los bravos.

    Esta especie, ahora del todo perdida, era entonces muy flore-ciente en Lombardía, y ya muy antigua. Para quien no tenga unaidea de ella, he aquí algunos fragmentos auténticos, que podrándársela suficiente de sus caracteres principales, de los esfuerzoshechos para extinguirla y de su dura y pujante vitalidad.

    Desde el ocho de abril del año 1583, el I lustrísimo y Ex-c e l e n t í s i m o s e ñ o r d o n C a r l o s d e A r a g ó n , P r í n c i p e d eCastelvetrano, Duque de Terranuova, Marqués de Avola,Conde de Burgeto, gran Almirante y gran Condestable deSicil ia, Gobernador de Milán y Capitán General de Su Ma-jestad Católica en Ital ia, plenamente informado de la into-lerable miser ia en que ha v iv ido y v ive es ta c iudad deMilán, por causa de los bravos y vagabundos, publica unbando contra ellos. Declara y define a todos aquellos com-prendidos en este bando , y débense considerar bravos y va-gabundos. . . quienes, siendo forasteros o del país, no t ie-nen oficio alguno, o teniéndolo, no lo ejercen.. . sino que,sin salario, o bien con él , se arriman a algún caballero ohidalgo, funcionario o comerciante . . . para protegerlo yvalerle, o verdaderamente, como puede presumirse, paratender insidias a otros. . . A todos les ordena que, en el tér-mino de seis días, despejen el país, impone la pena de gale-ras a los reacios, y da a todos los funcionarios de la justicialas facultades más extrañamente amplias e indefinidas para laejecución de la orden. Pero al año siguiente, el 12 de abril,descubriendo dicho señor que esta Ciudad está todavía llenade dichos bravos... que han vuelto a vivir como antes vivían,sin haber mudado de costumbres, ni haber menguado de nú-mero, publica otro bando, aún más riguroso y notable, en elcual, entre otros ordenamientos, prescribe:

    Que cualquier individuo, tanto de esta Ciudad, como foras-tero, de quien por dos testigos conste que se le tiene y común-mente se le considera como bravo, y se le da tal nombre, aun-que no se compruebe que haya cometido delito alguno..., poresa sola reputación de bravo, sin otros indicios, puede ser so-metido por dichos jueces y por cada uno de ellos a la cuerda yal tormento, por expediente informativo... y aunque no confie-

  • 6

    Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezalcuno, tuttavia sia mandato alla galea, per detto triennio,per la sola opinione e nome di bravo, come di sopra . Tuttociò, e il di più che si tralascia, perché Sua Eccellenza è risolutadi voler essere obbedita da ognuno .

    All’udir parole d’un tanto signore, così gagliarde e sicure,e accompagnate da tali ordini, viene una gran voglia dicredere che, al solo rimbombo di esse, tutti i bravi sianoscomparsi per sempre. Ma la testimonianza d’un signore nonmeno autorevole, né meno dotato di nomi, ci obbliga acredere tu t to i l contrar io . È quest i l ’ I l lus t r iss imo edEcce l l en t i s s imo S ignor Juan Fe rnandez de Ve la sco ,Contestabile di Cast igl ia , Cameriero maggiore di SuaMaes tà , Duca de l l a C i t t à d i F r i a s , Con te d i Haro eCastelnovo, Signore della Casa di Velasco, e di quella dellisette Infanti di Lara, Governatore dello Stato di Milano, etc.Il 5 giugno dell’anno 1593, pienamente informato anche luidi quanto danno e rovine sieno... i bravi e vagabondi, e delpessimo effetto che tal sorta di gente, fa contra il benpubblico, et in delusione della giustizia , intima loro dinuovo che, nel termine di giorni sei, abbiano a sbrattare ilpaese, ripetendo a un dipresso le prescrizioni e le minaccemedesime del suo predecessore. Il 23 maggio poi dell’anno1598, informato, con non poco dispiacere dell’animo suo,che... ogni dì più in questa Città e Stato va crescendo ilnumero di questi tali (bravi e vagabondi), né di loro, giornoe notte, altro si sente che ferite appostatamente date,omicidii e ruberie et ogni altra qualità di delitti, ai quali sirendono più facili, confidati essi bravi d’essere aiutati daicapi e fautori loro... prescrive di nuovo gli stessi rimedi ,accrescendo la dose, come s’usa nelle malattie ostinate.Ognuno dunque, conchiude poi, onninamente si guardi dicontravvenire in parte alcuna alla grida presente, perché,in luogo di provare la clemenza di Sua Eccellenza, proveràil rigore, e l’ira sua... essendo risoluta e determinata chequesta sia l’ultima e perentoria monizione .

    Non fu però d i ques to parere l ’ I l lus t r i s s imo edEccellentissimo Signore, il Signor Don Pietro Enriquez deAcevedo, Conte di Fuentes, Capitano, e Governatore delloStato di Milano; non fu di questo parere, e per buone ragioni.Pienamente informato della miseria in che vive questa Cittàe Stato per cagione del gran numero di bravi che in essoabbonda... e risoluto di totalmente estirpare seme tantopernizioso , dà fuori, il 5 decembre 1600, una nuova gridapiena anch’essa di severissime comminazioni, con fermoproponimento che, con ogni rigore, e senza speranza diremissione, siano onninamente eseguite .

    Convien credere però che non ci si mettesse con tutta quellabuona voglia che sapeva impiegare nell’ordir cabale, e nelsuscitar nemici al suo gran nemico Enrico IV; giacché, perquesta parte, la storia attesta come riuscisse ad armare controquel re il duca di Savoia, a cui fece perder più d’una città;come riuscisse a far congiurare il duca di Biron, a cui feceperder la testa; ma, per ciò che riguarda quel seme tantopern iz ioso de’ b rav i , ce r to è che esso con t inuava agermogliare, il 22 settembre dell’anno 1612. In quel giornol’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor DonGiovanni de Mendozza, Marchese de la Hynojosa, Gentiluomoetc., Governatore etc., pensò seriamente ad estirparlo. Aquest’effetto, spedì a Pandolfo e Marco Tullio Malatesti,

    se delito alguno, mándesele a galeras, por dichos tres años,por la sola opinión y nombre de bravo, como antecede. Todoesto, y lo demás que se omite, porque Su Excelencia está re-suelto a que todos le obedezcan.

    Al oír palabras de tan gran señor, as í de gal lardas y se-guras , y acompañadas de ta les órdenes, entran muchas ga-nas de creer que, con su mero estruendo, todos los bravosdesaparecieron para s iempre. Pero el tes t imonio de un se-ñor no menos inf luyente , ni menos dotado de t í tulos , nosobl iga a creer todo lo contrar io . Es és te e l I lust r ís imo yExcelent ís imo Señor Juan Fernández de Velasco, Condes-table de Cast i l la , Camarero Mayor de Su Majestad, Duquede la Ciudad de Frías , Conde de Haro y Castelnovo, Señorde la Casa de Velasco, y de la de los siete Infantes de Lara,Gobernador del Estado de Milán, e tcétera . El 5 de juniodel año 1593, plenamente informado también él de cuángran daño y ruina son. . . los bravos y vagabundos, y delpésimo efecto que tal suerte de gente hace contra el bienpúbl ico, y en befa de la jus t ic ia , los conmina de nuevo aque, en el término de seis días , sa lgan del país , repi t iendomás o menos las mismas disposiciones y amenazas de supredecesor. Después, e l 23 de mayo del año 1598, in for-mado, con no poco desagrado de su ánimo, de que. . cadadía más va creciendo en esta Ciudad y Estado el númerode estos tales (bravos y vagabundo s ) , y d e e l l o s , d í a yn o c h e , n o s e o y e s i n o h e r i d a s a l e v o s a m e n t e d a d a s ,h o m i c i d i o s y r o b o s y t o d a o t r a c l a s e d e del i tos a los que s e en -t regan con t oda f ac i l i dad , con f iados e sos b ravos en s e r ayudados porsus j e f e s y favorecedores . . . , presc r ibe de nuevo los mismos remedios ,a umentando la dosis, como se acostumbra con las enfermedades rebeldes.Cada uno, pues, concluía luego, guárdese omnímodamente decontravenir en nada el presente bando , porque, en lugar depro b a r l a c l e m e n c i a d e S u E x c e l e n c i a , p ro b a r á s u r i -g o r, y s u i r a . . . e s t a n d o re s u e l t o y d e t e r m i n a d o a q u eésta sea la últ ima y perentoria admonición.

    No fue, empero, éste el parecer del Ilustrísimo y Exce-lentísimo Señor, el Señor Don Pedro Enríquez de Acevedo,Conde de Fuentes , Capi tán y Gobernador del Estado deMilán; no fue éste su parecer, y por buenas razones . Plena-mente informado de la miseria en que vive esta Ciudad yEstado por causa del gran número de bravos que en él abun-da... y resuelto a extirpar totalmente semilla tan perniciosa,púb l i ca , e l 5 de d ic i embre de 1600 , un nuevo band o tam-bién l leno de severísimas conminaciones, con la f irme re-solución de que sean ejecutadas omnímodamente, con todorigor, y sin esperanza de remisión.

    Pero conviene creer que no se aplicó a ello con toda labuena voluntad que sabía emplear para urdir intrigas y sus-citar enemigos contra su gran enemigo Enrique IV; ya que,en este punto, la historia atestigua cómo consiguió armarcontra ese rey al duque de Saboya, al que hizo perder más deuna ciudad; y cómo consiguió que conspirase el duque deBiron, a quien hizo perder la cabeza; pero, por lo que res-pecta a aquella semilla tan perniciosa de los bravos, lo cier-to es que continuaba germinando el 22 de septiembre del año1612. Ese día el Ilustrísimo y Excelentísimo Señor, el SeñorDon Juan de Mendoza, Marqués de la Hinojosa, Gentilhom-bre, etcétera, Gobernador, etcétera, pensó seriamente en ex-tirparla. Para ello envió a Pandolfo y Marco Tullio Malatesti,

  • 7

    Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezstampatori regi i cameral i , la sol i ta gr ida, corret ta edaccresciuta, perché la stampassero ad esterminio de’ bravi.Ma questi vissero ancora per ricevere, i l 24 decembredell’anno 1618, gli stessi e più forti colpi dall’Illustrissimoed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Gomez Suarez deFigueroa, Duca di Feria, etc., Governatore etc. Però, nonessendo essi morti nep p u r d i q u e l l i , l ’ I l l u s t r i s s i m o e dE c c e l l e n t i s s i m o S i g n o r e , i l S i g n o r G o n z a l oF e r n a n d e z d i C o r d o v a , s o t t o i l c u i g overno accadde lapasseggiata di don Abbondio, s’era trovato costretto aricorreggere e ripubblicare la solita grida contro i bravi, ilgiorno 5 ottobre del 1627, cioè un anno, un mese e due giorniprima di quel memorabile avvenimento.

    Né fu questa l’ultima pubblicazione; ma noi delle posteriorinon crediamo dover far menzione, come di cosa che esce dalperiodo della nostra storia. Ne accenneremo soltanto una del13 febbraio dell’anno 1632, nella quale l’Illustrissimo edEccellentissimo Signore, el Duque de Feria , per la secondavolta governatore, ci avvisa che le maggiori sceleragginiprocedono da quelli che chiamano bravi . Questo basta adassicurarci che, nel tempo di cui noi trattiamo, c’era de’ bravituttavia.

    Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno,era cosa troppo evidente; ma quel che più dispiacque a donAbbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che l’aspettatoera lui. Perché, al suo apparire, coloro s’eran guardati in viso,alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva chetutt’e due a un tratto avevan detto: è lui; quello che stava acavalcioni s’era alzato, tirando la sua gamba sulla strada;l’altro s’era staccato dal muro; e tutt’e due gli s’avviavanoincontro. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto dinanzi,c o m e s e l e g g e s s e , s p i n g e v a l o s g u a r d o in su , p e ri s piar le mosse di coloro; e, vedendoseli venir proprio incontro,fu assalito a un tratto da mille pensieri. Domandò subitoin fretta a se stesso, se, tra i bravi e lui , ci fosse qualcheuscita di strada, a destra o a sinistra; e gl i sovvennesubito di no. Fece un rapido esame, se avesse peccatocontro qualche potente, contro qualche vendicativo; ma,anche in quel turbamento, i l test imonio consolante dellac o s c i e n z a l o r a s s i c u r a v a a l q u a n t o : i b r a v i p e r òs’avvicinavano, guardandolo f isso. Mise l ’ indice e i lm e d i o d e l l a m a n o s i n i s t r a n e l c o l l a r e , c o m e p e rraccomodarlo; e, girando le due dita intorno al collo, volgevaintanto la faccia all’indietro, torcendo insieme la bocca, eguardando con la coda dell’occhio, fin dove poteva, sequalcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. Diede un’occhiata,al di sopra del muricciolo, ne’ campi: nessuno; un’altra più modestasulla strada dinanzi; nessuno, fuorché i bravi. Che fare? tornareindietro, non era a tempo: darla a gambe, era lo stesso chedi re , insegui temi , o peggio . Non potendo schivare i lpe r i co lo , v i co r se i ncon t ro , pe r ché i moment i d iquell’incertezza erano allora così penosi per lui, che nondesiderava altro che d’abbreviarli. Affrettò il passo, recitò unversetto a voce più alta, compose la faccia a tutta quella quiete eilarità che poté, fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quandosi trovò a fronte dei due galantuomini, disse mentalmente: ci siamo;e si fermò su due piedi.

    - Signor curato, - disse un di que’ due, piantandogli gliocchi in faccia.

    impresores de la real casa, el consabido bando, corregido yaumentado, para que lo imprimiesen para exterminio de losbravos. Mas éstos vivieron aún para recibir, el 24 de diciem-bre del año 1618, los mismos y más fuertes golpes del Ilus-trísimo y Excelentísimo Señor, el Señor Don Gómez Suárezde Figueroa, Duque de Feria, etcétera, Gobernador, etcéte-ra. No obstante, al no haber muerto ni siquiera con ésos , elI l u s t r í s i m o y E x c e l e n t í s i m o S e ñ o r, e l S e ñ o r G o n z a l oFernández de Córdoba, bajo cuyo gobierno acaece el paseode don Abbondio, se había visto obligado a corregir y publi-car de nuevo el consabido bando contra los bravos, el día 5de octubre de 1627, es decir , un año, un mes y dos días antesde aquel memorable acontecimiento.

    Tampoco fue ésta la última publicación; pero nosotros nonos creemos en el deber de mencionar las posteriores, que sesalen del período de nuestra historia. Aludiremos sólo a unadel 13 de febrero del año 1632, en la cual el Ilustrísimo yExcelentísimo Señor, el Duque de Feria, gobernador por se-gunda vez, nos advierte de que las mayores fechorías provie-nen de esos a quienes llaman bravos. Esto basta para asegu-rarnos de que, en la época de que nos ocupamos, había toda-vía bravos.

    Que los dos descritos antes estaban allí esperando a alguien,era demasiado evidente; pero lo que más desagradó a donAbbondio fue el advertir, por ciertos actos , que el esperadoera él. Porque, a su aparición, aquéllos se habían mirado a lacara, alzando la cabeza, con un movimiento del que se deducía quelos dos de repente hab ían d i cho : e s é l ; e l que e s t aba ahorcajadas se había levantado, poniendo los pies en el camino;el otro se había apartado de la cerca; y ambos se encaminaban a suencuent ro . É l , manten iendo e l breviario abierto ante sí ,c o m o s i l e y e r a , p o n í a l a m i r a d a m á s l e j o s , paraespiar sus movimientos; y a l ver los venir justamente a su en-cuentro, lo asaltaron de golpe mil pensamientos. De inmediato sepreguntó a sí mismo, a toda prisa, si entre los bravos y él habríaalguna salida del camino, a la derecha o la izquierda; y ensegui-da recordó que no. Hizo un rápido examen de s i habría pe-cado contra algún poderoso, contra algún vengat ivo; pero,incluso en medio de su turbación, e l consolador tes t imo-nio de su conciencia lo t ranqui l izaba un tanto; pero losbravos se acercaban, mirándolo f i jamente . Metió el índicey el medio de la mano derecha en el sobrecuello, como paraajustarlo; y, al girar los dos dedos en torno al cuello, volvíamientras tanto la cara hacia detrás, torciendo al mismo tiempo laboca, y mirando con el rabillo del ojo, hasta donde alcanzaba,por si llegaba alguien; pero no vio a nadie. Echó un vistazo porencima de la cerca, a los campos: nadie; otro más recatado alcamino delante de sí: nadie, salvo los bravos. ¿Qué hacer? Deretroceder, ya no estaba a tiempo; poner pies en polvorosa era lomismo que decir perseguidme, o algo peor. Al no poder esquivarel peligro, corrió a su encuentro, pues los momentos de aquellaincertidumbre eran entonces tan penosos para él que no deseabasino abreviarlos. Apresuró el paso, recitó un versículo en voz másalta, compuso el rostro con toda la calma y jovialidad quepudo, hizo esfuerzos por preparar una sonrisa; cuando se en-contró ante los dos hombres de bien dijo mentalmente: ya está,y se paró en seco.

    —Señor cura —dijo uno de los dos, clavándole los ojos enla cara.

  • 8

    Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítez

    - Cosa comanda? - rispose subito don Abbondio, alzando isuoi dal libro, che gli restò spalancato nelle mani, come surun leggìo.

    - L e i h a i n t e n z i o n e , - p r o s e g u ì l ’ a l t r o , c o n l ’ a t t om i n a c c i o s o e i r a c o n d o d i c h i c o g l i e u n s u o i n f e r i o r es u l l ’ i n t r a p r e n d e r e u n a r i b a l d e r i a , - l e i h a i n t e n z i o n ed i m a r i t a r d o m a n i R e n z o T r a m a g l i n o e L u c i aM o n d e l l a !

    - C i o è . . . - r i s p o s e , c o n v o c e t r e m o l a n t e , d o nA b b o n d i o : - c i o è . L o r s i g n o r i s o n u o m i n i d im o n d o , e s a n n o benissimo come vanno queste faccende.Il povero curato non c’entra: fanno i loro pasticci tra loro,e poi... e poi, vengon da noi, come s’anderebbe a un bancoa riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune.

    - Or bene, - gli disse il bravo, all’orecchio, ma in tonosolenne di comando, - questo matrimonio non s’ha da fare,né domani, né mai.

    - Ma, signori miei, - replicò don Abbondio, con la vocemansueta e gentile di chi vuol persuadere un impaziente, - ma,signori miei, si degnino di mettersi ne’ miei panni. Se la cosadipendesse da me,... vedon bene che a me non me ne vien nullain tasca...

    - Orsù , - i n t e r ruppe i l b r avo , - s e l a cosa avesse adeciders i a c ia r le , l e i c i met te rebbe in sacco . Noi nonn e s a p p i a m o , n é v o g l i a m s a p e r n e d i p i ù . U o m oavver t i t o . . . l e i c ’ in t ende .

    - M a l o r s i g n o r i s o n t r o p p o g i u s t i , t r o p p or a g i o n e v o l i . . .

    - Ma, - interruppe questa volta l’altro compagnone, chenon aveva parlato fin allora, - ma il matrimonio non sifarà, o.. . - e qui una buona bestemmia , - o chi lo farà nonse ne pentirà , perché non ne avrà tempo, e.. . - un’altrabestemmia.

    - Zitto , zitto , - r iprese i l pr imo oratore: - i l s ignorcurato è un uomo che sa i l v iver del mondo; e noi s iamgalantuomini , che non vogl iam fargl i del male , purchéabbia giudizio. Signor curato, l’ i l lustr issimo signor donRodrigo nostro padrone la r iver isce caramente .

    Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come,nel forte d’un temporale notturno, un lampo[ lightning] cheillumina momentaneamente e in confuso gli oggetti , eacc resce i l t e r ro re . F e c e , c o m e p e r i s t i n t o , u ng r a n d ’ i n c h i n o , e d i s s e : - s e m i s a p e s s e r os u g g e r i r e . . .

    - Oh! suggerire a lei che sa di latino! - interruppe ancorail bravo, con un riso tra lo sguaiato e il feroce. - A lei tocca.E sopra tutto, non si lasci uscir parola su questo avviso chele abbiam dato per suo bene; altrimenti... ehm... sarebbe lostesso che fare quel tal matrimonio. Via, che vuol che si dicain suo nome all’illustrissimo signor don Rodrigo?

    —¿Qué se l e o f rece? —respondió de inmedia to donAbbondio, alzando los suyos del libro, que quedó abierto ensus manos, como sobre un atril.

    —¿Tiene vuestra merced intención —prosiguió el otro, conel gesto amenazador e iracundo de quien sorprende a un infe-rior a punto de emprender una fechoría—, tiene vuestra mercedintención de casar mañana a Renzo Tramaglino y LucíaMondella?

    —Es dec i r. . . —respondió , con voz temblorosa , donAbbondio—, es decir... Vuesas mercedes, señores, son hombresde mundo, y saben perfectamente cómo pasan estas cosas. Elpobre cura nada tiene que ver; arman sus líos entre sí, y des-pués... y después, vienen a nosotros, como quien va a cobrar aun banco; y nosotros..., nosotros somos los servidores de todos.

    —Pues bien —le dijo el bravo, al oído, pero en solemne tonode mando—,ese matrimonio no se ha de celebrar, ni mañana ninunca.

    —Pero, señores míos —replicó don Abbondio, con la vozmansa y amable de quien quiere convencer a un impacien-te—, pero, señores míos, dígnense ponerse en mi lugar. S id e m í d e p e n d i e r a . . . y a v e n q u e n o m e m e t o n a d a e n e lb o l s i l l o . . .

    —¡Ea! —interrumpió el bravo—, si la cosa tuviera quedecidirse con charlas, vuestra merced nos embaucaría. Noso-tros no sabemos nada más, ni queremos saberlo... Hombre pre-venido..., vuestra merced ya entiende.

    —Pero vuestras mercedes, señores, son demasiado justos,demasiado razonables...

    —Pero —interrumpió esta vez el otro compañero, que nohabía hablado hasta entonces—, pero el matrimonio no se ce-lebrará, o... —y aquí una buena blasfemia—, o quien lo cele-bre no se arrepentirá, porque no tendrá tiempo, y... —otra blas-femia.

    —¡Chitón! ¡Chitón! —continuó el primer orador—. El se-ñor cura es hombre que sabe vivir en el mundo; y nosotros so-mos hombres de bien, que no queremos hacerle daño, con tal deque tenga juicio. Señor cura, el ilustrísimo señor don Rodrigo,nuestro amo, saluda cariñosamente a vuestra merced.

    Este nombre fue, en la mente de don Abbondio, como unrayo que, en lo más fuerte de una tormenta nocturna iluminam o m e n t á n e a y c o n f u s a m e n t e l o s o b j e t o s , y a c r e -c i e n t a e l t e r r o r . H i z o , c o m o p o r i n s t i n t o , u n a g r a nre v e r e n c i a , y d i j o : — S i v u e s t r a s m e r c e d e s m e p u d i e -s e n s u g e rir...

    —¡Oh! ¡Sugerirle a vuestra merced, que sabe latín! —inte-rrumpió de nuevo el bravo, con una risa entre descarada y fe-roz—. Es cosa suya. Y, sobre todo, no deje escapar una palabrade este aviso que le hemos dado por su bien; si no... ejem...sería lo mismo que celebrar la tal boda. Adiós, ¿qué quiere quese diga en su nombre al ilustrísimo señor don Rodrigo?

  • 9

    Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítez- Il mio rispetto...- Si spieghi meglio!

    -... Disposto... disposto sempre all’ubbidienza -. E, proferendoqueste parole, non sapeva nemmen lui se faceva una promessa,o un complimento. I bravi le presero, o mostraron di prenderlenel significato più serio.

    - Benissimo, e buona notte, messere, - disse l’un d’essi,in atto di partir col compagno. Don Abbondio, che, pochimomenti prima, avrebbe dato un occhio per iscansarli, alloraavrebbe voluto prolungar la conversazione e le trattative. -Signori... - cominciò, chiudendo il libro con le due mani;ma quell i , senza più dargli udienza, presero la stradadond’era lui venuto, e s’al lontanarono, cantando unacanzonaccia che non voglio trascrivere. I l povero donAbbondio r imase un momento a bocca aper ta , comeincantato; poi prese quella delle due stradette che conducevaa casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopol’altra, che parevano aggranchiate. Come stesse di dentro,s’intenderà meglio, quando avrem detto qualche cosa del suonaturale, e de’ tempi in cui gli era toccato di vivere.

    Don Abbondio (il lettore se n’è già avveduto) non eranato con un cuor di leone. Ma, fin da’ primi suoi anni,aveva dovuto comprendere che la peggior condizione, aque’ tempi, era quella d’un animale senza artigli e senzazanne , e che pure non si sentisse inclinazione d’esserdivorato. La forza legale non proteggeva in alcun contol’uomo tranquil lo, inoffensivo, e che non avesse al tr imezzi di far paura altrui. Non già che mancassero leggi epene contro le violenze private. Le leggi anzi diluviavano;i d e l i t t i e r a n o e n u m e r a t i , e p a r t i c o l a r e g g i a t i , c o nminuta pro l i ss i tà ; l e pene , pazzamente esorb i tan t i e ,s e n o n b a s t a , a u m e n t a b i l i , q u a s i p e r o g n i c a s o , a darb i t r io de l l eg is la tore s tesso e d i cen to esecutor i ; l eprocedure , s tud ia te so l tanto a l iberare i l g iud ice dao g n i c o s a c h e p o t e s s e e s s e r g l i d ’ i m p e d i m e n t o aprofer i re una condanna: gli squarci che abbiam riportatidelle gride contro i bravi, ne sono un piccolo, ma fedelsaggio . Con tutto ciò, anzi in gran parte a cagion di ciò,quel le gr ide , r ipubbl ica te e r inforza te d i governo ing o v e r n o , n o n s e r v i v a n o a d a l t r o c h e a d a t t e s t a r ea m p o l l o s a m e n t e l ’ i m p o t e n z a d e ’ l o r o a u t o r i ; o , s eproducevan qualche effetto immediato, era principalmented’aggiunger molte vessazioni a quelle che i pacifici e ideboli già soffrivano da’ perturbatori, e d’accrescer leviolenze e l’astuzia di questi. L’impunità era organizzata,e aveva radici che le gride non toccavano, o non potevanosmovere . Ta l i e ran g l i as i l i , t a l i i p r iv i leg i d ’a lcuneclass i , in par te r iconosciu t i da l la forza legale , in par teto l le ra t i con as t ioso s i l enz io , o impugnat i con vaneprotes te , ma sostenut i in fa t to e d i fes i da quel le c lass i ,con a t t iv i tà d ’ in t e r e s s e , e c o n g e l o s i a d i p u n t i g l i o .O r a , ques t ’ impuni tà minacc ia ta e insu l t a t a , ma nond i s t r u t t a d a l l e g r i d e , d o v e v a n a t u r a l m e n t e , a o g n iminacc ia , e a ogn i in su l to , adopera r nuov i s fo rz i enuove invenz ioni , per conservars i . Cos ì accadeva ineffet to; e , a l l ’appari re del le gr ide diret te a comprimerei v io lent i , ques t i cercavano nella loro forza reale i nuovimezzi più opportuni, per continuare a far ciò che le gride

    —Mis respetos...—¡Explíquese mejor!

    —Dispuesto... siempre dispuesto a la obediencia —y, al pro-ferir estas palabras, ni siquiera él sabía si hacía una promesa oun cumplido. Los bravos las tomaron, o demostraron tomarlas,en el significado más serio.

    —Muy bien... Y buenas noches, señor mío —dijo uno deellos, mientras se marchaba con su compañero. Don Abbondio,que, pocos momentos antes, habría dado un ojo de la cara porevitarlos, ahora hubiera querido prolongar la conversación ylas negociaciones: —Señores... —empezó, cerrando el libro conlas dos manos; pero los otros, sin prestarle oídos, tomaron elcamino por donde él había llegado, y se alejaron, cantando unacancioncilla que no quiero transcribir. El pobre don Abbondiose quedó un momento con la boca abierta, como embrujado;después cogió aquella de las dos sendas que conducía a su casa,adelantando a duras penas una pierna detrás de la otra, puesparecían entumecidas. Se comprenderá mejor cómo estaba pordentro, cuando hayamos dicho algo sobre su natural, y sobrelos tiempos en que le había tocado vivir.

    Don Abbondio (el lector ya lo ha advertido) no había na-cido con un corazón de león. Pero, desde sus primeros año s ,h a b í a t e n i d o q u e c o m p r e n d e r q u e l a p e o r c o n d i c i ó n ,e n a q u e l l o s t i e m p o s , e r a l a d e u n a n i m a l s i n g a r r a s n icolmillos, y que, sin embargo, no se sintiera inclinado a de-jarse devorar. La fuerza legal no protegía en ninguna medidaal hombre tranquilo, inofensivo, y que no contara con otros me-dios para meter miedo a los demás. No es que faltaran leyes y penascontra las violencias privadas. Más aún, menudeaban las leyes;los delitos se enumeraban, y detallaban, con minuciosa proli-j idad; las penas eran locamente exorbi tantes y, por s i nobastaba, podían aumentarse en cada caso, a voluntad delpropio legislador y de sus cien ejecutores; los procedimien-tos es taban estudiados solamente para l iberar a l juez detodo lo q u e p u d i e r a s e r v i r l e d e i m p e d i m e n t o p a r a p r o -f e r i r u n a c o n d e n a ; l o s f r agmentos que hemos reproduci-do de los bandos contra los bravos son una pequeña, aunque fiel,muestra. Con todo eso, e incluso en gran parte a causa de eso,aquellos bandos, publicados y reforzados de gobierno en go-bierno, no servían sino para atestiguar ampulosamente la im-potencia de sus autores; o, si producían algún efecto inme-diato, era principalmente el de agregar muchas vejaciones alas que los pacíficos y los débiles sufrían de parte de losperturbadores, y el de acrecentar las violencias y la astuciade éstos. La impunidad estaba organizada, y tenía raíces alas que los bandos no alcanzaban, o no podían remover. Ta-les eran los asilos, tales los privilegios de algunas clases, enparte reconocidos por la fuerza legal, en parte tolerados conrabioso silencio, o impugnados con vanas protestas, pero sos-tenidos de hecho y defendidos por aquellas clases, con laprontitud que inspira el interés, y con rivalidad de puntillo.Ahora bien, esta impunidad amenazada e insultada, pero nodestruida por los bandos, tenía naturalmente que utilizar nue-vos esfuerzos y nuevas invenciones, para conservarse, antecada amenaza y cada insulto. Así ocurría, en efecto; y cuan-do aparecían bandos encaminados a contener a los violen-tos, éstos buscaban en su fuerza real nuevos métodos másoportu n o s , p a r a s e g u i r h a c i e n d o l o q u e l o s b a n d o s

  • 10

    Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezvenivano a proibire. Potevan ben esse inceppare a ognipasso, e molestare l’uomo bonario , che fosse senza forzapropria e senza protezione; perché, col fine d’aver sottola mano ogni uomo, per prevenire o per punire ogni delitto,assoggettavano ogni mossa del privato al volere arbitrariod’esecutori d’ogni genere. Ma chi, prima di commettereil deli t to, aveva prese le sue misure per ricoverarsi atempo in un convento, in un palazzo, dove i birri nona v r e b b e r m a i o s a t o m e t t e r p i e d e ; c h i , s e n z ’ a l t r ep r e c a u z i o n i , p o r t a v a u n a l i v r e a c h e i m p e g n a s s e adifenderlo la vanità e l’interesse d’una famiglia potente,di tutto un ceto , era libero nelle sue operazioni, e potevaridersi di tutto quel fracasso delle gride. Di quegli stessich’eran deputati a farle eseguire , alcuni appartenevanoper nascita alla parte privilegiata, alcuni ne dipendevanoper c l iente la ; g l i uni e g l i a l t r i , per educazione, perinteresse, per consuetudine, per imitazione, ne avevanoabbracc ia te le mass ime, e s i sa rebbero ben guarda t idall’offenderle, per amor d’un pezzo di carta attaccatosulle cantonate. Gli uomini poi incaricati dell’esecuzioneimmediata, quando fossero stati intraprendenti come eroi ,ubbidient i come monaci , e pront i a sacr i f icars i comemar t i r i , non avrebber però po tu to ven i rne a l l a f ine ,inferiori com’eran di numero a quelli che si trattava dis o t t o m e t t e r e , e c o n u n a g r a n p r o b a b i l i t à d ’ e s s e r eabbandonati da chi, in astratto e, per così dire, in teoria,imponeva loro di operare. Ma, oltre di ciò, costoro erangeneralmente de’ più abbietti e ribaldi soggetti del lorotempo; l’incarico loro era tenuto a vile anche da quelliche potevano averne terrore, e il loro titolo un improperio.Era quindi ben naturale che costoro , in vece d’arrischiare,anzi di gettar la vita in un’impresa disperata, vendesserola loro inazione, o anche la loro connivenza ai potenti, es i r iservassero a eserci tare la loro esecrata autor i tà ela forza che pure avevano, in quelle occasioni dove nonc’era per ico lo ; ne l l ’oppr imer c ioè , e ne l vessare g l iuomini pacif ic i e senza difesa.

    L’ u o m o c h e v u o l e o f f e n d e r e , o c h e t e m e , o g n imomento, d’essere offeso , cerca naturalmente alleati ecompagni. Quindi era, in que’ tempi, portata al massimopunto la tendenza degl’individui a tenersi collegati inclassi , a formarne delle nuove, e a procurare ognuno lamaggior potenza di quella a cui apparteneva. I l clerovegliava a sostenere e ad estendere le sue immunità, lanobil tà i suoi privilegi , i l mili tare le sue esenzioni. Imercanti, gli artigiani erano arrolati in maestranze e inconfraternite, i giurisperiti formavano una lega , i medicis t e s s i u n a c o r p o r a z i o n e . O g n u n a d i q u e s t e p i c c o l eol igarchie aveva una sua forza speciale e propria; inognuna l’individuo trovava il vantaggio d’impiegar per sé,a proporzione della sua autorità e della sua destrezza, leforze riunite di molti. I più onesti si valevan di questovantaggio a difesa soltanto; gli astuti e i facinorosi neapprofit tavano, per condurre a termine ribalderie, allequali i loro mezzi personali non sarebber bastati, e perassicurarsene l’impunità. Le forze però di queste variel e g h e e r a n m o l t o d i s u g u a l i ; e , n e l l e c a m p a g n ep r i n c i p a l m e n t e , i l n o b i l e d o v i z i o s o e v i o l e n t o , c o ni n t o r n o u n o s t u o l o d i b r a v i , e u n a p o p o l a z i o n ed i c o n t a d i n i a v v e z z i , p e r tradizione famigliare, einteressati o forzati a riguardarsi quasi come sudditi e

    p r o h ib í an . Los bandos pod ían muy b i en e s to rba r a cadapaso , y moles t a r a l hombre bueno , s in fue rza p rop ia ys in p ro t ecc ión ; po rque , con e l f i n de t ene r en sus manosa cua lqu ie r hombre , pa ra p reven i r o castigar cualquier de-lito, sometían cada movimiento privado a la voluntad arbitra-ria de ejecutores de todo género. Pero quien, antes de cometerel delito, hubiera tomado sus disposiciones para refugiarse atiempo en un convento, en un palacio, donde los esbirros nose atreverían a poner los pies; quien, sin más precaucio-nes, l levaba una l ibrea que comprometiera en su defensa lavanidad y el interés de una poderosa familia, de toda unacasta, era l ibre en sus operaciones, y podía reírse de todoaquel estrépito de los bandos. Entre los mismos que teníana su cargo el hacerlos cumplir , unos pertenecían por naci-miento a la parte privilegiada, otros dependían de ella porclientela; unos y otros, por educación, por in te rés , por cos-tumbre , po r imi t ac ión , hab ían ab razado sus máx imas , yse hub ie ran gua rdado mucho de o fende r l a s po r mor deun pedazo de papel pegado en las esquinas. Por otra parte,aunque los hombres encargados de su ejecución inmediatahubieran sido emprendedores como héroes, obedientes comomonjes, y hubieran estado dispuestos a sacrificarse comomártires, no habrían podido lograr sus fines, inferiores comoeran en número a aquellos a quienes se trataba de someter,y con grandes probabil idades de verse abandonados p o rq u i e n , e n a b s t r a c t o y , p o r a s í d e c i r l o , e n t e o -r í a , l e s m a n d a b a a c t u a r . M a s , a m é n d e e s t o , e r a ng e n e r a l m e n t e s u j e t o s d e l o s m á s a b y e c t o s y t r u h a n e s d es u t i e m p o ; s u misión era tenida por vil incluso por aque-llos que podían sentir terror de ella, y su t í tulo se conside-raba un ins u l t o . E r a , p u e s , m u y n a t u r a l q u e e l l o s ,e n v e z d e arriesgar su vida, e incluso perderla en unaempresa desesperada, vendieran su inacción, y hasta su conni-vencia, a los poderosos, y se reservaran para ejercer su execradaautoridad y la fuerza que tenían en aquellas ocasiones en lasque no había peligro: es decir, opr imiendo y vejando a loshombres pacíf icos e indefensos.

    El hombre que quiere hacer daño, o que teme, en todomomento, que se lo hagan, busca naturalmente a l iados ycompañeros. Estaba, pues, en aquel los t iempos, l levada alextremo la tendencia de los individuos a mantenerse uni-dos en clases , a formar otras nuevas, a procurar cada unoel mayor poderío para aquel la a la que per tenecía . El c le-ro velaba por sostener y ampliar sus inmunidades, la no-bleza, sus pr ivi legios , e l mil i tar, sus exenciones. Los co-merciantes y ar tesanos es taban inscritos en gremios y co-f radías , los jur isper i tos formaban una l iga , los mismosmédicos una corporación. Cada una de estas pequeñas ol i -garquías tenía su fuerza par t icular y propia; en cada unael individuo encontraba la ventaja de emplear para s í , enproporción a su autor idad y a su destreza, las fuerzas re-unidas de muchos. Los más honrados se valían de esta ven-taja sólo para su defensa; los astutos y los facinerosos laaprovechaban para l levar a cabo fechorías , para las queno habrían bastado sus medios personales , y para asegu-rarse la impunida d . N o o b s t a n t e , l a s f u e r z a s d e e s -t a s d i s t i n t a s l i g a s e r a n m u y d e s i g u a l e s ; y p r i n c i -p a l m e n t e e n e l c a m p o , e l n o b l e a c a u d a l a d o y v i o -l e n t o , c o n u n tropel de bravos a su a l rededor, y una po-blación de campesinos avezados , por t radición famil iar,a considerarse casi como súbdi tos y soldados del amo, e

  • 11

    Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezs o l d a t i d e l p a d r o n e , e s e r c i t a v a u n p o t e r e , a c u idifficilmente nessun’altra frazione di lega avrebbe ivipotuto resistere.

    Il nostro Abbondio non nobile, non ricco, coraggiosoancor meno, s’era dunque accorto , prima quasi di toccargli anni della discrezione, d’essere, in quella società, comeun vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagniadi molti vasi di ferro. Aveva quindi, assai di buon grado,ubbidito ai parenti, che lo vollero prete. Per dir la verità,non aveva gran fatto pensato agli obblighi e ai nobili finidel ministero al quale si dedicava: procacciarsi di chevivere con qualche agio , e mettersi in una classe riveritae forte, gli eran sembrate due ragioni più che sufficientiper una tale scelta . Ma una classe qualunque non proteggeun individuo, non lo assicura, che fino a un certo segno:nessuna lo dispensa dal farsi un suo sistema particolare.Don Abbondio, assorbito continuamente ne’ pensieri dellapropria quiete, non si curava di que’ vantaggi, per ottenerei quali facesse bisogno d’adoperarsi molto, o d’arrischiarsiun poco. Il suo sistema consisteva principalmente nelloscansar tutti i contrasti, e nel cedere, in quelli che nonpoteva scansare . Neutralità disarmata in tutte le guerreche scoppiavano in to rno a lu i , da l l e con tese , a l lo raf requent i ss ime, t ra i l c le ro e le podes tà la iche , t ra i lm i l i t a r e e i l c i v i l e , t r a n o b i l i e n o b i l i , f i n o a l l eques t ion i t r a due contad i n i , n a t e d a u n a p a r o l a , ed e c i s e c o i p u g n i , o c o n l e c o l t e l l a t e . S e s i t rovavaa s s o l u t a m e n t e c o s t r e t t o a p r e n d e r p a r t e t r a d u ec o n t e n d e n t i , s t a v a c o l p i ù f o r t e , s e m p r e p e r ò a l l aretroguardia, e procurando di far vedere all’altro ch’eglinon g l i e ra vo lon ta r i amente nemico : pa reva che g l idicesse: ma perché non avete saputo esser voi il più forte?ch’io mi sarei messo dalla vostra parte. Stando alla largada ’ p r epo ten t i , d i s s imu lando l e l o r o s o v e rc h i e r i ep a s s e g g i e r e e c a p r i c c i o s e , c o r r i s p o n d e n d o c o nsommissioni a quelle che venissero da un’intenzione piùseria e più meditata, costringendo, a forza d’inchini e dirispetto gioviale, anche i più burberi e sdegnosi, a fargliu n s o r r i s o , q u a n d o g l ’ i n c o n t r a v a p e r l a s t r a d a , i lpover’uomo era riuscito a passare i sessant’anni, senzagran burrasche.

    Non è però che non avesse anche lui il suo po’ di fielein corpo; e quel continuo esercitar la pazienza, quel darcosì spesso ragione agli altri, que’ tanti bocconi amariinghiottiti in silenzio, glielo avevano esacerbato a segnoche, se non avesse, di tanto in tanto, potuto dargli un po’di sfogo , la sua salute n’avrebbe certamente sofferto. Masiccome v’eran poi finalmente al mondo, e vicino a lui,persone ch’egli conosceva ben bene per incapaci di farmale, così poteva con quelle sfogare qualche volta il malumore lungamente represso, e cavarsi anche lui la vogliad’essere un po’ fantastico, e di gridare a torto. Era poi unrigido censore degli uomini che non si regolavan come lui,quando però la censura potesse esercitarsi senza alcuno,anche l on t ano , pe r i co lo . I l bat tu to e ra a lmeno unimprudente; l’ammazzato era sempre stato un uomo torbido.A chi, messosi a sostener le sue ragioni contro un potente,rimaneva col capo rotto, don Abbondio sapeva trovar semprequalche torto; cosa non difficile, perché la ragione e iltorto non si dividon mai con un taglio così netto, che

    i n t e r e s a d o s o f o r z a d o s a e l l o , e j e r c í a u n p o d e r a lc u a l d i f í c i l m e n t e h a b r í a p o d i d o r e s i s t i r s e n i n g u n ao t r a a l i a n z a .

    Nuestro Abbondio, pues, ni noble, ni rico, y menos aún va-liente, se había dado cuenta , casi antes de llegar a los años dela discreción, de ser, en aquel la sociedad, como una vasi-ja de barro, obl igada a via jar en compañía de muchas va-s i jas de hierro. Había obedecido, pues , de bastante buengrado, a sus padres, que lo querían sacerdote. A decir verdad,no había pensado gran cosa en las obligaciones y los noblesfines del ministerio al que se dedicaba: procurarse de quévivir con cierta comodidad , e introducirse en una clase res-petada y fuerte, le parecieron dos razones más que sufi-cientes para tal elección . Pero ninguna c lase pro tege a unindiv iduo , n i lo asegura , más que hasta c ie r to punto ; na-d ie lo d i spensa de formarse un s i s tema par t icu la r. DonAbbondio, absorbido cont inuamente por la idea de su pro-pia tranquil idad , no se cuidaba de aquel las venta jas paracuya obtenc ión fuera prec iso a fanarse mucho, o a r r ies -garse un poco . Su s i s tema cons i s t í a p r inc ipa lmente enesquivar todo choque , y en ceder en aquel los que no po-día esquivar. Neutralidad desarmada en todas las guerras quees t a l l aban a su a l r ededor, en l a s con t i endas , en toncesfrecuentísimas, entre el clero y los poderes laicos, entre elmilitar y el civil, entre nobles y nobles, y hasta en los alter-cados entre dos campesinos, nacidos de una frase, y decidi-dos a puñetazos, o a cuchilladas . Si se encontraba absoluta-mente obligado a tomar p a r t i d o p o r u n o d e l o s d o s c o n -t e n d i e n t e s , e s t a b a c o n e l m á s f u e r t e , a u n q u e s i e m p r ee n l a r e t a g u a r d i a , y p r o c u r a n d o d a r l e a e n t e n d e r a l o t r oq u e n o e r a s u e n e m i g o p o r v o l u n t a d p r o p i a ; p a r e c í ad e c i r l e : p e r o ¿ p o r q u é n o h a s s a b i d o s e r e l m á s f u e r t e ?Yo m e h a b r í a p u e s t o d e t u p a r t e . M a n t e n i é n d o s e l e j o sd e l o s p r e p o t e n t e s , d i s i m u l a n d o s u s t r o p e l í a s p a s a j e -r a s y c a p r i c h o s a s , r e s p o n d i e n d o c o n s u m i s i o n e s a l a sq u e p r o c e d í a n d e u n a i n t e n c i ó n m á s s e r i a y m á sm e d i t a d a , o b l i g a n d o , a f u e r z a d e reverenc ia s y derespe to j ov ia l , inc luso a los más ceñudos y desdeñosos alanzar le una sonrisa cuando lo encontraban en su camino,el pobre hombre había logrado pasar los sesenta años s ingrandes borrascas .

    No es que él no tuviera también su poco de hiel en elcuerpo; y el continuo ejercicio de la paciencia, el dar tan amenudo la razón a los otros, los muchos bocados amargostragados en silencio, se la habían exacerbado hasta tal puntoq u e s i n o h u b i e r a p o d i d o , d e v e z e n c u a n d o ,d e sahogarla un poco, su salud ciertamente se habría resentido.Pero como en f in de cuentas había en el mundo, y cerca deél , personas que sabía perfectamente incapaces de hacerdaño, podía desahogar con ellas alguna vez el malhumor lar-gamente reprimido, y satisfacer también él sus ganas de serun poco extravagante, y de regañar sin razón . Era además unrígido censor de los hombres que no se conducían como él,siempre que la censura pudiera ejercerse sin el menor peli-gro, ni remoto. El apaleado era, cuando menos, un impru-dente; el asesinado había sido siempre un hombre turbio .A quien, metido a defender sus razones contra un podero-so, salía con la cabeza rota, don Abbondio sabía encontrar-le siempr e a l g u n a c u l p a ; c o s a n a d a d i f í c i l , p o r q u el a i n o c e n c i a y l a culpa jamás se dividen con un corte tan

  • 12

    Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezogni parte abbia soltanto del l’una o dell’al tro. Sopratutto poi, declamava contro que’ suoi confratell i che, aloro rischio , prendevan le parti d’un debole oppresso,contro un soverchiatore potente. Questo chiamava uncomprarsi gl’impicci a contanti, un voler raddirizzar legambe a i can i ; d iceva anche severamente , ch’era unmischiarsi nelle cose profane, a danno della dignità del sacrominis te ro . E cont ro ques t i p red icava , sempre però aquattr ’occhi, o in un piccolissimo crocchio, con tanto piùdi veemenza, quanto più essi eran conosciuti per alieni dalrisentirsi, in cosa che li toccasse personalmente. Aveva poiuna sua sentenza prediletta, con la quale sigillava sempre id i s c o r s i s u q u e s t e m a t e r i e : c h e a u n g a l a n t u o m o ,i l qua l badi a sé , e s t i a n e ’ s u o i p a n n i , n o na c c a d o n m a i b r u t t i i n c o n t r i .

    Pensino ora i miei venticinque lettori che impressionedovesse fare sul l’animo del poveret to, quel lo che s’èraccon ta to . Lo spaven to d i que ’ v i sacc i e d i que l l eparolacce, la minaccia d’un signore noto per non minacciareinvano , un s i s t ema d i qu ie to v i v e r e , c h ’ e r a c o s t a t otant’anni di studio e di pazienza, sconcertato in un punto,e un passo dal quale non si poteva veder come uscirne:tutti questi pensieri ronzavano tumultuariamente nel capobasso di don Abbondio. " Se Renzo si potesse mandare inpace con un bel no, via; ma vorrà delle ragioni; e cosa hoda rispondergli, per amor del cielo? E, e, e, anche costui èu n a t e s t a : u n a g n e l l o s e n e s s u n l o t o c c a , m a s e u n ov u o l c o n t r a d d i rg l i . . . i h ! E p o i , e p o i , p e r d u t o d i e t r oa q u e l l a L u c i a , i n n a m o r a t o c o m e . . . R a g a z zacci, che,per non saper che fare, s’innamorano, voglion maritarsi, enon pensano ad altro; non si fanno carico de’ travagli inche mettono un povero galantuomo. Oh povero me! vedetese quelle due figuracce dovevan proprio piantarsi sulla miastrada, e prenderla con me! Che c’entro io? Son io chevogl io mar i ta rmi? Perché non son andat i p iu t tos to aparlare... Oh vedete un poco: gran destino è il mio, che lecose a proposito mi vengan sempre in mente un momentodopo l’occasione. Se avessi pensato di suggerir loro cheandassero a portar la loro imbasciata.. . " Ma, a questopunto , s ’accorse che i l pent irs i di non esse re s t a toconsigliere e cooperatore dell’iniquità era cosa troppoiniqua; e rivolse tutta la stizza de’ suoi pensieri controquell’altro che veniva così a togliergli la sua pace. Nonconosceva don Rodrigo che di vista e di fama, né avevamai avuto che far con lui, altro che di toccare il petto colmento, e la terra con la punta del suo cappello, quelle pochevolte che l’aveva incontrato per la strada. Gli era occorsodi difendere, in più d’un’occasione, la riputazione di quelsignore, contro coloro che, a bassa voce, sospirando, ealzando gli occhi al cielo, maledicevano qualche suo fatto:aveva detto cento volte ch’era un rispettabile cavaliere. Ma,in quel momento gli diede in cuor suo tutti que’ titoli chenon aveva mai udito applicargli da altri, senza interromperein fretta con un oibò. Giunto, tra il tumulto di questipensieri, alla porta di casa sua, ch’era in fondo del paesello,mise in fretta nella toppa la chiave, che già teneva in mano;aprì, entrò, richiuse diligentemente; e, ansioso di trovarsiin una compagnia f idata , chiamò subito: - Perpetua!Perpetua! -, avviandosi pure verso il salotto, dove questadoveva esser certamente ad apparecchiar la tavola per lacena. Era Perpetua, come ognun se n’avvede, la serva di

    neto que cada par te tenga sólo la una o la otra . Declama-ba, sobre todo, contra aquel los colegas suyos que, por sucuenta y riesgo , toma b a n p a r t i d o p o r u n d é b i l o p r i m i -d o c o n t r a u n o p r e s o r p o d e r o s o . L l a m a b a a e s o c o m -p r a r s e l í o s a l c o n t a d o , p e d i r l e pe ra s a l o lmo; dec í at ambién , s eve ramen te , que e ra mezc la r se en cosas p ro -fanas , en pe r ju i c io de l a d ign idad de l s ag rado min i s t e -r io . Y con t r a é s tos p red icaba , aunque s i empre a so l a s , oen un pequeñ í s imo corro , con tanta mayor vehemencia,cuanto que se sabía que estab a n l e j o s d e r e s e n t i r s e e nl o q u e p e r s o n a l m e n t e l e s t o c a b a . Te n í a a d e m á s u n as e n t e n c i a p r e d i l e c t a , c o n l a q u e sellaba siempre susdiscursos sobre estas materias: que a un hombre de bien,que se ocupa de sí mismo y no se mete en camisa de oncevaras, nunca le ocurren tropiezos.

    Piensen ahora mis veint ic inco lectores en la impresiónque debió hacer en el ánimo del pobreci l lo lo que se hacontado. El espanto de aquel los malcarados y de aquel laspalabrotas , la amenaza de un señor conocido por no ame-nazar en vano, un sistema de sosegada vida, que había cos-tado tantos años de esmero y paciencia , desconcertado enun momento, y en un lugar del que no se veía cómo sal ir ;todos estos pensamientos zumbaban tumultuosamente enla cabeza gacha de don Abbondio. «Si Renzo se conforma-se con un s imple no, l is to; pero querrá razones ; ¿y quévoy a responderle? ¡Por amor del c ie lo! Y, y, y. . . tambiénél es un cabezota: un cordero s i nadie lo toca, pero s i unoquiere llevarle la contraria. . . ¡ay! Y además, y además, locopor esa Lucía , enamorado como. . . Granujas que, por nosaber qué hacer, se enamoran, quieren casarse , y no pien-san en más; no se hacen cargo de las t r ibulaciones quecausan a un hombre de bien. ¡Ay, pobre de mí! ¿Por quéhan tenido que plantarse esos dos espantajos en mi cami-no, y tomarla conmigo? ¿Yo qué tengo que ver? ¿Soy yo elque quiero casarme? ¿Por qué no han ido a hablar más biencon. . .? Oh, ya veis qué suer te la mía, que las cosas conve-nientes se me ocurren s iempre un momento después de laocas ión . S i hub ie ra pensado en suge r i r l e s que fue ran al l eva r su emba jada a . . . » Pe ro , en e se momento , s e d iocuen ta de que a r repent i r se de no habe r s ido conse j e roy cooperador de l a in iqu idad es demas iado in icuo ; y vo l -v ió todo e l enojo de sus pensamien tos con t r a aque l o t roque a s í ven ía a t u rba r su paz . No conoc ía a don Rodr igomás que de v i s t a y de f ama , n i nunca hab ía ten ido nadaque ver con é l , sa lvo tocar e l pecho con la barb i l la , y lat ie r ra con e l a la de l sombrero , l as pocas veces que lohabía encont rado en su camino . Le había ocur r ido defen-der, en más de una ocas ión , l a reputac ión de aquel señor,cont ra qu ienes , en voz ba ja , susp i rando , y a lzando loso jos a l c ie lo , maldec ían a lguna de sus hazañas ; había d i -cho mi l veces que e ra un respe tab le caba l le ro . Mas , enese momento , l e d io en su fuero in te rno todos los t í tu losque nunca había o ído ap l icar le a o t ros s in in te r rumpir losa toda prisa con un «¡quita allá!». Llegado, entre el tumul-to de estos pensamientos, a la puerta de su casa, que estabaal f inal de la aldea, metió a toda prisa en la cerradura la llave,que ya tenía en la mano; abrió, entró, volvió a cerrar diligentemente y,ansioso de encontrarse en compañía de confianza, llamó en seguida :«¡Perpetua! ¡Perpetua!», dirigiéndose al tiempo hacia la sala,donde ella tenía que estar, seguramente, poniendo la mesa parala cena. Era Perpetua, como cualquiera comprende , l a c r ia -

  • 13

    Manzii’s Promezi tr. de Esther Benítezdon Abbondio: serva affezionata e fedele, che sapevaubbidire e comandare, secondo l’occasione, tollerare atempo il brontolìo e le fantasticaggini del padrone, e farglia tempo tollerar le proprie, che divenivan di giorno ingiorno più frequenti, da che aveva p