I pittori e i difetti della vista -...

4
o o o / I pittore osserva, interpreta, riscrive la sua realtà. Come reagisce quan- do la sua vista è anormale, o degra- data? Davanti a un difetto visivo, l'arti- sta mette all'opera le risorse della sua immaginazione e del suo sapere per su- perare gli handicap della malattia. La notorietà dei pittori che soffrivano di difetti della vista, gravi o leggeri, tem- poranei o permanenti, è disparata: alcu- ni sono molto celebri, come Edgar De- gas, Edvard Munch o Claude Monet, altri di meno, come Silvestro Lega e Charles Meryon. Una lesione, improvvisa o progressi- va, si traduce in un'anomalia del modo di vedere forme o colori, in un restringi- mento del campo visivo, o addirittura nella cecità. Certi pittori mostrano mal- volentieri il loro occhio malato, altri ri- velano la malattia con una fasciatura che ricopre l'occhio colpito in un auto- ritratto, altri ancora raffigurano nelle lo- ro opere i sintomi visivi soggettivi della malattia: Peter Mac Karell, nei suoi au- toritratti, dipinse una macchia nera in luogo dell'occhio sinistro, Munch trat- teggiò macchie che indicavano come l'umor vitreo del suo occhio - la sostan- za viscosa, normalmente trasparente, che riempie il globo oculare - avesse perso qua e là la sua trasparenza. Certe anomalie influiscono sullo stile dell'artista o sulla scelta dei suoi sog- getti. Un difetto congenito, come il dal- tonismo, o un'anomalia acquisita, come la cataratta e alcune lesioni della retina, alterano la visione dei colori. Vedremo come Pissarro cambiò soggetti a causa della sua patologia oculare. Certi pittori si adattano, altri arrivano a rinunciare alla loro arte. La riconversione, talora drammatica, è - in qualche caso - feli- ce: Maillol abbandonò con rimpianto la pittura per dedicarsi alla scultura. La tavolozza del daltonico Nel 1794, il chimico John Dalton ri- feriva: «Non ero mai stato convinto di 66 LE SCIENZE n. 361, settembre 1998 una mia peculiarità visiva finché, per caso, non osservai il colore del fiore Geranium zonale alla luce di una can- dela, nell'autunno del 1792. Il fiore era rosa, ma mi appariva di un colore pres- soché blu cielo durante tutta la gior- nata; alla luce della candela, però, era sorprendentemente cambiato, [.. .1 di- ventando ciò che io chiamavo rosso, colore che con il blu presenta un con- trasto evidente. Allora, non dubitando che tale cambiamento fosse identico per tutti, chiesi ad alcuni amici di os- servare il fenomeno; fui sorpreso di constatare che tutti erano d'accordo nel non trovare alcuna differenza con l'a- spetto del fiore visto alla luce del gior- no. A eccezione di mio fratello, che ve- deva come me...». La descrizione di questa anomalia nella percezione dei colori, che oggi prende il nome di daltonismo, non rap- presenta sempre il mondo percepito dai daltonici, come testimonia l'analisi del- l'occhio di Dalton. Gli oftalmologi che avevano letto la descrizione di Dalton erano concordi sulla diagnosi: egli era daltonico nei confronti del rosso (ov- vero mancava del pigmento che assor- be le lunghezze d'onda più alte dello spettro visibile). L'occhio di Dalton fu poi accuratamente conservato a Man- chester, così che recentemente alcu- ni biologi britannici hanno potuto stu- diarlo: l'analisi ha rivelato che egli era daltonico per il verde (gli mancava cioè il pigmento che assorbe le lunghez- ze d'onda medie). La sua percezione dei colori era del tutto diversa da quel- la che si era creduto di poter dedur- re dalle sue descrizioni. Le parole non erano bastate per esprimere la differen- za percettiva. Dal 1797, qualche anno dopo la de- scrizione di Dalton, Goethe cominciò a interessarsi alle conseguenze del dalto- nismo sulla pittura: fece effettuare a un daltonico alcuni accoppiamenti di colo- ri all'acquerello, tentò di riprodurre i colori come li percepivano i daltonici e dipinse egli stesso un paesaggio se- guendo le indicazioni di un daltonico. La confusione dei colori nei daltoni- ci deriva dall'organizzazione della lo- ro percezione dei colori, poiché essi di- spongono solo di due dei tre com- ponenti fondamentali. Normalmente si vede «a tre colori»: blu, verde e rosso. La retina contiene cellule fotorecettrici - i coni - suddivisi in tre sottotipi: cia- scuno di essi è sensibile a una banda di lunghezze d'onda diverse. La normale visione a tre colori ci permette di per- cepire circa 150 tonalità di colore nello spettro. Le persone dotate di una vista corretta, o tricromatica, vedono l'insie- me dei colori in modo continuo, mentre i daltonici hanno solo due tipi di coni nella retina, e questo dicromatismo ri- duce lo spettro a tre tinte: il blu, il gial- lo e una tinta intermedia percepita co- me acromatica, in genere bianca o gri- gia (si veda la finestra a pagina 68). Si possono quindi valutare i proble- mi che devono affrontare i pittori dalto- nici. In presenza di una tonalità di ver- de, sono incerti fra tre colori che perce- piscono in modo quasi identico: il ver- de, ossia il colore reale, il rosso porpo- ra, che non distinguono dal verde, e il grigio, il colore che essi realmente per- cepiscono. In presenza di un arancione, sono incerti tra il vero colore arancio- ne, il colore con cui lo confondono - un giallo-verde - e il colore che vedono, che corrisponde a un giallo pallido. Se- condo la legge delle probabilità hanno una possibilità su tre di scegliere il co- lore giusto! Per studiare le difficoltà di discrimi- nazione dei colori incontrate da un arti- sta daltonico, l'oftalmologo ha a dispo- sizione diversi metodi: per esempio far- gli copiare un quadro, osservando co- sì direttamente le confusioni fatte dal pittore. Oppure può analizzare i quadri realizzati da daltonici e tentare di di- stinguervi il contributo dell'anomalia cromatica e quello derivante dall'inter- pretazione artistica. L'esame di questi quadri rivela che i pittori compiono scelte sistematiche, grazie alle quali si può classificarli in tre gruppi: secon- do uno studio condotto nel 1978 dal- l'oftalmologo tedesco Wolfgang Miin- chow su 561 pittori di Dresda, gli arti- sti che dipingono un quadro basato sul- le luminosità - i «valori» del linguaggio pittorico - formano un primo gruppo. La percezione dei valori dal bianco al nero è normale nei daltonici. Nel se- condo gruppo, i pittori utilizzano i co- lori di cui non dubitano, vale a dire il giallo e il blu, producendo tele bicolo- ri molto caratteristiche. Il terzo gruppo, infine, sfrutta una tattica opposta rispet- to ai prudenti metodi appena descritti: i pittori fanno un uso estremamente libe- ro e arbitrario dei colori. Il daltonismo è un'anomalia genetica dovuta a un'alterazione di uno dei ti- pi di coni della retina, che lascia intat- te le altre funzioni visive. Già prima della descrizione di Dalton si sapeva di personaggi affetti da una percezione anormale dei colori. È il caso del Duca di Marlborough (1650-1722), generale inglese, o del poeta francese Charles Pierre Colardeau (1732-1776), che van- tava doti di pittore, ma si faceva aiu- tare per colorare le sue opere. Nessun caso di pittore daltonico di una cer- ta celebrità è però stato documentato prima delle pubblicazioni di Dalton e di Goethe; solamente nel XIX secolo si cominciò a descriverne qualche ca- so. L'artista austriaco Joseph Achten (1822-1867), per esempio, dovette li- mitarsi al disegno e al monocromo, a causa del suo daltonismo. Charles Meryon (1821-1868) avreb- be voluto essere pittore, ma i suoi pri- mi tentativi all'acquerello gli rivelaro- no l'anomalia cromatica di cui soffri- va; passò perciò all'incisione, arte in cui divenne un vero maestro. Un solo pastello, Il vascello fantasma, è rimasto a testimonianza della sua attività di pit- tore, e la dominante blu-gialla dell'ope- ra è coerente con una diagnosi di dal- tonismo. Uno dei suoi amici, Philippe I pittori daltonici confondono certi co- lori, in particolare il blu e il rosso por- pora - il che conferisce al cielo dei loro dipinti un aspetto rosato crepuscolare - e il verde e il giallo, sicché il fogliame ha un aspetto autunnale. Goethe si in- teressò al daltonismo e realizzò un ac- querello seguendo le indicazioni di un daltonico (in alto). Nel pastello intitola- to Il vascello fantasma, di Charles Meryon, dominano il giallo e il blu (al centro). Il paesaggio del pittore con- temporaneo J.-J. (in basso) ha un a- spetto autunnale caratteristico dei pit- tori daltonici. I pittori e i difetti della vista Un'opera pittorica riflette a volte un'anomalia visiva; ma non si può certo formulare una diagnosi attendibile con il semplice esame di una tela: spesso gli artisti sfruttano con ingegno la loro malattia di Philippe Lanthony

Transcript of I pittori e i difetti della vista -...

Page 1: I pittori e i difetti della vista - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1998...Che cosa vedono i daltonici P er capire le sensazioni cromatiche provate dai daltonici.classifichiamo

o

oo

/

I pittore osserva, interpreta, riscrivela sua realtà. Come reagisce quan-do la sua vista è anormale, o degra-

data? Davanti a un difetto visivo, l'arti-sta mette all'opera le risorse della suaimmaginazione e del suo sapere per su-perare gli handicap della malattia. Lanotorietà dei pittori che soffrivano didifetti della vista, gravi o leggeri, tem-poranei o permanenti, è disparata: alcu-ni sono molto celebri, come Edgar De-gas, Edvard Munch o Claude Monet,altri di meno, come Silvestro Lega eCharles Meryon.

Una lesione, improvvisa o progressi-va, si traduce in un'anomalia del mododi vedere forme o colori, in un restringi-mento del campo visivo, o addiritturanella cecità. Certi pittori mostrano mal-volentieri il loro occhio malato, altri ri-velano la malattia con una fasciaturache ricopre l'occhio colpito in un auto-ritratto, altri ancora raffigurano nelle lo-ro opere i sintomi visivi soggettivi dellamalattia: Peter Mac Karell, nei suoi au-toritratti, dipinse una macchia nera inluogo dell'occhio sinistro, Munch trat-teggiò macchie che indicavano comel'umor vitreo del suo occhio - la sostan-za viscosa, normalmente trasparente,che riempie il globo oculare - avesseperso qua e là la sua trasparenza.

Certe anomalie influiscono sullo stiledell'artista o sulla scelta dei suoi sog-getti. Un difetto congenito, come il dal-tonismo, o un'anomalia acquisita, comela cataratta e alcune lesioni della retina,alterano la visione dei colori. Vedremocome Pissarro cambiò soggetti a causadella sua patologia oculare. Certi pittorisi adattano, altri arrivano a rinunciarealla loro arte. La riconversione, taloradrammatica, è - in qualche caso - feli-ce: Maillol abbandonò con rimpianto lapittura per dedicarsi alla scultura.

La tavolozza del daltonicoNel 1794, il chimico John Dalton ri-

feriva: «Non ero mai stato convinto di

66 LE SCIENZE n. 361, settembre 1998

una mia peculiarità visiva finché, percaso, non osservai il colore del fioreGeranium zonale alla luce di una can-dela, nell'autunno del 1792. Il fiore erarosa, ma mi appariva di un colore pres-soché blu cielo durante tutta la gior-nata; alla luce della candela, però, erasorprendentemente cambiato, [.. .1 di-ventando ciò che io chiamavo rosso,colore che con il blu presenta un con-trasto evidente. Allora, non dubitandoche tale cambiamento fosse identicoper tutti, chiesi ad alcuni amici di os-servare il fenomeno; fui sorpreso diconstatare che tutti erano d'accordo nelnon trovare alcuna differenza con l'a-spetto del fiore visto alla luce del gior-no. A eccezione di mio fratello, che ve-deva come me...».

La descrizione di questa anomalianella percezione dei colori, che oggiprende il nome di daltonismo, non rap-presenta sempre il mondo percepito daidaltonici, come testimonia l'analisi del-l'occhio di Dalton. Gli oftalmologi cheavevano letto la descrizione di Daltonerano concordi sulla diagnosi: egli eradaltonico nei confronti del rosso (ov-vero mancava del pigmento che assor-be le lunghezze d'onda più alte dellospettro visibile). L'occhio di Dalton fupoi accuratamente conservato a Man-chester, così che recentemente alcu-ni biologi britannici hanno potuto stu-diarlo: l'analisi ha rivelato che egli eradaltonico per il verde (gli mancava cioèil pigmento che assorbe le lunghez-ze d'onda medie). La sua percezionedei colori era del tutto diversa da quel-la che si era creduto di poter dedur-re dalle sue descrizioni. Le parole nonerano bastate per esprimere la differen-za percettiva.

Dal 1797, qualche anno dopo la de-scrizione di Dalton, Goethe cominciò ainteressarsi alle conseguenze del dalto-nismo sulla pittura: fece effettuare a undaltonico alcuni accoppiamenti di colo-ri all'acquerello, tentò di riprodurre icolori come li percepivano i daltonici e

dipinse egli stesso un paesaggio se-guendo le indicazioni di un daltonico.

La confusione dei colori nei daltoni-ci deriva dall'organizzazione della lo-ro percezione dei colori, poiché essi di-spongono solo di due dei tre com-ponenti fondamentali. Normalmente sivede «a tre colori»: blu, verde e rosso.La retina contiene cellule fotorecettrici- i coni - suddivisi in tre sottotipi: cia-scuno di essi è sensibile a una banda dilunghezze d'onda diverse. La normalevisione a tre colori ci permette di per-cepire circa 150 tonalità di colore nellospettro. Le persone dotate di una vistacorretta, o tricromatica, vedono l'insie-me dei colori in modo continuo, mentrei daltonici hanno solo due tipi di coninella retina, e questo dicromatismo ri-duce lo spettro a tre tinte: il blu, il gial-lo e una tinta intermedia percepita co-me acromatica, in genere bianca o gri-gia (si veda la finestra a pagina 68).

Si possono quindi valutare i proble-mi che devono affrontare i pittori dalto-nici. In presenza di una tonalità di ver-de, sono incerti fra tre colori che perce-piscono in modo quasi identico: il ver-de, ossia il colore reale, il rosso porpo-ra, che non distinguono dal verde, e ilgrigio, il colore che essi realmente per-cepiscono. In presenza di un arancione,sono incerti tra il vero colore arancio-ne, il colore con cui lo confondono - ungiallo-verde - e il colore che vedono,che corrisponde a un giallo pallido. Se-condo la legge delle probabilità hannouna possibilità su tre di scegliere il co-lore giusto!

Per studiare le difficoltà di discrimi-nazione dei colori incontrate da un arti-sta daltonico, l'oftalmologo ha a dispo-sizione diversi metodi: per esempio far-gli copiare un quadro, osservando co-sì direttamente le confusioni fatte dalpittore. Oppure può analizzare i quadrirealizzati da daltonici e tentare di di-stinguervi il contributo dell'anomaliacromatica e quello derivante dall'inter-pretazione artistica. L'esame di questi

quadri rivela che i pittori compionoscelte sistematiche, grazie alle quali sipuò classificarli in tre gruppi: secon-do uno studio condotto nel 1978 dal-l'oftalmologo tedesco Wolfgang Miin-chow su 561 pittori di Dresda, gli arti-sti che dipingono un quadro basato sul-le luminosità - i «valori» del linguaggiopittorico - formano un primo gruppo.La percezione dei valori dal bianco alnero è normale nei daltonici. Nel se-condo gruppo, i pittori utilizzano i co-lori di cui non dubitano, vale a dire ilgiallo e il blu, producendo tele bicolo-ri molto caratteristiche. Il terzo gruppo,infine, sfrutta una tattica opposta rispet-to ai prudenti metodi appena descritti: ipittori fanno un uso estremamente libe-ro e arbitrario dei colori.

Il daltonismo è un'anomalia geneticadovuta a un'alterazione di uno dei ti-pi di coni della retina, che lascia intat-te le altre funzioni visive. Già primadella descrizione di Dalton si sapeva dipersonaggi affetti da una percezioneanormale dei colori. È il caso del Ducadi Marlborough (1650-1722), generaleinglese, o del poeta francese CharlesPierre Colardeau (1732-1776), che van-tava doti di pittore, ma si faceva aiu-tare per colorare le sue opere. Nessuncaso di pittore daltonico di una cer-ta celebrità è però stato documentatoprima delle pubblicazioni di Dalton edi Goethe; solamente nel XIX secolosi cominciò a descriverne qualche ca-so. L'artista austriaco Joseph Achten(1822-1867), per esempio, dovette li-mitarsi al disegno e al monocromo, acausa del suo daltonismo.

Charles Meryon (1821-1868) avreb-be voluto essere pittore, ma i suoi pri-mi tentativi all'acquerello gli rivelaro-no l'anomalia cromatica di cui soffri-va; passò perciò all'incisione, arte incui divenne un vero maestro. Un solopastello, Il vascello fantasma, è rimastoa testimonianza della sua attività di pit-tore, e la dominante blu-gialla dell'ope-ra è coerente con una diagnosi di dal-tonismo. Uno dei suoi amici, Philippe

I pittori daltonici confondono certi co-lori, in particolare il blu e il rosso por-pora - il che conferisce al cielo dei lorodipinti un aspetto rosato crepuscolare -e il verde e il giallo, sicché il fogliameha un aspetto autunnale. Goethe si in-teressò al daltonismo e realizzò un ac-querello seguendo le indicazioni di undaltonico (in alto). Nel pastello intitola-to Il vascello fantasma, di CharlesMeryon, dominano il giallo e il blu (alcentro). Il paesaggio del pittore con-temporaneo J.-J. (in basso) ha un a-spetto autunnale caratteristico dei pit-tori daltonici.

I pittori e i difetti della vistaUn'opera pittorica riflette a volte un'anomalia visiva; ma non si

può certo formulare una diagnosi attendibile con il semplice esamedi una tela: spesso gli artisti sfruttano con ingegno la loro malattia

di Philippe Lanthony

Page 2: I pittori e i difetti della vista - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1998...Che cosa vedono i daltonici P er capire le sensazioni cromatiche provate dai daltonici.classifichiamo

Che cosa vedono i daltonici

Per capire le sensazioni cromatiche provate dai daltonici.classifichiamo i colori lungo il bordo di un disco pas-

sando dal rosso all'arancione, al giallo, al verde, al blu, perritornare al rosso attraverso i violetti. In una persona dotatadi vista normale, questa sequenza è continua e non pre-senta alcuna zona acromatica, bianca o grigia (si veda il di-sco di sinistra).

In un daltonico, l'insieme delle tinte è sostituito da duesole tinte: in luogo dei colori caldi (arancione, giallo, giallo--verde), egli percepisce il giallo; in luogo dei colori freddi(blu-verde, blu, violetto, porpora), percepisce il blu. Una zo-na acromatica separa le due metà del cerchio (si veda il di-sco di destra). Esistono due tipi di daltonici: coloro per iquali la zona acromatica è situata nel rosso e quelli per cuila zona acromatica è situata nel verde. In prossimità dellazona acromatica, le tinte hanno un aspetto slavato, e la lo-ro coloritura aumenta a mano amano che ci si allontana dallazona acromatica.

Una simile descrizio-ne chiarisce le confu-sioni fatte dai daltoni-ci. Così, un verde eun arancione sonoconfusi da un dalto-nico la cui zona a-cromatica è nel ros-so, poiché sono en-trambi percepiti comeun giallo pallido. Quan-do si presenta a un dalto-nico di questo ti-po un campionearancione e gli si Ripartizione circolare dei colori in unachiede di sceglie- persona con vista normale.a

re una tinta equivalente, esita tra l'arancione (il colore rea-le), il verde con cui lo confonde (il colore confuso) e un gial-lo pallido (il colore percepito). Effettivamente, sul disco di ri-partizione dei colori, arancione e verde sono equivalenti epercepiti come un giallo pallido. Quando questo daltonicodeve trovare l'equivalente di un campione rosso, esita tra ilrosso (il colore reale), il blu-verde (il colore confuso) e il gri-gio (il colore percepito). Quando si dice che il daltonicoconfonde il rosso e il verde (o più esattamente il blu-verde),non significa che veda il rosso come verde o viceversa, mache vede entrambi i colori come grigi.

I daltonici, però, non confondono mai i colori che perce-piscono: il giallo, il blu e il grigio. Inoltre, il colore è definitoda tre attributi psicosensoriali: la tonalità o tinta, la lumino-sità (o il contrasto luminoso) e la saturazione (il grado dicolorazione). Nei daltonici, la discriminazione delle tonali-

tà è anormale, ma quelle della lu-minosità e della saturazione

sono corrette, il che offre lo-ro un mezzo per differen-

ziare i colori: sia per laluminosità (il giallo èpiù chiaro del violetto)sia per la saturazione,che aumenta progres-sivamente via via checi si allontana dallazona acromatica. Così,

essi non confondono unarancione reale con un

giallo reale, perché il primoè percepito comeun giallo pallido,mentre il secondoè un giallo vivo.

Ripartizione circolare dei colori in unindividuo daltonico.

Una persona dotata di vista normale ha realizzato una copiadel quadro Ta Matété di Paul Gauguin (a). Lo stesso quadroè stato copiato anche da un daltonico (b) facendo uso dei co-lori che egli «percepiva»: i colori caldi sono resi con il gialloquando sono chiari e con il marrone quando sono scuri; i co-lori freddi sono resi in blu. Il rosso e il blu-verde sono perce-

piti come acromatici e sono resi con gradazioni di grigio.L'insieme del quadro è molto uniforme. Anche il quadro adestra (e) è stato realizzato da un daltonico, che ha però uti-lizzato i colori «confusi», vale a dire quelli che sul cerchio deicolori qui sopra sono equivalenti: il rosso e il blu-verde, l'a-rancione e il verde.

Claude Monet ha dipinto Le bassin aux nymphéas (in alto) nel 1899. Questo qua-dro, eseguito prima che il pittore fosse colpito da cataratta, ha una dominantefredda. Le pont japonais rappresenta la stessa veduta, dipinta nel 1922; quest'ope-ra presenta una dominante gialla e forme imprecise, che indicano come la catarat-ta si sia aggravata e il pittore veda ormai la natura con un filtro giallo nell'occhio.

Burty, descrisse con precisione il dalto-nismo di Meryon: «Nelle rare pitture onei pastelli di Monsieur Meryon cheabbiamo visto, abbiamo creduto di os-servare che, se egli possiede in alto gra-do il senso dei valori relativi di ombrae luce, i suoi occhi non sembrano sem-pre colpiti dal valore corretto dei toni

di colore. Non può distinguere le frago-le mature dalle foglie. Sulla sua tavo-lozza, usa il rosso in luogo del giallo, ilrosa per il verde, mentre distingue al-tri colori come il carminio puro, l'oro,il cobalto, il lapislazzuli, con estremaprecisione».

Perché non si trovano daltonici nella

storia dell'arte classica? Quando la pit-tura era una fedele rappresentazione diun modello, i colori dovevano essereconformi alla realtà. Il daltonico, im-barazzato, optava per una diversa for-ma d'arte: l'incisione, per esempio, co-me fece Meryon. Poiché il daltonismocolpisce 1'8 per cento della popolazio-

ne, Meryon non fu senz'altro il solopittore daltonico, e un incisore o scul-tore che, pur essendo nato in una fami-glia di pittori, non dipingeva mai, po-teva essere daltonico. Al contrario, nel-la pittura moderna, che ha rinunciatoall'imitazione meticolosa del modello,si possono elencare diversi pittori dal-tonici. Lo statunitense Paul Manship(1885-1965) passò dalla pittura allascultura, ma altri, come Georges Ein-beck (1871-1951) rimasero pittori.

Se il daltonismo falsa la visione deicolori, qualsiasi anomalia di uno deicostituenti dell'apparato visivo rischiadi perturbare non solo la visione dei co-lori, ma anche quella delle forme, deidettagli o dei contrasti. Nella pittura,questi diversi disturbi influiscono sullarealizzazione di un quadro, il cui aspet-to cambia in funzione della patologia.

Un filtro per MonetLa più comune di queste patologie è

la cataratta detta «nucleare», nella qua-le il nucleo del cristallino diventa opa-co e ingiallisce. Il cristallino ingialli-to si comporta come un filtro colloca-to nell'occhio, che assorbe le lunghez-ze d'onda corte dello spettro visibile.La miscela di colori che ne deriva portaa un ingiallimento apparente dei verdi ea una scorretta percezione dei viola edei blu.

La cataratta è spesso stata invocataper spiegare le variazioni della tavoloz-za dei pittori anziani ma, a rigore, sipuò affermarlo soltanto per i pittori chefurono operati per risolvere questa pa-tologia. L'estrazione del cristallino af-fetto da cataratta venne praticata perla prima volta nell'aprile 1745 dal chi-rurgo francese Jacques Daviel (1693--1762), e il primo artista a beneficiarnefu Fran9ois Devosge (1732-1811) che,dopo l'operazione, fondò la Scuola dibelle arti di Digione. Altri pittori sicu-ramente sottoposti a questo interven-to furono Antonio Verrio (1639-1707),Rosalba Carriera (1675-1757), HonoréDaumier (1808-1879), Claude Monet(1840-1926) e, fra i contemporanei,Jean Hélion (1904-1987) o Jean Bazai-ne, nato nel 1904. Si può seguire l'e-voluzione dei disturbi della visione deicolori in Monet, perché l'artista ama-va dipingere serie di quadri dello stes-so soggetto. Così dipinse più di 20 vol-te il Pont japonais, a Giverny, e que-ste tele rivelano con il passare del tem-po l'accentuazione dell'ingiallimento eil degrado delle forme.

Un cristallino affetto da cataratta a-gisce come un filtro la cui densità au-menta col passare del tempo. L'evolu-zione della cataratta modifica la perce-zione delle forme e dei colori in modo

68 LE SCIENZE n. 361, settembre 1998 LE SCIENZE n. 361, settembre 1998 69

Page 3: I pittori e i difetti della vista - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1998...Che cosa vedono i daltonici P er capire le sensazioni cromatiche provate dai daltonici.classifichiamo

Li\Olidatàpowetful computers

...ci prendiamo cura di loro.

2

E

pentiumi

COLORE

COLOREDELLA PITTURA DELLA PITTURA

10

progressivo, sicché il pittore vi si abi-tua. L'intervento, poi, modifica la vistain modo radicale, restituendo una buo-na acuità visiva, ma provocando unosconvolgimento della percezione spa-ziale, luminosa e dei colori. In Monet,l'operazione alla cataratta sopprimebruscamente il filtro giallo che egliaveva nell'occhio: il pittore vede dinuovo le lunghezze d'onda corte (iblu), addirittura meglio di come le ve-deva prima di avere la cataratta, perchél'operazione ha soppresso non solo ilfiltro patologico, ma anche il filtro na-turale costituito dal cristallino. La per-cezione dei blu è esacerbata. I quadridipinti da Monet dopo l'intervento loillustrano con chiarezza: hanno una do-minante blu che contrasta con la tona-lità dei quadri che dipingeva con il cri-stallino affetto da cataratta.

Le grandi decorazioni esposte oggi

all'Orangerie di Parigi illustrano glisforzi d'ingegno compiuti dall'artistaper superare i suoi difetti visivi. Colprocedere della cataratta, distingue me-no chiaramente i dettagli: allora dipin-ge i soggetti più grandi. Percepisce ma-le le differenze di luminosità: così au-menta i contrasti. Non vede più i tonifreddi: perciò li interpreta secondo ilsuo intuito. Non distingue più il rilievo:fa una pittura piatta.

La retina di Degas

Anche le malattie della retina posso-no perturbare la vista dei pittori. Quan-do queste patologie ledono una delle trecategorie di coni, le conseguenti alte-razioni della visione dei colori influi-scono sulla tavolozza degli artisti chene soffrono. Fu questo il caso di De-gas (1834-1917), dell'italiano Silvestro

Lega (1826-1895) e dell'impressionistainglese Philip Steer (1860-1942).

Anche se Degas è classificato tra gliimpressionisti, non mostrò molta pas-sione per la rappresentazione di pae-saggi, ma manifestò piuttosto una pre-dilezione per gli interni. Soffriva di fo-tofobia, ovvero non riusciva a soppor-tare la luce violenta. L'evoluzione deldisegno di Degas è legata alla vista di-fettosa dell'artista. Per i suoi disegni,utilizza all'inizio la matita, ma le lineetracciate in questo modo finiscono peressere troppo pallide. Passa allora allamatita grassa, e poi al carboncino. Que-sta evoluzione riflette un abbassamen-to della sensibilità ai contrasti. Per dipiù, se molti dei quadri che dipinse ingioventù sono eseguiti a olio con tec-niche classiche, per le opere di tarda etàegli abbandona il pennello e usa le ditaper applicare il colore, ed è questo che

evitate le trappole 111

... scegliete la garanzia!Cataratta, pigmenti e lunghezze d'onda

600 LUNGHEZZA D'ONDA (NANOMETRI

I I cristallino si comporta come un filtro. Negli anziani, o in generale nei pazienti che soffrono di cataratta,perde la sua trasparenza e ingiallisce. Via via che lacateratta - ovvero l'opacizzazione del cristallino - si in-tensifica, l'adattamento cromatico compensa l'anoma-lia: tutto accade come se la persona colpita dalla ma-lattia modificasse il proprio " bianco di riferimento».Poiché il pittore vede il quadro e il soggetto attraversolo stesso filtro giallo del cristallino, i colori del quadrosono quelli reali? Di fatto, questo non accade, e un

OCCHIO NORMALE

COLOREDEL SOGGETTO

o

o

20h

NN

10uJ

o_J

,2

ZW L1J

W CCzuJO a-RJCC cn0a- LU

O —ia:YzO_ Cr

pittore che soffre di cataratta sceglie sulla sua tavo-lozza un colore più giallo di quello che sceglierebbeun pittore con una vista normale.

All'origine di questa scelta c'è quel fenomeno per ilquale due colori di composizione spettrale diversa ap-paiono, in determinate condizioni, identici. Un pittoreche copia fedelmente i colori di un soggetto equalizzal'aspetto dei colori naturali e di quelli della sua tavoloz-za. La composizione chimica delle sostanze che costi-tuiscono questi due tipi di colori differisce notevolmen-

te. Le curve di riflessione spet-trale differiscono a loro volta, epertanto l'apparenza visiva è si-mile (il colore di un oggetto è larisultante dei colori riflessi).Nell'esempio a fianco, l'oggettoè verde, benché il suo spettromostri due massimi. Il pigmen-to è ugualmente verde, ma èmolto più monocromatico.

La somiglianza esteriore tal-volta sparisce quando cambia-

700 no le condizioni in cui si os-serva il quadro: per esempioquando si modifica l'illumina-zione, o appunto quando il pit-tore soffre di cateratta. La pre-senza di un filtro giallo nell'oc-chio disturba la normale equa-lizzazione: quando un pittoreche soffre di cataratta riprodu-ce un verde, la tonalità che sa-rebbe scelta da un pittore sen-za cataratta gli sembrerebbetroppo verde e. per ristabilirela somiglianza, egli usa un co-lore più giallo. Poiché il cristal-lino affetto da cataratta è gial-lo, i quadri eseguiti da artistiche soffrono di questa malattiahanno a loro volta una domi-nante troppo gialla.

10

70 LE SCIENZE n. 361, settembre 1998

OCCHIO CON CATARATTA

COLORE

30 c DEL SOGGETTO

20

10

La composizione spettrale di un soggetto verde (a) differisce da quella della co-pia dipinta (b), anche se i due colori sembrano identici all'osservatore. Quando ilcristallino invecchia e ingiallisce, assorbe la radiazione di lunghezza d'onda infe-riore a 510 nanometri: lo spettro è amputato della parte sinistra e la componentefredda (i blu) del soggetto (c) è eliminata. L'aspetto dei colori è determinato dal-la restante parte calda, e il soggetto non appare più verde, ma giallo-brunastro.La tonalità della pittura (d), invece, è meno modificata dal filtro giallo: essa sci-vola verso le tinte calde, ma meno di quanto faccia quella del soggetto, sicché ap-pare verde-giallastra. La tonalità della pittura sembra, al pittore, troppo verderispetto al soggetto. Per ristabilire la conformità dell'aspetto, egli tende a utiliz-zare una pittura arricchita di componenti più calde, in particolare il giallo.

Page 4: I pittori e i difetti della vista - Katawebdownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1998...Che cosa vedono i daltonici P er capire le sensazioni cromatiche provate dai daltonici.classifichiamo

Degas (Danseuses bleues, a destra) modifica il suo stile via v ia che la suavista si abbassa. Talvolta abbandona il pennello e applica il colore con ledita, il che conferisce un aspetto maculato ad alcuni dei suoi quadri (laparte superiore sinistra del quadro). Pissarro (qui sopra) fu costretto adadeguare i soggetti dipinti alla sua patologia oculare. Sofferente di un'in-fiammazione aggravata dal vento e dal freddo, dipingeva da una came-ra d'albergo: qui, l'Avenue de l'Opéra vista da una finestra che dà sullaPiace du Théàtre FranRais.

dà un aspetto maculato ad alcune dellesue tele.

Abbiamo esaminato il pittore con-temporaneo M. H., afflitto da una de-generazione globale della retina: la suavisione dei colori si limitava al blu-ver-de e al giallo. Le lesioni delle vie ot-tiche causano evidenti disturbi del sen-so cromatico. I neurologi inglesi RobertHess e Gordon Plani pubblicarono nel1986 l'auto-osservazione del pittore Pe-ter Mac Karell, vittima di una nevriteottica acuta dell'occhio destro (una le-sione infiammatoria del nervo ottico).Nel corso della sua malattia, questoartista cominciò a dipingere in modocomparativo ciò che vedeva da ciascunocchio. La sequenza dei quadri realiz-zati mostra la differente percezione deicolori dei due occhi. Infine, citiamo ilcaso del pittore statunitense non figura-tivo Jonathan I., divenuto acromatico inseguito a un trauma cranico apparente-mente non grave.

Daremo un ultimo esempio dell'in-fluenza delle patologie oculari sui qua-dri: quello di Camille Pissarro, le cuivie lacrimali erano ostruite. Il canalelacrimale - situato all'estremità internadella palpebra - serve al deflusso dellelacrime, che vengono secrete continua-mente per umidificare la superficie del-l'occhio. Il canale sbocca nel sacco la-crimale, e un orifizio situato nella parteinferiore di questo permette l'elimina-

zione delle lacrime attraverso la fossanasale. Quando le vie lacrimali sonoostruite (per esempio in seguito aun'infiammazione nasale), l'occhio la-crima, il sacco lacrimale si gonfia etende a infettarsi. Talora compare per-sino un doloroso ascesso. In assenza diun trattamento efficace, l'infiammazio-ne diviene cronica. Ed è questo che ac-cadde a Pissarro.

Camere con vista

A eccezione degli accessi acuti, l'o-struzione delle vie lacrimali causavauna lacrimazione costante, aggravatadal vento e dal freddo. Il medico rac-comandò a Pissarro di proteggere l'oc-chio con una benda quando usciva, egli raccomandò a restare in casa in oc-casione degli accessi infiammatori. Pis-sano, il pittore della luce e dei paesag-gi, fu così costretto a trovare altri sog-getti: non scelse le nature morte, ma levie della città, scene che dipingeva dal-l'alto, dalla finestra di una camera d'al-bergo: l'Hotel Garnier per dipingere lafacciata della Gare Saint-Lazare, l'Ho-tel de Russie per i grandi boulevard,l'Hotel du Louvre per Avenue del'Opéra. Affittò anche un appartamentoin Rue de Rivoli per poter dipingere leTuileries e uno in Piace Dauphine per ilPont-Neuf.

Lo studio delle patologie oculari dei

pittori non deve limitarsi alla constata-zione dell'effetto immediato della ma-lattia sulla visione dell'artista. Se ci siaccontentasse di questo, si perderebbela parte più bella della storia, quella cherende affascinante lo studio delle ma-lattie oftalmiche dei pittori: il modo incui essi reagiscono agli handicap visivi.L'artista di talento sa infatti esplorarenuove vie, che avrebbe senza dubbiotrascurato se non si fosse trovato a do-versi confrontare con la malattia.

PHILIPPE LANTHONY è oftalmo-logo presso il Laboratoire de la visiondes couleurs al Centre hospitalier natio-nal d'ophtalmologie des Quinze-Vingtsdi Parigi.

PICKFORD R., Psychology and VisualAesthetics, Hutchinson, 1972.

HESS R. F. e PLANT G. T., Optic Neuri-tis, Cambridge University Press, 1986.

TREVOR-ROPER P., The World throughBlunted Sight, Penguin, 1988.

SACKS O., Un antropologo su Marte,Adelphi, 1995.

DICKINSON C., MURAY I. e CARDEN D.,John Dalton's Colour Vision Legacy,Taylor & Francis, Londra, 1997.

MARMOR M. e RAVIN .1., The Eye ofthe Artist, Mosby, 1997.

72 LE SCIENZE n. 361, settembre 1998