I Piccoli Fratelli di Gesù confronti degli altri. È stato un tempo intenso di lavoro per-sonale...

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I Piccoli Fratelli di Gesù Anno XIV N° 28 - II Semestre 2012

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I Piccoli Fratellidi Gesù

Anno XIV N° 28 - II Semestre 2012

I PICCOLI FRATELLI DI GESÙ

BOLLETTINO SEMESTRALE

Tribunale Civile di RomaSezione per la Stampa el’Informazionen. 00280/95 - 31/05/1995

Direttore Responsabile: B. Porcu

Stampa: ColoreinStampa, Roma 2012

I Piccoli Fratelli di Gesùc/c 44603447Casella Postale 48410121 [email protected]

Natale: rileggere la propria vita con gli occhi di un bambino.

Non prevediamo unabbonamento per questa

piccola rivista, per nonlimitarne la diffusione.

Le spese di stampa e dispedizione, infatti, sono

contenute. Ognipartecipazione a

queste spese sarà,comunque, gradita.

Ai nostri nuovi lettori

Questo opuscolo ècomposto con brani di

lettere - in Fraternitàvengono chiamati “diari” -

che i Piccoli Fratelli si scrivonoliberamente per darsi notiziedelle loro vite nelle differenti

parti del mondo. Speriamo chequesta loro comunicazione vi

interessi e saremmo contenti dipoter leggere le vostre

impressioni.

di Rodrigo

Scrivo queste righe col desi-derio di condividere un po’ dellamia vita con voi. In questo pe-riodo faccio il mio secondo an-no di noviziato, un tempo chedà sicurezza alla mia ricerca, midona chiarezza e profondità. Èun tempo propizio per “tuffarmi”nella mia vita come nella vita enell’amore di Dio.

Mi chiamo Rodrigo e ho 32;anni nato e cresciuto a Liniers,un quartiere di Buenos Airesnella zona portuale. Fino a 23anni la mia vita è stata semplicee lineare. Ho cominciato a lavo-rare a 16 anni come aiuto-im-bianchino…A 20 anni ho apertoun negozio di frutta e verdura inproprio.

Ma… a 23 anni, sono statocolto da una crisi profonda; misono reso conto che avevo inve-stito la mia vita e tutte le mie e-

nergie sul lavoro, sui problemifamiliari, con le…fidanzate varie,amicizie e feste!... Una profondacrisi di identità dunque che miossessionava con la questione:“Chi sono io?”, convinto com’eroche non potevo semplicementeesistere per quello che gli altri di-cevano di me.

“Tuffarsi” nella propria vita

e nella vita e nell’amore di Dio

La fraternità in Argentina (San Justo) ha più di 40 annidi vita. La fraternità di Uribelarrea è molto più recente.Essa è nata una decina di anni fa, a circa 100 Km daBuenos Aires, in piena “pampa”. Legata a questa frater-nità se n’ è aperta un’altra che accoglie il noviziato…

Rodrigo.

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E così Dio, che mi aspettavaal varco, come attende ciascu-no di noi, sentendo la mia pre-ghiera inconscia che gli rivolge-vo, ha fatto sì che arrivassimoad un incontro più concreto re-ciproco. Uno dei miei clienti,Rogelio, cliente e amico, mi hainvitato a Messa in una comu-nità salesiana di giovani. E cosìa 23 anni, sono andato alla miaprima Messa: era il 21 Luglio2003, giorno in cui l’Argentinacelebra la “festa dell’amico”.Quel giorno è nata la mia nuovaamicizia con Dio. Si tratta dellapiù grande amicizia, il cui amo-re mi sostiene, mi aiuta, e oggimi ha condotto proprio qui, davoi.

Dal 2003 al 2009, la mia a-micizia con Dio si approfondiva;poco a poco ci siamo conosciu-ti meglio. Il Signore mi rivelavae mi aiutava a conoscere me-glio le persone e i luoghi. Inquesto dinamismo è nata la miaamicizia per la Fraternità. E co-sì, ha preso consistenza gra-dualmente la mia vocazione re-ligiosa e soprattutto il desideriodi viverla in Fraternità. La frater-nità rurale di Uribelarrea, nonlontano da Buenos Aires, hagiocato un ruolo particolare. O-gni volta che andavo a visitare ifratelli, il viaggio che mi portavadalla città alla campagna diven-ne molto importante per me, haaperto la mia vita. Il fatto di os-

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Pampa umida, all’orizzonte cielo e terra si incontrano!

servare l’orizzonte e come ilcielo in esso si unisce alla terra,ha contribuito affinché anch’iopotessi osservare il mio proprioorizzonte.

Ho cominciato il mio Postu-lato nel 2009 seguito nel 2010dal noviziato.

Al noviziato c’è Daniel comeresponsabile, Carlos del Para-guai e il sottoscritto siamo al se-condo anno di noviziato e Carlo(italiano) al primo. La fraternitàdel noviziato è in un paesino di600 abitanti che si chiama Im-macolata Concezione di Zapio-

la. Direi che sognavo la vitaquotidiana press’a poco così:oltre al tempo di vita comunita-ria, il lavoro all’orto durante lamattinata mentre il pomeriggio,…piuttosto un tempo persona-le.

Eccovi dunque qualchesquarcio di questo tempo:

servendomi dei diversi mez-zi, ho cominciato a “tuffarmi” piùprofondamente in me stesso.Non è sano guardare con diffi-denza alla mia spontaneità, nonaccettarmi o accusarmi conti-nuamente; e questo vale anche

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Noviziato di Zapiola.

nei confronti degli altri. È statoun tempo intenso di lavoro per-sonale nel quale, piano pianosono emersi i miei limiti.

È stato anche un tempo di“apprendistato”:

• Imparare ad accogliere lepersone, gli avvenimenti e la vi-ta, come vengono…

• Imparare a lavorare l’orto,cercando di integrare questo la-voro nella vita del noviziato,proprio come avevo previsto…

• Imparare a vivere a quat-tro, con l’impegno quotidiano disopportarmi e sopportare gli al-tri,… e di abbandonarmi a Ge-sù.

• Imparare infine a vivere dasolo nella mia camera tempi diritiro e di solitudine…

Un buon periodo con la miafamiglia. Dio mi ha rivelato qua-li relazioni intrattenere con cia-scun membro della mia fami-glia; Egli mi aiuta. La compa-

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Rodrigo, Carlos, Carlo e Daniel.

gnia di Gesù nel silenzio e nellacomunità. Presenza incondizio-nata di Gesù. Buona relazionecon Pablo, Guillermo e Domin-go che mi accompagnano e so-no attenti al mio cammino conDaniel. Trasparenza con costui.Carlos e Carlo, con i quali con-divido di più la mia vita, mi aiu-tano a scoprire che la vita fra-terna è un impegno di tutti igiorni, uno sforzo – in alcunecircostanze lo si tocca con ma-no – per rinunciare all’egoismo

e far posto alla carità, a Gesù inmezzo a noi, fiducioso che Eglimi insegna come essere “fratel-lo”.

Nella relazione con ciascunfratello, cerco di essere mestesso, mi rinnovo, mi scoprocon i miei limiti e le mie qualità.In tutto ciò mi sento portato, ac-compagnato e amato.

Nelle relazioni con le donne,quando ci sono dei cambiamen-ti bruschi (…come quando sipassa dalla vita rurale a quella

Pablo, Guillermo, Rodrigo e Carlos.

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della città!), mi rendo conto e misorprendo con delle sensazionie dei pensieri disordinati finchénon ritorno in armonia con la to-talità del mio essere.

Scopro, apprezzo e imparoa conoscere meglio tutto ciòche mi porto dentro, e trovo unagrande gioia nel constatare chec’è nel mio essere uno spazio,segreto e misterioso, riservatoa me stesso e a Dio solo.

Sono riconoscente per lamia relazione con Dio Padreche mi ama, mi guarda, ha fidu-cia in me e si dona a me in Ge-sù e nello Spirito Santo. Vogliocontinuare a far tesoro di que-sto tempo di noviziato e di tuttele circostanze che mi aiutanoad avanzare nella conoscenzadi me stesso e ad approfondireil senso della mia vita: la pre-ghiera silenziosa, la meditazio-ne della parola, la vita quotidia-na, i ritiri in solitudine, il lavoronell’orto, l’apertura verso la miafamiglia, la condivisione con imiei fratelli e sorelle e con i visi-tatori e con coloro che vado avisitare; tutto questo mi aiuta a

crescere nella conoscenza delcarisma e del modo personalecon cui ciascun fratello lo incar-na.

Voglio vivere questo periodocon riconoscenza per la gratuitàdi Dio il quale si rivela continua-mente come “Padre” e mi offreGesù come “cammino” dando-mi la forza nello Spirito Santo o-gni giorno; e so che in tutto que-sto posso abbandonarmi conuna fiducia infinita.

Da qualche anno, da quan-do cioè ho rimesso i miei piediin Chiesa, Dio mi fa parteciparea questo corpo che è la Chiesae mi invita a diventarne io stes-so sempre di più un membro vi-vo. Nel 2005, ho fatto la miaprofessione di fede, il mio “Si”alla fede cristiana; ora, voglioprepararmi, con la Fraternità,ad offrire a Dio tutta la mia vitaper mezzo dei consigli evange-lici, in comunione con i miei fra-telli e sorelle, e soprattutto as-sieme ai più poveri.

Grazie di esistere e di starmi vicino

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di Bruno

Ho settantatre anni, da oltretrent’anni sono in Fraternità eda sette sono pensionato dal la-voro. Il solo diario che ho scrittoera del 1983. Vivevo allora inTanzania in uno dei villaggi delsocialismo africano al tempo diNyerere. Oggi vivo a Torino inun quartiere multietnico di PortaPalazzo. Oggi vorrei parlarvi deimiei sentimenti al passaggio dauna “vita normale” a quella di“pensionato”. Più che un verodiario, si tratta, quindi, di una ri-flessione su come penso di vi-vere il carisma di Nazaret come“pensionato”.

Nazaret ha sconvolto tal-mente la mia vita di missionarioin Africa alla fine degli anni 70che ho dovuto lasciare i Missio-

“Mio Padre era un arameo errante!...” Dt.26.5

“Il vero saggio vive perché capisce il “senso” profondodella vita, si lascia amorevolmente modellare da lei e lesi adatta con umiltà e gratitudine” (Da uno scritto dei no-madi Gobi della Mongolia)Ecco alcuni stralci del mio vagare verso una meta lon-tana e misteriosa, ma sempre davanti a me…. Ma…fi-no a quando?

Cartolina dei miei fratelli …per i miei 70anni!

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nari della Consolata per entrarea far parte dei Piccoli Fratelli diGesù. Non intendo dilungarmisu questi lunghi anni di cammi-no del passato, mi atterrò piut-tosto al contesto della mia vitaattuale che ha, io credo, tutto ilsuo fascino!.

Noto che come pensionato,la mancanza di un lavoro rego-lare destabilizza un poco lo sti-le della mia vita. Le relazionicon la gente diminuiscono con-siderevolmente! Le mie capa-cità fisiche e psichiche non so-no più quelle di una volta. Ci si

sente meno “onnipotenti” men-tre una foschia mentale mettecontinuamente in evidenza di-verse zone di fragilità. L’espe-rienza del vissuto mi rende piùprudente e più diffidente! Lastessa vita fraterna infine, è co-me un crogiuolo, sovente spie-tato, attraverso il quale le scoriedi una personalità vengono insuperficie e allora si scopre un“se stesso” finora sconosciutoe, …che si fa fatica ad accetta-re!

Di conseguenza, vedo chela sfida più difficile è quello diriappropriarmi del mio “io inte-

…mi sento meno “onnipotente”!

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riore”, quello che mi viene rive-lato dalla vita “gomito a gomito”con i miei fratelli e con la gentesemplice che sono i vicini e icompagni di lavoro.

Nazaret, in quanto vita ordi-naria, è un’esperienza entusia-smante e gratificante. “Condivi-dere la vita della gente…” e“…la preghiera della poveragente…” sono state le due intui-zioni che hanno marcato di piùla mia vita durante questitrent’anni in Fraternità. Rivivocon entusiasmo il cammino nelvillaggio di Murugaragara quan-do per poter “sopravvivere” allamiseria e diventare autosuffi-cienti avevamo pochissimi mez-zi a nostra disposizione. Mi so-no quasi inebriato per la sfida u-mana e religiosa che Nazaret

ha significato per tutti questi an-ni:… mi ha anche immensa-mente gratificato. Persino lapreghiera era piena di “senso”perché ricca di avvenimenti vi-talizzanti e di volti ben concretidi un quotidiano ordinario,…mascelto e amato!!!

Dopo l’esperienza in Tanza-nia nella mia vita ci sono i voltidella Calabria, nel sud Italia, ilmio primo soggiorno a Torinocon Franco e Piero, i tre anniche ho vissuto nel mio paeseper accompagnare mia mam-ma, l’esperienza alla FraternitàGenerale e il mio ritorno a Tori-no nell’attuale fraternità di PortaPalazzo. Si,… si tratta di luoghi,di culture e di volti differenti chemi hanno arricchito;…ho speri-mentato tutto questo come il

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Tra i miei fratelli in Africa a Foumban.

centuplo evangelico che mi èstato offerto gratuitamente gior-no per giorno dalla vita!

Ora che sono un “pensiona-to” sento il bisogno di scavaredentro di me per vedere “il cuo-re” di ciò che ha dato senso atutta la mia vita durante questiultimi trent’anni. Vedo come un“filo conduttore”: è LUI e ci sonoio come persona. È evidenteche gli impegni, le relazioni, ilmodo di condividere la vita del-la gente e le stesse motivazionidella mia preghiera sono oggiparecchio differenti. Dunque

per vederci un “senso” al pre-sente devo fare una specie di ri-voluzione interiore, devo stabili-re un nuovo ordine di valori eaggrapparmi a nuove categoriementali. Si tratta, credo, di ac-cogliere positivamente l’attualeconstatazione dei miei limiti edelle mie fragilità come parte in-tegrante della mia persona enon come una sconfitta da ri-muovere.

Ho la sensazione però cheuna tale esperienza di “limite”non è solamente una mia espe-rienza personale o di coloro chesono in pensione,…si tratta an-che della situazione della Fra-ternità nel suo insieme che perla prima volta sperimenta il suo“invecchiamento” come “Istitu-to”.

Trent’anni fa io sognavo unaFraternità ideale facendo riferi-mento all’ideale di fraternità chemi ero fatto io stesso; sognavodi poter diventare un piccolofratello ideale (…che pretesa!).Sfortunatamente, o…meno ma-le, che la vita mi ha aperto gliocchi ad un realismo maggioree ad una verità più oggettiva!Questo realismo e questa veritàhanno sconvolto le mie convin-zioni e le mie sicurezze e mihanno spinto a rivedere e areinterpretare le mie attese sume stesso e sugli altri. EppureBruno.

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tutto questo non ha minima-mente offuscato il mio amoreper la Fraternità né per Gesù diNazaret.

Ora so che la Fraternità nonpuò esistere che attraverso lafragilità e i limiti dei suoi mem-bri che le danno “carne e ossa”ed è esattamente questa frater-nità che voglio amare fino allafine. Essa è un tesoro, ma im-pastato di fragilità, di umanitàe, sovente, di peccato! Il vero

carisma allora, è quello di es-sere realmente felici di apparte-nere alla folla dei poveri e deipeccatori amati da Dio. Se dun-que la fraternità ha un messag-gio profetico, è quello di testi-moniare concretamente chenella banalità della vita ordina-ria si realizza il Regno di Dio. Ilquotidiano di tutti è il luogo pri-vilegiato nel quale Dio ci vieneincontro e noi possiamo incon-trarlo a nostra volta negli avve-

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Mercato giornaliero e…multietnico di Porta Palazzo.

nimenti e nel volto di tutti i no-stri fratelli. Questo carisma diNazaret, tuttavia, non è mono-polio della fraternità. Questocarisma esiste disseminato neisolchi di milioni di vite di poverie di piccoli che non sanno nep-pure di rendere Nazaret pre-sente nello spazio e nel tempoattraverso la loro vita normale.Noi dobbiamo lasciarci evange-lizzare da questi milioni di pic-coli fratelli e piccole sorellesconosciuti, dobbiamo acco-gliere ciò che ci rivela questamoltitudine di “Nazaret comuni”dove la vita trova la sua via ver-so Dio ed il Regno si schiude almondo di oggi.

“Da Nazaret, può mai venirequalche cosa di buono?”

(Gv 1,46)

“Il Regno di Dio non vieneattirando l’attenzione, nessunodirà eccolo qui, o eccolo là: ilRegno di Dio è in mezzo a voi”

( Lc.17,20)

Credo veramente a questoNazaret? Ecco la questione! Iodirei di si, che ci provo, che vo-glio crederci, ma prudentemen-te e umilmente ripeto la pre-ghiera con il papà del fanciulloindemoniato in Mc. 9,24: “Cre-do, o Signore, ma aumenta lamia poca fede”.

Con affetto fraterno Bruno

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«È qui e adesso che devo trovare la chiarezza, la pace e l’equilibrio. Devo continuamente immergermi

e rituffarmi nel reale, accettare i limiti, i confronti e tutto ciò che incontro sul cammino…di oggi!

Devo nutrire tutto il mio mondo esterno con la profondità del mondo interiore che è in me,

e viceversa!”

(H. Hillesum – Diario 1941-43)

di Marcelo

A Indaya viviamo davent’anni nella stessa casa. Ilquartiere non ha cambiato mol-to! Siamo riusciti ad installarequalche servizio e a migliorareanche la casa: non cose ecce-zionali ma ne siamo fieri perchésiamo stati noi a realizzarle conmateriale di ricupero. Tutto lospazio libero è già occupato dapiccole casette e…camere, ec-cetto il nostro piccolo giardino.Persino la strada principale,progettata all’inizio come se do-vesse diventare un grande “cor-so”, è ora ridotta al minimo.Quando la famiglia cresce e lacasa non può essere più am-pliata né dietro né dai lati, sicerca di utilizzare la parte ante-riore, occupando anche partedella strada. Il Comune nonvuole investire niente per mi-gliorare il quartiere, essendo

questi insalubre: il piccolo ru-scello che l’attraversa, esondanel periodo delle piogge. Inoltresiamo… ancora degli “illegali”,ma con la promessa di esseresistemati un giorno in un quar-tiere che ancora non esiste....Speriamo!

Lavorare per un mondo meno “a rovescio”

Una fraternità di due fratelli si è potuta stabilire a Cubanel 1966; nel 1975 un terzo fratello, Marcelo, è riuscitoad unirsi a loro. Nel 1978 quando alcuni giovani comin-ciarono a bussare alla porta della fraternità, Marcelo siè stabilito a La Havana nel quartiere di Indaya. Da allo-ra altri fratelli si sono aggiunti…

Marcelo.

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Non molto tempo fa abbia-mo vissuto a cinque nella picco-la casa, ingrandita man manoche la comunità aumentava,tanto che ciascuno riesce ad a-vere un piccolo angolo per con-to suo: Rodrigo, Edgar, Yeison,Mario e Marcelo, e in un certosenso anche “il bello”. Si trattadi un amico di lunga data, la re-lazione con lui ha conosciutoparecchi momenti di “crisi”; vivesenza un vero e proprio tetto,circola nelle vie del quartiere eraccoglie nei cassonetti dellaspazzatura ciò che gli altri but-tano via. Ricupera ogni sorta di

“merce”, ma si è specializzatoin vestiti e scarpe che poi riven-de a buon prezzo nello stessoquartiere, per fumare, bere emangiare un poco. Gli piaceleggere e discutere. Quelli checi visitano sanno, in un certosenso, che egli fa parte dellanostra comunità. È un alcolizza-to, forse incurabile, malgradonumerosi tentativi per liberarse-ne. Egli è convinto di poterne u-scire da solo e di poter domina-re la situazione: errore fatale!

Rodrigo continua il suo la-voro come spazzino per le stra-de del quartiere vicino “La Li-

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Il ruscello che attraversa Indaya.

sa”. Lo spazzino, si sa, sotto o-gni cielo di questo mondo o inqualsiasi regime, fa parte delquartiere. Nessuno si occupaveramente di lui e tutti lo guar-dano dall’alto in basso. Parago-nato ad altri lavori, non è malpagato; lavora dal lunedì al sa-bato, solo al mattino, ma non ècosa facile resistere al sole tro-picale per le strade. Non ho an-cora visto nessuno che abbiauna carta di presentazione conla scritta “Spazzino municipa-le”. Il mondo è veramente “a ro-vescio”, perché senza di loro lestrade de La Havana sarebbe-

ro impraticabili per l’erba e lasporcizia. Ciò che è apprezzatoe valorizzato é il lavoro “col col-letto bianco” e cravatta, o co-munque con un pezzo di cartadi presentazione. Si dà così im-portanza a delle cose che nonhanno valore né senso e si di-sprezzano i servizi che rendo-no possibile la vita e respirabilel’ambiente!

Qualche tempo fa, un colle-ga di lavoro di Rodrigo è venu-to a trovarci per rimettere a po-sto i suoi attrezzi di lavoro: sco-pa, pala, carretto,…perché ilComune non si occupa di que-

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Rodrigo sul lavoro con Hervé.

ste cose. Abbiamo parlato perun po’, piuttosto… è lui che miha parlato del suo lavoro. Cono-scendo il contesto cubano dellavoro, molto speciale, sono ri-masto altamente meravigliato.Quest’uomo infatti trovava cheil suo lavoro era importante eche aveva del valore: lui stessosi sentiva “qualcuno”, e ciò miha dato da pensare! Voglio pro-vare ad esprimerlo a voi: que-st’uomo, senza rinnegare il suostato di povero che tutti gli rico-noscono come spazzino e nullapiù, parlava dell’importanza del

suo lavoro, del modo di farlo, ditutti i suoi problemi con i “capi”dell’amministrazione, dellegioie che gli procurano a volte ivicini. Era un piacere ascoltarloe mi sono messo a sognare adun mondo un po’ meno “a rove-scio” chiedendomi se noi sap-piamo dare del valore a tanti la-vori fatti dai poveri, spazzini oaltri. Sfortunatamente non riu-sciamo a valorizzare questo ge-nere di lavori che quando i po-veri che li fanno si sentono fortiabbastanza per esigere una pa-ga più giusta per il loro servizio,

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Cuba: i primi fratelli e…la nuova generazione!

a quel momento tutti si mettonoa urlare: che abuso! Credo chela fraternità con la sua opzioneper i lavori semplici e a volte du-ri, mal visti e ancora di più malpagati, fa allo stesso tempol’opzione per un mondo meno“a rovescio”. Nazaret non è chela riscoperta di vivere, al segui-to di Gesù, il vero senso dellavita, delle cose e soprattuttodelle cose della vita. Forse inpassato – 50 anni fa - si cerca-va soprattutto, attraverso queilavori, di vivere la solidarietà infavore della giustizia, lottare perla libertà degli oppressi: ciò bi-sognerebbe mantenerlo a tutti icosti. Forse la generazione at-tuale è meno sensibile a questelotte ed è attirata piuttosto dallaqualità della vita che Gesù hasaputo esprimere nelle Beatitu-dini, nelle parabole e con il suoesempio, avendola lui stessovissuta di persona.

È un tesoro, un cammino dicontemplazione nella vita, difraternità nella vita a partire daipiccoli, affinché il mondo siameno “a rovescio” e che lasciun po’ di posto al Regno. Èchiaro che non si tratta solo dilavoro o di stile di lavoro, sitratta del desiderio di offrirel’intera vita come cammino e-vangelico e reale, al seguito diGesù e con una particolare at-tenzione alla concretezza della

vita. Potremmo approfondiretantissimo la portata del cam-mino di Nazaret per il nostrotempo, …oggi che siamo di-sposti ad uccidere a migliaia epronti ad espellere una vastaparte dell’umanità per domina-re l’energia e la ricchezza;questo è anche il tempo in cuisono numerosissimi coloro chevivono nella paura, a causa de-gli sconquassi irreversibili cheprocuriamo al nostro pianeta.

Contemplazione e fraternitàper un mondo che sia meno “arovescio”, a partire dalla bassascala della società,… da Gesùstesso e dal suo Vangelo con-creto, sono essi il tesoro cheabbiamo scoperto ed il cammi-no che vogliamo seguire. Qual-cun altro vi parlerà della situa-zione di Cuba oggi. Io non mela sento di farlo. Mi basta dirviche la situazione economicadella gente è molto,…ma moltodifficile! Qualsiasi confrontocon qualsiasi altra situazionenel mondo sarebbe troppo ap-prossimativo e…forviante!

Un abbraccio a tutti. Con tut-to l’affetto caraibico di Indaya.

Lavoriamo per un mondomeno “a rovescio”!

Marcelo

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di Tsuneo

Ecco che dolcemente arrivala primavera, tempo anche per

darvi buone notizie da partemia.

Per cominciare ho lasciato ilmio lavoro di spazzino nellecittà, per seguire, con l’aiuto deimiei fratelli, un programma clini-co per “dipendenti” dall’alcool,organizzato dalle suore dellacarità. Il cammino dura tre mesi,che reputo un po’ troppo breve.

In passato avevo difficoltàad accettare la proposta deimiei fratelli, ma, man mano cheil programma avanza, riesco avedermi in modo più obiettivo ea rendermi conto di ciò che pos-sa aver significato per loro lamia pessima abitudine al bere.

Il programma offre svariatimezzi come lo Yoga-meditazio-ne, l’accompagnamento spiri-tuale basato sulla rilettura per-sonale del proprio passato,specie il periodo dell’infanziacosì incisivo per la formazio-

“Rimettersi interamente nelle mani dei fratelli”

Ecco una testimonianza commovente di Tsuneo( picco-lo fratello giapponese che vive in Corea a Seul) nellaquale, con una franchezza e trasparenza impressionan-ti, ci racconta il suo cammino con gli Alcoolici Anonimi .Con il sostegno dei suoi fratelli desidera liberarsi daquesta dipendenza.

Tsunéo, lo spazzino.

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ne…o deformazione del propriocarattere, condivisioni di grup-po, l’Enneagramma e persino lopsicodramma, ecc. Tutto ciò ri-chiede un gran lavoro da partenostra, ma siamo aiutati e inco-raggiati ad esprimere le nostre“cose” delicate in un clima inti-mo e franco allo stesso tempo.

Siamo in dieci, tra i venti esettant’anni. Spesso uno si uni-sce al gruppo e un altro spari-sce improvvisamente. Non c’èproblema, il programma conti-nua con l’aiuto di cinque re-

sponsabili di cui alcuni proven-gono da esperienze simili allanostra. Durante il programma,ci viene chiesto non soltanto diguardare a noi stessi e di pren-dere coscienza di chi siamo, maanche di riconciliarci con noistessi e di vivere più “sani”. Perfarla breve, ciascuno cerca divivere l’oggi senza alcool. Ciò cirende più liberi nei confronti del-l’educazione ricevuta da bambi-ni e soprattutto di fronte alle no-stre insopportabili esperienzepersonali.

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Sono impotente davanti all’alcool.

Il mio (nostro) tesoro è l’es-sere coscienti delle nostre pro-prie esperienze e dell’incapa-cità di potersene liberare da so-li, cioè: perdita di memoria diciò che abbiamo fatto (soventeinconsciamente), violenza, soli-tudine, isolamento, ecc. Checos’è il mio tesoro personale intutto questo? È la mia totalesottomissione ai miei fratelli acausa della loro franca e seve-ra conoscenza della mia perso-na e anche di ciò che io sonostato come peso sulle loro spal-

le per tanti anni. Potrebbe sem-brare strano ma proprio questoè ciò che ho ritenuto come il lo-ro” dono prezioso” alla mia vita.

Tutto questo richiede sforzoma sono riconoscente per que-sto ai miei fratelli, ai membridello staff e a tutti coloro cheaccompagnano questo pro-gramma. Siamo anche invitatidi guardare con attenzione a ciòche siamo, a quello che faccia-mo e alle nostre sensazioni QUIe ORA.

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I miei fratelli coreani.

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Voglio parlarvi della storia diuna donna di 45 anni che, qual-che giorno fa, è ricaduta nell’al-cool. Dopo la sua ricaduta hacontattato il centro ammettendodi aver bevuto, cosa importanteper lei e per il centro della Cari-tas. Il regolamento infatti diceche con una confessione since-ra, dopo una prima caduta sipuò essere riammessi ma nondopo una seconda volta. E così,il mattino seguente, c’è statoprima un incontro dei responsa-bili sul caso per circa un’ora;essa aveva infatti chiesto di es-sere reintegrata nel program-ma. Aveva anche sollecitato lanostra collaborazione perché a-veva paura di perdersi definiti-vamente senza alcuna via di u-scita. Sapeva infatti per espe-rienza che da sola sarebbe sta-ta impotente di fronte alla di-pendenza dall’alcool. Questovale per ciascuno di noi e do-vremmo affrontarlo in un prossi-mo futuro. Dopo c’è stata unariunione generale con noi tutti,con i responsabili e con la suo-ra incaricata. Si è chiesto alladonna di raccontare quello cheera successo e ciascuno di noiha dato la sua opinione in meri-to. Eravamo tutti meravigliatidella franchezza di questa don-na: è vero che ci sono state vo-ci di critica ma ha prevalso so-prattutto una grande simpatia e

degli atteggiamenti di consola-zione.

Io penso che lei avrebbe po-tuto continuare a seguire il pro-gramma senza dire niente, malei non lo ha fatto perché lo re-putava contro la sua coscienza.Non posso ovviamente esporreper intero la nostra condivisioneintima e sincera di quel giorno;ma so che voi comprendetemolto bene lo scenario che ab-biamo vissuto. La decisione deiresponsabili fu quella di darleuna seconda opportunità. Ciòche contava era la sua confes-sione e il suo grido di “aiuto”,anche si trattasse di una secon-da o terza caduta, …non si samai!...

Al termine di quella giornatasi è recitato uno “psicodramma”sulla sua sfortunata situazione.Le è stato chiesto di recitare leistessa di nuovo l’evento, in se-guito un’altra persona ha presoil suo posto nella recita di ciòche le era successo mentre leie noi tutti assistevamo. Talemetodo produce un impatto for-tissimo non solo sulla nostra te-sta ma su tutto il nostro corpocome se venisse scosso diret-tamente dalla mano del Creato-re. Per finire dunque, questadonna è stata riammessa algruppo come un nuovo membroche si è risollevato… Tanto dicappello, e Grazie !

Oggi siamo sobri e felici divivere i nostri giorni più sereni.Recitiamo anche la preghierapropria degli A.A. (Alcolici Ano-nimi) che dice:

“O Dio, donaci la serenità diaccettare le cose che non pos-siamo cambiare, il coraggio dicambiare quelle che possiamo,

e la saggezza di distinguere ladifferenza tra le due”

Vi invito tutti a pregare perquesta donna, per noi e per tut-ti gli innumerevoli dipendentidall’alcool o tossico-dipendenti.Io farò altrettanto.

Tsuneo

Lavoro e…sobrietà.

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di Hervé, nostro priore

Siamo chiamati, insieme, afar risplendere in noi il volto na-zareno della Chiesa. “La Chie-sa non può né crescere né pro-sperare se dimentichiamo chele sue radici sono nascostenell’ambiente di Nazaret”, dice-va Ratzinger, molto prima di es-sere eletto Papa, ed aggiunge-va che “nel momento in cui ilsentimentalismo su Nazaretera fiorente, il vero mistero diNazaret è stato riscoperto daCharlers de Foucauld. Que-st’ultimo, continua il testo,camminando sulle tracce dei“misteri della vita di Gesù”, pe-netrando l’esperienza di Naza-ret, ne ha assimilato il sensomolto più di tutti i sapienti e iteologi messi insieme.”

“Si comprende meglio il va-lore di un pezzo di pane quan-do sappiamo per esperienzaquanto sacrificio si richieda perottenerlo…” scrive Charles a

sua sorella dalla trappa diAkbès.

Ratzinger però continua: “ANazaret durante la meditazio-ne vivente su Gesù, una nuovavia si apre per la Chiesa… Èstato per la Chiesa una risco-perta della povertà. Nazaret haun messaggio permanente perla Chiesa. La nuova Alleanzanon comincia al Tempio, né sulSanto Monte, ma nella piccoladimora della Vergine, nella ca-sa di un lavoratore, in un postodimenticato della “Galilea dellegenti”, da cui nessuno si atten-deva niente di buono. Solo apartire da qui la Chiesa potrà i-niziare un nuovo cammino eguarire. Essa non potrà maidare una risposta vera alla ri-volta del nostro secolo controla potenza della ricchezza, se,al suo interno, Nazaret non di-venta una realtà vivente e vis-suta”.

Che bel programma di vita!Ecco qui la nostra missione co-me la Chiesa ce la riconosce,

Nel cuore della Chiesa: NAZARET

l’autentifica e ce l’affida: parte-cipare al volto nazareno dellaChiesa affinché la Buona No-vella del Regno possa esserevissuta e diffusa tra i più piccoli:“I poveri mangeranno e saran-no saziati!” Sì, che i poveri sia-no saziati e che possano gioi-re!...

Tre icone nazarene:

La Visitazione, cara aCharles de Foucauld: con Ma-ria, eccoci in cammino versol’incontro dell’altro: si tratta didecentrarsi, di condividere gioiee dolori, di mettersi al servizio,di vivere la relazione con l’altroassumendone tutte le conse-guenze che possono anche di-sturbarci e farci uscire dalle no-

stre piccole abitudi-ni, perché ci siamolegati a lui, e per-ché questi legamidi solidarietà e dicorresponsabilitàintrecciati tra di noi,ci fanno “intravve-dere” l’altro comenostro fratelloe…nostra sorella…

La Natività an-ch’essa così cara aCharles de Fou-cauld: è la BuonaNovella di un “bam-bino” in una man-giatoia, annunciataai più semplici e aquelli che sono e-sclusi: “Un Salvato-re è nato per voi!”.Sta a noi saper ac-cogliere un bambi-

La Visitazione: Arte contemporanea indiana.

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no impotente, rivelazione delvolto di Dio che si fa tutto a tut-ti e fragile nelle nostre mani, of-ferto per noi tutti con una fiduciainfinita…

La lavanda dei piedi: ilservizio più umile proprio deglischiavi diventa segno del piùgrande amore per noi. Dopo

San Giovanni e San GiovanniCrisostomo, anche Charles deFoucauld è stato marcato daquesto amore fraterno messoin parallelo al sacramento del-l’Eucarestia: “Egli li amò sinoalla fine!”(Gio.13,1), fino a da-re la sua vita per noi. Il sacra-mento del “fratello” e quellodell’Eucarestia sono segno

Natale: un presepe latino-americano.

della stessa realtà, l’uno ri-chiama l’altro, come scriveCharles de Foucauld, “È lostesso Gesù che ha detto: ciòche fate ad uno di questi pic-coli che sono miei fratelli, lofate a me” e che ha detto an-che “questo è il mio corpo”!Siamo invitati a vivere congioia questa passione d’amoreper Gesù e per tutti quelli con iquali condividiamo la vita; a-more che ha caratterizzatoCharles!. “Egli ha fatto della

religione un atto d’amore” di-ceva di lui l’abbate Huvelin.

Tre icone della Buona No-vella annunciata ai piccoli congioia, nella discrezione e nellasemplicità, con umiltà, nel servi-zio e nel dono di sé; esse ci in-vitano ad essere come Gesùservo, Gesù bambino, nella suapresenza invisibile, a condivide-re la sua relazione intima e a-morosa con il Padre e con lagente!... Il centro della nostrafede non è forse: “…di credere

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La lavanda dei piedi: di S. Koder.

all’amore attraverso il volto e lavoce di questo amore: GesùCristo?”.

Da quando il Nazareno è ri-sorto, egli è il Vivente e conti-nua ad agire attraverso il suospirito d’amore in ciascuno dinoi che crediamo in questo no-stro mondo che Dio ama.

(Sal. 84)

BUON

NATALE!!!

Hervé

i nostri auguri di Gioia e di Pace

A tuttii lettori

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INDICE

“Tuffarsi” nella propria vita e nella vita e nell’amore di Dio pag. 3

“Mio Padre era un arameo errante!...” Dt.26.5 pag. 9

Lavorare per un mondo meno“a rovescio” pag. 15

“Rimettersi totalmente nelle mani dei fratelli” pag. 20

Nel cuore della Chiesa: NAZARET pag. 25

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