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i percorsi della

memorial’inverno

e le altre stagioni

Centri di Cultura per l’Infanzia e l’Adolescenza

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i percorsi della memoria

l’inverno e le altre stagioni

a cura delCentro per la Cultura Ludica

“Walter Ferrarotti”

Centri di Cultura per l’Infanzia e l’Adolescenza

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Città di Torino

ITER - Istituzione Torinese per una Educazione Responsabile

PresidenteMariagrazia PellerinoAssessora alle Politiche Educative

DirettoreUmberto Magnoni

Centro per la Cultura Ludica “Walter Ferrarotti”Responsabile pedagogicoMaria Carla Rizzolo

Cura redazionale del presente volumeRosella Fonsato

Progetto graficoGiuseppe Filosa

StampaAgit Mariogros Industrie Grafiche s.p.a.

La mostra “I percorsi della memoria” è stata curata daPaola Catta - ideazioneMarina Caramello - cura redazionaleGiuseppe Filosa - progetto grafico

Un cordiale ringraziamento, per le immagini, i ricordi, le suggestioni a:Bettino Colecchia, Anna e Franco Contardo, Umberto de Renzo, Marina Devescovi, Giuseppe Filosa, Roberto Fiochi,Sergio Fronetto, Camilla Galvani, Luciano Gibelli, Giuseppe Ippolito, Elio Nebiolo, Mariangela Nigrotti,Pier Giorgio Romerio e al Comune di Trino (VC)

InfoCentro per la Cultura Ludicavia Fiesole 15 - 10151 Torinotelefono [email protected]

www.comune.torino.it/iter

© Città di Torino, ITER 2011edizione fuori commerciopubblicazione a supporto dell’azione pedagogica dei docenti e libera consultazione degli allievi e dei familiari

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Indice

Premessa pag. 5

I percorsi della memoria l’inverno e le altre Stagioni pag. 7

Giochi con attrezzi semplici la trottola pag. 9le biglie pag. 11sassi, monete, noci e tappi di bottiglia pag. 15la lippa pag. 17le figurine pag. 19giocare con il corpo pag. 21giocare a... pag. 25

Alberi e arbusti per giocare uomini e alberi pag. 27l’albero di Natale pag. 29la fiera di sant’Orso: un evento millenario pag. 31

Una tradizione italiana: il presepearte e tradizione del presepe pag. 33presepi di carta e calendari dell’avvento pag. 35

Sorprese d’inverno giochi di neve pag. 37

Giocare con l’immaginario gli angeli pag. 39

Una tradizione italiana: la Befana la Befana vien di notte... pag. 41i re Magi antagonisti della Befana? pag. 45la Befana è una strega? pag. 47

Di festa in festa: il carnevaleechi di primavera pag. 49Carnevale italiano pag. 51

Ricette d’invernoil sapore della festa pag. 53

La mostra pag. 55

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Premessa

È sempre difficile parlare di gioco, è molto più significativo giocare. La mostra I percorsi della memoria, l’inverno e le altre stagioni si presenta come un’occasioneper incontrare attraverso i diversi modi di giocare, la storia e la cultura delle comunità con-tadine e urbane dei primi decenni del ‘900.Lo sforzo è teso ad affrontare il compito della testimonianza non in maniera nostalgica, main modo creativo e attuale, proponendo accanto alla memoria, le possibili trasformazioniche consentono di recuperare oggi, con l’uso di materiali contemporanei, la dimensione lu-dica e la giocabilità di ieri.Infatti l’azione è nello spirito dei giocatori: “dai iniziamo a giocare e poi si vede come va!”Difficilmente si leggono tutte le regole, magari solo le principali per iniziare il gioco, si ri-corre alle istruzioni per dirimere le questioni quando non ci si mette d’accordo o quando ilgioco langue e serve una verifica.In questo caso trattandosi di giochi radicati nella memoria di giocatori del secolo scorso,giochi che spesso non vengono utilizzati e condividisi nella dimensione quotidiana, ci èparso importante lasciarne una traccia agita e scritta, che potesse essere testimone itine-rante della cultura ludica.L'idea di presentare in un percorso-mostra i giochi e i giocattoli tradizionali è nata dall'in-contro con personaggi di tutte le età, che hanno permesso di raccogliere e di documentarele loro memorie ricche di aneddoti, di curiosità. Dove la chiarezza espositiva unita alla pre-cisa rappresentazione grafica (racconti, schede tecniche, ricostruzioni fedeli) consentonodi accompagnare correttamente la ricostruzione dei giocattoli e, volendo, di eseguirla conestrema facilità.Nell'immediato dopoguerra la cultura popolare ha visto un netto declino e, nella metà de-gli anni '70, se ne potevano trovare tracce prevalentemente nei libri, nei nastri magnetici enei nascenti musei.Il lavoro di ricerca sul “giocattolo povero”, quello autocostruito, affrontato da GiancarloPerempruner, si è rivelato impegnativo e complesso, spesso è stato necessario ricorrere al-l'intervista e alla ricostruzione dei giocattoli.Questa operazione però, ha permesso di mettere in luce un aspetto estremamente posi-tivo, tipico delle passate generazioni: la grande capacità manuale che consentiva diprodurre molti giocattoli, per lo più stagionali. A questo concorreva una vasta conoscenzadei materiali che si trovano in natura e la tradizione di conservare tutte le cose per il mo-mento inutilizzabili.Il recupero dei giochi, dei giocattoli e delle filastrocche tradizionali non deve essere vistocon nostalgica compiacenza per il passato. Infatti un recupero indifferenziato, condurrebbea errate interpretazioni, come credere che giochi e giocattoli siano il segnale gioioso dellasocietà contadina e, successivamente, industriale.In realtà l'infanzia non era allora protetta e felice esattamente come non lo è oggi, soprat-tutto in alcune particolari categorie sociali.

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Ciò che è importante è che questi giochi e giocattoli esposti e raccontati sono il prodottodi un ambiente, la testimonianza di usi e mentalità tipiche di un determinato periodo e diuna determinata comunità. Sono, in sostanza, una preziosa documentazione che dovrebbeaiutarci a interpretare il passato correttamente evitando idealizzazioni o demonizzazionifuori luogo. Inoltre la cultura ludica della tradizione popolare, costituita da giochi e giocat-toli che imitavano la vita contadina e della periferia industriale urbana, aveva il grandepregio pedagogico di non sostituire la vita reale con i mondi virtuali di oggi (dalla televi-sione al cinema a internet).Quando i materiali per il gioco dovevano essere recuperati venivano più spesso valorizzatela creatività e l’iniziativa. L’ambiente naturale offriva i materiali più adatti: l’acqua, il fango,la sabbia, i sassi, le canne, le foglie, i fiori, gli alberi e gli arbusti erano “i giocattoli dei bam-bini”, materiali ludici che l’industria del giocattolo non potrà mai riprodurre.Alcuni giochi del passato non sono più proponibili oggi, poiché lo sviluppo urbanistico-in-dustriale ha cambiato le condizioni ambientali ed i ritmi di vita delle famiglie. Nel repertorio dei giochi tradizionali, si trovano proposte che sollecitano i bambini all’ac-quisizione di importanti abilità sul piano percettivo e motorio, che stimolano la capacità diorganizzarsi con i compagni; si tratta, in genere, di giochi con regole da fare in gruppo.Questo tipo di cultura ludica un tempo si trasmetteva direttamente fra ragazzi e bambiniin luoghi di aggregazione quali cortili, strade, giardini.Oggi i luoghi del gioco sono, tendenzialmente, più solitari e chiusi, diventa perciò impor-tante trovare pretesti per rilanciare occasioni di gioco all’aperto, con materiali semplici e,quando possibile, autocostruiti.Nella civiltà del consumo e del culto del tempo libero è ancora necessario sostenere il di-ritto al gioco per tutti i bambini, difendere spazi e tempi per il gioco inteso comeimperdibile esercizio di autonomia, strumento insuperabile per confrontarsi con la cono-scenza del mondo e di se stessi.In questo contesto la diffusione, la trasmissione e la reinvenzione del gioco e del giocare,obiettivi fondanti del Centro per la Cultura Ludica, si sviluppano anche attraverso il progettoMostre in gioco per consentire, attraverso l’itineranza, di condividere contenuti e pratica lu-dica, per riportare l’accento sulla cultura ludica, sulle molte forme del gioco che, oggi comenel passato, concorrono alla crescita culturale dell’uomo.

Maria Carla RizzoloResponsabile Centro per la Cultura Ludica

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l’inverno e le altre stagioni

I percorsi della memoria

C'erano una volta, e ci sono ancora, igiochi e i giocattoli della tradizionepopolare. La lunga vita di alcuni diessi è dovuta ad una ricetta semplice:poche regole variate mentre la so-stanza resiste alle mode e alle nuoveesigenze. Molti altri giochi e giocattoli sonostati invece dimenticati: l'evolversidei tempi, delle condizioni economi-che, del mercato, l'impraticabilità at-tuale di strade e cortili sono condi-

zionamenti che non possiamo ignorare. Ma basta un po’ di spirito lu-dico, un po’ di coraggio nelle proposte e la memoria antica scrittadentro di noi si risveglia, le nostre abilità sopite ritrovano energia:nessuno resiste all'invito al gioco.Nelle nostre società i giocattoli sono di serie, realizzati in materie pla-stiche, elettrici, elettronici, computerizzati; per gli adulti rappresen-tano un veicolo per introdurre il bambino nel ruolo sociale che rive-stirà da grande. In questa dimensione la persona in crescita non"crea" i giochi, ma ne è semplice e passiva proprietaria.Anche in passato il giocattolo poteva costituire un elemento di

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utile avvio ai compiti dell'e-tà adulta, ma il bambinoveniva coinvolto nella pro-gettazione e costruzione,essendo l'età adulta unadimensione in cui il fare co-stituiva elemento impre-scindibile di sussistenza,oltre che di collocazionesociale nella comunità.Il bambino era chiamato amettere in atto le sue abili-tà, le sue risorse creative eimitative sfruttandole sulpiano privilegiato del gioco,libera e felice espressione disé. Costruire un giocattolo, inventare un gioco è un piacere unico. Losapeva bene Giancarlo Perempruner, alla cui memoria la mostra è de-dicata, che con la sua ricerca e la sua passione ci ha regalato non so-lo documenti e testimonianze preziose, ma lo spirito al quale questopercorso si ispira.La mostra si propone di raccontare e valorizzare la risorsa gioco, conl'augurio a tutti i visitatori di scoprire o ritrovare nelle tracce dellatradizione qualcosa di sé, la propria originale dimensione ludica.

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la trottola

Giochi con attrezzi semplici

Nota in molte parti del mondo (Eu-ropa, Asia, Americhe), la sua presen-za nelle culture e nella storia si perdenella notte dei tempi.Di trottole trattano antichi riti, nelcorso dei quali si traevano auspici dalsuo modo di roteare o saltellare; inun passo di Pindaro se ne parla addi-rittura in modo intrigante (Afrodite

dona una trottola a Medea per sedurre Giasone). Omero, Platone, Ari-stofane, Virgilio raccontano di trottole.Per costruire le trottole venivano usati i materiali più diversi: ter-racotta, bronzo, ferro e anche oro. Di uso frequente il legno di bos-so, facile da trovare e durissimo. La trottola classica (strombos pres-so i Greci, turbo presso i Romani) veniva lanciata a mano libera aiu-tandosi con uno spago. Il paleo rappresenta una variante della trot-tola: si tratta di un cono appuntito che viene fatto girare per mez-zo di una frusta.Trottola e paleo accompagnavano sfide tra villaggi medievali perstabilire supremazie campanilistiche, aiutavano addirittura le au-torità per la gestione dell'ordine pubblico: le trottole venivanomesse a disposizione dei contadini durante i mercati affinché, ol-

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tre a riscaldarsi, occupassero in mo-do decoroso le ore di ozio, evitandorisse e stravizi.La trottola moderna ha conservato lasemplicità originaria: al di là della pro-duzione di serie, rimane un giocattoloessenziale, che chiunque può costrui-re con i materiali più disparati.

l'uovo di ColomboLa storia è nota, addiritturaproverbiale. Far stare inpiedi un uovo fu una sco-perta leggendaria al puntodi significare, nel linguag-gio corrente, il saper daresoluzione semplice a unproblema complesso. Che siano stati CristoforoColombo o Bramante oBrunelleschi a risolvere laquestione è cosa misteriosa. Poco importa: provare per credere. Basta agitare for-temente e a lungo un uovo e poggiarlo poi con delicatezza su un piano. Ma se cisi vuole divertire senza rischiare una frittata, è meglio usare un uovo di legno, co-me quelli da rammendo. Può diventare, all'occorrenza, una divertente trottola.

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le biglie

Giochi con attrezzi semplici

Si gioca a biglie da moltissimo tem-po. Erano già note agli Egizi e ai Ro-mani, prima di Cristo. Terracotta, pie-tra, vetro, acciaio, marmo i materialipiù usati. Nella memoria collettiva il gioco conle biglie ha ancora un posto, sia pureun poco polveroso. Certo molti ricor-dano cocenti sconfitte e trionfali vit-torie in cui l'abilità di mano e una in-conscia pratica delle leggi fisiche ge-nerava il rispetto degli amici. Giocomaschile per eccellenza, in Italia re-

sta ancorato all'età infantile. Ma le biglie ebbero invece una fortunaparticolare e duratura nei Paesi anglosassoni, Gran Bretagna e StatiUniti, dove anche oggi gli adulti ne praticano il gioco. In Italia gli adul-ti smisero di giocare a biglie nel Settecento. Nei negozi di giocattoliè possibile trovare confezioni di biglie importate dalla Gran Bretagnae corredate di istruzioni per i diversi giochi. Sorprende l'estrema cura delle regole, l'elevata specializzazione dellinguaggio, la varia nomenclatura. I bambini inglesi dividono le bigliein commoneys (le più comuni) e alleys (biglie d'alabastro), i ragazzi ame-

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ricani le chiamano kabo-las, steelies, jumbos, milkies,peewees a seconda dellagrandezza maggiore ominore. Dei tantissimi giochi conbiglie e palline è soprav-vissuto, presso di noi, il"circuito". Le biglie si sfi-dano lungo una pista sa-pientemente tracciata interra dai giocatori com-piendo una vera e propria corsa, irta di difficoltà e ostacoli (buche,curve profonde, particolari modalità di lancio obbligatorie su alcunitratti). In mancanza di biglie, si giocava con tappi a corona, sassolini,noccioli, bottoni.

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la bottiglietta "bicicletta"Ai tempi di Binda e Guerra, campioni diciclismo, nacque una bevanda che rivo-luzionò il gusto degli Italiani: la gazosa.Prediletta da atleti e ciclisti, dissetantee popolare, la gazosa apparve in unaconfezione rivoluzionaria, la bottigliacomunemente chiamata "bicicletta". Ilnome derivava non solo dall'associa-zione all'amatissimo sport di quegli an-ni, ma dal fatto che nelle fabbriche in

cui era prodotta gli operai lavoravano a cottimo e, dunque, dovevano "pedalare"per stringere i tempi di produzione. Oggi introvabile, la "bicicletta" sfruttava un ingegnoso meccanismo per mantene-re gassato il suo contenuto. All'interno del collo era inserita una biglia di vetro mo-bile sulla ranella di gomma che stava all'interno dell'imboccatura. Capovolgendola bottiglia, per effetto del gas contenuto nella miscela liquida (zucchero, acqua,limone e tartrato acido di po-tassio), la biglia andava a pre-mere contro la ranella con uneffetto di chiusura ermetica.Bastava premere sulla bigliacon la punta del dito per apri-re la bottiglia. Una strozzaturasul collo della bottiglia impe-diva poi alla biglia di finire sulfondo. Amatissima dai bambini, veni-va usata per la pesca "a bom-ba" nei torrenti, sfruttando larapidità di chiusura e la fortepressione interna. Rotta labottiglia e recuperata la bigliadi vetro…

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sassi, monete, noci e tappi di bottiglia

Giochi con attrezzi semplici

Sostituti delle biglie, ma non solo, isassolini hanno un ruolo di primopiano nei giochi di competizione.Piuttosto piccoli e piatti, sono idealiper sfidarsi lungo i fiumi; se lanciaticon perizia, i sassi rimbalzano sul-l'acqua e il numero di rimbalzi deter-mina il vincitore.Le monete hanno avuto buona partenei giochi di un tempo, dando al vin-citore non solo un primato, ma ancheun effettivo guadagno.Sbattamuro era un gioco molto popolare di cui conosciamo due ver-sioni: nella prima i giocatori scaglia-no la moneta contro un muro. Vincequella che rimbalza più lontano eguadagna le altre monete in gioco.Nella seconda le monete scivolanoverso la base del muro e vince quellache si è avvicinata maggiormente. In questo gioco, oltre all'abilità,

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contava il peso dellemonete: più leggereper la prima versione,molto pesanti per laseconda.Quanto durava? Fino ache la disponibilità fi-nanziaria dei giocatorinon era ridotta a zero.Il gioco delle noci, an-tichissimo, arriva a noicol nome di nocino: fat-to un castelletto con lenoci e posta in cima un'altra noce, vince chi, da una certa distanza,colpisce e butta giù l'insieme.Gioco infantile per eccellenza, entrò nel linguaggio corrente degli an-

tichi Romani: "lasciare le noci" indicava l’età della vi-ta in cui l’infanzia finisce e cominciano le prime re-

sponsabilità.Una menzione a parte meritano i tappi a coro-na. Perfetti per il gioco di squadra, colleziona-

bili per colore e marchio, i tappi a coronahanno animato battaglie di eserciti imma-ginari, partite di calcio, sfide in piste im-

provvisate. Calciotappo e ciclotappo erano giochi diffusissimi: nel primo,utilizzando un tappo di sughero svuotato come pallone, i tappi a co-rona venivano impiegati come "calciatori", sapientemente mossi sulcampo dalle dita svelte dei bambini. Nel secondo si costruiva un "cir-cuito" sulla terra, disseminato di curve e cunette, poi, a colpi di pol-lici e indici ben calibrati, i tappi "ciclisti" iniziavano la competizione.Tappomuro era invece in tutto simile alla seconda versione del giococon le monete.

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la lippa

Giochi con attrezzi semplici

Occorrente per il gioco: un ampio spazio, un vecchio manico di scopa o un ramo.Costruire una lippa è semplice: dal manico di scopa si ricavano unbastone maneggevole e un segmen-to più corto a due punte, la lippa ve-ra e propria.

Scopo del gioco: alzare la lippa (col bastone o con lemani), colpirla al volo e farla rotearelontano. Il bastone, oltre che per“battere”, è l'unità di misura per sta-bilire chi ha effettuato il lancio piùlungo. Per due o più giocatori, questosemplicissimo gioco appassionava iragazzi. È conosciuto anche come Ci-rimela, dai due vocaboli che segnava-no l'uno l'apertura del gioco da partedel battitore (Ciri!) e l’altro il consen-

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so degli altri ad ef-fettuare la battuta(Mela!).Antenato del base-ball, aveva alcuneregole ferree: se ilbattitore, lanciatala lippa a mezz'a-ria, non riusciva acoglierla con il ba-stone e a lanciarla,veniva dichiarato"cotto" e sostituitoda un altro. Se il colpo riusciva,ma gli avversari af-ferravano la lippaprima che cadesse, il battitore veniva comunque sostituito. Se ad ac-chiappare la lippa era invece un compagno di squadra, questi dove-va rilanciarla indietro al battitore il quale cercava di colpirla di nuo-vo, scagliandola il più lontano possibile.

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le figurine

Giochi con attrezzi semplici

Dentro una figurina si racchiude unmondo di giochi e di relazioni. Alle-gate a prodotti di largo consumo ovendute singolarmente nelle edicoleo nelle cartolerie, le figurine traccia-no una mappa variegata di usi, co-stumi e consuetudini ancora diffuse.Amate per le raccolte da custodiregelosamente o per giochi e scambi,le figurine con le loro illustrazioni se-gnano i gusti del tempo e traccianoponti immaginari con la storia. Incommercio dalla fine dell'Ottocento,le figurine raccontano

per immagini i grandi libri (dalla Divina Commedia diDante a Cuore di De Amicis), le guerre, le fiabe, glisport, le città del mondo, gli animali esotici, i volti deibambini, i personaggi storici, le auto, i personaggidella TV e del cinema… Le illustrazioni sono pen-sate per accattivarsi un pubblico di bambini e diadolescenti i quali, oltre alla raccolta, si dedica-no allo scambio e all'uso delle figurine per in-

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numerevoli giochi, fino a servirsene per sostituire il denaro in proibi-tissimi giochi d'azzardo o di carte.Molti editori si specializzano in questa produzione, scegliendo conoculatezza temi e argomenti in grado di resistere al tempo e alle mo-de. Così, se le figurine "di guerra" hanno vita breve, quelle che illu-strano libri, città, animali attraversano le generazioni.I bambini le prediligono per i giochi: è la quantità di figurine a co-stituire un vero capitale da investire e, per chi vince, un bottino pre-stigioso.Figurine più pesanti servono per i giochi in cui il lancio e la caduta so-no fondamentali. I giocatori ben forniti possono sfidarsi di fronte almuro lanciando a turno la propria figurina sul-le altre: chi "tira su", vince tutta la posta che èper terra. Una bella variante è conosciutacome America: da un'altezza prefissata si la-sciano cadere a terra le figurine, quella chesi sovrappone a un'altra le vince tutte.Un'altra possibilità consiste nel porrepacchetti di figurine su una serie di ba-rattoli che i giocatori, da una certa di-stanza, dovranno colpire con un sas-so. Chi abbatte il bersaglio vince laposta.

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giocare con il corpo

Giochi con attrezzi semplici

Il corpo è un interessante “attrezzo”per giocare. Economico e sempre dis-ponibile, si presta ad una serie pres-soché infinita di attività ludiche, aqualsiasi età. Fin dalla nascita, ilbambino acquista una sorta di con-sapevolezza rispetto all'uso del corpoper soddisfare bisogni o per giocare:è il primo strumento con cui si misu-

ra e sul quale costruisce i più importanti apprendimenti. In stagionisuccessive della vita la libertà di gioco del corpo è non solo una fon-te di piacere e di divertimento, ma la premessa all'autonomia, all'e-spressione di sé e alla qualità delle relazioni.Fermiamoci qui e ri-prendiamo il filo dellamemoria. In tempi di minore di-sponibilità economicae maggiore presenzadi spazi (sia aperti chechiusi) per i bambini, igiochi corporei aveva-

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no grandissima diffusione. Abbiamo già dettoquanto il corpo sia attrezzo semplice e disponi-

bile. Aggiungiamo che, nel gioco, è anche il piùantico. Campana, Mondo e Settimana sono

giochi non solo antichissimi, ma co-nosciuti a tutte le latitudini. Gli stu-diosi concordano nel ritenerli l'evo-luzione, in chiave ludica, di pratiche

astrologiche ancestrali. Il tracciato di-segnato sulla terra, il numero dellecaselle a rappresentare giorni o“piani” dell'universo (la terra, il cie-

lo) e la pietruzza o piastrella usata peravanzare saltando su un piede solo raffi-

gurerebbero le costellazioni e il sole neisuoi movimenti stagionali. L'esito del

lancio della pietra, dentro e fuoridalle caselle, ricorda i rituali di in-

dovini e maghi conoscitori del casoe del destino. Nel gioco della Campana, di

cui Mondo e Settimana sono sinonimi, ritrovia-mo elementi del gioco dell'oca e del labirinto,

ugualmente antichi: il corpo funge da pedinache si sposta sul tracciato e conquista, di

volta in volta e con regole ferree, l'ul-tima casella, finalmente in salvo datrabocchetti e penitenze. I bambini

e i ragazzi si sono sbizzarriti nell'inventaretracciati complessi e ricchi di imprevisti. Sal-

tando su un piede solo bisogna centrarecon la pietra una casella precisa, evitar-ne altre, non pestare le righe, a volte ri-petere il percorso e, solo alla fine, si po-

tranno poggiare entrambi i piedi. Chi

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sbaglia, perde il turno.Nella variante del Saltari-ga ogni casella guadagna-ta dà diritto a tracciare leproprie iniziali. Ogni erro-re obbliga a cancellarle.Vince chi, alla fine delpercorso, ha segnato conil proprio nome ogni pun-to del tracciato. A San Francisco i ragaz-zini giocano a Campana (Hopsoth, cioè salto scozzese)in 19 modi diversi…

Mani rosse Era un gioco da fare in casa, d'inverno, ma-gari vicino alla stufa. Pochi elementi necessari: un minimo di tregiocatori e riflessi pronti. Il primo giocatorepone una mano sul proprio ginocchio e glialtri sovrappongono ciascuno una mano suquella dell'altro. A questo punto è il turnodell'altra mano: il primo giocatore la ponesu quella dell'ultimo e gli altri a seguire. Allafine si avrà una pila di mani sovrapposte. Ilgioco ha inizio quando il primo giocatoresfila da sotto le altre mani la sua prima ma-

no posta sul ginocchio e tenta di colpire con forza l'ultima mano posta sulla pila.Sono ammesse "finte" e falsi colpi: tutto si gioca sui riflessi dei partecipanti, svel-ti a sottrarre al colpo la propria mano. Il gioco termina a "mani rosse", quando cioètutti i giocatori non sono più in grado di tollerare altri colpi.

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giocare a ...

Giochi con attrezzi semplici

Ricordate, fra i classici dell'infanzia,quel gioco senza nome che chiama-vamo "facciamo che…"?Si trattava di stabilire, attraverso que-sta frase di magica potenza, ruoli im-provvisamente nuovi, situazioni im-maginarie, a volte improbabili. Tutto, ma proprio tutto, rientrava nel-le regole del "facciamo che…", dal di-ventare poliziotti al trasformarsi in si-gnore della buona società riunite in-torno a un tè improvvisato, dal gioca-re a cowboys e indiani all'impersona-re principi e principesse oppure i me-stieri degli adulti. Nel linguaggio tec-nico queste attività si chiamano "gio-

chi di ruolo" e "giochi di imitazione". Siamo all'interno della sfera sim-bolica, una parte importante dell'evoluzione della persona, che si ma-nifesta con grande precocità. Già molto prima dei tre anni è possibi-le vedere nei bambini attività imitative riferite agli adulti e alle azio-ni che svolgono.Il gioco imitativo impegna emozioni forti. Nel gioco della guerra si

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spara, ci si ferisce, si muore perfino. In quello delmercato la compravendita avviene con gran-de serietà. È la dimensione ludica a permet-tere una rappresentazione tanto realisticaquanto innocua: impersonare equivale adassumere liberamente e autonomamente lecaratteristiche di qualcuno o qualcosa, rima-nendo sempre se stessi. Imitando si cresce. Ibambini dell'antichità giocavano ai giudici, aiguerrieri, ai venditori del mercato. Ogni cul-tura, in ogni tempo, stabilisce i suoi ruoli diriferimento, ma il significato profondo delgioco non cambia: è un allenamento alla vita fu-tura, all'assunzione di responsabilità e compiti tipici degli adulti (spesso molto meno avventurosi ed esaltanti).Il gioco simbolico traccia sempre una linea di genere: ci sono giochimaschili e giochi femminili, anche se l'educazione delle generazionipiù giovani si è orientata ad una maggiore flessibilità.Nel nostro viaggio della memoria ci piace ricordare oggetti che han-no segnato profondamente questo tipo di giochi: le fionde, gli archie le frecce, le bambole “povere” e le risorse incredibili di tutti gli in-colti e delle campagne, che permettevano la fabbricazione di stru-menti e oggetti ludici notevoli: chi non ha giocato alla cucina o almercato servendosi di erbe, foglie, frutti, bacche, pietre e terra? Chinon si è lanciato in spericolati agguati, novello Robin Hood o im-prendibile apache, munito di arco e frecce? Chi non ha vissuto alme-no un'ora da pirata o da Robinson Crusoe in una capanna improvvi-sata su una fantastica isola deserta?Oggi qualcosa è cambiato. La TV propone ai nostri bambini modellida imitare che, a loro volta, sono imitazioni iperboliche della realtà.Il rischio corrente è che le presenze virtuali abbiano una credibilitàmaggiore di quelle reali. Si tratta di un presente con il quale occorrefare i conti, perché la tecnologia è uno strumento per l'uomo, non unobiettivo dell'evoluzione.

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uomini e alberi

Alberi e arbusti per giocare

Se anche ricordassimo a memoriatutte le categorie e la nomenclaturapazientemente ordinate da Carlo Lin-neo, illustre botanico, la vera cono-scenza degli alberi e degli arbusti an-drebbe ancora oltre, dentro quel fittoreticolo di saperi e azioni formatosinei millenni, frutto del rapporto quo-tidiano intercorso fra uomini e alberi. Simbolo ispiratore di concetti pro-fondi legati alla vita e ai suoi valori,l'albero è alleato dell'evoluzione dell'uomo la quale, emergendo fati-cosamente dalla stretta dei bisogniprimari (proteggersi, alimentarsi, ri-

schiarare la notte, scaldarsi), approda all'immaginario, ai desideri, al-la creazione di tutto ciò che rende la storia umana espressione di cul-tura. La vicenda della nostra specie, fin dagli albori, trabocca di ri-ti creati intorno agli alberi e alla loro presenza: il potere politico oreligioso, le insegne militari, sociali e di stirpe, persino le similitu-dini e i modi di dire correnti sfruttano l'albero e l'arbusto nella lo-ro interezza.

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I giochi non sono da meno. L'albero non è solo primiti-vo riparo dai pericoli dellanotte, combustibile per ilfuoco e la luce, fonte di me-dicamento e di sostenta-mento: sugli alberi ci si ar-rampica per sfida o per co-gliere la "cuccagna" posta incima, i loro rami robusti ac-colgono le altalene e le funi,i frutti servono per fare col-lane e biglie. Di nocciolo selvatico e ca-stagno sono fatti gli ani-mali intagliati, i cerchi, gliarchi, le fionde e le lippe;con la canna si fanno flau-ti, girandole con la segala etrombe con le zucche sec-che; i frutti dell'acero sem-brano fatti per volare. Nelle nostre città popolosee invase dalle auto, la pre-

senza di alberi, sia pure in un minuscolo spazio verde ricavato neglisnodi delle strade e dei corsi, è ancorateatro di scambi, di giochi, diincontri tra generazioni, unpiccolo segnale di continui-tà nella storia di un lega-me millenario.

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l’albero di Natale

Alberi e arbusti per giocare

Già gli antichi Egizi addobbavano al-beri. Erano costituiti da piccole pira-midi di legno, ad imitazione dei piùgrandi monumenti in pietra e deco-rarli aveva un significato propiziato-rio. Sulla punta della piramide venivaposta una ruota solare e sulle facce siponevano dei bastoncini da incen-diare. Se il fuoco avesse raggiunto lacima della piramide l'anno sarebbestato fortunato. I Romani usavanoaddobbare i pini durante la festa in-vernale dedicata a Saturno.In Europa furono i popoli scandinavie germanici ad ereditare questa tra-

dizione: addobbavano gli alberi per celebrare il solstizio d'inverno.Nel nord dell'Europa, infatti, l'apparizione del sole, inteso come lucee calore di vita, era sentita, al pari degli Egizi, come un segnale dibuon augurio. Molte leggende spiegano poi la diffusione dell'alberodi Natale nella tradizione europea.Una di queste vuole che sia stato san Bonifacio d'Inghilterra ad adot-tare l'abete come simbolo religioso.

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Durante i suoi vagabon-daggi attraverso la Ger-mania, Bonifacio abbat-té una quercia presso laquale erano stati sacrifi-cati tre uomini agli deipagani. In luogo della querciaspuntò e crebbe un abeteche Bonifacio considerò unsegno della presenza di dio.Un'altra leggenda tedesca diceche i sempreverdi divennero tali almomento della nascita di Gesù, coprendo-si di foglie verdi in segno di rispetto. Da allora pini e abeti hanno as-sunto il significato che conosciamo. L'albero di Natale, dunque, rac-chiude in sé numerosi simboli culturali e religiosi: candele e luci ap-pese ai suoi rami richiamano gli antichi riti del sole e della luce, maanche la nascita di Cristo come luce del mondo. Dobbiamo però aMartin Lutero il consolidarsi della tradizione: fu lui che, ispirandosi

alle migliaia di stelle che ri-splendevano in una notte geli-da intorno al 1530, decorò il pri-mo abete di lumi, affinché ibambini pensassero alla lucelontana della stalla di Betlem-me. L'uso di sradicare e portarenelle case gli abeti e i pini èsuccessivo. In Italia questa tra-dizione arrivò molto più tardi: ilnostro Paese, come diremo piùavanti, è celebre per il presepe.

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la fiera di sant'Orso: un evento millenario

Alberi e arbusti per giocare

Ogni anno, da mille anni, Aosta fe-steggia il patrono sant'Orso, a finegennaio, con una fiera popolare e ar-tigiana. Riprendendo la tradizioneoriginaria, la fiera di sant'Orso si pro-pone come occasione di incontro escambio tra gli abitanti della valleche possono trovare, sulle moltissi-me bancarelle, oggetti d'uso comuneo domestico, strumenti di lavoro, og-getti d'arte, zoccoli e calzature, tuttirigorosamente fatti a mano. Nonmancano i giocattoli, i mobili, glistrumenti musicali. Il legno è il veroprotagonista: ciliegio, rovere, ontano,ginepro, bosso, salicone, frassino,nocciolo, noce, castagno, pero, acero,abete, pino cembro, larice, betulla…l'elenco degli alberi che fornisconomateria prima è lunghissimo. San-t'Orso è una delle ultime fiere checonserva intatta l'anima più schietta-

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mente popolare e tradi-zionale dell'artigianato.Gli oggetti in vendita, purmantenendo il fascino unpo' rude delle cose pro-dotte manualmente e inmodo non seriale, sonoperfettamente funzionalialle nostre esigenze di og-gi e sfidano senza timorei prodotti industriali inplastica o altri materialisintetici.Chiunque visiti la fierapotrà verificare che la suastoria millenaria è rima-sta pressoché intatta: tu-risti e appassionati delgenere si mescolano in-fatti con gli abitanti dellavalle che scendono al ca-poluogo per presentare iloro prodotti, scambiare,vendere, contrattare co-me probabilmente avve-niva intorno all'anno Mil-le, quando la fiera rappre-

sentava una scadenza neces-saria e l'occasione per ap-provvigionarsi di quanto ser-viva al lavoro e alla vita do-mestica quotidiana.

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arte e tradizione del presepe

Una tradizione italiana:il presepe

Non stupisca la presenza del presepetra i giochi e giocattoli d'inverno. Pre-parare il presepe, allestirlo, inventar-si scenografie, paesaggi, animazioninon toglie nulla al significato religio-so, aggiunge anzi intimità e parteci-pazione. L'inventore del presepe, sanFrancesco d'Assisi, fu uomo dotato digrande spirito ludico. La drammatiz-

zazione corale della nascita di Cristo fu un'operazione culturale im-portante, innestata sulla tradizione dei poeti e cantori di strada, al-l'epoca veri e propri divulgatori di cultura presso il popolo.Francesco allestì il primo presepe vivente a Greccio, ispirandosi alvangelo di Luca che racconta con semplicità e commozione la nasci-ta di Cristo nella stalla. Ancora oggi a Greccio la sacrarappresentazione del presepe vivente si ripete ogni anno.Ma vogliamo parlare anche del presepe inanimato: muschio percreare i prati e carta stagnola o specchi per simulare torrenti elaghetti, farina bianca e bambagia per la neve, statuine di ogni tipoe fattura per rappresentare i mestieri degli uomini, pastori dormien-ti e donnine con il bambino in collo, falegnami, pescatori, fabbri,panettieri… è il presepe delle nostre case, un tempo tramandato di

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generazione in generazio-ne, custodito gelosamentee preparato insieme, gran-di e bambini, con gioia edivertimento.Il più antico si deve ad Ar-nolfo di Cambio ed è cu-stodito nella basilica diSanta Maria Maggiore aRoma. Ma i presepi più ce-lebri furono creati fin dalRinascimento dagli artigia-ni napoletani i quali, an-che oggi, continuano la lo-ro squisita produzione in via san Gregorio Armeno. I pastori furono esono ancora la loro specialità: figure ben caratterizzate, non di radoassumono le sembianze e i ruoli di personaggi noti e viventi delmondo politico, del costume, dello sport, dello spettacolo. Perché no? È una maniera di continuare la tradizione di Francescod'Assisi, portando sempre più vicino alla gente lo spirito della Nati-vità e conservando al presepe quel carattere intimo e familiare che nefa il simbolo più schietto della tradizione natalizia italiana.

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presepi di carta e calendari dell’avvento

Una tradizione italiana: il presepe

La consuetudine, diffusa in tutto ilmondo cattolico, di preparare il pre-sepe in occasione delle feste natalizieha dato origine, nell’Ottocento e nelprimo Novecento, periodi caratteriz-zati da un vero e proprio boom dellacarta stampata, a una produzione dipresepi in carta da ritagliare e mon-tare, destinata alle famiglie più pove-

re, che non potevano permettersi le costose statuine di gesso dipin-to. I fogli per i presepi comprendevano un fondale, le quinte, la grot-ta, le immagini della Sacra Famiglia e dei pastori. Le figure eranoprovviste di una linguetta sulla base che, ripiegata e incollata su unpezzo di cartone (o fermata con un peso, magari un sassolino), per-metteva di tenerle in piedi. Si trattava, in genere, di una produzionenon molto curata, ma rilevante come espressione di costume an-che sotto l’aspetto grafico; d’altra parte era interesse dei fabbri-canti che le figurine avessero un aspetto così precario da esserebuttate via all’Epifania, per essere poi ricomprate alla vigilia delNatale successivo.I primi esemplari in carta sono quelli di Alberto Ronco (Milano 1610),seguono le incisioni di Pietro Antonio Mancinelli (secolo XVIII) e di

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Gerolamo Cattaneo. Esisto-no presepi famosi, comequello disegnato da GuidoMarussig nel 1916, interes-sante dal punto di vista grafi-co in quanto presenta figuri-ne d una modernità cui ilpubblico non era abituato;questo presepe, prodottodalla ditta P.I.E.G.A. (Prodot-ti Italiani Educativi Giocattoli Artistici) di Milano, rimasta sul merca-to per un periodo di tempo piuttosto limitato, costituisce una vera ra-rità. Curiosamente, le sembianze e i vestiti dei vari personaggi ri-specchiano l’epoca contemporanea al disegnatore, non quella stori-ca della Natività. Così il falegname, il fabbro, le contadine, sembranousciti da un mondo sospeso tra fiaba e realtà che rappresenta l’im-maginario di tutti.

I "calendari dell'avvento"sono invece un prodotto moderno e di ispira-

zione laica. Tipici del mondo anglosassone,hanno messo radici anche da noi e sono

assai diffusi, soprattutto negli ultimianni. Prodotti anch'essi in carta, con-tribuiscono in modo giocoso al cli-ma di attesa del Natale: per ognigiorno d'avvento i bambini trova-no uno sportellino da aprire, all'in-terno del quale c'è una figurinaammiccante (babbo natale, un al-

bero, fiocchi di neve, giocattoli) e,spesso, una piccola sorpresa o un

dolciume. L'ultima casella corrispon-de al 25 dicembre e, di solito, nasconde

la figura di Gesù bambino e una sorpresapiù consistente.

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giochi di neve

Sorprese d’inverno

Un antico detto contadino recita"Sotto la neve pane e sotto l'acqua fa-me". La neve è sempre stata benvolu-ta nelle nostre culture: garanzia diraccolto per chi lavorava la terra epretesto ricco di spunti fantastici peri narratori di casa. Ma le prime nevi-cate invernali, che mettono di buonumore i nostri sciatori, erano una fe-sta per i bambini e i ragazzi. Anche oggi, nonostante le città guar-dino alla neve come a una fonte didisagio e di impedimento alla circo-

lazione, i parchi urbani raccolgono frotte di bambini entusiasti.Il primo gioco che la neve ispira è quello del semplice contatto: ilpiacere di toccarla, manipolarla, affondare piedi e gambe, rotolar-si, tuffarsi, lasciarsi cadere a "fare lo stampo"… la neve e i bambi-ni hanno un rapporto privilegiato: la temperatura aumenta e invi-ta ad uscire, un silenzio intimo e magico avvolge le cose, tutto ciòche la neve tocca diventa scenario di situazioni eccitanti e giochimolto piacevoli. Fare a palle di neve è il gioco più diffuso: una in-nocua guerra in cui al bersaglio prescelto non si dà tregua finché

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non viene letteral-mente sepolto.I negozi di giocattolie di articoli sportivipropongono slitte ebob disegnati conperizia tecnologica,ma prima della pro-duzione industriale ibambini riuscivanocomunque ad inge-gnarsi con quelloche trovavano: una tavola ben piallata, un vecchio copertone, un sac-co (compresi i più recenti sacchi in nylon per l'immondizia)fungevano perfettamente da slitte per gare e rapide scivolate daipendii. I meno ardimentosi si davano alla scultura: i pupazzi di neveoccupavano intere giornate e l'obiettivo era sfidare la stagione eguardarli sciogliere lentamente al primo sole.

il cristallo di neveLa neve cade a fiocchi, si sa. Ma ogni fiocco contiene un gran numero dicristalli. Ciascuno è formato da una piccolissima goccia d'ac-qua che, a temperatura inferiore a 0°, precipitando, combi-

na miliardi di molecole in ricami aghiformi e stelliformi asimmetria esagonale. È impossibile trovare due cristalli di neveuguali: ciascuno obbedisce ad una geometria misteriosa. Fu WilsonA. Bentley a stabilirlo, dopo cinquant'anni di osservazioni iniziatequando era ragazzo a Jerico (USA) con un piccolo microscopio.Un gioco da fare? Disegnare o costruire il proprio cristallo, magari dopo una pas-seggiata in mezzo alla neve intatta e gelata: in tali condizioni è pos-sibile, talvolta, “catturare” l'immagine di qualche cristallolievemente deposto sullo strato più fresco e superficiale.

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gli angeli

Giocare con l’immaginario

L'immaginario non è la fantasia. Den-tro l'immaginario si collocano sogni edesideri i quali, in qualche maniera,hanno a che fare con la realtà. Nel-l'immaginario si trovano figure, azio-ni, pensieri evocati da qualcosa chefacciamo, sentiamo, tocchiamo, vi-viamo.Cosa sono gli angeli? Non sappiamodarne una definizione senza impego-larci in oscuri meandri simbolici.

Preferiamo collocarli nell'immaginario, come hanno fatto gli artistidi ogni epoca, siano essi pittori, scultori, scrittori, musicisti, poeti. Nelle rappresentazioni sacre, gli angeli si mostrano in ruoli impor-tanti: annunciatori, difensori, presenze protettive, schiere al serviziodel divino. Sono creature alate di straordinaria bellezza e di indefini-bile genere: tra il divino e l'umano, l'angelo crea un ponte spiritualeche nutre anche l'immaginario. Angeli bambini popolano il Natale,angeli adulti e pazienti accompagnano in modo impalpabile la vitadelle persone, o così ci piace pensare. Si definisce “angelo” una persona buona e “angelica” ogni cosa cheispiri bellezza, spiritualità, purezza, sia essa creatura vivente, cibo,

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immagine, musica… L'angelo, per molti,rappresenta il futurodopo la morte, l'evol-vere dell'umano inuna dimensione ri-pulita dal dolore edal male e pronta avegliare su chi è ri-masto in terra.

Dedichiamo questo piccolo spazio agli ange-li nel nostro cammino attraverso il gioco e la

memoria, per la loro presenza nei pre-sepi e nella simbologia del

Natale, per quel loro ruolocosì indefinibile, tra sacro e pro-

fano. Perché, allora, non provare a“mettere le ali” a qualcosa di noi: non èforse un bel gioco?

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la Befana vien di notte...

Una tradizione italiana: la Befana

Epifania (termine greco colto che in-dica la manifestazione del divino informa visibile), Befania (storpiaturapopolare dello stesso termine, conmolte varianti nei dialetti italiani, aindicare la manifestazione di Cristoai re Magi, simbolo del sapere uma-no), Befana: questo è il percorso eti-mologico che conduce al personag-gio della strega vecchia, brutta e un

po' stracciona, protagonista del Nata-le tradizionale italiano.

In molte regioni del nostro Paese, infat-ti, è la Befana la più attesa e la più prodi-

ga di doni, una strega buona con tanto di scopa che vola nottetemposui tetti e dentro le case, unica nel suo genere.Una leggenda italiana spiega così la presenza della Befana il 6 gen-naio: la notte che i Magi erano in viaggio verso Betlemme, essi si fer-marono presso la casa della Befana per chiedere ospitalità, ma la vec-chia era troppo indaffarata per occuparsi di loro. Essi ripartirono e laBefana pensò che li avrebbe accolti al ritorno. Ma i Magi, compiuta lavisita a Gesù, cambiarono strada e la vecchia non li vide mai più. Per

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punizione fu condannata a cercareper sempre il luogo in cui il bambi-no Gesù si trovava.Per questo ogni anno simette in viaggio la not-te dell'Epifania e la-scia un dono nellecase in cui ci sonobambini: spera sem-pre che tra loro si trovi Gesù. Ma questa signora senza tem-po ha illustri antenate: la dea Strenia, per-sonificazione della salute pubblica, era pergli antichi Romani ciò che la Befana è per noi. Quello che noi chia-miamo strenna (spesso si tratta di un piccolo dono in denaro fatto aibambini il 6 gennaio) deriva appunto dal nome della dea romana: stre-nae erano detti infatti i doni simbolici scambiati durante la sua festa.

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perché la data del 6 gennaio èstata scelta per celebrare

l'Epifania? Fu la Chiesa d'Oriente, at-tenta a cristianizzare gli an-tichi riti pagani, a stabilirla:in quella data l'Oriente noncristiano celebrava infatti labenedizione delle acque,simbolo di vita e prosperità.Dobbiamo invece la datadel 25 dicembre alla Chie-sa d'Occidente che, conuguale lungimiranza, posela festa del Natale alla sca-denza degli antichi riti inonore del Sole.

La Chiesa Cattolica, in seguito, acquisì entrambe le ricorrenze per ce-lebrare in modo grandioso la venuta di Cristo.

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la Befana del vigile urbanoTorino, anni Venti del Novecento. Il lavoro delle guardie comunali subisce una ra-dicale trasformazione: da garanti dell'ordine (poco amati dalla popolazione, neiconfronti della quale svolgono compiti di controllo e di repressione) i vigili si tra-sformano in agenti di polizia stradale con il compito di disciplinare e gestire il cre-scente traffico motorizzato della città. Appaiono agli incroci, in piedi sulle pedane,con qualsiasi tempo, per garantire la circolazione e l'incolumità delle persone.Così i Torinesi cominciano a sentire il vigile urbano come amico, come tutore. Ilperiodo delle feste natalizie è il più duro: a Torino fa freddo, c'è la nebbia, piove,nevica e il vigile intirizzitocontinua il suo lavoro perla strada. Dapprima comegesto di amicizia occasio-nale, poi per tradizione,comincia l'offerta sponta-nea di piccoli doni da par-te dei cittadini nel giornodell'Epifania. Una bottigliadi vino, un panettone, unascatola di cioccolatini, unpacchetto di sigarette: lagente accosta i vigili, sullepedane e per le vie, e fa gliauguri. Nasce così la“Befana del vigile” unaconsuetudine che a Torinoresiste fino a metà deglianni Settanta. Proprio inquel periodo la manifesta-zione si snatura: le grandiindustrie locali approfitta-no della tradizione per far-si pubblicità gratuita. Così, per rispettare la veraspontaneità dei cittadini eoffrire un'immagine di cor-rettezza, gli stessi vigili to-rinesi si pronunciano per ilsuo annullamento.

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i re Magi: antagonisti della Befana

Una tradizione italiana: la Befana

Ma quanti erano, in realtà, i re Magi?Ci piace pensare che fossero tre e ve-nissero dalla Persia. Altre fonti sostengono fossero due, laChiesa armena ne testimonia dodici.Quello che però ci interessa è com-prendere chi fossero questi perso-naggi così importanti nella nostratradizione, attori fondamentali nel-la rappresentazione del presepe.Secondo Erodoto i Magi erano sacer-doti appartenenti a una tribù dellaMedia, antica regione persiana devo-ta alla dottrina di Zarathustra. Conquesta fama raggiunsero le culture

d'Occidente e, nella Roma imperiale, si finì con l'identificare i Magicon i sacerdoti babilonesi, dediti invece all'astrologia e alla magia.Così il termine “mago” raccolse in sé significati diversi: sapiente, uo-mo di casta sacerdotale e stregone dedito a incantesimi e prodigi. IVangeli accreditano la più antica definizione, spirituale e colta. I lorodoni sono l'espressione di valori elevati: l'oro simbolo di ricchezza difronte al Re neonato, mirra e incenso come balsami pregiati per ono-

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rare e santificare.In Europa, fin dal Medioevo, la tradi-zione dei Re Magi ebbe gran fortuna;in Italia si diffuse soprattutto al Norde nelle isole. La leggenda vuole chesia stata sant'Elena, madre dell'im-peratore Costantino, a scoprire lespoglie dei tre re e a farne dono aEustorgio, vescovo di Milano, il qua-le eresse una basilica a loro

intitolata, che oggi porta invece il suo nome. I Magi furono oggettodi profonda venerazione non solo in Lombardia, ma anche in moltealtre regioni italiane.Anch’essi divennero per ibambini fonte di doni. Perquesto, la notte del 5 gen-naio era d'uso lasciarefieno davanti alle porte elucerne accese affinché iMagi trovassero la stradaper Betlemme e ristoroper i cavalli, lasciando incambio un piccolo dono aibambini.Il culto dei Magi è oggi innestato sulla tradizione del presepe: la loropresenza continua a significare il riconoscimento e la venerazione deldivino da parte del sapere umano, il tributo della conoscenza alle ra-gioni della fede. Ma, sui tetti delle case, la notte del 6 gennaio trionfa tutta sola la Be-fana, antagonista assai meno colta e spirituale, ma dotata di quellaconoscenza antica, profonda e un po' misteriosa che rappresenta l'a-nima schietta e popolare, il sapere femminile ancestrale che alimen-ta ancora il nostro immaginario.

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la Befana è una strega?

Una tradizione italiana: la Befana

Su questo non ci sono dubbi: la Be-fana è donna. Ma non a caso. Non cisono paragoni con i sapienti Magi nécon Babbo Natale, munifico e bona-rio. Tutti sono concordi: è vecchia,brutta, malandata, sdentata, malve-stita e, molti testimoniano, dotata diuna lingua lunga e tagliente. Pare ab-bia anche un caratteraccio e, data latarda età, conoscenze magiche mi-steriose e antiche. È una strega, nonvi sono dubbi, e della migliore tradi-

zione. Ma questo non ci stupisce: fenomeno italiano, la Befana la di-ce lunga sul femminile nell'immaginario popolare locale ed europeo.La strega è una figura ambivalente e dotata di un potere che attingealla natura e alla forze dei sentimenti e delle emozioni. Essa incarna,attraverso il travestimento ributtante e l'agire notturno, il sapere na-scosto, custodito nel profondo, mai celebrato dal potere pubblico nériconosciuto dalla scienza. È il sapere popolare, quell'insieme di in-tuito e conoscenza della terra e dei cicli universali sospeso tra vita emorte, tra bene e male.Siamo di fronte a una strega buona e tuttavia inquietante: potrebbe

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non esserlo? Premia e punisce: do-ni ai "buoni" e carbone per i "cattivi". La Befana "sa", in quel misto di saggezza antica e veg-genza di tante nonne contadine. La si vuole vecchia e rinsecchi-ta a rappresentare l'anno che se ne va: per questo in alcune città sene brucia il fantoccio a scopo propiziatorio. In alcune tradizioni regionali se ne traccia un identikit dettagliato: oc-chi di brace, capelli stopposi e irti, bocca sdentata, corpo magrissimoe allampanato, mani nodose e grossi piedi deformi. Una donnastramba che si rende invisibile per spiare i comportamenti e, all'oc-correnza, divertirsi alle spalle dei puniti. Pettegola e impicciona, la

Befana è una che sa tutto di tut-ti: una comare dall'occhio lungoe dall'udito fino, una da cui guar-darsi e di cui non essere nemici.È in tutto e per tutto la summa

dei pregiudizi e delle dicerie sulledonne, il cui sapere, trasversale ailibri di scienza e di storia, alimen-ta paure ancestrali. Eppure,

questa donna, così strana escostante, è la genuinaespressione di una culturaschietta e ben radicata dicui incarna l'immaginario

più ricco: la sua vecchiezza è indice di conoscenza e saggezza, il suosapere indaga i buoni sentimenti, il suo sacco è una fonte inesauri-bile di doni, la sua presenza sfida il tempo. E non dimentichiamo lacosa più affascinante: la Befana sa volare. Non solo sopra i tetti, manei pensieri, nei cuori e nei sentimenti delle persone. Finché conti-nueremo a crederle, beninteso.

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echi di primavera

Di festa in festa: il Carnevale

Di tutte le feste invernali, il Carneva-le è senz'altro la più sfrenata e vario-pinta, un tripudio di energia che pre-lude, con simboli e riti di antichissi-ma origine, al risveglio della vita chesi manifesta nella primavera e nellaPasqua. Anche il Carnevale, come ilNatale, corre sul doppio filo dellascadenza religiosa e popolare. Collo-cato dalla Chiesa fra Epifania e Qua-

resima, raccoglie in sé significati profondi collegati ai cicli della vita,della morte, della trasformazione. Il nome deriva dal latino carnem le-vare, cioè astenersi dal mangiare carne, con riferimento all'espiazionee alla purificazione che la Quaresima impone in preparazione allaPasqua. Per questo i riti carnascialeschi sono all'insegna dell'ecces-so, della liberazione istintuale, dell'espressione grottesca e fantasio-sa. Nella nostra cultura il moderno Carnevale è l'erede dei Saturnali,antichissimi riti di purificazione e propiziazione. Saturno è il dio del-la semina, la divinità che protegge l'istinto di vita, l'energia terrignadei futuri raccolti. L'antico Re di Carnevale, infatti, veniva adornato dipaglia ed erba.Nel tempo, la ritualità originaria si è perduta, conservando solo alcu-

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ne tracce dei più anti-chi significati.Tuttavia, anche nell'o-dierna festa, sopravvi-vono il gusto per losberleffo e per la mes-sa in mostra, spessocaricaturale, dei trattisalienti di personaggie vicende della vitasociale e comunitaria.Una riflessione meri-tano le maschere. Travestirsi, nel Carne-vale, è d'obbligo. La maschera nasconde e svela. La personalità di cia-scuno si cela dietro un abito improbabile, un volto simbolico o mi-sterioso, spesso inquietante. Figure del passato e creature fantasti-che animano improvvisamente le strade: nella tradizione del più cu-po grottesco rappresentano i morti che ritornano e con essi ciò chedentro di noi è sepolto e indicibile. Nella versione solare della festa,sono i colori e le fantasie più trasgressive a manifestarsi, prima dellalunga riflessione quaresimale. Per i bambini il Carnevale è il gran gio-co del travestimento, la possibilità di incarnare eroi personali o di

gruppo, di essere, per qualche giorno,personaggi straordinari. Scherzi, anchedi cattivo gusto, sono d'obbligo, pur-ché si esageri e ci si diverta. La forza

inarrestabile della primavera, il toccointrigante di Saturno si manifestano

così, alla luce del sole, in totale li-bertà affinché, nel ripiegarsi su sestessi in attesa della Pasqua e del-

la vita che rinasce, anima e corpo sianosvuotati, alleggeriti nel profondo.

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Carnevale italiano

Di festa in festa: il Carnevale

La tradizione italiana del Carnevale èricchissima. Il nostro Paese esprimeuna gamma ampia e ben caratterizza-ta di riti e manifestazioni collegate aquesta scadenza. Ogni regione, perfi-no singoli comuni, hanno creato neltempo carnevali tipici,folclorici, che attin-gono dalla storia,

dalla cultura popolare, dalla religiosità e dalle tra-dizioni più antiche.Le maschere della commedia dell'arte italiana,espressione di un teatro colto e popolare insieme,

sono forse l'immagine più forte di quel bi-sogno, tutto carnascialesco, di coniugare realtà efinzione, personalità e caricatura. Ciascuna di esse, daArlecchino a Pulcinella, da Gianduja a Stenterello, in-carna un “tipo” italiano e ne esaspera pregi e difetti.Sulla scena del Carnevale esse celebrano la storia e le

tradizioni popolari, mettendo alla berlina pregiudizi e ca-ratteri divenuti proverbiali. Accanto alle maschere della tradizione, icarnevali italiani si sfidano in gare appassionanti di satira di costu-

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me, producendo, nelle famosissime sfilate, simboli e pan-tomime di grande attualità: politici e personaggi noti tro-vano, nei corsi mascherati, una nuova ribalta e il

Carnevale, forte della tradizione del teatro di stra-da, offre al popolo in piazza la dissacrazione del

potere nei modi più fantasiosi e trasgressivi. Dunque,qualcosa è rimasto dei riti delle origini: si sfogano i ma-lumori, tutto è permesso. Questo aspetto forte si coniu-ga perfettamente con la festa di piazza: il Carnevale italia-

no è anche sontuoso (come a Venezia), ennesimaoccasione per mettersi a tavola o far musica tutta la not-te. I bambini trovano uno spazio privilegiato: le scuolechiudono il martedì grasso e l'unico impegno è trave-stirsi e godersi un giorno di protagonismo assolu-

to. Spogliato quasi del tutto della simbologia reli-giosa cristiana, il Carnevale italiano conserva tuttavia traccedi ritualità: le cerimonie di apertura e chiusura, in molte re-gioni, ricordano ancora gli antichi riti propiziatori; la nominadi "re" e "regine" a presiedere ai festeggiamenti ed elargire do-ni ricorda l'invocazione di ancestrali divinità, chiamate a prepa-rare il futuro rigoglio della terra. I fantocci che vengono bruciati allafine del Carnevale salutano l'inverno che finisce e richiamano riti pri-mitivi di sacrificio e purificazione.

l'inventore dei coriandoliC'era, a Trieste, verso la fine dell'Ottocento, un ragazzinodi nome Ettore Fenderl. Durante il Carnevale si divertivaa seguire il corso mascherato dal balcone. Un bel giornogli venne l'idea di buttare sulle maschere tanti piccolipezzi di carta colorata. La sua trovata piacque moltissi-mo e divenne rapidamente il simbolo del Carnevale.Diventato adulto, Ettore si laureò al Politecnico diMilano e visse, come studioso, a Vienna, dove portò atermine alcune interessanti ricerche sull'uso del radio ascopi terapeutici. Ma il suo nome rimane legato, comun-que, all'invenzione dei coriandoli.

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il sapore della festa

Ricette d’inverno

In ogni cultura e in ogni tempo le fe-ste e le scadenze rituali sono accom-pagnate dal cibo, simbolo di condivi-sione e interiorizzazione dei significa-ti profondi legati ad ogni ricorrenza.Nel nostro tempo e nella maggiorparte dei casi il particolare consumodi cibo in occasione di festività è piùun evento consumistico che rituale.

Tuttavia è possibile rintracciare elementi tradizionali e simboli anchefra le mille allettanti specialità che occhieggiano dalle vetrine di pa-sticcerie e gastronomie in particolari occasioni. Si pensi alle uova eai pesci di cioccolato della Pasqua, riproduzioni golose di un anticomessaggio di vita, sacro e profano insieme, oppure ai raffinati menù“di magro” della Quaresima, in grado di soddisfare i palati più esigentie tuttavia derivati dall'idea originaria del penti-mento e della mortificazione. Accanto asimboli più spirituali, fiorisce una tradi-zione culinaria che esalta il piacere del-la festa, dell'accoglienza, dello stareinsieme.L'inverno, stagione che invita a rima-

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nere in casa, a inventare occasioni e situazioni per animare giornatebrevi e notti lunghissime, è particolarmente ricco non solo di feste,ma dispone di un ricettario vastissimo che, di regione in regione, pro-pone piatti e vivande tipici. Spesso si tratta di piatti unici creati coningredienti semplici, adatti a sfamare e nutrire. Moltissimi sono i dol-ci (un toccasana energetico, nella stagione fredda), anche perché lamaggior parte delle feste invernali sono dedicate ai bambini.

òss de mòrdQuesti dolci molto invernalidevono il nome alla loro parti-colare combinazione di durez-za e friabilità. Gli “ossi damordere” (òss de mòrd) deri-vano da una antichissima ri-cetta milanese, ma sonoconosciuti in tutto il NordItalia dove, attraverso signifi-cative storpiature dialettali,prendono anche il nome, piùmacabro, di “ossa di morto”.Ottimi se accompagnati a vino moscato, richiamano gli altrettanto famosi cantuc-cini toscani.

la ricettaScottare in acqua bollente 200 grammi di mandorle, pelarle e affettarne 50 gram-mi sottilmente. Pestare le restanti mandorle nel mortaio unendo a poco a poco150 grammi di zucchero. Quando il tutto sarà ridotto in polvere, versare su unaspianatoia. Pestare nel mortaio con 30 grammi di zucchero 5 chiodi di garofano eun pizzico di cannella. Unire il tutto sulla spianatoia. Accendere il forno a 200° eimburrare una placca. Mescolare al composto sulla spianatoia 150 grammi di fari-na bianca e bagnare il tutto con del vino marsala fino a che non si otterrà una pa-sta piuttosto soda. Lavorarla bene e poi dividerla a pezzetti che saranno arrotolatitra i palmi delle mani per ottenere dei piccoli cilindri (5-7 cm di lunghezza).Disporli sulla placca imburrata schiacciandoli leggermente e farcirli con le fettinedi mandorle precedentemente preparate. Cuocere nel forno caldo per 30 minuti econsumarli quando saranno freddi. Gli òss de mòrd si conservano a lungo fragrantiin una scatola di latta o in un vaso di vetro a chiusura ermetica.

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La mostra

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Note tecniche sul prestito della mostra I PERCORSI DELLA MEMORIA

La mostra è costituita da 22 pannelli formato cm 70 x 100 e 5 quadridipinti su legno. Il Centro per la Cultura Ludica fornisce inoltre in for-ma concordata oggetti e giocattoli:

Indicazioni per l’allestimento• L'allestimento della mostra richiede la disponibilità di circa 29 gri-glie (o sostegni analoghi), 2 piccole teche (o spazi protetti) e 4 tavolidi mq1, o basi su cui posizionare gli oggetti gioco, per consentire l’e-sposizione dei materiali;• lo spazio necessario per ospitare tutta la mostra è di circa 80/100mq, essendo la mostra modulare è possibile adattarla in un unicospazio o in più stanze;• la mostra è interattiva, gli oggetti e i giochi possono essere maneg-giati con cura, oltre che guardati: è consigliabile quindi predisporre eformare del personale che possa fare da guida al percorso oltre cheanimare lo spazio didattico fornito di grandi giochi che si riferisconoai contenuti dei pannelli espositivi;• è possibile prevedere uno spazio laboratorio didattico attiguo allamostra, per consentire la riproduzione di alcuni oggetti con materia-li semplici di recupero;• la formazione del personale che sarà individuato per guidare la mo-stra, sarà fornita dagli insegnanti del Centro per la Cultura Ludica;• il montaggio e il successivo imballaggio, il carico e lo scarico delleattrezzature e del materiale e l'allestimento sono a carico del richie-dente. Materiali di imballaggio devono essere conservati e riutilizza-ti per la restituzione della mostra.è importante prevedere la presenza di personale per spostare, collo-care e montare alcune parti della mostra.

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Percorso mostraLa mostra presenta i seguenti argomenti:- giochi stagionali, con regole, da fare all'aria aperta- giochi da fare al chiuso (in casa o a scuola) - gli alberi e gli arbusti (simbologia, miti e leggende)- la festa di sant’Orso- l’intagliatore del legno- l’albero di Natale addobbato con materiale naturale e di recupero- il presepe di carta- la neve (curiosità scientifiche, letteratura, giochi)- gli angeli nell’arte, gli angeli metropolitani- la Befana del carbone e quella dei biscotti- ritratti di adulti e di bambini- il Carnevale della tradizione: dal teatro dell’arte ai “magnin” (stagnari e spazzacamini)

- il Carnevale (travestimenti, tradizioni, luna-park)- pannelli fotografici, vecchi libri e cartellini esplicativi per descriverein modo esauriente il mondo ludico del passato

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finito di stampare

nel mese di novembre 2011

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Il gioco, in tutte le sue forme, ha una valenzaeducativa fondamentale nel processo di evoluzio-ne dall’infanzia all’età adulta. La mostra I percorsi della memoria, l’inverno e le altrestagioni racconta, attraverso i diversi modi di gioca-re, la storia e la cultura delle comunità contadine eurbane dei primi decenni del ‘900. Questo lavoropropone di guardare a questi giochi della tradizio-ne non solo per recuperarne la memoria, ma ancheper rivitalizzarne la dimensione ludica, trasforman-doli in modo creativo e attuale, con l’uso dei mate-riali della nostra quotidianità.Oggi i luoghi del gioco sono, tendenzialmente, piùsolitari e chiusi, per questo diventa importante tro-vare pretesti per rilanciare occasioni di gioco all’a-perto, con materiali semplici e, quando possibile,autocostruiti.

con il sostegno di