I MODULO IMPRENDITORE, IMPRESA, AZIENDA...
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I MODULO
IMPRENDITORE, IMPRESA, AZIENDA
Le nozioni di “impresa”, “imprenditore” e “azienda” hanno autonoma
r ilevanza e disciplina giur idica.
IMPRESA
L’impresa come organizzazione
Sul piano tecnico-economico, l’impresa è un complesso organizzato di
fattor i produttivi (capitale e lavoro). Alla nozione sono, dunque,
r iconducibili: i lavorator i, i capitali, i rappor ti organizzati.
In par ticolare l’impresa viene ad assumere r ilevanza come
organizzazione produttiva con r ifer imento a:
- le norme in tema di imprenditore individuale e di società. Tali
normative tengono conto, infatti, anche delle esigenze del complesso
produttivo (in tutte le componenti anche personali) e in favore della
continuità dell’impresa;
- i contratti c.d. di impresa (come appalto, agenzia, banca,
assicurazione nonché gli atipici, come leasing, factor ing);
- le discipline di settore che tengono conto degli interessi generali
coinvolti nell’esercizio dell’impresa regolata (come per le imprese
bancar ie, finanziar ie e assicurative: T.U. in mater ia bancar ia del 1993;
T.U.F. del 1998; Codice delle assicurazioni pr ivate del 2005; per la
tutela del consumatore: Codice del consumo del 2005; per i lavori,
servizi e forniture nel Codice dei contratti pubblici del 2006I;
- gli enti pubblici ter r itor iali (Stato, regioni, province) ai quali è
applicabile la sola disciplina dell’impresa da essi gestita (ex ar t. 2093
c.c. senza assumere la qualifica di imprenditore e r isultare soggetti al
relativo statuto);
L’impresa come attività
L’impresa - oltre che come organizzazione produttiva - viene ad
assumere r ilievo giur idico come attività economico-produttiva esercitata
dall’imprenditore e da questo organizzata. In altr i termini nella
definizione normativa dell’imprenditore, contenuta nell’ar t. 2082 (“È
imprenditore chi esercita professionalmente un’attività …”) il termine
“attività” potrebbe essere linguisticamente sostituito con “impresa”.
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In questa prospettiva, l’impresa è l’attività economico-produttiva
organizzata, ossia il complesso di operazioni economiche (contratti, atti
giur idici e fatti) tra loro organizzate al fine di produrre e scambiare sul
mercato beni o servizi (ar t. 2082).
In tal senso le operazioni economiche compiute dall’imprenditore
nell’esercizio dell’impresa sono elemento costitutivo della nozione di
impresa come attività.
IMPRENDITORE
L’imprenditore è la per sona o le persone che esercitano l’impresa, a cui
dunque fanno capo i rappor ti inerenti all’impresa e i relativi beni (non
necessar iamente in propr ietà).
Nell’impresa societar ia, avendo r iguardo al soggetto che ne è titolare
possono essere individuate: (i) persone (fisiche, collettive e giur idiche)
che appor tano i capitali di r ischio e che espr imono le decisioni di
maggiore r ilievo per la continuità e lo sviluppo dell’impresa (soci); (ii)
persone che gestiscono l’impresa (amministrator i), che possono anche
coincidere con le pr ime (iii) persone che controllano la gestione (per gli
aspetti contabili, di legalità).
AZIENDA
L’azienda rappresenta un complesso tecnico-economico organizzato dei
fattor i della produzione al quale r isulta estraneo il soggetto che esercita
l’impresa (imprenditore).
Come complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio
dell’impresa (ar t. 2555) è coessenziale nella normalità dei casi alla
figura dell’imprenditore (ar t. 2082).
L’IMPRENDITORE
Nozione generale.
La nozione di imprenditore nel codice civile ha carattere generale:
comprende l’esercizio professionale di ogni forma di attività economica
produttiva organizzata diretta al mercato dei beni e servizi: “È
imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica
organizzata alfine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”
(ar t. 2082).
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La nozione comprende quindi l’imprenditore medio-grande e il piccolo
imprenditore (ar t. 2083), l’imprenditore agr icolo (ar t. 2135) e
l’imprenditore commerciale (ar t. 2195).
L’imprenditore commerciale è tale con lo svolgimento professionale di
una attività economica-produttiva diversa da quella agr icola:
un’attività industr iale (comprese espressamente in essa le attività di
traspor to, bancar ia e assicurativa) ovvero un’attività commerciale
(ossia intermediar ia nella circolazione dei beni) nonché un’attività
ausiliar ia ad ogni tipo di attività industr iale o commerciale (agente,
mediatore).
Attività.
Ai sensi dell’ar t. 2082 l’imprenditore diviene tale a seguito dell’esercizio
di fatto dell’attività (“è imprenditore chi esercita”).
Per “attività” si intende una pluralità di fatti, atti e contratti
preordinati ad un fine/r isultato unitar io. Essi vengono in
considerazione per la loro natura economica (e non giur idica), come
pluralità di operazioni economiche poste in essere dall’imprenditore, in
funzione del fine unitar io che nell’ar t. 2082 è costituito dalla
produzione ovvero dallo scambio di beni o servizi.
Tenuto conto che anche l’attività di scambio è produttiva di r icchezza,
deve r itenersi che l’attività dell’imprenditore è costituita da una
pluralità di operazioni coordinate tra loro da un fine produttivo.
Economicità.
L’attività deve essere economica, cioè potenzialmente produttiva di
r icchezza. Ciò significa che l’attività deve essere svolta con modalità che
consentano (almeno potenzialmente, ex ante) la coper tura dei costi con i
r icavi nel medio per iodo.
Non è quindi economica un’attività di volontar iato che eroghi servizi o
beni senza la programmazione di r icavi che siano potenzialmente atti a
copr ire i costi.
L’attività non deve essere necessar iamente a fine di lucro, non essendo
r ichiesto dall’ar t. 2082 (diversamente, nella nozione del contratto di
società, introdotta dall’ar t. 2247, è previsto espressamente il fine della
divisione degli utili: si tratta del c.d. lucro soggettivo).
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Per conseguenza, anche l’associazione con finalità r icreative, che
gestisca un servizio di r istorazione, è imprenditore commerciale.
Professionalità.
L’attività deve essere esercitata professionalmente. Ha carattere di
professionalità un’attività che sia svolta con abitualità e non
occasionalmente: non è quindi imprenditore chi realizza un singolo
spettacolo o un occasionale servizio di traspor to.
La professionalità non implica, necessar iamente, continuità nel tempo:
è imprenditore anche chi esercita un’attività stagionale, come
un’attività di stabilimenti balnear i in una località tur istica.
Quanto alla società, si r itiene che la stessa abbia il requisito della
professionalità per il solo fatto che ponga in essere rappor ti giur idici
con i terzi, in linea con la previsione dell’ar t. 8 cod. comm. 1882, che
r ichiedeva, per l’acquisto della qualità di commerciante, l’abitualità
per la persona fisica ma non per le società.
La professionalità non r ichiede un’attività prevalente o esclusiva. Per
conseguenza, può essere imprenditore anche chi svolge altre
occupazioni, come l’impiegato (pubblico e pr ivato), ovviamente se
r icorrono i r equisiti posti dall’ar t. 2082.
Inoltre un’attività è esercitata professionalmente solo se è diretta ai
terzi. In altr i termini, la professionalità implica una naturale direzione
dell’attività a un numero indeterminato di terzi per i quali l’attività
venga esercitata nel contesto di un mercato che fruisce dei beni o servizi
forniti dall’imprenditore. Non è quindi attività professionale l’attività
svolta per conto propr io e non destinata al mercato.
Legittimità.
L’attività non deve essere necessar iamente legittima perché venga
acquistata la qualità di imprenditore. Anche se sussistono ragioni di
incompatibilità giur idica, come per l’impiegato dello Stato al quale è
vietato l’esercizio di imprese commerciali, il soggetto diviene
imprenditore. Egli subirà le sanzioni previste dall’ordinamento di
impiego, ma r imane soggetto alla disciplina dell’imprenditore.
Ciò vale anche per l’attività intr insecamente illecita, come per la
gestione professionale di un casinò non autor izzato o l’attività di
scambio di merci di contrabbando.
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Organizzazione.
È inoltre requisito per l’acquisto della qualità di imprenditore che la
stessa attività sia organizzata dall’imprenditore al fine produttivo e
formi così un’organizzazione produttiva o impresa in senso economico.
L’impresa, presupposta nelle nozioni di imprenditore e di azienda, ha
così due significati:
- soggettivo: attività esercitata dall’imprenditore;
- oggettivo: organizzazione produttiva (costituita dai fattor i
dell’intermediazione organizzatr ice: capitale e lavoro).
È quindi imprenditore anche chi organizza ed esercita, nella qualità di
socio unico, la direzione e il coordinamento di un gruppo di imprese in
forma societar ia in attuazione di un progetto unitar io. Anche senza
propr i dipendenti, l’imprenditore organizza i finanziamenti, li colloca
in una o altra società gruppo, decide le strategie di ogni società. Quindi
si realizza una organizzazione produttiva anche nella holding
finanziar ia di par tecipazione: il magazzino è costituito dalle
par tecipazioni possedute (holding personale). Ugualmente è
imprenditore il gioielliere che ha investito capitali commerciante in
pietre preziose, che rappresentano il c.d. magazzino della sua azienda,
anche se non ha lavorator i dipendenti.
Acquisto e perdita della qualità .
Il compimento di atti di organizzazione dell’attività è sufficiente a
integrare l’esercizio dell’impresa per l’imprenditore individuale, anche
se l’attività di produzione o di scambio di beni o servizi non è ancora
iniziata, quando gli atti e le operazioni compiute siano tali da costituir e
essi stessi un’attività organizzata, preordinata alla produzione o alla
vendita, con caratter istiche percepibili dai terzi con i quali il soggetto
abbia posto in essere atti o contratti.
Per converso l’imprenditore perde tale qualità allorché sia cessata
l’attività e sia ormai disgregata l’organizzazione di impresa. Per le
procedure concorsuali tuttavia l’imprenditore commerciale mantiene
tale qualità e può essere assoggettato ad esse entro un anno dalla
cancellazione dal registro delle imprese anche se l’insolvenza si è
manifestata dopo la cancellazione.
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IMPRENDITORE OCCULTO (IMPUTAZIONE)
Posto che, nell’ar t. 2082, l’imputazione individuale della qualifica di
imprenditore è prevista solo a seguito dell’esercizio dell’attività, per
l’imprenditore individuale l’esercizio dell’attività imprenditr ice si deve
ester ior izzare nei confronti dei terzi,
Non è per tanto r iconosciuto come imprenditore il c.d. imprenditore
occulto, il quale si affidi, per l’esercizio dell’attività, ad un prestanome
al quale fornisca i capitali e dia istruzioni.
Imprenditore è il prestanome perché agisce nei confronti dei terzi a
propr io nome nell’esercizio dell’attività di impresa.
In altr i termini, l’imprenditore individuale o si appalesa come tale
nell’esercizio dell’attività o non è imprenditore, ma solo mandante nei
rappor ti interni con il prestanome mandatar io, senza effetti nei
confronti dei terzi (questi ultimi sussistono solo in caso di mandato con
rappresentanza, con spendita del nome ex ar tt. 1704 e 1705).
IMPRESA FAMILIARE
L’imprenditore individuale può essere assistito, nell’esercizio della sua
attività, dai familiar i.
Una tale fattispecie viene presa in considerazione dall’ar t 230.bis e
configura l’impresa familiare. Si tratta di un istituto che è preordinato
alla tutela del lavoro dei familiar i dell’imprenditore allorché la loro
attività non sia r iconducibile o regolata da altra disciplina (come, ad
esempio, il rappor to di lavoro subor dinato).
L’imprenditore r imane titolare dell’impresa e mantiene la qualifica ai
sensi dell’ar t. 2082.
L’impresa familiare viene a determinarsi e, dunque, la disciplina
introdotta dall’ar t. 230.bis viene a trovare applicazione per il solo fatto
che sussista una prestazione di lavoro continuativo nell’impresa ovvero
nella famiglia (“il familiare che presta in modo continuativo la sua
attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare .. .“).
Per “familiar i” si intendono: (i) coniuge; (ii) parenti entro il terzo
grado; (iii) affini entro il secondo.
A detti familiar i è r iconosciuto:
- Il dir itto al mantenimento secondo la condizione patr imoniale
della famiglia;
- Il dir itto a par tecipare agli utili dell’impresa familiare;
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- Il dir itto a par tecipare ai beni acquistati con detti utili;
- Il dir itto a par tecipare agli incrementi dell’azienda anche in
ordine all’avviamento;
Detti dir itti sono r iconosciuti in proporzione alla quantità e qualità del
lavoro prestato.
Ai familiar i che prestano la loro attività nell’impresa è, inoltr e,
r iconosciuto il dir itto a concorrere alla decisioni in ordine a:
- l’impiego degli utili e degli incrementi;
- la gestione straordinar ia;
- gli indir izzi produttivi;
- la cessazione dell’impresa.
Tali decisioni sono adottate a maggioranza.
Il dir itto di par tecipazione può essere trasfer ito solo a favore di altr i
familiar i con il consenso di tutti e può essere liquidato in danaro alla
cessazione della prestazione di lavoro e in caso di alienazione
dell’azienda. In quest’ultimo caso e in caso d i divisione ereditar ia i
familiar i hanno dir itto di prelazione sull’azienda.
IMPRESA CONIUGALE
Agli ar tt. 177-191 è prevista la disciplina della impresa coniugale.
L’istituto è preordinato a tutela del coniuge e trova applicazione se i
coniugi non hanno derogato al regime di comunione legale, che si
costituisce con il matr imonio.
Occor re distinguere il caso delle aziende costituite da uno dei due
coniugi dopo il matr imonio e gestite da entrambi da quello delle aziende
costituite pr ima del matr imonio e, successivamente, gestite da entrambi.
L’azienda costituita da uno dei coniugi dopo il matr imonio e gestita da
entrambi i coniugi entra in comunione legale, salvo che con atto
pubblico non abbiano disposto lo scioglimento della comunione (ar t.
191).
L’azienda, che è gestita da entrambi i coniugi dopo il matr imonio, resta,
invece, nella titolar ità del coniuge che le ha costituita pr ima del
matr imonio, il quale mantiene, altresì, la qualifica di imprenditore
individuale. Ad entrare in comunione legale sono esclusivamente gli utili
e gli incrementi dell’azienda.
Avendo r iguardo ad ambedue le aziende:
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- gli atti di amministrazione ordinar ia competono disgiuntamente ad
entrambi i coniugi, che hanno altresì la relativa rappresentanza in
giudizio;
- gli atti di amministrazione straordinar ia e la relativa rappresentanza
in giudizio competono congiuntamente, ma possono essere confer ite
deleghe ognuno al compimento di tutti gli atti necessar i all’attività
dell’impresa.
In caso di lontananza o di impedimento di un coniuge, l’altro può essere
autor izzato dal tr ibunale al compimento degli atti di straordinar ia
amministrazione e di necessità dell’atto (ar t. 182).
In ordine all’azienda in comunione legale (in quanto costituita dopo il
matr imonio), il tr ibunale può dare l’autor izzazione al compimento di
atti di straordinar ia amministrazione necessar i nell’interesse
dell’azienda in caso di dissenso tra coniugi (ar t.181).
LA DISCIPLINA DELL’IMPRENDITORE
Lo statuto applicabile a tutte le figure r iconducibili alla categor ia di
imprenditore (ar t. 2012) si ar ticola nella seguenti discipline:
- pubblicità legale: registro delle imprese;
- concorrenza: limiti contrattuali, atti di concorrenza sleale,
antitrust;
- cooperazione: consorzi, reti delle imprese, GEIE (gruppo
europeo di interesse economico), raggruppamenti temporanei;
- tutela dei consumator i nei contratti degli imprenditor i
nell’esercizio delle loro attività.
L’iscrizione nel registro delle imprese.
Con la legge 29 dicembre 1993, n. 580 (ar t. 8) è stato istituito il registro
delle imprese (ar t. 8), dando attuazione all’ar t. 2188.
L’ufficio, istituito su base provinciale presso la Camera di Commercio, è
retto da un Conservatore (il segretar io generale o un dir igente della
Camera di Commercio) ed è sottoposto alla vigilanza di un Giudice
delegato dal Presidente del Tr ibunale del capoluogo di provincia. La
tenuta del registro delle imprese avviene secondo tecniche informatiche.
L’iscr izione dei fatti dei quali la legge prescr ive l’iscr izione avviene su
domanda o, se l’iscr izione è obbligator ia — come l’iscr izione
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dell’imprenditore — anche d’ufficio su ordine del Giudice del registro.
In caso di r ifiuto del Conservatore per assenza delle condizioni di legge,
può essere proposta opposizione al Giudice del registro. Contro il
decreto del Giudice del registro è dato il r icorso al tr ibunale, che
pronunzia anch’esso con decreto (ar tt. 2189-2192).
A chiunque omette di r ichiedere l’iscr izione obbligator ia è ir rogata una
sanzione amministrativa.
La pubblicità legale ha una generale efficacia dichiarativa:
- si presume che i terzi non siano a conoscenza dei fatti per i quali non è
stata effettuata la prescr itta iscr izione, con la conseguenza che non sono
opponibili ai terzi (efficacia negativa) salvo che si provi che il terzo ne
aveva conoscenza (dunque: presunzione semplice, che si r isolve
nell’inversione dell’onere della prova) (ar t. 2193, comma 1; per le
società per azioni ar t. 2448, comma 1);
- si presume la conoscenza del fatto iscr itto da par te dei terzi
(presunzione assoluta o iur is et de iure), con la conseguenza che il fatto
è opponibile al terzo anche se questo non ne ha avuto conoscenza
(efficacia positiva: ar t. 2193, comma 2).
L’obbligo di iscr izione nel r egistro delle imprese con efficacia
dichiarativa della pubblicità è previsto per l’imprenditore
commerciale, l’imprenditore agr icolo, il piccolo imprenditore agr icolo
coltivatore dir etto, la società semplice.
L’iscr izione ha funzione di mera cer tificazione anagrafica e notizia per i
piccoli imprenditor i non agr icoli (ar tigiano, piccolo commerciante e
piccoli imprenditor i ausiliar i, come i piccoli mediator i) (ar t. 8, comma
5, legge 29 dicembre 1993, n. 580).
L’iscr izione ha efficacia costitutiva (positiva) per le società di capitali e
mutualistiche, che, con l’iscr izione, acquistano personalità giur idica
(ar t. 2331 , comma 1, per le società per azioni e r ichiami normativi
all’ar t. 2331 per tutte le altre società). Le modificazioni dell’atto
costitutivo, la fusione, la trasformazione e la scissione sono efficaci solo
con l’iscr izione nel registro delle imprese (ar tt. 2436, comma 5; 2480;
2500, ult. comma; 2502-bis; 2504-bis, comma 2; 2545-novies).
La cancellazione dal registro ha efficacia costitutiva (negativa) per tutte
le società, determinandone l’estinzione.
La disciplina della concorrenza.
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I patti contrattuali limitativi della concor renza (ar t. 2596), i c.d. car telli
– se non r ientrano nella fattispecie intesa ex ar t. 2 della legge 10 ottobre
1990, n. 287, (c.d. legge Antitrust), sono validi nei limiti di durata di
cinque anni purché siano circoscr itti ad una determinata zona o
attività.
Non è necessar ia la forma scr itta a pena di nullità, ma deve essere
provato per iscr itto (ar t. 2596), con la conseguenza che se è avvenuto
verbalmente può essere provato solo per confessione in giudizio o per
giuramento decisor io defer ito dall’altra par te (ar tt. 2725, 2730 e 2736).
La concorrenza sleale
L’ar t. 41 Cost. r iconosce la liber tà di iniziativa economica. Tuttavia ai
sensi dell’ar t. 2598 la concor renza tra imprenditore deve essere
“conforme ai pr incipi della correttezza professionale”.
Nella medesima disposizione sono previste fattispecie tipiche di slealtà
di comportamenti e una clausola generale relativa ad ogni ipotesi di
slealtà concorrenziale.
Ancorché l’ar t. 2598 faccia r ifer imento a “chiunque”, la stessa norma
ha a dichiarato oggetto atti “di concor renza” e, dunque, di
competizione tra imprenditor i sul mercato, con la conseguenza che è da
r itenersi che la stessa trovi applicazione esclusivamente avendo
r iguardo agli imprenditor i (anche non commerciali).
E’ atto di concorrenza sleale illegittimo:
- atti di confusione: l’uso di nomi o segni distintivi idonei a
produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi
legittimamente usati da altr i o il compimento con qualsiasi mezzo
di atti idonei a creare confusione con i prodotti o con l’attività di
un concorrente;
- atti di imitazione: l’imitazione servile di prodotti di un
concorrente;
- atti di denigrazione: la diffusione di notizie e apprezzamenti sui
prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinarne
il discredito;
- atti di appropr iazione: l’appropr iazione di pregi dei prodotti e
dell’impresa di un concorrente.
Ove venga accer tato il compimento di detti atti non è necessar io provare
l’idoneità dell’atto di concorrenza a danneggiare la propr ia azienda.
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Nell’ambito degli atti di denigrazione e di appropr iazione di pregi è
compresa anche la pubblicità comparativa, che viene posta in essere
confrontando i propr i prodotti con quelli di concorrenti, quando essa
sia ingannevole, nonché la pubblicità parassitar ia.
Nell’ambito degli atti non conformi ai principi della correttezza
professionale sono r icondotti: (i) la concorrenza parassitar ia, con
l’imitazione delle iniziative di altr i; (ii) il dumping con vendite
sistematiche sottocosto; (iii) lo storno di dipendenti, attuato con mezzi
non corretti.
L’attività di impresa r isulta inoltre tutelata dalle disposizioni sui segni
distintivi.
La disciplina sanzionator ia degli atti di concor renza sleale prevede:
- il divieto di continuazione degli atti concorrenziali (inibitor ia),
che può essere disposto dal tr ibunale anche con provvedimento
d’urgenza;
- che se si è prodotto il danno diviene applicabile anche la
disciplina r isarcitor ia dell’illecito extracontrattuale - la colpa è
presunta – con la possibilità che venga ordinata la pubblicazione
della sentenza (ar t. 2600).
Quando gli atti di concorrenza pregiudicano gli interessi di una
categor ia professionale, anche gli organismi di rappresentanza della
categor ia sono legittimati all’azione per la repressione della concorrenza
sleale (ar t. 2601).
La disciplina sulla concorrenza sleale è autonoma r ispetto a quella che
all’ar t. 2043 regola l’illecito extracontrattuale in quanto: (i) prescinde
dal danno e dalla colpa; (ii) ha sanzioni propr ie (l’inibitor ia della
continuazione degli atti; misure giudiziali atte a eliminare gli effetti
dell’illecito; la pubblicazione della sentenza); (ii) prevede la
legittimazione degli organismi di categor ia.
IMPRESA SOCIALE
Il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 155 disciplina la fattispecie dell’“impresa
sociale” ai fini del suo assoggettamento ad agevolazioni di var io tipo
(tr ibutar ie, finanziar ie, etc).
La qualifica può essere acquisita da tutte le organizzazioni (ivi compresi
società, enti pubblici economici, enti ecclesiastici) che esercitano, in via
stabile e pr incipale, un’attività economica organizzata al fine della
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produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a
realizzare finalità di interesse generale.
E’ necessar io che dette organizzazioni abbiano i requisiti de: (i)
l’assenza dello scopo di lucro; (ii) l’assenza di controllo ed esercizio di
attività di direzione su di esse da par te di imprese pr ivate con finalità
lucrative e di amministrazioni pubbliche.
Si considerano beni e servizi di utilità sociale quelli prodotti o scambiati
nei seguenti settor i: assistenza sociale, sanitar ia, socio-sanitar ia,
educazione istruzione e formazione, tutela dell’ambiente, patr imonio
culturale, tur ismo sociale, formazione universitar ia e post-
universitar ia, servizi culturali, formazione extrascolastica e servizi
strumentali.
Possono inoltre acquisire la qualifica di impresa sociale le
organizzazioni che esercitano attività di impresa al fine dell’inser imento
lavorativo di lavorator i svantaggiati o disabili.
L’attività è pr incipale quando i relativi r icavi sono super ior i al 70% dei
r icavi complessivi dell’impresa sociale. I lavorator i svantaggiati o
disabili devono essere almeno il 30% dei lavorator i impiegati
nell’impresa.
L’impresa sociale deve essere costituita con atto pubblico che, con le
successive modifiche, deve essere depositato presso l’ufficio del r egistro
delle imprese.
L’impresa sociale è soggetta ad un regime di responsabilità limitata ove:
- sia stato adottato un tipo societar io che la preveda;
- se il patr imonio è super iore a € 20.000,00, scatta la
responsabilità solidale di coloro che hanno agito in nome e per
conto dell’impresa quando r isulta che, in conseguenza di
perdite, il patr imonio è diminuito di oltre un terzo r ispetto a tale
impor to.
L’assenza dello scopo di lucro viene normativamente espressa con il
divieto di distr ibuzione, anche in forma indiretta, degli utili e delle
r iserve a favore dei soci e dei par tecipanti, degli amministrator i,
collaborator i e lavorator i.
Nella denominazione va inser ita la locuzione “impresa sociale” e negli
enti associativi la nomina della maggioranza dei componenti delle
car iche sociali non può essere r iservata a soggetti esterni all’impresa
sociale, salve le norme legali e statutar ie per specifici enti, né la nomina
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delle car iche sociali può avvenire da par te di imprese pr ivate con
finalità lucrative e di amministrazioni pubbliche.
Le modalità di ammissione ed esclusione dei soci, nonché la disciplina
del rappor to sociale sono regolate secondo il pr incipio di non
discr iminazione, compatibilmente con la forma giur idica dell’impresa e
l’atto costitutivo deve prevedere che sul diniego di ammissione o di
esclusione possa essere investita l’assemblea dei soci.
L’impresa sociale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventar i
prescr itti per l’imprenditore commerciale e deve depositare presso il
registro delle imprese il bilancio.
Nel caso di insolvenza è soggetta alla procedura di liquidazione coatta
amministrativa.
In presenza di determinati requisiti, è obbligator ia la nomina di uno o
più sindaci e il controllo contabile è demandato a revisor i.
Nell’atto costitutivo o in regolamento interno devono essere previste
forme di coinvolgimento dei collaborator i e dei destinatar i delle attività,
in modo che essi possano esercitare un’influenza sulle decisioni
adottate, almeno per le questioni che incidano direttamente sulle
condizioni di lavoro e sulla qualità dei beni e servizi prodotti o
scambiati.
LA LEGGE ANTITRUST
La disciplina preordinata alla tutela del mercato e della concor renza è
stata introdotta nell’ordinamento italiano con la legge 10 ottobre 1990,
n. 257.
La disciplina della concorrenza sul mercato r iguarda:
- le imprese e gli imprenditor i ex ar t. 2082;
- tutti i soggetti che forniscono beni o servizi, anche professionali, e gli
enti o associazioni che ne determinino regole di comportamento sul
mercato e che siano in grado, attraverso intese o abuso di posizione
dominante sul mercato, di alterare le condizioni della concorrenza.
Al fine di conseguire un’omogeneità di comportamenti delle imprese sul
mercato europeo e su quello interno, è stato previsto che le norme
contenute nella legge italiana devono essere interpretate in base ai
pr incipi dell’ordinamento della Comunità europea in mater ia di
disciplina della concorrenza (ar t. 1, comma 4, legge n. 287/1990).
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All’Autor ità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) è
attr ibuito il potere - consistente nell’ordinare alle imprese la cessazione
dei comportamenti illeciti - di applicare anche il dir itto comunitar io
concernente le regole della concorrenza sul mercato comune (ar t. 5).
La medesima competenza viene attr ibuita al giudice amministrativo in
caso di impugnazione delle decisioni di AGCM e al giudice ordinar io con
r ifer imento alle r ichieste di r isarcimento del danno da par te delle
imprese danneggiate.
Inoltre al dir itto comunitar io (ar tt. 101 e 102 del Trattato, Regolamenti
comunitar i sulla concorrenza e pr incipi giur isprudenziali della Cor te di
Giustizia CE) deve conformarsi l’applicazione della legge italiana; è
tuttavia consentito che la legislazione nazionale possa introdurre norme
più severe sui comportamenti unilaterali delle imprese economicamente
dipendenti da altra impresa; nonché che possa prevedere norme diverse
laddove intenda perseguire, prevalentemente, un obiettivo diverso da
quello della protezione della concorrenza sul mercato (ar t. 3).
La Commissione europea e le Autor ità garanti della concorrenza degli
Stati membri devono inoltre applicare le regole di concor renza
comunitar ia in stretta cooperazione costituendo una rete comunitar ia di
pubbliche Autor ità (ar t. 11).
Intese
Sono vietati e sono dichiarati nulli ad ogni effetto gli accordi tr a
imprese, le decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate
(nella legge italiana sono tutti r icondotti al termine di “intese”) che
abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restr ingere o falsare il
gioco della concor renza all’interno del mercato comune o, per la legge
italiana, all’interno del mercato italiano o in una sua par te r ilevante
(ar t. 2).
In par ticolare sono vietati accordi, decisioni e pratiche concordate che
consistono nel:
- fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita o
altre condizioni contrattuali (accordi di fissazione dei prezzi);
- limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o
gli investimenti (accordi di limitazione o controllo di produzione o
distr ibuzione, ad esempio con consorzi di contingentamento);
15
- r ipar tir e i mercati o le fonti di approvvigionamento (accordi di
r ipar tizione del mercato);
- applicare, nei rappor ti commerciali con gli altr i contraenti, condizioni
dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi uno
svantaggio nella concorrenza (applicazione di condizioni
discr iminator ie).
Tali accordi, se r ilevanti nel mercato comunitar io, possono essere
autor izzati dalla Commissione mediante regolamenti per determinate
categor ie di accordi e, se r ilevanti nel mercato italiano, da AGCM, se
contr ibuiscono a migliorare la produzione o la distr ibuzione dei
prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico imponendo
alle imprese interessate solo le restr izioni indispensabili per raggiungere
tali obiettivi e purché non venga eliminata la concorrenza per una par te
sostanziale dei prodotti.
Abuso di posizione dominante
E’ disposto il divieto di sfruttamento abusivo di una posizione
dominante sul mercato comune o in una parte sostanziale di esso da
par te di una o più imprese nella misura in cui tale sfruttamento possa
essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri (ar t. 102 Trattato)
e il divieto di abuso di posizione dominante all’interno del mercato
italiano o in una sua par te r ilevante (ar t. 3).
In par ticolare, le pratiche abusive possono consistere nel:
- imporre direttamente o indirettamente prezzi d’acquisto o di vendita o
altre condizioni contrattuali;
- limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei
consumator i;
- applicare, nei rappor ti commerciali con gli altr i contraenti, condizioni
dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi uno
svantaggio nella concor renza;
- subordinare la conclusione di contratti all’accettazione di prestazioni
supplementar i che non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti.
AGCM è altresì competente a valutare l’eventuale r ilevanza
anticoncorrenziale dell’abuso di dipendenza economica, che consiste
nell’abuso, da par te di una o più imprese, dello stato di dipendenza
economica nel quale si trovi una impresa cliente o fornitr ice. Una
impresa versa in una situazione di dipendenza economica quando non è
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in grado di reper ire sul mercato alternative soddisfacenti ed è
conseguentemente costretta a subire, nei rappor ti commerciali con
un’altra impresa, un eccessivo squilibr io di dir itti e obblighi (ar t. 9).
Operazioni di concentrazione
Una disciplina par ticolare è prevista per le operazioni di concentrazione
tra le imprese quando queste comportino la costituzione o il
rafforzamento di una posizione dominante sul mercato comunitar io in
modo da eliminare o r idurre in modo sostanziale e durevole la
concorrenza.
L’operazione di concentrazione si realizza mediante:
- fusione tra due o più imprese;
- acquisizione di impresa o di par te di impresa da par te di soggetto che
controlli una o più imprese;
- costituzione di una impresa societar ia comune.
Le operazioni aventi per oggetto o per effetto pr incipale il
coordinamento di imprese indipendenti non danno luogo a
concentrazione.
Le operazioni di concentrazione devono essere preventivamente
comunicate r ispettivamente alla Commissione o a AGCM allorché il
fatturato super i la soglia di r ilevanza comunitar ia o italiana.
Sia la Commissione che AGCM, se sono state fatte infrazioni alle regole
della concorrenza, possono ordinare la cessazione dell’infrazione,
disporre misure cautelar i, accettare impegni delle imprese, comminare
ammende, penalità di mora e qualunque altra sanzione prevista.
L’AZIENDA
Nozione
Nel codice civile l’azienda è definita e delimitata come “il complesso dei
beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa” (ar t.
2555).
I rappor ti giur idici obbligator i attivi e passivi (crediti e debiti) non sono
qualificati come elementi dell’azienda ma “relativi” ad essa (ar tt. 2559 e
2560)
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Sul piano giur idico l’azienda quindi costituisce un “complesso”, ossia
una universitas (universalità) conseguente al vincolo organizzativo
impresso dall’imprenditore, che dà collegamento funzionale e
destinazione unitar ia ai singoli beni aziendali ai fini dell’esercizio
dell’impresa.
Nel codice civile l’“universalità” r iguarda solo la “universalità di
mobili” (“pluralità di cose che appar tengono alla stessa persona e hanno
una destinazione unitar ia” ex ar t. 816) e, dunque, la relativa disciplina
può essere r ifer ita all’azienda solo nel caso che questa sia costituita
esclusivamente da beni mobili e che questi siano di propr ietà
(“appar tenenti”) all’imprenditore.
Avviamento
All’avviamento - quale attitudine dell’organizzazione produttiva, in
quanto tale, a produrre reddito - la legge non ha r iconosciuto una tutela
specifica in quanto lo stesso non ha natura giur idica di bene
(immater iale)
Nella Costituzione trova, infatti, r iconoscimento e tutela la liber tà di
concorrenza tra imprenditor i, quale espressione della liber tà di
iniziativa economica (ar t. 41), che non consente che possa essere
attr ibuito all’imprenditore un dir itto tutelabile erga omnes al propr io
avviamento (la tutela reale garantisce il dir itto di propr ietà, come
dir itto erga omnes di godere e di disporre in modo pieno ed esclusivo ex
ar t. 832), posto che quest’ultimo è continuamente messo in discussione e
pregiudicato propr io dalla concorrenza.
L’avviamento rappresenta solo una qualità dell’azienda. E’ iscr ivibile
come posta attiva nel bilancio di esercizio solo se si è soppor tato un
costo per la sua acquisizione con l’acquisto dell’azienda o di un ramo di
essa, con il consenso del collegio sindacale, nei limiti del costo sostenuto
e deve essere ammor tizzato in un per iodo di cinque anni o per
l’eventuale super iore durata della sua utilizzazione ma, in tale ipotesi,
con adeguata motivazione nella nota integrativa al bilancio (ar t. 2426).
In ogni caso, l’avviamento aziendale ha una tutela, in via indiretta, nei
confronti dei concorrenti dell’imprenditore in caso di comportamenti
non conformi a correttezza professionale (disciplina della concorrenza
sleale ex ar tt. 2598 ss.) e in caso di intese tra imprenditor i o abuso di
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posizione dominante tali da creare effetti distor sivi del mercato (legge n.
287/1990).
L’avviamento r iceve inoltre una tutela indiretta nel trasfer imento,
usufrutto e affitto dell’azienda con il divieto di concorrenza.
Trasferimento, usufrutto e affitto dell’azienda
Una disciplina dell’azienda come bene unitar io è prevista con r iguardo
alla circolazione dell’azienda.
Viene regolato il potere di disposizione e il dir itto di godimento, che
rappresentano le componenti essenziali del dir itto di propr ietà (ar t.
832), con la disciplina del trasfer imento della propr ietà, dell’usufrutto e
dell’affitto dell’azienda.
Per le imprese soggette a registrazione (imprenditore commerciale), i
contratti che hanno per oggetto il trasfer imento della propr ietà o il
godimento dell’azienda devono essere provati per iscr itto (diversamente
il contratto verbale può essere provata solo per confessione o deferendo
giuramento decisor io).
I contratti, r edatti in forma pubblica o per scr ittura pr ivata
autenticata, devono essere depositati per l’iscr izione nel registro delle
imprese nel termine di trenta giorni a cura del notaio rogante o
autenticante (ar t. 2556).
Sull’alienante, sul propr ietar io in caso di usufrutto e sul locatore in
caso di affitto (ove sia imprenditore commerciale; piccolo imprenditore
non agr icoli; per le aziende agr icole limitatamente alle attività
commerciali connesse quando r ispetto a queste sia possibile uno
sviamento della clientela) grava il divieto di concorrenza (ossia il divieto
di intraprendere una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o
altre cir costanze sia idonea a sviare la clientela ceduta) per la durata di
cinque anni dal trasfer imento (nel caso di usufrutto e di affitto: l’intera
durata del contratto).
Le par ti possono stipulare un patto di non concorrenza in limiti più
ampi purché non impedisca ogni attività professionale dell’alienante,
del propr ietar io o del locatore. Se nel patto la durata indicata è
maggiore o non è stabilita, il divieto vale per il per iodo di cinque anni
dal trasfer imento (ar t. 2557).
A seguito del trasfer imento dell’azienda - in deroga alla disciplina del
codice civile che in caso di cessione del contratto r ichiede il consenso
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dell’altra par te (ar t. 1406) – si determina la successione ex lege nei
contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda che non abbiano carattere
personale (ad esempio, quelli con i professionisti) ex ar t. 2558.
In essi subentrano – salvo che sia diversamente convenuto - l’acquirente
dell’azienda, l’usufruttuar io e l’affittuar io ma il terzo contraente può
però recedere dal contratto per giusta causa entro tre mesi dalla notizia
del trasfer imento, salva la responsabilità dell’alienante per
l’affidamento del recedente alla permanenza del contratto con il
contraente or iginar io (ar t. 2558, comma 2).
Non è consentita una diversa pattuizione per i contratti di lavoro
subordinato (ar t. 2112) e per il contratto di locazione dell’immobile in
cui è esercitata l’impresa (il locatore può, tuttavia, opporsi per gravi
motivi entro trenta giorni dalla comunicazione dei trasfer imento
dell’azienda ex ar t. 36, legge 27 luglio 1978, n. 392).
La cessione dell’azienda non determina il trasfer imento automatico di
crediti e debiti come per i contratti.
Per i crediti - in deroga alla disciplina generale che r ichiede, per
l’efficacia della cessione r iguardo al debitore ceduto e ai terzi, la singola
notifica al debitore o la sua accettazione ex ar tt. 1264 e 1265 – il
trasfer imento di quelli pattuiti ha effetto, nei confronti dei terzi, dal
momento dell’iscr izione del trasfer imento nel registro delle imprese. Il
debitore ceduto, tuttavia, è liberato se paga in buona fede all’alienante.
Per i debiti è necessar io il consenso del creditore (ar t. 2560, comma 1).
Nel trasfer imento di un’azienda commerciale, l’acquirente è ex lege
responsabile dei debiti inerenti all’azienda se questi r isultano dai libr i
contabili obbligator i (ar t. 2560, comma 2). I creditor i quindi possono
agire anche nei confronti del nuovo titolare dell’azienda, la quale
continua a costituire la garanzia patr imoniale del credito.
Per il trasfer imento dell’azienda vige il pr incipio generale della liber tà
di forma per la circolazione dei beni mobili (ar t. 1376) e della forma
scr itta per il trasfer imento dei beni immobili (ar t. 1350).
L’atto scr itto è, dunque, r ichiesto in caso di trasfer imento dell’azienda
nelle imprese commerciali ai fini della prova (ad probationem) e non a
pena di nullità (ad substantiam).
E’, tuttavia, r ichiesta l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il
trasfer imento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la
20
par ticolare natura del contratto (così per gli immobili è necessar io l’atto
pubblico).
SEGNI DISTINTIVI
Di seguito si rassegnerà la disciplina sui segni distintivi dell’azienda (la
ditta), del locale (l’insegna) e dei prodotti e servizi (il marchio).
Ditta
La ditta è il segno distintivo dell’azienda, ossia il segno che la identifica
e contraddistingue sul mercato, incorporando anche, nel tempo, parte
dell’avviamento.
La ditta può avere un autonomo valore economico e r iceve una specifica
tutela giur idica, garantendo all’imprenditore un dir itto esclusivo alla
ditta da lui prescelta.
La ditta è autonomamente definita dall’imprenditore in ossequio al
pr incipio di liber tà nella formazione della ditta (ar t. 2563, comma 1) ma
nel r ispetto di alcuni limiti che sono preordinati ad evitare
comportamenti ingannevoli a danno dei concorrenti e dei terzi.
Comunque sia formata, la ditta deve r ispondere al pr incipio di ver ità
or iginar io della ditta che r ichiede l’indicazione del cognome (ovvero
ragione o denominazione sociale) del soggetto che l’abbia costituita:
deve quindi contenere il cognome dell’imprenditore, la ragione o la
denominazione sociale, anche in sigla (ar t. 2563).
Ovviamente potranno essere aggiunte parole atte ad integrare, nella
intenzione dell’imprenditore, l’identificazione dell’azienda.
L’imprenditore commerciale è tenuto all’iscr izione della ditta nel
registro delle imprese, il cui officio deve r ifiutarne l’iscr izione se la ditta
non è conforme alle sopra citate prescr izioni.
La ditta deve, inoltre, r ispondere al pr incipio di novità, ossia non
replicare quanto connota altra ditta preesistente, con la conseguenza
che se, per l’oggetto e per il luogo in cui l’impresa è esercitata, r ischia di
ingenerare confusione deve essere integrata o modificata in modo da
distinguersi e differenziarsi.
L’uso in esclusiva e la conseguente tutela è assicurata in favore
dell’imprenditore commerciale che per pr imo ha iscr itto la propr ia ditta
nel registro delle imprese (ar t. 2564).
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Con il trasfer imento dell’azienda inter vivos può essere trasfer ita la
ditta solo con il consenso dell’alienante. Nella successione mor tis causa
la ditta si trasmette con l’azienda al successore, salvo diversa
disposizione testamentar ia, al fine di preservare l’avviamento
incorporato nella ditta.
E’ vietato la cessione della ditta senza l’azienda a tutela
dell’affidamento dei terzi (ar t. 2565).
La ditta è tutelata, come segno distintivo, anche con la disciplina della
concorrenza sleale nei confronti dell’imprenditore concorrente (ar t.
2598, n. 1).
Insegna
L’insegna è il segno distintivo del locale dell’imprenditore. Non opera il
pr incipio di ver ità e, dunque, può essere liberamente determinata.
Opera invece il pr incipio di novità, con l’esigenza di non replicare altr i
segni che possano per l’oggetto o il luogo determinare confusione con
altra insegna precedentemente utilizzata da altro imprenditore (ar t.
2568).
La insegna è tutelata, come segno distintivo, anche con la disciplina
della concorrenza sleale nei confronti dell’imprenditore concorrente
(ar t. 2598, n. 1).
Marchio
Il marchio è il segno distintivo dei prodotti o dei servizi, cui è
preordinata l’attività di impresa, ed è disciplinato nel codice della
propr ietà industr iale (ar t. 7 ss., d.lgs 10 febbraio 2005, n. 30) e negli
ar tt. 2569-2574.
Può essere oggetto di marchio qualsiasi nuovo segno suscettibile di
essere rappresentato graficamente: parole, nomi di persone (marchi
c.d. denominativi); disegni, lettere, cifre, suoni (marchi c.d.
emblematici); forma del prodotto o della sua confezione (marchi c.d. di
forma o tr idimensionali), combinazioni e tonalità cromatiche.
I nomi di persona notor i e i r itratti possono essere registrati solo con il
consenso degli aventi dir itto o dei successor i dopo la mor te.
Il segno deve avere il requisito della novità: (i), non è registrabile un
segno di uso comune; (ii) non può determinare r ischio di confusione con
22
altro marchio, per prodotti o servizi identici o affini, o anche con una
ditta o un’insegna adottate da altro imprenditore che abbiano acquisito
notor ietà non solo locale.
E’, tuttavia, garantito l’uso del c.d. marchio patronimico, ossia il
dir itto di ogni persona di utilizzare come marchio il propr io nome,
anche se identico o simile a marchio registrato (ar t. 21, co. 1, lett. a),
nonché di utilizzare il propr io nome come ditta (ar t. 8, co. 2).
Il marchio deve avere il requisito della or iginalità: non può essere
costituito (esclusivamente) da una denominazione gener ica di prodotti o
servizi ovvero da un‘indicazione descr ittiva di essi o dalla forma
propr ia del prodotto.
Il marchio deve avere i requisiti della liceità e della ver ità.
Liceità: non sono ammessi marchi costituiti da: (i) un segno contrar io
alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume; (ii) stemmi, simboli e
emblemi protetti da convenzioni internazionali o di interesse pubblico e
non autor izzati all’uso come marchio; (iii) segni il cui uso costituisca
violazione del dir itto di autore, di brevetti o di altro dir itto esclusivo;
(iv) da r itratti o nomi altrui non registrabili come marchio.
Ver ità: non è registrabile il segno idoneo ad ingannare il pubblico, ad
esempio sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei
prodotti o servizi.
Il marchio d’impresa è tutelato a livello nazionale, comun itar io e
internazionale (Convenzione di Unione di Par igi del 1883 e successive
revisioni; Accordo di Madr id e relativo protocollo: ar t. 17 Cod. Prop.
Ind.; Reg. CE n. 207/2009 del 26 febbraio 2009).
A trovare tutela è anche il marchio di gruppo, con l’estensione alle
imprese controllate della possibilità di avvalersi, per la produzione e
commercializzazione, del marchio della società capogruppo (ar t. 19,
comma 1, Cod. Propr . Ind.).
Oltre alla funzione identificativa, il marchio può svolgere una funzione
pubblicitar ia/attrattiva in favore di prodotti diversi da quelli per i quali
ha acquisito notor ietà tra il pubblico. Ne è così consentita l’utilizzazione
da par te di terzi cessionar i o licenziatar i anche per prodotti affini,
purché senza r ischio di confusione per il pubblico.
E’ consentito il trasfer imento del marchio senza il trasfer imento
dell’azienda per una par te dei prodotti o servizi per i quali il marchio è
registrato, nonché la licenza non esclusiva del marchio, con la
23
conseguenza che una pluralità di imprenditor i possono usare lo stesso
marchio (ar t. 23, co. 1 e 2).
Non è r ichiesto che il titolare del marchio sia l’imprenditore o chi lo
utilizza.
E’, tuttavia, necessar io l’uso del marchio da par te di un imprenditore
nella fabbr icazione o nel commercio di prodotti o nella prestazione dì
servizi (ar t. 19), al fine di evitarne la decadenza per non uso.
La tutela è assicurata con la registrazione del marchio presso l’Ufficio
italiano brevetti e marchi, con facoltà di r ichiesta di registrazioni
internazionali anche presso l’Organizzazione mondiale della propr ietà
di Ginevra.
Se il marchio registrato è un marchio celebre o di r inomanza il divieto di
uso si estende anche a marchi simili per prodotti o servizi non affini se
l’uso è senza giusto motivo e consente di trar re un indebito vantaggio o
reca pregiudizio al marchio (ar t. 20, comma 1, lett. c), Cod. Propr .
Ind.).
La mancanza dei requisiti comporta la nullità del marchio (ar t. 25),
parziale se r iguarda solo una par te dei prodotti o servizi (ar t. 27).
Dopo cinque anni il marchio nullo può essere convalidato dall’uso in
buona fede, se non vi è opposizione da par te del legittimo titolare (ar t.
28).
Marchio collettivo
Titolar i di marchio collettivo possono essere anche i soggetti che
svolgono la funzione dl garantire l’or igine, la natura o la qualità di
determinati prodotti o servizi, che concedono all’imprenditore che
abbia le caratter istiche garantite (ar t. 2570; ar t. 11 Cod. P ropr . Ind.).
Durata e decadenza.
Il marchio ha la durata di dieci anni r innovabili con effetto dalla data di
deposito della domanda ed è r innovabile per par i per iodo
indefinitamente (ar tt. 9 e 10).
La mancata utilizzazione del marchio per cinque anni, salvo giustificato
motivo, comporta la decadenza (del dir itto di esclusiva) del marchio (
ar t. 24). La decadenza si ver ifica anche per la volgar izzazione del
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marchio, quando sia divenuto denominazione gener ica del prodotto o
servizio per l’attività o l’inerzia del titolare del marchio (ar t. 13, co. 4).
Marchio di fatto.
Il marchio non registrato ha una limitata tutela: nei limiti in cui è stato
utilizzato pr ima (pre-uso) della registrazione altrui (ar t. 2571).
Tuttavia se il marchio di fatto ha acquistato notor ietà non solo locale il
suo uso impedisce la registrazione di un marchio identico in quanto
pr ivo del requisito della novità (ar t. 12, lett. b).
Tutela giudiziaria.
Il titolare del marchio registrato: (i) ha l’azione civile e penale per
contraffazione (ar tt. 120, 121 e 127; ar tt. 473 e 517 cod. pen.); (ii) può
r ichiedere il sequestro anche dei mezzi adibiti alla produzione e degli
elementi di prova (ar tt. 128 e 129), nonché l’inibitor ia della
fabbr icazione, del commercio e dell’uso di quanto costituisce
contraffazione (ar tt. 124 e 131); (iii) può r ichiedere la distruzione
mater iale dei marchi, degli involucr i e, se necessar io, degli stessi
prodotti e mater iali; (iv) può r ichiedere il r isarcimento de danni.
PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE
Nel Codice del consumo è prevista una disciplina a tutela del
consumatore, che pone il divieto di pratiche commerciali scorrette a
car ico del “professionista”.
A detta nozione sono r iconducibili:
- l’imprenditore commerciale;
- l’ar tigiano;
- chi svolge attività professionale (ar t. 20, co. 1).
Il divieto si applica alle pratiche commerciali con i consumator i e non
r iguarda i rappor ti tra imprenditor i, che nel codice civile sono regolati
dalla disciplina sugli atti di concorrenza sleale.
Una pratica commerciale è scorretta se (congiuntamente) è:
- contrar ia alla diligenza professionale che ragionevolmente i
consumator i si attendono da un professionista r ispetto ai pr incipi
generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività;
25
- falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile, in relazione al
prodotto, il comportamento economico del consumatore medio o, nel
caso di consumator i particolarmente vulnerabili per infermità mentale o
fisica, per età o ingenuità, in modo ragionevolmente prevedibile dal
professionista, nell’ottica del membro medio di tale gruppo.
Sono considerate scor rette le pratiche commerciali ingannevoli e le
pratiche commerciali aggressive r ipor tate in un elenco indicato nel
Codice di consumo agli ar tt. 23 e 26.
La tutela è demandata all’Autor ità garante della concor renza e dei
mercato (AGCM), d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o
organizzazione interessati.
L’Autor ità può prescr ivere che il professionista fornisca prove
sull’esattezza dei dati (così inver tendosi il normale onere della prova) e,
in caso di par ticolare urgenza, può disporre la sospensione provvisor ia
delle pratiche commerciali scorrette.
Sentito il parere dell’Autor ità per le garanzie nelle comunicazioni se la
pratica commerciale è diffusa attraverso mezzi di telecomunicazione,
AGCM vieta la diffusione della pratica (inibitor ia) e può disporre la
pubblicazione della pronuncia e di una dichiarazione cer tificativa. Sono
previste anche sanzioni amministrative.
Le organizzazioni imprenditor iali e professionali possono adottare
codici di condotta che definiscano il comportamento dei professionisti.
Il professionista può ader ire al codice impegnandosi a r ispettar lo. In tal
caso è affidata all’organizzazione il controllo dell’applicazione del
codice di condotta. Il consumatore può, in ogni caso, adire AGCM o il
giudice competente.
CONTRATTO DI RETE
Con il contratto di rete due o più imprese si obbligano ad esercitare in
comune una o più attività economiche r ientranti nei r ispettivi oggetti
sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la
competitività sul mercato.
Nel contratto, r edatto per atto pubblico o scr ittura pr ivata autenticata,
da iscr iversi nel registro delle imprese vengono determinati:
- le attività comuni;
- un programma di rete, che contiene le modalità di realizzazione dello
scopo comune;
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- i dir itti e gli obblighi assunti da ciascuna impresa;
- le modalità di gestione del fondo patr imoniale comune, che è
alimentato con i confer imenti di ciascun contraente (in alternativa al
fondo comune, ciascun contraente può costituire un patr imonio
destinato all’affare);
- la durata e le ipotesi di recesso;
- l’organo comune incar icato di eseguire il programma di rete, i suoi
poter i anche di rappresentanza;
- le modalità di par tecipazione di ogni impresa all’attività dell’organo.
GRUPPO EUROPEO DI INTERESSE COMUNE - GEIE
Il GEIE è lo strumento contrattuale per organizzare un’attività di
cooperazione tra gli imprenditor i e tra i professionisti a cui possono fare
r icorso persone fisiche, società o enti dei quali almeno uno appar tenga
ad altro Stato membro della Comunità europea.
La normativa è posta dal Regolamento comunitar io 25 luglio 1985, n.
2137 e dal d.lgs. 23 luglio 1991 , n. 240.
Il GEIE – che ha propr ia capacità giur idica, anche processuale - ha il
fine “di agevolare o di sviluppare l’attività economica dei suoi membri,
di migliorare o di aumentare i r isultati di questa attività” e la sua
attività deve collegarsi con carattere ausiliar io all’attività economica dei
suoi membri, mentre “il Gruppo non ha lo scopo di realizzare profitti
per se stesso” (ar t. 3, comma 1, reg. CE) e gli utili sono considerati
quindi come profitti dei membri e tra loro r ipar titi (ar t. 21, comma 1).
Il GEIE è un contratto che deve essere stipulato per iscr itto a pena di
nullità, che ha natura associativa per la realizzazione di uno scopo
comune non direttamente lucrativo al servizio dell’attività economica
dei singoli componenti. Non è necessar ia la previsione di contr ibuti.
E’ sottoposto a pubblicità legale nel registro delle imprese con effetto
costitutivo (come le società con personalità giur idica).
Come nelle società di capitali, la nullità del contratto del GEIE
comporta la liquidazione di questo, non pregiudica la validità degli atti
compiuti e può essere sanata se la causa di nullità viene meno nel
termine dato dal tr ibunale per la regolar izzazione della situazione del
gruppo. La sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidator i
determinandone i poter i.
Il GEIE ha come organi:
27
- i membri che agiscono collegialmente (anche se non è necessar io
il metodo assembleare);
- gli amministrator i, che possono essere anche persone giur idiche;
- quelli stabiliti nel contratto, come organi di controllo.
Il voto è per teste, anche se il contratto può attr ibuire più voti a taluni
membri purché nessuno giunga a disporre della maggioranza. Le
decisioni vengono prese all’unanimità, salvo che sia diversamente
pattuito (l’unanimità, tuttavia, è necessar ia per le modifiche
dell’oggetto, il numero di voti attr ibuiti, le condizioni di adozione delle
decisioni, la proroga della durata, la modifica delle quote dei
contr ibuti).
Ciascun membro ha dir itto di prendere visione dei libr i e dei documenti
inerenti agli affar i e di ottenere informazioni.
Gli amministrator i gestiscono disgiuntamente, salvo che il contratto
preveda un’amministrazione congiuntiva. L’estraneità all’oggetto degli
atti compiuti non può essere opposta ai terzi a meno che non si provi
che il terzo la conosceva o la poteva conoscere.
Devono essere tenuti i libr i e le scr itture contabili prescr itte per gli
imprenditor i commerciali e, se esercita attività commerciale, è soggetto
alle procedure concorsuali.
Il GEIE non può r icorrere al pubblico r isparmio.
I membri r ispondono illimitatamente e solidalmente, ma
sussidiar iamente, per le obbligazioni del GEIE. I creditor i possono agire
nei confronti di un membro solo dopo aver chiesto al GEIE di pagare e
il pagamento non sia stato effettuato entro un congruo termine. I
membri del GEIE devono inoltre contr ibuire al saldo dell’eccedenza
delle uscite r ispetto alle entrate nella proporzione prevista in contratto
o, in mancanza, in par ti uguali.
Lo scioglimento parziale del rappor to avviene per mor te, per recesso
per giusta causa e per esclusione per gravi inadempimenti, nonché negli
ulter ior i casi previsti dal contratto. L’esclusione è disposta con
decisione del giudice pronunciata su r ichiesta della maggioranza salvo
diversa disposizione del contratto (ar tt. 27 e 28 reg.). E escluso di
dir itto il membro del GEIE sottoposto a procedure concorsuale. La
liquidazione della par tecipazione è determinata sulla base del
patr imonio del GEIE.
28
Lo scioglimento del GEIE avviene: (i) per decisione all’unanimità, salvo
che il contratto disponga diversamente; (ii) per decorso del termine; (iii)
per altra causa di scioglimento prevista dal contratto; (iv) per la
realizzazione dell’oggetto o per impossibilità di conseguir lo; (v) se non
sussistono più le condizioni soggettive per la costituzione del GEIE.
La liquidazione del GEIE è regolata dalle norme poste in tema di società
semplice in quanto compatibili
RAGGRUPPAMENTI TEMPORANEI
Secondo il Codice dei contratti pubblici relativi a lavor i, servizi e
forniture (d.lgs. 12 apr ile 2006, n. 163) possono par tecipare alle
procedure di affidamento dei contratti pubblici anche raggruppamenti
temporanei di concorrenti costituiti da imprenditor i, società e consorzi
per la progettazione, direzione dei lavor i e incar ichi di suppor to
tecnico-amministrativo, raggruppamenti temporanei costituiti da
professionisti singoli od associati, società di professionisti e società di
ingegner ia (ar t. 90).
I par tecipanti devono confer ire, con un unico atto, mandato collettivo
speciale con rappresentanza ad uno di essi (c.d. mandatar io), al quale
spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei
confronti della stazione appaltante. Questa tuttavia può far valere
direttamente le responsabilità facenti capo ai mandanti.
Tra le imprese intercorre così un contratto di mandato collettivo alla
capogruppo mandatar ia, per un affare di interesse comune (ar t. 1726).
Il mandato è revocabile solo per giusta causa, secondo la disciplina del
mandato in rem propr iam (ar t. 1723, comma 2), ma la revoca non ha
effetto nei confronti della stazione appaltante (co. 15).
CONTRATTI DI IMPRESA
Per i rappor ti contrattuali tra gli imprenditor i e i professionisti, da una
par te, e i consumator i, dall’altra, nel Codice del consumo è stata
introdotta la disciplina delle clausole vessator ie.
Sono analiticamente indicate dalla legge e devono non essere state
oggetto di trattativa individuale. Possono essere dichiarate nulle
esclusivamente a vantaggio del consumatore. Inoltre, nei contratti
conclusi per iscr itto, nel caso di dubbio sul senso di una clausola,
prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore.
29
Le associazioni rappresentative dei consumator i, degli imprenditor i e
dei professionisti e le Camere di commercio sono legittimate a chiedere
al tr ibunale, anche con procedimento d’urgenza, l’inibizione all’uso di
condizioni abusive contenute in condizioni generali di contratto e la
pubblicazione del provvedimento.
La tutela amministrativa contro le clausole vessator ie è stata affidata
all’Autor ità garante della concorrenza e del mercato, che – sentite le
associazioni di categor ia e le camere di commercio interessate –
dichiara, d’ufficio o su denuncia, la vessator ietà delle clausole inser ite
nei contratti tra professionisti e consumator i che si concludono
mediante l’adesione a condizioni generali di contratto o con la
sottoscr izione di moduli, modelli o formular i.
In caso di inottemperanza a quanto disposto da AGCM, è applicabile
una sanzione amministrativa pecuniar ia.
Nel contratto di conto corrente, se concluso tra imprenditor i, i crediti
estranei alle r ispettive imprese si intendono esclusi, in modo che i conti
correnti r ispecchino esclusivamente la situazione di dare e avere tra gli
imprenditor i (ar t. 1824, comma 2).
Per gli imprenditor i individuali il contratto di mandato per atti relativi
all’esercizio dell’impresa non si estingue per la mor te, l’interdizione o
l’inabilitazione del mandante o del mandatar io se l’esercizio
dell’impresa è continuato; le par ti o gli eredi possono però recedere dal
mandato (ar t. 1722, n. 4).
Infine, con r ifer imento agli imprenditor i individuali non piccoli, la
proposta e l’accettazione fatte nell’esercizio dell’impresa non perdono
efficacia con la mor te o la sopravvenuta incapacità dell’imprenditore,
salvo che r isulti diversamente dal testo.
CONSORZI
Con il contratto di consorzio, più imprenditor i costituiscono “una
organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di
determinate fasi delle r ispettive imprese” (ar t. 2602), che può avere: (i)
r ilevanza solo interna tra i contraenti (consorzio con attività interna);
(ii) attività nei confronti dei terzi e con limitata autonomia patr imoniale
(consorzio con attività esterna).
30
Il consorzio può essere costituito anche in forma societar ia (società
consor tile ex ar t. 2602).
Il consorzio (contratto e società) è uno strumento finalizzato ad
accrescere l’efficienza e a r idurre i costi delle imprese attraverso la
creazione di organizzazioni comuni per lo svolgimento di singole fasi
delle r ispettive imprese, come: studio e progettazione; pubblicità; canali
distr ibutivi; gestione informatizzata della contabilità;
approvvigionamenti (elettr icità); smaltimento (r ifiuti).
Il consorzio è un contratto associativo con comunione di scopo: lo scopo
di disciplinare o svolgere in comune determinate fasi di impresa.
Si applicano, dunque, le norme sui contratti plur ilaterali con
comunione di scopo, per le quali la nullità, l’annullamento o la
r isoluzione del singolo vincolo giur idico non produce lo scioglimento
dell’intero contratto salvo che la prestazione mancata debba
considerarsi essenziale al conseguimento dello scopo comune (ar tt.
1420, 1446, 1459 e 1466).
E’ r imessa all’autonomia pattizia la determinazione de: (i) le cause di
scioglimento parziale del vincolo associativo; (ii) i requisiti associativi.
Il fine del consorzio non è lucrativo ma mutualistico: un r isparmio di
spesa o una maggiore efficienza imprenditor iale al fine di accrescere
l’utile diretto dei singoli consorziati. Per tanto la società consor tile
deroga al fine lucrativo previsto per le società dall’ar t. 2247 e, oltre ai
confer imenti, può essere previsto l’obbligo dei soci di versare contr ibuti
in denaro per lo svolgimento dell’attività consor tile (ar t. 2615-ter ).
Il contratto di consorzio deve essere stipulato in forma scr itta, a pena di
nullità, (ar tt. 2603 e 2607) e deve indicare:
- l’oggetto e la durata del consorzio, che è di dieci anni se non
diversamente pattuito (ar t. 2604);
- gli obblighi e i contr ibuti dovuti dai consorziati;
- le sanzioni per l’inadempimento degli obblighi;
- i poter i anche rappresentativi degli organi;
- i requisiti di ammissione, per il recesso e per l’esclusione (ar t.
2603). Nei casi dì recesso e di esclusione la quota di
par tecipazione del consorziato receduto o escluso si accresce
proporzionalmente a quello degli altr i (ar t. 2609).
Al fine di accer tare l’esatto adempimento delle obbligazioni assunte è
disposto l’obbligo dei consorziati di consentire controlli ed ispezioni
31
nelle propr ie imprese da par te degli organi previsti dal contratto (ar t
2605).
La responsabilità degli organi gestionali è r egolata dalle norme sul
mandato (ar t. 2608).
I consorziati decidono sulle modalità di attuazione dell’oggetto del
consorzio a maggioranza dei consorziati, salvo diversa pattuizione.
Nel caso di trasfer imento dell’azienda di un imprenditore consorziato
l’acquirente, salvo patto contrar io, subentra nel contratto di consorzio,
ma gli altr i consorziati possono deliberarne l’esclusione dal consorzio
(ar t. 2610); il subentro dell’erede avviene, invece, per legge, senza
facoltà di deliberarne l’esclusione, se non vi è disposizione contrar ia nel
contratto.
Lo scioglimento del contratto di consorzio avviene: (i) per le cause
previste nel contratto; (ii) per la scadenza del termine di durata; (iii)
per volontà unanime dei consorziati; (iv) per il conseguimento
dell’oggetto del consorzio o per l’impossibilità di conseguir lo; (v) per
deliberazione a maggioranza se sussiste una giusta causa e il contratto
non dispone diversamente (ar t. 2611).
Nel consorzio con attività esterna è prevista:
- una propr ia denominazione;
- l’obbligo di pubblicità legale della situazione patr imoniale di
esercizio. Al fine di mantenere r iservate le pattuizioni
concernenti fasi delle propr ie imprese, il contratto di consorzio
deve essere depositato nel registro delle imprese solo in estratto
(con denominazione, oggetto, durata, sede dell’ufficio, il nome
dei consorziati, le persone alle quali sono attr ibuite la
presidenza, la direzione e la rappresentanza del consorzio con i
r ispettivi poter i, i cr iter i di formazione del fondo consor tile con i
contr ibuti dei consorziati e le norme relative alla liquidazione);
- la disciplina della rappresentanza in giudizio (in capo al
presidente e al direttore generale c’è per legge una
rappresentanza passiva);
- una piena autonomia patr imoniale del fondo consor tile,
costituito dai contr ibuti dei consorziati e dai beni acquistati con
essi (alla par i che nelle associazioni: ar t. 37). Sul fondo
consor tile né i consorziati né i creditor i dei consorziati hanno
alcun dir itto per la durata del consorzio (ar t. 2614).
32
Per le obbligazioni assunte in nome del consorzio garantisce
esclusivamente il fondo consor tile. Se le obbligazioni sono state assunte
nell’interesse e per conto dei singoli consorziati (ad es: consorzio svolga
attività di distr ibuzione dei prodotti dei consorziati) questi r ispondono
solidalmente col fondo consor tile nei confronti dei terzi, anche se non è
stato speso il loro nome. Inoltre, in caso di insolvenza, il debito
dell’insolvente si r ipar tisce tra tutti i consorziati in proporzione delle
quote, realizzandosi in tal modo un’ulter iore garanzia a favore dei
terzi, salvo il regresso degli altr i consorziati nei confronti dell’insolvente
(ar t. 2615).
La società consor tile può costituirsi secondo tutti i tipi di società di
persone e di capitali che possono avere per oggetto l’esercizio di
un’attività commerciale (ar t 2615-ter ).
L’atto costitutivo può:
- non prevedere una distr ibuzione annuale degli utili destinandosi così
le eccedenze di r icavi all’incremento del fondo consor tile;
- prevedere l’obbligo dei soci di versare contr ibuti in denaro in
conformità alle pattuizioni consor tili;
- prevedere condizioni di ammissione di nuovi consorziati e casi specifici
di recesso e di esclusione dalla società.
I consorzi, anche se non hanno forma societar ia, possono trasformarsi
in società per azioni, società in accomandita per azioni e società a
responsabilità limitata (c.d. trasformazione eterogenea).
La deliberazione di trasformazione deve essere assunta nei consorzi con
il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consorziati, nelle
società consor tili con la maggioranza r ichiesta per lo scioglimento
anticipato (ar t. 2500-octies).
PICCOLO IMPRENDITORE
Il piccolo imprenditore rappresenta una sub-categor ia
dell’imprenditore (ar t. 2082) unitamente all’imprenditore agr icolo (ar t.
2135).
In questi termini al piccolo imprenditore:
- si applica lo statuto dell’imprenditore: (i) par te della disciplina
dell’azienda e dei segni distintivi (ar tt. 2555 ss); (ii) la disciplina
33
dei della concorrenza (limiti contrattuali ex ar tt. 2595 ss. e
concorrenza sleale ex ar tt. 2598 ss.); (iii) la disciplina della
cooperazione (consorzi ex ar tt. 2602 ss. e reti di imprese); (iv) la
disciplina dei contratti del consumatore;
- non si applica lo statuto dell’imprenditore commerciale (tenuta
delle scr itture contabili; redazione del bilancio; la conseguante
disciplina anche penale; la pubblicità legale di atti
dell’imprenditore anche ai fini della opponibilità ai terzi; le
procedure concorsuali, con i reati concorsuali).
Ai sensi dell’ar t. 2083: “sono piccoli imprenditori:
- i coltivatori diretti del fondo,
- gli artigiani,
- i piccoli commercianti
- e coloro che esercitano un ‘attività professionale organizzata
prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia”.
Dunque alla figura del piccolo imprenditore sono r iconducibili:
- tre categor ie specificamente determinate: coltivator i diretti dei
fondo, ar tigiani e piccoli commercianti;
- una categor ia (apparentemente residuale, ma invece) di ordine
generale: coloro che esercitano un’attività professionale
organizzata prevalentemente con il lavoro propr io e dei
componenti della famiglia.
Infatti, le pr ime tre categor ie hanno le medesime caratter istiche generali
della quar ta: coltivator i diretti del fondo, ar tigiani e piccoli
commercianti sono individuati come soggetti che esercitano un’attività
“prevalentemente con il lavoro propr io e dei componenti della famiglia”
(ar t. 2083).
Prevalenza del lavoro proprio e familiare
La quar ta categor ia individua un cr iter io generale unitar io di
determinazione del piccolo imprenditore.
La norma non indica quale sia il termine del giudizio di prevalenza
r ispetto al lavoro per sonale e familiare, ma r ientrando il piccolo
imprenditore nella categor ia generale dell’imprenditore (ar t. 2082)
detto termine non può che essere costituito dai fattor i della produzione:
capitale (investito) e lavoro (altrui).
34
Secondo i diversi or ientamenti interpretativi, la prevalenza può essere
di:
- tipo qualitativo, ossia avendo r iguardo al ruolo determinante
svolto dal piccolo imprenditore nel processo produttivo e,
dunque, a prescindere dal capitale investito e dal numero dei
lavorator i;
- tipo quantitativo, ossia: (i) avendo r iguardo al numero dei
lavorator i che deve essere infer iore a quello della somma
imprenditore + familiar i; (ii) avendo r iguardo al valore
economico dell’attività svolta dall’imprenditore + familiar i che
deve essere super iore a quello del capitale investito e dei
lavorator i utilizzati.
Alla disciplina, sopra sintetizzata, del codice civile si affianca quella
prevista dalla legislazione speciale, che trova applicazioni ai fini del
regime ivi introdotto.
Coltivatori diretti: la legge 3 maggio 1982, n. 203 consente che il lavoro
dei terzi possa essere sino ai due terzi del lavoro complessivo. La norma
è posta ai fini specifici dell’applicazione della disciplina sui contratti
agrar i.
Artigiani: la legge 8 agosto 1985, n. 443 (legge-quadro per l’ar tigianato)
r ichiede l’iscr izione nell’albo provinciale delle imprese ar tigiane al fine
della concessione di agevolazioni concernenti il credito, l’espor tazione
dei beni prodotti dall’ar tigiano, la formazione degli apprendisti
ar tigiani etc. E’ imprenditore ar tigiano chi esercita professionalmente e
personalmente un’impresa che ha per scopo prevalente lo svolgimento
di un’attività di produzione di beni anche semilavorati o la prestazione
di servizi (escluse le attività agr icole e i servizi commerciali non
meramente strumentali e accessor i) impiegando un massimo di nove
dipendenti (tra i quali un massimo di cinque apprendisti, con la
possibile aggiunta di ulter ior i tr e apprendisti). Per l’impresa che non
lavora in ser ie il numero massimo di dipendenti e diciotto (tra i quali un
massimo di nove apprendisti, con la possibile aggiunta di ulter ior i
quattro); per l’impresa di traspor to un massimo di otto dipendenti e per
quella di costruzioni edili un massimo di dieci dipendenti (tra i quali un
35
massimo di cinque apprendisti, con la possibile aggiunta di ulter ior i
quattro).
Nei settor i delle lavorazioni ar tistiche, tradizionali e dell’abbigliamento
su misura, il massimo di dipendenti giunge a trentadue (compreso un
massimo di sedici apprendisti, con la possibile aggiunta di ulter ior i
otto). Sono ammesse società di persone e di capitali purché la
maggioranza dei soci (se due, uno su due) svolga in prevalenza lavoro
personale, anche manuale, nel processo produttivo e il lavoro abbia
funzione preminente sul capitale.
Disciplina del piccolo imprenditore
Si applica la disciplina generale dell’imprenditore.
E’ prevista per i piccoli imprenditor i l’iscr izione in una sezione speciale
del registro delle imprese (ar t. 8, co. 5, legge 29 dicembre i 993, n. 580),
con efficacia diversa:
- coltivatore diretto del fondo: l’iscr izione ha efficacia di
pubblicità dichiarativa;
- ar tigiano, piccolo commerciante e piccoli imprenditor i ausiliar i,
(come i piccoli mediator i e i piccoli agenti): l’iscr izione ha
efficacia di cer tificazione anagrafica e di pubblicità notizia.
Le discipline del trasfer imento di azienda, dell’usufrutto e dell’affitto di
azienda sono applicabili ai piccoli imprenditor i limitatamente alla
successione nei contratti non aventi carattere personale (ar t. 2558), agli
obblighi dell’usufruttuar io e dell’affittuar io dell’azienda (ar tt. 2561 e
2562), alla disciplina dei segni distintivi (marchio, ditta e insegna) e al
divieto di concorrenza con esclusione degli imprenditor i agr icoli, per i
quali il divieto opera solo per le attività commerciali connesse (ar t.
2557).
Ai piccoli imprenditor i commerciali e agli ar tigiani non si applica la
specifica disciplina prevista per le imprese commerciali (ar tt. 2203-
2221): preposizione institor ia, tenuta delle scr itture contabili per i
piccoli imprenditor i persone fisiche (salve le scr itture che siano imposte
dalle leggi tr ibutar ie).
Non si applicano, inoltre, le procedure concorsuali ove abbiano i
requisiti di esenzione ex ar t. 1, commi 2 e 3, l.f. , ossia:
- un attivo patr imoniale di ammontare complessivo annuo non
super iore a euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data
36
di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se
di durata infer iore;
- r icavi lordi per un ammontare complessivo annuo non super iore
ad euro duecentomila nei tr e esercizi antecedenti la data di
deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di
durata infer iore;
- debiti anche non scaduti per un ammontare non super iore ad
euro cinquecentomila.
Il possesso di uno solo di questi requisiti determina l’assoggettamento
alle procedure concorsuali.
LAVORATORE AUTONOMO
Si è in presenza di un lavoratore autonomo quando il r isultato
dell’attività economico-produttiva (il bene o il servizio) proviene dalla
persona che ha concluso con il committente il contratto d’opera. Egli si
può avvalere di ausiliar i, da lui retr ibuiti, nonché dei necessar i
strumenti tecnici di lavoro, anche di valore cospicuo, ma che hanno una
funzione prettamente ausiliare e strumentale: in altr i termini il
committente deve fare affidamento essenzialmente sulla capacità e
competenza del lavoratore autonomo.
Nel codice civile non viene disciplinata la categor ia del lavoratore
autonomo ma il contratto d’opera (ar t. 2222).
Quest’ultimo ha ad oggetto la prestazione di un opera o di un servizio
mediante il prevalente lavoro propr io, autonomo e senza vincolo di
subordinazione.
Il r isultato produttivo, dunque, der iva essenzialmente dall’attività
personale ed è fonte di remunerazione (e non già di profitto
imprenditor iale).
Nulla viene specificato in ordine al soggetto che può stipulare il
contratto d’opera.
Il contratto d’opera può per tanto essere stipulato sia da un lavoratore
autonomo (non imprenditore) sia da un imprenditore. Quest’ultimo,
evidentemente, sarà normalmente un piccolo imprenditore in quanto
l’opera o il servizio devono essere realizzati “con lavoro
prevalentemente proprio” (ar t. 2222).
37
Il contratto tipico dell’imprenditore non piccolo è l’appalto che r ichiede
un’organizzazione dei mezzi necessar i per il compimento dell’opera o
del servizio (ar t. 1655).
PROFESSIONISTA
Anche la categor ia delle professioni intellettuali non viene
specificamente disciplinata. Si r itiene che la stessa tragga i suoi pr incipi
ordinator i dagli ar tt. 2230 e ss. che disciplinano il contratto d’opera
intellettuale.
Quest’ultimo connota in senso personale la prestazione del
professionista, che “deve eseguire personalmente l’incarico assunto”.
L’appor to di sostituti ed ausiliar i è consentito esclusivamente sotto la
direzione e la r esponsabilità del professionista e solo se la
collaborazione di altr i è consentita dal contr atto o dagli usi e non è
incompatibile con l’oggetto della prestazione (ar t. 2232).
I collaborator i sono, dunque, solo ausiliar i, che hanno una funzione
ausiliare e strumentale – unitamente al capitale investito (ad esempio lo
studio) – r ispetto alla prestazione del professionista che costituisce
l’oggetto del contratto con il cliente.
Diversamente dall’imprenditore, la cui attività ha ad oggetto la
organizzazione dei fattor i produttivi (capitale e lavoro) in funzione del
r isultato r ichiesto dal committente, il professionista è chiamato a
svolgere l’attività oggetto del contratto.
In questi termini lo studio non rappresenta un complesso di beni
organizzati per l’esercizio dell’impresa (azienda).
Ciò detto, stante la possibilità per il professionista di avvalersi di
collaborator i, deve r itenersi che il connotato qualificante della
categor ia, più che la esecuzione personale (diretta) della prestazione, sia
la esecuzione della prestazione sotto la direzione (nel mer ito) e
responsabilità (personale e illimitata) del professionista medesimo.
Le professioni regolamentate
Nel codice civile l’esercizio delle professioni intellettuali è d isciplinato
dall’ar t. 2229 che prevede che la legge stabilisce quelle per il cui
esercizio è necessar ia l’iscr izione in albi o elenchi tenuti da Ordini e
Collegi.
38
Si tratta delle c.d. professioni protette (ad esempio avvocati, ingegner i,
medici, geometr i, chimici) il cui esercizio è r iservato, in ossequio al
pr incipio di professionalità specifica (ar t. 33, comma 5, Cost.), a chi ha
conseguito un titolo di studio, superato lo specifico esame di Stato,
proceduto all’iscr izione all’Ordine.
Oltre alle professioni protette, in sede di legislazione speciale sono
disciplinate professioni (solitamente nel settore sanitar io ma anche in
altr i come in quello dei beni culturali) per le quale le competenze
previste dalla normativa sono attr ibuite a coloro che hanno conseguito
un determinato titolo di studi (talora è r ichiesto anche l’esame di Stato
ma non più l’iscr izione in albi o elenchi).
Sia la pr ima che la seconda sono r iconducibili alla categor ia delle
professioni regolamentate, che si distinguono in regolamentate-protette
e regolamentate.
Residuale r imane la categor ia delle professioni emergenti, che è stata
r ilevata in sede sociologica ed ha trovato una forma di r iconoscimento
nella legge 14 gennaio 2013, n. 4, avendo r iguardo alla possibilità di dar
vita ad associazioni rappresentative - che, ove in possesso dei requisiti
di legge, possono iscr iversi ad un elenco tenuto dal Ministero dello
Sviluppo economico - con funzione di promozione e qualificazione la
facoltà di r ilasciare attestati di iscr izione.
Esercizio della professione in forma di impresa e in forma di società.
Il lavoratore autonomo che esercita una professione intellettuale diviene
imprenditore solo se l’esercizio della professione costituisce elemento di
un’attività organizzata in forma di impresa (ar t. 2238).
Ciò accade, ad esempio, quando l’architetto sia titolare di una impresa
di costruzioni ma anche quando il professionista titolare di uno studio
con collaborator i cessa di dir igere (entrare nel mer ito del) l’attività e si
limita a reper ire la cliente ed a organizzare l’attr ibuzione degli incar ichi
tra i suoi collaborator i.
L’esercizio di una professione intellettuale può anche essere effettuato
in forma associativa (ar t. 36) e societar ia: per gli avvocati disciplinata
dal dl.gs. 2 febbraio 2001, n. 96; per tutte le altre professionisti dalla
legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012).
IMPRENDITORE AGRICOLO
39
L’imprenditore agr icolo è disciplinato dall’ar t. 2135 ed è colui che
esercita attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico
vegetale o animale o di par te di esso “che utilizzano o possono utilizzare
il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o mar ine .. .”.
Sono tre le categor ie di attività propr ie dell’imprenditore agr icolo:
- Coltivazione del fondo;
- Selvicoltura;
- Allevamento di animali
Oltre alla possibilità di svolgere a queste le “attività connesse”.
Il limite per l’acquisto della qualità di imprenditore agr icolo è costituito
dalla totale assenza di collegamento anche potenziale con il fondo e
quindi la totale ar tificialità dello sviluppo del ciclo biologico, come la
produzione di vegetali o animali con tecniche di carattere genetico sino
alla donazione.
Imprenditore agr icolo possono essere anche le società di persone e di
capitali.
Le società cooperative di imprenditor i agr icoli ed i loro consorzi
assumono la qualifica di imprenditore agr icolo solo quando utilizzano
prevalentemente prodotti dei soci ovvero forniscono prevalentemente ai
soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico
(ar t. 1, comma 2, d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228) e, nel settore della
selvicoltura, che forniscono servizi in tale settore (ar t. 8 d.lgs. 18
maggio 2001, n. 227).
L’imprenditore agr icolo non è soggetto allo statuto dell’imprenditore
commerciale. La ragione giustificativa del pr ivilegio dell’imprenditore
agr icolo è da r icercar si nell’esigenza di promuovere l’agr icoltura in
presenza del r ischio ambientale (clima, intemper ie, infezioni, epidemie)
e della intr inseca fragilità dell’economia agr icola (italiana ed europea) a
causa della concorrenza di altr i mercati caratter izzati dal minor costo
della manodopera.
Attività connesse.
In ordine alle attività connesse si presumono come tali:
- le attività dirette alla manipolazione, conservazione,
trasformazione, commercializzazione e valor izzazione che
40
abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalle
attività agr icole pr incipali;
- le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante
l’utilizzazione prevalente di attrezzature o r isorse dell’azienda,
ivi comprese le attività di valor izzazione del ter r itor io e del
patr imonio rurale e forestale;
- le attività di r icezione ed ospitalità (settore dell’agr itur ismo).
La vendita può avvenire al dettaglio, anche in tutto il ter r itor io
nazionale, o in forma itinerante purché si tratti di prodotti provenienti
in misura prevalente dalle r ispettive aziende (ar t. 4 d.lgs. n. 228/2001).
Imprenditore ittico.
L’ar t. 2135 comprende anche le attività diretta alla cura ed allo
sviluppo di qualsiasi ciclo biologico vegetale o animale anche in acque
dolci, salmastre o mar ine.
Dunque l’esercizio dell’attività di itticoltura (allevamento di pesci in
bacini) comporta l’acquisto della qualità di imprenditore agr icolo; tale è
anche chi esercita un’attività diretta alla cattura o alla raccolta di
organismi acquatici (pesca in tutte le sue forme) (ar t. 2, commi 1 e 3,
digs. n. 226/2001).
L’imprenditore ittico è una sub-categor ia dell’imprenditore agr icolo e,
come tale, assoggettato alla relativa disciplina.
Disciplina dell’imprenditore agricolo.
All’imprenditore agr icolo è applicabile la generale disciplina
dell’imprenditore.
L’obbligo di iscr izione nel registro delle imprese ha efficacia
dichiarativa (ar t. 2193), con la conseguenza che, in mancanza, la
qualità di imprenditore agr icolo non può essere opposta ai terzi a meno
che non si provi che ne abbiano avuto conoscenza, mentre i terzi – ove
l’iscr izione sia avvenuta - non possono opporre l’ignoranza di tale
qualità.
Da quanto sopra emerge come l’imprenditore agr icolo e il piccolo
imprenditore agr icolo siano soggetti alla medesima disciplina: (i)
esonero dallo statuto dell’imprenditore commerciale; (ii) iscr izione nel
registro delle imprese con efficacia dichiarativa.
41
Solo in favore del coltivatore diretto si applica la disciplina del
contratto di affitto a coltivatore diretto.
In favore dei piccoli imprenditor i agr icoli è ammesso lo scambio di mano
d’opera o di servizi secondo gli usi (ar t. 2139).
L’IMPRENDITORE PUBBLICO
E’ imprenditore pubblico l’ente pubblico economico che esercita
un’impresa.
A detto ente è applicabile la disciplina generale dell’imprenditore
nonché, ove venga esercitata una attività commerciale, lo statuto
dell’imprenditore commerciale, con esclusione del fallimento e della
amministrazione straordinar i.
L’IMPRENDITORE COMMERCIALE
La qualifica di imprenditore commerciale si assume in relazione alla
disciplina dell’obbligo di iscr izione nel registro delle imprese,
prevedendosi all’ar t. 2195 che l’esercizio di una delle attività ivi
indicate comporta l’applicazione della disciplina dell’imprenditore
commerciale.
Ai sensi dell’ar t. 2195 sono imprenditor i commerciali “gli imprenditori
che esercitano:
1) un’attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;
2) un’attività intermediaria nella circolazione dei beni;
3) un’attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;
4) un’attività bancaria o assicurativa;
5) altre attività ausiliarie delle precedenti”.
La elencazione contenuta nell’ar t. 2195 si può r icondurre a tre
categor ie di attività:
- l’attività industr iale di produzione di beni o di servizi (n. 1);
- l’attività commerciale in senso stretto, intermed iar ia nella
circolazione dei beni (n. 2);
- le attività ausiliar ie ai var i tipi di attività industr iali e
commerciali, come i mediator i e gli agenti (n. 5).
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Ciò in quanto le attività di traspor to (n. 3) e le attività bancar ia e
assicurativa (n. 4) sono considerate autonomamente nella tradizione del
dir itto commerciale ma configurano oggi attività industr iali.
Attualmente, infatti, l’industr ialità non r ichiede più necessar iamente la
manipolazione della mater ia con mezzi meccanici ma solo la ser ialità
della produzione di beni o servizi.
Dunque, anche le attività di servizi possono avere carattere industr iale.
In via di pr incipio, il carattere della ser ialità della produzione può
r iscontrarsi anche nell’imprenditore ar tigiano (indipendentemente dal
dato della prevalenza del lavoro personale e familiare, che lo qualifica
piccolo imprenditore) e nell’imprenditore agr icolo, che tuttavia sono
normativamente sottratti alla disciplina dell’imprenditore commerciale.
Ne der iva che l’imprenditore commerciale si determina:
- positivamente per dimensioni (imprenditore non piccolo);
- negativamente per oggetto (imprenditore non agr icolo).
In conclusione, l’attività industr iale che comporta l’acquisto della
qualità di imprenditore commerciale è ogni attività di produzione
(anche potenzialmente) in ser ie di beni o servizi, con esclusione
dell’attività dell’imprenditore agr icolo e dell’attività dell’ar tigiano
piccolo imprenditore.
Disciplina dell’imprenditore commerciale.
Oltre la disciplina generale di tutti gli imprenditor i (iscr izione
dell’imprenditore nel registro delle impr ese, concorrenza, consorzi,
GEIE, contratti con imprenditor i), la disciplina speciale applicabile al
solo imprenditore commerciale è costituita da:
- l’obbligo di iscr izione nel registro delle imprese di taluni atti di
par ticolare r ilevanza nei rappor ti con i terzi (r ichiamati dall’ar t. 100
disp. att. cod. civ.);
- la disciplina della capacità (ar tt. 320, 371 , 397, 424 e 425);
- la disciplina speciale della rappresentanza (ar t. 2203) spettante ad
ausiliar i dell’imprenditore (institor i, procurator i, commessi);
- la disciplina delle scr itture contabili (ar tt. 2214 ss. e 2709 ss.);
- la disciplina delle procedure concorsuali (ar t. 2221).
Iscrizione nel registro delle imprese.
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L’obbligo di iscr izione nel registro delle imprese è posto a car ico di tutti
gli imprenditor i con efficacia di:
- pubblicità legale per gli imprenditor i commerciali, gli imprenditor i
agr icoli e i piccoli imprenditor i agr icoli;
- di pubblicità notizia per i piccoli imprenditor i non agr icoli.
Per gli imprenditor i commerciali r iguarda anche gli atti di
autor izzazione e r evoca concernenti il minore o l’incapace (ar t. 2198);
le procure institor ie (ar t. 2206); le nomine di procurator i (ar t, 2209); le
sedi secondar ie con rappresentanza stabile (ar t. 2197).
Capacità.
La persona incapace (minore di 18 anni o interdetto) o limitatamente
capace (inabilitato) se esercita un’impresa commerciale non acquista la
qualità di imprenditore e non gli è quindi applicabile la relativa
disciplina.
Tuttavia il minore con almeno sedici anni può essere autor izzato dal
tr ibunale all’esercizio di un’impresa commerciale se è emancipato ex
lege con il matr imonio (ar tt. 84, 390 e 397).
Inoltre il minore (a qualsiasi età) e l’interdetto possono essere
autor izzati alla continuazione (non all’inizio) dell’esercizio di impresa
commerciale nel caso che l’azienda sia loro pervenuta per successione o
per donazione. In tal caso il minore o l’interdetto acquistano la qualità
di imprenditore commerciale, mentre il compimento degli atti è
effettuato dal rappresentante legale, genitore o tutore (ar tt. 320, comma
5; 371, ult. comma; 424).
Anche l’inabilitato, limitatamente capace, può essere autor izzato solo
alla continuazione dell’esercizio dell’impresa (ar t. 425), che esercita
personalmente, ma con l’assistenza del curatore (arg. ex ar t. 397,
comma 1).
I singoli atti compiuti dall’incapace non autor izzato sono quindi
annullabili in base alla disciplina generale.
Per i soci di società in nome collettivo e in accomandita semplice,
potendo tali società esercitare una impresa commerciale con la
responsabilità illimitata dei soci per le obbligazioni sociali, la
par tecipazione dell’incapace è sottoposta alla disciplina dell’esercizio
dell’impresa commerciale (ar tt. 2294 e 2315).
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Rappresentanza
Institore
L’imprenditore commerciale può preporre all’esercizio dell’impresa
altra persona (institore).
La preposizione può essere limitata all’esercizio di una sede secondar ia
o di un ramo par ticolare dell’impresa (ar t. 2203). Può, ad es., essere
nominato il direttore generale o il direttore di sede o il direttore
preposto a un ramo dell’impresa.
L’institore vincola l’imprenditore nei rappor ti con i terzi per tutti gli
atti per tinenti all’esercizio dell’impresa cui è preposto, eccetto per la
vendita di beni immobili o la costituzione di ipoteca se non è stato a ciò
espressamente autor izzato (ar t. 2204).
L’institore è tenuto agli obblighi inerenti alla iscr izione nel registro delle
imprese e alla tenuta della contabilità (ar t. 2205); ha la legittimazione
attiva e passiva, anche in giudizio, per tutte le obbligazioni dipendenti
da atti compiuti nell’esercizio dell’impresa (o della sede o del ramo) cui
è preposto (ar t. 2204).
I poter i dell’institore possono essere peraltro limitati nella procura
rappresentativa, che però se non è depositata nel registro delle imprese
si reputa generale.
Le sue limitazioni, le modifiche e la revoca non sono opponibili a terzi se
non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione
dell’affare (ar tt. 2206 e 2207).
E disposta inoltre una responsabilità personale dell’institore sia nei
confronti dell’imprenditore che nei confronti del terzo, se nel trattare
non gli fa percepire chiaramente che egli rappresenta l’imprenditore
(ar t. 2208).
Procuratore
Sussiste la figura del procuratore allorché l’imprenditore confer isce
poter i per il compimento di singole categor ie di atti per tinenti
all’esercizio dell’impresa in base a un rappor to continuativo
(normalmente di dipendenza, ma anche di lavoro autonomo).
E’ applicabile il regime di pubblicità legale della procura posto per gli
institor i: in mancanza dell’iscr izione nel registro delle impr ese la
rappresentanza si reputa generale e le limitazioni o la revoca della
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procura non sono opponibili ai terzi se non si prova che questi le
conoscevano al momento della conclusione dell’affare (ar t. 2209).
Commessi
Con il termine commessi si fa r ifer imento ai dipendenti con ruoli
esecutivi (commessi, fattor ini, por tier i, custodi, etc.)
E’ loro confer ita ex lege la rappresentanza dell’imprenditore
commerciale per tutti gli atti che ordinar iamente comporta la tipologia
di operazioni di cui sono incar icati, salve le limitazioni contenute
nell’atto di confer imento della rappresentanza (ar t. 2210, co. 1).
Per gli affar i da essi conclusi, i commessi possono r icevere le
dichiarazioni che r iguardano l’esecuzione del contratto e i reclami; sono
anche legittimati a chiedere provvedimenti cautelar i in nome e per conto
dell’imprenditore commerciale (ar t. 2212).
In conformità alla prassi commerciale, i commessi non possono esigere il
prezzo delle merci delle quali non facciano la consegna, né concedere
dilazioni o sconti che non sono d’uso, né derogare alle condizioni
generali di contratto o a clausole stampate su moduli, salvo che siano a
ciò espressamente autor izzati (ar tt. 2210, comma 2, e 2211).
I commessi preposti alla vendita nei locali dell’impresa rappresentano
l’imprenditore nel contratto di vendita, possono anche esigere il prezzo,
salvo che palesemente vi sia una cassa destinata alla r iscossione, non
possono invece esigere il prezzo fuor i dei locali se non sono autor izzati o
se non consegnano una quietanza firmata dall’imprenditore (ar t. 2213).
Le scritture contabili.
L’imprenditore commerciale, che non abbia la forma della società, è
tenuto alle scr itture contabili. Si tratta di un obbligo pr ivo di sanzione,
salvi gli obblighi posti dalla legislazione tr ibutar ia
Tuttavia, se viene aper ta una procedura concorsuale, la mancanza
ovvero l’avere omesso di tenere regolarmente le scr itture contabili
costituisce r eato (ar t. 217, comma 2, 1.f. ).
Le scr itture contabili sono:
- il libro giornale;
- il libro degli inventar i;
- le altre scr itture contabili che siano r ichieste dalla natura e dalle
dimensioni dell’impresa (ar t. 2214).
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L’imprenditore commerciale deve anche conservare ordinatamente la
corr ispondenza e le fatture inviate e r icevute (r ispettivamente in copia e
in or iginale).
Le scr itture, la corr ispondenza e le fatture devono essere conservate per
dieci anni.
Il libro giornale e il libro degli inventar i devono essere numerati
progressivamente in ogni pagina e bollati; tutte le scr itture devono
essere tenute secondo i requisiti di un’ordinata contabilità senza spazi
in bianco, inter linee e abrasioni; possono essere tenuti anche con sistemi
informatizzati.
Il libro giornale (ar t. 2216) deve indicare giorno per giorno le
operazioni (anche con registrazione complessiva per operazioni
omogenee compiute nella giornata, come il r icavo complessivo
giornaliero delle vendite).
Nel libro degli inventar i (ar t. 2217) viene registrato, all’inizio
dell’attività e successivamente ogni anno — normalmente al 31
dicembre di ogni anno — l’inventar io, contenente l’indicazione e la
valutazione delle attività (beni mobili mater iali e immater iali, immobili,
crediti, altr i dir itti patr imoniali) e delle passività (dir itti reali altrui sui
propr i beni, debiti, obbligazioni patr imoniali), sia relative all’impresa
che estranee ad essa, relative a tutti gli altr i beni, crediti e debiti
dell’imprenditore.
Al termine dell’inventano annuale devono essere trascr itti la situazione
economico-patr imoniale r iassuntiva delle attività e delle passività
dell’impresa (bilancio d’esercizio) e il conto economico dei r isultati
dell’anno (conto dei profitti e delle perdite), che deve dimostrare con
evidenza (pr incipio della chiarezza) e ver ità (pr incipio della ver ità) gli
utili conseguiti o le perdite subite.
Le valutazioni devono essere effettuate secondo i cr iter i stabiliti per i
bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili.
I libr i contabili regolarmente tenuti possono fare prova a favore
dell’imprenditore nelle controversie tra imprenditor i per i rappor ti
inerenti all’esercizio dell’impresa (ar t. 2710). I libr i e le altre scr itture
contabili, anche non regolarmente tenuti, fanno invece prova contro
l’imprenditore.
Le procedure concorsuali (vedi dispense)