I GRUPPI DI AUTO MUTUO AIUTO: L’ESPERIENZA DI GENITORI DI BAMBINI CON DISTURBO ADHD

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Pagina 1/4 La dottoressa Silvia Plebani ha discusso, presso la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, la sua tesi di laurea sui gruppi di mutuo aiuto dal titolo: “I GRUPPI DI AUTO MUTUO AIUTO: L’ESPERIENZA DI GENITORI DI BAMBINI CON DISTURBO ADHD”. Il lavoro si è basato prevalentemente sull’esperienza del Mutuo Aiuto AIFA di Varese. A lei vanno a lei i nostri complimenti e ringraziamenti per il suo impegno. Di seguito riportiamo uno stralcio della sua tesi che dà ampie spiegazioni del significato e dello scopo di questi gruppi: Stralcio dalla tesi di laurea di Silvia Plebani dal titolo “I GRUPPI DI AUTO MUTUO AIUTO: L’ESPERIENZA DI GENITORI DI BAMBINI CON DISTURBO ADHD” UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Sede di Milano 29/09/2006 Facoltà di Psicologia Corso di Laurea in Scienze e tecniche Psicologiche Curriculum in Relazioni interpersonali e interventi di rete ……….. I GRUPPI DI AUTO MUTUO AIUTO Definire con precisione i gruppi di auto mutuo aiuto non è semplice, a causa della varietà di gruppi esistenti e della loro stessa natura La più conosciuta definizione del gruppo auto mutuo aiuto è sicuramente quella proposta da Katz e Bender, secondo i quali i gruppi di self help (termine inglese con cui ci si riferisce al fenomeno in oggetto) sono: “ strutture di piccolo gruppo, a base volontaria, finalizzate al mutuo aiuto e al raggiungimento di particolari scopi. Essi sono, di solito, costituiti da pari che si riuniscono per assicurarsi reciproca assistenza nel soddisfare bisogni comuni, per superare un comune handicap o un problema di vita, oppure per impegnarsi a produrre desiderati cambiamenti personali o sociali. I promotori e i membri di questi gruppi hanno la convinzione che i loro bisogni non siano, o non possano essere, soddisfatti da o attraverso le normali istituzioni sociali. I gruppi di self-help enfatizzano le interazioni sociali faccia a faccia e il senso di responsabilità personale tra i membri. Essi spesso assicurano assistenza materiale e sostegno emotivo; altrettanto spesso appaiono orientati verso una qualche causa, proponendo una ideologia o dei valori sulla base dei quali i membri possano acquisire o potenziare il proprio senso di identità personale” (Albanesi, 2004) Inoltre “i gruppi di auto aiuto agiscono mettendo in opera comportamenti cooperativistici, stimolando questo AIFA onlus Sede legale: Viale Colli Aminei 60 – 80131 Napoli www.aifa.it [email protected] fax 02-700421276

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Stralcio dalla tesi di laurea di Silvia Plebani.Il Il lavoro si è basato prevalentemente sull’esperienza del Mutuo Aiuto AIFA di Varese.

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La dottoressa Silvia Plebani ha discusso, presso la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, la sua tesi di laurea sui gruppi di mutuo aiuto dal titolo: “I GRUPPI DI AUTO MUTUO AIUTO: L’ESPERIENZA DI GENITORI DI BAMBINI CON DISTURBO ADHD”. Il lavoro si è basato prevalentemente sull’esperienza del Mutuo Aiuto AIFA di Varese. A lei vanno a lei i nostri complimenti e ringraziamenti per il suo impegno. Di seguito riportiamo uno stralcio della sua tesi che dà ampie spiegazioni del significato e dello scopo di questi gruppi:

Stralcio dalla tesi di laurea di Silvia Plebani dal titolo

“I GRUPPI DI AUTO MUTUO AIUTO: L’ESPERIENZA DI GENITORI DI BAMBINI CON DISTURBO ADHD”

UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

Sede di Milano 29/09/2006

Facoltà di Psicologia

Corso di Laurea in Scienze e tecniche Psicologiche Curriculum in Relazioni interpersonali e interventi di rete

………..

I GRUPPI DI AUTO MUTUO AIUTO

Definire con precisione i gruppi di auto mutuo aiuto non è semplice, a causa della varietà di gruppi esistenti e della loro stessa natura La più conosciuta definizione del gruppo auto mutuo aiuto è sicuramente quella proposta da Katz e Bender, secondo i quali i gruppi di self help (termine inglese con cui ci si riferisce al fenomeno in oggetto) sono: “ strutture di piccolo gruppo, a base volontaria, finalizzate al mutuo aiuto e al raggiungimento di particolari scopi. Essi sono, di solito, costituiti da pari che si riuniscono per assicurarsi reciproca assistenza nel soddisfare bisogni comuni, per superare un comune handicap o un problema di vita, oppure per impegnarsi a produrre desiderati cambiamenti personali o sociali. I promotori e i membri di questi gruppi hanno la convinzione che i loro bisogni non siano, o non possano essere, soddisfatti da o attraverso le normali istituzioni sociali. I gruppi di self-help enfatizzano le interazioni sociali faccia a faccia e il senso di responsabilità personale tra i membri. Essi spesso assicurano assistenza materiale e sostegno emotivo; altrettanto spesso appaiono orientati verso una qualche causa, proponendo una ideologia o dei valori sulla base dei quali i membri possano acquisire o potenziare il proprio senso di identità personale” (Albanesi, 2004) Inoltre “i gruppi di auto aiuto agiscono mettendo in opera comportamenti cooperativistici, stimolando questo

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piano di interazioni e orientandole alla soluzione di problemi specifici. Facendo ciò essi creano non solo maggiore consapevolezza, empowerment e simili: essi mutano il rapporto tra attori del discorso terapeutico, rendendo quelli che sono utenti/pazienti, soggetti in grado di promuovere autonomamente azioni di cura e di cambiamento” Cinque sono le condizioni necessarie, secondo Levy, affinché sui possa parlare di un gruppo “self-help”

• Scopo: lo scopo esplicito e primario del gruppo deve essere quello di offrire aiuto e supporto ai suoi membri in riferimento alla problematica condivisa

• Origine e sanzione: la sua origine e la sanzione della sua esistenza risiedono nel gruppo stesso

• Fonte di aiuto: la fonte primaria di aiuto è affidata agli stessi membri, i quali sono tutti coinvolti nella richiesta e nell’offerta di sostegno reciproco

• Composizione: il gruppo è formato da membri che condividono uno stesso problema o una stessa condizione

• Controllo. La struttura e le attività del gruppo sono sotto il controllo degli stessi membri, sebbene questi ultimi possano richiedere, occasionalmente, la consulenza e la supervisione di esperti esterni

I fattori di efficacia dei gruppi di auto mutuo aiuto sono dieci:

1. Informazione: il gruppo rappresenta un’importante fonte di informazione in relazione al problema condiviso e alle modalità di gestione più adeguate dello stesso

2. Infondere speranza: il gruppo conforta l’individuo circa la possibilità di affrontare insieme qualsiasi problema per controllarlo nel migliore dei modi e, nei casi più fortunati, per risolverlo.

3. Universalità: il gruppo non fa sentire solo l’individuo nel suo problema 4. Riepilogo correttivo primario familiare: le relazioni che si vengono a creare all’interno del

gruppo sono simili a quelle vissute in famiglia. Il gruppo, in altre parole, rappresenta una sorta di rete di sostegno quasi primaria.

5. Altruismo: il gruppo fornisce l’opportunità di aiutare gli altri e, quindi, di assumere il ruolo di helper con tutti i benefici che questo comporta

6. Comportamento imitativo: l’identificazione con gli altri permette di imparare dalle loro esperienze

7. Apprendimento interpersonale: l’interazione con membri che condividono la medesima problematica facilita l’acquisizione di strategie di gestione del problema adeguate

8. Coesione di gruppo: all’interno del gruppo si stabiliscono alti livelli di fiducia e affiatamento, emerge il senso del noi

9. Catarsi: verbalizzare i propri vissuti, le proprie emozioni, paure, ansie e aspettative permette all’individuo di liberarsi di un peso

10. Sviluppo di tecniche di socializzazione: nel gruppo si impara a relazionarsi meglio con gli altri attraverso l’acquisizione di capacità emotive e relazionali.

GRUPPI AUTO MUTUO AIUTO DI PARENTI DI PERSONE CON PROBLEMI GRAVI

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I primi ad organizzare gruppi per familiari sono stati gli alcolisti anonimi; da allora questi gruppi si sono moltiplicati, anche perché le strutture pubbliche e private, concentrandosi sul malato, sovente ignorano i bisogni e i desideri di parenti e amici (Francescato, Tomai, Foddis, 2002). La funzione di questi gruppi è estremamente importante, infatti, come sa chiunque ha, o ha avuto, accanto una persona cara “problematica” (tossicodipendente, alcolista, con handicap, violenta…), occuparsi di quest’ultima porta ad un accumulo di stress spesso così grave da far ammalare o da provocare varie forme di burn-out (perdita progressiva di motivazione e interesse, esaurimento fisico, sentimenti di impotenza e disperazione, sensazione di vuoto emotivo, bassa autostima, atteggiamenti negativi verso il lavoro, la vita e gli altri). Sebbene il fatto di avere un familiare disabile o malato non conduca inevitabilmente a difficoltà, una parte sostanziale di letteratura sull’argomento documenta gli alti livelli di stress sperimentati dai parenti. Oltre ai comuni sentimenti di tristezza, dolore, angoscia e colpa, queste persone sono sottoposte a pesanti conseguenze a livello psicologico, sociale ed economico. Basti pensare alla frequente emarginazione sociale vissuta dalle famiglie di persone con problemi e alle difficoltà finanziare dovute alle costose cure mediche a cui quest’ultime si devono sottoporre. Nei gruppi formati da parenti vengono offerti vari tipi di sostegno, che vanno dallo scambio di informazioni su dove reperire le risorse necessarie, al supporto emotivo nei momenti di stanchezza e depressione, fino all’aiuto materiale. Il sostegno sociale offerto e ricevuto in questi gruppi sembra essere in grado di tamponare le conseguenze negative dello stress prolungato. A questo proposito voglio citare una ricerca particolarmente significativa (Solomon, Pistrang, Barker, 2001). I risultati della ricerca evidenziano, in particolare, tre fattori descritti come particolarmente significativi dai genitori di bambini con disabilità e bisogni speciali nel migliorare la qualità della loro vita:

1. Aumento del senso di controllo e padronanza: reso possibile dall’attività informativa perpetrata dal gruppo, dai consigli forniti dagli altri membri e dalla possibilità di aiutare gli altri.

2. Senso di appartenenza: derivante dal sentirsi capiti, dal poter condividere le proprie esperienze ed emozioni e dalla nascita di una nuova rete amicale improntata alla condivisione e alla solidarietà.

3. Cambiamento personale: consente ai familiari di sentirsi meno depressi, diversi, frustati, goffi e inibiti e, dunque, più distesi e forti. Questo cambiamento a livello interiore ha notevoli conseguenze sulla relazione con i propri figli, che diventa più serena e distesa grazie al maggior grado di accettazione della disabilità del figlio, conquistato con la partecipazione al gruppo.

Lo scopo principale di questi gruppi, in altre parole, è quello di aiutare i familiari ad affrontare le fatiche quotidiane, sviluppando una rete di solidarietà e aiuto reciproco. Il gruppo permette, in questo modo, di rompere l’isolamento e la solitudine e di superare il senso di vergogna legato al pregiudizio e allo stigma sociale (Galletto, 2001). Lo sforzo è, inoltre, quello di stimolare i partecipanti a parlare di sé e delle proprie difficoltà, in quanto la situazione familiare vissuta quotidianamente li porta sovente a parlare solo del familiare malato e, dunque, a non avere più spazio mentale per se stessi e per la cura di sé. In molti gruppi di auto aiuto di questo tipo, un ruolo cruciale è svolto dai cosiddetti “membri anziani”, di solito familiari che appartengono al nucleo dei fondatori e che rappresentano figure di riferimento per i nuovi arrivati.

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Nell’affrontare i vari problemi della vita ognuno di noi ha bisogno dell’aiuto di persone a noi vicine, come i genitori, gli amici, i vicini o gli insegnanti. A volte, però, riceviamo più aiuto e chiarificazioni da estranei che hanno, o avevano, lo stesso problema, di quanto ne riceviamo da persone che ci sono più vicine sul piano relazionale. Un principio fondamentale dei gruppi AMA è, infatti, la convinzione che chi ha avuto esperienza diretta del problema possieda una comprensione che non è del tutto possibile a chi non l’ha sperimentato (Galletto, 2001). Per tale motivo, è più facile, per questi genitori, imparare da coloro con i quali possono identificarsi. Per concludere, benché i familiari e gli amici possono essere in grado di soddisfare alcuni nostri bisogni, altre esigenze possono essere comprese soltanto da qualcuno che ha vissuto le nostre stesse difficoltà e che le ha eventualmente superate. Da qui l’importanza dei membri anziani. Grazie all’esperienza dei gruppi AMA dedicati ai familiari si è fatta strada l’idea che il familiare, invece che ostacolare il processo di cura, se opportunamente sostenuto, può diventarne risorsa preziosa. Nelle società occidentali industrializzate il discorso inerente la disabilità e la malattia, spesso, include nozioni quali: vittima, isolamento, disperazione, passività, delega. Questi gruppi offrono una visione alternativa, un diverso modo di pensare a cosa significa avere accanto un familiare disabile o malato. …. Segue poi un ampia descrizione dell’operato del gruppo Mutuo Aiuto AIFA di Varese con approfondimenti. Chi volesse leggerla per intero può rivolgersi alla nostra Associazione….

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