I Fenici inventarono l’arte della navigazione. Impararono ... · e furono i primi ad applicare il...

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Corso di formazione “CURRICOLO e INVALSI” D. Diacci ottobre 2014 1 1) I Fenici inventarono l’arte della navigazione. Impararono dai Caldei i rudimenti d’astronomia che applicarono alla navigazione” (Plinio Historia Naturalis -) Ma non solo dai caldei: anche dagli Egizi e dai Babilonesi appresero di astronomia e ben presto conobbero l’arte di disegnare mappe non solo dei tratti costieri, ma anche del cielo e furono i primi ad applicare il rilievo topografico alla navigazione e a comprendere l’importanza dei calcoli per stabilire una rotta. Tale loro abilità fu di certo, almeno inizialmente, favorita dalla conformazione geografica del bacino mediterraneo che consente una navigazione a vista della costa: infatti i tratti di mare in cui la navigazione non può avere riferimenti costieri sono essenzialmente due, e cioè la traversata del Canale di Sardegna e quella del mare balearico. Inizialmente la navigazione commerciale, proprio per la necessità di riferimenti costieri, si svolgeva essenzialmente durante le ore diurne, nel periodo compreso tra marzo e ottobre. La necessità di avere approdi sicuri per commerciare, effettuare piccole riparazioni, o anche solo per attendere il nuovo giorno, determinò la costruzione di piccoli insediamenti, utilizzati ben presto come mercati. Le coste del Mediterraneo si costellarono così di tanti “emporia” la cui distanza l’uno dall’altro era pari a quella che una nave oneraria poteva coprire nell’arco di una giornata di navigazione. Il sito in cui insediare il nuovo nucleo veniva scelto con cura: solitamente si trattava di promontori, di insenature molto riparate e possibilmente fiancheggiate da fiumi (Palermo), oppure di piccole isole prospicenti la costa (Mozia). Scrive Tucidite che i Fenici .... abitavano tutta la Sicilia, dopo averne occupato i promontori e le piccole isole più vicine alla costa....In seguito i Fenici impararono ad avvalersi delle stelle, in particolare della Stella Polare riuscendo, per primi, a navigare anche di notte: la scoperta venne utilizzata da tutte le marinerie, al punto che tale stella era meglio nota come “Stella Fenicia”. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 2) “Redazione 25/10/1999” Nel Mediterraneo orientale, trenta miglia al largo delle coste israeliane, a una profondità di 400 metri, sono stati ritrovati due relitti di navi fenicie risalenti al 750 a. C. Le imbarcazioni, in ottimo stato di conservazione, racchiudono ancora il loro carico: ancore in pietra, una dozzina di anfore da vino, terraglie per la preparazione dei cibi, una tipica caraffa fenicia per mescere il vino, alcuni bruciatori di incenso. La nave più grande misura 18 metri, la più piccola 15 metri. Probabilmente le due navi provenivano dal porto fenicio di Tiro ed erano dirette in Egitto o a Cartagine unitamente ad altre navi mercantili, come farebbe supporre la tradizione che indica i Fenici come abili commercianti.”

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Corso di formazione “CURRICOLO e INVALSI” D. Diacci ottobre 2014 1

1) “I Fenici inventarono l’arte della navigazione. Impararono dai Caldei i rudimenti

d’astronomia che applicarono alla navigazione” (Plinio – Historia Naturalis -)

Ma non solo dai caldei: anche dagli Egizi e dai Babilonesi appresero di astronomia e ben

presto conobbero l’arte di disegnare mappe non solo dei tratti costieri, ma anche del cielo

e furono i primi ad applicare il rilievo topografico alla navigazione e a comprendere

l’importanza dei calcoli per stabilire una rotta.

Tale loro abilità fu di certo, almeno inizialmente, favorita dalla conformazione geografica

del bacino mediterraneo che consente una navigazione a vista della costa: infatti i tratti di

mare in cui la navigazione non può avere riferimenti costieri sono essenzialmente due, e

cioè la traversata del Canale di Sardegna e quella del mare balearico.

Inizialmente la navigazione commerciale, proprio per la necessità di riferimenti costieri, si

svolgeva essenzialmente durante le ore diurne, nel periodo compreso tra marzo e ottobre.

La necessità di avere approdi sicuri per commerciare, effettuare piccole riparazioni, o

anche solo per attendere il nuovo giorno, determinò la costruzione di piccoli insediamenti,

utilizzati ben presto come mercati.

Le coste del Mediterraneo si costellarono così di tanti “emporia” la cui distanza l’uno

dall’altro era pari a quella che una nave oneraria poteva coprire nell’arco di una giornata

di navigazione. Il sito in cui insediare il nuovo nucleo veniva scelto con cura: solitamente

si trattava di promontori, di insenature molto riparate e possibilmente fiancheggiate da

fiumi (Palermo), oppure di piccole isole prospicenti la costa (Mozia).

Scrive Tucidite che i Fenici “.... abitavano tutta la Sicilia, dopo averne occupato i

promontori e le piccole isole più vicine alla costa....”

In seguito i Fenici impararono ad avvalersi delle stelle, in particolare della Stella Polare

riuscendo, per primi, a navigare anche di notte: la scoperta venne utilizzata da tutte le

marinerie, al punto che tale stella era meglio nota come “Stella Fenicia”.

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2) “Redazione 25/10/1999”

Nel Mediterraneo orientale, trenta miglia al largo delle coste israeliane, a una profondità

di 400 metri, sono stati ritrovati due relitti di navi fenicie risalenti al 750 a. C. Le

imbarcazioni, in ottimo stato di conservazione, racchiudono ancora il loro carico: ancore

in pietra, una dozzina di anfore da vino, terraglie per la preparazione dei cibi, una tipica

caraffa fenicia per mescere il vino, alcuni bruciatori di incenso. La nave più grande misura

18 metri, la più piccola 15 metri. Probabilmente le due navi provenivano dal porto fenicio

di Tiro ed erano dirette in Egitto o a Cartagine unitamente ad altre navi mercantili, come

farebbe supporre la tradizione che indica i Fenici come abili commercianti.”

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3) “Fino alla scoperta del relitto di Punta Scario ben poco si sapeva delle tecniche costruttive

e della carpenteria delle navi da guerra fenicie e puniche.

La nave, recuperata alcuni anni fa, giaceva a circa due metri e mezzo di profondità accanto

ad un’altra imbarcazione (denominata sister ship, nave sorella) e ha posto in luce un dato

inaspettato; entrambe sono state costruite utilizzando pezzi lignei prefabbricati

separatamente e assemblati in un secondo tempo.

Sul bordo di ogni pezzo sono individuabili – e tuttora visibili in quella esposta al Museo

Baglio Anselmi di Marsala – lettere dell’alfabeto punico, che è sensibilmente diverso da

quello fenicio, e linee-guida che avevano la funzione di guidare gli addetti al montaggio.

In altri termini, tutto lascia supporre che i pezzi fossero realizzati separatamente con

l’ausilio di modelli prestabiliti, di sagome, e magari trasportati in altri luoghi, a seconda

delle necessità, ove venivano montati”.

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4) Le imbarcazioni commerciali fenicie erano di forma rotondeggiante a causa del rapporto

lunghezza/larghezza di quattro a uno. Tale forma ne determinò il nome: esse infatti erano

chiamate dai Greci "gauloi" (rotonde), mentre il corrispondente termine fenicio era

"golah" da cui probabilmente derivano l'italiano "goletta" e l'inglese "galley" e "galleon".

Lunghe, di norma, tra i venti ed i trenta metri e larghe tra i quattro ed i sette, avevano un

pescaggio di circa un metro e mezzo, analogo all'altezza della fiancata emersa. La poppa

terminava con un motivo decorativo a spirale o a coda di pesce, mentre nella parte

anteriore la prua era ornata con una testa di cavallo (assieme al cane uno degli animali

simbolo dei Fenici), motivo per cui i greci le chiamavano anche "hippoi", cavalli per

l'appunto, oppure con un'ala di uccello, come se la nave potesse, metaforicamente, volare

sulle onde. In basso, sopra la linea di galleggiamento, quasi a voler dire che la nave fosse

un essere dotato di sentimenti umani, vi erano disegnati due grandi occhi. Tali occhi

avevano molteplici compiti: i Fenici erano molto superstiziosi e tali occhi dovevano

proteggere la nave e l'equipaggio dal malocchio garantendo una navigazione serena, ed

incutere timore ai nemici, ma dovevano, altresì, “vedere la rotta, senza smarrirsi”. La

carena, fortemente convessa, era protetta in tutta la parte sommersa, da una copertura di

lamine di piombo, assicurate al fasciame con chiodi di rame, bronzo o anche di ferro: tra

tale rivestimento ed il fasciame veniva distesa uno strato di bitume, grazie al quale si

rendeva stagna la nave. Unico mezzo di propulsione delle navi onerarie era la vela, detta

"quadra", anche se era più larga che alta.

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5) “Il migliore e addirittura il modo più perfetto di ordinare gli oggetti che io abbia mai visto

lo constatai in una delle grandi navi fenicie che io vidi; una enorme quantità di materiali

per la navigazione era così disposta da occupare separatamente il minor spazio possibile.

Ed anche compresi che l’assistente del capitano, che chiamano “l’uomo che cerca”,

conosceva talmente bene la posizione di ogni cosa che persino a distanza era in grado di

dire dove si trovava.” (Senofonte, scrittore e storico greco)

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6) I grandi itinerari percorsi dalle navi commerciali fenicie dai mercati del Levante ai

giacimenti e alle colonie di occidente, furono sempre costanti, anche se in alcune epoche

cambiarono sia pure in parte il loro percorso per cause prevalentemente politiche.

1° Una prima rotta, detta anche meridionale, che sviluppava oltre tremila miglia e che

rimase quasi costantemente attiva, fu quella che dalla costa siro-palestinese conduceva

lungo le coste dell’Africa settentrionale fino agli insediamenti situati sui versanti atlantici

dell’attuale Marocco e della penisola iberica.

2° Un altro itinerario fu quello settentrionale che, assai più lungo e articolato del

precedente, toccava via via gli insediamenti fenici di Cipro, la costa meridionale

dell’attuale Turchia, l’isola di Creta, l’arcipelago delle Cicladi, il Peloponneso e le coste

ioniche dell’Italia.

Da questo punto si avevano alcune varianti a seconda dei luoghi che si desiderava

raggiungere. 3° Se la destinazione erano i centri etruschi, si traversava lo stretto di

Messina e si proseguiva lungo la costa tirrenica della penisola italiana.

4° Se invece era necessario raggiungere la Sardegna e poi l’estremo Occidente,

l’itinerario preferenziale era quello lungo la costa meridionale della Sicilia e quella

settentrionale dell’attuale Tunisia, dalla quale si passava a quella meridionale della

Sardegna. Da questa isola si raggiungeva quindi l’arcipelago delle Baleari e infine si

toccavano i centri fenici della penisola iberica meridionale.

Esistevano inoltre anche itinerari minori che si distaccavano dalle grandi rotte e i cui

luoghi più importanti sono ricordati dalle antiche fonti scritte, come frequentati dalle navi

fenicie. Tra i più antichi si possono ricordare 5° quello che dalla costa meridionale della

Turchia toccava le isole dell’Egeo, oppure 6° quello che dagli insediamenti fenici della

costa meridionale della Sardegna portava all’arcipelago campano, seguendo un ampio

arco nel Mar Tirreno che portava davanti alle coste dell’attuale Lazio.

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Si estende nei territori di Larino, Casacalenda e Guardialfiera ed è stato realizzato, negli

anni ’80, sbarrando il corso del fiume Biferno con una diga colossale, ai piedi della quale

sono state costruite due centrali idroelettriche. Il lago ha una superficie di 1043 Kmq., serve

ad irrigare una superficie di 20.000 ettari di territorio nel basso Molise e le sue acque

forniscono acqua potabile ai comuni di Termoli, Campomarino, Portocannone, San Martino

in Pensilis e Ururi.

Serve inoltre il nucleo industriale di Termoli con una portata di 3 mc. di acqua al secondo.

I pendii degradanti verso le rive del lago sono stati rimboschiti dalle guardie forestali con

cipressi, pini d’aleppo, pini arizzonico e altre specie importanti dal punto di vista ecologico.

Dove invece l’uomo non è intervenuto rimangono boschi di Cerro e Roverella, tipici della

fascia mediterranea. In quest’area, fino a poco tempo fa, vivevano le lontre, esemplari di

gatto selvatico e di martora. Considerando che il lago di Guardialfiera è di recente

costituzione e che la sua origine è antropica, i suoi equilibri risultano essere ancora molto

delicati. La creazione di questa zona "umida" ha comportato l'instaurarsi di fauna fluviale,

come carpe, trote, anguille, barbi, cavedani, lucci, e di una significativa avifauna acquatica,

come la Spatola (uccello di palude appartenente alla famiglia dei Ciconiformi), l'Airone

cenerino, il Germano reale, la Cicogna bianca, la Cicogna nera, il Cormorano, il Falco

pescatore, il Nibbio bruno, la Gru, lo Svasso maggiore; tra gli altri animali, sono presenti la

volpe, la puzzola, il tasso, la donnola, la faina e la testuggine d’acqua, presente nei piccoli

corsi d’acqua limitrofi al lago. Il lago rappresenta una vera e propria fonte di ricchezza, sia

sotto il profilo turistico che sotto quello naturalistico, se però le attività umane risulteranno

rispettose di questi equilibri (eliminando perciò rumori, disboscamenti, discariche, incendi

dolosi, turismo selvaggio ecc.).”

(Riduzione e adattamento da http://www.regione.molise.it/korai/xvari-lagodiguardialfiera.html)

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Riflettiamo su quanto riportato nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo:

a) “… La conoscenza geografica riguarda anche i processi di trasformazione progressiva dell’ambiente ad

opera dell’uomo o per cause naturali di diverso tipo…”

b) “… La geografia è attenta al presente, che studia nelle varie articolazioni spaziali…”

“… la geografia non può prescindere dalla dimensione temporale, da cui trae molte possibilità di leggere e

interpretare i fatti che proprio nel territorio hanno lasciato testimonianza, nella consapevolezza che

ciascuna azione implica ripercussioni nel futuro….”

“La particolare forma “a stivale” della Penisola italiana la rende unica e universalmente

riconoscibile sugli atlanti. Ma la sua caratteristica più significativa è la centralità nel “mare

chiuso” per eccellenza, quel Mediterraneo su cui si affacciano tre continenti e che è storicamente

una delle grandi culle della civiltà umana.

La Penisola è legata al territorio europeo, di cui fa parte, dalla valle del Po e dalla maestosa

catena alpina, un tempo barriera, oggi via di transito e di incontri permanenti col resto d’Europa.

È tra le valli montane che trovarono insediamento varie popolazioni preistoriche, ma è soprattutto

nelle pianure, una volta prosciugate, che avvenne il popolamento più consistente. Tuttora esse

ospitano la maggior parte della popolazione italiana, un tempo dispersa soprattutto nella coltura

dei campi, oggi concentrata invece attorno agli insediamenti industriali e soprattutto alle attività

terziarie delle città.” (fonte: “Enciclopedia geografica – Italia 1” Corriere della sera)

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Conversazione cognitiva: Raccogliamo le informazioni, poi sintetizziamo costruendo uno schema logico:

facciamo indicare dai ragazzi le espressioni connettive per collegare le varie informazioni. Facciamo poi

produrre a gruppi una rielaborazione del testo originale seguendo lo schema logico. Leggiamo i prodotti e

confrontiamoli: può essere che ogni gruppo abbia seguito percorsi diversi sullo schema: i collegamenti logici

(temporali, causali) saranno gli stessi anche se avranno magari usato espressioni connettive diverse.

LA PENISOLA

ITALIANA,

a forma a

stivale,

centrale nel

Mediterraneo

occupa una

posizione

che è un

dalla valle del PO

con la sua estesa

pianura

dalla catena alpina

È legata

all’Europa

che un

tempo

era di

ma che

oggi è

ostacolo alle

comunicazioni,

via di transito e

collegamento

permanente con

Il continente europeo

nella quale

avvenne

il popolamento più

consistente:

ieri

oggi

per il settore

primario

per il

secondario e

il terziario

mare

chiuso

culla delle

civiltà.

ed è stato fin

dai tempi più

antichi

grazie a

numerosi valichi,

trafori, linee

ferroviarie, strade e

autostrade.

È unita all’Europa

anche

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“Il 2013 rappresenta per la nostra regione e per le nostre città una data significativa, in

quanto ricorrono 2200 anni dalla costruzione della Via Emilia, realizzata nel 187 a. C. dal

console marco Emilio Lepido. ................................. è l’unica regione che deve il suo nome

ad una strada e ciò dice molto riguardo al ruolo che tale via ha avuto per la storia e lo

sviluppo del territorio: molto di quello che oggi è la nostra regione è conseguenza della

presenza di questa via di comunicazione. I più importanti centri urbani sono sorti lungo

questa via che ancora oggi le attraversa in senso longitudinale, dall’estremità occidentale a

quella orientale.

Nel territorio si distinguono due aree tagliate a metà dal tracciato della Via Emilia: a sud

c’è il versante padano dell’Appennino Tosco-Emiliano, a nord si allarga invece la pianura

padana fino al Po, confine naturale con la Lombardia e il Veneto.

La Via Emilia è l’asse su cui si è basata la centuriazione che ha caratterizzato gran parte

della pianura Padana e sempre lungo il suo tracciato si sono sviluppate le maggiori attività

economiche della regione, da quelle agricole a quelle industriali.

La bassa pianura alluvionale è però molto esposta al rischio di alluvione: i rilievi, per la

natura geologica dell’Appennino, sono a rischio di frane e smottamenti. Un fenomeno tipico

sono i calanchi, forme di erosione dovute alla presenza di argille e rocce friabili. La costa

adriatica è soggetta a erosione marina. I cordoni di scogli, sistemati quasi paralleli alla

costa, davanti a molte spiagge, hanno la funzione di diminuire la forza erosiva del moto

ondoso. (Adattamento e integrazione da www.archeobologna.beniculturali.it/mostre/nonantola_set2013.htm )

Sulla carta localizziamo le

informazioni forniteci dal testo e

evidenziamo il tracciato della via

Emilia

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Nella lingua antica tedesca “Mark” significa regione di confine. Difatti le marche divennero

zona di confine nel periodo del Sacro Romano Impero. Alcuni feudi che gli imperatori

davano ai nobili da governare si chiamavano marchesati, da essi presero il nome la Marca

di Fano, la Marca di Camerino, la Marca di Ancona: ecco spiegata la ragione del perché

oggi, pur essendo una singola regione, ha il nome al plurale. L’immagine delle Marche è

quella tipica del centro Italia, sia per quanto riguarda i paesaggi, dominati da colline e

poggi coltivati, sia per i caratteristici borghi medioevali, spesso circondati da mura,

affacciati a terrazza verso l’Adriatico. Al suo territorio appartiene il versante

dell’Appennino umbro-marchigiano che digrada, con un sistema di colline e valli, da ovest

verso est, fino al mare Adriatico. A vederle queste montagne danno l’impressione che siano

state tirate da un enorme pettine verso la costa adriatica, lasciando dei profondi solchi

paralleli percorsi da torrenti. Nelle Marche non esistono delle vere e proprie pianure, ma

degli appezzamenti pianeggianti non molto grandi, sparsi lungo il litorale adriatico. (adattamenti e integrazioni da http://icbiagio.racine.ra.it/reg/reg/marche.htm#origini )

Sembra quasi che il tempo si sia fermato nei tanti borghi medioevali che, come gioielli,

regalano a questa splendida regione tutta l’atmosfera e la bellezza artistica di un passato

lontano. Tra pievi, castelli e antichi casolari, divenuti oggi splendidi agriturismi, un viaggio

in Umbria è un’esperienza imperdibile per gli occhi, per lo spirito e per la gola! In ogni

antico palazzo, cattedrale o chiesa, i grandi artisti del medioevo e del rinascimento hanno

lasciato un segno della loro arte, tesori artistici di ineguagliabile bellezza. Terra di San

Francesco, Santa Chiara, Santa Rita e San Benedetto l’Umbria regala, ancora oggi, il

piacere della meditazione. Ricoperta da fitti boschi e grandi distese di vigne e ulivi, è una

regione dai sapori forti: vini, oli, tartufi e salumi di grande qualità regalano piatti

straordinari. È l’unica regione che non ha sbocchi sul mare. incuneata fra Toscana,

Marche e Lazio, è tutto un susseguirsi di colline che si alternano a ridosso della dorsale

dell’Appennino Umbro-Marchigiano. È percorsa dal fiume Tevere e dai suoi affluenti

Nestore, Paglia, Chiascio e Nera. I centri di Gubbio, Guado Tadino e Norcia sono sorti

nelle conche più interne; Perugia nella piana della Val Tiberina; Spello, Foligno e Trevi

nella Valle Umbra che si allunga fino a Spoleto. Il lago Trasimeno di origine tettonica, al

confine con la Toscana, è il maggiore dei laghi dell’Italia peninsulare. (adattamenti e integrazioni da http://www.paesaggi.regioneumbria.eu/)

Foglia

Chienti

Tronto

Metaur

o Mis

a

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Confronto tra regioni. Raccogliamo le informazioni rilevate dai tre testi e vediamo quali collegamenti e

approfondimenti disciplinari ci permettono di fare... quali conoscenze richiamano?... quali

inferenze possiamo fare?...

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“L’Emilia Romagna detiene il primato nazionale per la produzione di frumento, delle

barbabietole da zucchero (1/3 del totale nazionale), di vari prodotti ortofrutticoli (pesche,

prugne, cocomeri, cipolle, fagioli...) ed è ai primissimi posti per uva e vino”

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“Sebbene occupi solo il 3% della popolazione attiva, l’agricoltura possiede comunque un

posto di rilievo nell’economia e nella società umbra. Le colture principali sono la vite,

l’olio, il frumento e, soprattutto, il tabacco ma tra le fonti principali di reddito va annoverato

anche il tartufo nero (Norcia e Spoleto), della cui produzione l’Umbria si colloca ai

primissimi posti in Italia. La vitivinicoltura, sia per la qualità che per la quantità, è

conosciuta ed apprezzata a livello internazionale.”

-------------------------------------------

“Lungo la costa e nelle zone collinari delle Marche si praticano colture intensive soprattutto

di grano, orzo, mais, barbabietole da zucchero, girasoli, ortaggi, ulivi e viti. Ma se il clima

favorisce la produzione agricola che è molto varia, la presenza di molti rilievi la limita: la

conformazione del terreno rende difficile l’utilizzo di macchine agricole e la scarsità di

acqua richiede pesanti lavori di irrigazione”

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Fonti diverse: lettura, confronto, sintesi....

“Due sono i compartimenti marittimi in Emilia Romagna cui fanno capo tutte le attività di

pesca: da quello di Ravenna dipendono i porti di Goro, Porto Garibaldi, Ravenna e Cervia;

dal compartimento di Rimini i porti di Cesenatico, Bellaria, Rimini e Cattolica. Tre sono i

comparti della filiera: produzione, trasformazione, commercializzazione”

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“La regione Marche è la quarta in Italia per quantità di pesce sbarcato, lavorato e surgelato,

anche negli stabilimenti locali. La pesca è praticata lungo la costa, partendo dai porti di

Ancona, Civitanova Marche, Pesaro, Fano e Senigallia. Mancando ripari naturali lungo la

costa, i marchigiani hanno utilizzato le foci dei fiumi per costruire porti e canali. L’unico

porto naturale è quello di Ancona, che vede anche un grosso traffico di passeggeri e merci e

la presenza di un importante cantiere navale. San Benedetto del Tronto è uno dei primi porti

in Italia per la pesca d’altura.”

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DAL LOCALE A GENERALE (fine primaria e scuola media)

LETTURA DI IMMAGINI: quali informazioni ci forniscono?.... raccolta di osservazioni,

inferenze, ipotesi con giustificazioni;

(Le due foto sono prese dal sito:

http://www.focus.it/ambiente/natura/che-cosa-sono-le-brown-cloud_C39.aspx )

“Che cosa sono le "brown cloud"?

Si tratta di fenomeni locali dovuti all’inquinamento. In pratica si tratta di strati di aria

vicina al suolo che, per il loro contenuto di sostanze inquinanti, assomigliano a nuvole

scure, in particolare quando sono viste dallo spazio. Contengono soprattutto le particelle

che si producono in seguito a un incompleto incenerimento dei combustibili fossili utilizzati

dalle centrali elettriche, dagli autoveicoli e così via. Vi si trovano sostanze velenose come i

nitrati, i solfati, l’ozono, l’anidride carbonica e il black carbon, una polvere nera composta

in gran parte da carbonio.”

DOMANDA PROBLEMATIZZANTE: l’inquinamento è un problema solo nostro?

Poniamo questa domanda agli

alunni e registriamo le loro

risposte, chiedendo anche di

indicarci da quali fonti le

hanno apprese: discorsi sentiti

in famiglia, programmi

televisivi, articoli di

giornali…

Presentiamo il planisfero

delle aree più inquinate nel

mondo

La pianura padana vista dal satellite Panoramica su Torino

Planisfero delle aree con maggiore inquinamento

http://www.ecologiae.com/aree-inquinate-mondo-africa-asia/23247/

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I colori costituiscono la legenda.... il blu corrisponde al minore inquinamento, il rosso scuro al massimo

inquinamento.

Quali informazioni ci fornisce la carta?..... osserviamo e riflettiamo insieme: caso mai aiutiamo con domande:

Quali sono gli stati più inquinati?..... Quali sono le aree mondiali più industrializzate?

C’è corrispondenza tra maggiore industrializzazione e maggior inquinamento?... sì?... No? .... perché?....

Proviamo a formulare ipotesi... raccogliamo le idee espresse, chiediamo di motivarle...

Andiamo a cercare conferme...

Distribuiamo e leggiamo questo testo che è quasi una precisazione alla legenda al planisfero:

“Se si pensa alle nazioni più inquinate al mondo, vengono automaticamente in mente la Cina

e gli Stati Uniti. Ma queste sono sicuramente le più inquinanti, non le più inquinate, in

quanto diversi fattori atmosferici, primo fra tutti il vento, spostano l’aria “malata” in altre

zone. Aree ad alto tasso di urbanizzazione, come la Cina orientale, mostrano livelli più

elevati di inquinamento atmosferico.

Si può vedere però come l’area rossa, dunque quella più inquinata, sia quella del Nord

Africa, a causa dell’azione dei venti che trasportano gran parte dell’inquinamento europeo in

aree in cui, a causa dei deserti, le particelle si fermano e inquinano l’aria. Discorso simile

per India e Asia orientale.”

Raccogliamo dai ragazzi le informazioni che il testo ci

fornisce e sintetizziamo in uno schema riassuntivo che

potrebbe risultare così:

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------

F

A

T

T

O

R

I

I

N

Q

U

I

N

A

N

T

I

Alta urbanizzazione

Alta industrializzazione

ANTROPICI

Venti

Morfologia del territorio NATURALI

Aree più

industrializzate:

STATI UNITI

EUROPA - ITALIA

CINA

Aree più inquinate:

NORD AFRICA

CINA ORIENTALE

INDIA

Abbiamo capito che l’INQUINAMENTO è un

PROBLEMA GLOBALE

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Paesi di cristallo

“Sabbia silicea, sodio, potassio e piombo: ecco la ricetta base del cristallo. Ci sono luoghi e

nomi, in Europa che, proprio alle trasparenze e alle lucentezze del cristallo, devono la loro

fama: Boemia nella Repubblica Ceca, Swaroski in Austria, Baccarat in Francia, Murano

alle porte di Venezia e….. Colle Val d’Elsa, in provincia di Siena, dove la tradizione vetraia

risale al XIV secolo.”

La terra del cotto

“Il legame fra una terra e la sua produzione è certe volte inscindibile. Pensare al cotto

toscano vuol dire pensare all’Impruneta e viceversa. Questo piccolo comune pochi

chilometri a sud di Firenze, si raggiunge percorrendo la strada Chiantigiana che si snoda

dolcemente tra filari di viti. Già dal 1250 si crearono i presupposti per la nascita della

produzione ceramica. Gli artigiani trovarono fra le colline del Chianti ricchi giacimenti di

argilla e folte superfici boschive utili per alimentare le fornaci in cui foggiare i laterizi, le

“mezzane” per la conservazione dell’acqua e i caratteristici “orci” per l’olio d’oliva e il

vino. L’orcio imprunetino, richiesto per lo stoccaggio dell’olio d’oliva, assunse dimensioni

sempre più grandi sia nell’altezza, dai 60 centimetri ai 100 centimetri, sia nel diametro. Alla

fine del XVII secolo i ceramisti cominciarono a diversificare la produzione realizzando

terrecotte ornamentali per ville, parchi e giardini.”

Un marchio di qualità

“Con la Magna Grecia gli abitanti

della nostra penisola impararono a

conoscere l’arte della ceramica;

dai vasai greci impararono la

tecnica, ma l’estro e la creatività

facevano già parte del nostro DNA.

E’ così che in Italia l’arte della

ceramica si è diffusa un po’

ovunque, esprimendosi in forme e

decori diversi, ma ugualmente di

alto valore. E accanto a vasi,

piatti, gruppi figurati, si è

sviluppata anche la produzione di

piastrelle decorate artisticamente.

Il marchio Ceramica Artistica

Tradizionale, istituito ufficialmente

nel 1997, è nato con l’intento di

tutelare e valorizzare l’antica

tradizione italiana della ceramica

e comprende le produzioni di ben

36 Comuni, distribuiti in quasi

tutte le regioni. Alcuni nomi sono

conosciuti in tutto il mondo”

Da “Ceramica Artistica Tradizionale”

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“REGIONE” ... un termine molti significati

http://www.minambiente.it/pagina/le-regioni-biogeografiche

L'Unione Europea è suddivisa in 9 REGIONI biogeografiche, ambiti territoriali con caratteristiche ecologiche

omogenee. L'efficacia della rete Natura 2000 per la conservazione di habitat e specie viene valutata a livello

biogeografico, indipendentemente dai confini politico-amministrativi; anche le Liste dei Siti di Importanza

Comunitaria vengono adottate per regione biogeografica.

Le 9 regioni biogeografiche sono: Atlantica, Continentale, Alpina, Mediterranea, Boreale, Macaronesica, Pannonica,

Steppica e regione del Mar Nero.

L’Italia risulta uno dei Paesi a più alta diversità biogeografica: il territorio nazionale appartiene infatti a tre regioni

diverse, la Continentale (corrispondente alla Pianura Padana e all’alto litorale adriatico),

la Mediterranea (comprendente le isole maggiori, l’Italia meridionale e le regioni liguri – tirreniche) e l’Alpina (in

corrispondenza della catena alpina e dei massicci abruzzesi).

La REGIONE dei grandi laghi

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Le carte tematiche ci parlano: quali informazioni possiamo ricavarne?.... che cosa sono i distretti

industriali?...

Cerchiamo notizie... prepariamo una tabella con tutte le regioni italiane e per ciascuna di esse, con l’aiuto

dei colori e della legenda scriviamo quali distretti sono presenti: avremo così una visione panoramica della

localizzazione dei principali settori industriali sul territorio italiano.

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(classi prima – seconda della scuola primaria)

Testi informativi - espositivi – narrativo - descrittivi interrogabili – raccordi disciplinari con

argomenti di geografia, scienze, storia (sequenzialità ciclica)

Il riccio e il cane

Il riccio saltellava svelto, perché fra i rami degli alberi era comparsa la prima nebbia e lui

aveva fretta di finire il nido per farci una dormitina lunga tre o quattro mesi.

La casetta, simile a un palloncino di fieno e paglia, era già pronta nel cavo del vecchio

tronco. Per finirla bene occorrevano soltanto alcune foglie profumate, e il riccio andava a

prenderle.

Ma un cane l’aveva visto e, come tutti i cani quando vedono un riccio, si era arrabbiato e

ora arrivava latrando, correndo e digrignando i denti. Il riccio in un baleno diventò una

palla coperta di spine dritte. E il cane, che era proprio arrabbiato, ci si bucò subito il naso.

Per il dolore lanciò un altissimo guaito e scappò via. (Mario Comassi e Lino Monchieri “Prime parole dal mondo” classe 2° CETEM)

L’ultima foglia

Sull’albero spoglio trema l’ultima foglia.

Perduto il bel verde della primavera, s’è lasciata dorare dal sole dell’autunno ed ora il

freddo ne brucia gli orli che rinsecchiscono. La foglia si lamenta ad ogni soffio della

tramontana.

-Perché mi sciupi? Perché mi scrolli? Lasciami a consolare quest’albero tutto nudo. Non

voglio morire...

Ma il vento, che ora soffia più invitante, cullandola, le sussurra:

-Non resistere, vieni anche tu. Lasciati prendere da me. Il tuo viaggio è un bel volo, e la

terra che ti aspetta odora di legno fradicio, di resina e di erbe buone. Si dorme bene sulle

zolle! E, a primavera, disciolta dalle piogge, risucchiata dalle radici dell’albero, rinverdirai

sul ramo, tutta nuova nel sole. (Leda Cesaretti “Prime parole dal mondo” CETEM)

Scoperta del mare

Avevo dinanzi un vastissimo spazio di pianure verdi e fiorite... ma più in là ancora l’occhio

mio non poteva indovinare cosa fosse quello spazio infinito d’azzurro, che mi pareva un

pezzo di cielo caduto e schiacciatosi in terra: un azzurro trasparente, e svariato da strisce

d’argento che si congiungeva lontano con l’azzurro meno colorito dell’aria: era il mare... (Ippolito Nievo)

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Anche l’orto è pieno d’incanti

- Ghere ghere ghere...

Clara si fermò tutt’orecchi.

- Ghere ghere ghere...

In punta di piedi sull’erba si avvicinò alla voce.

Una piccola rana del fosso gonfiava e sgonfiava le gote con una velocità prodigiosa. Non

guardava il cielo: coperta com’era da una foglia non avrebbe potuto vederlo.

Ogni tanto si fermava. Allora tutto taceva. E in quel silenzio si udiva il cinguettio degli

uccelli, lo stridere di una cavalletta, il ronzio di un’ape, di un calabrone.

- Rizzi rizzi rizzi csi csi csi – cinguettavano gli uccelli.

- Zicchi zicchi zicchi – strideva la cavalletta sfregando l’ala sinistra su quella destra.

- Zzzzzz rrr vvv – ronzava il calabrone.

Chi zirlava, chi volava, chi odorava. Clara avrebbe voluto essere dappertutto: una libellula,

un giunco, una farfalla. “Come deve essere bello” pensava “essere una rondine: gettarsi

dall’alto per gli orti sfiorando col petto i prati. Volare sui pendii, lambire il ruscello, le

erbette bagnate”

Ed ecco la piccola rana riprendeva a gracidare:

- Ghere ghere ghere...

A volte cambiava di tono:

- Gara gara gara gara ...

A mano mano che la voce saliva pareva restringersi:

- Ghiri ghiri ghiri...

Improvvisamente si alzò un coro, come quando si stacca tutt’insieme un volo di uccelli:

- Caracaracaracara...

Era il coro delle rane degli orti a cui si unirono anche i rospi del fosso:

- Cruak cruak cara cara cara ...

L’arrivo della pioggia

Cadde una goccia, un’altra ancora, sulle mani, sul viso, poi dieci, cento, mille su tutte le

bietole, le fave, le zucche, gli asparagi, le fogliette delle fragole. E il coro cessò di colpo.

Clara vide le rane tuffarsi in fretta nell’acqua del fosso per... non bagnarsi. E le azzurre

cicorie, i ranuncoli d’oro chiudersi e reclinare il capo. Che festa fra le lattughe!

Nel correre in fretta a casa le vedeva agitarsi tutte fresche e lucenti. (Fabio Tombari “Il libro di Tonino” – Fabbri)

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Tra leggenda e scienza: Un minuscolo cuore d’acqua.

Narra una leggenda che Trasimeno, figlio di Tirreno, re degli

Etruschi, era un giovane molto bello, ma solitario e

indifferente, inavvicinabile. La ninfa Agilla volle verificarlo

così fece sequestrare il giovane, lo nascose nelle grotte vicine e

alla fine il giovane si innamorò di lei. Ma Trasimeno volle

ritornare alla reggia del padre, lasciando la ninfa sola e

disperata. Agilla pianse e pianse così tanto che le lacrime

scendendo dai suoi occhi si allargarono fino a formare un

lago, proprio il lago Trasimeno che, per questa origine, prese

la forma somigliante a un cuore”. (da “Splendore della natura in

Italia” Selezione dal Reader’s Digest)

Se prendiamo una bellissima foto del Lago

Trasimeno, scattata dall’astronauta Luca Parmitano

nella stazione orbitante a 400 KM dalla Terra, e la

ruotiamo di 90° gradi in senso antiorario… scopriamo

che assomiglia proprio all’anatomia di un cuore umano.

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I Fiordi

Un fiordo è un braccio di mare che si insinua nella costa, anche per molti chilometri,

inondando un’antica valle glaciale o fluviale.

Per certi versi il fiordo assomiglia a un lago (“fiord” in norvegese vuol dire infatti “lago”).

È infatti una valle scavata nei secoli da un ghiacciaio (o prima occupata da un fiume) nella

quale è penetrato il mare. All’imbocco del fiordo si è formato un accumulo di detriti rocciosi

lasciati dal ghiacciaio una volta ritiratosi. Tale accumulo costituisce una specie di barriera

sottomarina all’entrata del fiordo, il quale assume la conformazione geologica di un lago:

una sorta di cavità circolare, più profonda nel centro.

(da “Il Giramondo”2° vol. geografia per la seconda secondaria di primo grado PARAVIA )

“L'acqua sul fondo dei fiordi ha spesso una salinità molto bassa, a causa della sua

provenienza dai torrenti e dallo scioglimento delle nevi: questa acqua dolce, più fredda

tende a scendere sul fondo e a non mescolarsi con l'acqua di mare presente in superficie. I

fiordi, per la loro stretta imboccatura e per la protezione offerta dalle elevazioni che li

circondano, sono eccellenti porti naturali e vengono utilizzati per le flotte di pescherecci e

per attività come l'allevamento ittico e i cantieri navali.

La Norvegia viene chiamata anche "paese dei fiordi" per la presenza di numerose di queste

vallate sommerse, spesso spettacolari. I fiordi tuttavia si trovano anche sulla costa

occidentale dell'Irlanda e della Scozia, in Islanda, in Groenlandia, nella regione canadese

del Labrador, in Alaska e poi sulla costa occidentale del Canada, sulla costa meridionale

del Cile (Patagonia), nella parte sud-occidentale della Nuova Zelanda ed in Antartide.” (riduzione da http://it.wikipedia.org/wiki/Fiordo#Formazione_e_caratteristiche