I disordini del metabolismo lipidico in età geriatria

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CORSO DI ENDOCRINOLOGIA GERIATRICA I disordini del metabolismo lipidico in età geriatrica UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI CAGLIARI - FACOLTÁ DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia Dipartimento di Scienze Mediche Internistiche Direttore Prof. Francesco Marongiu

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CORSO DI ENDOCRINOLOGIA GERIATRICA

I disordini del metabolismo lipidico in

età geriatrica

DOCENTE: TESINA DI:

Prof. S. Mariotti Dott.ssa Barbara Orani

UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI CAGLIARI - FACOLTÁ DI MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia

Dipartimento di Scienze Mediche Internistiche

Direttore Prof. Francesco Marongiu

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ANNO ACCADEMICO 2009-2010

Le iperlipoproteinemie sono malattie del metabolismo lipidico che si

manifestano con un patologico aumento delle concentrazioni delle

lipoproteine plasmatiche; possono essere caratterizzate da

ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia isolata o ambedue.

Le concentrazioni delle lipoproteine plasmatiche, fisiologicamente,

possono subire delle modifiche in rapporto a diverse variabili, come:

razza

sesso

età

abitudini dietetiche.

FISIOPATOLOGIA

Le lipoproteine sono macromolecole formate da lipidi e proteine che si

trovano nel plasma.

I lipidi più importanti sono i trigliceridi, il colesterolo (libero ed

esterificato) e i fosfolipidi; le proteine, chiamate apolipoproteine o

apoproteine, sono molecole polipeptidiche con struttura variabile. Le

lipoproteine svolgono l'importante funzione di trasportare in forma

solubile nel plasma i lipidi, notoriamente insolubili, in ambiente

acquoso.

I lipidi hanno una densità inferiore rispetto a quella delle proteine, e

questa loro caratteristica fisica, permette di separare

all'ultracentrifugazione le lipoproteine dalle altre proteine del plasma, e

di identificare le diverse classi di lipoproteine, in base alla loro densità

(che è tanto minore quanto maggiore è il contenuto in lipidi).

Le principali classi di lipoproteine del plasma (in ordine crescente di

densità) sono:

1. chilomicroni

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2. lipoproteine a bassissima densità (o VLDL)

3. lipoproteine a bassa densità (o LDL)

4. lipoproteine ad alta densità (o HDL)

All'interno di ciascuna di queste classi principali si possono distinguere

ulteriori sottoclassi (sempre in base alla diversa densità).

Chilomicroni: sono le particelle lipoproteiche di maggiori dimensioni.

Il loro diametro, piuttosto variabile, può oscillare da 75 a 60 nm; sono

quindi visibili al microscopio ottico.

Sono costituiti per circa il 98% da lipidi e per l’l-2% da proteine.

La particolare ricchezza in grassi e la povertà in proteine conferisce al

chilomicrone caratteristiche fisiche peculiari, quali una densità molto

bassa (<0.95 g/ml), responsabile del fenomeno della flottazione, ossia

del galleggiamento spontaneo che avviene quando il siero viene lasciato

a sedimentare per qualche ora, e l’immobilità elettroforetica, dovuta sia

alle dimensioni della particella che alla debole carica elettrica.

I chilomicroni vengono formati esclusivamente nelle cellule della

mucosa del duodeno e del digiuno, dove avviene l’assemblaggio dei

lipidi assorbiti dall’intestino con le apoproteine prodotte dagli enterociti

stessi (l’apoA-I, l’AII, l’A-IV e la B-48). Dopo essere stati secreti dalle

cellule intestinali, i chilomicroni, attraverso i dotti linfatici, raggiungono

il dotto toracico e la grande circolazione, dove vengono arricchiti in

apoC-II e apoE, cedute ad essi dalle HDL.

La presenza di apoC-II e di apoE è di estrema importanza per il destino

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metabolico dei chilomicroni, infatti, l’apoC-II è il cofattore della lipasi

lipoproteica, enzima prodotto dalle cellule del tessuto adiposo e del

tessuto muscolare che idrolizza i trigliceridi della particella, liberando

gli acidi grassi che vengono poi assunti dai vari tessuti (muscolo striato,

miocardio, polmone, ghiandola mammaria, tessuto adiposo) che li

utilizzano per le loro necessità energetiche, o per la costituzione di

materiale energetico di deposito.

Il risultato dell’attività della lipasi lipoproteica non è solo una riduzione

del volume centrale del chilomicrone per l’impoverimento in trigliceridi,

ma anche una perdita di componenti di superficie che danno origine alle

HDL.

I residui dei chilomicroni (remnants), relativamente più ricchi in esteri

del colesterolo ed in apoE rispetto alla particella originaria, vengono

definitivamente captati (per mezzo di recettori specifici per apoE) e

degradati dagli epatociti. La captazione dei residui chilomicronici e, in

particolare, del colesterolo da essi veicolato, comporta una regolazione

della sintesi epatica di colesterolo per una soppressione dell’enzima 3-

idrossi-3-metilglutaril-Coenzima A-reduttasi (HMG-CoA-reduttasi).

II fegato dunque reagisce all’apporto di colesterolo esogeno

bloccandone la produzione locale. La scomparsa dei chilomicroni dal

circolo ematico è piuttosto rapida. Si calcola che l’emivita del

chilomicrone sia di appena pochi minuti, così che, in condizioni normali,

i chilomicroni sono reperibili nel plasma solo dopo un pasto abbondante

in grassi.

VLDL o pre-beta-lipoproteine: Oltre il 90% dei trigliceridi presenti

nel siero, in condizioni di digiuno, è sintetizzato dal fegato e secreto nel

circolo ematico come componente delle VLDL. Queste sono costituite, in

media, per il 60-70% della massa da trigliceridi, per il 10-15% da

colesterolo e fosfolipidi e, per il 10% da proteine (30-35% apoB-100,

50% apoC e 10% apoE ed altre apoproteine). Anche le VLDL, come i

chilomicroni, subiscono l'azione della lipasi lipoproteica che idrolizza i

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trigliceridi, così si formano delle lipoproteine via via più piccole con

meno trigliceridi, ma più ricche di colesterolo (VLDL remnants e

Intermediate Density lipoprotein = IDL) fino a trasformarsi in LDL. Una

parte di VLDL non viene trasformata in LDL, ma viene rimossa dal

circolo e catabolizzata negli epatociti.

IDL o Intermediate Density Lipoprotein: Circa la metà delle

particelle IDL viene catabolizzata entro 2-6 ore dal fegato; le particelle

IDL non captate dal fegato rimangono in circolo a lungo, e subiscono

altre trasformazioni che ne modificano ulteriormente la struttura, fino

ad essere convertite in LDL.

LDL o beta-lipoproteine: sono grosse particelle sferiche costituite da:

o una parte centrale, composta da lipidi altamente insolubili, come

esteri del colesterolo e trigliceridi

o un mantello, formato da fosfolipidi, colesterolo non esterificato e

apoB-100.

La funzione biologica delle LDL è rappresentata dal trasporto del

colesterolo dal fegato alle cellule dei tessuti periferici che lo utilizzano

per le loro necessità plastiche, come la costituzione delle membrane

plasmatiche, o per quelle metaboliche, come la sintesi di ormoni

steroidei e di acidi biliari, previo legame con il recettore specifico che

riconosce l’apoB-100, cioè la componente proteica principale della

particella. Questo recettore viene chiamato anche recettore per l’apoB,E

perché è in grado di legare non solo l’apoB-100, ma anche l’apoE.

Le LDL, dopo il legame con questo recettore, vengono internalizzate

nella cellula. All’interno del lisosoma l’LDL viene scissa nelle sue

componenti per azione degli enzimi acidi lisosomiali (proteasi e lipasi);

la componente proteica viene idrolizzata ad aminoacidi, e gli esteri del

colesterolo a colesterolo libero, che svolge, a sua volta, importanti

compiti di regolazione:

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1. inibisce la produzione locale del colesterolo, per soppressione

dell’enzima 3-idrossi-3-metilglutaril-Coenzima A-reduttasi (HMG-CoA-

reduttasi)

2. promuove il proprio immagazzinamento, attivando l’enzima acil-

colesterol-acil-transferasi (ACAT), che lo esterifica

3. inibisce la produzione di nuovi recettori

Questo meccanismo di regolazione fa si che la cellula sia sempre in

grado, modulando l’attività recettoriale, o attivando la produzione locale

di colesterolo, di provvedere al proprio fabbisogno senza

sovraccaricarsi.

Nel soggetto normale, ogni giorno, attraverso questo recettore, sono

degradate circa 1/3 delle LDL circolanti nel plasma, mentre un'altra

piccola quantità, viene eliminata con meccanismo indipendente dal

recettore per apoB,E nelle cellule del sistema reticolo-endoteliale.

Quando l'attività dei recettori per apoB,E non è sufficiente a mantenere

una normale concentrazione delle LDL nel siero, si verifica un aumento

compensatorio di altre vie cataboliche, in particolare, tramite il

recettore "scavenger" localizzato sulla membrana dei macrofagi. Dopo

endocitosi, le proteine LDL vengono degradate nei loro costituenti

aminoacidici e gli esteri del colesterolo vengono dapprima scissi e poi

riesterificati per azione della acil-colesterol-acil-transferasi e depositati

nel compartimento citoplasmatico. Mentre però la via recettoriale è una

via "fisiologica" e non provoca un abnorme accumulo di colesterolo nelle

cellule, la via "scavenger" condurrebbe al deposito di colesterolo e alla

formazione di cellule schiumose e di depositi colesterinici nei tessuti.

Lipoproteina(a): è una lipoproteina di densità compresa tra quella

delle LDL e quella delle HDL, che ha suscitato un notevole interesse

negli ultimi anni, poiché i pazienti con compromissione vascolare

aterosclerotica presentano livelli sierici più elevati di tale lipoproteina.

Contiene un’apoproteina specifica, apoLp(a), che rappresenta circa il

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20% del suo contenuto proteico, il rimanente è costituito da albumina

(15%) e da apoB (65%).

La Lp(a) ha una via metabolica apparentemente individuale e poco

conosciuta. Non deriva da altre lipoproteine plasmatiche, e non viene

convertita in alcuna lipoproteina di classe diversa. La sua

concentrazione sembra essere geneticamente predeterminata. Il suo

ruolo nel trasporto dei grassi non è ancora stato chiarito, mentre

sembra probabile un suo effetto pro-aterogeno.

HDL o alfa-lipoproteine: sono costituite per circa il 50% del loro peso

da apoproteine (soprattutto apoA-I e A-II), e per l'altro 50% da lipidi (in

particolare fosfolipidi ed esteri del colesterolo). Le HDL sarebbero

formate, in parte, dall'azione della lipasi lipoproteica extraepatica su

chilomicroni e VLDL, e in parte, dal fegato e dall'intestino per sintesi

diretta. Le HDL potrebbero essere il veicolo di rimozione del colesterolo

dalle cellule periferiche al fegato ottenendo così il "trasporto inverso"

rispetto a quanto avviene con le LDL. Le HDL circolanti sarebbero in

grado di acquisire il colesterolo libero dalle cellule; su questo

colesterolo libero agisce l'LCAT (Lecitin-Colesterol-Acil-Transferasi) che

lo esterifica, e quindi il colesterolo esterificato, viene trasferito a VLDL e

LDL. Lo scambio dei lipidi apolari (quali appunto il colesterolo

esterificato e i trigliceridi) tra le lipoproteine circolanti nel plasma viene

favorito da alcune proteine plasmatiche, chiamate Lipid Transfer

Proteins, che hanno un ruolo specifico nel facilitare questi trasferimenti

da una lipoproteina ad un'altra.

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CLASSIFICAZIONE ED EZIOLOGIA

Le iperlipoproteinemie possono essere:

o primarie, provocate solitamente da alterazioni geniche ereditarie

che portano ad un’alterazione propria del metabolismo lipidico;

vengono classificate in base al pattern dell’elevazione lipoproteica

o secondarie, quando son dovute ad un'alterazione del metabolismo

lipidico causata da altre malattie o condizioni patologiche (es.

l'ipotiroidismo, la colestasi, la sindrome nefrosica, l'uso di farmaci

estroprogestinici ecc.).

Tuttavia, esiste spesso una correlazione tra fattori genetici e fattori

secondari, come diversi farmaci e patologie, la dieta, l’obesità, l’attività

fisica, il consumo di alcool e il fumo di sigaretta.

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Ogni variazione dei lipidi plasmatici è provocata da una modificazione

della concentrazione delle lipoproteine, e si può schematicamente

considerare che:

o un aumento del colesterolo del siero è quasi sempre dovuto ad un

incremento delle LDL

o un aumento dei trigliceridi è causato da un incremento delle VLDL

(solo in pazienti non a digiuno o con trigliceridemia superiore a

800-1000 mg/dl oltre alle VLDL si trovano in circolo anche

chilomicroni).

Da tempo è stata proposta una classificazione delle iperlipoproteinemie

in 6 diversi fenotipi. Questa classificazione, però, non stabilisce la causa

(malattia genetica o altro) che determina l'iperlipidemia.

Lipoproteine plasmatiche elevate

Fenotipo O.M.S.

Nome generico Forme primitive Forme secondarie

CHILOMICRONI I Iperchilomicronemie

Deficit LPLDeficit apo-CII

Paraproteinemie LES

LDL IIaIpercolesterolemia

Ipercolesterolemia familiare Ipercolesterolemia poligenica Iperlipidemia a fenotipi multipli

Nefrosi Ipotiroidismo Paraproteinemie Sindrome di Cushing Porfiria acuta int.

LDL+VLDL IIb Iperlipidemia combinatafamiliare

Iperlipidemia a fenotipi multipli

Nefrosi Ipotiroidismo Paraproteinemie Sindrome di Cushing

ẞ-VLDL III Malattia della larga banda beta

Iperlipoproteinemia di tipo III

Ipotiroidismo LES

VLDL IV Iperlipidemia endogena

Ipertrigliceridemia familiare Iperlipidemia a fenotipi multipli Ipertrigliceridemia sporadica

Diabete Glicogenosi-tipo I Lipodistrofia Paraproteinemie Uremia

VLDL+CHILOMICRONI

V Iperlipidemia mista Ipertrigliceridemia sporadica

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DISORDINI DEL METABOLISMO LIPIDICO IN ETA’ GERIATRICA

È ampiamente riconosciuto che nella popolazione generale il rischio

cardiovascolare aumenta in modo progressivo con l’aumentare dell’età

in entrambi i sessi, seppure con un differente andamento nell’uomo e

nella donna (Fig. 2).

L’età rappresenta, con il sesso e la storia familiare, uno dei principali

fattori di rischio cardiovascolari non modificabili. L’anziano presenta

quindi il più alto rischio assoluto di subire un accidente vascolare

cardiaco o cerebrale (infarto miocardico o ictus) e lo dimostrano, in via

definitiva, le rilevazioni sulle cause di morte accertate: dopo gli ottanta

anni i decessi imputabili ad eventi cardio-cerebrovascolari costituiscono

il 60% del totale; tra sessanta ed ottanta anni il 35% e dai quaranta ai

sessanta il 5% (Fig. 3).

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L’alterato metabolismo del colesterolo è una delle principali cause di

morbilità e mortalità cerebro-cardiovascolare, oltre che uno dei fattori

di rischio modificabili più conosciuti e studiati.

Gli alti livelli di LDL e di Lp(a), insieme ai bassi livelli di HDL (< 35

mg/dl), sono fattori di rischio positivi, indipendenti e significativi per la

malattia coronarica e l’aterosclerosi carotidea. Gli alti livelli di HDL (

60 mg/dl) sono, invece, un fattore di rischio negativo, significativo e

indipendente. In ogni modo, il rapporto tra colesterolo totale e HDL è un

indice più attendibile del rischio di malattia coronarica, rispetto ai livelli

di colesterolo totale o di LDL presi singolarmente; negli uomini, il

rischio è più elevato quando il rapporto è > 6,4 e nelle donne quando è

> 5,6.

Nell’anziano, il valore predittivo di una colesterolemia elevata per

determinare il rischio di malattia coronarica non è del tutto chiaro e

l’importanza di ridurre la colesterolemia (in termini di qualità di vita,

morbilità e mortalità) è in discussione. Alcuni studi suggeriscono che

l’ipercolesterolemia sia un importante fattore di rischio per malattia

coronarica negli anziani, altri che il rischio diminuisca con l’età e altri

ancora l’esistenza di una relazione a U nella quale sia i livelli di

colesterolo elevati, sia quelli bassi, sono associati ad un aumento del

rischio di morbilità e mortalità. Da alcuni studi emergono differenze di

sesso: negli uomini anziani, il tasso di mortalità è risultato minimo con

un livello di colesterolo totale di 215 mg/dl, mentre nelle donne di 270-

280 mg/dl.

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In età geriatrica i principali disordini del metabolismo lipidico rientrano,

principalmente, tra le forme secondarie e sono:

l’ipercolesterolemia

l’ipertrigliceridemia (soprattutto le iperlipoproteinemie di

tipo   IV , caratterizzate da un aumento delle VLDL, e di tipo V,

caratterizzate da un aumento delle VLDL e dalla presenza nel siero

a digiuno di chilomicroni)

l’ipoalfalipoproteinemia

l’aumento dei livelli di lipoproteina(a).

Tuttavia, l’ipercolesterolemia e l’ipoalfalipoproteinemia possono non

avere negli anziani la stessa prevalenza che hanno nella popolazione

generale, perché il rischio di mortalità è così elevato che i pazienti

affetti da queste patologie non sopravvivono fino all’età avanzata.

L’insorgenza delle iperlipoproteinemie può essere tardiva, o così

precoce, da rappresentare il primo sintomo di rilievo della condizione di

base. Alcune forme di iperlipoproteinemia secondaria sono sicuramente

la conseguenza diretta di una malattia o di un altro evento causale,

altre, originano da una complessa interazione tra un evento considerato

primario e un difetto genetico che non raggiungerebbe, in assenza del

primo, la sua piena evidenza clinica.

Si calcola che tali forme interessano il 3 – 5% della popolazione adulta.

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L’ipercolesterolemia secondaria può essere di gravità variabile,

isolata o associata ad ipertrigliceridemia. L’anomalia lipoproteinemica

di più frequente riscontro è 1’elevazione delle LDL e delle VLDL. Tra le

cause vi possono essere:

dieta : la più comune e’ sicuramente l’alimentazione inappropriata,

e cioè ricca in colesterolo ed in grassi saturi. Il meccanismo

patogenetico è da ricercare in una diminuzione del catabolismo

delle LDL per una ridotta espressione dei recettori B,E dovuta

all’arricchimento in colesterolo dietetico degli epatociti.

ipotiroidismo : l’ipercolesterolemia è dovuta ad una elevazione

delle LDL, ma non infrequentemente il quadro lipoproteinemico è

suggestivo di disbetalipoproteinemia. Alla base vi sarebbe una

ridotta espressione dei recettori cellulari per le LDL.

malattie epato-biliari : l’ipercolesterolemia è dovuta all’aumento

della concentrazione sierica delle LDL, cui si associa la comparsa

di una lipoproteina anomala, la lipoproteina X. Tale lipoproteina è

ricca in colesterolo non esterificato e fosfolipidi; la sua

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componente proteica e’ costituita da albumina e da apo C-I, C-II,

C-III e da apoD. La LP-X sembra derivare dai lipidi biliari che,

refluendo nel circolo in condizioni di colestasi, si uniscono

all’albumina sierica e si arricchiscono di apoproteine fornite dalle

altre lipoproteine sieriche. La LP-X non cede colesterolo agli

epatociti, anzi ne aumenta l’efflusso, e questo comporta

un’attivazione della sintesi locale di colesterolo, aggravata dal

fatto che la LP-X interferisce con la captazione dei residui dei

chilomicroni da parte del fegato, impedendo in tal modo che questi

regolino la colesterologenesi.

sindrome nefrosica (patogenesi non chiara)

disgammaglobulinemia : la patogenesi e’ da ricercare in un

difetto del catabolismo delle LDL per la formazione di un legame

tra la lipoproteina e l’immunoglobulina monoclonale che impedisce

il riconoscimento della LDL da parte del recettore epatico.

L’ipertrigliceridemia secondaria può essere dovuta a:

obesità : l’aumentata massa del tessuto adiposo e la relativa

insulino-resistenza comportano una tendenza all’elevazione della

concentrazione plasmatica degli acidi grassi liberi. Questi

originano dall’idrolisi dei trigliceridi di deposito nel tessuto

adiposo periferico per attivazione della lipasi tessutale non

bilanciata dall’azione inibitoria dell’insulina. L’iperafflusso di acidi

grassi al fegato, a cui si aggiunge un aumento della neosintesi

locale di acidi grassi, induce un aumento della produzione di

trigliceridi che vengono secreti dal fegato sotto forma di VLDL.

All’incremento della sintesi delle VLDL si associa una riduzione del

loro catabolismo per un’insufficiente attività della lipasi

lipoproteica, anch’essa dipendente dall’insulino-resistenza. A

quest’ultimo fenomeno può essere attribuita anche la diminuzione

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della concentrazione sierica del colesterolo HDL. Le alterazioni

lipidemiche che si osservano nell’obeso non sono tuttavia marcate.

diabete : nel diabete, sia di tipo 1 che di tipo 2, anche in buon

compenso metabolico, si osserva spesso una moderata elevazione

delle VLDL e, meno costantemente, delle LDL, a cui può associarsi

una riduzione o all’opposto un aumento delle HDL (nei pazienti

trattati con insulina), secondo il tipo della terapia antidiabetica.

Nel diabete scompensato, può invece essere presente

un’elevazione cospicua delle VLDL e dei chilomicroni, con

lattescenza del siero (lipemia diabetica). La carenza assoluta (nel

diabete insulino-dipendente) o relativa (nel diabete non insulino-

dipendente) di insulina comporta un aumento del flusso di acidi

grassi liberi al fegato per disinibizione della lipasi ormono-

sensibile del tessuto adiposo. L’aumentata disponibilità di acidi

grassi può derivare anche, limitatamente al diabete di tipo 2,

dall’attivazione della lipogenesi per l’iperinsulinizzazione epatica.

All’aumento del substrato grasso, non controbilanciato da

un’adeguata stimolazione della beta ossidazione (ad opera del

glucagone), fa seguito un’accelerata produzione di trigliceridi e di

VLDL. La rimozione delle VLDL è, d’altra parte, compromessa per

un difetto della lipasi lipoproteica. Il difetto di rimozione delle

lipoproteine ricche in trigliceridi può essere, soprattutto nel

diabete di tipo 1 mal controllato, di gravità tale da influire anche

sul catabolismo dei chilomicroni, risultandone un quadro da

iperlipoproteinemia mista (fenotipo V). All’ipertrigliceridemia si

associa talvolta una modesta ipercolesterolemia, dovuta ad un

ridotto catabolismo delle LDL. Sul piano clinico, la dislipidemia del

diabete può essere del tutto asintomatica, oppure, manifestarsi

con la xantomatosi eruttiva e gli altri segni della sindrome da

iperchilomicronemia, in modo analogo a quello delle

ipertrigliceridemie primitive.

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alcool : l’etanolo, inibendo l’ossidazione degli acidi grassi (per il

consumo del NAD ossidato durante l’ossidazione dell’etanolo ad

acetaldeide) e stimolandone la sintesi epatica, provoca un aumento

della secrezione di VLDL da parte del fegato.

IRC : l’ipertrigliceridemia sembra dovuta ad un difetto della

conversione delle VLDL in LDL.

disgammaglobulinemie : son state descritte ipertrigliceridemie

da aumento del livello sierico di VLDL o, più raramente, di VLDL e

chilomicroni. La causa è da ricercare nella formazione di complessi

globuline-lipoproteine che compromettono il normale catabolismo

delle lipoproteine.

farmaci : estrogeni esogeni, corticosteroidi, -bloccanti, tiazidici,

interferone.

L’età e il sesso hanno una notevole influenza sui livelli lipidici. Nelle

persone che vivono nella maggior parte dei paesi industrializzati, i livelli

di colesterolo e di trigliceridi aumentano nel corso dell’età media. Negli

uomini, il livello medio del colesterolo totale aumenta fino a circa i

50 anni di età, dopo i quali rimane costante, per poi ridursi a partire dai

70 anni circa. Nelle donne, il livello aumenta più gradualmente fino

all’età di 65-69 anni, poi diminuisce. A partire dall’età di circa 55-

60 anni, le donne hanno una colesterolemia totale più alta degli uomini.

L’aumento del colesterolo totale legato all’età, particolarmente nelle

donne, è la conseguenza principale di un aumento dei livelli di LDL e, in

misura molto minore, di un piccolo aumento dei livelli di colesterolo

delle VLDL.

I livelli di trigliceridi aumentano progressivamente dalla nascita all’età

adulta e il tasso di incremento è maggiore negli uomini che nelle donne.

La trigliceridemia aumenta fino all’età di 55 anni negli uomini e

pressappoco fino ai 70 anni nelle donne, poi diminuisce, più

gradualmente negli uomini.

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Nel sesso maschile, i livelli medi di HDL si riducono al momento della

pubertà, aumentano a circa 45 anni e poi si stabilizzano intorno ai 50-

59 anni. Queste modificazioni possono essere un effetto del

testosterone; generalmente, negli uomini adulti, i livelli plasmatici di

testosterone e di HDL sono correlati positivamente. Dopo la pubertà, le

donne hanno livelli di HDL più elevati rispetto agli uomini, nonostante

una loro riduzione dopo i 65 anni.

Rispetto agli uomini, le donne in età fertile hanno livelli di LDL più bassi

e livelli di HDL più elevati, in parte per effetto degli estrogeni endogeni.

Questa differenza può contribuire al tasso inferiore di malattia

coronarica che si osserva nelle donne prima della menopausa. Al

momento della menopausa (sia essa naturale o chirurgica), le donne

perdono questo effetto protettivo nei confronti della malattia coronarica:

i livelli di LDL e di Lp(a) aumentano e quelli di HDL diminuiscono.

DIAGNOSI

Solo occasionalmente le iperlipoproteinemie danno luogo a

manifestazioni cliniche suggestive del difetto metabolico. Nella maggior

parte dei casi l’iperlipoproteinemia è un riscontro casuale per

l’osservazione di un siero lipemico o in occasione della determinazione

di parametri lipidemici suggerita o meno dalla presenza di una

familiarità per le iperlipoproteinemie o dall’evidenza clinica di una

cardiovasculopatia aterosclerotica.

Nei pazienti che hanno avuto un infarto del miocardio, un ictus o altre

manifestazioni di aterosclerosi significativa (p. es., arteriopatia

periferica, stenosi carotidea) prima dei 60 anni di età, è necessario

eseguire uno screening per le dislipidemie familiari. Nei pazienti con

pregresso infarto del miocardio, pregresso ictus o affetti da malattia

coronarica, come pure in quelli che hanno altri fattori di rischio

maggiori per malattia coronarica, è necessario misurare i livelli sierici

di Lp(a), perché probabilmente il loro aumento ha un effetto sinergico

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con altri fattori di rischio. Se viene identificata un’alterazione delle

lipoproteine, bisogna stabilire se il disordine è primitivo o secondario e

valutare il paziente alla ricerca di altri fattori di rischio per malattia

coronarica (p. es., fumo, ipertensione arteriosa, dieta ricca di lipidi,

inattività fisica). Se è possibile escludere la presenza di cause

secondarie, generalmente, il paziente è affetto da una delle

iperlipoproteinemie familiari comuni.

I criteri da utilizzare per lo screening e l’identificazione

dell’ipercolesterolemia sono piuttosto controversi.

ParametroValori

desiderabili (mg/dl)

Valori a rischio moderato

Valori a rischio elevato

Colesterolo totale <200 200-239 >240

Colesterolo LDL <130 130-159 >160

Colesterolo HDLUomini > 39

Donne > 45

Uomini 35- 39

Donne 40-45

Uomini <35

Donne <40Trigliceridi <200 200-400 >400

Il National Cholesterol Education Program (NCEP) fornisce le linee

guida per l’identificazione dell’aumento dei livelli di colesterolo totale e

di LDL e della riduzione e dell’aumento dei livelli di HDL. Secondo il

NCEP, per classificare un paziente dal punto di vista clinico non bisogna

utilizzare un unico valore di colesterolemia, perché i livelli possono

variare da un giorno all’altro. Se con il primo test di screening si rileva

un’alterazione, è raccomandata l’esecuzione successiva di altri due test.

Il NCEP non fornisce linee guida differenziate in base alle diverse fasce

di età; le sue indicazioni si basano su dati relativi a persone di media età

e non tengono conto dell’aumento dei lipidi sierici che si verifica con il

passare degli anni. In conseguenza di ciò, il 60% degli individui con età

superiore ai 65 anni verrebbe classificato tra i candidati al trattamento.

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Al contrario, le linee guida dell’American College of Physicians

raccomandano soltanto l’esecuzione di una singola determinazione del

colesterolo totale, per l’identificazione dei pazienti che potrebbero

trarre beneficio dalla terapia ipolipemizzante. In queste linee guida si

sottolinea che non esistono prove sufficienti a raccomandare o a

scoraggiare l’esecuzione di uno screening di prevenzione primaria negli

uomini e nelle donne di età compresa tra i 65 e i 75 anni e che lo

screening non è raccomandato nelle persone con età superiore

ai 75 anni.

Quando si esegue lo screening nelle persone anziane, è necessario

ottenere un profilo lipidico completo. In molti anziani, il motivo

principale della presenza di alti livelli di colesterolo totale è l’aumento

dei livelli di HDL, non di quelli di LDL; pertanto, il loro rischio di

malattia coronarica è diminuito, non aumentato. Alcuni soggetti hanno

colesterolo totale e trigliceridi normali, ma un livello di HDL al di sotto

del 10%, di conseguenza hanno un rischio di malattia coronarica

particolarmente elevato.

La trigliceridemia può essere misurata con precisione soltanto dopo un

digiuno. Se il suo valore è < 400 mg/dl, la quota del profilo lipidico

dovuta alle LDL può essere calcolata utilizzando l’equazione di

Friedewald: LDL = colesterolo totale - [HDL + (trigliceridi/5)].

In genere, il dosaggio delle lipoproteine basali non può essere

determinato nelle seguenti situazioni: durante un episodio febbrile o

un’infezione importante; entro le 4 settimane successive ad un IMA, ad

un ictus o ad un intervento chirurgico; immediatamente dopo

l’ingestione acuta di quantità eccessive di alcool; nel diabete mellito

gravemente non controllato (glicemia a digiuno > 250 mg/dl , Hb

glicosilata > 9%); durante un calo ponderale rapido.

Alcuni reperti caratteristici (p. es., xantomi tendinei, tuberosi o palmari

piani; arco corneale giovanile) sono utili dal punto di vista diagnostico.

L’obesità (con o senza ipertensione essenziale), l’intolleranza al glucosio

Page 20: I disordini del metabolismo lipidico in età geriatria

e l’iperuricemia possono indicare la presenza di un’ipertrigliceridemia o

di un’ipoalfalipoproteinemia primitiva.

I disordini secondari delle lipoproteine sono piuttosto frequenti, anche

tra i pazienti affetti da un’alterazione lipoproteica primitiva ben definita,

e possono esacerbare l’espressione della patologia primitiva,

particolarmente dell’ipertrigliceridemia grave. Di conseguenza, quando

viene diagnosticato per la prima volta un disordine primitivo delle

lipoproteine, è necessario eseguire l’esame obiettivo e raccogliere

notizie anamnestiche riguardanti i farmaci, l’attività lavorativa, la

familiarità, l’alimentazione e il consumo di alcool. Bisogna inoltre dosare

i livelli di tiroxina e di ormone tireostimolante, l’azotemia, la

creatininemia e la glicemia a digiuno ed eseguire l’analisi delle urine e i

test di funzionalità epatica.

TERAPIA

Dieta

Il primo approccio terapeutico al paziente dislipidemico è di tipo

dietetico; negli anziani, però, che possono presentare difficoltà nel

mantenere un apporto calorico e proteico adeguato ed essere così a

rischio di malnutrizione, in genere, è consigliabile un approccio

piuttosto cauto alla terapia dietetica. Si può consigliare loro di togliere il

grasso dalla carne, di aumentare il consumo di pesce, di alimenti ricchi

di fibre solubili (p. es., crusca d’avena), evitare i cibi fritti e di usare i

grassi monoinsaturi (p. es., olio di oliva).

Nel programma di trattamento bisogna inserire un’attività fisica di tipo

aerobico, poiché senza di essa gli effetti benefici della dieta possono

essere limitati. Prima di istituire una terapia farmacologica, è bene fare

un tentativo di 6 mesi con una dieta a basso contenuto di grassi saturi e

di colesterolo.

Raccomandazioni generali sono:

riduzione dell’ apporto energetico totale nei soggetti in sovrappeso

Page 21: I disordini del metabolismo lipidico in età geriatria

riduzione dei grassi totali della dieta a meno del 30% dell’energia

totale; ridurre il colesterolo della dieta a 300-500 mg/die

riduzione dell’apporto di acidi grassi saturi (alimenti di origine

animale, olii idrogenati ed alcuni prodotti vegetali) a meno del 10%

dell’energia totale

prediligere il consumo di acido oleico e linoleico

prediligere l’uso di carboidrati complessi

aumentare il consumo di frutta, vegetali e legumi

moderare l’apporto di sale

Una volta stabilito che la terapia dietetica non è sufficiente ad ottenere

gli scopi desiderati si associa l'uso di un farmaco, tenendo conto delle

caratteristiche della dislipidemia e delle proprietà dei diversi farmaci.

Farmaci

La scelta del trattamento farmacologico pone problemi che riguardano

l’efficacia del farmaco e la sua tolleranza a breve e a lungo termine. Gli

effetti del trattamento persistono fintanto che la terapia viene

continuata e regrediscono prontamente con la sospensione di questa.

Non sono pertanto mai consigliabili cicli terapeutici più o meno lunghi,

intervallati da periodi di sospensione. Anche se l’incidenza dei fenomeni

indesiderati in corso di terapia con i farmaci commercialmente

disponibili è complessivamente bassa, è opportuno, come del resto per

tutti i trattamenti cronici, un controllo periodico del paziente (ogni 2-4

mesi) sia per valutare l’efficacia terapeutica, sia per sorvegliare

l’emergenza di segni di tossicità.

Alcuni farmaci (resine a scambio ionico, inibitori dell’HMG-CoA-

reduttasi, probucoll, neomicina, destrotiroxina, pantetina e acido

idrossimetilglutarico) interferiscono pressoché esclusivamente con il

metabolismo del colesterolo e trovano pertanto indicazione negli stati

ipercolesterolemici. Altri (acido nicotinico e derivati, clofibrato e

derivati, tiadenolo e benfluorex), hanno un’azione più vasta che

Page 22: I disordini del metabolismo lipidico in età geriatria

comprende anche il metabolismo dei trigliceridi e sono perciò indicati

nelle terapie delle dislipidemie più comuni, siano esse caratterizzate da

un’elevazione isolata della colesterolemia o della trigliceridemia o da

entrambe.

I farmaci ipolipidemizzanti disponibili permettono nella maggioranza dei

casi un agevole controllo degli stati iperlipoproteinemici. Nei casi più

gravi è indicato un tentativo di associazione di più farmaci

ipolipidemizzanti sfruttandone il diverso meccanismo di azione in modo

da ottenere un effetto terapeutico additivo. L’associazione più razionale

è quella che prevede l’uso combinato di una resina a scambio ionico

(colestiramina o colestipol) e di un farmaco assorbibile (un inibitore

dell’HMGCoA-reduttasi, un derivato del clofibrato, l’acido nicotinico o

un suo derivato, il probucolo). Con l’associazione farmacologica si

possono ottenere riduzioni della colesterolemia anche superiori al 40-

50%.

Resine a scambio anionico (colestiramina ed il colestipol):

sono idrofile ma insolubili in acqua, non vengono modificate dagli

enzimi digestivi, e non sono riassorbibili dal tratto gastroenterico.

Le resine legano, nell'intestino, i sali biliari impedendone il

riassorbimento a livello dell'ileo terminale ed aumentandone così

l'escrezione fecale. Anche una certa quota di colesterolo, che

richiede la presenza di sali biliari per oltrepassare la barriera

intestinale, viene persa con le feci. In condizioni normali, i sali

biliari sono in grado di inibire l'attività dell'idrossilasi

microsomiale, enzima chiave nella sintesi di acidi biliari a partire

dal colesterolo; la loro sottrazione dall'organismo accelera

pertanto questa tappa metabolica ed induce un consumo delle

riserve di colesterolo endocellulare epatocitario. Per far fronte alla

riduzione del pool intracellulare di colesterolo gli epatociti

mettono in atto due meccanismi compensatori: da un lato

Page 23: I disordini del metabolismo lipidico in età geriatria

sintetizzano più colesterolo, e dall'altro sottraggono più colesterolo

al sangue circolante, attraverso un'aumentata attività dei recettori

per le LDL. L'effetto ultimo è quindi quello di una riduzione dei

livelli di colesterolo LDL causato da un aumentato catabolismo di

queste lipoproteine. I livelli di trigliceridi in genere non sono

influenzati dalla somministrazione delle resine, ma nei soggetti

predisposti all'ipertrigliceridemia si sono osservati aumenti anche

consistenti delle VLDL circolanti come conseguenza di

un'aumentata sintesi di queste lipoproteine. L'indicazione

principale al trattamento con tali farmaci è costituita dalle

ipercolesterolemie pure, ossia senza contemporanea

ipertrigliceridemia. La colestiramina è l'unica resina attualmente

disponibile in commercio in Italia. Il dosaggio, che può andare da 8

a 32 grammi al dì, è molto spesso determinato, più che dalla

risposta terapeutica, dall'insorgenza di effetti collaterali

gastrointestinali. Infatti, mentre da un lato le resine, non essendo

riassorbite, sono quasi totalmente sprovviste di effetti indesiderati

sistemici, dall'altro inducono spesso notevoli fastidi locali

gastroenterici come stipsi, flatulenza e nausea. Per ridurre

l'incidenza di questi effetti collaterali è consigliabile iniziare la

terapia con dosi molto basse del farmaco, incrementandole

gradualmente. La colestiramina può essere assunta dopo

sospensione in acqua o anche in altre bevande, preferibilmente

alla fine dei pasti principali. L'eventuale comparsa di stipsi può

essere alleviata da un maggiore introito di acqua e soprattutto di

fibre; talvolta può essere consentito l'uso di blandi lassativi. Le

resine a scambio anionico, legandosi ai sali biliari, possono

indurre, nel loro uso a lungo termine, malassorbimento delle

vitamine liposolubili e di acido folico, per cui si raccomanda il

ricorso a supplementi vitaminici. Inoltre le resine possono

interferire con l'assorbimento di altri farmaci quali digossina,

Page 24: I disordini del metabolismo lipidico in età geriatria

warfarin, tiroxina e numerosi altri. E' opportuno, quindi, che

eventuali altri farmaci vengano somministrati almeno 2 ore prima

o 4 ore dopo l'assunzione della resina.

Fibrati (bezafibrato, clofibrato, fenofibrato, gemfibrozil):

risultano particolarmente efficaci nel ridurre i livelli di trigliceridi,

mentre l'azione sul colesterolo è molto meno marcata. Si ha,

inoltre, quasi sempre un aumento del colesterolo HDL. Il

meccanismo d'azione non è ancora stato completamente chiarito,

ma sembra che alla base dell'effetto di questi composti vi sia

l'attivazione dell'enzima lipoproteinlipasi, che comporta

l'accelerato catabolismo delle VLDL e così una diminuzione dei

livelli di queste lipoproteine e la conseguente riduzione dei livelli

di trigliceridi plasmatici. L'aumentata interconversione delle

VLDL in IDL e LDL può tuttavia causare un aumento, solitamente

contenuto, dei livelli di queste ultime lipoproteine, specialmente in

presenza di una difettosa via catabolica per le LDL, oppure nelle

condizioni di trigliceridemia molto elevata. In questi casi si rende

necessaria l'associazione di un secondo farmaco a più spiccato

effetto ipocolesterolemizzante. I fibrati sono generalmente ben

tollerati, ma occasionalmente, si possono riscontrare alcuni effetti

collaterali indesiderabili, sia clinici che di laboratorio. Per

esempio, in corso di terapia con clofibrato, sono stati riportati

episodi di nausea, diarrea, rash cutanei, astenia, impotenza con

diminuzione della libido. Con una certa frequenza è stata anche

notata la comparsa di dolori muscolari accompagnati da una

elevazione dell'attività creatinfosfochinasica. Inoltre la

somministrazione di clofibrato tende ad aumentare la litogenicità

della bile ed è stata associata ad un'aumentata incidenza di

colelitiasi e colecistite. Il clofibrato inoltre sembra interferire con

l'azione farmacologica di alcuni farmaci quali la tolbutamide, la

Page 25: I disordini del metabolismo lipidico in età geriatria

difenilidantoina e i dicumarolici. Probabilmente tale effetto è da

ricondurre allo spiazzamento di tali farmaci dal legame con

l'albumina. Gli effetti collaterali dei fibrati di seconda e terza

generazione, quali il bezafibrato, il fenofibrato e il gemfibrozil,

sono analoghi a quelli della molecola capostipite, anche se si

presentano con minore frequenza e gravità. Le indicazioni al

trattamento farmacologico con fibrati comprendono soprattutto gli

stati di ipertrigliceridemia, o comunque le iperlipidemie da un

difettoso metabolismo delle VLDL.

I dosaggi variano a seconda del tipo di fibrato, e in genere, sono

richieste due o tre somministrazioni.

Statine (simvastatina, pravastatina, atorvastatina,

cerivastatina…): sono attualmente i farmaci più largamente

impiegati e studiati nella terapia delle ipercolesterolemie. Esse

hanno uno spiccato effetto ipocolesterolemizzante che si esercita

soprattutto sulla frazione LDL. I trigliceridi e le VLDL si riducono

generalmente solo in una quota modesta, mentre il colesterolo

HDL aumenta costantemente di circa il 10%. Le statine hanno una

formula di struttura molto simile ad un composto,

l'idrossimetilglutaril-CoA (HMG-CoA), che è il substrato naturale

dell'HMG-CoA-reduttasi, enzima chiave nella sintesi endogena del

colesterolo. L'affinità delle statine per l'enzima è però molto

superiore a quella del substrato naturale ed il legame del farmaco

all'enzima comporta l'inibizione di quest'ultimo ed il blocco della

cascata biosintetica che dall'acetil-CoA porta alla formazione di

colesterolo. Con l'inibizione di questa tappa cruciale nella

biosintesi del colesterolo, prevalentemente a livello epatico, tali

farmaci riducono le riserve intracellulari di colesterolo. Per un

meccanismo di controllo retroattivo del numero di recettori epatici

per le LDL, viene espresso un maggior numero di tali recettori a

Page 26: I disordini del metabolismo lipidico in età geriatria

livello epatico, con conseguente accelerata clearance delle LDL dal

plasma, che è il motivo ultimo della riduzione della colesterolemia.

Tali farmaci presentano una selettività d'azione a livello del fegato,

organo in cui principalmente avvengono sia la sintesi che il

catabolismo delle LDL. Ciò rende sufficientemente sicuro l'impiego

routinario di questi potenti farmaci ipocolesterolemizzanti, in

quanto quei tessuti specializzati nella captazione del colesterolo

circolante per funzioni proprie, per esempio per la sintesi di

ormoni steroidei, non risentono di alcun danno specifico. Si tratta

di farmaci generalmente ben tollerati e la possibilità della

monosomministrazione serale rende particolarmente alta

l'adesione dei pazienti al trattamento. Gli effetti collaterali sia

clinici che di laboratorio sono molto modesti. In meno del 5% dei

casi è stata riportata la comparsa di nausea, affaticamento,

insonnia, eritema cutaneo e cefalea. Alterazioni riportate nelle

analisi di laboratorio sono un aumento, in genere transitorio, delle

transaminasi, della creatinfosfochinasi e della fosfatasi alcalina.

Raramente si sono registrati incrementi persistenti delle

transaminasi e ciò ha comportato la necessità di interrompere la

terapia. L'unico effetto collaterale serio riportato in letteratura è

stato quello di una miopatia caratterizzata da dolore e debolezza

muscolare. Si tratta di un evento molto raro, riscontrato solo in

pazienti che erano sottoposti a regimi terapeutici combinati, per

cui assumevano contemporaneamente ciclosporina, gemfibrozil o

acido nicotinico. I sintomi però sono totalmente regrediti alla

sospensione del trattamento.

Acido nicotinico: il meccanismo di azione si basa sull'inibizione

della produzione dei trigliceridi epatici e la secrezione delle VLDL,

provocando indirettamente una riduzione delle LDL. Viene anche

osservato un aumento modesto delle HDL. I farmaci promuovono

Page 27: I disordini del metabolismo lipidico in età geriatria

anche l'aumento dei livelli dell'attivatore del plasminogeno e la

riduzione del fibrinogeno plasmatico portando così alla

diminuzione del rischio di trombosi. Gli effetti collaterali

comprendono arrossamento del viso e del collo, palpitazioni e

disturbi gastrointestinali.

Olii di pesce contenenti acidi grassi omega-3 sono disponibili

come farmaci da banco. I dati sull’efficacia a lungo termine e sugli

effetti collaterali dei supplementi di olio di pesce sono scarsi;

comunque, per l’uso a breve termine, dosi di 15 g/die sembrano

essere sicure e sono in grado di ridurre i livelli dei trigliceridi, ma

sono inutili per la riduzione della colesterolemia. Nei pazienti con

ipertrigliceridemia, essi possono aumentare i livelli di HDL del 10-

15%. Nei rari casi in cui vengono somministrate dosi > 20 g/die, è

necessario tenere sotto controllo la conta piastrinica e il tempo di

sanguinamento. A dosaggi di questo genere, gli olii di pesce

possono interferire con il controllo della glicemia nei pazienti

diabetici.

Terapia estrogenica sostitutiva: le donne in post-menopausa

sottoposte a terapia estrogenica sostitutiva hanno livelli di LDL più

bassi (del 15-25%) e livelli di HDL più elevati (del 16-21%),

rispetto alle donne non sottoposte a tale terapia. Questa terapia

riduce anche i livelli di Lp(a). La terapia estrogenica sembra

ridurre il rischio di morte per cause cardiovascolari. La terapia

estrogenica sostitutiva può essere impiegata da sola o in

associazione ad altri trattamenti ipolipemizzanti.

Terapia antiossidante: la tossicità del LDL può essere ridotta

mediante l’uso degli antiossidanti. L’-tocoferolo (vitamina E)

inibisce l’ossidazione delle LDL in vitro. In diversi studi, il consumo

Page 28: I disordini del metabolismo lipidico in età geriatria

di vitamina E sembra essere fortemente inversamente correlato al

rischio di malattia coronarica. I supplementi di vitamina E

somministrati per brevi periodi non hanno prodotto alcun

beneficio, ma la terapia integrativa per almeno 2 anni si è

associata a una riduzione del rischio di malattia coronarica negli

uomini e nelle donne. La vitamina A, un -carotenoide, può

influenzare l’aterosclerosi eliminando i radicali liberi ossidanti.

L’acido ascorbico (vitamina C) è considerato un antiossidante

secondario; esso opera sinergicamente con la vitamina E

rigenerandola dai suoi radicali. La vitamina C può anche

accrescere la trasformazione del colesterolo in acidi biliari.

Terapia con statine (simvastatina e atorvastatina) ed

eprotirome: nel Marzo 2010 nel “The New England Journal of

Medicine ” è stato pubblicato uno studio molto interessante che

mostra l’associazione tra la riduzione dei livelli di colesterolo LDL

e l’aggiunta, nei pazienti già in terapia con statine, di un composto

tireomimetico, l’eprotirome. Sebbene l’efficacia delle statine nel

ridurre i livelli sierici di colesterolo sia ben conosciuta, per diversi

motivi, non tutti i pazienti riescono a raggiungere gli obiettivi

desiderati. Per porre fronte a questo limite, si è pensato di

aggiungere alla terapia con statine nuovi agenti farmacologici che

agissero sul metabolimo delle lipoproteine con differenti

meccanismi d’azione.

L’effetto ipocolesterolemizzante degli ormoni tiroidei è noto dal

1930. Il suo principale effetto, la riduzione dei livelli sierici di LDL,

è dovuto ad un aumento della clearance epatica per un’aumentata

espressione del gene del recettore LDL epatico. In passato, i

tentativi di imitare l’azione degli ormoni tiroidei tramite loro

metaboliti e analoghi son stati diversi, tuttavia, lo sviluppo di

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alcuni di questi farmaci è stato interrotto a causa degli effetti

negativi legati all’azione ormono-simile.

L’Eprotirome è un analogo degli ormoni tiroidei contenente due

bromuri che, rispetto alla triiodotironina, fanno si che la sua

captazione a livello degli altri tessuti sia minima. Una delle sue

caratteristiche principali è quella di avere una maggiore affinità

per il recettore della triiodotironina (TR-isoforma ß), che gli

permette di avere un’azione ipolipemizzante simile agli ormoni

tiroidei, rispetto all'isoforma TR- isoforma , che troviamo a livello

cardiaco. L'aggiunta di placebo o Eprotirome alla dose di 25, 50, o

100 g al giorno, nella terapia con statine, per 12 settimane ha

ridotto il livello medio sierico di colesterolo LDL da 141 mg per

decilitro (3,6 mmol per litro) a 127, 113, 99, e 94 mg/dl (3.3, 2.9,

2.6, e 2.4 mmol/l), rispettivamente, (riduzione media rispetto al

basale, 7%, 22%, 28% e 32%). Riduzioni simili sono state osservate

anche nei livelli sierici di apolipoproteina B, trigliceridi e Lp(a). La

terapia con Eprotirome non è stata associata ad effetti

tireomimetici negativi sul cuore, sulle ossa e sull’ipofisi.