I Cordai Anno 7 Numero 2

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mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolare Direttore Responsabile: Riccardo Orioles Anno Settimo n• Due Febbraio 2012 A che serve vivere se non c’è il coraggio di lottare Giuseppe Fava I piccoli Cordai 3 e 4 Speciale S. Agata 2 e 7 Pagina autogestita A. Doria 5 e 6 Lettera ai grandi 8 CHE NOIA IL POSTO FISSO! speravo di potere svolgere il lavoro per cui avevo studiato Marcella Giammusso K atia, 28 anni, bella presenza, spigliata, colta. Quando parla, ostenta molta sicurezza, ma nello stesso tempo esprime tanta modestia ed assennatezza. Fa parte di quell'immenso esercito di giovani dai trenta ai quaranta e passa anni che oggi vengono chia- mati precari. Già, perché quelli che vanno dai venti ai trent'anni costituiscono il popolo degli stagisti, tirocinanti, sfrut- tati, che pur di avere un ricco curri- culum lavorano per anni ed anni gratuitamente. Katia inizia il suo racconto facendo trapelare l'emozione e la rabbia per le ingiustizie a cui sono sottoposte le giovani generazioni di oggi. "Ho preso il diploma di tec- nico dei Servizi Sociali a 18 anni alla scuola Lucia Mangano. Durante i cinque anni scolastici ho fatto tirocinio in varie istituzioni con bambini, anziani, tossicodipendenti, disabi- li. Quindi finiti gli studi ho fatto domanda di assunzione presso una casa di riposo in via Palermo, speran- do di potere svolgere il lavoro per cui avevo studiato. In questo luogo, invece, il lavoro che mi offrivano era quello di pulire gli anziani, cambiare i pannoloni, sollevarli dal letto e servirli. Per fare questo genere di lavoro non occor- re certo il diploma! Lavoravo sei ore per una paga di 20,00 euro al giorno. Sono andata via per andare a lavorare presso un'altra casa di riposo a Motta Sant'Anastasia. Ma anche qui cercavano un tuttofare che assistesse gli anziani, per lo più non autosufficienti, ed in più bisognava preparare la cena e riordinare la cucina. Tutto questo per trecento euro al mese in dodici ore di lavoro ed una mezza giornata libera la settimana. Me ne sono andata ed ho cercato di lavorare con i call center. Alla Alice Network sono stata quattro anni ed oltre a commercializzare diversi gestori come Tiscali, Telecom, Fastweb facevo anche i sondaggi politici durante le votazioni, e questi non sono autorizzati! Mi pagavano tre euro l'ora più gli incentivi e così arrivavo a prendere circa 400,00 euro al mese che non mi venivano corrisposti puntualmente. Quando si raggiunse un ritardo di otto mesi nel pagamento degli stipendi, i titolari fecero la proposta di erogare metà delle spettanze dovute perché la ditta era in crisi e quindi con la metà che avrebbero trattenuto ai dipendenti avreb- bero risollevato le sorti dell'azienda. Io non ho accettato ed ho lasciato il lavoro. Ma non ho potuto prendere neanche la disoccupazione perché l'azienda non aveva pagato i con- tributi all'INPS." "Ma non hai pensato di fare una ver- tenza all'Ispettorato del Lavoro?" "Io voglio lavorare, e avevo paura che se avessi fatto la verten- za non avrei più trovato lavoro!", risponde Katia. "Dopo un po' di tempo ho trovato lavoro presso l'Eurocall di Motta Sant'Anastia. Qui gli orari erano pesantissimi, dalle 6 alle 11 ore al giorno di lavoro per 5 euro lorde l'ora. Stanca, mi sono dimessa per andare a lavo- rare alla Telecom Business dove in un mese sono riuscita a guada- gnare solo 30 euro. Sono andata via rimettendoci anche i soldi della benzina. Adesso sono in cerca di lavoro, un lavoro qualsiasi. A giugno mi sposerò e le difficoltà sono tante, ma nonostante tutto io ed il mio ragazzo abbiamo preso ugual- mente la decisione di sposarci." "Vi stanno aiutando le vostre famiglie?" "Lui non ha famiglia, è solo. Lavora con una cooperati- va e fa le pulizie. Non guadagna molto perché viene pagato in base alle ore lavorative. Solo la mia famiglia ci sta dando un aiuto per le spese del matrimonio. Cosa posso dire...? Non mollare mai. La vita è sempre una lotta e non biso- gna mollare mai!" Katia resiste, ma quanti altri hanno la forza di andare avanti in queste dif- ficoltà? Quando il Ministro Monti afferma che "il posto fisso a vita è una monotonia ed è bello cambiare", ma in che mondo vive? Questa è una lotta per la sopravvivenza. contiene inserto A cura della mitica III^D IC Andrea Doria & della III^A e III^F del plesso Giovanni Paolo II° illustrazione: Ivana Parisi e Gianluca Ferro

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I Cordai Anno 7 Numero 2

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mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolare

Direttore Responsabile: Riccardo Orioles Anno Settimo n• Due Febbraio 2012

A che serve viverese non c’è il coraggiodi lottare

Giuseppe Fava

I piccoli Cordai 3 e 4Speciale S. Agata 2 e 7 Pagina autogestita A. Doria 5 e 6 Lettera ai grandi 8

CHE NOIA IL POSTO FISSO!speravo di potere svolgere il lavoro per cuiavevo studiato

Marcella Giammusso

Katia, 28 anni, bella presenza, spigliata, colta. Quando parla,ostenta molta sicurezza, ma nello stesso tempo

esprime tanta modestia ed assennatezza. Fa parte diquell'immenso esercito di giovani dai trenta aiquaranta e passa anni che oggi vengono chia-mati precari. Già, perché quelli che vannodai venti ai trent'anni costituiscono ilpopolo degli stagisti, tirocinanti, sfrut-tati, che pur di avere un ricco curri-culum lavorano per anni ed annigratuitamente.

Katia inizia il suo raccontofacendo trapelare l'emozione ela rabbia per le ingiustizie a cuisono sottoposte le giovanigenerazioni di oggi.

"Ho preso il diploma di tec-nico dei Servizi Sociali a 18anni alla scuola LuciaMangano. Durante i cinque anniscolastici ho fatto tirocinio invarie istituzioni con bambini,anziani, tossicodipendenti, disabi-li. Quindi finiti gli studi ho fattodomanda di assunzione presso unacasa di riposo in via Palermo, speran-do di potere svolgere il lavoro per cuiavevo studiato. In questo luogo, invece, illavoro che mi offrivano era quello di pulire glianziani, cambiare i pannoloni, sollevarli dal lettoe servirli. Per fare questo genere di lavoro non occor-re certo il diploma! Lavoravo sei ore per una paga di 20,00euro al giorno.

Sono andata via per andare a lavorare presso un'altra casa di riposo aMotta Sant'Anastasia. Ma anche qui cercavano un tuttofare che assistesse glianziani, per lo più non autosufficienti, ed in più bisognava preparare la cenae riordinare la cucina. Tutto questo per trecento euro al mese in dodici ore dilavoro ed una mezza giornata libera la settimana.

Me ne sono andata ed ho cercato di lavorare con i call center. Alla AliceNetwork sono stata quattro anni ed oltre a commercializzare diversi gestoricome Tiscali, Telecom, Fastweb facevo anche i sondaggi politici durante le

votazioni, e questi non sono autorizzati! Mi pagavano tre euro l'ora più gliincentivi e così arrivavo a prendere circa 400,00 euro al mese che non mivenivano corrisposti puntualmente. Quando si raggiunse un ritardo di ottomesi nel pagamento degli stipendi, i titolari fecero la proposta di erogare

metà delle spettanze dovute perché la ditta era in crisi e quindicon la metà che avrebbero trattenuto ai dipendenti avreb-

bero risollevato le sorti dell'azienda. Io non hoaccettato ed ho lasciato il lavoro. Ma non ho

potuto prendere neanche la disoccupazioneperché l'azienda non aveva pagato i con-

tributi all'INPS.""Ma non hai pensato di fare una ver-tenza all'Ispettorato del Lavoro?"

"Io voglio lavorare, e avevopaura che se avessi fatto la verten-za non avrei più trovato lavoro!",risponde Katia. "Dopo un po' ditempo ho trovato lavoro pressol'Eurocall di MottaSant'Anastia. Qui gli orarierano pesantissimi, dalle 6 alle11 ore al giorno di lavoro per 5euro lorde l'ora. Stanca, misono dimessa per andare a lavo-rare alla Telecom Business dove

in un mese sono riuscita a guada-gnare solo 30 euro. Sono andata

via rimettendoci anche i soldi dellabenzina.Adesso sono in cerca di lavoro, un

lavoro qualsiasi. A giugno mi sposerò ele difficoltà sono tante, ma nonostante tutto

io ed il mio ragazzo abbiamo preso ugual-mente la decisione di sposarci."

"Vi stanno aiutando le vostre famiglie?""Lui non ha famiglia, è solo. Lavora con una cooperati-

va e fa le pulizie. Non guadagna molto perché viene pagato in basealle ore lavorative. Solo la mia famiglia ci sta dando un aiuto per le spese delmatrimonio.

Cosa posso dire...? Non mollare mai. La vita è sempre una lotta e non biso-gna mollare mai!"

Katia resiste, ma quanti altri hanno la forza di andare avanti in queste dif-ficoltà? Quando il Ministro Monti afferma che "il posto fisso a vita è unamonotonia ed è bello cambiare", ma in che mondo vive? Questa è una lottaper la sopravvivenza.

contiene inserto

A cura della mitica III^DIC Andrea Doria

&della III^A e III^F del plesso

Giovanni Paolo II°

illustrazione:

Ivana Parisi e

Gianluca Ferro

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cittadini! ViVa Sant'agata!

iCordai / Numero Due

Giovanni Caruso

Osservo la cera ormai raffreddatasul selciato di via Plebiscito, in

quel selciato ormai lucido e consuma-to dove si riflettono le luminarie di unafesta appena passata.

Immagino l'odore della carne dicavallo sui focolai che si mescola congli odori della "calia abbrustolita",brusìo e voci che si confondono con letrombette delle bancarelle, gli ottoniluccicanti che suonano "cacao meravi-gliao".

"CITTADINI … VIVA SANT'A-GATA!!!".

Lo hanno appena gridato quegliuomini e quelle donne, con i loro "sac-chi bianchi", in modo accorato, a talpunto da perdere la voce.

"Agata, chi sei? Chi sei per far sen-tire tanti e tante, per un giorno, cittadi-ni, in questa Catania maltrattata?".

I volti delle donne del popolo somi-gliano tanto al tuo, quelle donne chetengono i bambini in braccio col pic-colo sacco bianco e con una candela inmano e si spingono sotto la "Vara" perchiedere un miracolo.

Quelle stesse donne di SanCristoforo che si danno da fare per

allevare i figli; figli che crescono sullastrada, senza una scuola sicura,costretti a lavorare ed essere sfruttati.

Donne che aspettano i mariti allaricerca di un lavoro per un giorno, chesi vendono e si mortificano davanti aun "caporale" o un "padroncino".

Chi sei Agata? Quale esempio perqueste donne?

Catania, 251 d.C.La forza romana domina il mondo.

Il suo imperatore Decio Cesare perse-guita i cristiani, uccide e massacra.

Così, come oggi l'emigrante d'oltremare, ieri il cristiano ribelle.

Agata, cristiana, vive la sua adole-scenza ribellandosi all'oppressione,appassionandosi al senso di giustizia ea Cristo.

Quel Cristo che predica una rivoltasenza armi, fatta di parole costruitesulla pace.

Agata dice no a Quinziano, procon-sole romano che schiaccia la città evuole dominare su di lei, violando ilsuo corpo.

Agata dice no, fino alla morte.Le spoglie vengono disperse, ma il

vento della storia le riporta alla suaCatania.

Mi piace immaginare che il suoritorno ci voglia dire qualcosa.

Forse vuole dirci di resistere ainuovi oppressori come lei stessa fece,gli oppressori di oggi che non rispetta-no i nostri diritti, gli stessi oppressoriche comprano la nostra dignità per unvoto.

Gli stessi che "regalano spesa e cel-lulari" in via Plebiscito.

Quelli che per stare al potere usano

il malaffare, e si fanno usare dallemafie.

Quelli con le fasce tricolore cheimpunemente passeggiano per viaEtnea, fra gli spazi della festa e la folla.

Cittadini, prima di chiamareSant'Agata, alzate la testa, guardate gliocchi di Agata e iniziate a gridare.Gridate e sentitevi… "più forte e piùforte ancora, cittadini"… e non soloper un giorno.

Sant'agata durante la criSi…

… tra fede ed eco-nomia, coraggio ecompromessi

Miriana Squillaci

Potrei raccontarvi in tanti modi lafesta di Sant'Agata, che dal 3 al 6

Febbraio di ogni anno trasforma ilvolto della nostra città.

Potrei raccontare la storia di Agatao scrivere delle speranze di tutti que-gli uomini e donne che ogni anno rin-novano il loro voto alla Santuzza inattesa o per ringraziarla di un miraco-lo.

Tuttavia, voglio parlarvi della festain un'altra prospettiva e magari farvianche qualche domanda: è necessariospendere 800 mila euro per questafesta? La Santuzza preferisce i fuochid'artificio o le opere di carità? C'è piùfede o teatralità? Quante persone, esoprattutto quante donne si riconosco-no nel coraggio di Sant'Agata?

Abbiamo chiesto di rispondere aqueste domande al signor Siracusa,macellaio di via plebiscito devoto da60 anni, e al signor Liuzzo, commer-ciante anch'esso di via Plebiscito.

Entrambi ci fanno notare come nonsi possa "fare di tutto l'erba un fascio",i devoti, quelli veri, continuano adesserci e a seguire la festa con ladovuta fede ma certo non si può nega-

re che c'è anche chi indossa il sacco,non per devozione, ma per "fare tea-tro".

Allo stesso modo non si può defini-re la festa "commerciale"."Indubbiamente quindici anni fa nonsi vendevano i cuori di gomma o icuscini con la scritta "vivaSant'Agata", così come non si vende-va carne di cavallo e salsiccia; ma itempi sono cambiati e la crisi rendenecessario "sfruttare" tutte le occasio-ni per guadagnare qualcosa e portareun po' di soldi a casa".

In via Plebiscito si è interrottaanche l'usanza di sparare i fuochi d'ar-tificio in omaggio alla Santa. Il SignorSiracusa, ad esempio, non lo fa più da4 anni: "Dieci minuti di fuoco costano1000 euro, una "torta" con 600 fuochicosta dagli 800 ai 1000 euro; prima,non dovevo aiutare i miei figli o i mieinipoti, ma adesso, con questa crisipreferisco dare a loro questi soldi,anche se la mia fede resta immutata".

Viene allora spontaneo chiedersi:visto che la crisi coinvolge anche ilComune, non sarebbe più giustofesteggiare in maniera più sobria?"Certo, magari, potrebbero essereridotti i fuochi ma si potrebbe pensareanche a una soluzione alternativa:invece di ridurre le spese per la festa,si dovrebbero ridurre i costi dei getto-

ni di presenza dei consiglieri comuna-li o di quartiere, che guadagnano dagli80 ai 110 euro per ogni seduta".

Insomma ppa Santuzza chistu eautru! Ma Sant'Agata, il suo coraggio,ci rappresenta ancora?

"Dipende" - ci dice qualche mamma- "ci sono cose per cui si può cedere ealtre no".

"Certe volte bisogna scendere acompromessi, non sempre si puòprendere una posizione netta", cirisponde qualche altra.

Una posizione netta la prendono,

invece, i ragazzi di Addio Pizzo chehanno riempito le vie del centro difogli con scritto "SANT'AGATANON VUOLE LA MAFIA E I CIT-TADINI?" oppure "SANT'AGATALIBERACI DAL PIZZO", per ricor-darci come tutto non sia trasparentedietro l'organizzazione dei festeggia-menti.

Insomma Catania continua essereuna città piena di contraddizioni, doveuna magnifica festa riesce a mettereinsieme fede ed economia, coraggio ecompromessi.

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il servizio continua a pagina 7

inserto del mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolare

Direttore Responsabile: Riccardo Orioles Anno Due n• due Dicembre 2011

La Santuzza, il mago el’elefante

Il sole brillava illuminando la città di Mongibella. La piazza gran-de gremita di uomini donne e tanti bambini con i loro palloncinicolorati. La gioia di tutti esplodeva in vocii di allegria.L'elefante di pietra posto sul suo trespolo sembrava che sorri-desse guardando la tanta allegria dei suoi concittadini e questisorridevano guardando l'elefante di pietra, lui era il simbolo diMongibella!

Tutti aspettavano un grande avvenimento, la santuzza come ognianno, usciva dalla sua casa per incontrare i suoi concittadini, perricordargli il rispetto alla libertà, alla giustizia e il diritto alla feli-cità.Infatti da quando era tornata, Mongibella viveva tranquilla senzauomini malvagi che un tempo l'avevano resa infelice.

Ma ecco, che da un angolo in fondo alla piazza nascosto tra le sta-tue della fontana si vide un figuro nero e scuro con un cappellac-cio incarcato fino all'occhi, chi era mai quel brutto figuro?Sì, è lui il mago cattivo Cacamafioso, e che ci faceva lì?Era lì per riprendersi la città, per vendicarsi contro la santuzzache molti anni prima lo aveva cacciato.Il mago guardò la folla felice e il portone della casa della santuz-za che si stava per aprire accompagnato dalle voci allegre e feli-ci della gente di Mongibella.Il mago, con un sorriso maligno, borbottò una formula di magianera e subito dopo il cielo si adombrò e grosse nuvole nere ebasse nascosero lo splendido sole.

L'elefante di pietra si incominciò a trasformare: la proboscide,diventò un grande becco ad uncino, perse la coda e le sue candi-de zanne, e le sue larghe orecchie diventarono grandi ali nere diavvoltoio e spiccò il volo sorvolando la piazza con versi e grida cheterrorizzarono tutti i cittadini. Ci fu un fuggi fuggi, urla di terrore e qualcuno disse: " L'avvoltoiodel mago è tornato! Fuggiamo fuggiamo la maledizione è su di noi!"

Nello stesso tempo si aprì il palazzo di città dove si rifugiavanogli uomini neri che per tanto tempo ed insieme al mago avevanooppresso Mongibella.Da qui uscirono un gruppo di uomini neri, anch'essi sorridendomaleficamente e il capo disse: " finalmente la città è nuovamen-te nostra adesso ci vendicheremo e ruberemo tutti i soldi dei cit-tadini e saremo tutti ricchi! Eheheheheh…”.

4 iPiccoliCordai / Numero Due

Ma ormai la santuzza sul suo carro usciva,e si vide subito il suo viso dolce che si rat-tristì e si adombrò.La santuzza diede uno sguardo e capìtutto.

Il suo sguardo puntò sul mago Cacamafiosoe questo, rimase di stucco.Immediatamente si trasformò in pietra esubito dopo si sbriciolò in migliaia di pezziche si dispersero nel fiume che scorrevasotto la statua trascinandoli fino al mare.

Poi la santuzza guardò gli uomini neri, checapendo cosa stava succedendo, scapparo-no per rientrare nel loro palazzo ma il por-tone si chiuse alle loro spalle e allora simisero a fuggire in tutte le direzioni, mamentre fuggivano persero i pantaloni rima-nendo in mutande.

I cittadini bambini se ne accorsero e leloro urla di paura si trasformarono in fra-gorose risate e uno dei bambini disse:"inseguiamoli! Cacciamoli via ! "

E così gli andarono dietro e raggiungendo-li li presero a calci nel sedere.E così fu che gli uomini neri furono caccia-ti dalla città.

Nel frattempo l'avvoltoio smise di gridaree di volare e cadde sul piedistallo da doveaveva spiccato il suo volo malefico.L'elefante di pietra riprese il suo posto eil suo sorriso diventò risata di gioia, lenuvole furono spazzate via dal benevolovento e il sole tornò a brillare.

Hanno disegnato:Maestro Ernesto, Asia, Ioana, Mohamed,

Pietro, Adrian, Melissa, Monica

Hanno collaborato:Agnese, Andrea e Giovanni

Il popolo di Mongibella si rasserenò urlan-do di gioia e applaudendo alla santuzza cheancora una volta e per sempre aveva salva-to la loro città.Poi tutti gli uomini e le donne seguirono inprocessione la santuzza per le vie diMongibella insieme alle candelore che gliballavano dietro, i ceri in testa al corteo, asuon di banda, si accesero di una fiammaallegra e i bambini lasciarono volare i loropalloncini colorati in segno di ringrazia-mento e così fu che Mongibella tornò libe-ra.

A cura della III^D di Via CordaiIC Andrea Doria

Nei giorni della festa di Sant'Agataattraversare alcune strade del nostroquartiere di sera significava entrare inuna fantasmagoria di luci.

Oltre a quelle installate dal Comunesi vedevano tante illuminazioni privateche addobbavano gli ingressi dei nego-zi. La festa della Patrona è molto senti-ta nel nostro quartiere, ma se un turistasi avventurasse in una delle tante tra-verse di via Plebiscito o di via dellaConcordia, noterebbe subito la diffe-renza, perché il passaggio dalla luce albuio gli toglierebbe la vista. Una voltaripresosi dallo shock, scorgerebbedelle case non molto alte, dei marcia-piedi stretti e dissestati e la pressochétotale assenza di illuminazione. Ma achi in queste strade abita e vive tutti igiorni, ormai l'assenza di luce fa pocaimpressione.

Qualcuno di noi ancora si ricorda diaverle viste illuminate, ma poi il dub-bio di non aver mai visto le lampadeaccese diventa più forte. "Forse solo

piazza Don Puglisi" dice S., "abbiamovisto illuminata!". "Sì, Sì", rispondonoG. ed M., "Ci ricordiamo quando l'han-no sistemata e tutte le lampade eranointere e accese! Ora invece i comandielettrici sono stati distrutti e la piazza èrimasta completamente al buio. Cosìcon la complicità dell'oscurità, moltisvolgono le loro attività illecite, perso-ne che spacciano o che incontranoqualcuno per non farsi vedere. Quelloche doveva essere un punto di incontroper le persone del quartiere, un'area digiochi per i bambini, è diventato, inquesto modo, una zona a rischio, nellaquale è consigliabile non recarsi. Iragazzi fino a poco tempo fa riusciva-no anche ad organizzare le loro parti-telle di calcio e noi ragazzine andava-mo lì per fare il tifo e per parlare tra dinoi in uno spazio sicuro. Noi pensiamoche non sia giusto togliere agli abitantidel quartiere uno dei pochi luoghi pub-blici esistenti, costringendo anche noiragazzi ad allontanarci in altre aree

della città più sicure per stare insieme.Il problema dell'illuminazione a San

Cristoforo non riguarda solo PiazzaDon Puglisi, ma anche tante stradecome: via Ragno, via De Lorenzo, viaTestulla, via Bonfiglio, via Viadotto,Piazza Don Bosco ed un tratto di viaMadonna Delle Salette ecc...

Uno dei motivi per cui le lampadenon funzionano è che per Capodannomolti si sono "divertiti" a romperle; unaltro motivo è dato dal fatto che i tec-nici dell'Enel spesso non intervengonoa sostituire le lampade fulminate orotte. Forse ciò accade perché nel quar-tiere c'è qualcuno che usufruisce delservizio elettrico senza pagare. Unaltro dei motivi potrebbe essere che acertuni fa comodo tenere al buioPiazza Don Puglisi e altre strade delquartiere per poter svolgere "il lorolavoro tranquillamente". Sì, perché daqualcuno spacciare viene consideratoun lavoro. La mamma di una nostracompagna, essendosi accorta che una

persona spacciava sotto il suo balcone,le ha chiesto di allontanarsi perché lasua presenza avrebbe potuto creareproblemi alla propria famiglia. La per-sona le ha risposto letteralmente "milassassi travagghiari".

Quando si dice che uno non è padro-ne neanche a casa propria! E alla fine ilragazzo che spacciava è rimasto sem-pre sul posto. Noi vogliamo fare unappello innanzi tutto alle persone delquartiere, secondariamente ai tecnicidell'Enel, e poi anche al Comune diCatania, perché vengano fatti gli inter-venti necessari a rendere più sicure lestrade e le piazze di San Cristoforo,perché pensiamo che non sia giustopenalizzare tutti quegli abitanti, la stra-grande maggioranza, che sono rispet-tosi delle leggi e dei diritti degli altri.

E perciò chiediamo in coro: "Lavogliamo accendere un po' di luce aSan Cristoforo".Alessio Pennisi, Desireè Pastura, Ylenia

Torrisi, Luana Bonaventura (3 D)

Strade poco illuminate, pericolo per i cittadiniLa vogliamo accendere un po' di luce a San Cristoforo?

Negli ultimi mesi abbiamo visto inTV un aumento dei programmi in cui siparla continuamente di omicidi e si assi-ste sempre più di frequente a scene diviolenza. A scuola ci siamo trovati adiscutere di questo problema e ci siamointerrogati sull'influenza che la TV puòavere nella formazione e nella crescitadei ragazzi e prima ancora dei bambini.Ci siamo messe così a ricercare articolie studi fatti da esperti. Quello che abbia-mo scoperto ci ha preoccupati e ci hafatto discutere molto. Vittorio Amodeosostiene che: "Le attuali televisioni, siaprivate sia pubbliche, sono dei conteni-tori per vendere pubblicità e merci aicosiddetti palinsesti, svolgono soprattut-to l'utile funzione di riempire gli spazitra uno spot pubblicitario e l'altro."

Se le cose stanno così vuol dire chenon è importante la qualità dei pro-grammi televisivi, ma diventa fonda-mentale raccogliere quanti più ascolta-tori possibile, per vendere i prodottipubblicizzati.

Su questa valutazione è intervenutoun noto psichiatra, Vittorino Andreoli, ilquale sostiene che "l'audience ha

mostrato in maniera inconfutabile chec'è una grande richiesta di violenza.Associare spot a violenza è particolar-mente vantaggioso: la violenza coinvol-ge, e ciò garantisce la vendita dei pro-dotti."

Infatti diverse ricerche hanno rilevatoche: "Il 25% degli spettacoli trasmessiin prima serata, cioè in una fascia pro-tetta, risulta contenere materiale estre-mamente violento, mentre in trasmis-sioni per i bambini sono state rilevatefino a 32 atti di violenza ogni ora. Il72% degli americani ritiene che gli spet-tacoli televisivi di intrattenimento con-tengano troppa violenza, e un sondag-gio Gallup ha registrato un 63% di per-sone che pensano che questo incoraggila criminalità".

Abbiamo scoperto che in Italia esisteun "Codice di autoregolamentazioneTV e Minori" e che è stato creato ancheun Comitato di applicazione di questoCodice. Quello che ci ha "sconvolti" èche tale Codice viene regolarmente vio-lato da quasi tutte le reti nazionali.

In cinque anni, dal 2003 al 2007, sonostate effettuate un numero enorme di

violazioni: il gruppo Mediaset è in testaalle violazioni con 87 accertate, la Raicon 55, La 7 con 16, le televisioni satel-litari con 13 e le emittenti locali con 34.E dal 2007 a oggi le violazioni non sonocerto diminuite, anzi sono aumentate.

Alla luce di questi dati, se pensiamoche i bambini e gli adolescenti passanomolte ore davanti alla TV e purtroppospesso sono soli, ci rendiamo conto chei danni sulla loro formazione possonoessere davvero pesanti. L. racconta chespesso assiste ai giochi violenti che isuoi nipotini fanno dopo aver visto i car-toni animati, Dragon Ball ecc., e quan-do lei cerca di fermarli, i bambini pro-vano a picchiare anche lei. E allora se laprende con la sorella, che li lascia da soliper troppo tempo davanti alla TV. L. hasoli 12 anni, ma dice che non ci voglio-no gli scienziati per capire che la TVspesso non è una "brava Maestra"!Anche a scuola spesso noi alunni assu-miamo dei comportamenti violenti ocon parole offensive o con "giochi" chenon possono fare a meno dei calci, dellespinte o d'altro ancora, e... quando l'in-segnante ci rimprovera molti rispondo-

no: "Perché? Che cosa ho fatto? Stiamosolo scherzando!". Peccato che a voltequesti "giochi" non si concludono inmodo "amichevole"!

A questo punto forse possiamo con-cludere che non è immotivata la con-vinzione che i bambini e gli adolescentiassorbano violenza dai programmi TV eche gli organi preposti a tutelare i mino-ri, fino ad oggi, non sono riusciti adintervenire in modo efficace. E allora cidobbiamo arrendere a questa realtà?

No! Proprio non è possibile! Ci rivol-giamo a tutti coloro che hanno respon-sabilità pubbliche perché facciano qual-cosa, anche al Presidente dellaRepubblica perché intervenga su untema così delicato, Lui che è sensibile aiproblemi dei giovani. Nel frattempo cirivolgiamo a quegli adulti che voglianoprovare a cambiare questa situazione:cercate di non lasciare i vostri bambinida soli, non fateli stare troppo tempodavanti alla TV, spiegate loro che quel-lo che gli può capitare di vedere in TVnon è e non deve essere la realtà.

Luana Bonaventura, Erika Giuntini eDebora Portale (3D)

La TV maestra di violenza?Aumentano le scene di violenza in TV, ma chi tutela i più giovani?

A cura della III^A di Via Case SanteIC Andrea Doria

Lettera aperta al Presidente della RegioneOGGETTO: Richiesta di chiarimenti sul finanziamento alle scuole regionali

Egr. Sig. Governatore,Siamo gli alunni di una classe

terza di scuola media e dobbiamoquindi preparare le domande diiscrizione agli Istituti Superiori.

Per aiutarci nella scelta, i nostriprofessori ci hanno accompagnatialle Ciminiere, dove c'erano glialunni di molti Istituti Superiori cheillustravano ciò che si fa nelle loroscuole e inoltre sono venuti a tro-varci i docenti di altri Istituti.

Alla fine abbiamo deciso e moltidi noi vorrebbero iscriversi a IstitutiProfessionali Regionali, comel'ERIS o le SALETTE, per poterentrare più facilmente nel mondodel lavoro, ma purtroppo abbiamosaputo che negli Istituti Regionalil'anno scolastico non inizia in set-tembre come nelle scuole statali, mapuò iniziare a ottobre, novembre,qualche volta addirittura a dicembreper finire poi a giugno, luglio o

anche dopo.Inoltre non si sa se alcuni corsi

possono essere avviati.Abbiamo chiesto spiegazioni e ci

hanno risposto che dipende daquando la Regione invia i finanzia-menti.

A questo punto ci chiediamo per-ché, se la Regione sa che questescuole esistono e che molti ragazzichiedono di iscriversi, non manda ifinanziamenti in tempo?

Perché molti ragazzi, se nonvanno a scuola a settembre, comefanno quasi tutti, possono prenderestrade sbagliate e abbandonare deltutto la scuola.

Purtroppo alcuni nostri conoscen-ti lo hanno già fatto.

Con la speranza che il prossimoanno le scuole regionali apranoregolarmente a settembre, le man-diamo distinti saluti.

Gli alunni della classe III A

Sant'Agata tra religione e folkloreE così anche quest'anno, con ceri,

candelore e fuochi d'artificio, abbia-mo festeggiato la nostra Santuzza.

Non è stato facilissimo perché ilfreddo e la pioggia hanno cercato diraffreddare (letteralmente) il nostroentusiasmo, ma, si sa, per noi catane-si la festa del 5 febbraio è tanto impor-tante che una nostra compagna, qual-che anno fa, si chiedeva come mainon fosse segnata in rosso sul calen-

dario.Per noi la festa di Sant'Agata è un

momento di devozione ma anche digrande divertimento: ci piace moltis-simo l'atmosfera festosa, ci piaceincontrare i parenti, gli amici e ci dàanche la possibilità di conoscere per-sone nuove.

Alcuni di noi indossano il sacco insegno di rispetto, ma abbiamo notatoche molte persone adulte e anche

molti ragazzi, anche se lo indossano,non si comportano in maniera corret-ta e noi pensiamo che sia un grossoerrore perché non è giusto nei con-fronti della Santa.

La nostra Patrona è una santapotentissima, tanto che è stata sceltacome protettrice dagli abitanti diRadicofani, un paese della Toscana, incui avvenivano numerosi terremoti(così almeno ci ha raccontato la nostra

professoressa). Ma per noi, Sant'Agata è un'amica,

una persona cara che ci vuole bene, ciprotegge e, quando le richieste nonsono troppo grosse, ci accontenta.

Allora, per quest'anno, chiediamodi avere finalmente una città vera-mente "pulita", libera non solo dallasporcizia, ma anche dalla disoccupa-zione e dalla delinquenza.

Gli alunni della classe III A

7iCordai / Numero Due

il comitato per lalegalità nella festa disant'Agata denunciala mancanza di regolee le infiltrazionimafiose

2febbraio 2012. Siamo andati allaconferenza stampa del "Comitato

per la legalità nella festa diSant'Agata"; per iniziare si sta aspet-tando il Professore, dell'università diCatania, Nunzio Famoso.

Appena arriva ci spiega il motivodel suo ritardo, dovuto a un incontroavuto qualche minuto prima con unadelegazione del Comune di Cataniacapeggiata dal cerimoniere della festadi Sant'Agata, Comm. Maina.

la feSta nella legalità

la signora Verzì, madre di Andrea

Capuano

6 febbraio 2012, ore 7.30.Il fercolo di Sant'Agata è posizionato ai

piedi della salita di San Giuliano.La pioggia è stata copiosa e il selciato è

scivoloso, il capovara Claudio Baturidecide di non fare la salita né a passo dimarcia né tantomeno di corsa e dispone ilrientro in Cattedrale per via Etnea.

Un gruppo di ragazzi, capeggiati da unadulto, si oppone, dicendo che la tradizio-ne va "rispettata"!

Il cordone viene tirato e il capomecca-nico, Arcangelo Stanganelli, si ferisce aduna mano nell'ingranaggio di una ruota.

Il capovara intima ancora una volta diproseguire, volano minacce e insulti, maalla fine la maggiornaza dei devoti e deicittadini si convince che bisogna rientrare.

Quando si arriva dentro la Cattedrale, latensione è alta e avviene una vera e pro-pria invasione della navata, fin dentro lacelletta di Sant'Agata.

Lo stesso Monsignor, Barbaro Scionti,delegato arcivescovile, è costretto a urlaredall'altare maggiore richiamando all'ordi-ne.

Ecco che la festa, ancora una volta, nonè più festa, ma degrado, disagio e violen-za che fa comodo a qualcuno che sa benecome aizzare i più estremisti fra i "devo-ti".

Queste manifestazioni hanno ben pocodi religioso, ma mostrano un disagio nonpiù controllabile che va individuato, capi-to attraverso le istituzioni e non invocandoun miracolo a Sant'Agata.

la feSta è finita

I COSTI DELLA FESTA DI SANT'AGATALa spesa prevista, inizialmente era di 600,000 euro che ha subito la decurtazio-

ne dell'8% come tutte le altre spese del Comune, per cui oggi, la festa è costata

550.000 euro, a cui bisogna aggiungere più di 100,000 euro per la pulizia delle

strade dalla cera.

Questi costi ci sembrano incredibili da sostenere da un Comune in dissesto

finanziario, e in un momento di generale crisi economica.

GLI APPALTI:Formalmente l'assegnazione dei lavori per le luminarie e i fuochi è avvenuta a

seguito di una gara tramite avviso pubblico sul sito del Comune.

Ma di fatto, dietro le quinte decide il Comm. Maina su questo argomento come

su tutto il resto della festa. (Da sempre presidente delle celebrazioni, e firmatario

del programma della festa di sant'Agata ).

Esiste sulla carta un Comitato municipale per le celebrazioni, creato nel '99 dal-

l'ex sindaco Bianco, composto dagli assessorati competenti e dal Comm. Maina.

In realtà questo Comitato non si è mai riunito e tutto fa capo al Comm. Maina,

come è stato rilevato sia nel processo per la morte di Roberto Calì, ragazzo cal-

pestato dalla folla all'alba del 6 febbraio 2004, che per le infiltrazioni mafiose,

ancora in corso.

LA FESTA E LE NOVITÀ DEL 2012:Le novità sono costituite dall'assunzione di responsabilità della chiesa cattolica,

con il regolamento (http://www.diocesi.catania.it/ alla pagina Proprio di

Sant'Agata) che assegna in maniera trasparente le responsabilità per la festa, e

aggiudica dietro gara l'appalto per la raccolta della cera.

Al contrario, il Comune rifiuta, per responsabilità del Comm. Maina e non solo,

di emanare un Regolamento, per definire tempi, modi e modalità della festa.

Un'altra novità, sul piano giudiziario, sono le indagini per le infiltrazioni

mafiose il rapporto tra mafia e candelore.

Lo stesso professore Famoso,membro del Comitato, ci dichiara diessere stato incaricato dalla delega-zione a comunicare i propositi del-l'amministrazione comunale affinchéla festa si svolga in piena regola.

Il che la cosa è molto strana e noidella stampa abbiamo chiesto il per-ché il Comm. Maina non sia venuto aincontrare il Comitato per spiegare ipropositi dell'amministrazione cata-nese.

E ancora di più, non capiamo per-ché il Professore Famoso, anziché"portare" la delegazione comunaledavanti al comitato, si sia assunto ilruolo di portavoce del Comune diCatania.

Forse l'amministrazione comunalee il Comm. Maina hanno paura diconfrontarsi con la società civilecatanese sugli argomenti, che riguar-dano la festa di Sant'Agata, che datroppo tempo si trascinano e nonsono stati mai risolti?

Forse il Comm. Maina ha avutopaura di confrontarsi con la signoraMilena Verzì madre di AndreaCapuano morto nel febbraio 2010 colsuo motorino a causa della cera rima-sta in strada dopo il passaggio dellapatrona?

Forse aveva paura delle parole durelette dalla signora Verzì che invoca

regole per la sicurezza dei cittadini?Infatti la mamma di Andrea ha inti-

mato all'Amministrazione Comunaleil rispetto dell'ordinanza emessa loscorso anno che proibiva il trasportodei grossi ceri accesi lungo il percorsodella processione, infatti questi sonola causa che rendono l'asfalto scivolo-so quindi pericoloso per auto e moto-cicli.

La causa sicuramente è anche cultu-rale ma la responsabilità è di chi devecontrollare e non fa rispettare le rego-le.

Ecco perché l'AmministrazioneComunale sapendo che non sarebberiuscita, così come è stato, anche que-st'anno a regolamentare il trasporto

dei ceri accesi, preventivamenteaveva ordinato 250 tonnellate di sega-tura.

Forse il Comm. Maina ha avutopaura di rispondere alle domande delComitato sulle indagini della magi-stratura che indaga sulle infiltrazionimafiose durante la festa di Sant'Agata.

Consigliamo al Comm. Maina,visto che non ha voluto incontrare lasocietà civile, di dimettersi da questacarica che detiene dagli anni 60 e dilasciare la responsabilità dell'organiz-zazione della festa a quel comitatoistituzionale già istituito nel 1999, cheaveva il compito di gestire le celebra-zioni agatine e che lui ha sempreimpedito che si riunisse.

il capovara Baturi mentre discute con i “cittadini ultrà”

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redazione “i Cordai”Direttore responsabile: riccardo oriolesreg. trib. catania 6/10/2006 nº26Via cordai 47, [email protected] - www.associazionegapa.orgtel: 348 1223253

stampato dalla Tipografia Paolo Millauro,

Via Montenero 30, cataniaGrafica: Massimo Guglielmino

illustrazione copertina: Ivana Parisi e Gianluca

Ferro

Foto: Alessandro Romeo, Miriana Squillaci

Hanno collaborato a questo numero:Giovanni Caruso, Toti Domina, Marcella

Giammusso, Paolo Parisi, Sonia Giardina, Elio

Camilleri, Miriana Squillaci

iCordai / Numero Due8

lettera ai grandi

Dedicata a s. Agata

L'altra sera Giovanni ci ha invitatoad un concerto di musica siciliana

ed io lo devo ringraziare perché ho sco-perto il valore di una dimensione cheavevo sempre trascurato.

Tra le bellissime canzoni e musicheeseguite dal Duo Triquetra una, in par-ticolare, mi ha emozionato: quella di unanonimo, di sicuro catanese, cheimplorava S. Agata di far tramontarepresto il sole, per spegnere una giorna-ta massacrante, per uscire, almeno perqualche ora, dallo sfinimento quotidia-no.

È un canto di lavoro, che tutti i con-tadini siciliani avrebbero potuto canta-re nei secoli e nelle terre dei padroni,imprecando contro i privilegi e le pre-potenze dei padroni delle terre.

Ecco il testo, volutamente senza tra-duzione, e il link per chi volesse senti-re il canto nella struggente interpreta-zione di Rosa Balistreri:

http://www.youtube.com/watch?v=qj2MJel5l9o

Sant'Agata, ch'è àutu lu suli!Fallu pi carità, fallu calari.Tu non lu fari no pi lu patruni,ma fallu pi li pòviri jurnatari.Sìdici uri stari a l'abbuccuni,li rini si li màngianu li cani;iddu si vivi vinu a l'ammucciuni,a nui nni duna l'acqua di vadduniunni si tennu a moddu li liami.

Esprimo massimo rispetto per ilsentire religioso degli umili e dei sin-ceri credenti che rifiutano la vergo-gnosa accondiscendenza delle autorità"religiose" e "civili" alla prepotenzamafiosa.

SCHEggE DI STOrIA CATANESEa cura di Elio Camilleri

Adrian, Monica, Ioana, Asia, Alessandra

foto Miriana Squillaci

Cari grandi,

domenica siamo andati all'ex ManifatturaTabacchi a vedere una mostra. Abbiamo visto:palazzo Majorana, una "statua che si muoveva", dei

quadri e i fumetti (cioè il "Corriere dei piccoli"). Ciè piaciuto molto.

Dopo siamo andati in piazza S. Cristoforo, doveabbiamo giocato a "uno, due, tre stella"; uno di noi,Adrian, si è arrampicato sugli alberi. Infine abbiamofatto dei fiori con le bottiglie e altri giochi.

È stato molto divertente anche pulire la piazza,piantare l'albero di carrubo e altre piante come quel-la della felicità, o la pianta Moagi (così chiamatadalle iniziali dei nostri nomi). Prima di tornare acasa, abbiamo anche fatto uno spuntino.

Adesso, però, vorremmo dirvi delle cose: nondovreste sporcare la piazza o parcheggiarci le mac-chine, perché così noi non possiamo giocare; non ègiusto neanche sputare per terra, appendere cartello-

ni senza permesso o rompere le cose che noi faccia-mo (come i fiori di plastica).

Noi vorremmo delle piazze più pulite dove sianoammessi solo bici, monopattini o skate-board.Sarebbe bello se ci fossero anche altalene, scivoli,cavallucci finti, piste ciclabili e una fontanella.

Ci piacerebbe rifare questa esperienza in altrepiazze di S. Cristoforo come piazza Federico diSvevia e piazza Barcellona e anche visitare altrimusei.

Quindi, grandi, la prossima volta venite a giocaree pulire le piazze con noi, stare in compagnia saràbello e potremmo cambiare insieme le cose che nonvanno!

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