I COLLI EUGANEI Se dolce antico ed ospitale affetto Mi ... · Il temuto Ocèan, lacune e valli...

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170 I COLLI EUGANEI Se dolce antico ed ospitale affetto Mi ridesta l’ingegno, e a dir m’invita Le vostre lodi, o fortunati Colli Raro pregio d’Euganea, incliti Colli Sacri a Febo, alle Muse, a Palla, a Flora, 5 E alla Diva d’Eleusi, e a quel di Nasso; Chi fia che in grado il buon voler non prenda, E al cor gentile ed all’amico ingegno Nieghi qualch’aura di favor cortese? Bennata voglia dell’altrui fa pegno, 10 Ed è conforto a buon lavor. Non io Per far di plausi acquisto, inutil merce, Prendo le corde a ritentar dell’Arpa: Voi vel sapete, avventurosi Colli, Voi del mio genio confidenti. Antico 15 Ospite vostro e buon cultore, io seguo L’interna voce che mi sprona al canto; E nel canto ho del par gioja, e mercede. No dal Caosse e dalla notte antiqua (a) Voi non sorgeste, o dell’Euganea terra 20 Vezzosi Poggi; che tra Voi non scerno Accavalcate di scogliosi massi, E incontro al Cielo minacciose infami, Titanie rupi; non Atlantich’ Alpi Seggio eterno di nevi, e di procelle, 25 Romito impero d’accampate nubi; Né foreste vegg’io cupe profonde, Terror degli anni, abominato nido D’orride belve e di fischianti serpi, Né rotatori di mugghianti piene 30 Tra rotte fauci, e tra squarciate gole Torrenti voracissimi. Tra Voi Tutto respira gioventù, gaiezza: Voi siete un vezzo di natura, un riso, Gioja del Cielo, e leggiadria del suolo. 35 Facili dossi, collinette apriche, Tumuli erbosi, piccoletti scogli, Commode vallicelle, ombrosi seni, Cari boschetti, ruscelletti vivi

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I COLLI EUGANEI

Se dolce antico ed ospitale affetto Mi ridesta lingegno, e a dir minvita Le vostre lodi, o fortunati Colli Raro pregio dEuganea, incliti Colli Sacri a Febo, alle Muse, a Palla, a Flora, 5 E alla Diva dEleusi, e a quel di Nasso; Chi fia che in grado il buon voler non prenda, E al cor gentile ed allamico ingegno Nieghi qualchaura di favor cortese? Bennata voglia dellaltrui fa pegno, 10 Ed conforto a buon lavor. Non io Per far di plausi acquisto, inutil merce, Prendo le corde a ritentar dellArpa: Voi vel sapete, avventurosi Colli, Voi del mio genio confidenti. Antico 15 Ospite vostro e buon cultore, io seguo Linterna voce che mi sprona al canto; E nel canto ho del par gioja, e mercede. No dal Caosse e dalla notte antiqua (a) Voi non sorgeste, o dellEuganea terra 20 Vezzosi Poggi; che tra Voi non scerno Accavalcate di scogliosi massi, E incontro al Cielo minacciose infami, Titanie rupi; non Atlantich Alpi Seggio eterno di nevi, e di procelle, 25 Romito impero daccampate nubi; N foreste veggio cupe profonde, Terror degli anni, abominato nido Dorride belve e di fischianti serpi, N rotatori di mugghianti piene 30 Tra rotte fauci, e tra squarciate gole Torrenti voracissimi. Tra Voi Tutto respira giovent, gaiezza: Voi siete un vezzo di natura, un riso, Gioja del Cielo, e leggiadria del suolo. 35 Facili dossi, collinette apriche, Tumuli erbosi, piccoletti scogli, Commode vallicelle, ombrosi seni, Cari boschetti, ruscelletti vivi

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E torrentelli di brevissimonda 40 Son vostra gloria. Delle Grazie il coro, E le Najadi bionde e le Nape Hanno ferma tra Voi la stanza e il piede. dotta fama e per gran nomi illustre (b) Che questi Poggi e queste valli un tempo 45 Fossero campi di Nettuno, e vasto Letto profondo alle cerulee Ninfe, Dove superbo dalle immense foci Dissertava le ondifraghe tempeste Il gran Padre Eridno: allor che un tratto 50 Dagli antri metalliferi di Pluto Rotte Vulcano le fornaci ardenti, Squarci de flutti, orrendo scoppio, il seno; E vomitando tra le fiamme e il fumo Sulfurei globi e liquefatti massi 55 Gran parte invase del Nettunio Regno. Londe sullonde trabalzaro infrante, Stridenti, ripercosse: il mare, il lito Arretrossi, fugg. Salzaro intorno Cento Isolette monticose, acuti 60 Spinsero i gioghi, e le fumanti spalle Rosse di foco; del tremendo evento Fra larse lave, le piriti aduste E i strani pesci in duro marmo volti Serbano ancora e dominanza e fede. 65 Raro prodigio! Alle men culte etadi Favola s, che immaginar dallalto Precipitato Faetonte, e seco La quadriga di Febo in un travolta Nellatterrito Eridano: le suore 70 In largo pianto distemprate, il pianto Rappreso in pura limpidissimambra, Donde i figli di Cecrope e di Cadmo Per cotal peregrina inclita merce Lisole nove dellAdriaco seno 75 Cognominaro Elettridi sorelle. Ah! Che non puote o sorda lima, o scoppio Di convulsa Natura? I laghi, i fiumi Cangiano letto, si sprofondan lAlpi, Si spalancano abissi, arretra o poggia 80 Il temuto Ocan, lacune e valli Sinterrano, si colmano: laratro,

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Dove i remi batteano, appunta il dente E dove i plaustri si volvan, la cimba Per camin liquidissimo veleggia. 85 Alessandria dov? Dove il gran Faro Stella de naviganti? Ove del porto Le curve moli? E di Ravenna e dAdria Chi le tonanti prore in seno accoglie? Tutto cangia, desiste, Arcano Fato 90 Avvicenda le sorti, e in giro eterno Arti Regni Provincie inalza e atterra. ueste Isolette che sorgean dallonde uasi natanti, a pi benigne sorti Propizio Fato ricondusse, e il Cielo 95 Parve allegrarsi de felici eventi, E pi dolci spirar laure di vita. Cessero i flutti, obbediente il mare Si ritrasse gonfiandosi nellalto; Nuovi Colli spuntar, falde su falde 100 Emersero vie via, poggetti e balzi Salutarono il giorno, e campi e valli Fumaro al Sole, e rivelaro il seno Desioso del vomere. Gi larti Di Cerere, di Bacco e di Minerva 105 Sparsero i semi a larga mano, e tutta Derbe, di piante, danimai, di genti Ripopolaro la gentil contrada. Tu della nova origine, tu mostri Calde ancora le tracce, Ortonio Monte (c) 110 Chiaro per doppia dacque opposta vena; E Tu non lunge, che sommesso aggrotti (d) Lumili spalle, e Tu che levi adorna

Lacuta cima, e gran Palagio inalzi De tuoi Signor maraviglioso albergo; (e) 115 E Tu conto, pi chaltri, Abano illustre Di che tanto risuona Italia e il Mondo. Tu fosti gi dacheronta palude Fetido laco detestato, ai bruti, Agli uomini, agli augei subita morte 120 Pegli infetti vapor. Chi detto avria Che quellonde malefiche deposti I rei principj e linfernal mefite, Cangiasser tempra s, che a vincer morbi A ingagliardire e avvigorar i sensi 125

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Ministrassero incognita virtude, E pi chaltra di Coo, derbe di succhi Medica forza? Un Collicello umile Sgorga perenne dalla incotta cima Lacque salubri. Il grave odore e il fumo 130 Ne laccusan da lungi. Esse bogliendo Gorgogliano incessanti. Attorno attorno, Fra lerba che verdeggia e il fior che spunta, Rampollano ruscei, darida crosta Vestono il suolo, e corrivati in doccia 135 Vanno implorata a dispensar la vena A chi giacente di secreta stanza Entro marmoreo vano, ai cavi piombi Volge la chiave; e di fumante pioggia I lassi membri asperge e riconforta. 140 Ai pi tardi di Romolo nipoti ueste fonti Aponensi, e questi Colli Pi che medica vena, offriano un tempo Dolce ricovro ne grandozi estivi, E ritrovo ai piacer; che gi mal puote 145 Per tristizia di morbi o insulto danni Frenarsi luom dagli appetiti usati; E ragione e follia corrono insieme Lo stadio irremeabile di vita. Egregia man dissoterr memorie (f) 150 De secoli Romani, ed Urne e Vasi E reliquie di lapide e di nummi, Su cui devoto le pupille aguzza Linterprete accigliato, e il lustro avito Di questinclite Fonti ammira e nota. 155 Ma che rinnovo le memorie antiche Pur or sepolte, se dItalia tutta E doltre monti e doltre mare io veggo Ben cento cocchi allAponensi Terme Piegar veloci, e risonare ascolto 160 La via frequente, e dagitata polve Nugoli e nembi sollevarsi al Cielo? Oh? qual de nostri e peregrini quanto Corso, ricorso! E degli Euganei Colli Al primo aspetto, alla beante scena 165 Che sorpresa, che gioja; onde pi certa Si promettono i miseri salute! Ma qual fra tanti, a cui vorace morbo

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Raggrinza il volto, o fa men certo il piede, ual nuova schiera frammischiarsi io veggo 170 Di Glicre, di Panfili, di Davi? E vien sullorme dei festosi Alunni Discinta il fianco Voluttade, e seco Libert sollazzevole, proterva, E prodigo dellor, avido doro 175 Lui che del nome a rei desir fa scusa Il Gioco tenebroso, e il turpe inganno Dal guardo bieco, e dalla fronte arcigna; Ed altre pesti, altre venefiche Idre Male semenze di malvagi morbi 180 O Najadi fontane, o montanine Figlie dei boschi e delle grotte, o Ninfe Eugannidi, che fate? Ah! certo il fumo Dellestiva Citt, chAbano accoglie, E lo schiamazzo insolito vi trasse 185 Fuor dagli anti natii, fuor dalle braccia Delle uerce materne, ondio vi scorgo Movere al piano, e con incerto affetto Dar lo sguardo e lorecchio. Ah! no fermate, Fermate o belle, n desio vi punga 190 Della nova Citt, che troppo ahi! troppo Fra lindocile turba e i riti insani, Innocenza e belt corron periglio. Deh! risalite ai vostri Colli, e ratto Dai profani spettacoli torcete 195 Il guardo e il passo. Delle Muse amico, E devoto cultor de vostri altari, Anchio vi seguo e colass mascondo. Ecco il Venda, ecco il Venda. A lui dintorno Come a Padre e Signor fan cerchio e coro 200 Cento Colli minori. Egli soprasta Immenso, imperial. uanta di Cielo Ve quanta parte signoreggia, e quanta Parte di suolo! E chi maggior non sente Farsi poggiando alla sublime altezza? 205 Che a noi del Cielo impressi alma Natura uass ne parla maestosa eccelsa, E pi chaltrove ne fa scorti e vaghi Dellalto obbietto, che a nostralme segno. uesto dAquile nido, e qua non poggia 210 Basso palustre augel, cui loto e nebbia

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Son pasco e vita; ma leggieri augelli Che beon rugiada, e vivono di luce uesti gioghi rallegrano col canto. E dessa pur sulleminenti vette 215 DAlpi deserte, e di montani orrori Religione maggioreggia, e Templi Ergendo e Torri, e remitaggi e chiostri, Vien chai sguardi commossi, ai caldi affetti Mova pi grato imperioso assalto. 220 E qui non forse tra le rocce infitto (g) Sorgeva illustre ed ospitale albergo Di nobili cultor? Non forse un Tempio Sorgea vetusto, e su grandarchi eretto, Dove tra il fumo de votivi incensi 225 E il cupo suon dellOrgano profondo Saliano al Nume, cui fan trono i Cieli, Saliano glInni de mitrati Aronni, E rozzi canti vi mescean le Turbe Degli innocenti Colligiani? Oh! come 230 Dai cavi bronzi rimuggia solenne Il carme implorator per monti e valli Ripercotendo e roteando in mille Circoli succedentisi, movea Ne casti petti e nelle ingenue menti 235 Piet mista a terror, tristezza a gioja; E pregando dal Ciel rugiade e pioggie Fugava altronde le tempeste e i nembi. Or vi regna silenzio: ampie ruine, Fra cui germoglia solitario il cardo 240 E sospira gemente aura devota, Ampie ruine, diroccati avanzi Fanno irta e ingombra la deserta vetta, E il peregrin che faticato e lasso Posa talor sulle macerie il fianco 245 Al memore desio richiama invano Lospiti soglie, il franto pane; e muta Gli trabocca una lagrima dal ciglio. Muojono le Citt (Delfico ingegno Cos un tempo cant!), muojono i Regni, 250 Copre i fasti e le pompe arena ed erba; E poteano questarchi e queste mura Non al suo fato soggiacer? Le umane Varie vicende, a chi diritto estima,

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Son di fermo saver provida scola; 255 N Mario sol, che sui rottami assiso Della vinta Cartago, utile esempio uindi traesse a medicar sue piaghe: Che a risennare Umanit fallace Giovan pi che i Trofei lalte ruine. 260 Ma se Venda cado, forse de Numi Venne manco il favor? N dara o Tempio uesti poggi consacra? E quel chio veggio La dun fianco abbujarsi orrido luco Datri cipressi, e nericanti abeti 265 Foltissimo profondo, ah! non desso Il consacrato inviolabil chiostro Di Romualdo, ve solinghi e bianchi Con aspra fune ai lombi, e pi di legno Traggono vita oltre lumana i figli 270 Di penitenza e del silenzio? Sparse (h) Vedi cento casipole romite, Vedi cento orticelli. E notte e giorno Pregano supplichevoli, n mai Diversa cura o social diletto 275 Frange leterno irrevocabil metro Dellore mute, de severi uffizi Del breve sonno e della mensa breve. Ma pu di tanto Volont che ondeggia Pi che mobile canna a vento estivo 280 Rassicurarsi, ed inconcussa e salda Tener fronte alla noja, al pentimento A fragilezza, a umanitade? Eccelsa Mirabil fe! di che valor non armi La fral Natura che a se stessa pondo! 285 O figli del silenzio, a Voi sia pace; A Voi dallalto di dolcezze arcane Piova rugiada che sia vita ai cori, E quella cupa, veneranda, augusta Religion, che ne spirate allalma, 290 Torni vostra merc, torni a conforto Degli afflitti, de miseri, de buoni, Sia freno al vizio, alle virt sia sprone. N Voi sar che dun ingrato io prema (i) Sconoscevole obblo, preclari alunni 295 Daltro pi mite, social costume, Voi che segnaste a Benedetto il nome;

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Poich zelo del ver m legge al carme, E consacrata fe, santa amistade A Voi mi stringe. De magnanim Avi 300 Taccio le glorie, le serbate al Mondo Lettere che periano, i studj e larti Le culte valli, le pacate Selve, E la mendica povert raccolta. Avito merto accresce infamia e pena 305 A nepoti degeneri. Ma Voi Rimeritando sui paterni esempi Lonesto liberal ozio volgete A pascer cori, ad informare ingegni, Teneri cori e tenerelli ingegni 310 Deletto succo di dottrine; e Padri Siete a buon dritto, che servendo al Cielo Con benefico amor giovate al Mondo: Seguite pur la bella impresa, il frutto Risponda ai voti, e le Colline e i boschi 315 Che vaccerchiano intorno, amica e grata Rendano a sudor vostri ombra e freschezza.

O dalle cime altissime di Venda ual de sudditi Colli almo Teatro! Come se Borea dal gelato Arturo 320 Forte buffando, i Cavalloni ondosi Dellagitato pelago sorprende E in duri ceppi gli costringe e annoda Diguazzantisi ancor: de Monti e Poggi Cos la varia succedevol scena 325 Or savvalla or saddossa, e in giro attorta Sfugge, ritorna, si raggruppa e fende; E in suo vago disordine distinta uasi armonica danza agli occhi esulta. Vedi qual molle deviar di gioghi 330 Attenuati ricrescenti, e quanta Vastezza e forza di protese spalle? Vedi lontano monticelli e balzi uasi dallampia circolar catena Propaginarsi rigonfiati; ed altri 335 Spuntar fraterni, e sollevarsi intorno Allalta rupe genetrice. Oh! quanto Dombre fugaci sbattimento, e quanto Per nubi opposte fluttuar di luce! E l dazzurro arabescati e foschi 340

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Panneggiamenti e padiglioni, e quinci Liete verdezze e morbidi tappeti, E sempre nova, e sempre varia, e sempre Cara discordia di color di forme. Abitatori di pianure immense, 345 ual bello mai, che vi rallegri i sguardi? Se dallunico aspetto aborre e fugge Diva armonia, che le ritrose parti Varia temprando e raccogliendo, come Da cerchio estremo mille raggi a centro, 350 Forma quel Tutto, che diverso ed uno, Fere di grata meraviglia i sensi. N gi tra campi, ma sullardue rocche Deccelsi monti edific Natura Sublime Trono a sua grandezza. I Monti 355 Fan bello il piano soggiacente, il piano Infinito uniforme attrista i sguardi; E senza nubi il Cielo stesso, il Sole O nascente o cadente appar men bello. Madre augusta Natura, e invan sadopra 360 Umano ingegno demularne il vasto Disordine sublime. Ella, del Tutto Gelosa pi che delle parti, affoga Il minuto pensiero, e immota e ferma In sue ragioni a mortal occhio ascose 365 Si rovescia nel pelago degli anni, E nella oscura infinit del Nume. Pur da quellalto inacessibil campo Talor discende, e ad allegrar la nostra Corta veduta, per colline e poggi 370 Vaga e trattabil pi, noffre a diletto Miti bellezze, e larti nostre invita A rabbellirla s, chindi ne venga Larga copia di doni, almo conforto A bisogni delluom. Cos le parti 375 A noi concesse di trattar minori: A s le grandi riserb Natura, Madre Natura, che lorror selvaggio Ama nel grande, e si rinserra avvolta Nella solenne immensit del Tutto. 380 Euganea bella! E di s providArri, Onde i tuoi poggi dogni culto adorni Vennero in tanta nobilt di pregio,

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ual dir prima, e qual seconda? Ferve Calda la vena dapollineo lume, 385 Dellestro animator. Cerere o Bacco, Palla o Pomona io canter? Ma tutti ua, qua traete inghirlandati il crine, Agresti Numi, e tu Vertumno e Pane, E voi Ninfe del bosco e della fonte, 390 E voi del bosco e della fonte amici Ospiti Zefiretti, e tu de fiori Vezzosa Madre, e Tu dei fior dellerbe Esploratrice Btane, che sveli I muti amori e le furtive nozze; 395 Che tutti regno in questa piaggia e culto Sortiste a gara, e date prezzo al canto. ua biondeggiano falde, e laura indorano Gravide spiche: nericanti e bigie Strisce di suolo fan vicenda, e corrono 400 Solcate e sparse di sementi: affilansi Lungo la china, e al mezzod si svolgono Chiomate Vigne, a cui fan segno e limite Arboscelli fruttiferi: succedono Erbose liste, e fraticelli morbidi 405 Ove crescono al pasco, e si sollazzano Lanuti armenti: un rivolino agevole Serpeggia obblico, e un ponticel di rovere Ministra il passo a giovanetti, a vergini Mal secure del varco: altronde fuggono 410 Sinuosi sentieri, e vie rotatili Segan lerta montana; ivi sinfoltano Macchie fratte cespugli, e qua diradansi Gaje selvette: biancheggiar sammirano Sulle coste, sui gioghi e al Ciel sorridere 415 Sparsi abituri e capannette povere Da cui tutta la piaggia ha vita e giubbilo. Tu se fede al mio dir, Este, o pupilla (1) DellEuganee contrade, Este, che altero Vai del gran nome, e della regia stirpe 420 Che a te die legge ed allItalia un tempo Die tanta fama, di quel Nome augusto Sacro sempre alle Muse e a versi miei. Tu dellEuganea Terra inclito figlio, Dinne qual copia di granose spiche 425 Mieti fecondo dai materni colli;

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uante Vendemmie, donde Samo e Chio Naggiano invidia e Polisippo e Cuma: uanto dolive balsamo, e di frutta, Di zuccherosi fichi, e dauree pesche 430 E di rosate mele, e daltre cento Cogli tesoro, a peregrine genti Esca del par, che meraviglia e prezzo. E tu rispondi alle fraterne glorie Monte di Selce, da cui stillan gocce (m) 435 Di nettareo dolcissimo rubino: E voi non chaltro vedovate Mura (n) Miseri avanzi di palagi cento, Che foste un tempo la delizia e il fregio Di questi Colli fortunati, ah? Voi 440 (Se del culto primier siete argomento) A pigri figli di mollezza, ai ciechi Abitator delle Citt superbe, Deh! rampognate i mal deserti lari, Fate vergogna de sofferti oltraggi; 445 Onde corretti i vostri danni, e il lungo Squallor deterso, raccogliate in seno Ospiti amici di Natura, amici Dellarti prime, da cui luomo ha vita E per cui si rabbella anco Natura. 450 Ma tra quante pur son, tra quante furo (o) Laudate moli di Palagi, altera Erga Cataio la turrita fronte, E al curioso passagger conceda LAugusto fianco a vagheggiar, n sdegni 455 Che nel soggetto bosco altri sospinga Il pi furtivo, e dellestranie piante Chiegga il nome, la patria, e innocua preda Faccia dei mille odor, natante il senso

In dilettosa Voluttade. A Noi 460Sacerdoti del Bello, a Noi le Muse,LEstensi Muse, che redaro i fruttiDellObizio valor, apran le soglieDella negata al vulgo alta Magione,E lampie sale, e quanto ivi raccolse 465 DellArti amico, e degli antichi studj Il Munifico Genio, i busti, i bronzi,Larme, le tele, i sculti marmi e tuttoNe dischiudano facili ed amiche

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Il novo illustre Palatino Apollo. 470Chi il crederebbe? Ineducato ingegno, Lultimo germe dellObizia stirpe,Pot mirar s alto, e allArti belleuesta Reggia innalzar, questo ParnasoAlle Vergini Suore. Egli tra campi 475Affratellato cogli aratri e i solchi,Vivea tranquilla etade, e fea dintornoGiardineggiar la Valle e la Collina,Lieti i prodi cultor, lieta Natura.Deh! s nobile esempio in altri accenda 480Conforme affetto, e le paterne villeSe non lice fregiar darti cotante,Godano almen dun qualche fregio, almenoLa sempre fausta de Signor presenzaAnimi allopra i buon cultori, e sia 485Conforto e premio a lor fatiche, ahi! troppoDisconosciute e inapprezzate a torto.S, merc vostra, Colligiani industriFigli della fatica, ah! s, per VoiSaliro a tanto di belt, di pregio 490uestalme piagge, e voi cogliete, oh! sorteCieca ed ingiusta! voi cogliete il menoDi tanti frutti, e se lingoja il ricco,E linsensato gli disperde al vento,Mentre lavaro gli nasconde al giorno 495Ma quai lamenti? Con disegno arcanoLegge provida, eterna agguaglia e tempraLe inuguaglianze di fortuna. In braccioAllo stento, allinopia, al vento, al SoleProspera lieto il buon cultore, i sonni 500Gode tranquilli, del sudato paneFa pi cara la mensa, entro alle tazzeSommerge loggi, lindomani; e in senoAlla moglie diletta, e in mezzo ai figliAlza pure le mani al Dio degli Avi, 505E cogli Avi pacifico saddorme.Che pi sperano i Regi, onde beataCondur la vita? O sotto coltri aurateVien pi facile il sonno? O pi sinceraEntro a calici dor ferve la gioja? 510E non anzi le cure, e gli alti incarchiE i superbi satelliti del Trono

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Opulenza, avarizia, invidia ed iraFugan dallalme tutta gioja e pace?Mal cerchi fuor, se in te non cerchi e trovi 515Felicitade. Fra speranza e temaSarai trastullo della sorte infida,E di te stesso vittima sarai.Non lati campi a mille buoi fatica, Non ricche prore per estranio Cielo 520Veleggiatrici dinfinito Mare,Non alti Cocchi, non Palagi, o TorriN laute Cene a molta notte, o danzeA molto Sole, o tintinnio di CetreLevano sciolta dalle inferme cure 525Lalma felice de suoi voti al segno.Disfrenato desio se stesso affogaVoraginoso; e di piacer mal semeAhi! di certo dolor frutti germoglia.Chi , se al vero ed al suo meglio intende, 530Chi mai che volto a questi colli il piedeE salutate le pendici, e dalle Soprastanti pendici il patrio Cielo,E salutati i buon coloni, e voltoLattento sguardo a lor ingegni, e a tutta 535Del vario culto la piacevol arte,Chi che meta a suoi desir non facciaUn poderetto, una selvetta, un rio, ve fra dolci speranze e dolci cureTradur ignota, e per sentier secreto 540Piccola vita, ma daffanni scarca,Scevra dinganno, e in suo tenor secura?Che sentro al petto ricettasti Amore,Amor gentile, che del primo Bello raggio a chi ben scerne, Amor che pasce 545Dalta onestate e di sublimi affettiI cori ardenti alla pudica face;Dimmi, non forse hai cento volte e centoRichiesti i Numi, e il buon Genio natale, Di qui poter al caro obbietto a fianco 550Tutte raccorne le dolcezze, e gli antriE le misteriose ombre montaneComplici teco e testimon godendo,Fuggir le guaste Cittadine turbeDogni ben, dogni bel disperditrici? 555

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E se le dolci, o le severe MuseI gravi studj e le Palladie carteAmi solingo interrogar, qual altraSar mai parte, che le tacitoreI beati recessi, e le divine 560Spirazioni e vision pur tantoGiovi e secondi, interprete Natura;E dove meglio, come a Cipria i mirti,Crescano a Palla gli immortali allori?No, non minganno. uesto Ciel, questaure 565Tu gi spirasti, che dellalta RomaAi forti fatti, allammirande impreseDesti con lalto stile eterna fama:Sommo Pittor, che lanimate scene,Fai dagli orecchi trapassar ai sguardi, 570Da questi a quelli, e folgoreggi e tuoniNelle mischie di Marte, e il brando adeguiCol valor del pennello. Ombre minori Traggono al fianco tuo l nellElisoI Greci Padri delle antiche Storie; 575E i magni duci, e i celebrati EroiGodon farti corona, e in te specchiarsi Fatti pi grandi a s medesmi. In AscraTe le Muse allattar, dalle tue labbra,Novello Tullio, numerosi e pieni 580Sgorgano fiumi deloquenza Ascrea. (p)Infausti giorni, tenebrose etadiToccaro a Lui, che daltri studi amicoSort con Livio commun Patria, e ottenneDAbano il nome. Laquilino sguardo 585Os vibrar negli intimi recessiDi Magica Natura, os le forze Tentar de corpi, e alle secrete coseAprirsi un varco; ma da suoi non colsePiena laude dingegno, e il vulgo quella 590Cred nefanda di mal genio possa, Chera virt dincognita Minerva.Alfin emerse di quel bujo, e gloria Tarda raccolse, ma secura. Or siedeCo Sofi al paro; e sederia co primi 595Se a Noi cortese lo serbava il Fato. (q)Che pi marresto? Di canori Cigni,Deletti spirti, damorosi ingegni

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Antico nido questo, e ben mel diceLarmoniosa soavissimaura 600Che fa s dolce mormorar le fronde,Laura gentil, che dun gentil ribrezzo Le fibre consapevoli mirrora.Ma questa voce che alla facil aura Mescesi in giro, e che m nunzia al core 605Duna dolcezza inusitata e nova,Da chi sen parte? E se tu forse, o degnoDel Venet Ostro, e del Romano onoreBembo immortal, che allamorosa liraSposi le tosche e le Latine corde, 610L su quel colle che rosseggia ed arde (r)Al novo Sole incontro?... Ah! no, ben daltro, (s) Ben daltro Cigno questa voce, a cui Lerbetta verde e i fior di color milleCerto commossi per dolce vaghezza 615 Si drizzan tutti aperti in loro stelo,E il Ciel di vaghe e lucide favilleSaccende in vista, e par che donestateAmoroso sinfiammi! E chi potriaNon avvisarti, o peregrina voce, 620Se frondi erbe ombre antri onde aure soaviTutti sembrano dir: qui regna Amore!O Cigno almo di Sorga, etereo Cigno,Che per fermo nascesti in Paradiso,Primo dItalia onor, Lingua del Bello, 625Pura fiamma de spiriti, e cor de cori,Deh! come fia, che a celebrarti io prenda,N lingegno paventi allalta impresa?Anima che di nostra umanitadeVestita fosti, non comaltre carca, 630Se pur di Te chiunque parla o scrive Tien dal subbietto un abito gentile,Fammi, deh!, fammi del tuo stil tesoro,E il mio difetto di tua grazia adempi.Ah! nella buja, in cui vivesti, etade, 635In quellet di ruggine e di fango,Come studio ed Amor talzaron laliPer lasciarne di Te s rari esempi?E in qual parte del Cielo, in quale ideaTraesti esempio di quel bello eterno 640Che il dir nostro, e il pensier vince dassai?

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Donde la vena di quel puro affetto,Di quel sublime inusitato affetto,Che dal misero vulgo ci allontana,E ne mostra la via, che al Ciel conduce? 645E che luce fu dessa, e qual beltadeSe mortal guardo in Lei non sassecura?Ah! uno spirto celeste, un vivo SoleTirraggi lintelletto, il cor taccese;Chaltro lume non che infiammi o guide 650Chi damare altramente si consiglia.Ed in qual vena mai, dove tingestiIl bello stile che tha fatto onore?Che ancor ne versi tuoi laura si senteDun fresco ed odorifero laureto, 655E lamentar augelli, e verdi frondeMover soavemente, e gir tra lerbaChiare fresche dolci acque, e foglie e fioriGemere ambrosia invece di rugiada.Oh! benedetto il loco, il tempo, e lora 660Che s alto miraron gli occhi tuoi!Oh quanto, Anima, il Ciel ringraziar deiChe fosti a tanto onor degnata e scelta!Stettesi Amor di meraviglia presoA veder la sua gloria, a udir si stette 665Cose sopra natura altere e nove;E al casto suon delle pietose rimePoco manc che non rimase in terra.Cos questalma delleteree sfereArmonizzata ai numeri divini 670Dogni bel, dogni ben, del ver, del grandeAvida sempre e innamorata, impresseNellarti della vita e dellingegno,E ne pubblici incarchi, e ne privati,Dellalta mente e del gran cor le tracce. 675Chi dellItalia sua, del suo bel nidoFia, ne ritragga degnamente in carteLa Patria fe, la caritade; i RegiDal suo labbro pendenti, e dal consiglioLe inique corti, e i cortigian percossi? 680E chi del Greco e del Roman sapereGli investigati monumenti, e tuttaNe simulacri, ne papiri e bronziLa veneranda antichit ricerca?

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ual altro mai lo pareggi, laggiunse 685Nel far pi chiari dellItalia i giorni?Ma che parlo? Che taccio? Invidi tempi!Ingrata Italia! E di tantopre belleDi quellinclita penna inclito parto,Dolce amor di Sofia, non anco (o nostra 690Infamia ed onta!) da venali torchiSpesso gementi per inutil merce,Non anco usc dillustri note impressoIl tesoro moltiplice, tesoro Che men ignoto a peregrine genti 695LItala sconoscenza accusa e danna. (t)O la Tomba dArqu potesse almenoDe torti antichi vendicarne in parte,E fare a nostri ed agli estranei fedeChe negli Itali cor no, non morta 700Riconoscenza, meraviglia e lode!E Tu, dellarti e delle Muse albergoAnzi nido, anzi Tempio, Euganea Madre,E Tu nel soffri? E de tuoi Colli in senoVerr che incerto il peregrin domandi 705uesta la Tomba? E fia che ad essa intornoSpunti negletta immeritevol erba,N vi cresca un allor, n cresca un mirto,Su cui la benedetta ombra amorosaPossa lali posar, su cui ghirlande 710Appendano i devoti? E fia chio veggiaDeserta, inculta, ed alla pioggia e al ventoAbbandonata la magion felice,Dove lultima et visse raccoltoCome in porto di pace e di riposo; 715Abbandonato lorticel segreto,Lospite clivo, il confidente asilo?E a cui di gloria sergeranno altari,Se a quello spirto a cui non surse uguale,Per cui da nostri e dagli estranei tanta 720Cogli donori invidiata messe,Nieghi lonor del culto e della Tomba?Ah! se lItalo nome, il nome antico,Se di noi, se di Te cura ti punge, Deh! movi, Euganea, e a vendicar tappresta 725Degli anni rei la sconoscenza ingrata.Surga a nove speranze, a novi onori

187i colli euganei

Il bel colle dArqu, risorto attestiChe dellospite antico e CittadinoSerbi condegna trionfal memoria; 730E s del giusto liberal tributoAndrai famosa alle pi tarde etadiE i Colli tuoi risorgeran pi belli.uesti dal puro sen voti sciogliendoAllurna tua mappresso, a Te mi prostro, 735Ombra cara adorata, ombra che seiDel solingo mio cor sola dolcezza,Sola compagna di mie notti, e sola Delle mie veglie illusion beata.Salve, o spirto gentil. Vanne a diletto 740Con la bella purissima tua fiamma,Vanne di stella in stella, e lalto EmpiroE le bellezze del tuo Ciel vagheggia:Anzi del primo Bel, del primo VeroBevi alla fonte, e vi tinonda e mergi. 745Che se giunge lass prego mortale,Fervido prego danima devota,Deh! un rivo sol di quella fonte, un soloRivo mimpetra, e di tua luce aspergiIl mio spirto, il mio core, i sensi miei. 750

ANNOTAZIONI

(a) In questo luogo si accennano i caratteri pi ovvj e pi generali delle Mon-tagne primigenie.

(b) Il Sig. Ab. Alberto Fortis nella sua memoria Geografico-Fisica intorno la vera situazione dellIsole Elettridi degli antichi s studiato di farci trovare non impossibile che lIsole Elettridi, dai pi antichi Greci mentovate come esistenti alle Foci del Po, debbano essere riconosciute nelle masse isolate de Colli Euganei e de Berici; quantunque il principe de Geografi Strabone, e parecchi Scrittori che lo precedettero, e molti pi che lo seguirono sino allet nostra, le abbiano collo-cate in un seno dellOceano Germanico, centinaja di miglia lontano da noi. Le ri-sultanze concordi delle autorit della Favola Allegorica, e di gravissimi Autori che vissero prima di Strabone; lesame e lo scioglimento delle ragioni che furono ad-dotte per negare questo fatto; la convenienza delle particolari note caratteristiche attribuite allElettridi con quelle che sono proprie de nostri Colli, e con laltre che

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generalmente convengono a tutte le Masse montuose sollevate dal fuoco sotter-raneo, formano la natural divisione del suo discorso. V. Atti dellAccad. di Pad. T.I.

Ho esposto il Piano del celebre Autore con le stesse di Lui parole; e non dubito di far cosa gratissima a chi mi legge, riportando stesamente alcuni luoghi pi singolari della citata Memoria; i quali se furono base a miei versi, ne saranno del pari un delizioso commento, e unerudita illustrazione.

Perdesi nelle tenebre dellet pi rimote, ed involta nella non sempre age-vole a diradarsi oscurit dellAllegoria la memoria di un avvenimento, che alter la Costituzione fisica di quella porzione della superficie della Terra, che ora sorge montuosa poche miglia distante da questa Citt antichissima; avvenimento che di molto dovette precederne la fondazione. Il favoloso notissimo racconto della caduta dellincendiato Faetonte dal Cielo nellalveo dellEridano, e dellambra o elettro, che col incominciossi a formare pel pianto delle di Lui sorelle cangiate in pioppi, copre la storia della rivoluzione operata dal fuoco alle foci del detto fiume, nello stesso modo che il seppellimento del fulminato Tifone sotto la vasta mole dellEtna copre di un velame allegorico lorigine di quel tremendo, e dopo tanti Secoli ancora minaccioso e devastatore Vulcano. Laccensione subacquea ac-caduta quinci non lunge fu certamente analoga a quelle, che in vari tempi fecero sorgere Terasia, Delo, Milo, Anafe, Santerini ed altre Isole dellArcipelago e del Mediterraneo dal seno dellacque. Faetonte secondo ogni apparenza la personi-ficazione dun nuovo Monte ignivomo sorto allimprovviso, e forsanche in parte formato da massi infuocati e lampeggianti, che dalla violenza dellesplosione fu-rono balzati ben alto in aria, e ricaddero poscia a posarsi sulle rovine del cratere, donde erano stati cacciati, come ne sogliono ricadere a d nostri frequentemente sulle aride falde di Vesuvio e di Mongibello. La subitanea e luminosa comparsa del terribile fenomeno deve avere suggerito il nome di faqwn tolto dalla radi-ce medesima, da cui riconoscono lantica loro denominazione di Faeo tre monti, luno fra gli Euganei detto anche dagli abitanti Monte bruciato, e due altri fra Vi-centini, che Vulcanica origine apertamente mostrando tuttora, ne tempi meno lontani dalla lor nascita per lo splendore delle fiamme saranno stati osservabili. Le sorelle di Faetonte non altro ricordano che le minori Collinette o intumescen-ze della pianura subacquea, contemporaneamente o dopo brevi intervalli solle-vate, sulle quali agevolmente i pioppi saranno propagati, e che nellet presente ancora rimangono in isola. Dalle radici di coteste nuove protuberanze dun suolo di grassa e uliginosa terra vegetabile composto, come quella de paludosi luoghi solessere, dovette incominciar a fluire disciolto, e messo in moto pel sotterraneo calore il petrolio, che dapprima galleggiando sullacqua, indi per opera dellacido marino rassodatosi in ambra gialla, lktron detta da Greci, sar stato dai rozzi abitanti de vicini paesi creduto aver immediata origine dalla gomma de pioppi, che nel color la somiglia, e alle nove Isolette avr dato il nome....

Chiunque o s trovato presente alle strepitose eruzioni di Napoli, o a gi-ganteschi spettacoli dellEtna, e chi ne ha visitato le falde e le radici, o ne ha let-to descrizioni ben tessute, dee convenire che veri Faetonti per lo splendore in

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tempo di notte sogliono essere i nuovi Colli, che successivamente compariscono nellattualit delle accensioni, sorgendo dalle brune spalle, o dal pie di que Mon-ti vomitatori di pietre ardenti. Il Vesuvio pi a portata degli osservatori, perch vicino a una frequentatissima Capitale, diede spesse fiate anche in questo Secolo nascimenti di minori Colline ignivome; ma Mongibello, la di cui sommit formi-dabile, deserta e lontanissima dallabitato il Teatro ordinario de pi magnifici orrori, alza il fumante cratere nel mezzo a un gran numero dantichi o moderni Faetonti, assai maggiori di quelli che soglion esser prodotti dai rigonfiamenti del Vesuvio; e s nella mole che nellaspetto e nella disposizione ai nostri conici Mon-ti di Cerro, di Cinto, de Rovoloni somigliantissimi.

Lesistenza dIsole vicine alle foci del Po, che portarono il nome dElettridi, testificato concordemente dallautore antichissimo del Libro pr qaumaqwn kosmtwn attribuito ad Aristotele, tuttaltro da Scimmo Chio, da Sozione, di cui abbiamo solamente frammenti, e lo era da moltissimi altri citati da Plinio, le opere de quali non giunsero perfino a noi. Il primo ne parla cos circostanzia-tamente, che giocoforza il credere, che da vecchi Autori rispettabili, dalla fama universale, o da navigatori degni di fede ed autopsi, abbiane tratto la descrizione. NellIsole Elettridi del Seno Adriatico, dicegli, veggonsi due statue giacenti di antico lavo-ro, luna di stagno, laltra di rame, opere, per quanto vien creduto, di Dedalo; e monumen-to delle cose accadute in que tempi, ne quali egli fuggendo da Minos di Sicilia e di Creta, approd a que luoghi. Dicono che cotestIsole furono cacciate fuori dallalveo dellEridano che scorre col appresso. V anche non lungi dal fiume un lago dacqua bollente, chesala un puzzore, per cui gli animali non vi si accostano a bere, e gli uccelli che vi passano sopra volando, cadono morti.

Gli abitanti raccontano che Faetonte fulminato piomb in quellacqua. Il circuito del-la principal Isola di circa dugento stadj: e vhanno di molti pioppi, da quali stilla lElet-tro simile alla gomma, che sindura a guisa di pietra, e raccolto dagli abitanti medesimi viene recato in Grecia. Se questa non precisione (conchiude il Sig. Fortis) dove si trover essa mai? Origine per eruzione subacquea, dimensione dellIsola princi-pale, tradizioni relative alla storia civile, indicazioni appartenenti alla naturale, alla Geografia, al commercio vi si contengono in poche parole.

Uno de pi singolari e parlanti caratteri de Colli Euganei, quantunque non da chichesia sino ad ora rilevato, si la quasi assoluta mancanza di Valli somi-glianti a quelle che saprono e internano fra monti di catena, chiaramente mo-strando dessere squarciature a poco a poco lavorate dai fiumi e dai torrenti, e conservando tra le falde loro laterali che si prolungano verso le pianure serratis jugis, come felicemente lesprime Plinio, una perfetta corrispondenza nellordi-ne e nella sostanza de filoni, ch prova indubitabile di antica continuit. Tuttal-tro carattere hanno le Valli degli Euganei, e generalmente quelle che si trovano a pi di tutte laltre Masse Vulcaniche isolate. Esse sono veri Porti nati o canali originari, formati tali, quali al presente si veggono, dalle successive eruzioni di nuovi promontori e Isolette, o dallaccidentale configurazione sinuosa che alcune di queste ricevettero nellatto medesimo del loro sollevamento. Non mugghiano

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torrenti devastatori in siffatte valli, ma vi scolano appena romoreggiando rigagni temporarj; n pu insorger sospetto che acque maggiori ne siano state deviate dal tempo, come frequentemente ne valloni di catena accaduto; poich breve diametro ha la massa de monti Euganei, e non considerabili elevazioni atte a mantenere le nevi, e a mandare quinci al piano rivi perenni. Molti Colli minori e scoglietti sorgono isolatissimi tutto allintorno della Massa principale, e segna-tamente poi dinanzi, o in seno delle valli, o porti naturali, ricordando le Isolette che non mancano mai di trovarsi alle radici de Vulcani attuali, che non mai tro-vansi lontani dal mare, come Procida, Nisida, Ischia nel Golfo di Napoli a pi del Vesuvio, e i Faraglioni di Trizza, gi detti scogli de Giganti, alle radici dellEtna. Per parlarvi a preferenza de Colli nostri, lasciando da parte lenumerazione delle localit, che fenomeni analoghi presentano nelle Valli Beriche, il Monte di Lozzo, quel di Monselice, lIspida e i vari Collicelli minori sparsi in quellampio seno delle Valli di S. Eusebio e di Galzignano, e Carrara, e la Montechia, e Montegrotto e la BellIsola di Montegalda pi al largo nella pianura sono di questo numero. I caratteri distintivi delleruzione vi prevalgono cos evidentemente, che non vha tratto di paese Vulcanico sinora conosciuto in Italia tanto somigliante nella disposizione, aspetto e componenti allIsole Eolie, e alle schiene di Mongibello, quanto la massa de monti conici, che fanno corona al nostro Venda. Gli stessi Campi Flegrei, che pur vastamente arsero in antico, e nel centro de quali cos frequentemente si rinnovano lesplosioni, hanno men varj, meno giganteschi, meno espressi, meno istruttivi vestigi di successive conflagrazioni. Dico succes-sive, poich quantunque dopo lo Scrittore de mirabilibus nessuno ci abbia conser-vato la memoria di eruzioni accadute presso lElettridi, il Colle di pietra lava che sorge dietro alla Principesca Villa del Catajo, e a somiglianza di quel di Pozzuo-li, e di Nea nellArcipelago, porta tuttora il nome di Montenuovo; MontOrtone che esprime nella sua denominazione un sorgimento, Monterosso ne nostri, e Monterugio ricordanti incandescenza ne Berici, e poco lunge da codestultimo il Montecenere, e il piccolo MontOrso, che veramente di monte incominciato ha tutta lapparenza, e per ultimo quel dIgnago rammemorante ignizione da tutte le parti, e parecchi altri nomi ed aspetti di luoghi compresi nel tratto occupato dalle antiche Elettridi o ne contorni di esse, provano ad evidenza che le accensioni vi operavano a varie riprese, ed anche in tempi Greci e Latini assai meno lontani da noi, che let del personnificato Faetonte. Ognuno che abbia non pi che le prime idee dellazione del fuoco su corpi appartenenti al Regno minerale, rico-nosce agevolmente nelle rupi, nelle fenditure, nelle petraje, ne burroni di cotesti monti gli indizi di fusione, ed anche di rifusione frequentemente. Lave basaltine, e pseudo-granitose, che racchiudono pezzi di scorie di anterior data, terre arse e discontinue a guisa delle pozzolane, e forse a medesimi usi adattabili, tufi, vetri, pori ignei e scherli e zoofiti e tutto laccompagnamento delle produzioni analo-ghe a quelle che trovansi presso i Vulcani attualmente ardenti, formano la serie delle sostanze lapidose in varie maniere e gradi tormentate dal fuoco, che sollev lIsole nostre, e buona parte de contigui Monti subalpini dal seno dellacque.

191i colli euganei

Chi ha qualche pratica dei fondi dellAdriatico lunghesso le spiagge Venete, ed anche mediocremente informato del paese nuovo che stendesi fra Ravenna e Aquileja, non molto anticamente occupato dalla Padusa, di cui lassidua vigilanza de Comachesi e de Veneti ha preservato dei residui per oggetti di pescagione e di sicurezza, sa come successivamente Isole ed interrimenti vi si sieno forma-ti, e vi si vadano formando tuttora. Noi sappiamo di certo che un canal di Mare giugnea sino a Padova appunto ne tempi di Strabone; e per parlare det meno lontane abbiamo dalle Cronache nostre, che le Saline al disotto di Pontelungo fu-rono cagione di asprissime guerre appena cinque secoli addietro, ed esiste poi non molto lunge di qui nel territorio di Ferrara un solenne monumento della rapida prolungazione del Continente alle foci del Po la Rocca della Mesola fab-bricata dugentanni sono dal Duca Alfonso dEste, per modo che da una parte il Mare, dallaltra il fiume ne bagnava le mura. Ora il canale sparito da molti Secoli in poi; le acque salse si sono allontanate alcune miglia pi addentro che le foci del Po, e banchi considerabilissimi stanno per duplicare, forse prima che un altro se-colo scorra, il prolungamento del Littorale. Se gli accrescimenti antichi del terre-no alle foci Padane dovessero essere calcolati colla stessa regola di progressione, i quattordici Secoli che scorsero tra la fondazione di Spina e il principio dellEra Cristiana ci farebbero trovar il Mare non solamente alle radici delle Montagne dei VII Comuni, ma ancora ben addentro nella Valle di Lombardia, e cisolereb-bono senza pi le masse de Colli Euganei e de Berici in mezzo alle acque. E per vero dire, allorquando Strabone diciotto Secoli fa annoverava fra le Citt Vene-te situate nelle paludi Como, Mantova, Reggio e Brescia, non avea gran fatica da fare per intendere che mille quattrocento anni pi addietro i loro territorj doveanessere stati nellacqua, e che le pi antiche fra esse doveanessere state originariamente fondate sopra Isolette Il Pignoria nelle Origini fa menzione dunancora trovata sotterra presso al monastero della B. Elena in Padova, e di grossi alberi di nave scoperti nello scavare i fondamenti del bastion Cornaro; e colpito da questi monumenti parlanti dellinsidenza dellacque salse, ricorda agli investigatori dellantica Geografia Padovana il totale assoluto cambiamen-to dello stato, estensione, e direzione dellacque dintorno a noi. Provano la ra-gionevolezza dellavvertimento, e la verit dellinsidenza del mare sul piano che stendesi fra i monti e il lido attuale, i testacei propri dellAdriatico che si trova-rono a Sala, a pi che a 14 piedi sotterra, quando vi fece scavare un lago ed erge-re un Colle il fu N. H. Filippo Ab. Farsetti di luminosa memoria... Io mi lusingo pertanto, coltissimi Ascoltanti, che voi non mi dobbiate, dopo questa serie di fatti, riconvenire di troppo audace, se ho rimproverato a Strabone dellasserire, che Isole montuose non serano mai trovate alle foci del Po.

Fin qui il Sig. Fortis nella bella, ed erudita memoria, che giovarebbe leggere per intiero. E a questo luogo mi si permetta di ricordare colla dovuta riconoscen-za gli altri Naturalisti, che prima e dopo del Fortis si adoperarono ad illustrare gli Euganei; quali sono il Baccio, lArduini, il Vandelli, lo Strange, il M. Orologio, il P. Ab. Terzi, e il Co. Niccol da Rio.

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(c) Cio per lacque Termali, e per lacque accidule, che si chiamano della Vergi-ne. Del resto sui Bagni di Monte Ortone, e spezialmente su quelli dAbano, per la-sciare L. Cassiodoro, Enodio Vescovo di Pavia, e le Iscrizioni dellAgro Patavino del Solomoni, ha scritto in questi d il Professore Salvator Mandruzzato, e dopo aver-ne raccolto il buono, e il meglio delle Romane antichit, e delle storie dei tempi posteriori, ci ha dato le pi accertate notizie intorno alle qualit fisico-chimiche di queste sorgenti.

(d) Montegroto, che piccolo e goffo com, par veramente aggrottato.(e) Il Monte di S. Elena, su cui torreggia il superbo Palazzo del Marchese Pietro

Estense Selvatico. I Bagni oggimai frequentatissimi della Battaja (piccolo Borgo sulla strada che da Padova conduce a Monselice) traggono lacque dalle radici del suddetto Monte.

(f) Si allude agli scavi fatti eseguire nel Monte Grotto, e nei contorni del Mar-chese Orologio. V. il citato Sig. Mandruzzato.

(g) Lantica Abbazia de Monaci Olivetani soppressa negli anni addietro dai Veneti.

(h) LEremo cos detto di Rua, che appartiene ai Religiosi Camandolesi. (i) I Religiosi di Praglia benemeriti per un doppio istituto di Educazione, cio

dun Collegio di nobili Giovanetti, e duna scuola normale a gratuita istruzione de poveri Villici de contorni.

Sera di gi terminata la stampa di questo Poemetto, allorch per Sovrana Munificenza furono restituiti a cotesta Famiglia i suoi latifondi, avocati prima, siccome quelli degli altri corpi Regolari, al Regio Demanio. La distinzione onori-ficentissima, di cui possono andar superbi questi Religiosi, meritava a un tal luo-go desser contrassegnata colla pi viva riconoscenza, e lautore si duole di non essere stato a tempo di spiegare i divoti e sinceri sentimenti duna Famiglia, che al benefico e generoso Largitore di tanta Grazia sar sempre legata coi vincoli pi sacri della gratitudine, dellossequio e della Religione.

(l) Il bellissimo Castello dEste, che pu dirsi il Bassano della Provincia Padova-na. Fu per alcun tempo residenza dei Duchi DEste, onde porta il nome; e si veg-gono ancora i grandiosi avanzi del loro magnifico Palazzo. V. Muratori antichit Estensi.

(m) Ognuno intende che qui si parla di Monselice; e qui pure alcun tratto rise-dettero i Duchi dEste. Il Territorio di Monselice una piccola Puglia.

(n) uanti e quanti Palagi non sincontrano negli Euganei, o abbandonati, o diroccati! Bisogna ben dire che in altri tempi si facesse pi conto, che non fassi al presente, di questi colli amenissimi.

(o) La Principesca Villa del Catajo, per testamento dellultimo superstite di sua Famiglia il March. Tommaso degli Obizzi, pass in propriet del Duca di Modena e, defunto il Duca, successe alleredit laugusta di lui figlia la Serenissima Arci-duchessa Beatrice DEste. Non parlo de Gabinetti e de Musei quivi raccolti ed ampliati splendidamente dal Marchese Tommaso, che gi la fama ne parla alta-mente. Dir solo a chi nol sapesse, che un tanto amatore dellarti non ebbe gli

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importanti soccorsi della prima educazione; e ci per mala vaghezza del Padre, che ha voluto far prova di quanto potesse nel figlio la sola Madre Natura.

(p) T. Livio, che per alcuni si volle nativo dAbano, o dei contorni. famoso il Sonetto dellAb. Lazzarini, in cui celebra i Colli Euganei per essere stati la culla di T. Livio, e la Tomba del Petrarca.

(q) Il Famosissimo Pietro dAbano, intorno al quale pu vedersi Tiraboschi Let. Ital. ec.

(r) Il Cardinal Bembo di cui si mostra la Casa di Villeggiatura alle radici orien-tali di Monte Rosso.

(s) Molte Edizioni antiche si fecero in Italia dellOpere del Petrarca, niuna completa, e niuna moderna, e quelle da pochi conosciute, e da pochissimi lette. Venezia si distinse con lEdizione del 1496 di Gio. dAmerbach, e specialmente con quella di Simon de Luere del 1501 lodata, a preferenza di tutte le nostrali e forastiere, dal Cav. Baldelli nella vita del Petrarca. Altra pur se ne fece nel 1516. In tutte queste Edizioni mancano le poesie Italiane. V la stessa mancanza, e qualchaltra pi nelle due Edizioni Basilensi, e in quella di Lione. Ma grande com-penso a questi difetti son le Memorie celebratissime dellAb. de Sade, il quale stato il primo a mettere in pieno lume i pregi e meriti del Petrarca, e a sviscerar-ne, dir cos, lindole e il carattere. Altre notizie particolari sulla vita e sugli studj del Petrarca in Arqu sta preparando il dotto Sig. Ab. Pierantonio Meneghelli.

(t) superfluo avvertire che lo squarcio seguente in elogio del Petrarca quasi tutto contesto di emisticchi, e di versi tolti qua e l dalle sue rime. Voglio sperare che i miei Lettori mi sappian grado daver fatto in guisa, che il Petrarca medesimo sia quello che fa lelogio al Petrarca. Certo niunaltro stile avrebbe potuto adegua-re quella insigne eleganza, delicatezza, e unzione di sentimento, che tutta di Lui. Non ho voluto segnar con le solite virgolette o in corsivo i luoghi Petrarcheschi, e perch gi sono notissimi, e perch locchio non resti disgustato da una troppo frequente diversit di caratteri, o di apposizioni marginali.

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BASSANO

Pur vi riveggo, o del natal mio suoloVaghi poggi ridenti, e voi respiro,Del mio cielo natal aure beate.A Voi del Brenta la giurata io liboAuspice linfa, e i puri voti adempio 5Bilustre peregrin. Da ciechi afflittoPallidi morbi, e da vegghiate carteA voi ritorno; e che sperar non deggio,Romito abitator dEuganea chiostra,Dal buon Genio natal? Ah! mesce invano 10Di luriderbe, e di peonie scorzeIppocratica man polveri e succhiDi virtute amarissima potenti;E reca invan dalla natia montagnaNotturno viator londa, che avara 15Da ferruginee viscere distilla,Londa che allocchio grata, ai labbri insulta,E dutile ribrezzo agita i petti;Che no farmachi, ah! no, dellegra salmaVarran le forze a ristorar languenti, 20E a dimorbarne i combattuti spirti;Sicch vivido arda e sfavilli,Si rinfiori la guancia, il pi sinfranchi,E circolando equabile trascorraIl purissimo balsamo di vita. 25Ma te Genio natal, te di mie sortiAlla guardia fedel chiamo ed invoco,A Te la cetra, e le votive appendoFatidiche ghirlande. Ed oh! qual novoDimmagini, daffetti, oh! qual minveste, 30Pegno del tuo favor, estro possente!Di che ignota virt, di qual mirroraI caldi sensi, e le tremanti fibre,Secreta inenarrabile dolcezza!ual mi soffre agli sguardi, e al cor mi parla 35uesto ciel, questo suol! uante dobbiettiSuscita e avviva rimembranze, e quantiDincognito desio rivi diffonde!Ah! della Patria cui non giova il dolce

195bassano

Che Natura inform senso e costume? 40Gi, gi preda del mar lItaco eccelsoAnco in braccio a una Diva agogna, anelaSolo alla Patria, e preferir non temeA una vita immortal dItaca il fumo.Alla rupe natia guarda e sospira 45Il notturno Alpigian: sospira e guardaSe pur dai fessi dellumil capannaFioco trapela il lumicin sottileDellore mute, e de materni pensiFido compagno; e a quella cara vista 50Affretta i passi, ed avvalora il fianco.Chi l crederebbe? Da semestre notte,Da geli eterni affaticato ed orbo Ama lorror della sua tana, e i campiSdegna pi culti, e le stagion pi miti 55Labitator dellinamabil polo.O dellItalo suol bella fra quanteDi pi rara belt sursero in pregio,Salve o Terra natal, gemma e pupillaDellAdriaco Signor. Cos pi dolce 60Tarrida il ciel, pi temperato il sole,Laria e londa pi pura, e invan di FlaccoE di Catullo, invan lombre geloseMostrino a gara i freschi rivi e i colliDel Tivoli supino, e lIsoletta 65Che nel marin Benco ama specchiarsi;Comio di figlio ti serbai pur sempreCaldi gli affetti, e de miei sensi pagheFei le grazie de Numi. Or chi mi toglieDi far che altero per le vie del canto 70Suoni, grandeggi e in tutta luce avvoltoSplenda il tuo nome, e sia de figli a figliArgomento donor? Tu che del Brenta Gi meco un tempo i fortunati poggi,Divo Meronte, a vagheggiar traesti, 75A che se lungi? E che pi stai? SimpennaDi te vago il pensier: soave addentroMi serpeggia nellanima, soaveNellorecchio bisbigliami quellarpa,Che l sul Cona ritemprasti eterna 80Deterne fila, ed al Meonio PadreFesti men verde il primo onor del serto. (I)

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Ecco lospite nido, ecco la terraDe tuoi ozj superba. Ah! non questaLonda che al tuo passar grata del dono 85Baci le sponde? E non questo il cieloChe fea di gioja scintillar lauretteDel tuo cammin seguaci e messaggere?Ah! sia questo il tuo Lora, e questo il ConaAlmo Signor dei Canti. E qual potresti, 90Che allo spirto ed al cor meglio risponda,Trovar cielo e soggiorno? A tergo, ai fianchiScherno al crudo aquilon facili e gaiSalzano colli ricrescenti, e colliSaddossano sui monti, e monti e colli 95Sinseguono fuggenti, e ammassan gruppiRaccolti, attorti, e levan falde e cimeNubiformi, ondiformi, e boschi e selveFoscheggianti ridenti, e templi e torriua l sporgenti e balenanti: addietro 100Nude rupi petrose, e scogli e puntePrecipiti taglienti, e fauci e goleCupe profonde; e sulle terga immani Dellultima sublime alpe imminenteMorbidi paschi di succosa tinti 105Bruna verdezza, ed abituri e ville;E sopra il trono delle nubi, il foscoPadiglion della notte, e il tuon che dormeL sul confine di natura estremo.V tra i colli e bassan sottesa in arco 110Di Cerere delizia, onor di Palla,Tutta dalberghi cittadini, e tuttaDi vigneti amenissimi distintaLampia valle giacente; e mille intornoE in ogni lato, e ad ogni passo mille 115Degradanti crescenti, opposti e varj,Mobili immoti, e in cento aspetti e centoDombra e di luce ripercossi obbietti,Teatro darmonia, scena dincanto,E dellocchio e del cor estasi e vita. 120ua Poeti e Pittor, anime tutteCui la face del Genio arde ne petti,ua v dato rapir forme, colori,Immagini, fantasmi, e il Bello il GrandeIn sue veraci affigurar sembianze: 125

197bassano

ua le parti compor, qua le composteMescolar discevrar, corne quel tutto Onde co furti suoi lArte ch figliaServe e consente ad abbellir la Madre.Dov che il sol nascente e il sol cadente 130Piova rai s vezzosi, e meglio adempiaDel pennello sovran le maraviglie?Dov che lastro de bei cor pietosoGuardi s dolce, e di s amabil vitaIl cielo inalbi, e il muto suolo informi? 135Dov che april di tanti fior, di tanteFrondi cosparga il vegetale ammanto,E movendo legger di colle in colleSventoli allaria s bei crin, s belleDietro al volubil pi lasci dorate 140Liste cangianti, e vaporosi fiocchiDi nebbia sottilissima ondeggianti? (2)Dov che il verno in sua cruda vecchiezzaE in sua romita maest ravvoltoSquassi dallirto crin tanta di nevi 145Rutila pompa; o in suo terror s gratoPoggi di rupe in rupe, e dalto piombiA intenebrar le sottoposte valli?ua Poeti e Pittor, ch tempio questoDinesausta bellezza, ove solenne 150Al guardo ammirator sapre e grandeggia Architettrice delle cose belle,Figlia del Bello archetipo, Natura.Su queste rive fortunate, a questiColli dintorno lamoroso intinse 155Vago pennello, e le concesse a pochiMagiche botte, e de riflessi lumiTutto raccolse il magistero arcanoEi che alla Patria fe pi bello il nome;Onde anim sulle spiranti tele 160Non crude pompe di guerrieri assalti,N logge od archi di romuleo fasto,Ma lieti casolari, umili arredi,Vecchierelle, asinei, mandre, pastori,Teocrito dellArte. (3) E quindi attinse 165Le Isocratiche Veneri, le urbaneCarezzevoli grazie, e il fior pi sceltoDellItalia favella Ei che lingegno

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Loc primiero a ingentilir menzogneDi Socratico ver dolci maestre, 170E a far pi caro della Patria il Nume: (4)E Tu di mirto e dacidalie roseCinto la chioma, tu le monde labbraDi mele anacreontico stillante,A questi poggi, a queste rive i sdegni 175Canti dIrene, e il venticel pietosoFai teco sospirar, bocca damore. (5)Rimpetto ai colli di bassan merlateVedi lontano roccheggiar le torri, (6)Opra ed infamia di colui, che tanta 180Rec strage e ruina al bel paeseChe il Sil divide, e il mar rinserra e lAlpe,Formidato guerrier, tiranno atroce,Furia e peste dEuganea, ira del Cielo.Ancor del nome si fa bianco in volto, 185Ch gli avi spenti, e i violati altari,E i desolati talami rammentaIl conscio cittadin. ual non sudiaPel sotterraneo carcere profondoSordo crollar di ceppi, e qual non era 190Sulle tremanti vittime sepolteIl balenar de furibondi acciari?Tanto memoria dellorror simpresse,Chivi pur fama che da ciechi abissiDellesecrato carcere sbucando 195Per la notturna tenebra saggiriLombra implacata; e il valligian ladditaA un fioco raggio di cadente lunaLungo i muri strisciantesi. PaventaLotta di nembi, e povert di messi. 200E questa dEzzelin, questa di morteFu la Reggia crudel? O monti o colliTeatro darmonia, scena dincanto,E non poteste di quel fero i spirtiSoavemente disarmar? N tanta 205Di cielo amenit, daure dolcezzaNon ammoll quel cor, n mai glinfuseInvolontario di piet ribrezzo?N amor di Patria, e carit di suoloChe pur de bruti si fa dolce in petto, 210Strappar non valse al crudo figlio, oh nome!

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La vendetta dal cor, lasta di mano?Tiranna ambizion, sete di regno,Che non fai? Che non osi? Abbuja il guardoAbbacinato di tua vampa, e core 215Percosso di tua man gela, simpetra.Che val ragione, umanit? Gi tuttoMesce, calpesta, e per sentier di sangueDe nemici e de suoi fassi sgabelloAlla tremenda maest del soglio. 220O ferrei tempi! o rimembranze! Arretra,Dove inoltri, o pensier? Da noi son lungeue secoli dorror. Sereno il cielo,Ride la calma Della rocca intantoSulle scabre muraglie irta sabbarbica 225Ledra tenace, e va stridendo in rauco Metro lupupa. Il cittadin che lietoMove a diporto per la via de colliVaffisa il guardo, arresta il passo, e giojaLanguida muta se gli apprende allalma. 230Al sol meriggio si dispiega, e bellaCon declivio mollissimo discendeLa cospicua Citt. Feconde intornoSignoreggia campagne, irrigue fontiDi vena inessicabile perenni, 235E lieti borghi signoreggia, e immensoTratto di cielo, ed orizzonte immenso.Pur dun lato i sorgenti Euganei colliSerrano larco, e delle azzurre cimeOffron posa e ristoro al guardo errante. 240Or qua le vie formicolar frequenti,E qua patenti mareggiar le piazzeMira sorpreso il passeggier. DiffondeCommercio i doni suoi, ricambia i doniVigile industria, e tesoreggia. Allopra 245Sudano volti, e servon braccia: or sentiFragor di carri, cigolar di ruote,Suonar dincudi, e dringolar di ferri;Or di biade sgorganti, ora di merciI fondachi agitarsi; e qua qua corri, 250L taffretta, rivien: lun laltro incita,E lun sullalto inciampica. ual vediLe pecchie montanine a primaveraIn nuvole rotanti ire redire

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Aggrappolarsi aggraticciarsi a un fiore, 255E di grato sussurro empier la riva;Tal saccalca, saddensa, e ferve e fremeLavida turba, ed al guadagno intesauanto fatica pi, tanto pi gode.O della vita irrigator fecondo 260Dagi Commercio, e di tesor possente!Per te pi bella in fior, pi dolce in fruttiLa pianta social si rinnovella,E rami e tralci affratellando, e semiAffigliando cognati e peregrini 265Salza superba, e signoreggia il Mondo.Te la gioja previen, te accoglie e segueFervida gioja. Tu di mele i riviFai dallelce stillar, tu dalla rupeRivi di latte. Tu dellArti il coro, 270Tu le grazie volubili decentiGuidi per mano ad allegrar la terra,E quanto giova, e quanto piace, e quantoFa pi vital di nostra vita il corso tua cura, tuo don, Genio possente 275Ma che vaneggio! Ah! da te stesso ahi! troppo Gi crescesti diverso, Idol de Regi,De Popoli flagello. A che leternaFrangi catena, che le genti e i regniCon nodo alterno di bisogni e dagi 280Soavemente ad allacciar contesta, Provvido il Cielo al tuo favor commise?A che la terra e il mar turbi e contristi,E pi delloro, che del sangue avaroTe stesso affliggi, e ti disucci e scarni? 285E qual di morte, e di s rea potenzaMisero frutto? Ah! che non riedi al primoFacile istinto, allinnocenti cureDel mite ingegno, e a confortar non scendiLe ricongiunte Nazion sorelle, 290Ospite, amico, cittadino e padre?Tal ne si mostra qui, tal di se stessoNoffre pompa gentil. Ecco nadditaLArte che i frutti del saper diversiRiproduce, moltiplica, diffonde 295Propagatrice esternatrice. ImmensoPer ampie sale ne grandeggia il Tempio,

201bassano

Dedaleo Tempio allet prische ignoto,Dellospite Signor, del patrio cultoFama e ricchezza. (7) La vetusta mole 300Sdegna servili adornamenti, e surgeSol adorna di s. Pallade allopraVeglia, e riparte i dotti uffizj, e intornoAtti e cenni dispensa. Ecco da milleIndistinti cancei, da nicchie mille 305Pi che lo sguardo rapida e securaCoglie perita, destra, e accozza e infiggeSovra immobile campo alterne, inverseLe indelebili note e i segni arcani,Onde al gemer de torchi avvien che il Franco, 310LItalo, il Greco pur, lArabo e il SiroDipinti accolga della voce i suoni,E laffetto e il pensier distinto e sculto: (8) Miracolo dingegno, idea sublimePer cui dal mar disgiunte, e dalla terra, 315Dai Secoli, dai culti invan diviseSaccolgono le Genti, e copia e merce Fan de sparsi tesori onde lo spirtoAl ver sillustra, e si fa bello il core.Ma daltra parte ad altra cura intenti 320Veggo prodi garzon. (9) Taciti e curviCon lago in pugno, e con la freccia industreScorron su lisce tavolette, e il bronzoPunteggiano vibranti, e incidon solchiArguti sottilissimi. Travisa 325Lignaro spettator quasi dun boscoRotti rami intralciantisi distorti;Ma dotto sguardo vi saffila, e armatoDi severo cristal segna e risolcaLe vie dellArte e del saper. Compresse 330Le tavolette in bianco lino aversaLascian limpronta, e gliene fan suggello;E s raccolta in breve campo ammiri,Scena immensa dorror, trista vaghezzaDAngliche tele, il memorando fato 335Del miglior de Monarchi; e se rifuggiAlla tragica vista, eccoti avanteLa Socratica Scola, i Genj e i NumiDel bivertice colle; e quanto adunaNellampie logge il Vatican, che tanta 340

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DellUrbinate suo fama rispande.Cos sul Tebro, e sul guerrier TamigiA calcar peregrine orme di gloriaMosser di qua due chiari figli, e moltiTrasser nipoti allonorata impresa, 345Bella invidia ai stranieri, esempio ai nostri. (10)Novo incanto massal. Che pompa questaDinfiniti color? (11) ual mai de carmiPotr luce adeguar tanto dellopra,Vario, distinto, animator concerto? 350Altri chiazza, marezza e striscia e vergaCandidi fogli, ed a piastrelli a scacchiGli affigura diversi. Altri lingegnoE il pennello assottiglia; e fido allormeDel corrente bulin, quei delle fraghe 355La porpora gremisce, e questi alluveMorbido appanna i grappoli pendenti.uesti dun vago fior scoppia e dispiegaLa gentil pannocchietta, e lustra e increspaDi finissima ruggine le verdi 360Foglie ricciute: quei ne imbianca e impiumaIl rosseggiante calice di radaPeluria sottilissima, qual dauraChe respiri vernal. uesti le penneAl cittadino musico gentile 365Sfuma di rancio croco; e quei sul pettoDel superbo pavon liride infiamma,E le tinte volubili fugaciBrizzola, morde, spolvera, granisce:E s divisa in cento parti e cento 370Ferve lopra concorde, e mille a un puntoNoffre subbietti di raccolte stanzeCara delizia, e genial conforto.Tanto industria preval! Tanto di LuiChe ne regge il destin, pu mente e core! 375E chi de figli tuoi, Patria felice,Chi pu lingegno liberal, chi puoteLaria tacer del volto, e del sembianteChe interroga cortese, e dolce invita?Chi la pace, la fe che attempra e affrena 380La civile armonia, donde pi bellaDe suoi contrasti consonanza emerge?E che non puote a inanimar virtude

203bassano

Tanto leggiadro social costume?Pera il freddo mortal, che rozzo e crudo, 385Orrido ed irto come quercia in alpeSdegna i blandi sorrisi, i blandi accenti,Labito conversevole gentile,E seco stesso, ed alle Grazie in iraFa torto al vero, e umanitade affligge. 390E fia che vanti dappressar NaturaSevero imitator? Ah! colle belveSi rimboschi, sintani O Brenta, o fiume,A Te mi volgo, il tuo gioir minvita.Eccolo desso, ah! lo ravviso, il Brenta, 395Che di l fragoroso, onde alla rocca Spaccasi lalpe e si spalanca in faccia,Scatena i flutti e ne disserra il corso uasi torrente. Per dirupi e greppi,Sdegnoso prigionier sagita e sbalza 400Povero donda, in suo viaggio milleVarchi ritenta, e frettoloso, incertoSfugge, ritorna, si travolve e rompe:Tanto di riveder lItalo Cielo,E i tuoi poggi, bassan, tanto lo sprona 405Sollecito desio. Pur tra que scogliPasce largentea vena, e si confortaDe novelli tesor. Letizia in parte,Lo accompagna letizia, ed onde e spondeGareggiano damor. Tra sasso e sasso 410Spunta la vigna, palpitanti allauraSeguonsi pioppi in lunghe file, il pianoSinerba molle in vaghe strisce, e molleArboreggia il pendio. Fuman capanne, (12)Errano mandre, e brucano pendenti 415Le capre il musco della rupe. AlterniSurgono palchi a ricettar la piantaChe in polvere conversa il fiuto ingordoSazia odorosa, e le torpide fibreDel sonnacchioso cerebro ridesta 420Con offesa gentil. Sullerta infittiSaggruppan borghi, e lun dellaltro a fronteSuccedonsi vie via quasi gemelli,Del fiume animator pregio e corona.Sallegra il passeggier: suonan percosse 425Di canti sollazzevoli e di grida

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Le rive alternamente... Ahi! che non sempre,Barbaro fato! risuonar di canti!Le pastorelle segnano col ditoBrutte di sangue ancor lorride piaghe 430Del fulmine guerriero, e i violatiRecessi di Natura. Ah! dove alberghi, (13)Mal sognata dellalpi abitatrice,Felicit?... Ma dei passati affanniDisattrista le menti, e le ricrea 435Soccorrevole oblio. Speranza i coriMoltiplice lusinga, e di se stessaRinascendo inestinta il meglio adombra,E ne fa pegno allavvenir. Gi tornaAllopre usate, al buon voler gi torna 440Il vivace Alpigian. Discinto e scalzoRompe il flutto dun salto, annoda, aggiunca (14)Incise travi, e ne fa letto a centoRustiche merci, e insultator dellondaVien difilato a salutar le mura 445Dellamica Citt. Bello a vedersiCome reggendo il non fallibil corso (15)Va col fiume natio: con lui divideLe fatiche, le sorti; erra, si perdeTra boschi e ghiaje interminate, e accolto 450Tra doppie sponde con sorpresa i fluttiStendersi mira, e costumarsi al frenoImmemori dellira e della gioja;Sinch, torcendo in flessuosi anfrattiLEuganea riva desioso afferra, 455Donde carco di premj e di speranzeLieto rimonta ad isvernar tra lAlpi,E ad allegrar di suo ritorno il Brenta.Ma qual Citt di s bel fiume, o fiumeDi qual altra Citt meglio sadorna 460E allarti meglio, ed al piacer consente?ual di gioja spettacolo! SinfoscanoLacque profonde, e in suo volubil pelagoVerdeggiano azzurreggiano. PrecipitiDalle sbarre arrovesciansi, risbalzano 465Biancheggianti sprazzose, e vie scompigliansiRotte ricciute imbizzarrite. MormoraLaura percossa: ripercosse fioccanoNevose ciocche, e di vibrante pioggia

205bassano

Si sperdono inquieti, e riscintillano 470I sprizzi minutissimi. SollevasiFresca nube argentina, e al guardo cupidoPinge ondosa, vivace, Iride tremola.Alto si specchia, e maggioreggia in vistaLa crescente Citt. Su ferrei perni, 475ua l, dai sporti delle rive oppostiRicircolar vertiginose ammiriOpere industri, che di raggi armateIl fervidasse, e di frapposti denti Vestite larco o di rattorte spire, 480Han dallurto incessante anima e vita.Ma che non vidi per quellonde? E a VatiChe non lice spiar? Ecco dal fiumeVidio spiccarsi grandeggiante in ombra,Lui che Natura ad avvivar prescelse 485La inerte massa delle mute coseUno diverso infaticabil Moto:Vidilo a un tratto dalle ruote avvoltoSu per le ruote avvoltolarsi, e dentro Alle selvose macchine frementi (16) 490Centimano aggirarsi, e spranghe e molleImperioso provocar, le partiAnnodar colle parti, e anelli e nodiAlternando intrecciando errar diviso,E resistenze governando e forze, 495E cogli estremi equilibrando i mezziIl bel contrasto appareggiar di tutte.Cos ne vien che triturato e mondoSaccoglie il fior del cereal tesoro,E bellamente dipannato e torto 500In fusi ed arcolai sinaura e afinaIl serico lavor, conquista e prezzoDAngliche navi, e dellOdrisie MadriSolenne pompa, e volutt de sguardi.Tanto di s bel fiume il ciel sallegra, 505E nhan frutto, e merc larti e la vita!Ah! no, non turbi di s equabil corsoLe fraterne ragion torbida possaDi malefico Genio, e non sullalpiCon alto scroscio e rovinio di nembi 510Del buon Padre Medoaco armi gli sdegni,E ne susciti lira e la tempesta!

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Immagine dorror! ual ti dipingiAl turbato pensier! Parmi, gi sento Lurlo de venti, dalle nubi attorte 515Si scrollano le vette, imo rimbombeLabisso reboabile: profondaSaccavalca la piena, argini atterra,E scoppia immensa traboccante: il tuonoVien saltellon sui torreggianti flutti, 520Soscura il cielo, assordan laure O Numi,Fosse vano il terror, Numi pietosi!Tempo gi fu (chi nol rammenta? IncisiParlano i marmi al cittadin che passa);Tempo gi fu, che disdegnando il Brenta 525I certi fini e le ragion degli anniSchiant dallimo, e rovesci dal sommoPalladia mole, opra Cesarea, il Ponte,Vasta ruina. Denudate, inermi, Dellalto crollo inorridir le sponde, 530E gi parea che mal divise, e in forseDi raccostarsi e daffrettar suo peggioLardue fronti piegassero. Ma surseNovo Archimede, e a raffrenar quellondaLonda costrinse: antiche selve impose 535Sul dorso ai flutti, e ne ritorse il corsoA figger travi, ad appuntar sostegni,A sovrapporre ad interporre ordigni,A stringere a serrar angoli ed archi,E tutta infine a sollevar del Ponte 540Lampia sublime ineluttabil mole, Portento di lavor, gloria dellArte.Cos raggiunte le fraterne sponde,Tenera vista! i cittadin bramosiVeniano incontro ai cittadin, le spose 545Ai vedovi mariti, i figli ai figli,Ed abbracciarsi e domandar frequente,E dagli orli del Ponte intorno intornoVolger cupido locchio, e basse intantoE del fren vergognose andar quellonde: 550E carri e cocchi ripassando a provaRisalutarsi e festeggiar la viaDel facile commercio; e tutti a garaFar plauso ed eco al Ferracino nome,E i colli opposti, e mal suo grado i flutti 555

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Centuplicar di Ferracina il nome,E Ferracina ripetean le sponde. (17)Scossesi allalto suon, trasse dal fondoLalgosa testa, riguard, tuffossiIl gran Padre Medoaco; e leterna opra 560Pur vagheggiando, e in suo pensier volgendoDella Patria lonor, lonor del figlio,Seco sdegnossi de suoi sdegni, e chinoGiur sullurna che gli pende a fianco,Dei tesori volubili ministra, 565Giur eterna serbar fede e rispetto;E gi lunghanni quellimmobil PonteLe sudditonde signoreggia e sta.O monti, o colli, o del natal mio BrentaPur vi riveggo, amiche sponde! Ah! questo, 570Il suono questo, e il mormorio dellondaChe me fanciul da solitario locoPrendea vaghezza dascoltar frequente,Mentre al tacito spirito confuseVolteggiavanmi ntorno idee di pace. 575La riva questa dal cui labbro un tempoMera dolce calar, dolce arrestarmiFra timido ed ardito, e al flutto accostoCor le pietruzze e i ciottoletti bei,E della man far calice al desio. 580Erbosi poggi io vi saluto. Ah! questa,uest la china, che faceami aneloBraccia e gambe agitar seguendo in corsoLe vaghe farfallette: e son pur questiI bei cespugli e le selvette ombrose 585Che me solean delle cadenti foglie,E del crespo frondivago susurro,Gentil dautunno cacciatore erranteImprovviso arrestar. Oh! quante volteI pipillanti miseri augelletti 590Nella man carezzevole raccolsi;E quante volte al domandar pietosoDe neri occhietti, e al palpitar frequenteDe caldi petti mavvis ribrezzoDi farne al ciel, che se nallegra, un dono! 595Care memorie! Di que giorni belloTenea governo e lo spargea di fioriSalute almi-beante, e seco a gara

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Non curante del poi, delloggi ardenteLa clamorosa ilarit. Men lieta 600Presto sorvenne, e col desio fe scontroLa ritrosa ragion: sorvenne austeroMoltiplice dover, che norme e formeVarie segnando e ripartendo, i varjDispens della vita ordini e uffizj. 605Non ubertosi affaticar i solchi,Non sudar largo in bellicosi aringhi,Non sulloro vegghiar, non sulle merciAguzzar locchio, ed affinar lingegno,Ma dotte carte, (poich il Ciel di tanto 610Largo marrise) interrogar mi piacque,E lonorato scelsi ozio tranquilloDe colti ingegni e delle sante Muse;Che sin dallor mi ribollia nel pettoIrrequieta di saper vaghezza, 615Ed emola virt pungeami l core.Oh! Come dolce nel pensier mi tornauandio te vidi, e venerai dAteneEmola Euganea, che s largo spandiLonor del nome, e del palladio serto! 620Maraviglia, piacer, lanima, i sensiMinvase tutti, e magit nel seno Le prorompenti elettriche scintille.ual messe darti, e di scienze quanta!L delle sfere, e degli eterei mondi 625A ber lincanto, a specolar le vieOttici tubi, e torreggianti moli:ua dellerbe, dei fior sacro a misteri,Sacro a Btane lOrto: ivi di cento Docili macchinette ampio corredo; 630ua chimici Forni, conchiglie, e pietre,ua metalli, animai Che fo? Che seguo?Gira incerto lo sguardo, incerto e vagoSi raggira il pensier, che pur vorriaDogni bel, dogni ver farsi tesoro. 635Ma pi chogni altro il suon dellarpa, e dolceMera il concento esultator de carmi:ual non sentiami per le vene, e quantoCorrer fremito e ardor? ual nello spirito,Come di pecchie susurranti sciami, 640O natanti atometti in aureo raggio,

209bassano

ual di fantasmi e di nascenti affetti,uanto vario nel cor moto e scompiglio!Ma chi del Ciel, che provido le sortiNel giovanil talento agita e mesce, 645Chi pu le tracce linear securo? Torsi da Pindo, abbandonai le Muse,E severo cultor di gravi scolePer alpestri sentier, per vie men triteSegnai lungo viaggio. Ed oh! larcano 650De celesti favor! uandio pi lungeCredeami tratto dal sentier de VatiAlle Muse in obblio, repente scortoDal medesimo cammin eccomi a Pindo,E il Genio antico mi sorrise in fronte. (*) 655E che non diemmi il Ciel? Te, allor, Te vidi,Te, che negli anni di mia verde etadeChiaro di Pindo Sacerdote e NumeSolea tacendo venerar dallalto:Te riconobbi allor, Te Padre in voto 660Chiesi dal Cielo, ed abbracciai, Meronte.Te nella selva che di Giano ha il nome, (18)Tua dolce cura e de tuoi dolci affettiImmagine e conforto, udii frequenteGli eterni dritti vendicar del bello 665E farne specchio alla ragione e al core,Filosofo dei cor, padre de cori:Te frequente ammirai lucida venaSgorgar di canto, e volutar dal senoLe Omeriche faville, o a Cona in vetta 670Spirar nellalme degli Eroi possentiLa dolcezza ineffabile del duolo.S, di tua mano inaugurato e scortoGli antri vocali penetrai di Pindo,E de verdi laureti assiso allombra 675Il sacro delibai musico fonte.O novo dellItalia Ossian, che drittoHai ben su tanto nome, Ossian, che faiL nella selva dei pensier segreti?E qual ti move del lontano Amico, 680Che degnasti chiamar figlio ed Oscarre,ual ti move pensier? Solingo e chetoEi del Brenta savvia lungo le sponde,E dellegro suo fral beve a ristoro

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Londa beata, e la balsamicaura. 685O del fiacco mortal voto e sospiro,Non curata dal forte, alma salute,Fior della vita! A peregrin che lombraColse notturna ed ismarr nel bujoDinterminata, inospita foresta, 690Non cos lieto sullarboree cimeSpunta dellalba il tremolo sorrisoCome allegro mio cor bella e pietosaRicompar Sanitade. Arida febbrePasca le vene, e anelito profondo 695Scota i fianchi di lui che selve e mariAvido voracissimo trascorre,E a pingue mensa le prodotte ingannaRagion del sonno. Fastidisce il labbroMal provocato, fastidisce il guardo, 700Crolla pesante la nebbiosa testa,E la sbadata man torna e rifuggeAl detestato sontuoso ingombro.Debita pena il molle Apicio incolga,E Sanitade a rispettare apprenda: 705Me no, che assiso ad umil desco, parcaStendo la mano a casti cibi, e nullaFrodo ragion della notturna calma.O de celesti esternatrice, o veraCeleste Dea consolatrice! Sento 710Del tuo pietoso avvicinar, gi sentoLaura che messaggera il cor mi fiede,Laura che lenemente irriga e molceLe fonti della vita. Ah! questo il suolo,uest la Patria fortunata e bella 715Che dal puro seren del lucidetraGuardi cortese, e pi chaltrove informiDi tua vivace immarcescibilaura.Spirto di paradiso, aura di vita!O che dellalba in amoroso assalto 720Morder ti piaccia dei bei crin le ciocche,E sul volto, sugli omeri, sul pettoInsidiosa i bei veli scomporne:O da tenere siepi, e da maturoCampo reciso, o da riverse glebe 725Dammollito novl balsami e odoriVoluttuosa depredar ti giovi,

211bassano

Ed allaperto ciel farne tesoro:O bel desio di carolar ti movaLungo il fiume paterno, e a fior dellonde 730La sottile ingemmarne ala dargento:O romitella susurrar nel boscoSommessamente, e un tremolio gentileFar dei rami, dellombra, e della luce;Sempre caro e vital, sempre mi torna 735Dolcissimo il tuo spiro, e i sensi e lalmaDincognito valor mi riconforta.Segui dunque il tuo stile, aura beata,Segui tuo stile, ondio rinfranchi e torniAllopre antiche, alla seconda Madre 740De miei voti, e de suoi recando il prezzoCol roseo fior di Sanitade in volto.

NOTE AL POEMETTO

(1) Deggio avvertire che qui si parla dellAb. Cesarotti?

(2) Si accennano in questo luogo certe liste, o quasi bende scintillanti dalcune nebbiette, che percosse obliquamente dal sole si strisciano di riverbero lun-go le coste dei monti, e cangiano, e sfumano in poco dora: spettacolo deli-zioso che osservasi spezialmente in primavera.

(3) Giacomo da Ponte detto il Bassano, Pittore notissimo. (4) Il Co. Ab. Roberti, Scrittore di quella grazia ed eleganza armoniosa che tutti

sanno. Pu dirsi veramente che sia stato il primo a richiamare in Italia il gu-sto e la poesia degli Apologhi, giacch non istimo che sia da farsi questono-re ai troppo piccoli Saggi del Crudeli, o di qualchaltro. Tra molte e belle ope-rette di vario argomento, che scrisse lAb. Roberti, s creduto opportuno in questo luogo di ricordare il suo Libretto sullAmor della Patria.

(5) ui si accenna con troppa cortesia e con troppa benevolenza LEditore di questo Poemetto. Nota dellEditore.

(6) Il castello della Citt, rocca famosa di Ezzelino. La descrizione del carcere sotterraneo non immaginaria. Si mostrano ancora gli avanzi di quellan-tica barbarie. Romano, piccola villa a due miglia dalla nostra Citt verso il Nord-Est, la patria di Ezzelino.

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(7) La Stamperia del Sig. Co. Giuseppe Perli Remondini, stabilimento grandio-so nelle parti e nel tutto.

(8) I Compositori e Stampatori propriamente detti.

(9) GlIncisori.

(10) Si allude particolarmente alle celebri Stampe di due celebri Bassanesi alun-ni della Scuola Remondiniana, lo Schiavonetti e il Volpato. uesti due nomi classici, gi Famosi per tutta Europa, meritavano desser distinti e contras-segnati colla indicazione de loro capi dopera. Lo Schiavonetti, gi stabili-to a Londra da molto tempo, incise in varie carte la memoranda Catastro-fe dellinfelice Luigi XVI; e il Volpato che fin gi qualchanno di vivere in Roma, pubblic le Logge di Raffaele. Luno e laltro si trasse dietro un eletto stuolo di bravi alunni, che promettono allArti e alla Patria nuovo lustro ed onore.

(11) La Classe numerosissima e veramente spettacolosa dei Miniatori. (12) In tutto questo luogo si descrive il cos detto Canal di Brenta, la coltura del

Tabacco, la posizione e in qualche parte il commercio di que paesi ec.

(13) La discesa dellarmata Francese nel 1796. (14) Le Zatte o Zattare.

(15) Si accenna il viaggio della Brenta da Bassano a Padova.

(16) Si descrivono specialmente gli Edifizj da Seta, commercio rispettabile della Citt.

(17) Lantico Ponte fu rovesciato dalla piena straordinaria verso la met del seco-lo passato. Bartolommeo Ferracina di Solagna (piccolo paese a tre miglia da Bassano lungo il Canal di Brenta) innalz il nuovo Ponte a forza di Macchi-ne Idrauliche.

(*) LAutore di questo Poemetto fu destinato a professare le umane Lettere nel Collegio Benedettino di Praglia, Collegio che in breve tempo si acquist molto credito, e della cui benemerita istituzione dobbiamo altamente con-gratularsi con quei coltissimi Religiosi. LEditore.

(18) Selvagiano, Villa e delizia dellAb. Cesarotti a poca distanza da Praglia.

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LE STAGIONI

LAUTUNNO (vv. 163-243)

Ma se caro a Sofia, caro alle Muse, Dalle Grazie nudrito al Gusto, al Bello,Educato a Virt; se tal de campi 165Cerca lozio, la pace; io gli consacroLarpa in tributo, e lui ne carmi invocoSacerdote allamor della natura.O mio Meronte! E non se tu quel desso,Di chio favello? E del tuo spirto impressa 170Non la selva, che qual porto ai fluttiChiusa del vano error, delle superbe Cittadine follie, tornavi, o padre,A riposo dellanima gentile?Diletta chiostra a Giano sacra! O quale 175Mi risorgi dinanzi! E qual saggiraPer le fronde, per londe aura dEliso,Che nellalme pacifiche risvegliaDolcezza inenarrabile daffetti?Amistade, Piet, Numi del loco, 180Genj augusti del core! A voi ghirlande,A voi spargono fior lospiti Muse,Lospiti Grazie della selva. O selva,Che non ti deggio? E che non posso eternaFarte ne carmi verdeggiar, che assiso 185De tuoi laureti alle freschissimombre,Io venia modulando al suon dellarpa?Oh! Come larte ad abbellir naturaServe figlia ed ancella! Oh! come al fastoLa tua semplicitade entra dinanzi! 190Dove maggiro? Che del par minvitaLombra e la luce, i dedalei recessi,Le apriche falde? Alleminente poggioScena de sguardi, e ilarit de cori?O daltissime piante incoronata, 195Di vaghe rocce e di conchiglie intesta,uinci maccoglie solitaria cella,Ai misteri del Bello auspice santa?Ma che novo sentier quindi mi chiama?Lungi, o profani. Per le tacitorme 200

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