I Cicala: un’antica e nobile famiglia genovese in Sicilia · I Cicala: un’antica e nobile...

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I Cicala: un’antica e nobile famiglia genovese in Sicilia di Andrea Lercari Uno degli aspetti peculiari dell’evoluzione della nobiltà genovese, dal Comune consolare alla Repubblica aristocratica, fu certamente la capacità di diffondere la propria influenza economica e politica in ambito internazionale, in Europa e nel Mediterraneo.

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I Cicala:un’antica e nobilefamigliagenovesein Siciliadi Andrea Lercari

Uno degli aspettipeculiari dell’evoluzionedella nobiltà genovese,dal Comune consolarealla Repubblicaaristocratica, fucertamente la capacitàdi diffondere la propriainfluenza economica e politica in ambitointernazionale,in Europa e nel Mediterraneo.

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Molti cittadini genovesi presero stabile residenza in terre lontane da quella d’o-

rigine, rimanendo però a questa legati attraverso l’articolata struttura paren-

tale che ogni singola famiglia ammessa al governo della cosa pubblica si era da-

ta: l’albergo. Se la nobiltà genovese, geneticamente guerriera e mercantile, poté prosperare

e conservare la propria sovranità in un’Europa organizzata in grandi Stati monarchici, ciò

fu dovuto in larga parte all’abilità con cui numerosi rami di famiglie genovesi riuscirono

ad affermarsi in quegli stessi Stati, entrando a far parte dei ceti dirigenti locali, sia in am-

bio civico, sia in ambito feudale, inserendosi incisivamente nel loro apparato economico e

ricoprendo cariche di primo piano, senza mai recidere il legame con la madrepatria della

quale, anzi, rappresentarono sempre gli interessi economici e politici.1 In epoca medioe-

vale questo fenomeno si sviluppò prevalentemente nell’area del Mediterraneo orientale e

del Mar Nero ove i Genovesi crearono una fitta rete di basi commerciali, acquistando quar-

tieri e fondaci nelle principali città e anche alcuni centri e territori strategici. In questo con-

testo alcune delle principali famiglie al governo della città detennero vere e proprie signo-

rie: gli Embriaci, gli Zaccaria, i Cattaneo della Volta, i Gattilusio e i Giustiniani sono i casi

più noti,2 e molte sarebbero state quelle rappresentate nei patriziati locali nei secoli suc-

cessivi alla fine della dominazione europea.3 Con l’avanzata turca a svantaggio della Cri-

stianità i nobili mercanti genovesi rivolsero più marcatamente la propria attenzione a quei

grandi Stati europei così differenti per concezione politica dal loro. Se il ricco sud est del-

la Francia, ove numerosi sono i casi di famiglie genovesi che vi acquisirono possedimenti

feudali e un’elevata dignità sociale e politica, costituì un’area d’espansione quasi naturale

dei nobili liguri per la contiguità geografica,4 tra il XVI e il XVII secolo il rapporto privile-

giato che legò la Repubblica aristocratica (nata dalla riforma costituzionale “doriana” del

1528) all’Europa di Carlo V e dei suoi successori favorì un’eccezionale diffusione di fami-

glie genovesi nei territori sottoposti alla Corona degli Asburgo.5 Troviamo così significati-

ve presenze genovesi in Spagna, nelle Fiandre, in Sardegna, in Sicilia, in tutto il Regno di

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Alle pagine precedenti

Stemma della FamigliaCicala, dallo StemmarioGenovese, manoscrittocartaceo (1710) condisegni acquerellati.Genova, BibliotecaCivica Berio, Sezione di Conservazione e Raccolta Locale, m.r.I.5.15.

Sicilia, incisione su rame di Petrus Van der Aa,Leida 1723. Collezione della Galleria genoveseSan Lorenzo al Ducale.

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Napoli e nelle isole Canarie. In particolare, la Sicilia era stata sin dal Medioevo “terra di

conquista” per i mercanti genovesi che da essa traevano soprattutto il grano così scarso in

patria e numerosi erano stati coloro che vi avevano ottenuto anche alti incarichi politici e

militari. Tra le numerosissime famiglie che nel corso dei secoli presero stabile dimora nel-

l’isola, dando vita a illustri stirpi locali, devono essere annoverati i Cicala (nei documenti

menzionati anche come Cicada o Cigala) che, con Visconte del fu Carlino, singolare figu-

ra di capitano marittimo e armatore impegnato nella guerra di corsa contro gli Islamici e

assentista di galee alla Corona spagnola,6 si stabilirono nella città di Messina. In tutti i ca-

si di nobili famiglie genovesi insediatesi fuori dai confini della Dominante, i numerosissi-

mi processi d’ascrizione al Patriziato conservati presso l’Archivio di Stato di Genova do-

cumentano gli ininterrotti rapporti tra i singoli esponenti e la Repubblica. Questi docu-

menti costituiscono una ricchissima fonte di notizie, poiché l’ascrizione di Genovesi nati

e residenti per diverse generazioni in terra straniera comportava la necessità di accertarne

accuratamente l’identità, ascoltando numerose testimonianze di parenti ancora viventi a

Genova o di patrizi che in quelle terre commerciavano e operavano finanziariamente, fa-

cendo raccogliere in loco dai consoli della Nazione genovese le testimonianze dei nobili che

conoscevano i candidati e la loro famiglia, nonché i documenti in copia autentica attestanti

i battesimi e i matrimoni. Nei processi d’ascrizione dei Cicala molto spesso i testimoni chia-

mati erano capitani genovesi patrizi che avevano conosciuto i candidati durante le con-

suete soste delle galee della Repubblica nel porto di Messina, in occasione delle missioni

condotte nella stagione estiva: a loro i padri dei giovani si rivolgevano perché presenzias-

sero alle deposizioni dei testi e, giunti in patria, attestassero l’identità degli ascribendi.

I Cicala, presenti sulla scena politica cittadina sin dal XII secolo, appartenevano alla più an-

tica nobiltà genovese, quella consolare, che aveva dato cioè consoli al Comune nel primo

periodo della sua esistenza. Il primo membro della fami-

glia del quale sia documentata la partecipazione al gover-

no cittadino è Guglielmo Cicala che fu tra i Consoli dei Pla-

citi, gli amministratori della giustizia, nel 1155 e nel 1157

e tra quelli del Comune nel 1161,7 mentre nel 1158 fu uno

degli ambasciatori inviati all’imperatore Federico “barba-

rossa” dal quale ottennero la conferma dei privilegi della

città.8 Nel corso del secolo successivo la famiglia dette mol-

ti altri uomini di governo, distinguendosi come una delle

principali esponenti della fazione ghibellina. Le case del-

l’albergo erano situate in città, nell’area compresa tra la cat-

tedrale di San Lorenzo e il mercato di San Pietro in Banchi,

nello spazio occupato dalla piazza delle Scuole pie. Oggi,

tuttavia, a portare il nome della famiglia è un sontuoso

palazzo fatto edificare a metà del Cinquecento da Nicolò

Cicala che prospetta su un’altra piccola piazza, nell’area

compresa tra la Ripa Maris e la chiesa di San Siro. Tutta la

cospicua produzione erudita, che tra XVI e XVIII secolo il-

lustrò la storia delle famiglie genovesi, si occupò ovviamente

dei Cicala, talvolta cedendo all’uso di ricostruzioni tanto

celebrative quanto fantasiose sulle più remote origine del

casato; piace qui ricordare quanto scrivevano due degli ul-

timi autori che di loro si occuparono alla fine del Settecen-

to, negli ultimi anni di vita della Repubblica di Genova,

quando ancora era ben vivo in città il prestigio del casato.

Giacomo Giscardi nel 1774 scriveva dei Cicala: «Nobili

cittadini genovesi tranno origine dalla Germania da dove

l’anno 942 vennero ad abitare nelle parti di Lerice, Riviera

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RIAA fronte

A sinistra, stemma dellafamiglia Cicala, trattodall’opera di AgostinoFranzoni Nobiltà di Genova, della cuiedizione a stampa la Biblioteca CivicaBerio conserva dueesemplari nella Sezione di Conservazione e Raccolta Locale.L’opera fu pubblicata a Genova nel 1636 daPier Giovanni Calenzanie Giovanni MariaFarroni, con tavoleincise su rame da Girolamo David su disegni di LucianoBorzone (F.Ant.Gen.D.34 e m.r.Rari.C.33).A destra, copiamanoscritta del secoloXIX con tavoleacquerellate (m.r.IX.512.).

Genova, Palazzo Cicala(XVI secolo) in piazzadell’Agnello.

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occidentale anzi orientale di Genova, et indi a Genova cir-

ca l’anno 1140. Et ad essi si aggregarono di quelli di co-

gnome Scarsis, Recalcati, Mosca e Besazza. Trattando di que-

sta famiglia, Giorgio Rubestel nel suo Teatro genealogico

dice che il primo che acquistò in Italia questo cognome di

Cicala fu Pompeo, valoroso soldato ligure abitante nella cit-

tà di Ventimiglia, poiché mentre si stava combattendo tra

l’esercito genovese e pisano venne verso de Genovesi una

compagnia di Cicale, cantando a loro uso, e passarono so-

pra il capo di Pompeo et indi volando si partirono; per il

ché suscitò gran paura e susurro nell’esercito, prendendo

ciò chi in buono e chi in cattivo augurio. Ma uscito in cam-

po Pompeo con carico di capitano de Genovesi contro Pi-

sani e combattendo valorosamente, riportò di questi valo-

rosa vittoria, che però in segno di gloria pose nel suo scu-

do le Cicale d’oro in campo azurro, che poscia i suoi suc-

cessori per varie cagioni diminuirono dette Cicale, ridu-

cendole chi al numero di sette, chi al numero di cinque. ...».9

Nel 1782 un altro autore, il medico Agostino Della Cella,

definiva più prudentemente i Cicala «Nobili et antichissi-

mi cittadini genovesi, l’origine de quali non ben accordata

si trova dalli scrittori, il ché m’induce a credere esser tale fa-

miglia immemorabile nella città di Genova. Nulla ne dice

il Recco et il Ganduzio asserisce esservi Istorie che dicono

essere la loro origine antichissima da Lerici, di dove siano

venuti a Genova intorno al 1100»,10 concludendo, dopo aver illustrato le gesta di innume-

revoli personaggi della famiglia nel corso dei secoli, «continuano non solo in Genova i pre-

detti due rami di nobili Cicala, costituiti nello splendore di nobiltà, dignità e ricchezza, ma

anche in Napoli va continuando altro ramo di detti nobili Cicala genovesi nel maggior lu-

stro e grandezza, decorati del titolo di Duchi di Triolo, delli quali si vede al Libro d’Oro una

ascrizione seguita nell’anno 1702 nella persona di Carlo Francesco Cicala figlio di Giovanni

Battista d’anni 6. Non si vede però avere continuate le ascrizioni».11 Nei secoli XIV e XV,

quando in città si alternarono i dogati delle grandi famiglie popolari e le dominazioni stra-

niere, come gran parte dall’antica nobiltà che aveva visto notevolmente emarginato il pro-

prio ruolo politico, i Cicala concentrarono le proprie attenzioni sui commerci internazio-

nali e sull’amministrazione dei domini orientali. Nel corso della prima metà del Quattro-

cento, unico esponente di grande peso politico dell’albergo Cicala fu Battista Cicala olim

Scarsi, illustre giureconsulto, cavaliere e conte palatino, diplomatico e consigliere dell’im-

peratore Sigismondo che concesse a lui e all’albergo l’uso dello stemma «di rosso all’aqui-

la coronata d’argento», che la famiglia assunse in sostituzione di quello antico «d’azzurro

a sei cicale d’argento poste in orlo».12 Gli altri, pur partecipi delle cariche pubbliche spet-

tanti agli esponenti dell’Ordine nobile, si distinsero soprattutto nei traffici internazionali

e nei domini d’Oltremare: Carlo Cicala fu Odoardo fu Ugolino, diretto ascendente del no-

stro Visconte, fu capitano di Famagosta nel 1443.13 Figura di grande spicco fu poi Melia-

duce Cicala figlio di Antonio e nipote ex fratre di detto Carlo, che fu Tesoriere della Chie-

sa sotto papa Sisto IV (il savonese Francesco Della Rovere) e grande benefattore. Morto nel

1481, destinò un capitale di 5.000 lire al Banco di San Giorgio per dotare le fanciulle po-

vere di Genova e nominò erede universale la Camera Apostolica con l’obbligo d’istituire

l’Ospedale di San Giovanni Battista dei Genovesi, destinato ad accogliere e assistere i con-

nazionali che si trovavano nell’Urbe.14 I Cicala furono tra le famiglie dell’antica nobiltà ge-

novese maggiormente inserite nell’entourage del cardinale Giovanni Battista Cibo, salito

al soglio pontificio nel 1484 col nome di Innocenzo VIII: beneficiando della sua influenza,

A fronte

Albero genealogicodella famiglia Cicala, da Antonio MariaBuonarroti, Alberigenalogici di diversefamiglie nobili,manoscritto cartaceo(1750). Genova,Biblioteca Civica “Berio”, Sezione di Conservazione,m.r.V.4.16.

Bassorilievo marmoreoraffigurante lo stemmadi Giovanni BattistaCicala, cardinale di San Clemente.

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Genova, la Loggia dei Cicala (secoli XV-XVII) in piazza delle Scuole Pie.

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si inserirono nell’ampia colonia genovese in Roma. Una

figlia di Carlo, Caterina, andò sposa al nobile Domenico De

Mari fu Montano, zio materno di Innocenzo VIII, dal qua-

le ebbe Peretta andata sposa a Domenicaccio Doria capi-

tano pontificio e signore d’Oneglia.15 Dallo stesso Carlo nac-

que anche, tra gli altri, Visconte, che ebbe a sua volta mol-

ti figli, tra i quali Carlo e Odoardo vescovo di Sagona in

Corsica (1544). Carlo contrasse due unioni matrimoniali

con altrettante dame genovesi d’antica nobiltà, Catetta Do-

ria fu Geronimo fu Antonio e Pellegrina Grillo fu Loren-

zo, avendone numerosa prole: quattro maschi, Visconte,

Giovanni Battista, Filippo e Nicolò e quattro femmine,

Ginevra, Laura, Caterina e Pellegrina. Nel 1528 la riforma

costituzionale portata a compimento da Andrea Doria con

l’appoggio dell’imperatore Carlo V diede vita alla Repub-

blica aristocratica e il ceto di governo, sino ad allora diviso

in fazioni e ordini contrapposti, fu unificato e distribuito

in ventotto nuovi alberghi i cui membri, ascritti al Liber Ci-

vilitatis, sarebbero stati d’ora in poi gli unici legittimati a

rivestire le cariche di governo, prima fra tutte quella bien-

nale di doge. I Cicala furono posti a capo di uno dei ven-

totto alberghi,16 nel quale entrarono anche Visconte e i fra-

telli Giovanni Battista, futuro vescovo d’Albenga (1543),

cardinale col titolo di San Clemente (1551) e vescovo di Sa-

gona in Corsica (1554),17 e Nicolò, capostipite di un’illustre

linea di armatori e capitani marittimi al servizio della Co-

rona spagnola, presenti anch’essi in Sicilia18 (rimasto ve-

dovo, fu creato vescovo di Mariana e Accia in Corsica nel

1560).19 Inserito nell’entourage familiare del principe An-

drea Doria,Visconte partecipò con lui a numerosissime im-

prese belliche, segnalandosi particolarmente in quelle di

Barberia (1530) e di Tunisia (1535). Visconte si stabilì in

Messina, ove da tempo operava una cospicua comunità mer-

cantile genovese. Nella città siciliana Cicala si affermò ben

presto gestendo un emporio e istituendovi una banca. Si

arricchì enormemente grazie all’attività corsara, che pro-

curava numerose prede di merci e di schiavi, e agli incari-

chi affidatigli dal Vicerè di Sicilia. Il 27 ottobre 1538 parte-

cipò alla presa di Castelnuovo alle bocche di Cattaro. Se-

condo la tradizione, qui avrebbe fatto prigioniera la figlia

di un Bey la quale, battezzata col nome di Lucrezia, diven-

ne poi sua moglie ma, più verosimilmente, secondo il ge-

nealogista Buonarroti, Lucrezia era una nobile genovese

della famiglia Lomellini.20 Gli anni seguenti videro ancora

Visconte Cicala, che ottenne anche la dignità di cavaliere e

commendatore dell’Ordine di San Giacomo di Compostella,

protagonista accanto ad Andrea Doria di molte imprese

guerresche: affiancato dal figlio Giulio, rivestì un ruolo di

grande rilievo nella prima guerra di Corsica che la Repub-

blica combatté contro i ribelli di Sampiero Corso sostenu-

ti dalla Francia. Un ricordo significativo della fama goduta

da Visconte in questi anni ci è stato lasciato dal principe

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Giovanni Andrea Doria che sovente lo cita nel proprio Diario: per esempio, annotando al-

cuni fatti bellici dell’estate del 1558, rammenta la flotta siciliana della quale era generale il

catalano don Berlingero Donis affiancato da Visconte Cicala, «che era stato non solo alle-

vo et seguace del Prencipe, ma suo capitano di galera longamente; serviva in Sicilia con due

galere sue, e l’essere capitano vecchio, di grand’animo, usato nel corso dove la fortuna lo

favorì, et assai favorito del Prencipe, faceva che Don Berlingiero non haveva del generale

altro che il nome».21 Ancora ricordando l’impresa spagnola di Gerba nel 1560 scrive che Vi-

sconte era stato inviato in Sicilia con dieci galere,22 e ricorda «mandai a chiamare tutti li

generali delle Galere et il Capitano Visconte Cigala, il quale senza esserlo, per la sua età,

esperienza, valore, interveniva in tutti li consigli».23 Doria criticava però la superbia di Vi-

sconte, alla quale attribuiva la fine imminente che attendeva l’illustre capitano.24 Infatti, nel

marzo del 1561, mentre si recava a Napoli per protestare di non aver ottenuto il generala-

to della flotta siciliana, fu catturato col figlio Scipione presso Trapani dalle navi del corsa-

ro Dragut.25 Inviato in dono al Sultano di Costantinopoli, morì in prigionia il 12 dicembre

1564, mentre il figlio si convertì all’Islam e divenne un importante ammiraglio. Oltre a Sci-

pione, Visconte aveva avuto dalla moglie Lucrezia altri tre figli maschi: il detto Giulio, la

cui discendenza rientrò a Genova ove continuò a occupare un posto di grande spicco in se-

no al patriziato,26 Carlo e Filippo, che ottennero l’ascrizione al Patriziato genovese il 28

novembre 1594,27 dai quali originarono due linee che fiorirono nobilmente in Sicilia e nel

Regno di Napoli.

Carlo Cicala fu Visconte, ascritto una prima volta al patriziato l’11 aprile 1589,28 seguì le

orme paterne come uomo d’armi e fu per due volte, nel 1598 e nel 1600, ambasciatore

dell’imperatore Rodolfo II presso il Sultano per trattare la pace. Le due ambascerie gli

valsero rispettivamente i titoli di conte palatino e di duca di Mixia, mentre al ritorno del-

la seconda ambasceria fu creato cavaliere di San Giacomo della Spada. In Messina fu con-

sole dei Genovesi dal 1592 al 1596, e governatore dell’Arciconfraternita degli Azzurri. Il

25 agosto 1606 fu scelto dal Senato messinese quale ambasciatore della città al Viceré e

al Re. Il 19 luglio 1630 fu investito del principato di Tiriolo in Calabria, ove venne co-

struito un borgo denominato Cicala.29 Il feudo sarebbe rimasto alla sua discendenza pri-

mogenita maschile che alternò la propria residenza tra Tiriolo e Messina nei decenni suc-

cessivi, trasferendosi poi a Napoli. Nel 1587 egli aveva sposato la nobile messinese don-

na Beatrice Giudice dalla quale erano nati Eleonora e Giovanni Battista, ascritto al pa-

triziato il 21 novembre 1615 all’età di diciotto anni.30 Giovanni Battista Cicala sposò la

nobile messinese donna Giovanna de Gregorio, figlia di don Cesare e di donna Leonora,

il 4 giugno 1618 nella chiesa di San Giuliano di Messina, avendone cinque figli maschi:

Carlo (nato nel 1620), Cesare (nato nel 1621), Scipione (nato nel 1623), ricevuto nel-

l’Ordine dei Cavalieri di Malta il 13 aprile 1634,31 Giacinto (nato nel 1639) e Luca Fran-

cesco (nato nel 1642), tutti nati nel feudo di Tiriolo. I primi tre furono ascritti al Patri-

ziato genovese il 13 dicembre 1635, mentre studiavano in Napoli, ove abitavano nella

casa dello zio Antonio Spinola, e il padre risiedeva in Tiriolo. Al processo istruito in Ge-

nova testimoniavano Giovanni Battista Malfante fu Francesco e Geronimo Spinola di

Giovanni Battista fu Lodisio, patrizi genovesi operanti in Napoli, che avevano conosciu-

to i giovani frequentando casa Spinola, e il cugino Giovanni Battista fu Giulio che di-

chiarava: «tutti discendiamo da Vesconte quondam Carlo, qual Vesconte fu fratello del

signor cardinale, et io ho avuto lettere della nascita di detti figlioli, secondo che sono

nati, dal padre loro, il quale me ne dava aviso et io me ne rallegravo», e che era conti-

nuamente aggiornato sullo stato dei giovani dalla corrispondenza con Antonio Spinola.32 Giacinto fu invece ascritto il 26 novembre 1640, quando non aveva compiuto ancora i

due anni, con le testimonianze dei cugini Giovanni Battista Cicala fu Nicolò e Francesco

Maria Spinola fu Antonio, cavaliere di San Giacomo della Spada.33 L’ultimogenito, Luca

Francesco, chiamato solo Francesco, non risulta ascritto al Libro della Nobiltà ma ri-

mangono una pratica istruita a tal fine con le testimonianze raccolte in Napoli il 15 di-

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cembre 1660 su richiesta di suo padre, Giovanni Battista, dal console genovese Giusep-

pe Grimaldi e la documentazione parrocchiale del matrimonio dei genitori, raccolta in

Messina dal console generale della Repubblica nel Regno di Sicilia, Filippo Cicala fu Fran-

cesco, cavaliere dell’Ordine Militare della Stella.34 Dei figli di Giovanni Battista Cicala,

Cesare, che fu più volte console della Nazione genovese nella città di Messina, l’8 aprile

1652, nella chiesa di Sant’Antonio, sposò una cugina in terzo grado, donna Cornelia de

Gregorio, quindicenne figlia di don Carlo de Gregorio fu Tomaso e di donna Topazia Day-

notto, dalla quale nacquero quattro figli maschi: Giovanni Battista (nato nel 1658), Car-

lo (nato nel 1659), Scipione (nato nel 1661), che sarebbe stato ricevuto tra i Cavalieri di

Malta il 24 giugno 1674,35 e Cesare (nato postumo al padre nel 1664), tutti nati in Mes-

sina. Il processo istruito per l’ascrizione di Giovanni Battista e Carlo, decretata il 5 apri-

le 1664,36 fornisce copiose notizie sullo stato della famiglia. Oltre agli atti di battesimo

dei candidati e a quello del matrimonio dei genitori, venivano prodotte le testimonian-

ze rilasciate il 16 agosto 1660 in Messina al console genovese Filippo Cicala e al suo can-

celliere Antonio Barrese da don Cesare e fra’ don Andrea, cavaliere di Malta, fratelli Ci-

cala del fu Francesco e da don Tomaso Caffaro y Balsamo del defunto giureconsulto An-

tonino, tre dei più prossimi parenti di don Cesare Cicala; da fra’ don Benedetto Salvago

fu Stefano, cavaliere di Malta genovese, e da don Giovanni Battista Vigevi fu Giovanni

Lorenzo, due «amicissimi» del padre dei giovani. Le testimonianze erano raccolte alla

presenza degli ufficiali delle galee genovesi in quel momento in Messina, alcuni dei qua-

li testimoniavano poi al processo istruito a Genova tra il dicembre 1663 e il gennaio 1664:

Giorgio Centurione figlio del doge Giovanni Battista, Giuseppe Sauli fu Gio. Antonio e

Ippolito Centurione fu Francesco, commissario generale della flotta. Scipione e Cesare

furono ascritti alcuni anni dopo, il 30 maggio 1669.37 Le prime testimonianze per l’a-

scrizione del solo Scipione erano state raccolte a Messina il 12 agosto 1664, quando il pa-

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Veduta prospettica del porto e della città di Messina, inun’incisione su rame di Petrus Van der Aa.Collezione della Galleriagenovese San Lorenzoal Ducale.

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dre risultava già defunto, su istanza dell’avo materno don Carlo de Gregorio (ora quali-

ficato come marchese di Poggio Gregorio e cavaliere dell’Ordine Militare della Stella),

dal console genovese Filippo Cicala fu Francesco e dal cancelliere Antonino Barrese alla

presenza di numerosi patrizi genovesi presenti in Messina: il marchese Giovanni Fran-

cesco Pallavicino, figlio del senatore Paolo Geronimo, console della Repubblica in Paler-

mo e capitano delle galee genovesi, Gio. Agostino Pellissone fu Gio. Filippo, capitano del-

la galea Vittoria, Giovanni Battista Fieschi fu Federico, capitano della galea San Giovan-

ni Battista, don Carlo Doria del defunto principe Giovanni Andrea, il conte Giovanni Lu-

ca Pallavicino del conte Angelo, il marchese Pallavicino del conte Ottavio, Marcello Sau-

li fu Gio. Antonio, Giuseppe Maria Pellissone fu Gio. Domenico, Giulio Cattaneo di

Raffaele, Francesco Maria Galleani di Paolo Vincenzo e prete Giacomo Scorza di Am-

brogio. Attestarono l’identità del giovane don Cesare e fra’ don Andrea Cicala del fu Fran-

cesco, due dei suoi più prossimi parenti, e Antonino e Giuseppe fratelli Ancona del de-

funto giureconsulto Giovanni Paolo, «amicissimi» del suo defunto padre. Altre testimo-

nianze, ma questa volta sull’identità di Scipione e di Cesare, erano state poi raccolte a

Messina il 17 agosto 1665, ancora su istanza dell’avo materno don Carlo de Gregorio,

dal console genovese Giovanni Francesco Giovo fu Nicolosio e del cancelliere Antonino

Barrese: ad attestare l’identità dei due giovani erano tre amici del loro defunto padre: l’a-

bate don Vincenzo Giustiniani fu Cassano, don Benedetto Salvago fu Stefano e don Gre-

gorio Vigevi fu Giovanni Lorenzo. Il 17 settembre 1666 a Genova fu istruito un proces-

so per l’ascrizione di Scipione. Su istanza di Antonio Grimaldi, cugino dei Cicala, furo-

no ascoltate le testimonianze dei patrizi Carlo Geronimo Camogli fu Paolo Geronimo e

Domenico Sperone fu Prospero, che erano stati a Messina nell’agosto passato sulle galee

Santa Maria e San Giorgio e avevano conosciuto Scipione e il fratello Cesare in casa del-

lo zio Filippo console genovese, e quella di Ippolito Gallo fu Giovanni Battista, che ave-

va ben conosciuto Cesare e ricordava che era stato console della Nazione genovese in

Messina. La pratica non fu conclusa. Nuove testimonianze, questa volta per il solo Cesa-

re, erano state raccolte a Messina il 5 novembre 1667 al cospetto del console genovese

Filippo Cicala e del cancelliere Antonino Barrese, in presenza dei patrizi genovesi Gene-

sio Magnasco fu Giovanni Battista, Francesco Maria Galleani fu Paolo Vincenzo e Giu-

seppe Maria Clavarino di Gio. Luca, rispettivamente capitano e ufficiali della galea San-

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Genova e il suo porto inun’incisione di MatteoSeutter, XVIII secolo.

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ta Maria. In questa occasione, attestavano l’identità del giovane lo zio materno don To-

maso de Gregorio di Carlo e due cugini in terzo grado del defunto Cesare, il subdiaco-

no don Paolo Cicala fu Francesco e don Tomaso Caffaro fu Antonino, che era anche pa-

drino di battesimo di Cesare. Il giorno seguente lo stesso Filippo Cicala scriveva al cugi-

no Antonio Grimaldi a Genova, inviandogli la nuova documentazione raccolta per per-

fezionare l’ascrizione del nipote Scipione e istruire la pratica per quella dell’altro nipo-

te Cesare. Il 4 agosto 1668 furono ascoltate in Genova le testimonianze di Genesio Ma-

gnasco e di Francesco Maria Galleani, presenti a Messina nel novembre precedente, i qua-

li confermavano di aver conosciuto il piccolo Cesare in casa dello zio Filippo Cicala

console della Nazione genovese, e assistito alle deposizioni dei testi che lo conoscevano

dalla nascita. Giovanni Battista Cicala fu Cesare, quarto principe di Tiriolo, risiedette in

Napoli presso il fratello fra’ Scipione Cicala, ricevitore della Sacra Religione Gerosolimi-

tana di Malta. Qui, nella chiesa di Sant’Agnello Maggiore, il 22 gennaio 1682 sposò una

nobile napolitana di illustre casato, donna Caterina Caracciolo, figlia del principe di Mar-

sico Vetere e di donna Violante Pignatelli, che favorì il suo inserimento nella più alta no-

biltà partenopea. Dall’unione nacquero numerosi figli maschi, molti dei quali morirono

giovinetti. Il 17 dicembre 1691 ottenne l’ascrizione al patriziato genovese Cesare Anto-

nio, nato nel 1686 a Tiriolo e in quel momento unico figlio maschio superstite di Gio-

vanni Battista e Caterina.38 Nel 1696, sempre a Tiriolo, nacque Carlo Francesco, ascritto

il 19 dicembre 1702.39 Terzo figlio di Giovanni Battista e ultimo dei Cicala principi di Ti-

riolo a ottenere l’ascrizione fu Scipione Clemente, nato in Napoli nel 1703 e ascritto il

1° luglio 1704,40 destinato dal padre all’abito di cavaliere di Malta.41

Stabilmente in Messina risiedette invece la discendenza di Filippo Cicala del fu Visconte,

anche se egli fu sovente in Genova ospite dello zio cardinale. Filippo ricoprì importanti

cariche nella città siciliana: tre volte senatore, fu anche governatore della Tavola Pecunia-

ria e governatore dell’Arciconfraternita degli Azzurri. Nel 1595 fu tra i fondatori dell’Or-

dine Militare della Stella, con funzione di difesa della Cristianità.42 Dalla moglie, la nobile

Isabella Zapata, ebbe due figli: Visconte, creato duca di Castrofilippo nel 1625, e France-

sco, che risulta ascritto al patriziato il 1° dicembre 1630 all’età di cinquant’anni.43 Que-

st’ultimo sposò donna Maria Marullo, dalla quale ebbe sei figli maschi: Filippo, Visconte,

Tomaso, che in seguito fu sacerdote nella Congregazione dei Chierici Regolari Minori e

dottore in Sacra Teologia, Cesare e Andrea, tutti ascritti al patriziato genovese l’11 dicem-

bre 1638,44 e Paolo Carlo Melchio. Quest’ultimo, nato a Messina nel 1636, il cui nome non

compare nel Liber Nobilitatis, fu ascritto al patriziato genovese il 6 agosto 1647: il 27 no-

vembre 1646 erano state raccolte in Genova le testimonianze dei patrizi Giovanni Giorgio

Giustiniani fu Francesco, commissario generale della flotta, e Galeazzo Pallavicino fu Asca-

nio, che nell’estate precedente erano stati in Messina sulle galee della Repubblica, frequen-

tandovi la casa di Francesco Cicala e ricordavano come il fratello maggiore di Paolo, Filip-

po, avesse chiesto loro di attestare l’identità del giovane una volta rientrati in patria.45 Tra

i figli di Francesco si distinsero maggiormente Filippo, cavaliere dell’Ordine della Stella,

console generale della Repubblica di Genova nel Regno di Sicilia per molti anni e amba-

sciatore della città di Messina alla Corte di Filippo IV (1664-66), e Visconte e Andrea ca-

valieri di Malta, ricevuti nell’Ordine rispettivamente il 14 giugno 1641 e il 19 dicembre

1651.46 Il 18 giugno 1651, nella parrocchia di San Giuliano di Messina, Filippo sposò la

nobile palermitana donna Rosalia Barzellini, figlia di don Giovanni Battista barone di San

Benedetto e Ranciditi, e di donna Agata Ancona, avendone ben sette figli maschi: i primi

cinque, Francesco, Giovanni Battista, Visconte, Giuseppe e Tomaso, furono ascritti al pa-

triziato genovese l’8 febbraio 1667.47 Al processo d’ascrizione furono ancora una volta

prodotte le testimonianze di nobili messinesi parenti degli ascribendi, raccolte in Messina

il 12 agosto 1664 come quelle del cugino Scipione, alla presenza degli stessi patrizi geno-

vesi, anche se in questo caso Filippo Cicala, console genovese in carica, fu sostituito per la

pratica dal patrizio Giovanni Francesco Giovo fu Nicolosio. Anche i testimoni furono gli

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stessi don Cesare e fra’ don Andrea Cicala del fu Francesco, loro zii paterni, e Antonino e

Giuseppe fratelli Ancona del defunto giureconsulto Giovanni Paolo, zii della loro madre.

In Genova invece testimoniarono i patrizi Carlo Geronimo Camogli di Paolo Geronimo,

Domenico Sperone fu Prospero e Ippolito Gallo fu Giovanni Battista, tutti ufficiali delle

galee genovesi che si trovavano a Messina nell’estate precedente e che avevano conosciuto

donna Rosalia e i suoi figli, mentre Filippo Cicala si trovava alla Corte spagnola come am-

basciatore della città siciliana. Dagli estratti parrocchiali e dalle testimonianze emerge co-

me la famiglia avesse risieduto per alcuni anni nella città siciliana di Linguagrossa: mentre

il primogenito Francesco era nato nel 1652 a Messina, Giovanni Battista (nato nel 1655) e

Visconte (nato nel 1658) erano nati, infatti, a Linguagrossa. I Cicala erano poi rientrati a

Messina, dove erano nati Giuseppe (1661) e Tomaso (1664), battezzato dallo zio Don To-

maso Cicala dell’Ordine dei Chierici Regolari Minori. Cesare (nato nel 1668) e Andrea,

ultimi due figli di Filippo e Rosalia, chiesero l’ascrizione al patriziato solo molti anni do-

po, nel 1704, quando i genitori e alcuni dei fratelli erano già defunti. Alla supplica rivolta

al Senato allegavano una fede rilasciata il 15 ottobre 1703 da Gerolamo Barrese, maestro

notaio e cancelliere della corte del consolato genovese in Messina, che aveva frequentato la

loro casa e conosciuto bene i defunti genitori, attestante «come l’illustrissimi signori Don

Cesare e Don Andrea Cigala, figli legitimi e naturali dell’illustrissimi signori hora quon-

dam Don Filippo Cigala e Donna Rosalia Cigala e Barzellini olim legittimi iugali, in tem-

po che commorarono, dimororno et habitarono in questa predetta città (di Messina) det-

ti illustrissimi signori hora quondam Cigala e Barzellini, sempre et incessantemente detti

illustrissimi signori Don Cesare e Don Andrea Cigala fratelli vissero, commororno e di-

mororno unitamente con detti illustrissimi signori di Cigala e Barzellini, loro legitimi pa-

dre e madre, e da essi sostentati, alimentati e reputati per loro figli legitimi e naturali». Il

14 luglio il Senato della Repubblica incaricava il console genovese residente a Messina, Giu-

seppe Ratti, di raccogliere le testimonianze e la documentazione necessarie per attestare l’i-

dentità e la filiazione dei postulanti.48 Nei mesi seguenti però Andrea Cicala, moschettiere

del Re di Francia, morì in Germania combattendo nella guerra per la successione al trono

spagnolo contro gli eserciti imperiale e inglese. Le prove richieste furono quindi raccolte

dal console Ratti per il solo Cesare. Il 25 settembre 1704 nella cappella della Nazione ge-

novese dedicata a San Giorgio si presentarono alcuni dei principali nobili della città di Mes-

sina, amici del defunto Filippo Cicala fu Francesco: don Alessandro Staiti fu Andrea, don

Pietro Faraone fu Francesco, don Bartolomeo Patti fu Andrea, che si dichiarava cugino dei

defunti Filippo e Rosalia, e don Pietro Crisati fu Matteo barone di Fucillino. Tutti ricono-

scevano Cesare, trentottenne, e attestavano che all’epoca, degli altri figli nati da Filippo e Ro-

salia, Francesco era religioso teatino e risiedeva a Genova, Giovanni Battista e Visconte era-

no morti, Giuseppe teatino e Tomaso domenicano erano in Messina e il detto Andrea era

morto combattendo in Germania al servizio «delle due Corone», colpito al petto da molti

colpi di archibugio. Le prove raccolte furono trasmesse al Senato da Ratti con lettera data-

ta da Messina il 28 ottobre, ma l’ascrizione di Cesare fu decretata due anni dopo, il 12 otto-

bre 1706. Egli fu l’ultimo di questa linea dei Cicala ad avere ottenuto l’ambito privilegio.49

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Lapide sepolcrale di Edoardo Cicala, postadai pronipoti Carlo e Ugo Cicala nel 1504,nella chiesa di SanGiovanni il Vecchiopresso la cattedralegenovese, da undisegno di DomenicoPiaggio del 1720 trattoda D. Piaggio,Epitaphia, sepulcra et inscriptiones cumstemmatibus marmoreaet lapidea existentia in ecclesis genuensibus,II, manoscritto cartaceo(1720). Genova, Civica Biblioteca “Berio”, Sezione di Conservazione,m.r.V.4.2.

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Note

1 A. Lercari, Diffusione della Nobiltà genovese nell’Europa asburgica traXVI e XVII secolo: i casi degli Spinola a Palermo e dei Cicala a Messina,in «Notiziario dell’Associazione Nobiliare della Liguria», novembre1995.2 AA.VV., Dibattito su famiglie Nobili del Mondo Coloniale Genovese nelLevante, Atti del Convegno, Montoggio, 23 ottobre 1993, a cura di GeoPistarino, Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Collana di Monogra-fie, IX (1994).3 Si pensi al patriziato di Chio, antica signoria della famiglia Giustinia-ni. Cfr.: A. Lercari, Notizie araldiche e genealogiche di famiglie nobili chio-te nel “Libro d’Oro” di Philip Pandely Argenti, in Dibattito su famiglieNobili del Mondo Coloniale Genovese nel Levante, cit., pp. 100-105.4 A. Lercari, La Provenza e le fortunate vicende della nobiltà genovese, in«La Casana», n. 4, 1993, pp. 10-15;5 A. Pacini, La Genova di Andrea Doria nell’Impero di Carlo V, in L’Of-ficina dello Storico, 5, Leo S. Olschki, 1999.6 G. Benzoni, Cicala Visconte, in Dizionario Biografico degli Italiani, 25,Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1981, pp. 340-346; A. Lerca-ri, Cicala Visconte, in Dizionario Biografico dei Liguri, III, Genova, Con-sulta Ligure, 1996, pp. 417-420.7 Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, I, Caffaro, traduzio-ne di C. Roccatagliata Ceccardi e G. Monleone, Genova, Municipio diGenova, 1923, pp. 52, 62 e 82.8 Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, cit., p. 67.9 Civica Biblioteca “Berio”, Sezione di Conservazione, Genova: G. Gi-scardi, Origine e fasti delle nobili famiglie di Genova, II, manoscritto car-taceo del 1774, segnatura m. r. IX. 5. 3, pp. 537-538.10 Civica Biblioteca “Berio”, Sezione di Conservazione, Genova: A. DellaCella, Famiglie di Genova antiche e moderne, estinte e viventi, nobili epopolari, delle quali si trova memoria alcuna delle Storie ecc. ecc. con leloro respettive arme, denominazione et origine. E qualche uomini de’ piùinsigni e graduati stati in esse, manoscritto cartaceo del 1782 (copia delXIX secolo), I, segnatura m. r. X. 2. 167, p. 796.11 A. Della Cella, op. cit.12 G. Nuti, Cicala Battista, in Dizionario Biografico degli Italiani, 25, Ro-ma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1981, pp. 293-297; A. Lercari,Cicala Battista Antonio, in Dizionario Biografico dei Liguri, III, Genova,Consulta Ligure, 1996, pp. 398-401.13 Civica Biblioteca “Berio”, Sezione di Conservazione, Genova: A. M. Buo-narroti, Alberi genealogici di diverse famiglie nobili, compilati et accresciu-ti con loro prove dal molto reverendo fra’ Antonio Maria Buonaroti, sacer-dote professo del Sagr’Ordine Gerosolimitano in Genova, distribuita in tretomi, I, manoscritto cartaceo del 1750, segnatura m.r.V. 4. 16, p. 166.14 G. Nuti, Cicala Meliaduce, in Dizionario Biografico degli Italiani, 25,Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1981, pp. 314-317; C. Bonfi-gli, Cicala Meliaduce, in Dizionario Biografico dei Liguri, III, Genova,Consulta Ligure, 1996, pp. 413-415.15 A. Lercari, Doria Domenico, in Dizionario Biografico dei Liguri, VI,Consulta Ligure, in corso di stampa.16 C. Cattaneo Mallone di Novi, I “politici” del Medioevo genovese. Il Li-ber Civilitatis del 1528, Genova, COPY-LITO s.n.c., 1987, pp. 219-220.17 G. Fragnito, Cicala Giambattista, in Dizionario Biografico degli Ita-liani, 25, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1981, pp. 304-309;L.L. Calzamiglia, Cicala Giovanni Battista, in Dizionario Biografico deiLiguri, III, Genova, Consulta Ligure, 1996, pp. 407-409.18 Nicolò sposò Nicoletta Usodimare Oliva dalla quale nacquero: Car-lo, canonico della cattedrale genovese, professore di diritto canonico enel 1554 vescovo d’Albenga per volontà dello zio Giovanni Battista (cfr.:G. Fragnito, Cicala Carlo, in Dizionario Biografico degli Italiani, 25, Ro-ma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1981, pp. 297-300; L.L. Calza-miglia, Cicala Carlo, in Dizionario Biografico dei Liguri, III, Genova,Consulta Ligure, 1996, pp. 401-403), Filippo, cavaliere dell’Ordine diSan Giacomo della Spada, Ottavio, Laura, Odoardo, barone d’Angri,Caterina, Alessandro, Emilia e Camilla. Cfr.: A. M. Buonarroti, op. cit.Il vescovo Carlo lasciò un figlio naturale, il capitano Giovanni Battista(nato intorno al 1574), che fu capitano delle due galee dello zio Odoar-do sino al 1599, quando questo le vendette, poi nella “Squadra di Ge-nova” del Duca di Tursi, e infine delle galee e dello zio Alessandro e

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del cugino Nicolò, sempre poste al servizio della Spagna nella “Squa-dra di Sicilia”. Cfr.: Archivio di Stato di Genova: Manoscritti, 436, Rac-colta Lagomarsino, cc. 46 r.-55 r.19 G. van Glück-C. Eubel, Hierarchia catholica Medii et recentioris Aevisive summorum Pontificum, S.R.E. Cardinalium, ecclesiarum antisti-tum series, III, Saeculum XVI ab anno 1503 complectens, Münster, Li-brariae Regensbergianae, 1923, p. 235.20 A. M. Buonarroti, op. cit.21 Vita del Principe Giovanni Andrea Doria scritta da lui medesimo in-completa, a cura di Vilma Borghesi, Genova, Compagnia dei Librai,1997, pp. 34-35.22 Vita del Principe Giovanni Andrea Doria scritta da lui medesimo in-completa, cit., p. 87.23 Vita del Principe Giovanni Andrea Doria scritta da lui medesimo in-completa, cit., p. 91.24 Vita del Principe Giovanni Andrea Doria scritta da lui medesimo in-completa, cit., p. 105.25 Vita del Principe Giovanni Andrea Doria scritta da lui medesimo in-completa, cit., pp. 152-155.26 A. Lercari, Cicala Giovanni Battista, in Dizionario Biografico dei Li-guri, III, Genova, Consulta Ligure, 1996, pp. 409-411.27 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2859 A, Nobilitatis, doc.278 (28 novembre 1594).28 C. Cattaneo Mallone di Novi, op. cit., p. 343.29 A. Lercari, Cicala Carlo, in Dizionario Biografico dei Liguri, III, Ge-nova, Consulta Ligure, 1996, pp. 403-404.30 G. Guelfi Camajani, Il “Liber Nobilitatis Genuensis” e il Governo del-la Repubblica di Genova fino all’anno 1797, Firenze, Società Italiana diStudi Araldici e Genealogici, 1963, p. 134.31 Ruolo generale dei Cavalieri Gerosolimitani della Veneranda Linguad’Italia, raccolto dal Com. Fr. Bartolomeo dal Pozzo fin all’anno 1689,continuato dal Com. Fra Roberto Solaro di Govone per tutto l’anno 1713,con l’indice universale alfabeticamente regolato, dedicato all’Ill.mo Sig.Ammiraglio ed Illustrissimi Signori Cavalieri della Veneranda Lingua d’I-talia, Torino, Gio. Francesco Mairesse e Giovanni Radix, 1725, p. 220.32 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2834, Nobilitatis, doc. 78(13 dicembre 1635).33 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2834, Nobilitatis, doc. 186(26 novembre 1640).34 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2835, Nobilitatis, doc. 327(15 dicembre 1660).35 Ruolo generale dei Cavalieri Gerosolimitani della Veneranda Linguad’Italia..., cit., p. 254.36 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2836, Nobilitatis, doc. 121(5 aprile 1664).37 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2837, Nobilitatis, doc. 115(30 maggio 1669).38 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2842, Nobilitatis, doc. 19(17 dicembre 1691).39 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2844, Nobilitatis, doc. 9(19 dicembre 1702).40 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2844, Nobilitatis, doc. 46(1° luglio 1704).41 Risulta che egli fu ricevuto nell’Ordine ancora in fasce, il 16 marzo1704. Cfr.: Ruolo generale dei Cavalieri Gerosolimitani della VenerandaLingua d’Italia..., op. cit., 276.42 A. Lercari, Cicala Filippo, in Dizionario Biografico dei Liguri, III, Ge-nova, Consulta Ligure, 1996, pp. 404-405.43 G. Guelfi Camajani, op. cit., p. 134.44 G. Guelfi Camajani, op. cit., p. 134.45 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2834, Nobilitatis, doc. 340(6 agosto 1647).46 Ruolo generale dei Cavalieri Gerosolimitani della Veneranda Linguad’Italia..., p. 226 e 236.47 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2837, Nobilitatis, doc. 70(8 febbraio 1667).48 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2844, Nobilitatis, doc. 47(14 luglio 1704).49 Archivio di Stato, Genova: Archivio Segreto, 2844, Nobilitatis, doc. 82(12 ottobre 1706).