I bambini ci insegnano

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22 leggendo leggendo Imparare dai bambini: una straordinaria avven- tura e una occasione unica di rinnovamento e trasfor- mazione. In questo modo lo psico- terapeuta e filosofo Piero Ferrucci definisce ciò che intende con il suo libro Im- parare dai bambini. Già dalle prime pagine ci racconta anche come un genitore si possa sentire prigioniero di un tiranno pazzo. L’autore racconta di come un giorno si ritrovi a cer- care disperatamente la rotella di plastica che si è staccata dall’automobilina del suo figlioletto Emilio di cinque anni. Mentre guar- dava dappertutto senza successo, si sentiva sem- pre più stanco e irritato; nella sua mente si affol- lavano pensieri quali “Chi me lo fa fare di cercare una maledetta rotellina?”, “Come posso essermi ri- dotto così?”, “Quanto tem- po dedico a queste attività faticose e banali?”. Sotto al divano, in mezzo alla polvere, tra un cuscino e l’altro, il promettente psi- cologo pensava a come fos- se cambiata la sua vita con l’arrivo di un bambino. Probabilmente anche noi ci siamo fatti mille volte questo genere di doman- de. Dal fatidico momento dell’arrivo di un bambino ognuna delle nostre vite si può dividere in prima… e dopoQuanto del nostro tempo viene dedicato ai figli è im- possibile dirlo: oltre a quel- lo che passiamo con loro, a quello in cui organizziamo le loro giornate o le nostre in funzione delle loro, c’è da considerare anche tutto il tempo in cui li abbiamo in mente. Però, scrive Ferrucci, poi qualcosa cambia. Occuparsi delle piccole cose, essere disponibili nei confronti di un bambino, può, per uno strano mecca- nismo interiore, affaticare molto ma può anche far stare bene. Ogni tanto, allontanarsi dal mondo razionale de- gli adulti e aggirarsi negli universi infantili, nei quali la razionalità spesso viene dimenticata, permette di prendersi meno sul serio e di ritrovare o riscoprire un ordine diverso delle cose. Come l’autore, nel mio universo di prima dei figli potevo tranquillamente leggere, potevo viaggiare, potevo guardare un film dall’inizio alla fine senza interruzioni, potevo persi- no parlare con il mio com- pagno per più di dieci mi- nuti di seguito. Eppure la vita del dopo è decisamente più ricca e profonda. Ho scoperto che molte situazioni apparen- temente prive di valore, I bambini ci insegnano Marina Zulian responsabile della BibliotecaRagazzi di BarchettaBlu

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Di Marina Zulian Adozione e dintorni - GSD Informa maggio 2012

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Imparare dai bambini: una straordinaria avven-tura e una occasione unica di rinnovamento e trasfor-mazione.In questo modo lo psico-terapeuta e filosofo Piero Ferrucci definisce ciò che intende con il suo libro Im-parare dai bambini. Già dalle prime pagine ci racconta anche come un genitore si possa sentire prigioniero di un tiranno pazzo.L’autore racconta di come un giorno si ritrovi a cer-care disperatamente la rotella di plastica che si è staccata dall’automobilina del suo figlioletto Emilio di cinque anni. Mentre guar-dava dappertutto senza successo, si sentiva sem-pre più stanco e irritato; nella sua mente si affol-lavano pensieri quali “Chi me lo fa fare di cercare una maledetta rotellina?”, “Come posso essermi ri-

dotto così?”, “Quanto tem-po dedico a queste attività faticose e banali?”. Sotto al divano, in mezzo alla polvere, tra un cuscino e l’altro, il promettente psi-cologo pensava a come fos-se cambiata la sua vita con l’arrivo di un bambino. Probabilmente anche noi ci siamo fatti mille volte questo genere di doman-de. Dal fatidico momento dell’arrivo di un bambino ognuna delle nostre vite si può dividere in prima… e dopo…Quanto del nostro tempo viene dedicato ai figli è im-possibile dirlo: oltre a quel-lo che passiamo con loro, a quello in cui organizziamo le loro giornate o le nostre in funzione delle loro, c’è da considerare anche tutto il tempo in cui li abbiamo in mente. Però, scrive Ferrucci, poi qualcosa cambia. Occuparsi delle piccole

cose, essere disponibili nei confronti di un bambino, può, per uno strano mecca-nismo interiore, affaticare molto ma può anche far stare bene.Ogni tanto, allontanarsi dal mondo razionale de-gli adulti e aggirarsi negli universi infantili, nei quali la razionalità spesso viene dimenticata, permette di prendersi meno sul serio e di ritrovare o riscoprire un ordine diverso delle cose.Come l’autore, nel mio universo di prima dei figli potevo tranquillamente leggere, potevo viaggiare, potevo guardare un film dall’inizio alla fine senza interruzioni, potevo persi-no parlare con il mio com-pagno per più di dieci mi-nuti di seguito.Eppure la vita del dopo è decisamente più ricca e profonda. Ho scoperto che molte situazioni apparen-temente prive di valore,

I bambini ci insegnano

Marina Zulianresponsabile della BibliotecaRagazzi di BarchettaBlu

23banali o addirittura fasti-diose, nascondono impre-vedibili sorprese e possi-bilità. Vivere con i figli ci trasforma. Soprattutto quando i figli sono piccoli e i momenti di contatto fisico sono fre-quenti, c’è un modo di co-municare molto più vero e più profondo di quello ver-bale. Si tratta del dialogo tonico, una sorta d’insieme di vibrazioni e risonanze che le emozioni spingono verso l’altro. Nel tenere un bambino in braccio, nel tenersi la mano, nell’ab-bracciarsi vengono inviati messaggi affettivi molto intensi.A volte, nel caos che i figli portano, ci distraiamo dal valore effettivo delle situa-zioni e delle relazioni e ci concentriamo su piccole parti insignificanti. Altre volte riusciamo inve-ce a non sentirci sopraffatti dalla confusione e, uscendo

dalla superficialità, riuscia-mo a cogliere particolari preziosi.Dopo aver vissuto momen-ti di tenerezza con i propri figli non si è più gli stessi.

I bambini sono teneri, one-sti, originali, entusiasti, spontanei. Stare accanto a loro ci stimola e ci cam-bia. Vivendo con i nostri figli possiamo crescere. Possiamo sviluppare hu-mour e pazienza, appro-fondire l’intelligenza del cuore, imparare a trovare i tesori nascosti nella ba-nalità quotidiana, persino riscrivere la nostra storia, aprirci alla felicità. Ma non sempre questa cre-scita è indolore. Accanto ai momenti di gioia ci sono gli episodi più difficili, in cui le nostre debolezze, i pic-coli ricatti, le bugie, le con-traddizioni, le incertezze, tutto viene messo in luce senza pietà.

Prima di avere figli osser-vavo i genitori con un sen-so di superiorità. Mi pare-vano patetici e maldestri. Forte delle mie conoscen-ze di psicologia, notavo i loro errori, dentro di me li criticavo e dispensavo nu-merosi consigli. Ero con-vinto che io avrei potuto fare meglio. Ora, due figli più tardi, sono molto più umile. Tutte le mie teorie sono crollate come castel-li di carte. Ho perso ogni certezza. Più volte sono ca-duto nella polvere. Ma ciò non è affatto un male. Per capire qualcosa, per anda-re avanti, bisogna disfarsi di ogni forma di sicurezza e di autocompiacimento. Questo è il primo passo sulla strada buona. Come ogni genitore sono stato spremuto, punzecchiato, ferito, ridimensionato: mai risparmiato. In molte occa-sioni i miei figli hanno, con intuito diabolico, toccato i

© fabio antonelli

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miei punti deboli più na-scosti. Anche questi episo-di mi hanno trasformato. In maniera più o meno fa-ticosa o dolorosa, mi hanno reso diverso dalla persona che ero prima.

D’altra parte quando si diventa genitori si può imboccare la via della ne-vrosi, dell’ansia e della preoccupazione o dell’en-tusiasmo, del cambiamen-to e della trasformazione. Per me, a dire la verità, c’è una continua alternanza delle due vie: dalla vetta all’abisso, dalla forza alla stanchezza, dalla felicità alla depressione.I contrasti, le delusioni, le discussioni sono prove con-tinue e difficili. Quando è arrivato il mio primo figlio Tommaso, la mia vita è cambiata radi-calmente non solo a livello di abitudini personali ma anche professionali. Ho de-ciso di cambiare lavoro: la scusa ufficiale è stata che i rigidi orari del vecchio la-voro non mi permettevano di stare con il mio picco-lo Tommy, ma la verità è che quel piccoletto mi ha dato la forza di guardare in me stessa e nelle mie aspirazioni più vere; mi ha permesso di mettermi a confronto con le mie aspet-tative e mi ha dato l’occa-sione di poter scegliere con

maggior consapevolezza il mio possibile futuro. Sin dall’inizio ho pensato a cosa avrei potuto inse-gnare a mio figlio, ma con l’andare del tempo ho ini-ziato a chiedermi anche cosa avrei potuto imparare da lui: sicuramente il suo mettersi in gioco e il suo essere sempre creativo e spontaneo. Ad ogni modo, la decisione di cambiare la-voro non è venuta magica-mente o a caso, ma grazie a una forza e a una energia dirompente, come quella di ogni bambino.

Avrei voluto dedicare l’in-tero articolo al meraviglio-so libro di Ferrucci poiché mi sono ritrovata in ogni capitolo e in ogni pagina. Ho fatto molte citazioni, riprendendo alcune frasi dell’autore e ho riportato concetti che ho completa-mente condiviso. Ma vor-rei comunque presentare qualche lettura da poter fare con i bambini.

L’albo illustrato Una gran-de missione racconta ad esempio della magia dei bambini e di chi sa veder-la, come sottolinea Pepi Persico, che con originalità ha illustrato il libro. Viene rappresentato l’uni-verso dei bambini attra-verso la fusione di un par-ticolare linguaggio e di

immagini colorate e viene raccontata la grande mis-sione della crescita.L’arrivo di un figlio ci spinge a cercare di capire meglio quale sia la nostra missione; spesso si guarda molto lontano verso una possibile meta che può sembrare lontanissima da raggiungere, ma che inve-ce è molto vicina.Le nostre insoddisfazioni e i nostri desideri si mescola-no nel caos della vita quoti-diana. Cercando di fare or-dine e spazio alle idee e ai sentimenti, possiamo però vedere che quel posto che cerchiamo insistentemen-te, continuamente, testar-damente è proprio lì dove siamo ora.I dubbi, le fatiche, le an-gosce ci lasciano dei segni indelebili ma ci lasciano scorgere il senso dell’es-sere genitori e dell’essere prima di tutto persone. In questo libro sono invece i bambini che ci racconta-no come, a volte, per anda-re avanti sia necessario un coraggio prodigioso e un’in-finita forza di volontà. Sfo-gliando e leggendo questo libro mi è quasi sembrato che i bambini parlassero proprio a me, che molte volte sottolineo la fatica dell’essere genitore. Elena Magni, autrice del libro, ha rovesciato la situazione con abilità e ironia e i pro-

© raffaella ceci

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tagonisti, tutti bambini, ci parlano già dalla prima pagina in modo schietto e sincero.

Essere bambini è un lavoro impegnativo.Qualcuno, però, deve pur farlo.La nostra è una missione quasi impossibile,ma dobbiamo compierla quasi a ogni costo.

Essere bambini non è un’impresa da poco, affer-mano i protagonisti. Le illustrazioni, realizzate con disegni e collage, tra-ducono in immagine il va-riopinto mondo dei bambi-ni; mentre il testo, giocato su due colori, ci svela quan-to sia impegnativa la mis-sione di diventare grandi, districandosi tra regole, consigli e raccomandazioni (non sporcarti, non saltare sul divano, non gridare…), senza farsi incantare da televisione e pubblicità. Essere piccoli è davvero un lavoro duro, faticoso, che comunque deve essere fat-to, e la strada per diventa-re grandi è spesso in sali-ta. I bambini, però, con la loro spontaneità ed ener-gia, hanno tutte le carte in regola per compiere questa grande impresa. Si trat-ta davvero di una grande missione, ma compierla non è impossibile. Chiun-que può crescere e riuscire

a diventare una persona importante o famosa, ma solo chi ha fatto bene il proprio lavoro di bambino potrà diventare una gran-de persona.

A chi crede che i bambini debbano essere da esem-pio per ridimensionare le certezze e le convinzioni stereotipate degli adulti, consiglio un racconto della tradizione orale africana che fa guardare a noi e agli altri sotto una prospettiva diversa. Questo libro è nato dalle suggestioni della sto-ria africana e pagina dopo pagina presenta e ci spiega perché l’espressione uomo di colore non sia esatta. Proprio grazie a una con-versazione fra due bambi-ni, viene spiegato il concet-to con ironia e semplicità. In un piccolo albo illustra-to con poche parole e molti disegni colorati, vengono affrontati temi importanti quali le emozioni, gli stere-otipi, la morte. Di seguito il poetico racconto, purtroppo mancante delle magiche il-lustrazioni di Jérome Ruil-ler, spesso ancor più esau-stive delle parole.

Io, uomo nero, quando sono nato, ero nero.Tu, uomo bianco, quando sei nato, eri rosa.Io, ora che sono cresciuto, sono sempre nero.

Tu, ora che sei cresciuto, sei bianco.Io, quando prendo il sole, sono nero.Tu, quando prendi il sole, sei rosso.Io, quando ho freddo, sono nero.Tu, quando hai freddo, sei blu.Io, quando ho paura, sono nero.Tu, quando hai paura, sei verde.Io, quando sarò morto, sarò nero.Tu, quando sarai morto, sarai grigio.E tu mi chiami uomo di colore!

Un altro libro in cui è una bambina ad aprire gli occhi e la mente al proprio geni-tore è Chi ha paura dell’uo-mo nero? di Raftk Shami, edito da Mondadori. La protagonista racconta del suo papà grande, forte e intelligente; il suo papà sa persino fare spettacola-ri giochi di prestigio. Eppure questo papà qua-si perfetto ha un piccolo problema: è spaventato a morte dagli stranieri, so-prattutto se sono di colore. Lui vorrebbe nasconderlo ma la sua bambina è si-cura: ogni volta che passa uno straniero, il papà le stringe la mano per la pau-ra! Tocca a lei aiutarlo, ma deve farlo senza che lui se ne accorga.

Il libro si presenta come una dichiarazione contro gli stereotipi e la discrimi-nazione. È importante che il razzismo venga combat-tuto non solo dagli adulti. I bambini, generalmente più aperti e liberi, possono essere attori protagonisti di questa battaglia. Per fortuna nelle classi dei nostri figli ci sono sempre più spesso bambini che arrivano da paesi lontani: all’inizio ci può essere an-che un po’ di diffidenza, ma poi, soprattutto attra-verso il gioco, s’impara che il colore della pelle non è un ostacolo per l’amicizia. La protagonista di Chi ha paura dell’uomo nero? di-venta infatti la migliore amica di Banja, che fre-

quenta la sua stessa scuo-la, ma è nata in Tanzania. Con la scusa che il papà è molto bravo con i giochi di prestigio, la protagonista lo invita a esibirsi duran-te la festa del compleanno di Banja, senza dirgli che si tratta di una bambina straniera, per evitare che si rifiuti di accompagnar-la. Così entrano nell’ap-partamento di Banja, dove tutti hanno la pelle nera e il papà riesce a imparare proprio dalla figlia quanto le diversità siano occasioni di crescita e di arricchi-mento.

La vita con i figli è un conti-nuo terremoto: crollano an-tiche certezze, scompaiono vecchie abitudini mentali,

affiorano nuove emozioni. I bambini, tutti i bambini, sono spontanei, entusiasti, originali, veri. Quando mettono in crisi il genitore, fatto inevitabile, lo costringono anche ad attingere a risorse e cono-scenze interiori fino ad al-lora ignorate. Dai momenti difficili gli adulti escono così più forti e più liberi. Genitori e figli possono vi-vere la loro relazione come delusione e stanchezza ma anche come opportunità e occasione. Il cosiddetto mestiere di genitori, e anche quello di figli, è comunque sicura-mente un’avventura.

Bibliografia

I bambini ci insegnano. P. Ferrucci, Mondadori, 2010

Una grande missione. E. Magni, P. Persico, Gribaudo, 2011

Uomo di colore. J. Ruillier, Edizioni Arka, 2000

Chi ha paura dell’uomo nero? R. Shami, Mondadori, 2005