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RIVISTA TRIMESTRALEDI CULTURA, STORIA,POLITICA ED ECONOMIA

32i QUADERNIDEL TICINO

i QUADERNIDEL TICINOi QUADERNIDEL TICINO

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2I Q U A D E R N I D E L T I C I N O

Il Centro Studi Politico-Sociali “J.F. Kennedy” detiene e tratta i dati relativi a ciascun socio - nome, cognome, qualifica, indi-rizzo e recapito telefonico - ai soli fini di attività associativa (invio di materiale informatico relativo alle nostre iniziative e dellarivista i Quaderni del Ticino). Da parte di chi non è socio, il conferimento dei dati, utilizzato con identiche finalità, è facoltativo:è possibile in qualunque momento richiedere lʼaggiornamento o la cancellazione, così come è possibile opporsi allʼinvio delmateriale scrivendo al Centro Studi Politico-Sociali “J.F. Kennedy”, Via Colombo 4, 20013 Magenta

Rivista trimestrale di cultura, storia, politica ed economiaNuova Serie - Anno VII - Numero 32Reg. Tribunale di Milano n. 47 del 7-2-1981Spedizione in abbonamento postale - 70% Filiale di Milano

Direttore Responsabile: Fabrizio Garavaglia

Hanno collaborato: Marco Aziani, Mariangela Bertoglio, Pier Paolo Brivio, ValerianoCastiglioni, Giancarlo Cattaneo, Piercarlo Cattaneo, Elio Fontana, Massimo Gargiulo, FrancaGaleazzi, Giuseppe Leoni, Danilo Lenzo, Alberto Marini, Ignazio Pisani, Fabrizio BertoProvera, Silvio Rozza, Luciano Saino

Hanno dato la loro disponibilità alla collaborazione:Antonio Airò, Cristiana Albizzati, Luigi Albizzati, Abele Baratté, Arturo Beltrami, GianmarcoBorroni, Nicola Branca, Sergio Calò, Angelo Caloia, Simona Carnaghi, Giovanni Cassetta,Vittorio Castoldi, Gaetano Ceriani, Luigi Ceriotti, Giovanni Chiodini, Giulio Ciampaglia,Alessandro Colombo, Teresio Colombo, Mario Comincini, Roberto Confalonieri, AdrianoCorneo, Aurelio Cozzi, Giuseppe Crestani, Achille Cutrera, Giuseppe De Tommasi, IvoDeitinger, Gigi De Fabiani, Paolo Grassi, Mario Di Fidio, Carlo Ferrami, Romano Ferri,Giovanni Frascarolo, Edoardo Freddi, Alessandro Grancini, Franco Grassi, Paolo Grassi,Alberto Malini, Elio Malvezzi, Marco Marelli, Carlo Morani, Paolo Musazzi, Roberto Origgi,Francesco Prina, Carlo Ravazzani, Luigi Rondena, Enrico Salomi, Caterina Sangalli Bianchi,Teresio Santagostino, Silvano Santucci, Giuseppe Segaloni, Mario Sfondrini, DionigiSpagnuolo, Maurizio Spelta, Carlo Stoppa, Piero Stoppa, Emanuele Torregiani, MarcoVarisco, Gianni Verga, Stefano Zanelli

Editore:

Presidente: Ambrogio Colombo

Redazione ed Amministrazione:Via C. Colombo, 420013 Magenta (MI) - Tel.-fax 029792234

Prezzo di copertina: L. 10.000Arretrati Ia serie : L. 15.000, numeri monografici: L. 25.000. Abbonamento annuo: L. 35.000

Progetto grafico, impaginazione e fotocomposizione:Agorà - Magenta - Tel.-Fax 0297295339

Finito di stampare nel gennaio 2000 presso la tipografia S. Gaudenzio - Novara

Marco
Typewritten Text
ISSN 2038-2545
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S O M M A R I O3

• Il PuntoLe grandi emergenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 5di F. G.

• Le nostre acqueIl Naviglio Langosco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 7di C. Cuneo

Il progetto del raddoppio del canale scolmatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 12di L. Saino

• ConsorziI Consorzi della Provincia di Milanoper il risanamento ambientale . . . . . . . . . . . . p. 17di M. Bassani

• Storia ecclesiasticaMons. Luigi Crespi (III parte) . . . . . . . . . . . . . . p. 23di G. Cattaneo

• Le famiglie nobiliI Robecchi - III parte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 31di G. Cattaneo

•LA SANITA’ VERSO IL 2000

La Sanità verso il 2000 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 42di M. Gargiulo

Risultati della legge regionale n. 31/97 . . . . . p. 44di M. Peroni

Il processo di regionalizzazionedel Servizio Sanitario Nazionale . . . . . . . . . . . p. 49 di D. Morini

L’Azienda Sanitaria Locale n.1della Provincia di Milano . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 56di P. Portaluppi

La Riforma verso il 2000 . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 60di E. Vignati

Per una sanità sempre più europea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 70di C. Borsani

• I nostri territoriTribunale di Magenta: si apre il dibattito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 75di D. Lenzo

Un nuovo Tribunale ordinarioè indispensabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 80di D. Lenzo

Morimondo sensibile ai problemidella terza età . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 83di M. Aziani

Gallarate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 87di P. Brivio

• La storia ci raccontaIl Gallaratese 150 anni fa . . . . . . . . . . . . . . . . p. 91di V. Castiglioni

• Politica del lavoroPer una strategia operativa nel campo dell’incontro tra domanda e offerta del lavoro . . . . . . . . p.100di I. Pisani

• Tutela ambientaleQuale sviluppo? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 105di S. Rozza

• Il GiubileoIl percorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 111

Riflessioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 118di P. Cattaneo

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STUDI Politico-Sociali J.F. Kennedy” Magenta - Via Colombo, 4

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RIVISTA TRIMESTRALEDI CULTURA, S TORIA,POLITICA ED ECONOMIA

32QUADERNID E L TICINO

i QUADERNID E L TICINOiQUADERNID E L TICINO

RIVISTA TRIMESTRALEDI CULTURA, S TORIA,POLITICA ED ECONOMIA

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iiii QQQQ UUUU AAAA DDDD EEEE RRRR NNNN IIIIDDDD EEEE LLLL TTTTIIIICCCCIIIINNNNOOOO

QUADERNID E L TICINO

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E’questo il primo nu -mero de i Quadernidell’anno 2000: an -no carico di simbo-

logie e di riferimenti. Quantevolte, infatti, negli anni passatiabbiamo parlato del 2000 comeanno di svolta, come tempo mas-simo per raggiungere determina-ti obiettivi, come appuntamentoper un nuovo corso?Una infinità di volte. Ora siamo nel duemila e la realtà,al di là delle parole e spesso delledemagogie, è sotto gli occhi ditutti.Un Paese sempre più “scontento”,dove le sacche di povertà cresco-no a dismisura, dove le conquistecivili sono continuamente messein discussione, dove addiritturale libertà individuali subisconoquotidianamente dei clamorosistop. Un Paese impoverito social-mente, culturalmente e nei valo-ri. I grandi nodi messi a fuoconegli anni ottanta (disoccupazio-

ne, immigrazione, criminalità,riforme istituzionali e federali-smo, ecc.) si ripropongono intattie se possibile in termini piùdrammatici in questo fine anni‘90. Gli anni della cosiddetta SecondaRepubblica, della “Grande Ri-voluzione”. I nostri territori non sono certoestranei a questo processo di“decadimento”. In questo nume-ro de i Quaderni dedichiamo laparte centrale della rivista altema “sanità”, argomento cheinteressa da vicino ogni comu-nità ed ogni singolo individuo.Accanto a questo vi sono ancheda noi le questioni del lavoro edella disoccupazione giovanile,le scelte urbanistiche e infra-strutturali che determinerannolo sviluppo futuro dei territori, laquestione ambientale, l’emer-genza culturale. E solo per citarealcuni dei grandi temi sul tappe-to. Per questo inizio del 2000

Dialogo aperto con i lettori

I L P U N T O5

Le grandi emergenze

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rimangono intattigli obiettivi dellanostra rivista: farecultura, avviare undibattito sullenostre questioni,porci come puntodi riferimento peravviare un nuovoprogetto politicoed amministrativoda portare all’at-tenzione di chigoverna le istitu-zioni locali e regio-nali. In questo senso,qualche tempo fa,lanciammo l’ideadi un “forum” tratutte le forze politiche, sociali,sindacali, economiche e cultura-li, nonché con le rappresentanzedegli enti locali e delle associa-zioni del territorio, perché assie-me si avviasse una sorta di pro-getto per il “ticinese”.L’idea va avanti e ha raccoltonumerose adesioni tanto da pre-vedere, per il prossimo autunno,una prima giornata di studio edapprofondimento organizzatadagli amici del Centro StudiKennedy. In ultimo da ricordarela scadenza di inizio primavera:le elezioni regionali. Riteniamo sitratti di un appuntamento fonda-mentale e non tanto per il bilan-

cino della politicae dei risvolti chequeste elezionipotranno avere sulgoverno centrale;le riteniamo impor-tanti per il ruoloche le regioni stessedovranno svolgere,per gli interventiche sono program-mati nel prossimoquinquennio nellaRegione Lombardiae per le ricaduteinevitabili che talidecisioni porteran-no sul nostro terri-torio. In questa ottica è

auspicabile che più esponenti poli-tici locali, al di là del colore delgruppo o dello schieramento diappartenenza, possano rappresen-tare le nostre istanze nel ConsiglioRegionale degli anni duemila.

F.G.

I L P U N T O6

Frontespizio del volume“Il dovere della Resistenza”di F. Turati

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7L E N O S T R E A C Q U E

I l Naviglio Langosco è unimportante canale che daquasi quattro secoli svolgeun ruolo importante nella

irrigazione della Lomellina,servendo un comprensorio dicirca 16.000 ettari.

Tra le dodici derivazioni dalTicino, denominate antiche, esi-stenti sulla riva sinistra e destradel fiume, tale Naviglio è statal'ultima ad essere eseguita e lapiù importante dopo il NaviglioGrande. Il Naviglio Langosco ini-zia il suo corso in sponda destradel Ticino, all'altezza di Cameri, escorre prima nella valle delTicino fino a Galliate, poi a mezzacosta fino a Cerano, guadagna ilpiano al confine settentrionaledella Lomellina, poco prima diCassolnuovo, e si spinge con l'a-sta principale fino ad oltreTromello, con un percorso dicirca 45 chilometri, sostanzial-mente rettilineo, da nord a sud.Con successive diramazioni dàorigine ad una complessa retesecondaria di canali, le cui acque

si spingono fino all'estremomeridionale della Lomellina equindi decadono nel Po.

Il Seicento: gli anni dellacostruzione

La sua esecuzione ebbe iniziocon concessione 29 maggio 1613di Filippo III, Re di Spagna, cuispettava anche la sovranità sulDucato di Milano che allora com-prendeva anche il Novarese e laLomellina. Veniva così accolta lasupplica del 1610 per l'irrigazio-ne dell'agro Lomellino, che trova-si sterile et quasi inutile presen-tata dal conte Guido Langoscoda cui il canale prese il nome. Oltre mezzo secolo durò il perio-do dell'esecuzione: ma se si ponemente alla complessità dell'ope-ra ed alle ulteriori difficoltà deri-vate dall'epoca particolarmentemisera e nefasta per l'economiapubblica e privata - basti ricor-dare la peste manzoniana - iltempo indicato non appareeccessivo, tanto più che il Navi -glio Langosco fu l'unico canale

Origine e vicenda

Il Naviglio Langosco

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L E N O S T R E A C Q U E8

ad essere attivato in Lombardiadurante la dominazione spagno-la.

Il Settecento: nacque laCongregazione del NaviglioLangosco

Nel 1723, i naturali eredi delconte Langosco (casa Busca)rinunciarono ad ogni ragionesulla proprietà del Naviglio chedivenne di proprietà degli utenti:nacque così la "Congregazionedelli Signori Utenti del NaviglioLangosco".

Nel 1759 venne acquistata - perstabilirvi la residenza di assisten-ti e custodi - Villa Fortuna,importante e pregevole costru-zione patrizia posta sul cigliodominante la costa di Galliate. Ma il secolo fu caratterizzatodalle infiniti liti tra gli Utenti inquanto le singole competenzeandavano continuamente alte-randosi nel tempo per le venditee le permutazioni che continua-mente avvenivano con l'arrivo dialtri subentranti. Da ciò un continuo rinnovarsi dilamenti e proteste circa la riparti-

1 - Il Naviglio Langosco e le altre derivazioni della riva destra e sini-stra del Ticino

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2 - Il Langosco a Cassolnuovo, nei pressi della chiesa di S. Giorgio e dellacasa Arconati. Nel decennio 1849-60 gli Arconati (nobile famiglia milaneseestintasi con Gianmartino che riposa nel cimitero di Arconate) aprivanoquesta casa a tutti i loro amici. Dal '53 al '61 ci venne quasi ogni anno ilManzoni legato agli Arconati da vincoli di parentela. Di quella casa, oggifrazionata e restaurata, sede di abitazioni private e di un istituto per anzia-ni, non rimane integra che la camera da letto dove lo scrittore dormiva edove furono raccolti i cimeli della famiglia Arconati.

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zione delle spese sulla base deivalori nominali, ed alle inegua-glianze dei battenti, con conse-guente ineguale erogazione delleacque.

L'Ottocento: dallo Statuto alConsorzio irriguo

Nel 1773, allo scopo di por fineallo stato di totale anarchia che sistava instaurando, fu incaricatol'ing. Bartolomeo Calastri peruna verifica della situazione e perun equo componimento dellecontroversie. La magistrale emonumentale relazione del Cala-

stri è da considerarsi come la pie-tra angolare dell'ordinamentodel Consorzio e fu in base ad essache venne impiantato il "Librocatasto dei Condomini". Datocosì uno stabile assetto allaCongregazione occorreva disci-plinarne l'Amministrazione conla redazione di uno Statuto. Fusolamente nel 1829 che entrò invigore un "Regolamento" checostituiva un vero e proprio"Statuto" in quanto fissava i dirit-ti fondamentali dei Condomini. Questo "Regolamento" rimase invigore fino al 1882 quando venneapprovato lo Statuto vero e pro-

3 - Il Langosco nei pressi di S. Martino al basto. Si intravede il campanile della chiesa inserita nella proprietà Armani nellaquale trova posto anche il "Poggio Napoleone" per la permanenza che l'im-peratore vi fece in occasione della battaglia di Magenta del 4 giugno 1859

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prio che rimase in vigore fino aqualche anno fa arricchito dainecessari adeguamenti alle legi-slazione dei Consorzi.

L'impianto idroelettrico delTreccione sul Langosco

Dal nome dell'antico ramo fluvialedel Ticino che costituisce il primotratto del Naviglio Langosco, dettoimpianto idroelettrico fu realizzatonel 1908 e da allora è sempre rima-sto in esercizio.La possibilità di utilizzazione, ascopo di produzione di forzamotrice, del Treccione venne stu-diata nel 1907 dall'ing. MenottiVarzi di Galliate, il quale pensò disfruttare la notevole pendenza delprimo tronco del Naviglio (che eramediamente dell'1,50 per mille)per ottenere un salto di 3 metri. Ilprogetto Varzi fu presentato il 2ottobre 1907 e rapidamente appro-vato dal Condominio del NaviglioLangosco che stipulò un contrattoa rogito Clerici in data 5 marzo1908 avente durata trentennale. Ilavori furono eseguiti tempestiva-mente e l'impianto entrò in fun-zione nel 1909 (un secolo fa) condue ruote motrici mentre la terzafu installata poco dopo.L'impianto fu rivitalizzato nel 1953e da allora è rimasto in esercizio.Con la nazionalizzazione dell'e-nergia elettrica del 1963 allasubentrata Manifattura Rossari &Varzi venne riconosciuto il titolo di"autoproduttore" e così l'impiantopoté evitare il passaggio all'Enel.

Il Novecento: verso l'Est SesiaDal 1891 il Consorzio era guidatodall'ing. Gaudenzio idraulico digrandissima fama che, pur tra glialtri notevolissimi impegni (piùtardi sarà Senatore e direttore delPolitecnico di Milano) manterràla carica di Regolatore, suo primoimpegno professionale, fino allamorte (1940).Grande impegno fu pure profusonelle vicende della regolazionedel lago Maggiore e della costitu-zione del Consorzio del Ticino, incui il sen. Fantoli ebbe, com'ènoto, una parte preminente. Nel 1979, rilevando la gestionedei cavi dell'Ospedale di Pavia,entrò a far parte del Condominiol'Associazione Irrigazione EstSesia, e nel mentre ciò dava unpo' di respiro alla gestione, nelcontempo contribuiva ad accele-rare i tempi per l'affidamentodella gestione del Langoscoall'Associa zione stessa, superan-do nel mi glior modo le residueperplessità al termine di una trat-tativa lunga e difficile.

Carlo Cuneo

PS. Un primo studio fu pubblicato sulperiodico dell'associazione Est Sesia a.XXXII, n. 85, luglio. Successivamente, ilmedesimo studio, ampliato nel testo earricchito da due preziose carte - tra cui ildiploma di concessione del 29 maggio1613 di Filippo III Re di Spagna e Duca diMilano - fu pubblicato dalla ContradeNostre (diretta da Giuseppe Leoni), vol. VII,anni 1990-1991.

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Trovo che i termini "Scolma -tore" e "Sca ricatore", comu-nemente usa ti nel campodell'ingegneria idraulica,

abbiano una fonia sgradevole a pre-scindere dalla loro funzione specifica.

Questa sensazione è forse dovutaal fatto che ho sempre consideratoun corso d'acqua non un vettoreindeterminato, dalla conformazio-ne precostituita, idoneo a trasferireliquido da un luogo all'altro, macome un elemento naturale, disignificato storico, attorno a cuispesso si è organizzata una civiltà,di cui, in alcuni casi, la nostra cul-tura risulta ancora oggi permeata.Quando poi capita (com'è capitataa me) l'infausta coincidenza diessere testimone oculare dellemaleolenze che uno di questicanali artificiali periodicamentetrasferisce nel fiume più pulitod'Italia, il Ticino, attorno a cui da25 anni è stato istituito un parcofluviale per espressa volontà popo-

lare, il termine "scolmatore" suonaaddirittura sinistro, come presagiodi morte.Chi leggendo queste righe è porta-to a credere che queste espressioniforti siano dovute alla carica emo-tiva di chi fa il Presidente del Parcodel Ticino e non alla realtà dei fatti,è pregato di visitare un'interessan-te mostra fotografica allestita nondal personale del Parco, ma daun'organizzazione volontaristicadi cittadini di Vigevano edAbbiategrasso che tiene costante-mente sotto controllo il luogo incui lo scolmatore nord-ovest diMilano sfocia nel fiume Ticino.Ma veniamo ai fatti.Io credo che nei decenni immedia-tamente successivi all'ultima guer-ra, nell'area nord di Milano si sianocreati i presupposti per un verodisastro ambientale. In questa sede (ed in chiave pura-mente giornalistica) sono chiama-to ad analizzare la questione dalpunto di vista idraulico, limitata-

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Verso il futuro

Il progetto del raddoppiodel canale scolmatore

di nord-ovest e il Parco del Ticino

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mente alla parte che interessa ilterritorio del Ticino, ma deve risul-tare chiaro che quanto verrà dettosu questo argomento può valereanche per altre componenti natu-rali, se è vero, come è vero, che lazona del Lambro, Seveso ed Olona,è stata definitafin dal 1992 dal Ministero del -l'Ambiente area ad alto rischioambientale.Ciò che è stato messo in atto neidecenni è spiegabile in pocherighe. Tutti i corsi d'acqua dell'areamilanese sono stati rigidamenteincanalati, cementificati e, in moltitratti, intubati e si è consentito chein essi venissero scaricati reflui diaree residenziali oltre a quelli pro-dotti da cicli di lavorazioni indu-striali, in modo da creare delle veree proprie fogne a cielo aperto. Unavolta messo ciascun corso d'acquain condizione di non contenerenemmeno le proprie piene ordina-rie e prevedibili, al fine di consenti-re l'allontanamento delle acqueeccedenti la sezione artificializzatadel corso d'acqua, si èprogettato e parzialmente realizza-to un sistema artificiale di canali,detti appunto scolmatori,l'uno verso est (fiume Adda, mairealizzato) e l'altro verso ovest(fiume Ticino), con un’ulterioredeviazione a sud (verso il Lambromeridionale) partendo dal nodoidraulico di Vighignolo (Rho).Il primo tratto dello scolmatorenord-ovest, dall'area Seveso,Olona, Lambro fino a Vighignolo,ha una portata di 30 mc/sec.; il

secondo tratto da Vighignolo alTicino ha una portata di 60mc/sec. Il deviatore Olona, che da Vi -ghignolo percorre tutta l'areametropolitana milanese verso sude sfocia nel Lambro meridionale,ha una portata teorica di 50mc/sec.Questa è la fotografia semplificatadella rete idraulica attuale.A questa vanno però aggiunte dueaggravanti:- il deviatore Olona risulta parzial-mente ostruito da manufatti rea-lizzati successivamente che nehanno ridotto la portata da 50 acirca 15 mc/sec.- lo scolmatore nord-ovest ricevein tal modo, oltre alle acque che sipossono definire "di competenza",anche la parte non assorbita daldeviatore Olona, gli scarichi male opoco depurati di diversi impiantiobsoleti dei Comuni dell'ovestMilano, oltre che altri scarichi pro-venienti da non bene identificatereti fognarie ostruite, per le qualinon si è trovato di meglio che farletraboccare nello scolmatore, senzaalcuna precauzione di carattereigienico.Un quadro desolante da paeseincivile quale noi siamo in questosettore.Il meccanismo che si mette inmoto in occasione di ogni precipi-tazione atmosferica di qualcheconsistenza è intuibile.Le acque eccedenti dei bacinitotalmente impermeabilizzati diSeveso, Lambro e Olona, vengono

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incanalatein pocheore nelloscolmato-re, una pic-cola parteviene diret-ta versosud (devia-tore Olona)ed il rima-nente siriversa nelT i c i n o ,senza unminimo ditrattamen-to depura-tivo, anzi,senza nem-meno un’elementare grigliaturameccanica che ne separi almeno irottami più ingombranti.Questo accade 10, 20 o 30 voltel'anno, senza alcun controllo.Praticamente ogni volta che piovecon una certa intensità. E' quasi ovvio sottolineare che l'a-rea Abbiatense del fiume in cuisfocia il canale sta subendo dannipreoccupanti, moria di pesci, bio-logia fluviale quasi compromessa.Il progetto che s'intende realizza-re consiste nel raddoppiare la por-tata (da 30 a 60 mc/sec.) dal primotratto del canale ScolmatoreNord-Ovest, si dice per ovviarel'inconveniente dell'innalzamen-to della falda freatica nella città diMilano che attualmente compor-ta il costante pericolo di allaga-mento di piani interrati degli edi-

fici oltre che delle stazioni dellalinea Metropolitana.Il raddoppio della portata delcorso d'acqua comporterebbeperò anche un inevitabile peggio-ramento, nel fiume Ticino, deifenomeni sopra descritti.Un fatto quindi inaccettabile per ilParco del Ticino e per la popola-zione residente.Chi, come me, s'interessa di terri-torio e di ambiente da anni, èdesolato nel constatare il modoirresponsabile e asociale con cuisi affrontano le emergenze causa-te da comportamenti colpevolipregressi.Come si può pensare di poter com-promettere un ambiente fluvialeche costituisce un patrimonio pertutta la collettività senza tenerconto della reazione non solo di unParco, istituito per tutelare le

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acque del fiume, ma anche di unapopolazione che ha stretti legamidi fruizione col Ticino? Come si può pensare di poter elu-dere non solo le ragioni del buonsenso comune, ma anche leggidello Stato che, specie dopo la pro-mulgazione del D.Lgs. n. 152 delmaggio 1999, vietano nel modopiù assoluto di far affluire in uncorso d'acqua naturale acque diqualità peggiori del corpo ricetto-re, tali comunque da compromet-tere "i processi naturali di autode-purazione e di supportare comu-nità di animali e vegetali ampie eben diversificate"? (art. 5 D.Lgs. n. 152/99).Come si può irresponsabilmentepensare di trasferire acque putrideda un luogo all'altro senza curarsidelle condizioni chimiche e micro-biologiche delle stesse?Francamente non si riesce a capi-re la cocciuta miopia di chi nonvuole ammettere che come c'èuna emergenza idraulica esisteanche una emergenza più grave dicarattere ambientale e sanitario eche i due aspetti della stessa que-stione non possono esseredisgiunti.Di certo la nostra posizione èchiara e responsabile.Ammesso e non concesso cheopera primaria di una complessasistemazione idraulica dell'areamilanese sia il raddoppio dellaportata dello scolmatore e noninvece i lavori che consentirebbe-ro ai fiumi di Milano di contenerele proprie piene, occorre pensare

anche al trattamento depurativodelle acque ed alla messa in fun-zione a pieno regime anche deldeviatore Olona.Non può essere consentito achiunque di scaricare veleni apropria discrezione nei fiumi, diucciderne ogni forma di vita e poi,all'occorrenza, scaricare le ecce-denze in un corso d'acqua ubica-to a 30 km. di distanza, che, grazieanche alle attenzioni che unaintera comunità gli ha rivolto, sitrova in condizioni naturali tali dapoter contenere incrementi diportata, ma non sicuramente dapoter mettere ulteriormente arepentaglio la funzionalità delproprio ecosistema.Il raddoppio dello scolmatorenord-ovest, come erroneamente èstato affermato, non è un'operaidraulica di esclusivo interessemilanese, bensì è un interventoche coinvolge intere popolazioniche possiedono nel loro patrimo-nio il gene del rispetto e della con-servazione dell'ambiente fluvialee la mobilitazione spontanea veri-ficatasi in questi ultimi mesi costi-tuisce la testimonianza più elo-quente. Questo mi autorizza a credere chesenza precise garanzie di carattereambientale ed igienico-sanitarioil raddoppio dello scolmatorenord-ovest "non s'ha da fare".

Luciano SainoPresidente Consorzio Parco

Lombardo della Valle del Ticino

L E N O S T R E A C Q U E15

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S ul finire degli anni sessan-ta, e all'inizio degli annisettanta, prese a formarsiuna diversa cultura sul-

l'uso del territorio: dalla conce-zione che di esso si potesse fareun’utilizzazione indiscriminata,all'impegno alla sua salvaguar-dia. Si era prima portati a ritene-re che le risorse fossero inesauri-bili e che i recettori (acqua e aria)potessero assorbire ogni e qual-siasi emissione, e da allora questiconcetti cominciarono ad esserericonsiderati.In attesa di una riforma organicadella legislazione allora vigente,qualche settore della pubblicaamministrazione, ed alcuni entilocali che avvertivano maggiorsensibilità, si posero questi pro-blemi, che vennero affrontati,nell'assenza di un nuovo quadronormativo, con iniziative chenon potevano avere se non unacaratterizzazione parziale ed epi-

sodica. Si pensi che, per combat-tere l'inquinamento delle acque,la Provincia invocava vecchienorme sulla disciplina della pe-sca e sulla tutela del patrimonioittico. Sul rilievo che gli scarichiindustriali e civili con compo-nenti chimici ed organici qualita-tivamente e quantitativamenteparticolari recano pregiudizioalla fauna ittica dei corsi d'acquasuperficiali, la Provincia giunge-va addirittura ad ordinare lachiusura di fabbriche ed insedia-menti. Poteva essere osservatoche l'economia nazionale e leesigenze abitative valevano assaidi più che la vita di alcuni pesci,ma era importante insistere nel-l'utilizzazione di quegli scarsistrumenti legislativi, giacché nondovevano considerarsi quelli itermini comparativi di riferimen-to, bensì la conservazione e lasalvaguardia dell'ambiente. Sinotava che se si fosse irreparabil-

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I consorzi dellaProvincia di Milano

per il risanamento ambientaletra passato e futuro

Consorzi

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mente deteriorato non vi sarebbepiù stata non solo la vita deipesci, ma la permanenza dellecondizioni stesse per gli insedia-menti umani. Era però evidenteche la politica ambientale nonpoteva essere affidata solo adinterventi repressivi.Occorreva infatti considerare cheil particolare problema delladepurazione delle acque nonpoteva essere risolto se, con esso,non veniva affrontato quello rela-tivo alla utilizzazione delle risor-se idriche. Da qui, a parte il clamore solleva-to da alcuni casi, la necessità dinon porre attenzione da parte deiSindaci alle sole norme del T.U.delle leggi sanitarie del 1934.Anche le Provinciali furonoindotte a non avvalersi, comericordato, delle sole leggi sullapesca per intervenire a tutela diacque anche dove la vita deipesci poteva prospettarsi inmodo del tutto teorico.Per questo, il maggior impegnodegli Enti locali si trovò rivoltoalla promozione di consorzianche sul modello di altri già esi-stenti, per la costruzione di gran-di reti di collettori, con impiantofinale di trattamento, che convo-gliassero le acque reflue; ai pro-getti di costruzione, ed alla lororealizzazione, si accompagnavauna normativa idonea ad impor-re condizioni di compatibilità deisingoli scarichi con il trattamen-to generale, realizzando assiemead una economia di costi un

ambito comprensoriale di inter-vento. Sul piano tecnico, le opereerano anche volte a risolvere pro-blemi di natura idraulica, cheindiscriminate e massicce cana-lizzazioni potevano far sorgere,soprattutto là dove avrebberosottratto alla falda la sua naturalealimentazione. Il Consorzio delMagentino, che già operava, indi-viduò in quel periodo gli obiettivisopra delineati, allargando ilcampo dei suoi interventi perprovvedere alla bonifica del terri-torio. Accanto alla depurazionedelle acque venne promosso losmaltimento dei rifiuti solidi,dapprima con il limitato obietti-vo di contenere ed eliminare ildegrado, e poi con la più ampiaprospettiva della razionalizzazio-ne e del migliore utilizzo dellerisorse.Appariva tuttavia evidente cheun intervento sul territorio limi-tato ad un obiettivo parziale nonsignificava che un tentativo epi-sodico di por mano ad interventipiù incisivi e di più ampio respiroper il governo del territoriomedesimo. Opportuna sembròper questo aspetto la riformadelle autonomie locali introdottadalla legge 142 del 1990, con lenorme che hanno assegnato allaProvincia, e alle città metropoli-tane, gli strumenti per interventicoordinati nella gestione dellerisorse e nell'utilizzazione deimezzi. E' infatti indubbio cheassai poco efficaci sono le operese non sorrette da programmi

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che, investendo il territorio con-siderato, non pongano obiettivi enon individuino strumenti perquei settori di intervento chesono strettamente collegati tra diessi: l'assetto urbanistico, lamobilità, l'ambiente. I consorzi non potevano certa-mente assolvere a tali funzioni,anche se qualcuno di essi si qua-lificava polifunzionale, proprioperché mancava un centro diindirizzo e di direzione politico-amministrativa.Occorre però considerare che,pur essendo prossimo il compi-mento del decimo anno dallariforma, l'ordinamento provin-ciale non ha assunto in concretopoteri e funzioni di governo delterritorio nel senso sopra deli-neato, per cui si dovrà ancoraassistere, per qualche tempo, adinterventi efficaci, quali quelli deivecchi consorzi, ma ancora par-ziali ed episodici.Di pari passo con il riordino delleistituzioni nei livelli intermedi fracomuni e regioni, il legislatore haindicato alcune linee di riformadei consorzi. Correttamente neha imposta la trasformazione inaziende speciali, ma sarebbestato più coerente se, attraversoquesta prescrizione, avesseimposto anche la revisione degliambiti territoriali di riferimento.Un'azienda speciale è infatti entestrumentale dell'ente locale; ilriferimento è agevole nell'ambitocomunale, ma non lo è ancoraquando il consorzio, ora azienda,

è rivolto ad un territorio piùampio. Da qui la necessità che siadata piena attuazione alla rifor-ma della Provincia, senza inven-tare nulla di nuovo, ma soloattuando quanto già la riformadel 1990 delineava. Indirizzo che anche la Regionesembra perseguire con la leggeregionale approvata con il n. 168nella seduta consiliare 28 settem-bre 1999 ed avente per oggetto ilriordino del sistema delle auto-nomie in Lombardia.In questa ottica è assai importan-te il trasferimento alle Provincedelle funzioni amministrative diinteresse provinciale che riguar-dino ambiti intercomunali o l'in-tero territorio provinciale, nellematerie del territorio, ambienteed infrastrutture.Se il quadro istituzionale puòconsiderarsi positivamente deli-neato, nel senso di configurarenei vecchi consorzi, ora aziendespeciali, enti strumentali per gliinterventi di settore, ma in unambito programmatorio globaleper il governo del territorio, puòsorgere qualche motivo di preoc-cupazione dal progetto di rifor-ma ulteriore di questi enti, allor-ché si prescrive la loro trasforma-zione in società per azioni. Ed in effetti non pochi problemisorgono per la concreta realizza-zione di tale disegno, attesi i cri-teri di imprenditorialità ai qualila gestione di tali società deveispirarsi, una volta superata ladifficile scelta delle procedure

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per l'individuazione dei soci el'affidamento del servizio. Già èdifficile prefigurare la costituzio-ne di una società per l'eserciziodi un'impresa, se non vi è la pre-ventiva certezza che l'obiettivopotrà essere raggiunto attraversol'ottenimento della concessione,in quanto la concessione medesi-ma deve essere affidata ad unagara. Ma l'aspetto che meritamaggiore attenzione è quellorelativo ai criteri di scelta dei socied alle motivazioni che possonoindurre questi a aderire. E' noto

che un socio accede ad una com-pagine sociale già costituita, o dacostituire, mediante un'offerta dicapitale e di risorse da cui siattende il più delle volte, se lapartecipazione è cospicua, la re-munerazione del capitale e lavalorizzazione del patrimonio,con una partecipazione allagestione secondo criteri diimprenditorialità ed efficienzaidonei ad assicurare il consegui-mento di quell'obiettivo.Condizioni che la partecipazioneal solo capitale di rischio può

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non far conseguire se si conside-ra che la formazione dei ricavi,da cui trarre il profitto qualeremunerazione del capitale stes-so, non dipende dalla gestione edal mercato, ma da costi e ricaviautoritativamente determinati. Stabilisce, in effetti, il comma 4dell'art. 12 della legge 23 dicem-bre 1992, n. 498, che la determi-nazione dei ricavi deriva dallafissazione delle tariffe che devo-no tener conto: a) della necessitàdi coprire i costi attraverso i rica-vi; b) di assicurare equilibrio fra ifinanziamenti raccolti ed il capi-tale investito; c) di prefigurare gliammortamenti necessari pergarantire adeguatezza degli inve-stimenti e qualità del servizio; d)di remunerare il capitale.Orbene, la condizione di mono-polio in cui l'impresa opera(salvo ipotizzare il frazionamen-to di concessioni per il medesi-mo servizio) consentirebbe distabilire tariffe per il raggiungi-mento ottimale degli obiettivisopra indicati, ma farebbe venirmeno lo scopo di fornire il servi-zio a costi sopportabili per gliutenti, con valutazioni non solodi convenienza economica, maanche di opportunità sociale.Un modello sul quale si stadiscutendo è quello della publiccompany, cioè di società ad azio-nariato diffuso, con statuti cheprefigurino garanzie idonee adimpedire il formarsi di posizionidominanti, con la conduzione ela gestione affidate ad una strut-

tura manageriale. Con questa configurazione nontroverebbero, però, adeguatacollocazione il capitale di rischioe l'impegno attivo di sociimprenditori, e vi troverebbeaccesso il solo capitale di rispar-mio. Ma il capitale di risparmiorichiede remunerazione, forsepiù contenuta, ma più sicura. Come pure non sembra di poterprefigurare un modello procedi-mentale per la scelta dei soci el'affidamento della concessione,attesa la peculiarità delle singolesituazioni.E' certamente positivo l'intendi-mento di dotare i consorzi, oraaziende, domani S.p.A., di stru-menti per un più agile operarecon criteri di impresa, ma perraggiungere questo obiettivonon appare necessario trasferir-ne la proprietà, attraverso la par-tecipazione all'azionariato, asoggetti privati.Una impresa con incisiva parte-cipazione del capitale privatorischia infatti di far perdere divista l'interesse pubblico chedeve soddisfare. Sarebbe certamente una graveiattura per il governo del territo-rio e per la gestione delle suerisorse se si tornasse ad una par-cellizzazione degli interventi,non coordinati in un disegnopolitico generale, e che nonabbia la sua fonte nelle istituzio-ni alle quali sole spetta la respon-sabilità di tale governo.

Mario Bassani

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Igiorni di guerra passanotroppo lenti e la vita si fasempre più difficile per tutti.I lavori per la facciata, tanto

cari al nostro Preposto, iniziatinel 1934, devono essere interrot-ti, cosicché la fronte della chiesarimarrà a metà fino agli anni cin-quanta. Intanto un’altra sventurasta per abbattersi sul sacro tem-pio. In esecuzione del Decretodel 23/04/1942, relativo alla “rac-colta di campane facenti parte diedifici di culto” per esigenze diguerra, il 20 maggio 1943 si pre-sentano gli operai della ditta diMilano, Barigozzi, dietro incari-co del sottosegretario di Stato,per procedere alla rimozione deibronzi nella misura del 52%.Vengono quindi asportate trecampane dalla Parrocchiale, frale quali purtroppo anche la mas-similiana, due da S. Rocco e unadall’Assunta. Dal Chronicon:“nessun incidente da parte dellapopolazione che, nella quasitotalità, si astenne dal presenzia-re alla melanconica impresatraendone non lieti auspici per ilfuturo esito della guerra.

Rimasero i battenti delle oresenza la campana sulla qualedovevano suonare...”. Arriviamoal 3 Febbraio 1944, data che perla cronaca magentina rimarràlistata a lutto. Sentiamo le vivideparole riportate dal diario delParroco: “ricorre la festa tradizio-nale di S. Biagio, e, malgrado cheoccupa gli animi di tutti per l’orache volge, la borgata è piena d’a-nimazione e le strade formicola-no di migliaia di persone accorsedai paesi periferici per il mercato.Meta religiosa del movimento è ladevota cappella di S. Biagio pres-so il Collegio delle SuoreCanossiane...Il mercato, come levie, è assiepato di popolo, mal-grado offra scarso interesse permancanza di merci e di scambio.La massima calma e serenitàforma il clima della festa: sembradoversi dire che le nostre popola-zioni, stanche degli orrori dellaguerra, dalle privazioni edansietà, sentano il bisogno di ele-vare, tratto tratto, in più spirabileaere, lo spirito affaticato e stanco,in cerca di sollievo dalle cureangosciose che l’opprimono. E

Mons. Luigi Crespi

Storia ecclesiastica

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questo sollievo lo doman-dano alle feste religioseche parlano ancora, eparleranno sempre, allegenti agitate nell’odio illinguaggio delle frater-nità e della pace.” Maquesti momenti idilliacidovevano durare poco:dal Palazzo della GIL divia 4 Giugno, esce unasquadra di ragazzottidella milizia repubblica-na, armati di moschetto,subito sguinzagliatisi perle vie cittadine con l’ordi-ne di perseguire i reniten-ti alla leva del 1925.Infatti, poco dopo, siodono delle detonazioniche creano un fuggi fuggigenerale e, nei pressi delcimitero, rimane colpitoil giovane Mario Magna.Questi rimane senzaalcun soccorso se nonfosse per l’intervento di un sol-dato tedesco, della guarnigionedi occupazione, che, commosso,provvede a farlo ricoverare inospedale dove arriva però giàagonizzante. Nel frattempo unaltro giovane, AmbrogioColombini, di Marcallo, cade feri-to mortalmente dinanzi alla CasaGiacobbe. Aveva appena 17 anni enon era neppure di leva. Il Parroco, avvisato dei fatti,mentre si trova presso le SuoreCanossiane, corre, portandosiappresso l’olio santo, verso via 4Giugno e, da lì, fino all’ospedale.

Ivi giunto, trova il Colombini giàmorto, il Magna in stato comato-so e diverse altre persone feritedai proiettili vaganti, fra cui lasignora Eugenia Maino con unavistosa frattura al piede. Per tuttiha parole di conforto. La popola-zione tutta è presente ai funeralia manifestare la sua solidarietàalle famiglie delle vittime, cosic-ché l’evento assume un signifi-cato particolarmente solenne,questo nonostante che il Prefettotenti di sospendere la funzionefunebre adducendo motivi diordine pubblico. Non meno cupi

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Mon. Luigi Crespi negli anni ‘40

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sono i mesi successivi: nel marzo‘44, ad esempio, in seguito ad unosciopero nelle fabbriche magenti-ne, vengono imprigionati unadecina fra operai e operaie dellaSaffa e dell’opificio Varedo (Snia)e subito trasferiti, dall’autoritàgermanica, a Milano. Anche inquesta occasione Don Crespi siinteressa della sorte di queidisgraziati che rischiavano diessere deportati inGerma nia. Altri momenti critici perla zona del ma gentino sihanno nell’aprile del1945, quando tutto ilterritorio pullula ditedeschi che hanno quiloro comandi. Per fortu-na, al di là di una spara-toria ad Inve runo, sigiunge ad una resasenza spargimenti disangue, anche grazie alsabotaggio delle linee te -lefoniche che impedisce icollegamenti fra le forzenemiche creando il caos.È giusto qui ricordare l’at-tività de terminante diDeme trio Brambilla, Pre -sidente della “Unioneuomini cattolici” e titolaredella sede locale dellaEsticino (Stipel). Finitafinalmente la guerra ini-zia il faticoso periododella ricostruzione. In parrocchia viene isti-tuito il Segretario delPopolo (1946) con il

preciso scopo di occuparsi deibisogni delle classi popolari chepiù hanno risentito del periodobellico: reduci, disoccupati,mutilati, vedove, orfani, anzianisono tutte persone che versanoin condizioni di grave necessità.Si cerca anche una sede conve-niente per le ACLI, di recentefondazione, per il momentosenza risultati concreti. Poco

Mon. Luigi Crespi

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dopo si inizia a pensare ad unaColonia estiva per i bambini e,nel 1947, la scelta cade su Cogne,in Val D’Aosta, grazie ai localimessi a disposizione dal parrocolocale. Il posto è incantevole, l’a-ria balsamica, l’acqua purissimama insorgono delle difficoltà:l’affitto risulta caro per le prova-te possibilità della parrocchiamagentina, i mezzi di comunica-zione sono ancora scarsi, il tra-sporto lungo ed infine vengono a

mancare anche i viveri promessiattraverso l’UNRRA (Organiz -zazione ONU per la ricostruzio-ne). Cosicché, dopo numeroseperegrinazioni, si ripiega suAmeno dove i pargoli vengonoassistiti con competenza da DonLuigi Gallazzi, detto “el catanai”,infaticabile coadiutore magenti-no. Intanto, fin dal gennaio 1947,il preposto vuole dar corpo alprogetto di ricostruire campana-rio della Chiesa di S. Martino,

ancora manchevoledi tre pezzi (quellisottratti nel 1943) econ due inutilizza-bili perchè stonateper difetto di fabbri-cazione. Dopo esse-re andato fino aRoma nella speran-za di accedere allaventilata indennitàper le chiese colpitedalle requisizioni,Don Cre spi chiedeun sacrificio straor-dinario ai suoi par-rocchiani che, comesempre, rispondonogenerosamente. Sipuò dare quindiincarico alla DittaCarlo Ottolina di Se -regno di effettuare ilavori. Il giorno 30settembre, alla pre-senza del prevosto,trepidante per l’at-tesa, accompagnatodal Cav. Francesco

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Magenta - La facciata incompleta dellaBasilica di S. Martino negli anni ‘50

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Ploda ri, industriale, e dal geome-tra Viglio, titolare dell’UfficioTecni co Comunale, avviene lafusione con un risultato perfetto.Così Magenta, in occasione del-l’elevazione al titolo di città, puòinaugurare il nuovo complessocampanaro, benedetto da Mons.Domenico Bernareg gi, già prevo-sto magentino. Il grande consenso ed entusia-smo manifestato dai cittadininon passa inosservato presso lealte sfere ecclesiastiche, cosic-ché, propiziato dal CardinaleIldefonso Schuster, giunge, nel1948, il “breve pontificio” di PapaPio XII con il quale la Parroc -chiale di S. Martino viene elevataalla dignità di Basilica MinoreRomana. Don Luigi viene elettoprelato domestico di Sua Santitàcon il diritto di portare il titolo diMonsignore. I tempi si fanno viavia più tranquilli e il nostronovello Monsignore può celebra-re con letizia il suo cinquantesi-mo di sacerdozio (1950), dando,in questa occasione, sfogo allasua antica passione: la musica.Di questo periodo è un articolodel compianto Maestro L.Stoppa di cui ritengo interessan-te riportare alcuni stralci: “LaMissa Jubilaris” che sarà eseguitail 25 giugno 1950 è l’ultimo lavo-ro musicale e la composizione dimaggior respiro del nostroMonsignore.Egli non è un compositore nelsenso più ristretto della parola.C’è negli uomini, soprattutto in

quelli di vita interiore, la neces-sità di corrispondere alle esigen-ze dei sentimenti che di quandoin quando affiorano tra le occu-pazioni e le preoccupazioni:Monsignore li esprime attraversola musica ... . Appunto perchènon musicista nel senso chedicevamo non si può pretenderedi trovare nella sua musica l’ap-plicazione di tutte le regole d’ar-monia e contrappunto necessa-rie per un professionista di com-posizione ... . La sua vena spon-tanea, un orecchio fine, unainnata attitudine lo portano acomporre con immediatezza, manon gli è consentito andar oltrechè altrimenti sarebbe un com-positore e non un sacerdote ... Prevosto di Busto Garolfo sidiede a comporre secondo le esi-genze di quella Scuola Can -torum... . Sono di questo periododue composizioni brevi ma, anostro giudizio, le migliori ecapaci di tener fronte a parec-chia musica stampata di compo-sitori sacri noti: si tratta di un“Ave Verum” e di una “AveMaria” per tenore solo; quest’ul-tima orchestrata ed incisa dal-l’indimenticabile maestro EmilioColombo. Monsignore ci ha rac-contato la storia di questa “AveMaria”. Stava compiendo il tra-sloco da Busto Garolfo aMagenta: prima di rimuovere ilpianoforte volle trarne qualcheaccordo e, quasi senza avveder-sene, si trovò musicata tutta l’AveMaria... . Sarebbe troppo lungo

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parlare della Missa Jubilaris. Noila riteniamo come la sintesi ditutte le sue composizioni...”. Vànotata in questa Messa una gran-de aderenza al testo liturgico...cioè è di spirito perfettamentecattolico e fa sì che la Messadiventi un vero poema sinfonicovocale”. Mons.Crespi non è tipo dastarsene quieto permolto. Ecco che sidedica al completa-mento delle campa-ne della ChiesaSussidiaria dell’As -sunta facendo nelcontempo istanza alCardinal Schu ster,ottenendone unriscontro positivo,per elevare il sud-detto Tempio alladignità di San -tuario (Decreto Arcivescovile del13-5-1951).Nello stesso anno il nostro buonsacerdote riprende in mano unodei suoi vecchi pallini: finire lafacciata della Basilica. Ecco quin-di che riprendono le donazionidei parrocchiani, ma ancora unavolta i lavori (come già nel 1939per il restauro dell’Assunta) nonpossono giungere a compimentoper il sopraggiungere di altrepriorità; infatti, la seconda chiesasussidiaria di Magenta, dedicata aS. Rocco, presentava pericolosicrepacci, cosicché si reseronecessari lavori di consolidamen-to esterni , un restauro decorativo

interno e il completamento delcampanile (1953). Sul principiaredell’anno 1954 avviene l’ultimavisita Pastorale del CardinaleSchuster: già a novembre infattiviene nominato il nuovoArcivescovo nella persona diMons. Giovanni Battista Montini.

Giungiamo al 1957, quando sicostituisce il Comitato pro-Basilica, sull’esempio di quelloper il Centenario della Battaglia,con Presidente il Cav. AdelfoDonarini Buttafava e segretario ilRag. Mario Varisco. Lo scopo delComitato, ovviamente, è quello diraccogliere sistematicamente,anche tramite varie iniziative, ifondi mancanti al completamen-to dei lavori. Bisogna dire che svolse egregia-mente il suo compito se il giorno 2giugno 1959, aprendo altresì il ciclodelle manifestazioni risorgimenta-li, si poteva finalmente inaugurarela monumentale facciata, opera

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Nuovo concerto campanario (1947)

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dell’architetto Enrico Mariani. Una immensa folla, arricchita pureda numerose persone dei paesi delcircondario, faceva da degnocorollario al Cardinale G.B. Mon -tini ivi giunto per la solenne bene-dizione. Lo sforzo per portare a compimento

questa sua ultima opera deve avereassorbito le ultime energie dell’or-mai venerabile Prevosto se è ve roche dopo ciò inizia ad avere un evi-dente calo fisico. Fa appena in tempo a vedere unodei suoi amati magentini, Mons.Fran cesco Ber toglio, ricevere l’inve-

stitura episcopa-le e già si avvici-na rapidamentela fine anche perun uomo graniti-co come lui. Il 27-6-1961, do -po bre ve ma lat -tia, Mons. LuigiCre spi decede frail sentito cordo -glio generale.

GiancarloCattaneo

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L E F A M I G L I E N O B I L I31

Famiglie nobili

I Robecchi (III ed ultima parte)

Q uando, nel 1755, il Ticinoin seguito a una piena,rompe gli argini di destra eapre un nuovo alveo in

territorio novarese, sopra l’imboc-catura del Naviglio Grande, si temeper la sopravvivenza di quest’ulti-mo canale. Così ecco che l’Inge -gnere Camerale Don Giuseppe Ma -ria, pronipote di Filippo, già cono-sciuto autore di diverse opere fracui una “relazione ... sulle opere direttifilo da farsi al Ticino”, si mette aprogettare, assieme al Ricchini, unaradicale modifica delle struttureatte a convogliare le acque delFiume Azzurro. Il progetto vieneapprovato e si iniziano anche i lavo-ri, quando, dopo l’intervento delMatematico Antonio Lecchi, fauto-re di un potenziamento dell’esi-stente, arriva un provvedimento disospensione. Questo fatto ci togliela possibilità di provare la validitàdegli studi del Robecchi, le cuicarte vanno ad aggiungersi a quelledei suoi predecessori, tutt’oggiall’archivio di Stato di Milano, e lacui salma va a raggiungere gli ante-nati nella tomba di famiglia in SanMichele alla Chiusa, chiesa pur-troppo andata distrutta. Il figlio,Don Bernardo, non seguirà le orme

paterne, ma, sposato una Stagnoli,pavese, lo ritroviamo a Cergnago inLomellina, a bonificare i fondi delMarchese Lonati, dal quale, inseguito, riesce a comprare stabili eterre. Già inizia a soffiare la ventata napo-leonica e, il di lui figlio, Giovanniaccorre ad arruolarsi nelle miliziedell’Imperatore, corpo dei Veliti diLombardia. Divenuto ufficiale, si fale campagne di Spagna, addettoallo Stato Maggiore del GeneralePino, e di Russia ma, dopo il 1814,non disdegna di ritornare ai propricampi, dove vive fino ad età cente-naria circondato dall’affetto deifigli, a uno dei quali dà il nome diquello che fu il suo Dio: Napoleone.Lasciamo ora questo ramo della fa -miglia per vedere cosa combinanogli altri Robecchi nei paesi sparsidella verde pianura lomellinese.Cominciamo da Gravellona dovetroviamo Carlo Michele, nato nel1641 a Besate, il quale, lasciata lafamiglia per problemi sorti con ifratelli di II° letto, si riduce ad affit-tare terre dai signori del luogo.Già però nel catasto del 1723 i figlirisultano proprietari terrieri e, con-solidata la propria posizione, strin-gono sempre più saldamente vin-

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coli di amicizia con i nobiliBarbavara. Sul finire del secolo, unodei nipoti, Carlo Gaudenzio risultanotaio e segretario comunale. Sidestreggia talmente bene in mezzoalle nuove leggi e agli innumerevoliproclami, prima della Repubblica,poi del Consolato e infine delRegno d’Italia, da diventare eglistesso Sindaco (1807) svolgendo ilmandato con sicura competenzatale da meritarsi la Legion d’onore.Un suo cugino, Carlo Michele, detto“Michelon” per l’imponente corpo-ratura, si arruola nell’esercito fran-

cese, coprendosi di gloria, in piùbattaglie e cadendo da prode, comecapitano, nella campagna di Russiadurante il passaggio della Beresina.La famiglia resterà a lungo imbevu-ta degli ideali napoleonici tantoche, anche dopo la restaurazione,quando si parlerà dell’Imperatoresarà solo e unicamente per riferirsial Grande Corso. Tutto ciò nondoveva rimanere senza conseguen-ze: infatti ecco che Giovan Battista(1797-1867), figlio di CarloGaudenzio, spirito irrequieto, sisposta a Cerano, paesino in territo-rio piemontese, prossimo alla gran-de via Milano-Novara e frequentatoapprodo dei traghetti dei contrab-bandieri di ogni genere. Qui ilnostro, divenuto attivissimo propa-gandista delle nuove idee di indi-pendenza, si mette a contrabban-dare pubblicazioni proibite, dive-nendo il raccordo di una fitta rete diprofughi e ricercati politici, tantoda essere bollato come “cospirato-re” dalla polizia. Visse abbastanzada poter vedere realizzati degliideali unitari per cui aveva lottatoper anni. Fra i suoi discendenti tro-viamo eccellenti agronomi e persi-no un teologo, Alessandro, antesi-gnano ispiratore della realizzazionedegli asili infantili.Il primogenito, Giuseppe, si laureaa Torino in Ingegneria e, poco dopo,riesce a farsi assumere al Ministerodei Lavori Pubblici. La sua posizio-ne cambia radicalmente quandosposa Erminia Fiori, erede di un’an-tichissima ma soprattutto ricchissi-ma famiglia lombarda, proprietaria

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Monumento eretto a Vigevano al“prevosto” don Guseppe Robecchi

(Fotografia A. Beretta, Vigevano)

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fra le altre cose del Castello diMombello, uno stabile di trecento-sessanta finestre! Di quest’ultimo,quando si tratta di spartire la cor-posa eredità, nessuno se ne vuolefar carico per via degli altissimicosti di manutenzione, ma l’Ing.Giuseppe, presa in mano la situa-zione, riesce a farlo vendere allaProvincia di Milano, allora in cercadi una sede per il ManicomioProvinciale. Intanto il MarchesePallavicino, genovese, ha messo gliocchi addosso all’ex feudo, alloraquasi abbandonato, del Vescovo diVigevano, consistente in un castelloe in una immensa tenuta di 6.000pertiche. Il Robecchi, grazie alle sueconoscenze, lo aiuta nell’acquisto ediviene l’affittuario dell’enormelatifondo mettendosi subito con

grande energia a bonificarlo.Costruisce stalle, cascine, aie, com-pera macchinari e bestie, assumelavoranti, tanto che in breve divieneil fulcro dell’industria agraria dellazona. Non contento di questo, unavolta eletto Sindaco (lo rimase per32 anni!), rivolta Zeme come unguanto: al centro del paese fa realiz-zare un grande piazzale, fonda unnuovo Palazzo Comunale, costrui-sce un nuovo cimitero, istituisce laSocietà di Mutuo Soccorso, fonda laBanda musicale, provvedendo per-sonalmente agli strumenti e alledivise, fa erigere un asilo modello enei pressi un teatro, i cui proventiservivano a finanziare i pasti gratui-ti per i figli dei lavoratori, e infineun imponente edificio scolastico.Dopo la disgraziata morte, perannegamento, di due suoi figli, siritira a Milano. Dal nipote Erminiodiscende il ramo dei Robecchi-Brivio. Facciamo ora una sosta aGambolò per far luce su una fulgidafigura di patriota figlio di Antonio(1766-1823), ingegnere, ammini-stratore generale delle proprietà diCasa Litta, fra le quali il Castello, poirilevato dagli stessi Robecchi. Sichiamava costui Giuseppe, classe1805, al quale, dopo la consacrazio-ne sacerdotale, viene affidata laparrocchia di S. Pietro Martire aVigevano. Qui svolge con dedizionela sua missione fino al fatidico 1848quando sente crescere in sé unanuova passione patriottica: alloscoppio delle ostilità riesce a mette-re insieme un convoglio di camiciee biancheria da mandare all’eserci-

Testate dei primi numeri dei giorna-li torinesi “Il Progresso” ed “IlDiritto”

(Fotografia Gramaglia, Torino) (R. Biblioteca Naz. Universitaria,Torino)

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to piemontese e nel 1849 lo trovia-mo sul campo di Novara, ora adassistere un morente ora a combat-tere l’austriaco invasore. Obbligatoad abbandonare la tonaca, a causadi un infuocato discorso in occasio-ne della morte di Carlo Alberto, vor-rebbe ritirarsi a vita privata, quan-do, in seguito al decesso del depu-tato di Garlasco, i cittadini, che benlo stimavano, lo inviano alParlamento Subalpino. A Torino inun primo tempo si mette all’oppo-sizione e con Cesare Correnti fondaprima “Il Progresso” (1850) e poi “IlDiritto” (1854). Con il passar del

tempo si avvicina alla maggioranzadivenendo tenace assertore dellaguerra del 1859 e confidente delCavour, a cui si rende utilissimodopo la liberazione dellaLombardia. Nel 1861 viene nomi-nato Economo Generale deiBenefici Vacanti, sempre stimatoper l’onestà e la dirittura delle suedisposizioni. Viene fatto senatorenel 1865, sempre ascoltato conrispetto anche nelle aule parlamen-tari romane. La sua scomparsa,avvenuta nel 1874 a Gambolò,suscita grandi manifestazioni dicordoglio, come si può rilevare daigiornali dell’epoca: Vigevano, Pavia,la sua stessa città natale lo comme-moreranno con lapidi e busti.Cesare Correnti scrive di lui:«Giuseppe Robecchi fu una delleanime più elette, delle menti piùperspicaci, delle nature più intellet-tualmente amorevoli che mai ioabbia saputo immaginare». Termi -niamo la nostra panoramica fer-mandoci a Pavia, madre di altrieroici Robecchi. Dall’avvocatoPietro, grande giurista e giudiceSupremo del tribunale lombardodurante il governo provvisorio del1848, nasce Giuseppe (1825). Questi, appena ventitreenne, tro-vandosi nel mezzo della rivoltamilanese, partecipa attivamentealle fatidiche Cinque Giornate, bat-tendosi sulle barricate e distin-guendosi nell’assalto a Porta Tosa.Liberata la città, con LucianoManara, di cui diventerà insepara-bile compagno e con un manipolodi prodi si lancia all’inseguimento

Eleuterio Pagliano: Il capitanoGiuseppe Robecchi sulla via diTrento.

(Archivio Fotografico Civico, Milano)

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degli Austriaci punzecchiandolinella loro precipitosa fuga. Dopo leben note tragiche sconfitte non siperde d’animo e, alla ripresa delleostilità, nel 1849, si arruola nell’e-sercito sardo, agli ordini del genera-le Ramorino, incaricato di difende-re il basso Ticino. Dopo l’ulterioredisfatta di Novara il nostro e ilManara si portano a Roma dove c’èun’altra disperata battaglia per lalibertà da combattere. Con il gran-de Medici partecipa alla difesa delVascello ma, veduto cadere l’amicoManara, ed essendo egli stesso feri-to, lascia la città riparando aGenova e quindi a Pisa. Qui, depo-ste le armi, riprende gli studi, lau-reandosi in legge. Ma non hatempo per esercitare la professione:viaggia per l’Europa interessandosialle questioni economiche e ai pro-blemi ferroviari. Ritornato a Mila -no, dove viene persino nominatoispettore delle ferrovie lombardo-venete, vi rimane per poco tempo:in quell’anno 1859 spira una nuovaaria e Giuseppe fugge a Torino perindossare l’uniforme di luogote-nente dei cacciatori delle Alpi alcomando di Garibaldi.Il nostro Robecchi, dopo la brillan-

te campagna durante la quale si erameritato una promozione ed unencomio solenne, smessa la divisaritorna a Milano per essere elettoConsigliere Comunale e Assessore.Ben presto divenne deputatosedendo fra i conservatori con l’a-mico Crispi ed in questa veste sioccupa specialmente di problema-tiche economiche. Partecipa anchealla Terza Guerra d’Indipendenza(1866) come Capitano di StatoMaggiore del Generale Medici, ed èdurante questa campagna, sulla viaper Trento, mai peraltro raggiunta,che lo ritrae il pittore Pagliano in unquadro del Museo del Risorgimen -to di Milano. Diviene in seguitomembro del Consiglio Superioredell’Industria e Com mercio e inquesta veste pubblica splendiderelazioni, si batte per lo sviluppodell’industria del ferro, per poten-ziare gli scambi con l’estero e pro-muovere le comunicazioni ferro-viarie. Il suo trionfo fu la Galleriadel Sempione di cui fu ardente pro-motore fin dal 1880. Conclude lasua carriera politica come Senatore(1884) essendo già Presidente delConsiglio Provinciale. Si spegne aMontecarlo fra il compianto gene-

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L’epigrafe messa sotto il quadro al Museo del Risorgimento a Milano

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rale.Rimaniamo a Pavia per delineare lafigura di un altro grande: LuigiRobecchi - Brichetti. La sua vita ètutta un romanzo, a cominciaredalla nascita avvenuta nel 1855:risulta infatti figlio illegittimo diErcole, il quale, dopo aver avutouna relazione con la sartina TeresaBrichetti, se ne guarda bene dalriconoscerlo. È necessaria una sen-tenza del tribunale per veder rico-nosciuti i diritti della madre e delfiglio. Comunque il nostro, avviatoagli studi superiori, si laurea inIngegneria a Pavia, specializzando-si poi all’Università di Karlsrue,dove dimostra grande attitudine

per le lingue straniere. Nel 1887 ini-zia la sua attività di esploratore:giunto al Cairo, prende la decisionedi spingersi all’interno per giungereall’oasi di Giove Ammone, a 150 kmda Giarabub. Non ottenendo idovuti permessi ufficiali, tenta diaggregarsi ad una carovana in par-tenza ma viene abbandonato inpieno deserto: si salva per miraco-lo. Per nulla scoraggiato, impara idialetti locali, gira travestito dabeduino e, quando si sente pron-to, radunati alcuni cammelli,parte per la sua meta. Incredibil -mente, nonostante le mille diffi-coltà, riesce nel suo intento e, consbalorditiva audacia, riesce a por-tare in patria una notevole quan-tità di materiale etnografico, chedona al Museo di Roma. Dopoaver relazionato alla società geo-grafica, dopo varie conferenze edopo aver pubblicato un libro, checontribuisce a renderlo popolarefra i contemporanei, riparte peraltre avventure.Nel 1888 lo troviamo nell’Harrar e,subito dopo inizia una lunghissi-ma traversata dalla terra deiSomali, da lui chiamata per laprima volta Somalia, partendo daObia fino a Capo Guardagui e,l’anno seguente, da Mogadisciofino ai territori inglesi. Anche diquesti viaggi scrive due libri: “Laterra degli aromi” e il capolavoro“Somalia e Benadir”.Luigi in patria ci sta poco: avvezzoa vivere sotto l’infuocato solleoneafricano in spazi sconfinati, mal siadatta alla vita borghese (i suoi

Il viaggiatore Luigi Brichetti-Robecchi

(Incisione di E. Mancatroppa)

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concittadini, del resto, guardanocon sospetto quel tipo originaleche passeggia per Pavia con dueleopardi al guinzaglio) cossiché,appena può si getta in nuoveavventure. Da solo, attraversa ildeserto libico fino all’oasi diSiuwah, dopo di che torna diversevolte nelle terre somale, questavolta per conto del Governo, inte-ressato ad allargare i suoi possedi-menti coloniali, e per la societàanti-schiavista. Durante un viag-gio per conto di quest’ultima, libe-ra il piccolo Mabruc, schiavettonero, e, trattandolo come un figlio,lo porta con sé in Italia, dove però

il poveretto muore appena quat-tordicenne. Più avanti negli anni,il nostro riduce questa freneticaattività per dedicarsi ai suoi studidi linguistica, di antropologia, sto-ria, economia.È doveroso ricordare che ilRobecchi, durante le sue esplora-zioni, si occupò anche di metereo-logia, di geografia, di topografia,oceanografia, mineralogia, bota-nica. Inoltre, fra le migliaia dipiante da lui raccolte gli scienziatitrovarono una cinquantina dinuove speci e ben di più furonoquelle scoperte in campo zoologi-co, tutte immortalate nei secolicon il cognome di famiglia. infine,dopo aver dato alle stampe più di40 opere, circondato dalla stimadel mondo scientifico, il nostroLuigi si spegne serenamente nel1926.A questo punto, ritenendo chel’ultima poliedrica figura qui trat-teggiata, a metà fra un novelloLeonardo e un Lawrence d’Arabia,rappresenti un degno finale per lasaga della illustre famiglia Ro -becchi termino qui il nostro primoviaggio fra le famiglie nobili deipaesi del Ticino.

Giancarlo Cattaneo

Luigi Robecchi-Brichetti ed il suoschiavetto Mabrue

(Fotografia Gramaglia, Torino)(Dal Benadir, Milano, 1908)

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La sanità verRRiifflleessssii ddeellllaa rriiffoorrmm

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I l dibattito che svolgiamo questasera e che costituirà la base perun servizio su “I Quaderni delTicino” giunge in uno dei

momenti più decisivi della sanità ita-liana. Non soltanto, infatti, si è avvia-ta la terza riforma organizzativa dellasanità (dopo quelle introdotte dallalegge n.833/1978 e dal decreto legi-slativo n. 502/1992) che modificaulteriormente il modello di riferi-mento ma, contemporaneamente, sistanno delineando gli obiettivi delpiano salute del prossimo triennio.Decreto legislativo 19 giugno 1999, n.229, Piano Sanitario Nazionale e, inprospettiva, federalismo fiscalerichiedono uno sforzo non indiffe-rente di confronto, raccordo, integra-zione e meditate modalità di applica-zione. Questo si prospetta già comelo scenario del futuro, dal quale con-seguirà un impegno irrinunciabileper i livelli istituzionali: definire conchiarezza i termini di un rapporto traStato e Regioni che non può essereconflittuale, tenendo altresì presenteche, pur quasi trascurato nella rifor-ma “ter”, il riferimento di prospettivadovrà essere soprattutto l’Europa. Per

orientare la discussione di questasera nella prospettiva dei riflessi dellariforma sull’area del Ticino, sarà benericordare che un elemento innovati-vo della fase di riordino della struttu-ra e del modello di funzionamentodel Servizio Sanitario Nazionale(SSN) è rappresentato dalla ridefini-zione del ruolo e dei compiti dei sog-getti istituzionali conseguente allaseparazione fra la produzione di ser-vizi sanitari, attribuita alle Aziendeospedaliere ed ai servizi direttamentegestiti dalle Aziende ASL, e la funzio-ne di finanziamento e di committen-za dei servizi sanitari, esercitata dalleAziende ASL, nell’ambito dei compitidi indirizzo e di controllo propri dellapianificazione regionale. La riformaavviata con il D.Lgs. 502/92, e dellaquale il D.Lgs. 229/1999 intendeesserne la logica evoluzione, tende aconferire al SSN le caratteristichedella compresenza di una forte rego-lazione centrale, volta a promuovereil controllo della spesa sanitaria ed agarantire l’equità di accesso a livelliuniformi di servizi, accanto allo svi-luppo di una competizione tra pro-duttori a livello locale, che dovrebbe

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I nuovi orizzonti della sanità

La sanità verso il 2000“La sanità verso il 2000 - Riflessi della riforma sull’area del Ticino” è stata oggetto di una tavola roton-da tenutasi a Magenta il 25 ottobre 1999 scorso per iniziativa del centro studi John F. Kennedy.Al dibattito, coordinato da Massimo Gargiulo, hanno partecipato Margherita Peroni, consigliere regio-nale della Lombardia, Danilo Morini, commissario Policlinico S. Matteo di Pavia, Pacifico Portaluppi,direttore generale ASL 1 della Provincia di Milano, Eugenio Vignati, direttore sanitario Istituti Clinicidi Perfezionamento di Milano.Lo speciale sanità è dedicato ai temi trattati all’interno della tavola rotonda e all’interventodell’Assessore alla Sanità della Regione Lombardia Carlo Borsani.

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invece promuoverne l’efficienzaoperativa nella produzione dei servi-zi sanitari e la qualità dell’assistenzaprestata.In questo contesto, l’adozione delsistema di pagamento a prestazioneper il finanziamento dei produttoriha rappresentato l’elemento di mag-giore impatto sul SSN, in quanto hacomportato profonde implicazionisulla rete dell’assistenza ospedaliera,sull’organizzazione interna degliospedali e sulle loro modalità di fun-zionamento. Il sistema di remunera-zione, introdotto dal D.Lgs. 229/1999,rappresenta un correttivo del sistemaprecedente in quanto intende affian-care al pagamento a tariffa delle pre-stazioni, livelli di spesa per piani diattività che definiscono volumi etipologie delle prestazioni. Di qui l’in-troduzione degli accordi contrattualie le modifiche del sistema di finan-ziamento introdotto con il D.Lgs.502/1992. Una questione, sulla qualeMinistero della Sanità e RegioneLombardia hanno registrato elemen-ti di divergenza sfociati in polemicheprese di posizione, è stata quella rela-tiva al rapporto pubblico-privato.Lasciando che sul tema si confronti-no i relatori, giova qui ricordare che,per poter essere annoverati fra i pro-duttori del SSN, le strutture pubbli-che e private devono soddisfare trerequisiti:1. essere accreditate dal SSN2. accettare il sistema di remunera-zione, incluso il relativo sistema deicontrolli esterni3. avere un programma interno diverifica e promozione della qualitàdell’assistenzaL’elemento innovativo introdotto dal

D.Lgs. 229/1999 è costituito dal fattoche l’esercizio delle attività sanitarie èsubordinato al rilascio delle autoriz-zazioni, mentre l’esercizio di attivitàsanitarie a carico del SSN è subordi-nato all’accreditamento istituzionale,con il passaggio conclusivo della sti-pulazione degli accordi contrattuali.In conclusione, lo scenario dellanuova sanità italiana sta facendo iconti con una sempre più forte diva-ricazione tra domanda e offerta, per-ché la nostra società invecchia ed èsempre più affetta da malattie dege-nerative. Per anni si è pensato che lapromozione della salute richiedessesoltanto nuovi investimenti in tecno-logie, strutture e personale sanitario. Itagli alla spesa pubblica imposti dallapolitica di risanamento adottata dalnostro Paese, e che quest’anno vedo-no un’inversione di tendenza proprioin materia di sanità, hanno impostoun profondo ripensamento dellanostra organizzazione sanitaria alfine di attrezzare il Paese ad affronta-re sempre meglio la duplice sfida:migliorare la qualità dei servizi e con-tenere i costi. Ciò ha dato origine adun processo riformatore non ancoraconcluso che deve coniugare, anchesotto il profilo culturale, “produtti-vità” con “attenzione per il servizioprestato e per la soddisfazione delpaziente”. Per questi motivi temicome quelli qui trattati oggi, quali“aziendalizzazione” ed altro, che aduna lettura superficiale possono sem-brare distanti, risultano tuttavia signi-ficativi di un processo di riorganizza-zione della sanità sul territorio chetrova nell’area del Ticino motivi diriflessione e di ripensamento.

Massimo Gargiulo

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L a legge regionale 31, cheorganizza la sanità a livel-lo regionale, è entrata invigore il primo gennaio

del ‘98, non siamo pertanto nep-pure alla fine del secondo anno diattività. Prima di poter esprimereun giudizio convinto, ponderato,direi anche supportato da dei datiche siano sufficientemente atten-dibili, occorre analizzare un lassodi tempo più ampio.Quali sono comunque i dati, rico-noscibili, concreti di questi quasidue anni di applicazione dellalegge. Ricordo, in premessa, alcuniprincipi fondamentali per poidare i dati riguardo all’applicazio-ne di questi principi. L’idea forteche ha guidato la legge regionale èstata quella di distinguere leaziende ospedaliere dalle aziendeterritoriali. Si è sostenuto il princi-pio della distinzione tra chi erogale prestazioni: le aziende ospeda-liere, attraverso i ricoveri e la spe-cialistica ambulatoriale, rispettoall’azienda territoriale, quella chenoi conosciamo come ASL, cheprogramma, controlla e acquista

le prestazioni. La seconda idea guida di questariforma regionale riguarda laparità di diritti e di doveri tra leaziende pubbliche e le aziendeprivate. Il terzo punto forte riguar-da l’aziendalizzazione. Entro nelmerito di questi punti.Aziendalizzazione che cosa hasignificato? Ha significato chiede-re a queste aziende la predisposi-zione di un piano organizzativoaziendale e poi di un piano strate-gico triennale. Si tratta di due attifondamentali per conoscere checosa intenderà fare un’azienda,ma anche per capire, secondo unquadro regionale, se ci sono delledistorsioni, se ci sono delle incon-gruenze, soprattutto in vista delladefinizione di un Piano SanitarioRegionale. Questi piani organizza-tivi e piani strategici ci danno oggila visione di quella che dovrebbeessere la Regione Lombardia perquanto riguarda i servizi sanitarinello sviluppo dei prossimi 3 anni.Per quanto riguarda la questionedell’equiparazione tra i soggettipubblici e i soggetti privati, desi-

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Bilancio di due anni di sanità lombarda

Risultati della legge regionale n. 31/97

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dero qui ricordare che un’aziendache sia privata o che sia pubblicaha gli stessi doveri e gli stessi dirit-ti, ma soprattutto deve avere glistessi requisiti. La legge nazionaleha previsto il meccanismo dell’ac-creditamento. Un tempo si parla-va di convenzionamento. Ma c’èpoi un momento successivo, che èquello del contratto che si svilup-perà a partire dall’anno prossimo.Il concetto di accreditamento èmolto semplice: la Regione accre-dita la struttura sanitaria se pre-senta certi requisiti, affinché il cit-tadino che utilizza i suoi servizi siacerto della qualità delle prestazio-ni che essa è in grado di offrire.Ciò implica un momento di verifi-ca iniziale sul possesso dei neces-sari requisiti, strutturali, organiz-zativi e gestionali. Ma a questomomento fanno seguito anche uncostante controllo, perché si puòpartire con dei buoni requisiti, mapoi si può gestire male e si posso-no erogare anche delle prestazioniche non sono all’altezza di queirequisiti richiesti. Ricordo che ladefinizione dei requisiti minimi èstata fatta a livello nazionale conun provvedimento del gennaio 97.La Regione Lombardia da partesua ha previsto ulteriori requisiti.Abbiamo normato in modo estre-mamente puntuale i requisiti siastrutturali che organizzativi chegestionali definendo un tempoentro il quale adeguare le aziendea tali requisiti. Sempre ai fini dell’accreditamentoe del suo costante monitoraggio la

Regione Lombardia ha avviato unprogramma di informatizzazione.Nello stesso tempo ha previstouna formazione specifica per inuclei di controllo, nuclei operati-vi NOC, che hanno il compito dicontrollare non tanto i requisitiiniziali che venivano dichiarati,che vengono controllati dalla ASL,quanto la gestione, quindi i DRG ele prestazioni.Inoltre la Regione Lombardia dal1998 è in grado di rilevare intempo reale i tempi d’attesa, cioèquanto si deve attendere per averele prestazioni nelle diverse patolo-gie. Devo rilevare che l’aver messosullo stesso piano le strutture pub-bliche e le strutture private ha aiu-tato a ridurre i tempi d’attesa.Questo è il primo dato della legge31. Questo primo semestre del ‘99ci dimostra come davvero i tempisi stiano allineando con le previ-sioni che avevamo stabilito. Cisono ancora degli ambiti e delleprestazioni che non rispecchianoe non riescono a rispettare i tempiprevisti, però dobbiamo ricono-scere che la maggior parte delleprestazioni che erano state pro-grammate con dei tempi abba-stanza rigidi trovano il rispetto diquesti tempi.Ricordo che si era stabilito che perle prestazioni di laboratorio non sidovevano fare prenotazioni, che leliste di prenotazioni dovevanoessere aperte, che ci dovevanoessere solo 3 giorni d’attesa peravere l’esito degli esami di labora-torio, salvo per quelle richieste

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che richiedono tempi tecnici mag-giori. Si è inoltre stabilito unaccesso differenziato, 72 ore ditempo, che deve essere certificatodal medico di medicina generale odal pediatra di libera scelta, qualo-ra la prestazione sia urgente madifferibile, cioè ci possano essere72 ore di tempo per consentireanche una gradualità, ma nellostesso tempo un controllo.Ebbene, riguardo ai tempi di atte-sa per il 2000 essi saranno ugualiin tutta la Regione.Molte strutture sanitarie dellaLombardia, comprese quelle diriposo, hanno bisogno di grandiinterventi. Per quanto riguardal’edilizia sanitaria dal 1994 ad oggisono stati finanziati 1362 miliardi.Per i prossimi anni lo Stato ha

assegnato alla Regione 2420miliardi. Di questi quasi 300 sonostati assegnati alle RSA. Per lasanità rimane veramente poco sepoi consideriamo l’entità degliinterventi che si devono sostene-re, ma più ancora dell’esiguità delcontributo erano i tempi che cipreoccupavano. Come riusciamonoi ad accreditare delle struttureche hanno grossissimi problemi diammodernamento e che hannodavanti a sé 5 anni, ma soprattut-to hanno una competizione con lestrutture private che sono sempremolto più giovani, più adeguatestrutturalmente? Come facciamonoi a permettere loro la competi-zione se non li aiutiamo? La rispo-sta poteva essere duplice: inprimo luogo la Regione Lombar -

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dia, per anticipare i tempi, ha sti-pulato un primo accordo di pro-gramma, nel marzo del 1999 per1124 miliardi, assumendo unonere maggiore a carico dellaRegione. Se noi avessimo aspetta-to i tempi dello Stato avremmopagato solo il 5% su questasomma, avendo chiesto di poterlianticipare, li stiamo già spenden-do, dobbiamo pagare il 18%.Inoltre siamo in procinto di siglareil secondo accordo di programmaper oltre 1000 miliardi. Per quanto riguarda le regole delfinanziamento, la Regione Lom -bar dia prima ancora che le altreRegioni adottassero il criterio delpagamento per prestazioni, giànel ‘94 aveva programmato, condecorrenza dal ‘95, questa formadi pagamento in via sperimentale,non adottando le cifre previste alivello nazionale, ma cercando diosservarle a livello regionale emodificandole anche in modosignificativo.Nel corso di questi anni la RegioneLombardia lo ha più volte corret-to. Ulteriori correzioni si stannofacendo, perché è indubbio che èbrutale questo sistema di paga-mento, ma è anche quello piùoggettivo. La soluzione perchénon sia iniquo o eccessivamentepenalizzante è quello di continua-re ad osservarne l’applicazione daun punto di vista innanzi tuttotecnico. Per noi questo del sistemadi pagamento per prestazione èuno dei punti di riferimento moltosolidi.

Arrivo velocemente a una consi-derazione che ha riguardato que-sta legge 31 e la sua attuazione: siè detto: favorirà esclusivamente ilprivato. In Regione Lombardia, aun anno e mezzo abbondante dal-l’attuazione della legge 31, possia-mo trarre qualche valutazione. Nel1995 i posti letto del privato eranointorno al 20 %, nel 1998, quindicon i piani triennali, i posti lettodel privato sono il 27 %, non mipare che sia questo un dato tantoeclatante da metterci in seriepreoccupazioni per quanto ri -guarda il rapporto pubblico priva-to. Per quanto riguarda la riabili-tazione ospedaliera nel 95 il pub-blico aveva il 40 % e il privatoaveva il 60 %, i dati del ‘98 confer-mano tale ripartizione.Da ultimo ancora un dato: i rico-veri per quanto riguarda il ‘95 nel-l’ambito della medicina, solo dellearee mediche, erano il 69 %, nel 98sono il 64%, nell’area chirurgicasono il 31 %, nel 98 sono diventatiil 36 %. Una banalissima osserva-zione riguardo quest’ultimo dato,è questa: qualcuno dice che i DGRchirurgici sono quelli più remune-rativi, per cui si cerca di operare ilpiù possibile, perché i DRG medi-ci sono quelli meno remunerativi.La verità è anche che una serie diricoveri sono stati meglio precisa-ti, per cui si è cercato di ricoverarein modo più mirato per le presta-zioni che fossero più adeguate allesituazioni della persona.

Margherita Peroni

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Sarà bene in via preliminaredefinire elementi costituen-ti il DLgs.229/99, perchécontrariamente all’accusa

di centralismo antiregionalista, iprincipi e le relazioni fra i livelli isti-tuzionali definiti all’articolo 1 dellalegge di riforma portano a pienocompimento il processo di regio-nalizzazione della assistenza sani-taria. In armonia con l’evoluzionefederalista dello Stato, il SSN è defi-nito come il sistema delle funzionie dei servizi propri dei ServiziSanitari regionali. L’elemento uni-ficante di coesione, in base al qualeil Servizio sanitario mantiene il suocarattere “nazionale”, è rappresen-tato dai livelli essenziali di assisten-za, che costituiscono il sistemadelle garanzie per tutti i cittadini, inquanto devono essere assicuratidalle Regioni in modo uniforme sututto il territorio nazionale, attra-verso risorse pubbliche. Il “nuovo”PSN è stato pensato come il princi-pale strumento di armonizzazionee di raccordo delle politiche regio-nali per la salute e l’assistenza sani-taria. La “circolarità” nel processodi programmazione sanitaria intro-dotta dalla riforma prevede, da un

lato, che il PSN sia elaborato con ilconcorso delle Regioni e, dall’altro,che i PSR siano sottoposti a verificadal Ministro della sanità rispettoalla loro congruità con gli indirizzinazionali. Nel nuovo modello diarmonizzazione fra programma-zione nazionale e programmazio-ne regionale, quindi, le Regioniesprimono il loro parere non sol-tanto dopo la predisposizione delPSN, come accade attualmente,ma formulano anche proposte perla sua elaborazione.

Il ruolo dei Comuni

La legge di riforma prevede la par-tecipazione degli Enti locali a tutti ilivelli della programmazionesecondo forme e modalità discipli-nate dalla Regione. Questa soluzione salvaguarda l’au-tonomia della Regione ed il suoruolo centrale nella programma-zione sanitaria (che sarà ancora piùrilevante con l’attuazione del fede-ralismo fiscale) garantendo aiComuni il diritto a concorrere allaprogrammazione delle attività edalla valutazione dei risultati delleaziende sanitarie. Investiti di que-

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Il decreto legislativo 22/99

Il Processo di regionalizzazionedel Servizio Sanitario Nazionale

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ste responsabilità, è quindi deltutto naturale che gli Enti localiesprimano anche il loro pareresulla valutazione dei DirettoriGenerali, fermo restando che ilpotere e la relativa responsabilità dinomina e di revoca resta alleRegioni. La responsabilità delle Regioni nelgarantire i livelli di assistenza è ine-quivocabilmente affermata dal-l’art. 3, che di fatto configura le USLcome enti strumentali delleRegioni. Le USL, a loro volta, pergarantire 1’efficienza della lorooperatività, si costituiscono inAziende, con personalità giuridicadi diritto pubblico, propria autono-mia imprenditoriale e soggette, pergli aspetti organizzativi, ad unadisciplina di diritto privato.In questo modo:a) Si rafforza il carattere pubblicodei fini delle Aziende sanitarie,garantiti dalla Regione (che neassumerà anche la piena responsa-bilità finanziaria con il federalismofiscale).b) Si stabilisce inequivocabilmentela subordinazione delle aziendesanitarie alla Regione.c.Si permette alle aziende sanitariedi adottare regole privatistiche equindi più rapide e flessibili, per leforniture di beni e servizi (che per-metterà, ad esempio, di stipularecontratti senza bisogno di gare adevidenza pubblica per importi finoa 400 milioni, come prevede la nor-mativa dell’Unione Europea) non-ché per la definizione dell’organiz-zazione interna e per la attribuzio-ne delle relative responsabilità,aumentando quindi l’autonomia

aziendale nell’individuazione deimezzi più adeguati per perseguire ifini definiti dalla programmazioneregionale. Rispetto alla situazioneattuale, questa scelta ha quindi l’ef-fetto di porre fine alla contrapposi-zione fra responsabilità regionale eautonomia aziendale, chiarendo ireciproci ruoli e spinge fino al mas-simo possibile il processo di “priva-tizzazione” delle condizioni opera-tive delle Aziende. Il controllo regionale su questa“privatizzazione” dei modi di pro-duzione delle USL è garantito dalfatto che la Regione (cui spettacomunque la responsabilità ultimadi risultati economici e di salutedelle sue Aziende) detta le normeentro le quali il Direttore Generaleassume l’atto di diritto privato cheregola la vita e l’organizzazionedell’Azienda USL. Unitamente alla flessibilità conferi-ta all’utilizzazione del personaledall’istituzione del livello unicodella dirigenza sanitaria, questenorme permettono quindi il massi-mo di discrezionalità e di responsa-bilità nella conduzione delleAziende.

Le Aziende Ospedaliere

La scelta della riforma, evidente sindalla legge delega approvata dalParlamento, è stata di non affidarsia meccanismi di mercato né per ilfinanziamento, né per la produzio-ne dei servizi sanitari. Questa sceltapuò essere giustificata sia in termi-ni politici che tecnici, con argo-menti relativi sia all’equità siaall’efficienza complessiva del siste-

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ma, per non parlare della incontro-vertibile spinta all’aumento dellaspesa determinata dai mercatisanitari. Per garantire i livelli essen-ziali di assistenza adeguati allenecessità assistenziali della popo-lazione, il SSN deve svolgere sia lafunzione di programmazione del-l’assistenza (cioè la definizione deibisogni e l’identificazione dei servi-zi necessari per soddisfarli) dovedomina il principio di equità, sia lafunzione di produzione dei servizi,dove domina il principio di effi-cienza. E’ tanto ovvia questa distin-zione, che le due funzioni di com-mittenza e di produzione sonochiaramente esplicitate nel PSN1998-2000. Questo non si verificaperò che la combinazione ottimaledi equità e di efficienza (l’obiettivodi qualsiasi servizio pubblico), siameglio raggiungibile attribuendoqueste funzioni a due soggettidiversi (i “compratori” ed i “produt-tori” della assistenza). Se si fossescelta questa via, allora sarebbestato necessario scorporare dallaUSL tutte le funzioni assistenzialispecialistiche, ambulatoriali edospedaliere, collocandole in strut-ture autonome, in competizionefra di loro e con i loro “pagatori” (laUSL), lasciando alla USL soltanto lefunzioni di prevenzione e di sanitàpubblica. Il Parlamento ha dato mandato alGoverno di individuare i criteridistintivi dei presidi da costituire inAziende ospedaliere, limitatamen-te alle sole caratteristiche organiz-zative e di attività che qualificanogli ospedali come presidi a valenzainterregionale e nazionale. Fatta

questa scelta vincolante, al legisla-tore delegato è rimasto il compitodi definire gli indicatori adeguatiper esprimere queste caratteristi-che.

Le quattro A: autorizzazione allacostruzione; autorizzazione alfinanziamento; accreditamento;accordi contrattuali.

Il processo di selezione delle strut-ture che possono agire per conto ea carico del SSN prevede quattrotappe: autorizzazione alla realizza-zione ed autorizzazione al finan-ziamento, accreditamento, accordicontrattuali. Con l’autorizzazioneal funzionamento le strutture pos-sono svolgere attività sanitarie; con1’accreditamento, le strutture e iprofessionisti possono svolgereattività per conto del SSN; con gliaccordi contrattuali stabiliti daRegione e USL da un lato e le strut-ture ed i professionisti accreditatidcall’altro, questi ultimi possonosvolgere attività a carico del SSN. Ildecreto chiarisce in modo definiti-vo che l’accreditamento rappre-senta la condizione necessaria, manon sufficiente, per entrare a farparte degli erogatori effettivi di pre-stazioni finanziate dal SSN. Tutti isoggetti accreditati dalla Regione,in quanto in possesso dei requisitidi qualità e funzionali agli obiettividella sua programmazione, entra-no a far parte dell’elenco dei poten-ziali fornitori di prestazioni perconto del SSN. Entro questa lista, leRegioni e le USL, attraverso gliaccordi contrattuali, scelgono glierogatori effettivi delle prestazioni

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previste dai livelli essenziali di assi-stenza, attraverso valutazioni com-parative dei costi e della qualitàdell’assistenza offerta da ciascunodi essi. Questo processo è puntual-mente definito nei suoi principi enei criteri generali di attuazione, enell’individuazione delle responsa-bilità regionali, anche per eliminarei problemi determinati della for-mulazioni nel D.Lgs 502/92 che,attraverso la vaga evocazione di“appositi rapporti” da definirsi fraAziende USL e tutti i soggetti eroga-tori, aveva permesso il fiorire dellesoluzioni più avventurose. La rela-tiva numerosità di provvedimentiattuativi, a livello nazionale e regio-nale, in attuazione a questa partedella riforma è quindi la direttaconseguenza del vuoto normativoattualmente esistente, riempitosolo dalle incoerenti e spesso con-trastanti disposizioni che sonostate annualmente inserite nelleleggi finanziarie che si sono succe-dute a partire dal 1993.

Autorizzazioni, accreditamento edaccordi contrattuali

L’autorizzazione alla realizzazionedi nuove strutture é un provvedi-mento di nuova istituzione (previ-sto dalla legge di delega approvatadal Parlamento), che estendeanche alle strutture private le valu-tazioni di necessità rispetto al fab-bisogno e, soprattutto, di localizza-zione ottimale al fine di favorirel’accessibilità ai servizi, fino ad oggirichieste soltanto per le nuovestrutture pubbliche. Nulla è inno-vato rispetto all’autorizzazione al

funzionamento delle strutturesanitarie, ad eccezione dell’esten-sione di questo istituto agli studidentistici ed a quelli medici, quan-do svolgono attività che comporta-no rischi per il paziente. Lo sviluppo tecnologico permetteoggi di svolgere in ambulatorio atti-vità complesse, come interventichirurgici di cataratta, ernia, ecc.,che richiedono l’adeguamento deilocali, delle dotazione strumentali edell’organizzazione a precisi stan-dard di sicurezza, a garanzia delpaziente. Il decreto, mentre ricon-ferma integralmente i requisitiminimi previsti dal l’Atto diIndirizzo e Coordina mento del 17gennaio 1991 (salvaguardandoquindi i provvedimenti già adottatidalle Regioni), prevede quindi laloro integrazione con la definizionedei criteri relativi agli studi medici e

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dentistici.L’accreditamento istituzionale èrilasciato dalla regione a tutte lestrutture autorizzate che ne faccia-no richiesta, previa verifica del pos-sesso dei requisiti ulteriori di quali-ficazione e della funzionalità dellastruttura rispetto alla programma-zione regionale. I requisiti previstiper l’accreditamento sono quindinon solo ulteriori ma anche diversirispetto ai requisiti minimi di sicu-rezza necessari per l’autorizzazioneal funzionamento. Le caratteristi-che strutturali ed organizzativedefiniscono soltanto le condizionipotenziali per garantire un’assi-stenza di buona qualità. Per favorirela realizzazione di queste potenzia-lità, i criteri prevedono che possanoessere accreditate solo le struttureche hanno adottato programmi dimiglioramento continuo dalla qua-lità dell’assistenza, che coinvolgonosia il personale di assistenza sia gliassistiti e che hanno effettivamenteraggiunto risultati adeguati in ter-mini di attività e di gradimento deipazienti. Questa disposizione (inlinea con i più recenti orientamentidi tutti i Paesi, inclusi gli Stati Uniti)rappresenta una profonda innova-zione rispetto al ruolo dei program-mi di miglioramento della qualitànel SSN. Il decreto legislativo 502/92 facevaobbligo alle Aziende sanitarie edalle Regioni di valutare i livelli diqualità clinica dell’assistenza (art.10) ed imponeva ]’istituzione diforme di partecipazione dei cittadi-ni e degli utilizzatori dei servizi allaverifica della loro funzionalità (art.14), ma non prevedeva alcuna con-

seguenza per le strutture inadem-pienti. Il loro inserimento fra le con-dizioni per l’accreditamento, ed ilraccordo previsto con la Carta deiservizi come strumento di comuni-cazione con gli utilizzatori e con icittadini, rende queste attività unaparte essenziale delle modalità ope-rative delle strutture che agisconoper conto del SSN, togliendole defi-nitivamente dall’ambito del volon-tarismo e della occasionalità.Un’altra grande innovazione deldecreto riguarda l’accreditamentodei professionisti, già previsto daldecreto legislativo 502/92, masenza alcun seguito. La riformasubordina l’accreditamento di tuttii professionisti che hanno un rap-porto diretto con il SSN(ad es, attra-verso le convenzioni per la medici-na generale o per la specialistica) oindiretto, in quanto impegnati instrutture accreditate, all’acquisizio-ne di crediti formativi nell’ambitodel programma di formazione per-manente e di aggiornamento pro-fessionale istituito dallo stessodecreto legislativo. Il processo diselezione degli erogatori di assi-stenza si conclude con la definizio-ne di accordi contrattuali di Regionie USL con gli erogatori pubblici eprivati. Lo strumento per questa ulterioreselezione è rappresentato dallavalutazione comparativa della qua-lità e dei costi delle prestazioniofferte da ciascuna struttura, priva-ta (no-profit o privata lucrativa) opubblica (Aziende ospedaliere ostrutture a gestione diretta). Sullabase di questa valutazione compa-rativa, la Regione e le USL defini-

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scono con i soggetti erogatoriaccordi poliennali che specificano:gli obiettivi di salute ed i programmidi integrazione fra i servizi di tutte lestrutture interessate, nonché ilvolume massimo di prestazioni, pertipologia e modalità di assistenzache le strutture interessate sonochiamate ad erogare per soddisfarele necessità assistenziali dellapopolazione di riferimento identi-ficati dalla regione e dalle USL.

La remunerazione degli ospedali

La riforma prevede che la remune-razione degli ospedali sia determi-nata in base ad un ammontare glo-bale predefinito, nell’ambito degliaccordi contrattuali, calcolato apartire dal volume di attività con-cordato e determinato, oltrechédalle tariffe per DRG, dalla remu-nerazione a costi standard del-l’assistenza prestata nell’ambitodi specifiche “funzioni assisten-ziali”. Queste funzioni (chedovranno essere definite dallesingole regioni nell’ambito di cri-teri generali definiti a livellonazionale) comprendono sia atti-vità caratterizzate da un’ altacomponente tecnologica e da ele-vati “costi di attesa” (emergenza,trapianti, ecc.) sia attività a forteintegrazione ospedale-territorio econ rilevanti componenti sociali(ad es., assistenza psichiatrica).Questa innovazione risolve i dueprincipali inconvenienti presen-tati dall’attuale sistema di remu-nerazione dell’assistenza ospeda-liera.a. Il sistema attuale consiste di

fatto in una nuova forma di remu-nerazione a piè di lista, addirittu-ra peggiore del precedente, inquanto non è basato sui costieffettivamente sostenuti dallastruttura ma sul numero deiricoveri effettuati, al di fuori diqualsiasi valutazione della loroappropriatezza e necessità clini-ca. Infatti, in assenza di una valu-tazione preventiva e condivisa delvolume di attività necessario persoddisfare le necessità assisten-ziali della popolazione di riferi-mento, le Regioni e le USL nonpotevano che prendere atto, allafine dell’anno, dell’attività svoltada ciascuna struttura e trasferirealle strutture erogatrici le relativequantità finanziarie.b. La difficoltà tecnica di definiretariffe eque per remunerare i costidi attività caratterizzate da alticosti di attesa da una forte inte-grazione sociale e territoriale haaperto la strada a processi di sele-zione dei ricoveri con tariffe pocoremunerative rispetto ai costi effet-tivamente sostenuti dalla struttura.Questa pratica (poco diffusa, maben documentata in alcuni casi) èdecisamente contrastata dal decre-to, sia prevedendo specifici con-trolli a posteriori, sia prevedendouna specifica forma di remunera-zione per le attività complesse, adalto contenuto tecnologico e perquelle a forte integrazione socio-sanitaria.

Il distretto

La legge 502/92 citava il distretto inun’unica occasione, senza dare

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alcuna indicazione operativa alleRegioni né rispetto alle sue funzio-ni né relativamente al ruolo che glidoveva essere attribuito nell’ambi-to della organizzazione aziendale.La legge di riforma colma questalacuna operando una scelta nettaed esplicita a favore di un SSN cen-trato e, in qualche misura, “gover-nato” da un robusto e qualificatosistema di assistenza primaria. Lariforma affida alle Regioni la disci-plina delle attività distrettuali, inattuazione di alcuni principi essen-ziali relativi a:• dimensione adeguata a svolgereeffettive funzioni di governo dellaassistenza e a sviluppare efficaciforme di collaborazione con glienti locali interessati, particolar-mente nel settore della promozio-ne della salute e della integrazionesociosanitaria;• funzione di gestione dei servizi diassistenza primaria, organizzati informa dipartimentale, sviluppan-do le adeguate forme di integra-zione con le articolazioni operati-ve a livello distrettuale dei diparti-menti di prevenzione e di salutementale;• integrazione negli obiettivi e nelprogramma del distretto della atti-vità del personale convenzionatocol SSN, con particolare riguardo amedici di medicina generale, aipediatri di libera scelta e agli spe-cialisti ambulatoriali.

La valorizzazione delle risorseumane

La riforma, traducendo in alcunenorme precise gli obiettivi già

enunciati nel PSN 1998-2000,opera il più radicale cambiamentonei rapporti fra la Pubblica ammi-nistrazione ed il suo personaledegli ultimi 20 anni, garantendo laqualificazione e l’autonomia pro-fessionale e sviluppando adeguatimeccanismi di responsabilizza-zione. Infatti, il decreto introduce unsistema di formazione permanen-te sulla base di criteri oggettiva-mente verificabili relativi alleconoscenze e alle competenzeprofessionali, (la maturazione di“crediti” formativi), obbligatorioper tutti gli operatori sanitari,dipendenti dal SSN, a rapportoconvenzionale o impegnati instrutture accreditate, istituisce illivello unico della dirigenza sani-taria, che prevede la verifica perio-dica dei risultati raggiunti comecondizione per la conferma diresponsabilità dirigenziali aidiversi livelli, garantisce la parteci-pazione al governo dell’Aziendasanitaria, sia attraverso la assun-zione di responsabilità gestionali alivello del dipartimento, (che, inbase al decreto, rappresenta l’u-nità funzionale elementare dellaAzienda) sia attraverso l’assunzio-ne collettiva di responsabilità peril “governo clinico” della Aziendacon la partecipazione dei dirigential Collegio di direzione aziendale,in staff alla Direzione generale, -regola il rapporto esclusivo con ilSSN, per tutti i medici che svolgonofunzioni dirigenziali, all’internodelle Aziende sanitarie.

Danilo Morini

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Gli abitanti

L a nuova A.S.L. n°.1 dellaProvincia di Milano com-prende tutta l’area provin-ciale a Nord Ovest di

Milano, costituita da 77 comuni concirca 915.000 abitanti residenti allafine del 1997 e circa 905.000 assistiti,distribuiti su un territorio ampio edensamente abitato anche se sipossono identificare delle diversitàfra l’area occidentale e quella orien-tale così come tra la cintura diMilano e l’estremità della provincia.

Il territorio

La parte occidentale dell’A.S.L. n°1,in gran parte compresa nel parconaturale del Ticino, si caratterizzaper essere meno densamente abita-ta, con numerosi comuni di piccoledimensioni, un patrimonio naturaleed agricolo ancora rilevante; mentrela parte nord occidentale ha comu-ni di dimensioni mediamente mag-giori, è più densamente abitata efortemente industrializzata.

La demografia

Gli indici demografici non si disco-stano di molto dalle medie regiona-

li. La natalità e la mortalità sonorelativamente inferiori alla media ecomportano un andamento natura-le della popolazione in decrementoche viene compensato però dal datopositivo del flusso migratorio deter-minato, più che da fenomeni diimmigrazione straniera o extraregionale, dal decentramento di cit-tadini di Milano. Sicuramente lasituazione demografica condizionalo stato di salute e l’organizzazionedei servizi, ma nella nostra zona cisono fattori di rischio ulteriori everosimilmente più determinantilegati all’immigrazione extracomu-nitaria da un lato ed alla forte con-centrazione, specie nell’area nordoccidentale, di molte attività indu-striali e di intenso traffico autovei-colare che comportano un degradoambientale tale da costituire rile-vante fattore di rischi sanitari, chefattori legati ad un relativo benesse-re economico e vincoli di solidarietàsociale ancora saldi.

Valutazione sui servizi territorialiesistenti

Nel territorio della A.S.L n°.1 i servi-zi socio sanitari sono di buon livello,riconosciuti superiori alla mediaregionale e con un buon gradimen-

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Presente e futuro della sanità dell’est Ticino

L’Azienda Sanitaria Locale N.1della Provincia di Milano

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to da parte delle popolazioni e delleloro rappresentanze istituzionali.Anche gli indici di consumi sanitarievidenziano una serie di indicatoripositivi che permetteranno almenoin una prima fase di garantire l’ob-biettivo dell’equilibrio di bilancio.Gli indicatori più significativi deicosti relativi ai tassi di ricovero e diospedalizzazione, al tasso di spesafarmaceutica per abitante, il costounitario per dipendente, sono infe-riori ai valori medi regionali didiversi punti percentuali grazie aduna serie di fattori positivi che vero-similmente potrebbero essere ricer-cati anche in fattori esterni al siste-ma sanitario quali:• Abitudini e comportamenti e stilidi vita.• Costume sociale che vede ancorala famiglia come un primo efficacegradino della sussidiarietà solidale.• Una relativamente maggior capa-cità e correttezza della classe medi-ca e dei medici di base.• La tradizione di una buonaamministrazione, direzione egestione dei servizi sanitari pubbli-ci.• La diffusione di servizi di assisten-za domiciliare e di ricoveri socioassistenziali che costituiscono unarete di servizi di buon livello.• Gli interventi di prevenzione sani-taria ed ambientale che hanno con-tenuto i fattori di rischio.Questi fattori tutti concorrono adun miglior livello delle condizionisocio sanitarie del nostro territorioin comparazione con le medieregionali.

Gli ospedali

Le attività ospedaliere vengono ero-

gate in questa area dalle AziendeOspedaliere pubbliche di Legnano edi Garbagnate, (che dispongono diun numero di posti letto di circa 4per 1000 abitanti) e da tre strutturedi ricovero private accreditate, concirca il 10% di posti letto rispettoquelli pubblici. Non esistono altrestrutture di ricovero solo private.Le strutture di ricovero dell’areacoprono il fabbisogno di oltre lametà dei ricoveri della popolazioneresidente e svolgono anche una rile-vante attività per residenti in altriambiti territoriali non solo limitrofi.

Le attività specialistiche

Le attività specialistiche sono eroga-te da ambulatori ospedalieri, ambu-latori pubblici e privati accreditatiben diffusi sul territorio che si stimarispondano efficacemente a circa il90% della domanda della popola-zione residente. Questi elementipositivi andranno particolarmentecoltivati e curati essendo fonda-mentali per il funzionamento eforse per la sopravvivenza stessa delservizio sanitario pubblico.

I servizi sanitari dell’azienda sulterritorio

In pressoché tutti i comuni sonopresenti strutture sanitarie gestitedalla A.S.L. per le attività sanitarie dibase. Nei comuni maggiori sonopresenti presidi polivalenti che ero-gano già ora la quasi totalità delleprestazioni degli ex servizi di igiene,di assistenza di base e di assistenzasociale. Si tratta di centinaia di puntidi erogazione di prestazioni checostituiscono una rete diffusa cheandrà di certo razionalizzata, ma

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che costituisce un valore di parten-za importante che ha permesso inquesti mesi un passaggio quasiindolore al nuovo sistema sanitariopermettendo il mantenimento dilivelli elevati di prestazioni e pochidisservizi. Rimarchevoli in partico-lare sono i servizi di assistenzadomiciliare, che coprono ormaiquasi tutto il territorio, anche se nonovunque gestiti direttamente. Nelsettore della prevenzione sanitariavi sono servizi territoriali ed unPresidio Multizonale di Igiene ePrevenzione (PMIP) considerati tra ipiù qualificati ed efficienti dellaRegione.

I servizi sociali e socio sanitari delterritorio

Anche per questi servizi si riscontrauna disomogeneità nella presenzadelle strutture sul territorio. Vi sonodue realtà istituzionali di lunga tra-dizione e di presenza particolar-mente attiva nell'ambito dei serviziper l'handicap e per gli anziani, pre-cisamente l’Istituto Sacra Famiglia diCesano Boscone e l’Istituto Golgi diAbbiategrasso. Non è inoltre dadimenticare la presenza della casa diriposo ex O.N.P.I. (Opera NazionalePensionati d’Italia) Sandro Pertini, diGarbagnate Milanese che, con i suoi368 posti letto, viene direttamentegestita dall’A.S.L. e la FondazionePerini di Rho. Disomogeneo è pure ilconferimento, da parte dei Comuni,sia del livello delle deleghe per lagestione dei servizi socio assisten-ziali, che della loro modalità operati-ve. Se pure si dovrà provvedere alrinnovo delle deleghe ed alla stipuladi idonee convenzioni tra l’Aziendaed i Comuni, in questa fase iniziale si

è comunque proceduto nella dire-zione di una gestione diretta, razio-nale e trasparente dei servizi e dellestrutture ad oggi delegati.E’ certo utile ricordare che questaAzienda, gestisce direttamente o perdelega:• Le strutture semiresidenziali e resi-denziali per handicappati nelle exU.S.S.L. di Rho, Legnano, Magenta,Corsico (10 CSE, 1 CRH, 2 SFA).• I Servizi per gli InserimentiLavorativi (1 SIL in ogni ex U.S.S.L. ).• I servizi di tutela per i minori (soloqualche Comune li gestisce diretta-mente e completamente).• I servizi domiciliari per minori ehandicappati ( nelle ex U.S.S.L. diLegnano e Rho ).• Le strutture residenziali per minori

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Il Direttore Generale Asl, DottorPacifico Portaluppi

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(3 Comunità Alloggio).• I progetti sperimentali nell’ambitodel Progetto Obiettivo Anziani (2SAD associati per piccoli Comuni),per l’integrazione dei portatori dihandicap nelle scuole, di prevenzio-ne per i minori a rischio.• La casa di riposo Sandro Pertini diGarbagnate.

Gli obbiettivi generali dell’aziendaper i prossimi tre anni

Gli obbiettivi programmatici presicome base dall’Azienda sono diseguito evidenziati in relazione allespecifiche finalità.

Garantire le attività

• Il mantenimento dei livelli di pre-stazione.• Predisposizione del piano di lavo-ro annuale da parte dei dipartimentie dei distretti in tempo utile e con unprocesso di partecipazione e con-fronto con le istituzioni locali.• L’avvio dei processi di uniforma-zione e di riqualificazione delle atti-vità.• L’avvio dei processi di sviluppodelle attività utili ed efficaci anche alcontenimento e riconversione dellespese.• La definizione di una rete informa-tica per l’interno e verso l’esterno(altri organismi e popolazione).

Completare l’organizzazione e ladistribuzione del personale

L’attuazione del Piano diOrganizzazione approvato dallaRegione.• La definizione dei livelli di respon-sabilità e delle deleghe.

• La determinazioni della dotazioneorganica.• La distrettualizzazione territorialedelle attività.

Perseguire il contenimento dellespese

• Coinvolgere i medici curanti nelprocesso di riduzione / eliminazionedi prestazioni non appropriate.• Adottare contratti con aziende ero-gatrici di almeno il 75% delle presta-zioni di ricovero ed ambulatoriali.

Migliorare i rapporti con la popola-zione

• Mantenere corretti rapporti infor-mativi con la popolazione e con lerappresentanze istituzionali e sociali.• Ricercare il soddisfacimento deibisogni e delle domande della popo-lazione.

Migliorare i rapporti con il persona-le

• Valorizzare le risorse umane chia-mandole ad impegni anche soggetti-vi superiori a quelli del semplicedovere d’ufficio, sia sotto il profiloqualitativo che quantitativo.• Motivare il personale in relazionealla missione di servizio pubblicodell’azienda ed all’appartenenza adun’azienda che sentano propria. • Il mantenimento e soprattuttoincremento del patrimonio immobi-liare.• L’adeguamento dei macchinaridegli impianti e delle attrezzature.• L’ammodernamento ed il poten-ziamento delle attrezzature informa-tiche.

Pacifico Portaluppi

S P E C I A L E S A N I T À59

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L e riflessioni che possonoessere indotte dalle dueLeggi (Regionale eNazionale: Legge 31 e

DL.vo 229) sono sicuramentevalidi punti di partenza per “par-lare” davvero di “riforma”. Ma,ahimè, quando si dice “discutia-mo” non ci si può esimere da unapuntuale analisi di tutte le nor-mative che pongono poi gli ope-ratori (come per esempio ilDirettore Sanitario) e non i politi-ci, nella forte necessità di saperebene dove bisogna andare, qualisono gli obiettivi da raggiungere,quali devono essere le scelte perguardare davvero in avanti. I lucidi sono così impostati: nellaparte sinistra viene riporta sem-pre la Legge Regionale 31 e nellaparte destra, a comparazione, ilDecreto Legislativo 229. I principi ovviamente riguardanola distinzione tra i livelli di assi-stenza definiti dalla programma-zione attraverso l’attivazione deisoggetti erogatori, pubblici e pri-vati e, come prima diceva ilConsigliere Regionale, da questopunto di vista c’è una netta sepa-razione. Per prima cosa l’osservazioneche mi sembra debba essere sot-

tolineata (non voglio impersona-re il “tifoso” di un decreto o diuna legge, ma vorrei essere nellospirito dello “sportivo”, cioè coluiil quale legge l’attività al di sopradelle parti) riguarda la tuteladella salute come diritto fonda-mentale dell’individuo, dirittosancito e, attraverso il ServizioSanitario Nazionale, assicuratograzie ai livelli di assistenza defi-niti a loro volta dal PianoSanitario tramite le risorse pub-bliche. Il primo concetto già evidenziatoè la separazione fra i soggetti cheproducono e i soggetti che acqui-stano le prestazioni, ma nelDecreto viene riportato che leRegioni attraverso le AziendeSanitarie Locali assicurano i livel-li essenziali di assistenza avva-lendosi di Presidi direttamentegestiti (dalle ASL), dalle AziendeOspedaliere, anche universitarie,nonché dai soggetti accreditati.

Questo primo passaggio mi per-mette poi di introdurre quella chepotrebbe essere una riflessionemolto importante, cioè la neces-sità di una effettiva pianificazio-ne territoriale.

S P E C I A L E S A N I T À60

Riflessi della Riforma sull’Area del Ticino

La Riforma verso il 2000

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PRINCIPI FONDAMENTALI

Le ASL tutelano la salute dei cittadini garan-tendo i livelli di assistenza definiti dalla pro-grammazione sanitaria...attraverso l’attiva-zione con i soggetti erogatori pubblici o pri-vati di appositi accordi contrattuali (art. 2).

In via generale viene ora vista la separazionetra i soggetti che producono prestazioni sani-tarie (es. Aziende Ospedaliere e soggetti pri-vati accreditati) e soggetti che “acquistano”prestazioni per garantire i livelli di assistenza(ASL).

Parità tra soggetti pubblici e privati ondepoter garantire l’erogazione delle prestazio-ni, attraverso una competizione regolata.

PRINCIPI FONDAMENTALI

La tutela della salute come diritto fonda-mentale dell’individuo ed interesse dellacollettività è garantita attraverso il SSN cheassicura i livelli di assistenza definiti dalPSN attraverso risorse pubbliche(art. 1).

Le Regioni attraverso le Unità Sanitarie Localiassicurano i livelli essenziali di assistenzaavvalendosi dei Presidi direttamente gestitidalle ASL, delle Aziende Ospedaliere, delleAziende Universitarie, degli IRCCS nonché deisoggetti accreditati.

I cittadini esercitano la libera scelta del luogodi cura e dei professionisti nell’ambito dei sog-getti accreditati con cui siano stati definitiappositi accordi contrattuali.

Identificazione tra soggetto garante dellasalute dei cittadini ed acquirente delle pre-stazioni e soggetto produttore delle stesse.

Prima giustamente si diceva: nel-l’ambito della sanità il “mercato”può essere indotto e quindi ildetto “crea il servizio e là avrò unautenza” non può essere il fruttodella intraprendenza individuale,ma le istituzioni devono dappri-ma garantire i livelli di assistenzaquale risposta ai bisogni primaridella gente. I Principi Fondamentali dellariforma territoriale sono esplicita-ti dalla Legge Regionale n. 31 del1997 e dal DL.vo 229/99.La Legge Regionale n. 31 del 1997nel riorganizzare il ServizioSanitario Lombardo ha previstocome noto, alla base dei suoi prin-cipi istituzionali, la piena parità

tra soggetti pubblici e privatiaccreditati erogatori di prestazio-ni sanitarie. Tale parità si realizzaconcretamente attraverso unsistema di competizione regolataper quanto attiene l’acquisto deivolumi di prestazioni prodottidalle Aziende OspedalierePubbliche e dagli altri soggetti siapubblici che privati (IRCCS, Casedi Cura Private, Ospedali Clas - sificati ecc.), da parte delleAziende Sanitarie Locali nel qua-dro di una programmazioneregionale che vede a monte unaregolamentazione complessiva,per quanto attiene i tetti di produ-zione e conseguentemente i rela-tivi apporti finanziari. Il DL.vo

S P E C I A L E S A N I T À61

La Legge Regionale Lombarda n.31/97 ed il DL.vo 229/99 - Riforma ter.

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229/99 accentua invece la posi-zione di preminenza che, nellatutela della salute e quindi nelsoddisfacimento dei bisogni fon-damentali di assistenza dell’indi-viduo, hanno le strutture sanitariepubbliche. In particolare vi è unaccentuazione riguardo l’identifi-cazione tra soggetto garante dellasalute dei cittadini, soggettoacquirente delle prestazioni e sog-getto produttore delle stesse;come si vedrà meglio più avantiinfatti, il modello generalmenteproposto, pur nella riaffermazio-ne della libertà di scelta del citta-dino del luogo di cura, è quelloche vede come centro di attivitàprevalente l’Azienda Sanitaria

Locale con al suo interno almenoun Presidio Ospedaliero. Per quanto concerne l’assettoistituzionale nella legislazionelombarda il modello prevalente,come già detto in precedenza, èquello della separazione tra pro-duttori dei servizi ed acquirentidegli stessi. In tale contesto per-tanto sono state costituite leAziende Sanitarie Locali a livelloprovinciale (salvo alcune eccezio-ni riguardanti la Provincia diMilano e l’ASL di Vallecamonica)che non hanno al loro interno néPresidi Ospedalieri (anche quicon alcune eccezioni es. ASL diLodi ed ASL di Pavia), né PresidiPoliambulatoriali.

S P E C I A L E S A N I T À62

L’ASSETTO ISTITUZIONALE

Le ASL sono, salvo alcune eccezioni (ASLdella Provincia di Milano ed ASL diVallecamonica) costituite a livello provin-ciale e non hanno al loro interno presidiospedalieri né presidi poliambulatoriali(anche qui con alcune eccezioni es. ASL diLodi, ASL di Pavia).

La Regione può costituire ulteriori AziendeOspedaliere oltre quello di rilievo nazionalericonosciute a livello ministeriale (es.Ospedali che rientrano nelle rete del 118-art.3).

Viene limitata l’autonomia regionale: tuttele richieste d’individuazione di AziendeOspedaliere, comunque, devono avere l’av-vallo ministeriale.

L’ASSETTO ISTITUZIONALE

Non vi sono più criteri territoriali minimi ocomunque indicativi (livello provinciale perdefinire l’ambito territoriale delle ASL.Non si può procedere alla costituzione o con-ferma di una Azienda Ospedaliera se questacostituisce l’unico Presidio Pubblico della ASLdi riferimento territoriale.Compete al Ministero, su proposta delleRegioni, di indicare al Consiglio dei Ministri gliOspedali che sono da individuarsi qualeAzienda Ospedaliera.Le Regioni possono chiedere la conferma perun triennio delle Aziende Ospedaliere prece-dentemente individuate che non soddisfano inuovi requisiti previsti quali: - organizzazione dipartimentale; - sistema dicontabilità economico patrimoniale e perCentri di Costo; - Dipartimento di emergenzadi secondo livello; - Centro di riferimento perprogrammi di assistenza su base regionale edinterregionale; - attività di recupero superioredel 10% alla media nell’ultimo triennio; - indi-ce di complessità superiore al 20% rispetto aldato medio regionale; - disponibilità patrimo-nio adeguato.

La Legge Regionale Lombarda n.31/97 ed il DL.vo 229/99 - Riforma ter.

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Date queste premesse di carattereistituzionale ne è derivata unaggregazione dei vari PresidiOspedalieri della Regione innumerose Aziende Ospedaliere, lamaggior parte di costituzioneregionale. La nuova normativaposta dal Dl.vo 229/99 prevede percontro criteri molto più restrittiviper quanto attiene l’individuazio-ne delle Aziende Ospedaliere; soloal Ministero della Sanità, su pro-posta delle Regioni, competeinfatti d’indicare al Consiglio deiMinistri quelle strutture ospeda-liere che sono da individuarsicome Aziende. Inoltre sono statinotevolmente “inaspriti” i requisi-ti che devono essere possedutidalle predette strutture per diven-tare Azienda; tutto ciò comporteràpresumibilmente, al termine delperiodo transitorio di tre anni, unadiminuzione delle attuali AziendeLombarde. Per quanto attieneinvece le Aziende Sanitarie Locali,premesse le osservazioni che pre-cedono, non vi sono più criteri ter-ritoriali minimi o comunque indi-cativi (es. livello provinciale) perdefinirne l’ambito territoriale.Complessivamente dunque appa-re notevolmente limitata l’autono-mia regionale. Altro aspetto fon-damentale riguarda l’accredita-

mento e la remunerazione delleprestazioni sanitarie prodotte daidiversi soggetti presenti sul mer-cato. La condizione di soggettoaccreditato non è più sufficienteper avere la sicurezza di otteneredal Servizio Sanitario Nazionale lacorresponsione dei compensi pre-visti dal vigente sistema tariffario.Oltre alla condizione soprariferitaè necessario intrattenere con ilServizio Sanitario Nazionaleanche rapporti contrattuali defini-ti attraverso valutazioni compara-tive della qualità e dei costi delleprestazioni rese, che si estrinseca-no in accordi con le strutture pub-bliche ed in contratti con le strut-ture private e con i professionistiaccreditati. Vi è quindi una ulteriore specifi-cazione dei requisiti atti a far sìche le prestazioni erogate sianoeffettivamente riconosciute a pro-prio carico dal Servizio SanitarioNazionale.Rispetto a quanto previsto dalDl.vo 502/92 e dalla LeggeRegionale 31/97, appare notevol-mente potenziato il ruolo degliaEnti Locali (in particolare per iComuni), sia con riferimento allafase di Programmazione, sia conriferimento alla fase di verifica deirisultati delle Aziende Sanitarie.

S P E C I A L E S A N I T À63

IL COINVOLGIMENTO DEGLI ENTI LOCALI

Le competenze degli Enti Locali riguarda-no essenzialmente, per le Province:• pareri sull’articolazione delle ASL; • auto-rizzazioni e revoche per il funzionamentodelle strutture socio-assistenziali; • sup-porto tecnico per il fabbisogno formativodel personale addetto ai servizi socio-assi-stenziali.

IL COINVOLGIMENTO DEGLI ENTI LOCALI

Istituzione di una Conferenza permanenteper la Programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale con compiti di: • esamedel progetto di Piano Sanitario Regionale;• partecipazione alla verifica della realiz-zazione del Piano Attuativo Locale (PAL)predisposti dalle Aziende Ospedaliere. • laLegge Regionale definisce tra l’altro le

La Legge Regionale Lombarda n.31/97 ed il DL.vo 229/99 - Riforma ter.

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per i Comuni:• formulazione, nell’ambito della program-mazione regionale, delle linee d’indirizzoper l’impostazione programmatica dell’at-tività; • esame bilanci con valutazioni allaRegione; • verifica stato di attuazione deiprogrammi e dei progetti con proposte alDirettore Generale ed alla Regione.

modalità di partecipazione degli EntiLocali alla programmazione regionale elocale (art.2).Trascorsi diciotto mesi dalla nomina di cia-scun Direttore Generale la Regione verificai risultati... sentito il parere del Sindaco odella Conferenza dei Sindaci, ovvero per leAziende Ospedaliere, della Conferenzapermanente per la Programmazione sani-taria (art.3).

Il ruolo degli Enti Locali appare notevol-mente potenziato sia con riferimento allafase di Programmazione, sia con riferi-mento alla fase di verifica dei risultati.

S P E C I A L E S A N I T À64

Mentre infatti la Legge Regionale31/97 sostanzialmente non con-templava un ruolo direttamenteattivo dei predetti soggetti istitu-zionali (limitando sostanzialmen-te la competenza delle Province aipareri non vincolanti sull’articola-zione delle Aziende SanitarieLocali e quale supporto tecnicoper la formazione del personale eper i Comuni a pareri resi allaRegione sui Bilanci, sulle lineed’indirizzo per l’attività degli Entie in materia di verifiche sull’atti-vità condotta), le nuove normestatali hanno affidato alle predetteAmministrazioni un ruolo piùdecisamente attivo.In particolare attraverso l’istitu-zione di una Conferenza perma-nente per la Programmazionesanitaria e socio-sanitaria, la veri-fica dei Piani Attuativi Locali, l’e-missione di pareri obbligatori suirisultati conseguiti dai DirettoriGenerali. Nel campo dell’attivitàcontrattuale gli aspetti più signifi-cativi sono dati dal parziale supe-ramento dell’attuale legislazione

vincolistica in materia di acquistodi beni e servizi. Viene sostanzial-mente prevista, in armonia con ilsempre più accentuato processodi aziendalizzazione, una piùspiccata autonomia e discreziona-lità nella gestione dei fattori pro-duttivi. In questo contesto siinquadra la norma contenuta nelDl.vo 229/99 che consente alleAziende Sanitarie di approvvigio-narsi di beni e servizi secondo lenorme di diritto privato per con-tratti entro il limite di 400 MLcirca. Sul tema della qualità delleprestazioni, cruciale per la stessasopravvivenza delle diverseAziende, la Legislazione Lombardaha fatto sostanzialmente da batti-strada alle previsioni normativepoi contenute nel Dl.vo 229/99.Quindi la normativa statale ricon-ferma, sottolineandola in partico-lar modo, la necessità di controllisull’appropriatezza e qualità delleprestazioni sanitarie in un quadrocomplessivo che tenga conto dellerisorse economiche esistenti, deivincoli strutturali e del contesto

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organizzativo in cui le diverseAziende sono chiamate ad opera-re. In tale contesto si inserisce l’at-tivazione di un sistema di monito-raggio e controllo sulla definizio-ne e rispetto degli accordi contrat-tuali che intervengono con i sog-getti erogatori.

Viene inoltre istituita, e ciò costi-tuisce una novità assai rilevante,una Commissione Nazionale perl’accreditamento e la qualità deiservizi sanitari che dovrà, tra l’al-tro, valutare il modello di accredi-tamento per le strutture pubbli-che e private.

La situazione lombarda apparesotto questo profilo assai avanza-ta, e prova ne sono i numerosiprovvedimenti assunti in questosenso dalla Regione, e pronta arecepire tutte le novità che sipreannunciano per i prossimianni. Nel settore delle modalità difinanziamento la normativa stata-le riconferma praticamente ledisposizioni previgenti da cui era

scaturita la L.R. 31/97; vi è peròuna novità significativa per il futu-ro prossimo e riguarda la possibi-lità di prevedere, accanto allaremunerazione per tariffa, laremunerazione per costo stan-dard di produzione. Ciò appareparticolarmente significativo intutti quei casi in cui le funzioniassistenziali richiedano un fortegrado di personalizzazione del

S P E C I A L E S A N I T À65

QUALITÀ DELLE PRESTAZIONI

Con proprio atto la Giunta Regionale certifi-ca il sistema di qualità delle istituzioni sani-tarie.

L’ASL assicura ai propri assistiti l’erogazionedelle prestazioni specialistiche attraversol’instaurazione di nuovi rapporti fondatisull’accreditamento, sulla remunerazionedelle prestazioni e sull’adozione del sistemadi verifica della qualità (art.12).

La Giunta Regionale verifica presso ciascu-na Azienda sanitaria, l’effettiva introduzio-ne ed utilizzazione di sistemi di verifica e distrumenti e di metodologie per il controllodi qualità dei servizi e delle prestazioni,nonché dell’efficienza nelle modalità d’im-piego delle risorse finanziarie.

QUALITÀ DELLE PRESTAZIONI

Il SSN assicura i livelli essenziali ed uniformi diassistenza nel rispetto dei principi delladignità della persona umana della qualitàdelle cure e della loro appropiatezza.

La Regione e la ASL attivano un sistema dimonitoraggio e controllo sulla definizione esul rispetto degli accordi contrattuali da partedi tutti i soggetti interessati, nonché sulla qua-lità dell’assistenza e sull’appropriatezza delleprestazioni rese (art.8 octies). Rientrano in talecontesto le verifiche in ordine alla necessitàclinica ed appropriatezza dei ricoveri.

Viene istituita la Commissione nazionale perl’accreditamento e la qualità dei servizi sanita-ri (art.19 bis). Tra gli altri compiti laCommissione valuta il modello di accredita-mento per le strutture pubbliche e private.

Il Dl.vo 229/99 recepisce e sottolinea lanecessità di controlli sull’appropriatezza equalità delle prestazioni già presente nellalegislazione lombarda.

La Legge Regionale Lombarda n.31/97 ed il DL.vo 229/99 - Riforma ter.

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servizio ad esempio per quantoattiene le malattie rare o patologiecroniche o anche i programmid’intervento a forte integrazionefra assistenza ospedaliera e terri-toriale o per i programmi di pre-venzione. Tutto ciò contribuiràcertamente a porre rimedio adalcune evidenti insufficienze delmetodo di remunerazione a pre-stazione che nei casi sopradescrit-ti non consentiva di retribuire rea-listicamente le attività svolte.Alla fine forse mi sembrerebbecorretto riprendere il titolo dell’in-contro della serata, partendo dallariforma sanitaria, che richiedevachiaramente un concreto riferi-mento sull’eventuale riflesso per

l’area del Ticino. Abbiamo pertan-to analizzato la Legge Regionale diriforma ed abbiamo letto la partesaliente del decreto legislativo.Conoscendo bene la realtàmagentina, so quanto l’Ospedaleè incarnato nelle realtà, nellagente che qui risiede e che quivive, so quanto l’Ospedale è unpatrimonio veramente personaledi coloro i quali risiedono: e alloraqual è la proposta, stando l’attua-le normativa e con un ricorso pen-dente che potrebbe mutare gliattuali scenari? Con molta umiltàe in punta di piedi mi permetto diproiettare l’ultimo lucido cheforse potrebbe essere la propostaper l’area del Ticino. Di certo non

S P E C I A L E S A N I T À66

Nell’immagine virtuale realizzata a computer il nuovo ingresso dellapalazzina direzionale A.S.L. di Magenta prevista pr il 2001

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può sfuggire, ma al termine dell’e-sposizione 3 sembrano gli aspettiparticolarmente meritevoli diattenzione per i riflessi chepotrebbero avere su questa realtà,sull’area del Ticino. Forse la concreta possibilità dicostituire, alla stregua di altrerealtà già attuate, un’ASL infrapro-vinciale resta l’”eccezione” peruna realtà che vive sicuramente inmaniera intensa e proficua taleeventualità e quindi non comeeccezione, ma come modalitàordinaria di individuazione deisoggetti territoriali. All’interno di ogni ASL (forse inquesto risulto polarizzato daldecreto legislativo), se in un’unicazona omogenea c’è un unicoOspedale, vi è la necessità chequesto Ospedale dipenda dallaASL di riferimento e in questocaso so benissimo di essere sinto-nizzato con tanti presenti, ma hodetto prima quale poteva esserel’impostazione. Per la RegioneLombardia, il dato previsionale

complessivo del numero diAziende Ospedaliere non è certosuperiore all’attuale, ma – visti irequisiti minimali ed i parametririchiesti – a mio giudizio è intui-bile una possibile contrazionequantitativa che porterà quindiad una riduzione di AziendeSanitarie rispetto ad oggi.E allora, se tutti questi principisopra espressi risulteranno veri,fondati e realistici anche per l’a-rea del Ticino, alla stregua di tantearee lombarde, potremmo benis-simo definire la attuale ASL che,per lungimiranti intuizioni del-l’attuale Direttore Generale Dott.Portaluppi ha già sede (provviso-ria) in Magenta, potrebbe diveni-re quell’Unità istituzionaleOspedale – territorio dell’area delTicino con baricentro Magenta edAbbiategrasso e galvanizzante lealtre limitrofe realtà territoriali(con o senza Presidi nosocomia-li). E’ questa una concreta propo-sta dal sapore dell’auspicio e del-l’augurio.

S P E C I A L E S A N I T À67

Prospetto della casa Don Giuseppe Cuni lungo via Cavallari

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S P E C I A L E S A N I T À68

CONCLUSIONI

Al termine dell’esposizione tre sembrano gli aspetti particolarmente meritevoli d’attenzioneper i riflessi che gli stessi possono avere sulla realtà locale:

• la possibilità di costituire anche ASL infra Provinciali non solo come eccezione ma comemodalità ordinaria di individuazione dei soggetti territoriali;

• la necessità che all’interno di ogni ASL vi sia almeno un Presidio Ospedaliero a gestionediretta;

• la comunque probabile diminuzione delle Aziende Ospedaliere dopo il periodo transitoriodi tre anni concesso dal Decreto 229;

Naturalmente le osservazioni formulate sono state fatte sulla base della legislazione vigen-te e lasciando, quindi, impregiudicato l’esito dei vari ricorsi dalle Regioni, tra cui laLombardia, nonché l’eventuale ulteriore modifica delle norme esaminate.

Eugenio Vignati

La Legge Regionale Lombarda n.31/97 ed il DL.vo 229/99 - Riforma ter.

Ospedale di Legnano

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S P E C I A L E S A N I T À70

L a Regione Lombardiavive finalmente un PianoSanitario Regionale: labozza, approvata dalla

Giunta che sarà poi portataall’approvazione di un prossimoConsiglio Regionale, prevede lelinee d'organizzazione dellaSanità per il triennio 1999-2001.Non si limita a fotografare e ana-lizzare la situazione esistente,ma emette una serie d'indirizzifortemente innovatori che inten-dono portare sempre più lasanità lombarda come modellodi sviluppo.Il PSR ufficializza il modelloorganizzativo e gestionaleapprontato con la legge 31/97,quella di riforma del serviziosanitario regionale, con la messain rete degli ospedali e la loroaziendalizzazione, e con la pro-vincializzazione delle ASL e laloro funzione programmatoria edi controllo; dedica notevoleimportanza al ruolo della pre-venzione, destinandovi il 5%delle risorse finanziarie, permigliorare la sicurezza domesti-

ca e nei luoghi di lavoro, la tutelaambientale e il controllo alimen-tare e favorire l'educazione sani-taria e lo screening di massa perla prevenzione cardiologica etumorale: ribadisce il ruolo cen-trale nel sistema dei medici difamiglia; parifica i soggetti ero-gatori, pubblici e privati introdu-cendo come unico soggetto lestrutture accreditate, in regolacon medesimi requisiti ed ugualinon solo diritti ma anche doveri.M'interessa molto sottolinearealcuni punti, a mio giudizio for-temente innovatori e importan-tissimi per elevare la qualità del-l'assistenza e il servizio offerto aicittadini. Innanzitutto il PianoOncologico, con un equilibrio subase provinciale tra cura, pre-venzione e assistenza terminale,in un campo particolarmentedelicato e causa di sofferenzeancora difficili da eliminare.L'informatizzazione globale edavanzata di tutto il sistema sani-tario, utile non solo per i dovero-si controlli e per le analisi epide-miologiche, ma soprattutto per il

Il Piano Sanitario Regionale 1999-2001

Per una sanitàsempre più europea

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S P E C I A L E S A N I T À71

servizio ai cittadini, basti pensa-re ai CUP e a quanto è in atto perridurre i tempi d'attesa per leprestazioni ambulatoriali.L'impulso dato alla ricerca, conla Regione che assume il ruolo dicoordinamento e promozionedella ricerca scientifica, permigliorare l'efficacia , l'efficienzae l'accessibilità delle prestazionisanitarie, con uno sforzo inteso afavorire l'incremento di centrid'eccellenza regionali con politi-che infrastrutturali e politiche difinanziamento informando sullepossibili erogazioni da parted'organizzazioni nazionali edinternazionali e sulle opportu-nità di borse di studio e di part-nership con l'industria biomedi-ca; la Lombardia sta inoltre col-laborando a varie iniziative nel-l'ambito della telematica appli-

cata, proiettandosi a livelli d'ec-cellenza europei.Nell'obiettivo di seguire le inno-vazioni e di allargare il servizioofferto, la Regione intende valu-tare ogni possibilità di utilizzodella medicina complementare.Agopuntura, omeopatia, fitote-rapia, chiropratica, ecobiopsico-logia, medicina antroposofica,cinese e ayurvedica: sono incostante aumento i cittadini chesi rivolgono alla cosiddettamedicina non convenzionale, edintendiamo contribuire alla for-mulazione di proposte per il lororiconoscimento, oltre a valutarela loro possibilità di utilizzoall'interno del SSR. A tal fineverrà costituita una commissio-ne composta da esperti universi-tari, degli Ordini dei medici e diqueste discipline per stimare ladomanda di medicina comple-mentare, censire i servizi ope-ranti, definire i percorsi formati-vi e le problematiche deontologi-che, elaborare linee e modalitàinformative e un elenco tariffa-rio, prevedere iniziative speri-mentali presso le strutture sani-tarie accreditate.Notevole importanza ed interes-se viene dedicata dal PSR allariabilitazione, ampliando ilnumero dei posti letto adeguan-doli ad un indice di 1,5 ogni milleabitanti e favorendo le attività diriabilitazione intensiva ad altaspecializzazione. Verranno costi-tuiti nei presidi ospedalieri iDipartimenti di riabilitazione,

Carlo Borsani, Assessore SanitàRegione Lombardia

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per sviluppare collaborazione esinergie tra il settore sanitario equello socio-assistenziale; assi-curare la continuità terapeuticaed assistenziale progettandodiversi interventi riabilitativi euna diagnosi multidimensionaledinamica.Per quanto riguarda la rete ospe-daliera, il Piano prevede l'ade-guamento nel triennio all'indicedi 3,5 posti letto per acuti, di cuilo 0,5 destinato all'alta specialità. Vengono introdotti i centri dieccellenza, onde permettere unulteriore salto di qualità dopo larazionalizzazione delle strutture:potranno essere costituiti daun'intera struttura o anche soloda alcune parti, come un diparti-mento o un'unità operativa.Questo riconoscimento da partedella Regione mediante standarde indici di performance relativiall'efficienza e alla qualità saràannuale e comporterà un finan-ziamento specifico. Per garantirelivelli di efficienza sempre piùalti il PSR definisce le funzionispecialistiche, articolandole intre livelli: di base, a media e adelevata assistenza. Va ricordatol'ingente sforzo fatto dallaRegione per l'adeguamento degliospedali pubblici, con circa2.550 miliardi investiti dal 1996ad oggi; per la precisazione ilavori sono terminati in 49 can-tieri, con 222 miliardi di investi-mento, in 101 sono in corso lavo-ri per 858 miliardi, mentre 59cantieri (per 282 miliardi) stanno

per essere attivati e in altri 24 è incorso (per 1.193 miliardi) la pro-gettazione. Questa è la palesedimostrazione di quanto laRegione Lombardia sta facendo,anche in termini economici, perle strutture sanitarie pubbliche,ma, con la politica degli accredi-tamenti, anche e soprattuttoverso i cittadini, per garantireloro la libertà di scelta ed inseri-re nel sistema sanitario struttureprivate che permettano in unquadro di razionalizzazione e diequiparazione una spinta con-correnziale che spinga ad elevaresempre più il livello di efficienzae di assistenza portando laLombardia ai vertici europei nelcampo sanitario.E questo è quanto mi auguro chesi possa ottenere col contributodi tutti, in primis di chi lavora nelcampo sanitario, a beneficio ditutti i cittadini e gli operatorilombardi e italiani.

Carlo BorsaniAssessore Sanità

Regione Lombardia

S P E C I A L E S A N I T À72

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b) prova di funzionalità respiratoria

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I N O S T R I T E R R I T O R I75

G iustizia e decentramento.Nella città di Magenta, apoche settimane dall'av-vento del Terzo Millennio,

è esploso un vivace, e per certiaspetti controverso, dibattito politi-co e istituzionale sulla proposta dicostituire in loco il tribunale ordi-nario. Ad avere acceso la miccia, forseinvolontariamente, è stato SergioPetrone, giovane avvocato e con-sigliere comunale del centrosini-stra, proponendo con successo alConsiglio Comunale di istituire iltribunale ordinario di Magenta. Invero, la "proposta Petrone" hadei precedenti storici: prima ildeputato Bernardi (il 7 luglio1954) e successivamente il depu-tato Marzotto Caotorta (il 17 apri-le 1975), hanno presentano allaCamera dei Deputati un progettodi legge per chiedere la ricostitu-zione della pretura di Magenta,soppressa nel 1924 dal regimefascista. Ciò dimostra come siafortemente radicata l'esigenza diottenere una pretura o un tribu-nale ordinario, per una città cheda sempre è il naturale punto di

riferimento sociale, economico epolitico dell'area ovest di Milano. L'avvocato Sergio Petrone, difen-dendo l'autonomia della sua ini-ziativa, sostiene che “oggi propor-re la pretura è limitativo o se sipreferisce potrebbe essere l'ultimachance. L'istituzione di un tribu-nale ordinario, invece, è supporta-ta da un preciso percorso logico esostenibile. E' necessario dare unarisposta moderna ad un problemavero, magari già avvertito in pas-sato. Non si può permettere chenel processo di riorganizzazionedegli uffici giudiziari, si finiscacon il penalizzare ulteriormente inostri cittadini. Magenta ha tuttele carte in regola per rivendicareun proprio tribunale”. Petrone,comunque vada a finire, ha avutoil merito di avere prodotto unodei provvedimenti più importantidel Consiglio Comunale diMagenta, una proposta davverointelligente per tutelare le realiesigenze di autonomia del terri-torio: l'istituzione di un tribunaleordinario è ampiamente giustifi-cata da una serie di motivazionilogiche che illustreremo più

Decentramento della giustizia

Tribunale di Magenta:si apre il dibattito

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avanti. Anche se, forse per l'ec-cessiva prudenza della classe diri-gente locale, l'orientamentogenerale è quello di mantenerel'attuale distribuzione degli ufficigiudiziari. Non riconoscere, opeggio impedire, il tribunale ordi-nario a Magenta avrebbe lo stessosignificato negativo del mancatoriconoscimento di Milano comesede dell'Autorità per i servizisociali. L'augurio è che gli inte-ressi della politica, soprattutto invista delle prossime scadenzeelettorali, non prevalgano comesempre su quelli della collettività.Il tribunale non è né di destra, nédi sinistra, bensì della gente.La "proposta Petrone" non devediventare fonte di sterili dibattititra fazioni opposte, bensì occa-sione di un confronto democrati-co e costruttivo su una reale esi-genza del territorio. La tutela ed ilrispetto del cittadino devonorimanere sempre al di sopra ditutto.

Carpe diem. Per rispondere alleesigenze locali di autonomia giu-diziaria, occorre tempestivamen-te intervenire con proposte con-crete e sostenibili sulla riorganiz-zazione della circoscrizione deltribunale di Milano. Il Governo, su delega del Par -lamento e nell'ambito della rifor-ma strutturale della giustizia, staattuando una graduale revisionedelle circoscrizioni giudiziarie. Loscopo è di riorganizzare gli ufficigiudiziari, per razionalizzare la

distribuzione delle competenze eper migliorare la qualità dei servi-zi a vantaggio dei cittadini,decongestionando in primis i tri-bunali di Milano, Roma e Napoli. Per quanto riguarda la circoscri-zione del tribunale di Milano èstata avanzata, in un primomomento, una proposta didecentramento e di riorganizza-zione, che ha destato non pocheperplessità agli addetti ai lavori,nonché ad alcuni amministratorie alle realtà sociali della zonaovest della provincia milanese,ossia di quella parte del territorioche comprende il magentino, ilcastanese e il legnanese. Si è pro-posto di istituire il tribunale ordi-nario di Legnano con sedi distac-cate ad Abbiategrasso e Rho,attualmente sezioni del tribunaledi Milano. Questa proposta èstata disattesa dal Consiglio deiMinistri nello schema di decretolegislativo dello scorso 24 settem-bre 1999. A causa del forte decon-gestionamento del tribunale diMilano, però, si è ribadita lanecessità di istituire un nuovo tri-bunale ordinario nell'area ovest.Il problema verte sul dove e sulquando. Nello schema governativo di set-tembre si è prospettata una solu-zione che vedrebbe il magentinoaccorpato alla pretura di Rho cherientrerebbe, insieme alla sezionedi Legnano, nella circoscrizionedel tribunale di Milano. Abbia -tegrasso finirebbe nel circondariodel tribunale di Vigevano, con

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eccezione dei comuni di MottaVisconti e Besate che sarebberodestinati a Pavia. Si tratta di unasoluzione debole e insostenibileper diverse ragioni, tra cui lapenalizzazione dell'utenza delMagentino e l'eccessivo ridimen-sionamento della pretura diAbbiategrasso. Lo schema governativo ha, però,sancito la non omogeneità deiterritori del legnanese, rhodenseed abbiatense, individuandosempre Legnano come principalepunto di riferimento nell'areanord ovest. Non rimane, quindi,che individuare delle soluzioni

a l t e r n a t i v e,s o p r a t t u t t oper attuare undecentramen-to razionaledegli ufficigiudiziari chede congestioniveramente ilTribunale diMilano. In se -guito al dibat-tito sul tribu-nale ordinarioa Magenta el'intervento didiversi am -ministratorilocali e nazio-nali, la ten-denza genera-le è di "conge-lare" il riordi-no della circo-scrizione del

Tribunale di Milano, ossia dimantenere lo status quo.

La delibera comunale. Il Consiglio Comunale di Magenta,in occasione della seduta delloscorso 3 novembre, ha deliberato inmerito alla richiesta d'istituzionedel tribunale ordinario di Magentaavanzata dal consigliere ulivistaSergio Petrone.Nella delibera si chiede al Par -lamento, al Consiglio dei Ministrie al Ministero di Giustizia, di nonattuare il riordino del circondariodi Milano così come prospettatonello schema di decreto legislati-

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vo del 24 settembre, definendoinopportuno e pregiudizievole losmembramento della sezione diAbbiategrasso e l'accorpamentodei Comuni del Magentino allasezione di Rho. Si auspica, per ilprossimo futuro, un interventoorganico per l'istituzione di unnuovo tribunale ordinario nell'at-tuale circondario di Milano, alloscopo di decongestionare il capo-luogo meneghino e risponderealle sempre più giustificate esi-genze di autonomia del territorioe delle popolazioni dell'est Ticino.A tal fine si chiede di valutare leproposte alternative presentatedal consigliere Sergio Petrone, inmerito al possibile decentramen-to degli uffici giudiziari nell'hin-terland milanese e all'istituzionedi un tribunale ordinario aMagenta.

Le proposte alternative. La prima proposta è di istituire iltribunale ordinario a Legnano consezioni distaccate a Rho eMagenta. Ciò per impedire l'ag-gregazione dei comuni del ma -gentino alla pretura di Rho, chesarebbe ulteriormente "appesan-tita". Questa soluzione, però, nonattua alcun decentramento degliuffici giudiziari, anzi è vero il con-trario, in quanto accentra ancoradi più il servizio giustizia lungol'asse nord ovest (Legnano - BustoArsizio). In definitiva, insistere sultribunale ordinario di Legnanoappare una scelta inopportuna. Una seconda proposta, già più

sostenibile rispetto alla preceden-te, è di istituire il tribunale ordina-rio a Magenta, con sezioni distac-cate a Legnano ed Abbiategrasso,lasciando Rho come sezione deltribunale di Milano. La circoscri-zione comprenderebbe il magen-tino, il castanese, il legnanese el'abbiatense, che conserverebbe icomuni di Besate e di MottaVisconti, che allo stato attualedelle cose si vorrebbero destinareal tribunale di Pavia. La terza ed ultima proposta alter-nativa dell'avvocato Sergio Pe -trone è la più ambiziosa, in quan-to prevede sempre l'istituzione deltribunale ordinario a Magenta,con sedi distaccate a Rho edAbbiategrasso, ma con un accor-pamento della pretura di Legnanoal tribunale di Busto Arsizio. Ciòperché Legnano, Castellanza eBusto Arsizio, per la continuitàterritoriale, formano da tempo ununico contesto urbano, una sortadi città unica con un bacino di 140mila abitanti e con un'alta con-centrazione di uffici giudiziari: iltribunale di Busto Arsizio e a 1,5chilometri di distanza la pretura diLegnano. Per quale ragione, allora, si dovreb-be costituire un tribunale aLegnano, quando a poche centi-naia di metri vi è quello di BustoArsizio? Magenta, invece, per la sua natu-rale posizione centrale nell'areaovest interessata dalla riorganiz-zazione degli uffici giudiziari,potrebbe con un tribunale ordina-

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rio meglio soddisfare le esigenzedella popolazione locale. Senzacontare che la città dispone già distrutture ed infrastrutture, chepossono garantire un servizio digiustizia funzionale ed accessibile.

Le conclusioni. La proposta di istituire un tribu-nale a Magenta, con sedi distacca-te a Rho e Abbiategrasso e di desti-nare la sezione di Legnano alTribunale di Busto Arsizio, è unasoluzione ottimale, razionale econcreta. Di certo non sarà facilerealizzarla, perché investe interes-si politici ed economici moltocomplessi e diversificati e provo-ca rigurgiti campanilistici. Icomuni del castanese hannosempre sollecitato l'istituzione diun tribunale a Legnano, mentreAbbiategrasso mira a difendere lasua pretura.Il Ministro di Grazia e Giustizia siera già espresso a favore del tribu-nale di Legnano, ma il ConsiglioSuperiore della Magistratura haproposto di rivalutare gli inter-venti nell'area in questione, per-ché a pochi chilometri dalla pre-tura di Legnano esiste già il tribu-nale di Busto Arsizio.Adesso l'orientamento è quellodi mantenere "congelata" lasituazione, almeno fino a quandonon sarà raggiunto il solito "com-promesso politico" sulla sede delnuovo tribunale dell'area ovest,per decongestionare quello diMilano.Intanto, proprio in seguito al

dibattito sul tribunale avviato dalconsigliere comunale SergioPetrone, sono state individuatediverse proposte di legge, ancorain discussione, inerenti alla rior-ganizzazione degli uffici giudi-ziari nell'hinterland milanese. Il Senatore di Alleanza NazionaleAntonino Caruso, ha proposto l'i-stituzione di un nuovo tribunalea Legnano, con sezioni distaccatea Saronno, Abbiategrasso e Rho. Il Senatore ulivista Carlo FeliceBesostri ha, invece, proposto l'i-stituzione del tribunale a Legna -no, con sedi distaccate ad Abbia -tegrasso e Rho. Il Senatore leghista Marco Preio -ni, infine, ha proposto l'istituzio-ne del tribunale ordinario diLegnano, con sezioni a Rho (ca -stanese compreso). Si tratta d'i-niziative legislative che, comevolevasi dimostrare, insistendosulla città di Legnano non con-sentiranno mai un reale decen-tramento degli uffici giudiziari daMilano verso la periferia. Un tribunale nella città delCarroccio, che occupa una posi-zione periferica nell'area ovest,avrebbe solo il merito di penaliz-zare ulteriormente l'utenza loca-le. L'istituzione di un tribunaleordinario a Magenta, sia per lacentralità, sia per strutture dispo-nibili e l'elevata accessibilità,sarebbe la scelta migliore e piùlogica, ma siamo in Italia…

Danilo Lenzo

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Grancini, qual è il suoparere in merito allariforma del sistemagiustizia e alla previ-

sta riorganizzazione degli ufficigiudiziari nell'area ovest dellaprovincia di Milano?

“Con la riforma della giustizia,che ha portato all'introduzionedella figura del giudice unico (1°giugno 1999), la sezione del tri-bunale è istituita esclusivamen-te nella sede del tribunale capo-luogo. Nel nostro caso Milano,almeno fino a quando la preturacircondariale di Abbiategrassoresterà sezione staccata delcapoluogo lombardo. In queste settimane, la commis-sione giustizia sta esaminandoun decreto governativo che, difatto, smembra il nostro territo-rio. Abbiategrasso, e altri Comunidella zona, sarebbero aggregatial tribunale di Vigevano. MottaVisconti e Besate sono stati asse-gnati al tribunale di Pavia.

Pertanto le cause di lavoro chepotrebbero verificarsi nei comu-ni del comprensorio Magenta -Abbiategrasso ci troveranno co -stretti ad operare su ben tre tri-bunali differenti, con un logicoaggravio di costi e di disagi per ilavoratori: Milano per il magen-tino, Vigevano per l'abbiatense ePavia per Motta Visconti eBesate”.

Allora, mi sembra di capire chelei esprime un parere fortementenegativo su questa proposta didecentramento?

“Questa proposta, peraltro giu-dicata inadeguata dallo stessoConsiglio Supe riore della Ma -gistratura in quanto toglierebbeal tribunale di Milano solo unaminima parte del suo attualecarico di lavoro (3%), è inaccet-tabile perché metterebbe i citta-dini in grosso disagio, vista lamancanza di collegamenti conle sedi giudiziarie prescelte. E' da sostenere pertanto la ri -

80I N O S T R I T E R R I T O R I

Intervista ad Alessandro Grancini, responsabile locale della CISL

Un nuovo Tribunale ordinario è indispensabile

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I N O S T R I T E R R I T O R I81

chiesta che il Governo, come hagià fatto per i tribunali di Roma eNapoli, istituisca un tribunalenel nord ovest che sia ridefinitonei confini provinciali, confer-mando le competenze territoria-li già operative per i carabinieri,la polizia, la guardia di finanza,le stesse organizzazioni sindaca-li, l'Asl. Un vantaggio indotto di unsecondo tribunale nel nostroterritorio sarà quello derivantedalla creazione di una nuovaprocura e la presenza di magi-strati inquirenti, che potrannoseguire con maggiore attenzionei fenomeni di criminalità e diabusivismo, anche in previsione

del futuro sviluppo di traffico edi presenze commerciali e pro-duttive indotte da Malpensa”.

Danilo Lenzo

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E’stata inaugurata uffi-cialmente mercoledì 8dicembre, con la cele-brazione della messa

presieduta dal parroco padreMauro Loi e il fatidico taglio delnastro operato al termine dal sin-daco Maurizio Spelta, la casa diriposo di Morimondo. Un eventoda sottolineare, dopo le numero-se polemiche sollevate negli anniscorsi da alcuni residenti contrarialla sua costruzione e una serieinfinita di atti vandalici con iquali qualcuno aveva intesoprendere di mira, simbolicamen-te, la struttura, provocando danniprima al cantiere e poi a parti del-l’edificio quando era ormai inavanzato stato di realizzazione.Atti che avevano incontrato laferma condanna da parte dell’al-lora primo cittadino LeoneAntonio Vicentini supportato daun gran numero di colleghi sin-daci dei comuni dell’Abbiatenseche gli manifestarono aperta-mente la propria solidarietà par-tecipando in massa a un incontro

pubblico concluso appunto pres-so quel cantiere troppe voltepreso di mira. Acqua passata,benché la Procura dellaRepubblica stia ora esaminandocerte denunce provenienti daicarabinieri che, indagando suquegli episodi, avrebbero ancheindividuato qualcuno dei pre-sunti responsabili. Tuttavia (e logicamente) nessunaccenno a quei fatti è emerso nelcorso della cerimonia di inaugu-razione di mercoledì, festadell’Immacolata. Anzi, nessunacerimonia particolare, maappunto un momento di festa edi lieta convivenza consistitonella celebrazione eucaristica(anticipata alle 10 e dirottata perl’occasione dall’Abbazia al salonedel nuovo ricovero) e nel simboli-co taglio del nastro tricolore che,terminata la messa, ha dato vialibera alla visita degli ambienti.Presenti in gran numero, i mori-mondesi hanno potuto cosìapprezzare la solidità, la capacitàdi accoglienza e la luminosità

I N O S T R I T E R R I T O R I83

Morimondo sensibileai problemi

della Terza Età

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degli ambienti di questa casa diriposo in grado di ospitare ses-santa anziani non più in grado, intutto o in parte, di badare a sestessi. Ingresso con piccolareception, camere da due, tre emassimo quattro letti con relativiservizi igienici annessi, ampi cor-ridoi, salette di ritrovo con grandivetrate, ma anche ambulatori elocali attrezzati per la fisiotera-pia, il tutto realizzato nel rispettodelle direttive regionali in mate-ria sanitaria e in modo razionalee funzionale.Anche l’impatto dell’edificiosulla zona circostante, ora che ècompletato, non appare “pesan-te” quanto lo poteva sembrare il

cantiere con le sue recinzioni e lagru che lo sovrastava. Ma adesso che tutto è pronto eche il “battesimo” della strutturaè avvenuto, chi si occuperà diguidarla e di gestirla? Allo scopo,all’inizio dello scorso mese diottobre si è ufficialmente costi-tuita la nuova Fondazione Ric -cardo Pampuri alla quale hannoaderito, insieme al Comune diMorimondo, quelli di Gaggiano,Rosate, Vernate, Gudo Visconti,Zelo Surrigone, Vermezzo, Ozze -ro e la già esistente FondazioneRhodense. Primo atto, il versa-mento di 125 milioni suddivisi innove quote: 25 ciascuno Mori -mondo, Gaggiano, Rosate e la

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L’inaugurazione della Casa di Riposo a Morimondo

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Fondazione Rhodense e 5 ciascu-no gli altri soggetti partecipanti.Presidente è stata nominataGrazia Sellitri, affiancata daGiorgio Caprotti in rappresen-tanza del Comune di Mori -mondo, Franco Miracoli perquello di Gaggiano, Renzo Mo -randotti per Rosate e GiuseppeRestelli per la Fondazione Rho -dense. Scopo dell’operazione è, comeripetutamente affermato dall’at-tuale primo cittadino di Mo -rimondo, e a suo tempo dal suopredecessore, quello di poteroffrire ospitalità anche agli anzia-ni residenti in questi paesi delterritorio che ne avessero neces-

sità, sulla base di una graduatoriada stilare secondo i criteri previ-sti dalla Regione, che ha in buonaparte finanziato il progetto. Il successivo e più importantepasso sarà quello, secondo quan-to affermato dal sindaco Mau -rizio Spelta, di affidare la struttu-ra inaugurata nei giorni scorsialla gestione di società che sioccupino del suo concreto fun-zionamento sotto il profilo sani-tario e per quanto concerne i ser-vizi annessi, primi fra tutti quellodell’erogazione dei pasti (la strut-tura è ovviamente dotata anchedi cucina) e quello delle pulizie.

Marco Aziani

I N O S T R I T E R R I T O R I85

L’esterno della Casa di Riposo

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C ome abitante, da sempre,di questa città e in parti-colare di un suo rione(Crenna) mi viene spon-

taneo alcune volte pensare a cosasia Gallarate oggi, cosa si stiafacendo per la città e la sua gente,a che cosa ci si stia rivolgendoanche in presenza, a pochi chilo-metri di distanza, di un grandefenomeno, ancora in evoluzione,quale il nuovo scaloaereo di Malpensa 2000.Se percorro le vie delmio paese, se osservo ilsuo vivere quotidiano,avverto un senso didesolazione, vedo inmolti casi uno statod’abbandono, un paesedalla vita spenta.Non più negozi o moltorari, non più momentidi vita e di ritrovo, per-sone per le strade sem-pre meno, vita di rela-zioni quasi scomparsa egente sempre più isola-ta. La vita frenetica e inten-sa delle ore di lavoro sispegne quando devecedere il passo alla vitadi relazioni e di rappor-ti durante le altre oredella giornata e/o dellasettimana.

Se allungo lo sguardo verso unorizzonte più ampio vedo che loscenario non muta, che l’aspettoè uguale, che il caso si riproponepari pari, salvo esili distinguo. E questo non è da oggi, è daparecchio tempo, forse da tantotempo che è sotto gli occhi di chiosserva, e non penso che il desi-derio di vita e di relazioni siavenuto meno nella gente, sia sce-

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Gallarate

La Biblioteca Civica in piazza San Lorenzoa Gallarate

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I N O S T R I T E R R I T O R I88

mato o scomparso il gusto delritrovarsi nel proprio ambiente, enon penso neanche che faciliopportunità rivolte altrove o all’e-sterno siano unica causa di que-sto costante fenomeno.Credo che accanto ad indubbicambiamenti nel modo di vitadella gente una parte rilevante diquanto riferito possa essere dovu-to al fatto che sia sfuggito di manoil governo della città, specie ilgoverno del territorio, acuendocosì in certi casi fenomeni d’ab-bandono e assenza di vita. Forseoccorrevano soluzioni più corag-giose, iniziative più incisive nellescelte urbanistiche e nella pro-grammazione del territorio esoprattutto con tempi moltobrevi. E qui mi riferisco in parti-colare a piani e programmi deicentri cosiddetti “storici” dovestudi e piani sono rimasti letteramorta, dove vi è stata molte volteassenza culturale e progettuale,unitamente, magari senza saper-lo, a mancanza di volontà politica.Senz’altro è stato più facile pro-grammare sul territorio libero,intervenire dove i vincoli eranopiù semplici, dove la rendita erapiù immediata, dove era meglio epiù facile aggredire il territorio.Questo, io credo, ha portato ad undepauperamento dei vecchi nu -clei, svuotandoli di contenuti e divita di relazioni e nel contempoad erodere e alcune volte a deva-stare un territorio che poteva edoveva mantenere il territorioagricolo.E mi riferisco non solo all’urba-nizzazione di tipo commerciale

e/o produttiva, ma in specie aquella di tipo residenziale estesasie dilagata a macchia d’olio nellecampagne. Forse l’incalzantepressione di benefici immediatinon ha dato il tempo di potervalutare il loro impatto sul territo-rio e sulla gente, di poter vedere sequesti interventi non potevanoavere diversa soluzione e distribu-zione sul territorio per una suamigliore qualificazione.È anche vero che il governo delterritorio, con tutte le sue lentezzeprogrammatiche prima e buro-cratiche dopo non riesce a rima-nere al passo con i tempi e le tra-sformazioni in atto, ma è anchevero che la “vista” non ha saputoprolungarsi oltre orizzonti molto

La sede della Società SportivaGallaratese

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ravvicinati e la “volontà” non havoluto fare più di tanta fatica.Sarà possibile recuperare in futu-ro, sarà attuabile ridare a questogrande patrimonio urbano quellefunzioni e quella vita che gli erapropria e che lo ha caratterizzatoin passato? Credo che la soluzione non saràfacile, ma riprendere in mano lasituazione e operare in modo ade-guato penso sia più che utile, eurgente farlo, e farlo subito.Anche perché grandi realtà sonointervenute e occorrerà, se nonsiamo già in ritardo, avere tantacapacità e lungimiranza perpoterle controllare e possibilmen-te governare soprattutto a livellolocale, non isolati ma in un con-certo vero di più energie e con lemigliori competenze.

Questo non vuole essere un“Amarcord” ma un primomomento di riflessione con l’im-pegno in seguito di poterapprofondire e ritornare a riflette-re…

Pietro Paolo Brivio

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Una fabbrica di ferro tubi e lamiere a Gallarate

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Viale Europa 59/A

21010 Cardano al Campo (Varese)

Telef. (0331) 261.755 - Telefax 261.41

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La seconda puntata dell'ex-cursus geografico-storico delterritorio ad est del Ticino,così come lo descrive il

Dizionario corografico edito aMilano nel 1854 (vedi Quaderni delTicino n.31), prende in esame ildistretto XII di Gallarate, facenteparte allora della provincia diMilano all'interno del RegnoLombardo Veneto, sotto la domina-zione degli austriaci. Componevanoquesto distretto, che passerà alla pro-vincia di Varese, quando questavenne istituita nel 1927, diciottocomuni, di cui alcuni sono statiinglobati in altri centri più grossi. Adesempio Arnate, Cajello, Cedrate eCrenna sono stati assorbiti daGallarate, Bolladello e Peveranza daCairate, Cassina Verghera daSamarate; Jerago e Orago si sonouniti in un unico ente comunale, cioèJerago con Orago; Cavaria, che nel1854 era frazione di Orago, s'è appro-priata di Premezzo, trasformandosiin Cavaria con Premezzo; Oggiona siè annessa Santo Stefano denominan-dosi Oggiona con Santo Stefano einfine Solbiate sull'Arno ha cancella-to la preposizione articolata. La tra-scrizione di queste pagine è stata ilpiù possibile fedele al testo originale.

GALLARATE. Provincia di Milano, capoluogodel distretto (XII) di questonome. E' comune con consiglio efa 5540 abitanti.Superficie pertiche 8364. 7. 7.Estimo scudi 90,458. 4 1/4Cospicuo ed industrioso borgosulla strada postale da Milano aSesto Calende. E' cinto ancora dimura, almeno in alcune parti,con porte, ma aperte, e del resto è

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Dalla storia

Il Gallaratese 150 anni fa

La Chiesa di San Pietro aGallarate

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sfortezzato. Sta vicino al torrenteArno che scorre vicino alle suemura, ed è attraversato dal rivoloArnetta. Ha belle case, diversicomodi alberghi e botteghe diogni genere. Vi sono piazze, unatra le altre assai spaziosa ove sitiene mercato ogni sabato; e vi sifa gran commercio di biade,bestiami, telerie, cotonerie, dellequali vi sono varie manifatture,massime del genere de' frustagni,favorita stoffa di cui si vestono ivillici lombardi e se ne fannoabiti i cacciatori. Se ne spaccianoogni anno più di 100,000 pezze,fabbricate o in Gallarate stesso onei contorni.Gallarate debb'essere un borgomolto antico, abbenchè i suoiricordi non vadano molto più inlà del X secolo; pure il suo nomesembra indicare un'origine celti-ca, e l'Arno che gli passa vicino cirichiama l'Arno in Toscana e gliEtruschi che dominarono anchenell'Insubria. Per ciò che concer-ne i tempi romani, sul campaniledella chiesa prepositurale diGallarate si leggono ancora dueiscrizioni, l'una delle quali ram-menta il semi-dio Silvano e l'altraè un'iscrizione sepolcrale ad unCajo Postumo Prisco. Ma l'epocaistorica di Gallarate comincia nelsecolo X quando fece una parteconsiderevole del famoso conta-do del Seprio. Nel XII secolo fusoggetto agli arcivescovi diMilano; nel secolo seguenteprese parte alle fazioni tra nobilie popolani che travagliarono

Milano e quasi tutta laLombardia, ed a' 3 luglio 1258 ilfurore delle parti passò ad ecces-si che prorotti ad una sanguinosazuffa, tornarono funesti a quei diGallarate.Quattro anni dopo, trionfando inMilano la fazione de' Torriani chetenevano per il popolo, furonospediti a Gallarate 200 fanti cheeseguirono l'ordine di fare spia-nare i bastioni. Nel 1276 tornan-do i Torriani da Angera vittoriosidei nobili ivi sconfitti e traendo-ne molti incatenati, li massacra-rono tutti in Gallarate, o li feceroperire fra i supplizj a talchè lestrade rimasero per più giorniinsozzate del loro sangue.Dopo la distruzione di Castel-Seprio (nel 1286) Gallarate diven-ne il capoluogo di quasi tuttal'antica giurisdizione Sepriense.Nel 1511 fu saccheggiato ed arsodai predoni svizzeri, comandatidal feroce generale e cardinaleScheiner, meglio conosciutosotto il nome di cardinale di Sion;e a' 24 luglio 1734 grandi guasti vifece un'inondazione dell'Arno.La chiesa di Gallarate, di anticastruttura, è prepositurale e ple-bana; altre volte aveva sotto di sé36 chiese, e fin dal secolo XIIIpossedeva una collegiata checontò fino a 14 canonici. Al pre-sente la collegiata non è più, e leparrocchie filiali sono ridotte a21, cioè: Albizzate, Arnate,Besnate, Bolladello, Cajello conPremezzo, Cardano, Cassano Ma -gnago (due parrocchie), Cassina

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del Manzo, Cassina Verghera,Cavaria, Cedrate, Crenna, Ferno,Jerago, Lonate-Pozzuolo, Orago,Peveranza, Samarate, Solbiate,Santo Stefano con Oggiona.Questo medesimo borgo è la resi-denza di un commissario distret-tuale e di una pretura di secondaclasse, Sotto il regno d'Italia era ilcapoluogo di una vice-prefetturache nel 1814 estendeva la suagiurisdizione sopra 91,126 abi-tanti; ma nel successivo scom-partimento del regno Lombardone furono staccati moltissimicomuni e la vice-prefettura fudivisa in varj distretti. Ora il distretto di Gallarate, oltreil capoluogo, conta 18 altri comu-ni, che sono: Albizzate, Arnate,Besnate, Bolladello, Cajello, Car -dano, Cassano-Magnago, Cas -sina-Verghera, Cedrate, Crenna,Ferno, Jerago, Oggiona, Orago,Peveranza, Premezzo, Samarate eSolbiate sull'Arno.Superficie totale pertiche142,683. 14 2/3.Estimo scudi 708,187. 5. 5. 3.Popolazione di tutto il distretto24,698 abitanti.In questo distretto è il famosoaltopiano detto volgarmente laBrughiera di Gallarate, ampiaestensione di territorio tral'Olona e il Ticino che correndoda oriente ad ostro per lo spaziodi 10 miglia in lungo sopra unalarghezza ineguale, ossia soprauna superficie di 108,000 perti-che quadrate, non produce cheerica, detta nel dialetto lombardo

Brugo (in francese Bruyère), arbo-scello di cui sono varie le specie,e che impadronendosi de' terrenisabbiosi, non ammette più nis-sun'altra pianta tranne quelledella propria famiglia. Si suoleperò svellerla ogni tre o quattroanni e serve ai concimi. "La sic-cità, dice l'Amoretti, è la cagionprincipale per cui resta incoltoquesto vastissimo tratto di terre-no, che pur non è la solita bru-ghiera della Lombardia nostra.Vuolsi che siasi tentato di portar-vi altre volte l'acqua del Ticino,mediante un canale che comin-ciasse sotto Somma, al luogodetto il Pan-Perduto; e si veggio-no difatti ancora vestigi d'uncavo fatto accanto all'alveo delfiume in que' contorni. Altri pro-getti vi son tuttavia d'irrigarequel vasto distretto, derivando leacque dal lago stesso ad Angera,o con quelle del lago di Luganodandogli un emissario meridio-nale, presso a Porto di Morcote;ma chi ha misurato l'altezza diquesto luogo vi trova molte diffi-coltà, per la navigazione alme-no... Egli è su questa brughiera,ma più verso il Ticino, fra Rosate(leggi Nosate) e Somma, che inostri astronomi hanno misuratosul meridiano una base di tese5130, sulla quale hanno formatitutti i triangoli che servirono afissare i punti sulla gran cartadella Lombardia".La detta base della triangolazio-ne della Lombardia fu presa pres-so Tornavento alle long. di 26° 23'

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47'' e fra le latitudini 45° 39' 30'' e45° 33' 50'' e le altezze al di sopradel livello dell'Adriatico furonotrovate come segue:

Piramide borealeAl piede.................metri 253. 628.Alla sommità........... " 258. 669.

Piramide australeAl piede.................metri 199. 561.Alla sommità ....... " 204. 602.

Somma 4 miglia tram-pon. daGallarate; 1 lev. dal Ticino; 6 tram.da Tornavento.......metri 266.

Busto Arsizio 4 ostro-lev. daGallarate, 6 lev. da Tornavento e dalTicino...................... " 218.

Il Ticino pressoTornavento............ " 147. 864.

Il Verbano o lago Maggiore........ " 194. 697.

Il Ceresio o lago di Lugano...... " 272. 572.

Donde si vede che il Ticino ed illago Maggiore si trovano a moltopiù basso livello che non la brughie-ra di Gallarate. Tuttavia l'estensionedi questa landa da alcuni decenni aquesta parte, è alquanto diminuita;massime dopo che il Governo delregno d'Italia permise ai comuni divendere ai particolari la parte lorospettante. E fra i particolari varj vene furono che fecero dei tentativinon sempre infruttuosi per disso-

dare quell'inaquoso terreno: fraquesti si distinse il duca Visconte diModrone che ridusse a buona col-tura più tratti di terreno; e alcunialtri tratti furono per lo menocoperti di boschi.Gallarate dista 22 miglia a tramon-tana-ponente da Milano ed 8 migliaad ostro-levante da Sesto Calende.Le distanze da Busto a Somma furo-no indicate poc'anzi.

ALBIZZATE. Provincia di Milano,distretto (XII) di Gallarate, comunecon convocato e 1074 abitanti. Stasopra un'amena ed ubertosa colli-na al cui piede scorre il fiumicelloArno.Superficie pertiche 5616. 15.Estimo scudi 33,925. 1. 6.Il territorio abbonda di viti e gelsi; iTaverna, gli Archinti, famiglie nobi-li di Milano, vi hanno grandiose vil-leggiature: sta a 4 miglia a tramon-tana da Gallarate e 6 ad ostro daVarese.Bonaventura Castiglioni pretendeche il nome di questo villaggio deri-vi dagli Albuzj, patrizj romani, chequivi, secondo lui, abitarono lun-gamente.

ARNATE. Provincia di Milano,distretto (XII) di Gallarate, comunecon convocato e 723 abitanti.Superficie pertiche 3497. 23. 6Estimo scudi 21,340. 5. 2 21/48Giace in riva al torrente Arno, da cuiprese il nome, sopra un territoriofertile di biade, gelsi e viti. Sta lonta-no un picciol miglio a mezzogiornoda Gallarate.

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BESNATE. Provincia di Milano,distretto (XII) di Gallarate, comunecon convocato e 937 abitanti.Superficie pertiche 11,171. 7.Estimo scudi 41,877. 4.Villaggio sopra un colle dal quale sidominano i villaggi circostanti.Sembra che sia molto antico e statoanco ragguardevole, se può farsicongettura da una lapide mortua-ria ivi scoperta. Nel medio evo formava corte insie-me con Albizzate. Eravi un castelloeretto dai Visconti, ora ridotto, conpochi cambiamenti, a civile abita-zione. Oprando da Besnate fu quel-lo che nel 1220 fabbricò con colon-ne di marmo rosso il pulpito diSant'Ambrogio in Milano; sta a 3miglia a tramontana da Gallarateed altrettante a tramontana-levan-te da Somma.

BOLLADELLO. Provincia diMilano, distretto (XII) di Gallarate,comune con convocato e 668 abi-tanti. Superficie pertiche 5827. 11.Estimo scudi 26,239. 1. 1.Villaggio tra l'Olona e il torrenteArno, 3 miglia a tramontana-levan-te da Gallarate, in un territori spar-so di collinette, abbondante di gelsie viti. Anticamente faceva parte delcontado del Seprio ed appartennealla famiglia Martignoni; uno deiquali fu Lorenzo Martignoni, chedopo estintasi la linea de' Viscontiduchi di Milano fu eletto capitanodella Libertà nel 1447.

CAJELLO. Prov. Di Milano, distretto(XII) di Gallarate, com. con conv. e

409 abitanti.Superficie pertiche 4,101. 8.Estimo scudi 22,338. 0. 2.Villaggio alla sinistra della stradamaestra che da Gallarate conduce aVarese e dalla quale dista un assaibreve cammino, lontano 2 piccolemiglia a tramontana da Gallarate equasi 4 miglia a levante da Somma.Una tradizione popolare, ma privadi fondamento, e di cui si trovanoindizj in più altri luoghi delMilanese, pretende che Cajello siastato fondato da un figlio di Eneache ivi morì e che vi fu anche sepol-to. Certo è che si trova menzione diquesto villaggio nelle carte delsecolo X. Nello spirituale forma unaparrocchia sola col vicino comunedi Premezzo e conta 630 anime.

CARDANO. Provincia di Milano,distretto (XII) di Gallarate, comunecon consiglio e 1993 abitanti.Superficie pertiche 14,172. 18. 2/3.Estimo scudi 52,853. 5. 2 32/48.Terra considerevole, di cui il Giulinitrovò memoria nel secolo VII. Fu lapatria di Milone, arciprete delduomo di Milano, poi vescovo diTorino nel 1170, indi arcivescovo diMilano nel 1187. Da esso uscironole famiglie Cardano e Castiglioni; egloriasi pure di aver dato i natali odalmeno di aver allattato il celebreGerolamo Cardano, che non maiconobbe il proprio padre, ma chedivenne famoso medico, matema-tico e filosofo insigne per potenzad'ingegno e per singolari travia-menti di spirito, dotato di uno stra-no umore e perciò sempre sventu-

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rato, malgrado la fortuna che lofavoriva. Datosi alle scienze occulteed alla divinatoria, vuolsi che perverificare il proprio oroscopo, ch'eisarebbe morto a 75 anni, trovando-si in Roma in quella età si lasciassemorir di fame. Il territorio diCardano è parte in collina e parte inpianura, e frutta cereali ed ottimivini. Sta lontano 2 miglia a mezzo-giorno da Gallarate e 6 dalla sinistradel Ticino.

CASSANO MAGNAGO. Provincia diMilano, distretto (XII) di Gallarate,comune con consiglio e 2863 abi-tanti.Superficie pertiche 17,274. 13.Estimo scudi 99,410. 3. 4.Bello ed allegro villaggio sopra unameno colle, che dà ottimi vini, unmiglio a tramontana-levante lonta-no da Gallarate.E' diviso in due parrocchie, di cuil'una ha 1300 anime, l'altra 1390;ambe dipendono dalla pieve diGallarate: la prima detta di SantaMaria del Cerro è la più antica eduna volta era la sola. Quivi comin-ciano le deliziose e fertili colline delMilanese, che verso ponente-tra-montana prolungasi fino alVerbano ed al lago di Varese. Eravialtre volte un forte castello fattofabbricare nel secolo XIII dall'arci-vescovo Ottone Visconti, la di cuieffigie si vede in una testa ripostanel muro dell'edifizio, ora converti-to in abitazione campestre. Gli etimologisti ne derivano ilnome da Casa-Sana, pretendendo-si che ivi non abbia mai serpeggia-

to la peste attesa la purezza ed ela-sticità dell'aria che domina su quel-l'alta vetta.Nelle carte del secolo XV si trovache la parrocchia di S. Giulio erachiamata contrata Magnaghi, equella di Santa Maria, contrataSanctae Mariae apud CerrumCassani. Le pareti di quest'ultimachiesa sono coperte di pitture fattedal Morazzone per disposizionetestamentaria del 1597 di Prin -civalle Visconti; ed esse rimaserointatte nel ristauro, o meglio, rinno-vazione che si fece di quella chiesa,non è ancora molti anni, mediantele cure dell'ancora vivente IgnazioBianchi. Chiamasi essa Santa Maria delCerro a motivo di una pianta dicerro (quercus fastigiata) chedebbe avere esistito da sette ad ottosecoli, avendo essa potuto dare,come la quercia di Teofilo, il nomealla parrocchia da quattro secoli aquesta parte, come si ha dai docu-menti. Questa memorabile pianta fu rovi-nata da un oragano non è moltianni. Il citato Princivalle Visconti avendoportato da Colonia una spina dellacorona di nostro Signore, fu essa adistanza di San Carlo Borromeoregalata alla parrocchiale di SantaMaria, ove si venera ancora.. Altrespine sono a Pavia, a Parigi, aColonia, ecc.Di questo villaggio sono originarj iCagnola, inscritti già da cinquesecoli e mezzo nel catalogo de'patrizj milanesi.

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CASSINA VERGHERA. Provincia diMilano, distretto (XII) di Gallarate,comune con convocato e 610 abi-tanti.Superficie pertiche 2931. 14.Estimo scudi 10,821. 2. 5 18/48Nella parrocchiale si venera unacamicia della Beata GiulianaPuricelli, a cui il villaggio si vanta diaver dato i natali, abbenchè iBustesi gli contendano quest'ono-re. E' due miglia ad ostro diGallarate.

CEDRATE. Provincia di Milano,distretto (XII) di Gallarate, comunecon convocato e 690 abitanti.Come parrocchia conta soltanto560 anime. Superficie pertiche5352. 22. Estimo scudi 33,049. 3. 6.Villaggio in un'amena situazioneed in un territorio abbondante dibiade, viti e di gelsi. Vuolsi che deri-vi il suo nome dalla prodigiosacopia di cedri che quivi intorno cre-scevano; i quali però non dobbia-mo credere che fossero agrumi equindi copia qui fosse di amenigiardini, ma bensì o larici o pini oginepri od altra sorta di abeti, che iLatini dicevano Cedrus, e di cuieravi una specie detta Cedrelatenda Plinio, da cui traevasi una resinapregiatissima, colla quale facevansianco statuine degli Dei. Dista unmiglio ad ostro-ponente daGallarate.

CRENNA. Provincia di Milano,distretto (XII) di Gallarate, comunecon convocato e 1517 abitanti.Come parrocchia conta 1480

anime; nel 1828 ne contava soltan-to 1170.Superficie pertiche 9560. 6.Estimo scudi 62,533. 5. 4.Villaggio sopra vago colle, vicino aGallarate da cui dista soltanto unmiglio a tramontana-ponente. Leviti del suo territorio danno ottimovino. Fino al secolo IX vi era un for-tissimo castello, di cui vedonsiancora gli avanzi, e tre secoli dopo iMilanesi nelle guerre controFederico Barbarossa, lo presidiaro-no colla guarnigione che tolsero dalcastello di Mozzate. Magnifica è lasua chiesa cattedrale.

FERNO. Provincia di Milano,distretto (XII) di Gallarate, comunecon convocato e 1690 abitanti.

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La Chiesa di S. Maria Campestrea Ferno

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Ma come parrocchia fa 1525anime.Superficie pertiche 32,908. 1.Estimo scudi 62,529. 4. 4.Villaggio 4 miglia a levante daBusto Arsizio e 3 miglia ad ostroda Gallarate. Una parte del suoterritorio è a brughiera incolta;ed il rimanente è coltivato abiade, viti e gelsi. Fu la patria del cappuccinoGiuseppe Piantanida, a cui siattribuisce di aver introdotta aMilano la devozione delle 40 ore,in occasione che la città era asse-diata da Francesco I re di Francia;altri invece ne fanno onore alpadre Zaccaria, fondatore de'Barnabiti.

JERAGO. Provincia di Milano,distretto (XII) di Gallarate, comu-ne con convocato e 528 abitanti.La sua parrocchia conta 490anime. Superficie pertiche 4296.12 1/2. Estimo scudi 19,915. 4. 4.Villaggio al piè di un amenocolle, poco discosto dalla destrariva del torrente Arno e a 3 migliaa tramontana da Gallarate, in unterritorio ben coltivato a viti egelsi. Se crediamo a BonaventuraCastiglioni, era qui un tempioantico a cui convenivano i popo-li de' contorni onde sacrificare ailoro Dei. Più certa è l'esistenza diun antico castello, che è il mede-simo ora ridotto a sontuosopalazzo di ragione dei Bossi.

OGGIONA. Provincia di Milano,distretto (XII) di Gallarate,

comune con convocato, checolla frazione di Santo Stefano fa668 abitanti. Nel 1846 gli abitanti furono 571.Superficie pertiche 4088. 11.Estimo scudi 20,053. 2. 4.Villaggio presso il torrente Arno,a destra della strada che daGallarate conduce a Varese; laparrocchia è nella vicina frazionedi Santo Stefano. A vantaggio deipoveri evvi il legato Ferrario col-l'annuo reddito di austriache lire493. 50, che si erogano in tre dotidi lire 100 milanesi ciascuna, edin medicinali per gli infermi.Un'altra porzione di questa stes-sa causa pia è destinata a benefi-zio del comune di Montonate.

ORAGO. Provincia di Milano,distretto (XII) di Gallarate, co -mune con convocato, che collafrazione di Cavaria fa abitanti687. Superficie pertiche 3099. 16.Estimo scudi 17,417. 5. 0 1/2.Villaggio tre miglia a tramontanada Gallarate e 4 a levante per tra-montana da Somma sulla stradache da Gallarate conduce aVarese, in un territorio che offreovunque rigogliose piantagionidi viti e gelsi. Il comune formadue distinte parrocchie; quella diCavaria di circa 450 anime, equella di Orago 285.

PEVERANZA.Provincia di Milano, distretto (XII)di Gallarate, comune con convo-cato e 470 abitanti. Nel 1846 gliabitanti furono 414.

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Superficie pertiche 2436. 2.Estimo scudi 9405. 4. 1. Villaggio lontano un miglio dallariva destra dell'Olona e a 3 miglia atramontana-levante da Gallarate,sito da biade, viti e gelsi.

PREMEZZO. Provincia diMilano, distretto (XII) diGallarate, comune con convoca-to e 230 abitanti. Superficie pertiche 3116.11.Estimo scudi 12,166. 3. 5 1/2.Villaggio due miglia a tramonta-na da Gallarate ed unito in unasola parrocchia col vicinoCajello. Il suo territorio è coltiva-to a viti e gelsi.

SAMARATE. Provincia di Milano,distretto (XII) di Gallarate,comune con convocato che collefrazioni di Costa e Cassina delManzo (San Maccario) fa 2703abitanti. Nel 1846 gli abitantifurono 2495.Superficie pertiche 20,590. 12.Estimo scudi 73,110. 2. 2.Villaggio 3 miglia a tramontana-ponente da Busto-Arsizio e duead ostro da Gallarate. Il comuneè scompartito tra due parroc-chie, quella cioè di Samarate conCosta e Gambarera, e quella diCassina del Manzo, detta altri-menti San Maccario.Di Samarate fu certo Grigalfredoche nel 1258 fu trascelto ad arbi-tro fra il popolo ed i nobili diMilano. Soccorre ai poveri lacausa pia Ferrario con un'annuarendita di lire 483.

SOLBIATE SULL'ARNO.Provincia di Milano, distretto(XII) di Gallarate, comune conconvocato e 696 abitanti. Nel 1847 gli abitanti furono 679.Superficie pertiche 4540. 5.Estimo scudi 28,274. 2. 7.Villaggio presso il fiumicelloArno, a destra della strada che daGallarate conduce a Varese, 4miglia a tramontana un po' perlevante da quello e sette ad ostroda questo.

Valeriano Castiglioni

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Dalle prime caute speri-mentazioni legislative,avviate nel 1995, all'aper-tura a 360 gradi nella libe-

ralizzazione, almeno potenziale,dell'incontro tra domanda ed offer-ta di impiego, alla prossima scom-parsa degli stessi uffici di colloca-mento, sostituiti da organi promossie definiti a livello delle Province, ecioè i centri per l'impiego.Tutto que-sto è stato un processo che, nel girodi pochi anni, sotto la pressionedegli indirizzi formulati dallaComunità Europea, ha portato aliberalizzare un sistema in prece-denza totalmente anchilosato. E lenovità sostanziali nel campo dellavoro non riguardano solo il campodell'intermediazione: le nuove for -me di lavoro (o meglio, la loro nuovaregolamentazione), dal lavoro atempo determinato, ai contratti diapprendistato, ai contratti di forma-zione professionale, al lavoro interi-nale, al lavoro di fine settimana1, altelelavoro2, nella loro nuova istitu-zione o nel loro nuovo assetto legi-slativo, hanno creato una flessibilità,

un crollo delle precedenti ingessa-ture senza precedenti. In qualemisura queste innovazioni, che sipropongono, attraverso l'attenua-zione o l'eliminazione di una seriedi vincoli nelle modalità di utilizzo

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Per una strategia operativanel campo dell’incontro tra

domanda e offerta del lavoro

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del lavoro possano contribuire adampliare gli spazi occupazionali,specialmente nei confronti dei gio-vani, è ancora troppo presto perdirlo. Secondo le ultime indicazionifornite a livello ufficiale, appareabbastanza evidente come talinuovi strumenti vengano amplia-mente utilizzati dalle aziende, mapiù in funzione sostitutiva cheaggiuntiva rispetto agli strumentitradizionali del lavoro a tempopieno ed indeterminato. I dati sulladisoccupazione giovanile si man-tengono molto elevati: tanto piùelevati in quanto stanno affluendosul mercato del lavoro i giovani pro-venienti dagli anni di progressivocalo delle nascite, e quindi corri-spondenti a classi di età progressi-vamente sempre meno numerose.Una valutazione sull'efficacia diquesti nuovi strumenti in termini divalorizzazione delle potenzialità dilavoro appare comunque prematu-ra, in quanto appare evidente che ilprimo effetto di queste stessenorme sarebbe stato a caratteresostitutivo e non aggiuntivo. Edinoltre, è difficile dire in qual misuraqueste nuove forme di lavoro siano,nell'ambito dell'impresa perma-nenti o meno. E possibile che, inmolti casi, contratti a tempo deter-minato, apprendistato, formazioneprofessionale e così via, non sianoaltro che uno strumento per l'utiliz-zo delle convenienze legate ai con-tratti stessi in termini di minori costiprevidenziali o uno strumentoanche per ampliare la durata delperiodo di prova (che nei contratti

collettivi non supera i pochi mesi),in vista da una parte di verificarel'affidabilità in generale del nuovoassunto, e dall'altra di comprenderese la dinamica di mercato dell'a-zienda giustifichi, a tempi mediolunghi, l'acquisizione di un nuovodipendente. Tornando ai nuovi stru-menti di intermediazione del lavo-ro, è, anche in questo caso, sicura-mente troppo presto, per formulareun giudizio sull'efficienza delle sin-gole categorie di operatori, pubblicie privati, che agiscono su questomercato. Quel che è certo però,almeno relativamente alla fase spe-rimentale testata dalla Provincia diMilano3, con l'avvio dei Centri lavo-ro - organismi pubblici o comunquesostenuti finanziariamente per lamassima parte dalla Provincia stes-sa - che, in un regime transitoriohanno operato con maggior effi-cienza degli uffici di collocamento,che i problemi di incontro tradomanda di lavoro da parte delleaziende e offerta di lavoro da partedi persone disoccupate o personedesiderose di cambiare impiegosono stati particolarmente elevati.E' chiaro che il meccanismo dimatch tra domanda ed offerta dilavoro, su cui tali centri hanno ope-rato, ha portato inevitabilmente aqueste difficoltà. In primo luogo,evidentemente gli utenti dotati diun buon bagaglio culturale e/o pro-fessionale, tale comunque da inte-ressare le imprese, non hanno avutobisogno di rivolgersi ai Centri lavo-ro, che hanno raccolto in prevalenzarichieste di utenti caratterizzati da

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curriculum di la voro inesistenti oincompleti; dall'altra, le imprese sisono rivolte, presumibilmente aiCentri lavoro una volta che i lorocanali tradizionali per l'individua-zione del nuovo personale hannopalesato la loro inadeguatezza.Pertanto, i Centri lavoro hanno ope-rato spesso sulle frange più difficilidel mercato. Of ferta non adeguata-

mente (o per nien-te) appetibile daparte delle azien-de, richiesta diprofili professio-nali spesso di diffi-cile reperibilità oa p p e t i b i l i t à 4 .Questa "margina-lità", se da unaparte è facilmentecomprensibile,non toglie nullaalla gravità delproblema a duefacce che emerge,e cioè anzituttol'impossibilità dicoinvolgere in unprocesso di segna-lazione alle impre-se una quota ade-guata del "pac-chetto di offerte dilavoro" pervenuteagli stessi centri, edall'altra l'estremadifficoltà di farfronte alle richie-ste delle imprese.Poche cifre sonosufficienti a questo

proposito. E' possibile affermareche, in rapporto alle richieste delleimprese, i candidati segnalabili alleaziende, in vista di una preselezioneda parte delle stesse, siano dal 30 al40 per cento del totale degli iscrittiche cercano un lavoro; resta conse-guentemente una percentuale altis-sima, dal 60 al 70 per cento, di uten-ti non segnalabili. Dall'altra, le per-

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sone effettivamente assunte dalleimprese provenienti dalle segnala-zioni del Centro Lavoro coprononon più del 20-22 per cento dellerichieste stesse.In sintesi, conseguentemente:• Gli utenti del centro lavoro effetti-vamente collocati non superano il 5-7 per cento del totale degli iscritti.• Le esigenze delle imprese in termi-ni di profili professionali sono sod-disfatte per una percentuale nonsuperiore al quinto.Questa è, in termini sia pure indica-tivi, la situazione che si prospettasulla base del nuovo modello di fun-zionamento di un sistema pubblicodi collocamento, sia pure impostatoin via sperimentale. E che questedifficoltà riguardino non solo l'areapubblica, ma anche quella privata, èdimostrato dal fatto che le richiesterivolte ai centri lavoro pubblici daparte di società private di interme-diazione del lavoro e di agenzie inte-rinali vertono sugli stessi profili pro-fessionali di cui il Centro lavoro nondispone se non in misura minima.Che fare, allora? Premesso che, pro-prio per la marginalità della doman-da e dell'offerta che perviene aiCentri lavoro si porrà sempre unproblema di vischiosità e di diffi-coltà nell'incontro tra le reciprocheesigenze degli aspiranti lavoratoti edelle imprese, gli stessi Centri ades-so, ed in una prospettiva futura iCentri per l'impiego, hanno uncompito gigantesco: quello del sup-porto all'orientamento, quello del-l'indirizzo e della promozione distrumenti culturali e formativi coe-

renti con le esigenze delle imprese.Non si tratta sicuramente di sostitui-re una serie di organismi che già esi-stono ed operano in questi duecampi. Il problema è un altro: stabi-lire, con questi stessi organismi, econtestualmente con le imprese econ le loro rappresentanze, una col-laborazione operativa e di indirizzovolta ad individuare le esigenze delleimprese stesse in termini di posses-so di strumenti culturali e professio-nali, di realizzare un'azione interat-tiva con le scuole e soprattutto con iCentri di formazione professionale,di suggerire contenuti precisi in ter-mini di didattica e di tirocinio pres-so le aziende. Ma soprattutto emer-ge un ruolo fondamentale: quello distabilire con i propri utenti alla ricer-ca di un posto di lavoro (ed ancorprima, con i futuri utenti, rappre-sentati dagli studenti) un dialogopreciso, chiaro, permanentementeaggiornato, sulle potenzialità e suilimiti del mercato del lavoro e suquelle doti e capacità che questorichiede: dal tipo di figura professio-nale di cui le aziende necessitano, altipo di contratto che esse sono ingrado di offrire, ai percorsi profes-sionali che si prevede debbano esse-re realizzati, agli strumenti culturalie professionali disponibili per unpermanente aggiornamento delleproprie capacità lavorative, e, in ulti-mo, ma non per importanza, laconoscenza dell'ambiente di lavoro:sia questo rappresentato da un'a-zienda grande, media piccola o arti-giana; sia l'ambiente della fabbrica oquello dell'ufficio (con tutte le tra-

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sformazioni che in questi anni sisono sviluppate)5. Non ci si pronun-cia in merito alla durata più o menolunga, più o meno breve, dei CentriLavoro e alla loro futura sostituzionecon i Centri per l'impiego. Quelloche è certo è che, al di là della formaistituzionale con cui l'operatorepubblico svolge e svolgerà il suoruolo nel campo dell'intermediazio-ne del lavoro e delle politiche attivedel lavoro, una serie di elementicaratterizzanti una strategia nelcampo dell'occupazione sono oradisponibili. Si tratta di perseguire taliobiettivi e tale strategia con la mas-sima efficienza, e con la massimapartecipazione.

Ignazio Pisani

1 Quale previsto per esempio nelnuovo contratto collettivo del com-mercio.2 Un quadro efficace e completo ditale nuova situazione è riportato nel-l'ultimo numero di Career Book, del-l'autunno 1999.3 Va detto che, anche prima dell'intro-duzione, tra la fine del 1997 e il 1999,dei Centri lavoro di promozione pro-vinciale, operavano anche altrestrutture pubbliche con analoga fun-zione di intermediazione del lavoro edi politiche attive del lavoro, succes-sivamente riconosciute e finanziatedalla Provincia come Centri Lavoro.4Su questi problemi, un quadro par-ticolarmente illuminante e concretoè fornito dagli studi predisposti dalCentro lavoro di Cesano Maderno,costituitosi come area operativa del

Consorzio Area Alto Milanese, inoccasione di un Convegno organiz-zato su tali problemi il 27 marzoscorso, che ha visto la presenza dirappresentanze istituzionali delloStato, della Regione Lombardia,della Provincia di Milano e deiComuni, insieme a rappresentanzedelle forze imprenditoriali e sindaca-li, e del mondo della scuola e dellaformazione professionale.5 Si rileva a questo proposito partico-larmente interessante la recente ini-ziativa della Provincia di Milano cheha offerto ai Centri Lavoro la possibi-lità di sottoscrivere con la stessa unaconvenzione per la promozione el'organizzazione autonoma di tiroci-ni presso le aziende.

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I l conto alla rovescia è ulti-mato. Siamo nel 2000.Questo è l'anno che segnala fine di un'epoca e schiu-

de il passaggio difficile e colmo diincertezze ad un'era nuova. Abbiamo atteso con ansia e trepi-dazione il cronologico passaggiodal vecchio al nuovo millennio etutti siamo stati in attesa di que-sto momento magico, certi chedovranno trascorrere altri milleanni di storia prima che i nostridiscendenti si trovino nellenostre stesse condizioni, con lenostre stesse attese, le nostresperanze, i timori e i dubbi che ilnuovo può riservare. Una do - manda si impone a questo punto.Come sarà il nuovo millennio?Quali prospettive per l'uma nità,per l'ambiente, per la tecnologia,per la scienza, per i rapporti fragli stati e fra le religioni, per lapace? E, via via, abbracciandotutti i temi che rappresentano lerealtà nelle quali i popoli si dibat-tono in questo nuovo millennio.Una sequenza di riflessioni siintrecciano tra il passato che silascia e il nuovo che appare all'o-rizzonte della storia e delle vicen-de dell'umanità.

Se volgiamo con serena umiltàuno sguardo analitico al secoloche è morto con i grandi squilibriche caratterizzano ancora ilmondo d'oggi, con le sue ingiu-stizie, le guerre in atto, le povertàcontrapposte alle grandi ricchez-ze, il vuoto incolmabile esistentetra il Nord e il Sud del mondo, e,ci chiediamo se potremo conti-nuare anche per il prossimo futu-ro con il ritmo di sviluppo che si èmanifestato negli ultimi cin-quanta anni del secolo ventesi-mo, un senso di sgomento turbala nostra coscienza di personeappartenenti al cosiddetto mon -do sviluppato dell'occidente. Perquanti decenni ancora il nostropianeta potrà ospitare i popoliche vi abitano e vi abiteranno?Per quanto tempo ancora saràconsentito l'attuale ritmo di svi-luppo se non muteranno cultura,tecniche, comportamenti di stati epopoli e qualità della vita se nonavremo maggior rispetto perl'ambiente che ci circonda, se nonterremo conto che le risorse natu-rali non sono infinite?.E ancora, se non affronteremo ilproblema della distruzione delleforeste, dell'estinzione delle specie

Anno 2000

Quale sviluppo?

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animali e vegetali, della desertifi-cazione della terra, delle pioggeacide, dell'aumento della tempe-ratura del pianeta (effetto serra)con i gravi effetti che già producesui fenomeni atmosferici (tifoni,uragani,tornado ecc.) e sull'au-mento del livello delle acque deimari?Non è una visione apocalittica lamia, né sono intenzionato a spa-ventare il lettore con previsionicatastrofiche. E' solo la constata-zione di una realtà che scaturisceda elementi e fenomeni che sonoalla portata di tutti e, dei qualiciascuno di noi deve prenderecoscienza, per ricercare soluzioniidonee a risolvere i grandi pro-blemi della nostra epoca.Non pretendiamo di avere laclassica bacchetta magica.Dobbiamo solamente essere piùcoscienti e più responsabili. Per meglio afferrare il concetto,cominciamo col dare uno sguar-do in sintesi alle condizioniattuali dell'umanità; gli abitantiattuali della terra sono oltre seimiliardi e ogni anno si aumentadi circa 130 milioni. Nei paesisottosviluppati vivono circa 5miliardi di uomini. Di questi, 3miliardi vivono senza servizisanitari di base; l miliardo e 500milioni non hanno acqua potabi-le; l miliardo e 500 milioni vivonocon meno di un dollaro al giorno;più di 1 miliardo sono completa-mente analfabeti, specialmentele donne; 800 milioni soffrono dimalnutrizione.

Il debito estero di questi Paesi haraggiunto l'enorme cifra di 2.200miliardi di dollari, qualcosa come4 milioni e 70 mila miliardi di lire.Cifre da capogiro. Nelle condizioni attuali questiPaesi non potranno mai pagare iloro debiti. Per inciso, l'Italia harecentemente cancellato 5.000miliardi di debiti dei Paesi in viadi sviluppo, ma purtroppo, civuol altro. Per meglio focalizzare il proble-ma diremo inoltre che solo il 20%della popolazione mondialelocalizzata principalmente nelnord del pianeta consuma 1'80%dei beni reperibili del globo, perla maggior parte, nei Paesi in viadi sviluppo.Ne consegue che le guerre, lafame, le malattie, le indigenzesono gli effetti di questa situazio-ne che, specie nel sud del mondo,rischia di perpetuarsi nel tempo,peggiorando.Con l'attuale modello di sviluppoe le condizioni sopra accennate, ipaesi ricchi diventeranno semprepiù ricchi.I paesi poveri sempre più poveriin barba ad equità e giustizia.Vediamo un secondo problema:il territorio. Per la cultura impe-rante il territorio è consideratoun contenitore di risorse dasfruttare. Nell'attuale modello disviluppo non ci si è mai preoccu-pati di valutare la compatibilitàambientale delle attività umanerispetto alla capacità di caricodegli ecosistemi così, oggi, la -

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mentiamo la distruzione e loscempio del territorio con riper-cussioni gravissime per la salutee per la sicurezza. Le conseguen-ze di ciò sono sempre più eviden-ti sotto gli occhi di tutti e sonoessenzialmente: l'erosione deisuoli, le frane, le alluvioni, ladesertificazione, gli smottamenti,ecc, fenomeni impressionantiche si verificano in tante parti delpianeta. E' stato calcolato, in proposi -to,che ogni anno diventanodesertici sei milioni di ettari diterreno coltivabile ed altri ventidiventano inutilizzabili per colti-vazioni e pascoli. Si verifica cioè

il paradosso che ,mentre la popola-zione mondialeaumenta in pro-gressione cospicua,le terre coltivabiliper la produzionedi derrate alimenta-ri subiscono un'al-larmante inversio-ne di tendenza. Piùbocche da sfamare,meno terra da colti-vare.A chi la responsabi-lità di questi gravidisastri ambienta-li?All'uomo! In que-sto ultimo secolol'uomo ha accele-rato la distruzionedelle foreste ad unritmo di 17 milioni

di ettari ogni anno. Come bio-massa arborea le foreste nonsono in grado, attualmente, diimmagazzinare tutta l'anidridecarbonica dell'aria (20 miliardi ditonnellate ogni anno). Come èrisaputo, l'anidride carbonica èresponsabile dell'aumento dellatemperatura terrestre. Gli studio-si prevedono che, continuandocon questo ritmo, fra 25 annipotremo avere un aumento tra idue e i quattro gradi di tempera-tura con sconvolgimenti climati-ci difficilmente prevedibili: scio-glimento parziale dei ghiacciaipolari e continentali, sommer-sione di città costiere come

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Venezia, Napoli, New Orleans,Cairo, Shanghai e altre regioni delglobo.Cosa fare? Abbiamo accennato adue soli grossi problemi legatiallo sviluppo: l)La situazionedemografica; 2)La condizionedel territorio. Vediamo la prima. Le popolazio-ni che si trovano nelle tragicherealtà che abbiamo accennato,calpestate nei diritti umani, sot-toposte alle angherie delle guerreprive di cibo per sfamarsi, diacqua potabile, di medicine, dicase, ospedali, lavoro e di pro-spettive per il futuro cercano, conogni mezzo, di evadere dai loroPaesi e di migrare nei Paesi occi-dentali per riscattare la lorodignità di persone, trovare un

lavoro, farsi una famiglia, in altreparole, vivere da uomini.Ecco spiegato la causa dellaimmigrazione. Anche questofenomeno non potrà trovaresbocchi all'infinito nel nostro e inaltri Paesi europei.Bisognerà pensare di risolvere ilproblema non qui da noi o inEuropa, dove la maggior parte deidiseredati finisce nelle spire soffo-canti della criminalità e della pro-stituzione, ma nei Paesi di prove-nienza.In che modo? Iniziando non, colportare là i computer, la mentalitàe la cultura occidentali, ma ope-rando dal basso creando scuoleelementari e professionali, pozziper il fabbisogno idrico, abitazio-ni, ospedali ecc. e un tessuto di

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attività economiche e agricole dibase che assicurino il minimoindispensabile per vivere.I missionari presenti in quei Paesiinsegnano, e, con poco, fannomiracoli.E per il territorio? Nel nostro Paesee in particolare nella nostraRegione le proposte potrebberoessere queste.Primo. Bisogna pensare alla terrae all'ambiente come una realtàdalle risorse limitate e comportar-si di conseguenza; cioè prati -care un tipo di agricoltura che siarispettoso dei tempi di ricostitu-zione delle qualità biologiche deiterreni interrotte dall’agricolturaindustriale. Bisogna restituirealla terra la sostanza organicasotto forma di compost pulitoprodotto dai rifiuti organici urba-ni (quanti milioni di tonnellatene sprechiamo nelle discariche?)e dai liquami prodotti dagli alle-vamenti animali.Ciò consentirebbe di realizzarequell'equilibrio fisico (humus) ebiologico nei terreni necessarioal mantenimento della produtti-vità agricola, nonché la riduzionedei fertilizzanti chimici e la limi-tazione delle irrigazioni. Il perdu-rare di coltivazioni intensive eindustrializzate(monocolture)provoca -come è noto- il degradodei terreni e il ritmo col quale sieffettuano le coltivazioni mono-colturali non potrà durare ineterno. Bisognerà pensare allarotazione delle colture, ai riposiperiodici dei terreni, all'alternan-

za tra colture erbacee con essen-ze arboree che facciano da filtroal diffondersi di parassiti e malat-tie crittogamiche. Bisognerà pensare di riconvertirel'agricoltura con produzioni piùresistenti alle condizioni esternee meno inquinate da fitofarmacie pesticidi (agricoltura biologi-ca). Oggi ha già un mercato fio-rente.Secondo. Bisognerà realizzarepiani di assestamento forestali:su aree strategiche che si rende-ranno disponibili specie nellegrandi città e istituire, come esi-steva una volta nelle scuole, la"Festa dell'albero", per insegnareai giovani l'utilità delle essenzearboree proprio per consentirel'assorbimento naturale dell'ani-dride carbonica e contrastarne ilcrescente aumento nell'aria cherespiriamo. Bisognerà, infine, cambiare men-talità, indirizzi economici e poli-tici a livello nazionale ed europeoper poter affrontare il nuovo mil-lennio con la consapevolezzache, se vogliamo essere gli artefi-ci di un futuro ispirato ad unamaggiore giustizia, ad una mag-giore responsabilità e ad unminor disordine nelle attivitàoperative dovremo tener contodei problemi sopra accennati.

Perchè non aprire sul tema"Sviluppo" un corposo dibattitosu questa rivista?

Silvio M.Rozza

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Domenica 21 Novembre 1999 èavvenuta nell'Abbazia diMorimondo la presentazione de:Le vie dei Pellegrini inLombardia "il SENTIERO delGIUBILEO" sotto l'egida dellaRegione Lombardia (DirezioneGenerale Tutela Am biente).Ha aperto e diretto i lavori PierLuigi Panzeri, Dirigente del ServizioTutela Ambientale e Parchi dellaRegione Lombardia.All’incontro sono intervenuti:Maurizio Spelta, Sindaco di Morimondo; Luciano Saino, Presidente Parco del Ticino; Franco Nicoli Cristiani, Assessore all'Ambiente ed Energia;Umberto Maerna, Assessore Provinciale di Milano;Gianni VergaAssessore Provinciale;Rappresentanti del CantonTicino e Cantone dei Grigioni;Rappresentanti delle Regioni:Emilia Romagna, Liguria, Piemonte;Rappresentanti delle Province di:Como, Milano, Pavia.Alla presentazione del progetto"SENTIERO DEL GIUBILEO

2000" ha presieduto comeRelatore il Prof. Maurizio Boriani,Coordinatore Gruppo di LavoroPolitecnico di Milano, Dipar timentodi Progettazione del l'Architettura.I lavori sono continuati nel pome-riggio con interventi d'approfondi-mento coordinati da: Luciano Saino, Presidente del Parco del Ticino con leseguenti relazioni: "La via Francigena", Dott.ssa Caterina Saliprandi, Assessore al Turismo della Provincia diParma; "Teologia e Spiritualità del pelle-grinaggio", Don Paolo Sartor,Coordinatore Diocesano del Giubileo;"Il pellegrinaggio giubilare del2000 sugli itinerari medioevali",Prof. Giorgina Pezza Torname,Centro Studi Romei Firenze; "Le vie della Fede in Lombardia",Dott.ssa Angela Bottani, Esperta in storia medioevale.Alla fine della giornata si è firmatoun protocollo d'intesa tra la RegioneLombardia, la Regione EmiliaRomagna, la Regione Liguria, laRegione Piemonte, il Cantone deiGrigioni e il Cantone Ticino.

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N el corso de] Medioevo,in Europa si verificò, fratutti i ceti sociali, uncrescente fervore reli-

gioso: obiettivo primario d’ogniuomo era la salvezza dell’anima ela cancellazione dei peccati.Uomini di fede, da ogni parte, simisero in cammino per raggiun-gere le mete Sante e ottenere l’in-dulgenza plenaria a Gerusalem -me, Roma, Santiago di Com -postella.

Così in quell’epoca, il viaggio e lastrada divennero i protagonistidella vita quotidiana. Nei com-prensori attraversati dal flusso deipellegrini, si costruirono villaggi ecittà, in campagna si bonificaro-no i terreni e, con l’avvento dellecarovane di mercanti che attra-versavano la Lom bardia, si creò loscambio di prodotti locali conpaesi lontani. Lungo le vie stori-che l’economia subì un vigorosorisveglio. L’anno Santo che aprirà

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Il percorso

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il terzo millennio è un appunta-mento importante per la provin-cia di Pavia, nei secoli crocevia deipercorsi che conducevano aRoma e luogo di sosta per i pelle-grini lungo l’antica via Fran -cigena. Nei tragitti tracciati daipellegrini proprio Pavia e il Ticino,il cui corso era seguito a piedi o ingroppa a un asino, rappresenta-vano un punto di passaggio obbli-gato. Da Pavia era possibileimboccare qualsiasi direzione eda Pavia, in effetti, passarono sia i“Romei”, cioè i pellegrini diretti aRoma, con le chiavi di San Pietroeffigiate sulla tesa del cappello, siai “Palmieri”, o Oltremontani, sulloro copricapo una palma o unaconchiglia, il cui percorso punta-va in Terrasanta. La terra pavese èterra di popoli dediti al lavoronelle risaie, nei vigneti dell’Oltre -pò, nei laboratori, nelle città. Ma èanche terra di fede e d’arte: moltee diffuse le testimonianze stori-che lasciate in questa zona nelcorso dei secoli.Si ripropone così, sullo sfondo diuna tradizione devozionale, unantico itinerario di fede secondocriteri storico-artistici, ma anchenaturalistici ed ambientali d’ine-stimabile valore, rinnovando lapratica del pellegrinaggio e ritro-vando, in basiliche grandiosecome in cappellette isolate, il“fitto intreccio tra il filo dell’arte equello della fede”. Il sentiero giu-bilare qui proposto, percorribile apiedi o in bicicletta, inizia simbo-licamente dall’Abbazia di Mori -

mondo, risalente al 1182.L’edificio, una tra le più evoluteespressioni dell’architetturacistercense è in laterizio, con fac-ciata a capanna ornata da unrosone centrale, bifore e file diarchetti, mentre il pronao è sette-centesco. L’interno è a tre navatecoperte da volte a crociera soste-nute da pilastri. Qui il linguaggiosimbolico è dato dalle asimmetrieaccuratamente volute, il cui signi-ficato è uno solo: “Dio è perfetto eil monaco, come il pellegrino, è incammino verso la perfezione”. Lastrada sterrata prosegue per circa1 Km passando vicino a CascinaCipriani. Sono numerose le casci-ne sparse lungo tutto l’itinerario:questi edifici, in un primo tempoa carattere provvisorio, subirononel tempo un’evoluzione trasfor-mandosi in residenze stabili, cen-tri rurali autosufficienti, costituitida un gruppo di edifici disposti aquadrilatero intorno ad un cortilecon magazzini, forni ed ambientiartigianali collegati al mondoagricolo. Già in epoca medioevalele grandi bonifiche sistematichedel pavese, assieme ad opereidrauliche di vasta portata, ven-gono promosse dalle abbazie edai conventi che, distribuiti inmaniera capillare sul territorio,realizzano nuovi insediamentiper lo sfruttamento agricolo dellazona.Lungo il sentiero nel bosco, neicampi o tra le macchie di salici, ilsilenzio del fiume viene interrottodallo stridio degli uccelli. Il pae-

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saggio è svariato: il reticolo deicanali d’irrigazione disegna unasottile tessitura del paesaggio, acui s’alternano campi larghi edistanziati, con qualche insedia-mento sparso. Il paesaggio fluvia-le è invece dominato da spazimolto vasti, con forti contrasticromatici. Seguendo il sentieroper circa 8 Km ed oltrepassandoMulino della Pila, a poca distanzada Besate, una bacheca ci ricordache siamo nel comprensorio delParco del Ticino, sulla riva orien-tale del fiume. Il basso corso diquesto fiume è dominato dallapresenza di selve naturali in cuivivono cinghiali, volpi, faine,tassi, conigli selvatici e scoiattoli:sui terreni più prossimi al fiume,periodicamente sommersi, cre-scono piante palustri e canneti,nei canali e nelle lanche, ranun-coli d’acqua, ninfee ed altre pian-te galleggianti. Allontanandosidalle rive la vegetazione diventalegnosa, basso-arbustiva, abbon-dano soprattutto i salici che, puressendo ancorati su terreno sab-bioso sono capaci di resistere esopportare le prolungate immer-sioni delle piene. Su terreno piùasciutto si trovano pioppi edontani oltre ad olmi e farnie,aceri, meli selvatici, noccioli,biancospini; qui il sottoboscoarbustivo diventa più vario e iltappeto erbaceo più compatto.Fioriscono i mughetti, gli anemo-ni, i narcisi; l’edera, il luppolo, lamadresilva, le clematidi si arram-picano sui fusti. Dove il fiume ha

accumulato depositi grossolani dighiaia e ciottoli, cresce la roverel-la, assieme al brugo, la robinia e ladantonia. Costeggiando BoscoMaina per circa 1,5 Km, si arriva aZelata. Da qui il Ticino è facilmen-te raggiungibile, ed offre uno degliscorci più suggestivi dell’itinera-rio: le sue acque azzurre, dividen-dosi, penetrano nel bosco for-mando numerose isolette. Il sen-tiero attraversa l’intero boscodella Zelata fino a giungere alponte di barche di Bereguardo. Ilbosco è il luogo ideale per incon-trare le diverse specie animali chelo abitano e numerosi uccelli chesi affannano perennemente lungole sponde del fiume. In primaveraè facile osservare gli aironi ceneri-ni intenti alla costruzione delnido, mentre nei mesi estivi non èraro osservare il volo lento e mae-stoso del nibbio bruno o il tuffoveloce della rondine di mare.Oltrepassando il ponte di barchea Bereguardo, si arriva alla spondaoccidentale del Ticino. Questotratto, che inizia dove l’asfalto giraad angolo retto costeggiando laCascina del Boscaccio, permettedi osservare vari ambienti acqua-tici del parco. Lasciata la cascinasubito s’incontra la lanca deiRoverini e piccoli stagni coronatida boschetti e canneti che ospita-no folaghe, gallinelle d’acqua etuffetti. Proseguendo lungo lastrada sterrata si passerà sotto ilponte dell’autostrada Milano-Genova. Ai lati della strada si pos-sono vedere alberelli di farnia,

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biancospino e prugnolo, che inquasi tutte le stagioni ospitanoghiandaie ed altri uccelli. Pocooltre una deviazione porta ad uncancello: da qui è possibile osser-vare il canale Venara che scorre inuna galleria di salici ed ontani. Lesponde del canale sono coperte disalici e canneti cd ospitano d’e-state una ricca avifauna acquaticanidificante: salciaiole, usignoli difiume, tarabusi. Si costeggia Bo -sco Varese e, successivamente Bo -sco del Mezzanone. Prose guendolungo la serie di anse del fiumeper circa 8 Km, si arriva a Borgo

Ticino: sarebbe un peccato nonvisitare il bosco Negri del Gra -vellone. Questo nucleo ha un’e-stensione di circa 32 ettari ed èpercorso da una rete di sentieriche ne agevolano la visita. Lavegetazione naturale è compostada pioppi, olmi, farnie, ontani,aceri e frassini; fra gli arbusti ilciliegio selvatico, il biancospino, ilnocciolo. Il bosco, unica isolanaturale in un mare di coltivazio-ni, costituisce un richiamo moltoefficace per gli animali della zona,soprattutto gli uccelli. In primave-ra, nei pressi delle cassette-nido

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L’Abbazia di Morimondo

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appese agli alberi, si troverannocinciallegre e cinciarelle, mentred’inverno sono il rifugio dimoscardini che vi trascorrono illetargo. Altre cassette-nido, di dimensionimaggiori, sono destinate agliallocchi, specie diffusa nei boschidel Parco Ticino. Attraversando ilponte coperto, si può arrivare allabasilica di San Teodoro (secondametà del XII secolo), dalla bellafacciata romanica.L’ubicazione dell’edificio, nonlontano dalla riva del Ticino, fecesì che il santo diventasse il protet-tore dei pescatori e di tutti coloroche lavoravano sul fiume e lungole sue sponde, come i barcaioli ele lavandaie. Qui, dal punto diconfluenza del Naviglio Pavese

col Ticino, inizia la direttriceFrancigena verso Corte S. Andrea,in provincia di Lodi. Tornandosulla sponda di Borgo Ticino, sitransita lungo gli argini del fiumetra pioppeti, prati tenuti a pascoloe vecchie cascine, trasformate tal-volta in ristoranti. Questo tratto del parco è profon-damente segnato dalla mano del-l’uomo, sia per quanto riguarda lecoltivazioni sia per l’improntadegli ampi argini del fiume suiquali corre, appunto, la nostrastrada. Camminare sull’argine, inposizione lievemente sopraeleva-ta, ci consente di lasciar spaziarelo sguardo tutt’attorno: la lineadell’orizzonte è segnata dai raricampanili dei paesi, dalle mac-chie scure dei boschi e, più in lon-tananza, dai dolci declivi del -l’Appennino. Il fiume offre ai molti pescatoritrote, cavedani, lucci, ecc. Il trattodi sentiero che arriva prima aMezzano e poi a Mezzana Corti, èinteramente su terrapieno. Su -perando il ponte sul Po, dopocirca 3,5 Km si raggiunge BastidaPanca rana e, dopo 2,5 Km, Pan -carana, dove il corso del Po s’in-curva. Poco prima di attraversareCervesina, il sentiero, dopo unbreve tratto di asfalto, raggiunge ilCastello di San Gaudenzio, giàcitato nei documenti storici delsecolo X e oggi ristrutturato esede di un prestigioso alber -go/ristorante.Tra campi coltivati a mais e bar-babietole, il percorso punta deci-

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Uno scorcio del Ticino

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samente a sud, verso la lineadolce delle colline: il lungo trattopianeggiante tra acqua e cielo èfinito e inizia il grande balzoverso l’Appennino e il mare. Lastrada costeggia la periferia diVoghera, con le sue chiese dimattoni rossi, raggiunge gli abi-tati di Codevilla e Retorbido, cir-condati di vigneti. In località

Rivanazzano oltrepassa il corsodel torrente Staffora e inizia asalire lungo lo spartiacque fra lavalle Staffora e la val Curone.All’altezza di Godiasco si puòridiscendere verso il paese o pro-seguire lungo il crinale, versoGuardamonte, Dego, Castellaro eil monte Chiappo, sempre più asud, verso il mare e Roma.

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Una veduta di Pavia

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A nche noi dei "Quaderni",ci congratuliamo con leA m m i n i s t r a z i o n iProvinciali di Milano e

Pavia e siamo lieti che tutto questosia stato fatto e messo in motosoprattutto nella Valle del Ticino. Ma vogliamo augurarci che nonsia o non diventi un'operazione difacciata o di "fruizione (bruttaparola ma di moda!) turistica ebasta. Deve essere "culturale nelsenso pieno del termine, quindioccasione di lavoro, economia e di"vita" oserei dire quotidiana.L'operazione che è stata iniziatadeve perdurare nel tempo (costiquel che costi!) armonizzarsi conle realtà circostanti, diventareoccasione di lavoro per giovanipreparati ed entusiasti (si parlatanto di disoccupazione giovani-le!). Deve essere produttiva efeconda sul piano economico, nondiventare una sterile e pateticasinecura con conseguenti perdite

e danni economici, perché se cosìfosse il suo fallimento sarebbecerto e irreversibile. Del resto noicome cittadini non sopporterem-mo più questi “fallimenti” neabbiamo già avuto in passato e neabbiamo ancora troppi attorno!Quindi esortiamo, per quanto ciriguarda e ci compete, ammini-stratori pubblici, soprattutto quel-li del Parco, enti culturali edambientali della Valle del Ticino, difavorire quest'iniziativa nata conl'occasione del Giubileo. Sostenerla, farla continuare neltempo e ampliarla laddove siapossibile. Bisogna che non cadanel dimenticatoio tutto quello chedi positivo e di bello è stato inne-scato. È un'occasione da non per-dere, è un "caso politico" nel sensopiù nobile del termine che faràcultura e lascerà un segno neltempo.

Piercarlo Cattaneo

Riflessioni

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