Ho un sogno: il mio futuro · 2010. 10. 29. · fondamente squilibrato, tra-volgendo le fasce più...

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Il mondo del lavoro sta mutando secondo il ritmo scandito dalla globalizzazione; in questo contesto la precarietà rischia di essere l’unica opzione per i giovani. La nostra, quindi, potrebbe essere la prima generazione il cui futuro è più incerto di quello dei loro padri. n 1 - anno I ottobre 2010 Rivista di cultura, (in)formazione e antimafia Ho un sogno: il mio futuro

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Il mondo del lavoro sta mutando secondo il ritmo scandito dalla globalizzazione; in questo contesto la precarietà rischia di essere l’unica

opzione per i giovani. La nostra, quindi, potrebbe essere la prima generazione il cui futuro è più

incerto di quello dei loro padri.

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0Rivista di cultura, (in)formazione e antimafia

Ho un sogno: il mio futuro

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rio3 Intervento dell’ex ministro al lavoro Cesare Damiano

4 I giganti del nostro tempo

6 Non privateci del nostro futuro

8 Il precariato è violenza, intervista a Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc Cgil

11 Cresce il consenso all’ipotesi d’istituzione della Dia nel Lazio Meridionale

12 Doni dal mare:iniziativa

13 Il Capannone, giovani in movimento

14 Formia...la storia continua

15 CNA tra ambiente e sicurezza

16 Bacheca

Class actiondi Raffaele VallefuocoA distanza di un mese torniamo a par-lare di Legalità. Esiste un’emergenze mafie nella nostra regione? Forse no. Ma questo grazie soprat-tutto allo straordinario lavoro di magistrati, forze dell’ordine e associazionismo. Tuttavia i segnali preoccupanti non mancano: basti ricordare le recenti minacce indirizzate ai vertici della Polizia e ai giornalisti delle redazioni locali. Ma per evitare di toccare la soglia d’allarme è necessario che l’opinione pubblica faccia il suo ingresso nell’agone politico. Si, perché sono convinto, nonostante tutto, dello straordinario potere riformatore di cui gode la Politica. Ma per indirizzarlo al bene comune è neces-sario che i cittadini facciano sentire la loro influenza, la loro voce e l’indignazione provocata da una politica d’interesse. Abbiamo il diritto – dovere di bacchettare la classe dirigente, di dettarne l’agenda politica, i modi e i tempi di realizzazione. Dobbiamo ficcare il naso tra i progetti di legge in discussione e tra quelli in ap-provazione. Insomma dobbiamo esserci. Quando mi si chiede come sia possibile passare dai principi generali in fatto di legalità, alla concretezza della lotta alle mafie penso sempre agli arresti, agli appostamenti delle forze dell’ordine, al lavoro dei magistrati e ai convegni con gli studenti. Oggi mi sento di aggiungere un tassello in più: la costituzione delle regioni come parte civile nei processi contro le criminalità organizzate. Se ne parla proprio in questi giorni. La Regione Lazio, in partico-lare, ha perso un’occasione chiara e limpida, attraver-so il suo Consiglio regionale, di tradurre in pratica la ricetta Legalità. Tuttavia conosco la sensibilità della governatrice Polverini e spero che sappia mettere una toppa alla mancata costituzione in parte civile nel proc-esso iniziato contro le criminalità che degradano i nostri litorali. Casomai possiamo e anzi dobbiamo parlare di emergenza lavorativa. Ma di questo ne parliamo nelle pagine che seguono. Buona lettura.

Direttore responsabile Raffaele VallefuocoProgetto grafico e impaginazione Stephanie ValerianoFumettista Marco InseroStampaPresso la Graficart di Penitro, Strada Provinciale AusenteInternetwww.wowweb.itVideoclipAntonio ColaruotoloLe collaborazione esterne si ritengono a titolo gratuito. Tutti i testi sono riservati. La riproduzione è possibile a patto di cit-are Wow e il relativo autore. Si declina ogni responsabilità in relazione al materiale pubblicitario fornito dagli inserzionisti.IN QUESTO NUMERO CON NOI: Salvatore Calleri presidente fondazione Antonino Caponnetto, Cesare Damiano deputa-to PD, Luigi Fattorini segretario Silp Cgil Latina, Paola Simonelli presidente dell’associazione Il Capannone.

rivista di cultura,(in)formazione e

antimafia del movimento

generazionaleClass Action

Anno I – N. 1 – Ottobre 2010 Registrazione in corso di presentazione presso il Tribunale di Latina

E’ una vera e propria emergenza occupazione quella che sta attraversando il nostro paese. A pa-garne il prezzo più alto sono i giovani, le donne e il Mezzogiorno. I dati ufficiali sono impietosi, ma non dicono tutto. Le rilevazioni dell’Istat par-lano, in agosto, di un tasso ufficiale di senza lavoro all’8,2 per cento. Un leggero miglioramento (meno 0,2 per cento su luglio) che non deve ingannare. Perché è stato favorito, oltre che da un leggero in-cremento stagionale dell’occupazione in rosa, dal contemporaneo aumento dell’inattività femminile. Una donna su due, fra i 15 e i 64 anni, non ha lavoro. E sempre più spesso rinuncia a cercarlo. Le cose vanno male anche per i giovani. Tra i 15 e i 24 anni il 25,9 per cento – oltre uno su quattro – continua a essere disoccupato.La realtà è ancora peggiore. Anzitutto il leggero calo delle persone uf-ficialmente in cerca di impiego non è accompag-nato da un aumento complessivo dell’occupazione, che è il dato cui far riferimento per misurare il re-ale stato di salute del mercato del lavoro. Mentre i dati dell’osservatorio sull’occupazione della Cgil ci dicono che nel secondo trimestre, prendendo in considerazione i cassintegrati e gli inattivi, coloro che non hanno un impiego raggiungono l’11,5 per cento. E le previsioni per i prossimi mesi parlano di una situazione destinata a deteriorarsi ulterior-mente. La fase delle ristrutturazioni aziendali non è ancora finita. Secondo Confindustria il 2010 si chiuderà con 480mila occupati in meno rispetto al 2008. La Cgia di Mestre stima il numero di di-

soccupati già oltre quota due milioni e 600mila. Mentre sparsi per il paese ci sono 100mila lavora-tori in mobilità a fronte di un tetto annuo per i prepensionamenti fermo a quota 10mila.Intanto in questo quadro i precari continuano ad aumen-tare. Sono attorno a quota tre milioni, oltre il 12 per cento del totale degli occupati. Di questi uno su tre vive e lavora al Sud. E a restare intrappo-lati nella rete della precarietà sono soprattutto i giovani. La possibilità di accedere a un impiego stabile per chi si è avviato al lavoro con un con-tratto “atipico”, dice l’Istat, è del 47 per cento e solo dopo cinque anni dal primo impiego. Uno scandalo. E uno spreco di risorse che il paese non si può e non si deve permettere.E’ necessario inter-venire e dare una svolta. Per rilanciare l’economia e favorire la buona occupazione. Il governo invece continua a spargere parole di vuoto ottimismo e persevera – è il caso del “collegato lavoro” di pros-sima approvazione alla Camera – con le politiche che allargano l’area del lavoro precario. Il Pd ha avanzato le sue proposte. Far costare di meno il lavoro quando questo è a tempo indeterminato; incentivare le imprese per l’assunzione di giovani; fissare una salario minimo per chi presta la pro-pria opera in ambiti privi di contratti di riferimen-to; retribuire stage e tirocini perché non diventino forme occulte di sfruttamento. Obiettivi chiari, che vanno sostenuti. Il paese non può attendere an-cora.

di Cesare Damiano

Dalla flessibilità al precariato, come cambia (in peggio) il mercato del lavoro

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“Noi la vostra crisi non la paghiamo” gri-davamo nelle vie e

nelle piazze dell’autunno 2008. Oggi, a due anni di distanza da quei giorni che hanno visto la più vasta mobilitazione studen-tesca degli ultimi trent’anni e a due anni dall’inizio della “Gran-de Crisi del 2008” possiamo dire senza timore di essere smentiti che la nostra generazione que-sta crisi la sta pagando eccome! La recessione mondiale si è, infatti, abbattuta impetuosa-

mente su un sistema già pro-fondamente squilibrato, tra-volgendo le fasce più deboli ed esposte della popolazione, in primo luogo i giovani. I nu-meri parlano chiaro! Non si trat-ta solo della recente notizia che il tasso di disoccupazione giovanile è arrivato al 27,9%. Ricordiamo, infatti, che per disoccupati s’in-tendono esclusivamente coloro che stanno cercando un’occu-pazione. Il conteggio dei disoc-cupati non comprende, dunque, gli scoraggiati, quelli che cioè

hanno rinunciato a cercare la-voro. In questo senso due dati appaiono veramente spaventosi: il patologicamente basso tasso d’attività della popolazione tra i 15 ed i 29 anni (e quel che è peg-gio, un tasso d’attività che dimi-nuisce all’aumentare del titolo di studio) e i circa due milioni di under 30 conteggiati dall’Istat che non lavorano, non studia-no e non si formano. Cerchia-mo di capire cosa è successo.

La crisi ha inclinato un sistema già profondamente squilibrato

A partire dagli anni ’80 tutti i governi euro-pei hanno avviato processi di riforma del-le istituzioni del mercato del lavoro (c.a.

200 riforme negli ultimi 25 anni) con l’intento di aumentarne la flessibilità. In Italia questo proces-so è stato attuato con i provvedimenti che vanno sotto il nome di “pacchetto Treu” Legge “Biagi”. Ma, mentre alcuni paesi europei, come Paesi Bassi e Danimarca, sono riusciti ad unire alla maggiore flessibilità un maggior grado di sicurezza sociale e di occupabilità dei lavoratori, la peculiarità ita-liana sta nell’aver creato un mercato del lavoro sostanzialmente duale. Le riforme italiane si sono concentrate principal-mente sull’introduzione di nuove tipologie con-trattuali (contratti dipendenti a termine e contrat-ti per lavoro autonomo-parasubordinato), senza agire né sul piano delle tutele, né su quello retri-butivo. Si sono, dunque, delineati due mercati del lavoro: uno, formato da lavoratori con contratto a tempo indeterminato, largamente al riparo da-gli shock a causa di forti tutele; l’atro formato dai lavoratori temporanei che sopportano tutti i rischi

della flessibilità, senza un corrispondente grado di tutela. Il risultato di queste politiche è stato l’esplosione di queste tipologie contrattuali flessi-bili (che nel 2009 sono arrivate a coinvolgere 2,5 milioni di lavoratori), che ha trainato l’aumento dell’occupazione registratosi nel quindicennio pre-crisi. Ma quest’esplosione è dovuta principalmen-te al fatto che in Italia si è affermato un modello che punta ad competizione di prezzo sui mercati internazionali, piuttosto che ad una competizione basata sull’innovazione, determinando un utilizzo “opportunistico” di queste tipologie contrattuali. I contratti “precari”, infatti, costano al datore di la-voro molto meno dei contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato sia in termini contributivi, sia in termini di retribuzione, essendo definiti al di fuori della contrattazione nazionale e mancando una legge sul salario minimo legale. Tra il luglio 2008 e il luglio 2010 si sono persi 881 mila po-sti di lavoro. La riduzione degli occupati deriva in misura maggiore dal calo delle assunzioni che dai licenziamenti, che sono stati contenuti grazia al massiccio ricorso alla CIG.

Storia della crisi: cos’è successo al mercato del lavoro

La caduta dell’occupazione, inoltre, ha colpito quasi esclusivamente i lavoratori con età in-feriore a 35 anni. La ragione di ciò sta proprio nel fatto che la perdita di posti di lavoro ha riguardato principalmente contratti temporanei, collaboratori e indipendenti, tipologie con-trattuali che riguardano per lo più le generazioni più giovani. Il 63,2% dei posti di lavoro persi tra il 2008 e il 2009 riguarda, infatti, contratti atipici.

Chi paga la crisi: il modello italiano

Un’altra tendenza emersa in questi due anni è la cronicizzazione della

dipendenza dei giovani dalle famiglie di origine. Negli ulti-mi trent’anni, mentre i giovani nord-europei hanno continua-to a lasciare le famiglie presto, aiutati da adeguate politiche di promozione dell’autonomia, nel Sud Europa è invece iniziata una fase di progressivo prolun-gamento dei tempi d’uscita. Ai fattori culturali si sono sostitu-iti sempre più quelli economici, venendosi a consolidare un siste-ma caratterizzato da bassi tassi d’attività e inadeguato sostegno del welfare pubblico. L’ultimo Rapporto annuale dell’Istat cer-tifica come negli anni più recenti siano cambiati i motivi della non uscita, con una sensibile crescita

Bamboccioni si, ma non per colpa nostra!

No, l’Italia non è affatto un paese per giovani. Ci resta la speranza che forse un giorno si narrerà il mito di questi Atlanti del nostro tempo condannati a portare sulle spalle il terribile peso di trent’anni segnati da politiche quantomeno avventate, da ubriacature liberiste e dal

progressivo smantellamento dello Stato Sociale. Possa allora il mito aver recuperato una qualche funzione pedagogica.

Non è un paese per giovani

I giganti del nostro tempo:i giovani e la crisi economica

delle difficoltà oggettive e cor-rispondente diminuzione di chi dichiara che rimane a casa per comodità o pigrizia. Aumenta la voglia d’autonomia, ma non cresca la possibilità dei giovani di liberarsi della dipendenza dei genitori. Una situazione che era già su livelli di guardi nel 2007 ma che la crisi ha peggiora-to. Stiamo assistendo ad uno spreco sociale di dimensioni epocali e a tragedie individuali senza precedenti. Se da un lato la precarietà delle aspettative frusta le aspirazioni personali e impedisce di costruirsi un’esi-stenza autonoma e dignitosa, dall’alto l’inattività o la cattiva occupazione causano un pro-gressivo depauperamento delle conoscenze e delle competenze precedentemente acquisite, ma-

gari in anni e anni di studio, im-poverendo il capitale umano del-la società. Inoltre, chi rimane per lungo tempo disoccupato vede ridotta la probabilità di trova-re lavoro in futuro. Un ulteriore problema è che i lavoratori tem-poranei hanno accesso ad una minore formazione poiché né i lavoratori né i datori di lavoro vedono un futuro per il rapporto di lavoro. E ciò va ulteriormente a discapito della loro occupabi-lità. Per una quota non irriso-ria di lavoratori a termine c’è, dunque, un elevato rischio di “intrappolamento”, cioè il ri-schio che la flessibilità in en-trata nel mercato del lavoro si trasformi in una posizione di precarietà a vita.

Al ritorno dalle vacanze non sapevo di cosa scri-vere... O meglio avevo di-

verse idee non allineate che mi frullavano nella testa. Domenica 5 settembre durante il consueto zapping di fine estate, mezzo an-noiato, mi risveglio di colpo con il programma “presa diretta” di Diacona sui rai 3. Solitamente per rilassarmi non guardo mai tali programmi perchè mi arrab-bio, non con gli autori ma con gli italiani che si comportano troppo spesso male. Ma la prima puntata dedicata all’ndrangheta non me la potevo perdere per motivi per così dire istituzionali... Visto che presiedo una fondazione anti-mafia. La trasmissione è senza dubbio interessante e non fa fare una bella figura ne ai calabresi

ne alla Calabria. Fa fare una bel-la figura alle forze dell’ordine ed alla magistratura... Veri fortini di legalità. Questa bellissima ter-ra sarebbe ricca se non ci fosse l’ndrangheta. Ma non tutti i ca-labresi sembra che se ne rendano conto. Ci sono alcuni imprendi-tori per bene, ma non basta. Ci sono tante persone per bene, ma non basta. Gli affiliati a Reggio Calabria sono decine di migliaia. Il fatturato è pari a 44 miliardi di euro in Italia. Troppe persone ancora lanciano vasi dalla fin-estra in Calabria... Ma non solo. Il cancro dell’ndrangheta si è spostato in Lombardia, in Ligu-ria e nel mondo con metodologia ed omertà sempre più simile a quanto avviene nel sud. Tra alcu-ni posti della Lombardia e della

Liguria e della Calabria non c’è più differenza. La trasmissione ha il merito di farcelo vedere. Ha il merito di fare soffrire le per-sone oneste. Ha il merito di farmi arrabbiare... Ma il cancro oramai è arrivato al nord. Le interviste ai cittadini sono micidiali. Un pugno nello stomaco. Non ci sono scuse. Il cancro va fermato con le tera-pie giuste. Uomini e mezzi. Soldi a profusione per blindate che lo siano davvero. Pene da aumen-tare. Intercettazioni libere a go go. Il resto sono solo chiacchere a vuoto. Cittadini non sottovalutate il problema e soprattutto vergog-natevi quando vi girate dall’altra parte. Politici non siate superfi-ciali pensando che siano esager-azioni. L’ndrangheta è fortissima. Va combattuta. Ovunque.

di Mario Noviello Tommasino

‘ndrangheta Il cancro del terzo millennio

di Salvatore Calleri

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“Le faremo sapere!”; chi non ha ricevuto questa risposta nel tentativo di trovare lav-oro? Incertezza, disoccupazione, precariato, mancanza d’investimenti e come se non bastasse tagli, tagli all’istruzione, unica vera arma di cui i giovani possono munirsi per entrare nel mondo del lavoro. Per capirne di più abbiamo posto delle domande ai protagonisti di questa realtà: Cosa vuoi fare da grande?Come vedi il futuro?Credi che le istituzioni diano i giusti strumenti per perseguire gli obbiet-tivi dei giovani?Ecco come hanno risposto i diretti interessati.

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Andrea Masone: 21 anni, studente. vorrei lavorare come infermiere.Ho scelto un percorso di studio che do-vrebbe darmi buone possibilità lavora-tive, quindi spero in un buon futuro.Non proprio; le università sono in crisi, mancano i fondi. Lo studente è lasciato abbastanza solo nel suo “cammino”.Antonio: 18 anni.vorrei diventare un libero professioni-sta e ora frequento dei corsi di tirocinio presso un geometra.Ho diciotto anni, ancora non ho le idee chiare ma, avendo studiato presso l’Isti-tuto Tecnico Geometri, credo di specia-lizzarmi in questo ramo.Penso di no. Ho scelto questa strada solo perché ho una buona spinta.Matteo Cardogna: 18 anni, studente.voglio diventare un pubblico ufficiale, militare della Guardia di Finanza.Il futuro di ciascuno dipende da noi.Le istituzioni fanno il possibile per aiu-tarci ma il raggiungimento degli obbiet-tivi è nelle nostre mani.Rosa: 19 anni, studentessa.vorrei diventare manager di una grande azienda.Col passare del tempo sarà sempre più difficile trovare lavoro ma, studiando molto, sono sicura di poter raggiungere i miei fini.Non proprio. C’è molta povertà e ulti-mamente vi è poca occupazione.Anna Nardella: 19 anni, studentessa.Quello che mi sarebbe piaciuto fare non avrebbe garantito un’ occupazione fu-tura, quindi sto seguendo una facoltà che spero possa assicurarmi un lavoro anche grazie alla mia famiglia. Non lo vedo!!No, a meno che non hai qualcuno alle spalle.

Fabiana: 15 anni, studentessaSogno di fare la cantante o l’ attrice, ma anche la commercialista o la direttrice di banca.Non lo vedo molto positivo per le nostre generazioni; troppi disoccupati e penso che gli innesti tecnologici rimpiazzeranno l’ uomo nel lavoro.No, non offrono nessuna opportunità con-creta.Pierluca: 18 anni, studente.Ho molti dubbi, so che continuerò a stu-diare perché il mondo del lavoro non offre molte possibilità.Punterò ad un lavoro indipendente, pro-prietario di un negozio di informatica o qualcosa di simile.No, secondo me no. A meno da ciò che ho potuto notare fino ad ora.Sofia Silvestri: 15 anni, studentessa.E’ difficile trovare lavoro in un mondo di corruzione come questoLaurearmi ed in base a quello, sceglierò cosa fare.Non so, se continuano a tagliare sull’ istru-zione… nella mia scuola non c’ è un la-boratorio e la formazione dei giovani do-vrebbe essere la prima preoccupazione di un governo.Marco: 24 anni, studente.E’ difficile poter prevedere cosa mi aspet-ta, ma senza dubbio mi auguro di avere un lavoro che mi permetta di vivere bene.Giornalista sportivo, telecronista oppure ciò che ha a che fare con il mondo dello sport.Quello che le istituzioni offrono non è mai abbastanza, bisognerebbe snellire il sistema. Gli obbiettivi si possono raggiungere ma servono tante compo-nenti: dalla fortuna e dall’essere bravi nel proprio lavoro, alle conoscenze.

Gaia: 15 anni, studentessa.non saprei, spero il meglio.Vorrei lavorare nel campo della moda, vivere e studiare a Milano.Per ciò che concerne le mie ambizioni, so che a Milano ci sono delle università specializzate in questo campo che permettono la specializ-zazione nel settore in breve tempo.Martina: 15 anni, studentessa1-Sono consapevole che dovrò impegnarmi seriamente e che tante cose non andranno nel verso giusto.2-Ora come ora non so se voglio fare l’ at-trice, però mi piacerebbe diventare giudice o avvocato.3-Le istituzioni offrono in parte i giusti stru-menti, anche se l’ università ha un costo e ciò non è giusto per tutti quei ragazzi che voglio-no studiare e non hanno i mezzi.Marco: 26 anni, avvocato1-Sul mio futuro sono ottimista, nei limiti del possibile. Penso che alla base di tutto ci sia un lavoro sicuro.2-Sono un avvocato.3-No, le istituzioni non offrono gli strumenti necessari. Bisognerebbe cambiare il sistema dalla base.Erasmo: 19 anni, studente1-Il mio futuro, con un po’ di passione, dedi-zione e raziocinio, lo vedo abbastanza felice.2-Vorrei svolgere un lavoro riguardante l’ ambiente e il territorio.3-Credo che le istituzioni possano aiutare grazie a dei concorsi e vari aiuti ma non tutti ne sono a conoscenza.

Giovanni: 16 anni, studente1-Il futuro lo vedo impegnativo perché ci sono sempre meno posti di lavoro2-Vorrei lavorare nel campo dell’ informatica.3-Si, penso che le istituzioni offrano i mezzi giusti.Marco: 16 anni, studenti1-Noi ragazzi siamo demoralizzati poiché i posti di lavoro scarseggiano e anche se c’ è lavoro questo non permette di arrivare a fine mese.2-Mi piacerebbe lavorare nel campo dell’ economia, anche se ancora non ho ancora le idee chiare.3-Riguardo la scuola devo dire che una delle poche cose che motivano i ragazzi a studiare sono le borse di studio, dato che le riforme scolastiche lasciano alquanto a desiderare. Riguardo lo stato no comment.

Il 12% degli italiani è senza lavoro. Questa è la situazione dell’Italia oggi! 2’136’000 sono, invece, coloro in cerca di occupazione (13,8% in più rispetto all’analogo trimestre dell’anno precedente). Non

lo asseriscono due aspiranti giornalisti, ma i dati Istat… e la domanda sorge spontanea: hanno ragione i giovani a preoccuparsi? A parlare sono i dati; il 4% dei laureati italiani va all’estero e il 45% degli stessi non torna in patria. Il timore di non trovare lavoro spinge i neolaureati ad emigrare? In media una stessa mansione fuori dal “bel paese” è retribuita con un salario più alto del 50%. I contratti stipulati per ruoli di management in Italia sono fermi all’8%, fuori vi è un incremento del 10%.Altra problematica di rilievo è la mancanza d’investimenti da parte dello Stato; lo studente non ha a dis-posizione i mezzi necessari per poter mettere in pratica ciò che apprende. L’istruzione è stata la vittima prediletta dei governi che si sono succeduti. Ma una nazione tra le più ricche del mondo non dovrebbe puntare sulla cultura? Poi ci lamentiamo della mancanza di ingegneri, medici, ricercatori e matematici nel nostro paese. Sovente scopriamo brevetti ideati da italiani che risiedono all’estero. Perché dobbiamo investire sui giovani per poi cederli ad altri paesi? Futuro e lavoro sono tematiche a stretto contatto, che camminano di pari passo. Coltivare giovani “talenti” può portare quei frutti che oggi non possiamo, o meglio, non vogliamo apprezzare! Tornando al presente, la realtà sembra essere ogni giorno più critica.. Cosa c’è che non va?

di Gennaro Ciaramella e Cristina Vellucci

Analisi

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di Gennaro Ciaramella

Eliminare il precari-ato, eliminando i pre-cari. Sembra questo il

disegno sotteso agli interventi messi in campo dal ministro Ma-ria Stella Gelmini. Ne parliamo con Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil, sodalizio che raccoglie i lavoratori della conoscenza, quelli che, in questo momento vengono travolti dalla riforma Gelmini e dal Ddl Gelm-ini, quest’ultimo, in discussione nei due rami del Parlamento. “Ma quale riforma – sbotta il segretario – come si fa a parlare di riforma quando sono previsti solo tagli. Parliamo di 8 miliardi alle scuole e 1,5 alle università”. Di epocale non c’è nulla. “Il ministro Gelmini parla di svol-ta, sinceramente intravedo solo

scelte disastrose per la scuola e per le università; alla base dei tagli vi è l’idea che la scuola non sia un campo nel quale investire, contrariamente a quanto la stes-sa Costituzione ci dice, individ-uando nella scuola il luogo dove poter soddisfare le aspirazioni, i diritti di tutti gli studenti. Al contrario l’idea di conoscenza di questo governo è regressiva, non a caso il ministro Gelmini, ogni qual volta si riferisca alla scuola ne parla al passato, un po’ come quando in tempi remoti la scuola non era garantita a tutti. Per questo, negli interventi ope-rati dal ministro non vedo nulla di epocale; c’è invece un’idea di università come luogo di baronie e di caste. Per questo ci stiamo mobilitando scendendo al fianco di ricercatori e studenti”. Cat-egorie i cui destini sono incro-ciati nel segno della precarietà: i primi lo sono, gli studenti lo sa-ranno. Riforme? Non ne vedo. Questo il commento all’intero impianto messo a punto dal gov-erno. “Come si fa a parlare di ri-forme? Le riforme sono innova-tive, cambiano in meglio, invece

questo governo ha peggiorato il sistema scolastico, vuole ripor-tare indietro di decenni la scuola e l’università e tagliarci fuori dall’Europa”. All’interno della Comunità Europea i problemi economici si affrontano diversa-mente. “In Germania hanno pro-dotto una mannaia di tagli sul bilancio statale, senza toccare la scuola”. Stabilizzare i precari. “Per anni il sistema della scuola e delle università è andato avanti con il precariato; non si è voluto garantire indeterminatezza nei rapporti di lavoro, ricorrendo a questa forma senza program-mazione; ma ha comunque ga-rantito qualità del servizio of-ferto. Adesso i licenziamenti di ricercatori determina una mi-nore qualità dell’istruzione; la battaglia della qualità è stretta-mente connessa alla cancellazi-one del precariato”. Come? “Con le assunzioni!”. La precarietà è violenza. “Non ti permette di aspirare a migliorare la propria condizione. Per questo – con-clude Pantaleone - è necessario cambiare le scelte fatte”.

Il precariato è violenzaconversazione con il segretario generale della Flc-Cgil Mimmo Pantaneo a proposito di riforma Gelmini

Mimmo Pantaleo il segretario generale Flc_Cgil

Otto Ottobre. L’Italia scende in piazza contro i ta-gli alla scuola pubblica. Venerdì quindici, sabato sedici, sono solo alcune delle date che Uds, (sin-dacato studentesco) e svariate sigle sindacali come Unicobas e Cgil, hanno indetto per manifestare. Conviviamo con lo sfregio alla scuola pubblica più doloroso di tutti i tempi: decine di migliaia di persone hanno perso il posto di lavoro e, di conse-guenza, gli studenti usufruiscono di minori servizi. “Una scuola degna di noi, una scuola degna del paese che siamo”. Sono gli slogan dei manifestanti che hanno bloccato le strade del paese. Roma ha contato circa 30 mila partecipanti che si sono dati appuntamento a Piramide, per poi dirigersi in cor-

teo presso il Ministero dell’istruzione. Il messaggio è chiaro: giù le mani dalla scuola pubblica! I tagli sono stati presentanti dal ministro Gelmini come una “riforma”. Ma è costruttiva? È stata fatta per gli studenti? No. Eppure qui si gioca con l’avvenire degli altri, con il futuro dei nostri figli. “Riformate voi stessi, riformate il parlamento”, è la frase che spopola tra i partecipanti; “non chiediamo tanto, vogliamo solo stu-diare”.

Il coro degli studenti: RIFORMATE-VI

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“Riteniamo che il livello inti-midatorio a cui sono sottopo-sti giornalisti e appartenenti alle forze dell’ordine del nostro territorio non possa essere tol-lerato. Crediamo sia necessa-ria una nuova consapevolezza nell’opinione pubblica, perché si faccia promotrice, presso la classe politica, di una nuova fase nel contrasto alle crimina-lità organizzate”. E’ questo il monito lanciato dal presiden-te della Fondazione Antonino Caponnetto, Salvatore Cal-leri, all’indomani dell’evento intimidatorio che ha colpito il questore di Latina, Niccolò D’Angelo, il capo della mobi-le di Latina, Cristiano Tata-relli e due ispettori della vice questura di Formia. I proiet-tili calibro 9x21 non lasciano margini di incomprensioni: le criminalità del nostro territorio stanno alzando il tiro contro il contrasto capillare opposto dalla questura di corso della Repubblica a Latina e delle altre forze dell’ordine. Ora la risposta delle istituzioni deve essere netta, inequivocabile. In questo numero torniamo a chiedere l’istituzione di una sezione distaccata della Dia nel Lazio Meridionale; dopo il placet di Luisa Laurelli, in re-altà una delle promotrici della proposta lanciata dal Consi-glio regionale del Lazio il 22 gennaio 2009, e del presidente della Fondazione Caponnetto Calleri, incassiamo il si del sin-dacato di polizia, Silp – Cgil di Latina, nella persona di Luigi Fattorini. La politica faccia la prossima mossa.

Cresce il consenso sulla proposta di Dia nel Lazio Meridionale Il particolare momento di crisi economica che attraversa il mon-

do occidentale e l’Italia si riflette inevitabilmente nei territori della provincia di Latina e Frosinone, dove la chiusura o riconversione di numerose attività produttive industriali determina la perdita del lavoro per migliaia di persone. In questa difficile congiuntura occor-rerebbe attuare politiche di sviluppo che coinvolgano tutte quelle forze imprenditoriali oneste che potrebbero ridare fiato all’economia locale migliorando la qualità della vita di tutti i cittadini. Tuttavia la condizione necessaria affinché politica, istituzioni e mondo im-prenditoriale possa lavorare insieme alla ricerca di nuove ed efficaci idee di sviluppo è quella di riuscire a garantire nei territori un livello di legalità che miri prioritariamente ad estirpare le attuali presenze mafiose, colpendole principalmente nei loro patrimoni. Nel sud del Lazio la presenza mafiosa è un fatto ampiamente dimostrato dalle vicende giudiziarie degli ultimi anni che hanno evidenziato quan-to il fenomeno interessa tutto il territorio permeando anche pezzi della politica e delle istituzioni locali. L’attività della DIA in questi anni è risultata estremamente incisiva e sarebbe senz’altro positivo potenziarne le sue ramificazioni attraverso la creazione di una se-zione periferica che possa monitorare con attenzione le aree delle due province del sud pontino che, peraltro, costituiscono degli im-portanti snodi di collegamento per gli interessi “camorristici” verso la capitale. Quale segretario provinciale del sindacato dei lavoratori della Polizia per la CGIL di Latina saluto con favore la proposta per la creazione di un ufficio DIA nei nostri territori auspicando, nel contempo, un rafforzamento in uomini e mezzi per i servizi di vigilanza ordinaria. Questi ultimi, che purtroppo sono in progressi-va e preoccupante diminuzione, sono quelli che, attraverso la loro costante presenza, producono quelle indispensabili informazioni di base nella conoscenza del territorio utilizzate poi dai servizi d’intel-ligence. Inoltre la continua diminuzione della presenza degli uomini e delle donne delle forze dell’ordine sul territorio rischia di assumere il significato simbolico di una rinuncia dello Stato a mantenerne il controllo.

Latina, 27.09.2010

Sindacato Italiano Lavoratori di Polizia per la CgilSegreteria Provinciale di Latina

C/o Polstrada Latina Via dei Volsini 23 Tel.Fax 0773 2608259

La Dia concepita da Giovanni Falcone è espressione di modernità nella lotta contro la mafia. Permette infat-ti di avere una visione completa e di analisi del feno-meno mafioso. (Salvatore Calleri)

Il segretario del SILP per la CGIL di Latina Dott. Luigi Fattorini

“La richiesta di istituire una sezione staccata della Dia a Latina o a Frosinone nasce da queste considerazio-ni. La mafia non si combatte semplicemente facendo girare qualche pattuglia in più nel territorio o metten-do due videocamere di sorveglianza. Essa va colpita nei suoi interessi economici”. (Luisa Laurelli)

I favorevoli

La propostadi Raffaele Vallefuoco

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Doni dal mare è un progetto che mira alla realizzazione di una serie di servizi attraverso i quali i pescatori possono va-lorizzare e promuovere il loro pescato di minor pregio com-merciale.Obiettivo del lavoroIl progetto vuole essere di supporto alla conoscenza del pe-sce azzurro, ad un’ottimizzazione della conservazione del pescato, alla valorizzazione di quello portato sui banchi per la vendita e alla realizzazione di un migliore smaltimento delle eccedenze creando valore aggiunto attraverso l’appron-tamento di uno specifico canale di vendita al dettaglio del prodotto fresco, lavorato o cucinato e pronto per il consumo. Il pesce azzurro, infatti, è pesce “povero” ma di alta qualità, sia per il sapore che ha, che per le proprietà alimentari che apporta. Particolarmente abbondanti nei nostri mari, questi pesci sono, infatti, ottimi sia per quanto riguarda il rapporto qualità/prezzo sia per il loro valore nutrizionale. Il pesce az-zurro presenta qualità assolutamente da non trascurare. Pri-ma fra tutte la presenza di grassi insaturi e di omega3, parti-colarmente consigliabili per controllare la pressione arteriosa e l’attività cardio-vascolare; oltre all’apporto vitaminico, la gran quantità di selenio, fosforo e iodio in esso contenuto. Il pesce azzurro è altamente indicato nell’alimentazione per la sua povertà di grassi, il sapore gradevole, la ricchezza di sali minerali, di vitamine e di proteine. Queste caratteristiche di alta digeribilità comportano anche un abbassamento del li-vello di colesterolo nel sangue. Ulteriore intento del progetto è quello di operare fattivamente per la tracciabilità dei pro-dotti ittici e ridurre i passaggi, affinché il pescato raggiunga la tavola dei consumatori finali, creando così un accorciamen-to della filiera. L’area ristretta di studio è quella relativa al comune di Formia, il cui porto rappresenta l’unico approdo verso cui confluiscono le imbarcazioni che sbarcano il pesce di Ponza e Ventotene, conosciuto per le alte qualità organolet-tiche in quantità significative soprattutto per le specie ittiche meno conosciute.La realizzazione di eventi promozionali sarà sviluppata se-condo il seguente schema:Sarde, alicette, tremole, cefali, zerro di ponza, tronchetti, sa-raghi, pagellini, sgombri, molluschi bivalvi, cozze ed altre qualità saranno i protagonisti della kermesse gastronomica che prenderà il nome di “Poveri ma ricchi dentro” .Le ricette proposte saranno raccolte in depliant informativi. Tutto si svolgerà con la “complicità” di nutrizionisti che spie-gheranno che il pesce povero in realtà apporta un notevole quantitativo di nutrienti. Gli eventi e le interviste realizzate saranno filmate e poi proposte nei TG locali e nelle trasmis-sioni di intrattenimento che avranno una rubrica culinaria appositamente realizzata. Nel progetto saranno coinvolte anche le scuole. Si intende, infatti, intraprendere una campagna di informazione con la partecipazione degli operatori, pescatori che illustreranno, attraverso dei filmati realizzati per l’occasione, sia le tipolo-gie di reti utilizzate che le specie ittiche catturate. Sarà fatta una catalogazione delle specie e una classificazione dei loro valori nutrizionali con l’aiuto di biologi per permettere ai consumatori di poter contare su elementi discriminanti va-lidi e oggettivi che consentano una precisa valutazione negli acquisti. Commercializzazione di pesce azzurro e filiera cor-ta. Attualmente la filiera del pesce azzurro è la seguente: i pescatori salpano le reti, il pescato viene selezionato e posto in celle frigorifere ed una volta a terra, viene nella maggior parte dei casi, portato in un centro e venduto l’asta; dal centro viene acquistato dalle pescherie o da operatori all’ingrosso e questi ultimi a loro volta lo rivendono alle industrie per la la-vorazione oppure alle pescherie. L’intento è quello di ridurre

la filiera. Questo punto di incontro sinergico tra produttori e commercio, realizzerà un accorciamento della filiera i cui benefici ricadranno per intero su detti soggetti e sul consu-matore finale, e se supportato con idonee azioni di marketing può diventare un’attività di richiamo e di tendenza per una clientela di massa, in alternativa od al pari di iniziative com-merciali, con prodotti di minor qualità di ispirazione esterofi-la (ad es. Sushi bar), ormai ben radicate nel nostro territorio. Si cercherà un punto di confronto con i più giovani, anche per avvicinarli ad un mestiere che non trova più un ricambio generazionale. In sintesi il progetto prevede i seguenti passaggi:Catalogazione di tutte le specie presenti nel golfo e recupero di informazioni sui valori nutrizionali.Verifica delle catture di pesce azzurro, nei vari mesi dell’anno, con la previsione dei quantitativi suddivisi per le varie specie presenti nel golfo di Gaeta.Previsione di stoccaggio in frigoriferi quando i quantitativi di pescato sono superiori alla richiesta del mercato.Previsione di possibilità di fornitura alla ristorazione e presso mense scolastiche ed ospedali.Informazione e promozione sul pesce azzurro per una valo-rizzazione delle specie:Il progetto, nel suo complesso sarà riassunto nel sito web dove verranno illustrati tutti i momenti salienti e le attività svolte. Da sottolineare che il giorno 18 giugno 2010 Pianeta Mare con la conduttrice Tessa Gelisio si è occupata proprio di que-sto progetto, grazie alla collaborazione della Guardia Costie-ra, della testimonianza di Stefano Di Mambro, pescatore; della ditta Purificato di Formia, e di tante altre persone che hanno offerto la propria collaborazione, come ad esempio la Gaeta Itticoltura, che ha offerto le cozze per la presentazione del progetto Fuori dal guscio, ormai presente al Settembre a Scauri da cinque anni. Il pesce catturato di seconda e terza qualità è stato poi trasferito presso la mensa della Caritas di Formia, coordinata da don Antonio De Arcangelis, proprio al fine di dimostrare come potrebbe essere semplice unire gli sforzi verso una unica direzione.Risultati attesiIl progetto nel suo complesso mira a ottimizzare la conserva-zione, l’offerta, ed il consumo di “pesce povero” prevedendo interventi in termini di informazione e promozione del pro-dotto da realizzare nei vari periodi dell’anno. In questo modo si riuscirà ad ottimizzare il percorso del pescato; conoscendo in anticipo cosa verrà prelevato dal mare, si potranno pre-vedere eventi promozionali in concomitanza con i periodi di maggior prelievo delle specie bersaglio, la razionalizzazione delle tecniche di pesca, politiche di avvicinamento del prodot-to al consumatore finale favorendo la commercializzazione immediata del prodotto fresco ovvero lavorato e pronto al consumo.Tutti gli interventi saranno mirati alla conoscenza e all’au-mento del valore e quindi del prezzo alla produzione del pesce azzurro, comunque entro limiti di tutto interesse per i consumatori, rispetto all’offerta di prodotti ittici fornita dai tradizionali canali commerciali (ristoranti, esercizi commer-ciali vari, pescherie e mercati al dettaglio).Tra i risultati attesi di maggiore interesse, vi è, infine, la ridu-zione del percorso dal mare alla tavola (filiera corta).

DONI DAL MARE: un progetto di vita

IDEATO DA: Erminio Di Nora - www.erminiodinora.com COORDINATORE PROGETTUALE: Antonio Cavallo - www.artemisiamarketing.itREALIZZAZIONE: Produttori e Operatori commerciali COLLABORAZIONE: Università, Caritas, Enti Pubblici e PrivatiCOORDINAMENTO FORZE DI POLIZIA : GUARDIA COSTIERA

Questa è la descrizione presente sul nostro sito internet (www.ilcapan-

none.eu) e per questo abbiamo dato vita, in questi anni, a nu-merose iniziative che ci hanno fatto incontrare con tante e tanti giovani e non. Ci siamo ritrovati in un capannone con gente sem-pre diversa pronti ad ascoltare le aspirazioni, i problemi, le futilità, le frasi urlate e quelle non dette, ed a far ascoltare musica possi-bilmente buona, sincera, one-sta. Abbiamo scelto una piazza ed un quartiere a Fondi (Piazza Domenico Purificato ed il quar-tiere Portone della Corte) che ci hanno adottati come se fossero quelli dove tutti noi siamo nati

e cresciuti, perché sentivamo il bisogno di una casa, ma una stanza ci stava stretta. Ed è lì, in quella piazza ed in quel quartie-re, che negli ultimi tre anni ab-biamo dato vita al Capannone On The Road. Un appuntamento dove chiunque può sentirsi parte della festa, perché c’è la musica, quella del territorio che deve an-cora fare tanta strada e quella di chi viene da fuori ed è già a buon punto nel suo percorso; ci sono i gazebo con le associazio-ni, le cooperative, gli amici; c’è il nostro bar “low cost” dove ci danniamo, perché ogni festa che

si rispetti non può deludere chi vuole mangiare e bere qualcosa

ed, infine, ci sono le persone che a questa festa partecipano, come una grande famiglia e senza le quali non avrebbero senso tutte le nostre fatiche. Ed anche se non riusciamo a sta-re chiusi tra quattro mura è sempre nel-lo stesso quartiere che abbiamo aperto

la nostra sede, in Via Lazio 14, con un punto bookcrossing, tanto disordine e lucidi-tà a tratti. E se questo potrebbe sembrare già abbastanza noi non ci ac-contentiamo. L’ i n v e r n o passato ab-biamo deciso di darci ap-puntamento per vedere quattro film su “i miti del-la musica” in-

contrando persone che non aveva-mo mai visto prima. Ci sono state anche altre iniziative ed ognuna ci ha permesso di vivere un altro pezzetto di realtà e di promuove-re quel senso di condivisione che ci ispira.E se alla fine di questo breve ar-ticolo qualcuno ancora si chiede cosa sia il Capannone potremmo dire che si tratta semplicemente di un gruppo di amici che ha deciso di mettersi in rete con tutti coloro che incrocia sulla sua strada.

Il Capannone è un’associa-zione culturale giovane e fatta

da giovani, con lo scopo di valorizzare e promuovere la creatività, la diversità e la cultura in genere, nelle sue forme più varie

ed articolate. Dal 2007, anno della sua nascita, ha creato momenti di aggregazione e ha reso

visibili e condivisibili i talenti spesso inascoltati del territorio, con una serie di proposte trasversali, dal fumetto al teatro, dalla musica alla fotografia, dal-

la letteratura all’arte. Il nostro sogno è quello di fare dell’intrattenimento un’occasione di cresci-

ta collettiva, nel segno di alcuni semplici ma importanti valori: lo scambio, l’incontro, la

solidarietà, la legalità, la non violen-za. Divertendoci e appassionandoci

insieme.

Il Capannonedi Paola Simonelli

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Formia ricostruzione e sviluppodi Giovanni Bove

LA PRIMA GESTIONE AMMINISTRATIVA

Il comando del Governo Alleato intanto, insediatosi nei locali a pianterreno della “ Piazzetta Municipio “, rimasti fortunatamente intatti dopo i tremen-di bombardamenti del 29 settembre 1943, con la collaborazione dell’italo-americano Antolini, cercò di formare una Giunta Comunale provvisoria con alcuni cittadini prescelti tra i più rappresentativi e risoluti per prestare i primi soccorsi alla popola-zione stremata e affamata. Tra gli esuli antifascisti ritornati dalle località Sughereta, Piroli, Longata e dalla collina di Santa Maria La Noce, furono con-tattati e convocati nell’ufficio del Comando Alleato il prof. Domenico Versaggi, il dott. Tommaso Testa, il rag. Vittorio Ragozzino, il sig. Gustavo Ferrone, il sig. Natalino Troisi, il sarto Ugo Aceto e il tipo-grafo Pasquale D’arco.All’inizio furono presi dalle dotazioni militari e di-stribuiti dagli stessi soldati americani pane bian-chissimo, biscotti,cioccolato, scatolette. In seguito furono portati dai depositi militari del Garigliano, da Salvatore Ciano e dal cognato Andrea Giuliano, detto “ Ninuccio “, camion di farina, patate, latte in polvere, scatolame e generi alimentari di ogni sorta, grazie all’interessamento dell’amministrato-re dell’Italia del Sud liberata, Charles Poletti.Fu costituiti un magazzino deposito viveri nei lo-cali a pianterreno della “ Piazzetta Municipio” e il 24 maggio 1944 ne fu nominato dirigente il sig. Natalino Troisi, persona notoriamente incorrutti-bile.Salvatore Recco e Gaetano Carbone, noti ed esper-ti alimentaristi di Castellone, affiancati dal sig. Luigi Bartolomeo, padre del notaio Gino Bartolo-

meo, ebbero l’incarico dalla Giunta Comunale di distribuire alla popolazione, mediante buoni rila-sciati dal Comune con l’indicazione del numero dei componenti la famiglia, pane, latte condensato, pancetta affumicata e wurstel.Le pagnotte, cotte al forno di Augusto Ciccolella, detto “ Cucumiéglio “, venivano portate nella stalla del sig. Luigi e deposte in bell’ordine nella lunga mangiatoia pulita e disinfettata con calce bianca. E in quella stalla, ubicata sulla sinistra di via S. Maria La Noce, scelta come spaccio N.1, avveniva ogni mattina la distribuzione del pane e dei viveri per la popolazione di Castellone.Per gli abitanti del centro e di Mola, invece, era-no stati approntati altri due spacci: un in “Piazza Santa Teresa “ in un magazzino del palazzo Rubino e un altro in via Rialto Ferrovia, oggi via Divisio-ne Julia. Erano diretti da Ugo Aceto e da Pasquale D’Arco. Per la sorveglianza degli spacci fu assunto in servizio il rag. Vittorio Ragozzino con un com-penso giornaliero di £ 65.

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di Maria Scognamiglio

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-Micio...ti voglio tanto bene-Anch’io micia,tanto...vedrai,sarà bello vivere insieme-Quando vivremo insieme?-Presto,molto presto,e metteremo su una bella casetta-Un monolocale intendi...-Si..ma lo arrediamo bene,con dei mobi-letti carini-Ma micio,non abbiamo i soldi per com-prare dei bei mobili...-Andremo da Ikea,lì troveremo qualcosa di carino,non un granchè,ma qualcosa di carino.-E per l’affitto,come faremo?io devo met-tere da parte i soldi per il master...-Ma ancora un altro master...sei sicura

amore mio?-Ma si,è solo il terzo...Leo ne ha fatti già sei!..E allora,come faremo?-E vabbè, vorrà dire che arrotonderò io...tanto al call center il fine settimana cer-cano persone..-Ma micio,tu non sopporti quel posto..-Si,ma si tratta solo dei fine settimana,10 ore al giorno è sopportabile,non è un granchè,ma si può fare.-Si ma...io ho libera solo la domenica..così non ci vedremo mai..-Il sabato sera,andremo a cena fuori-Ma esci alle dieci,sarai stanco morto...-E vabbè,ordiniamo una pizza e mangia-mo a casa,o al cinese,che costa meno-Ma se ti fa venire mal di stomaco...

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Tantissimi auguri Vale!!!

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