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5/21/2018 HIRAM-2011_01.pdf-slidepdf.com http://slidepdf.com/reader/full/hiram-201101pdf 1/112 EDITORIALE Pensiero e libertà, il Grande Oriente per i 150 anni dell’Unità d’Italia  3 Gustavo Raffi “Libertà e Responsabilità” nel saluto di Ravenna al Presidente della Repubblica Italiana  7 Sauro Mattarelli Guanti bianchi per Ipazia  11 Moreno Neri I massoni: da rei di Stato a legislatori. Le leggi post-unitarie degli uomini della Massoneria.  25 Carlo Petrone Le invasioni, le immigrazioni e la civiltà occidentale, europea, italiana  55 Pietro F. Bayeli Laicità dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo  63 Corrado Savasta Le diverse concezioni della verità: filosofica, metafisica e iniziatica  86 Luciano Gajà SEGNALAZIONI EDITORIALI 103 RECENSIONI 109 Rivista del Grande Oriente d’Italia n. 1/2011 HIRAM HIRAM_1_2011:HIRAM 8-03-2011 11:19 Pagina 1

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  • EDITORIALEPensiero e libert, il Grande Oriente per i 150 anni dellUnit dItalia 3

    Gustavo Raffi

    Libert e Responsabilit nel saluto di Ravenna al Presidente della RepubblicaItaliana 7

    Sauro MattarelliGuanti bianchi per Ipazia 11

    Moreno NeriI massoni: da rei di Stato a legislatori. Le leggi post-unitarie degli uominidella Massoneria. 25

    Carlo PetroneLe invasioni, le immigrazioni e la civilt occidentale, europea, italiana 55

    Pietro F. BayeliLaicit dello Stato in economia tra liberismo e dirigismo 63

    Corrado SavastaLe diverse concezioni della verit: filosofica, metafisica e iniziatica 86

    Luciano Gaj

    SEGNALAZIONI EDITORIALI 103 RECENSIONI 109

    Rivista del Grande Oriente dItalian. 1/2011

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  • HIRAM viene diffusa su Internet nel sito del G.O.I.:www.grandeoriente.it | [email protected]

    HIRAM 1/2011Direttore: Gustavo RaffiDirettore Scientifico: Antonio PanainoCondirettori: Antonio Panaino, Vinicio SerinoVicedirettore: Francesco LicchielloDirettore Responsabile: Giovanni LaniComitato Direttivo: Gustavo Raffi, Antonio Panaino, Morris Ghezzi, Giuseppe Schiavone, Vinicio Serino, Claudio Bonvecchio,Gianfranco De Santis

    CCoommiittaattoo SScciieennttiiffiiccooPresidente: Enzio Volli (Univ. Trieste)Giuseppe Abramo (Saggista); Francesco Angioni (Saggista); Corrado Balacco Gabrieli (Univ. Roma La Sapienza); Pietro Battaglini (Univ.Napoli); Pietro F. Bayeli (Univ. Siena); Eugenio Boccardo (Univ. Pop. Torino); Eugenio Bonvicini (Saggista); Enrico Bruschini (AccademiaRomana); Giuseppe Cacopardi (Saggista); Giovanni Carli Ballola (Univ. Lecce); Pierluigi Cascioli (Giornalista); Orazio Catarsini (Univ.Messina); Paolo Chiozzi (Univ. Firenze); Augusto Comba (Saggista); Franco Cuomo (Giornalista); Massimo Curini (Univ. Perugia);Eugenio DAmico (LUISS Roma); Domenico Devoti (Univ. Torino); Ernesto DIppolito (Giurista); Santi Fedele (Univ. Messina); BernardinoFioravanti (Bibliotecario G.O.I.); Paolo Gastaldi (Univ. Pavia); Santo Giammanco (Univ. Palermo); Vittorio Gnocchini (Archivio G.O.I.);Giovanni Greco (Univ. Bologna); Giovanni Guanti (Conservatorio Musicale Alessandria); Felice Israel (Univ. Genova); Panaiotis Kantzas(Psicoanalista); Giuseppe Lombardo (Univ. Messina); Paolo Lucarelli (Saggista); Pietro Mander (Univ. Napoli LOrientale); AlessandroMeluzzi (Univ. Siena); Claudio Modiano (Univ. Firenze); Giovanni Morandi (Giornalista); Massimo Morigi (Univ. Bologna); GianfrancoMorrone (Univ. Bologna); Moreno Neri (Saggista); Marco Novarino (Univ. Torino); Mario Olivieri (Univ. per Stranieri Perugia); MassimoPapi (Univ. Firenze); Carlo Paredi (Saggista); Bent Parodi (Giornalista); Claudio Pietroletti (Medico dello Sport); Italo Piva (Univ. Siena);Gianni Puglisi (IULM); Mauro Reginato (Univ. Torino); Giancarlo Rinaldi (Univ. Napoli LOrientale); Carmelo Romeo (Univ. Messina);Claudio Saporetti (Univ. Pisa); Alfredo Scanzani (Giornalista); Angelo Scavone; Michele Schiavone (Univ. Genova); Giancarlo Seri (Saggista);Nicola Sgr (Musicologo); Giuseppe Spinetti (Psichiatra); Gianni Tibaldi (Univ. Padova f.r.); Vittorio Vanni (Saggista)

    CCoollllaabboorraattoorrii eesstteerrnniiLuisella Battaglia (Univ. Genova); Dino Cofrancesco (Univ. Genova); Giuseppe Cogneti (Univ. Siena); Domenico A. Conci (Univ. Siena);Fulvio Conti (Univ. Firenze); Carlo Cresti (Univ. Firenze); Michele C. Del Re (Univ. Camerino); Rosario Esposito (Saggista); Giorgio Galli (Univ.Milano); Umberto Gori (Univ. Firenze); Giorgio Israel (Giornalista); Ida L. Vigni (Saggista); Michele Marsonet (Univ. Genova); Aldo A. Mola(Univ. Milano); Sergio Moravia (Univ. Firenze); Paolo A. Rossi (Univ. Genova); Marina Maymone Siniscalchi (Univ. Roma La Sapienza);Enrica Tedeschi (Univ. Roma La Sapienza)

    CCoorrrriissppoonnddeennttii EEsstteerriiJohn Hamil (Inghilterra); August C.T. Hart (Olanda); Claudio Ionescu (Romania); Marco Pasqualetti (Repubblica Ceca); Rudolph Pohl(Austria); Orazio Shaub (Svizzera); Wilem Van Der Heen (Olanda); Tamass Vida (Ungheria); Friedrich von Botticher (Germania)Comitato di Redazione: Guglielmo Adilardi, Cristiano Bartolena, Giovanni Cecconi, Guido DAndrea, Gonario GuaitiniComitato dei Garanti: Bernardino Fioravanti (Bibliotecario GOI), Antonio Calderisi (Avvocato), Giuseppe Capruzzi, Angelo Scrimieri, Pier Luigi Tenti

    AArrtt DDiirreeccttoorr ee IImmppaaggiinnaazziioonnee: Sara CircassiaSSttaammppaa: E-Print s.r.l., via Empolitana, km. 6.400, Castel Madama (Roma)DDiirreezziioonnee: HIRAM, Grande Oriente dItalia, via San Pancrazio 8, 00152 RomaDDiirreezziioonnee EEddiittoorriiaallee ee RReeddaazziioonnee: HIRAM, via San Gaetanino 18, 48100 RavennaRegistrazione Tribunale di Roma n. 283 del 27/6/1994EEddiittoorree: Soc. Erasmo s.r.l. Amministratore Unico Mauro Lastraioli, via San Pancrazio 8, 00152 Roma. C.P. 5096, 00153 Roma OstienseP.I. 01022371007, C.C.I.A.A. 264667/17.09.62SSeerrvviizziioo AAbbbboonnaammeennttii: Spedizione in Abbonamento Postale 50%, Tasse riscosse

    AABBBBOONNAAMMEENNTTIIANNUALE ITALIA: 4 numeri 20,64; un fascicolo 5,16; numero arretrato 10,32ANNUALE ESTERO: 4 numeri 41,30; numero arretrato 13,00La sottoscrizione in ununica soluzione di pi di 500 abbonamenti Italia di 5,94 per ciascun abbonamento annualePer abbonarsi: Bollettino di versamento intestato a Soc. Erasmo s.r.l., C.P. 5096, 00153 Roma Ostiense; c/c postale n. 32121006Spazi pubblicitari: costo di una pagina intera b/n: 500

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  • PPeennssiieerroo ee lliibbeerrtt,, iill GGrraannddee OOrriieenntteeppeerr ii 115500 aannnnii ddeellllUUnniitt ddIIttaalliiaa

    di GGuussttaavvoo RRaaffffiiGran Maestro del Grande Oriente dItalia

    (Palazzo Giustiniani)

    EDITORIALE

    Although the history of the Italian unification has ben astonishingly tortuos, complexand sometimes contradictory, the Grand Orient of Italy (Palazzo Giustiniani) wouldlike to support and enforce the common sense of citizenship and national identity inthe new European framework. In the present contribution, the Grand Master of ourCraft, Adv. Gustavo Raffi, presents in its main lines the Masonic program ofcelebrations for the 150th anniversary of the Italian Unification.

    DDDDare una direzione alla speranza. lobiettivo che il GrandeOriente dItalia-Palazzo Giusti-niani intende portare alle celebrazioni delcentocinquantenario dellUnit dItalia. Lapriorit ridare voce a valori e a condotteetiche, per costruire progetti per la comu-nit. Serve pensiero e coraggio: la realtnon diverrebbe tale se non si trovasse laforza per attuarla, facendo strada a unnuovo vissuto civile. In occasione del XXSettembre abbiamo sottolineato che il 150dellUnit dItalia un fabbricato allo statogrezzo, con pilastri e strutture portanti. Ma

    lopera non terminata. Serve parrhesa,ovvero un parlare franco per denunciare i li-miti che spesso divengono lacci, perch ac-canto a una critica costruttiva si riesca asuperare un Risorgimento incompiuto.Oggi a prevalere nei rapporti come nei vis-suti sociali spesso limpersonalit dellaserie. La nostra la societ delladdestra-mento, della coltivazione della propria sin-golarit in tanti campi. Dobbiamo inveceeducarci al noi, alla pluralit, a unanuova estetica dellesistenza che impaginipercorsi di identit e cultura, speranze elotte per un Paese migliore, capace di su-

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  • perare i terreni di indifferenza e le paludidellinautentico su cui lItalia si avvitata.Vorremmo che le celebrazioni dellUnitdItalia siano un andare versopossibilit aperte, non un fer-marsi su logiche museali. Il bi-sogno di un nuovo corso cispinge fuori dal bordo: oc-corre scorgere mete, non pen-dolare sul margine. E se veroche viviamo di transiti, il cre-scere insieme la sola prospet-tiva per chi vuole dare unsenso alla storia da costruire.Perch un Paese che sa daquale passato arriva in gradodi cogliere le sfide del futuro.

    Lo stile della Libera Mura-toria insegna che lungo lastrada che ha costruito il sentimento na-zionale ci sono volti e storie, conquiste dilibert e ferite ancora da sanare. Il GrandeOriente dItalia vuole contribuire a risco-prire il senso del nostro stare insieme comeItaliani. Vogliamo prendere nuova forzadalla lezione ideale del Risorgimento maanche essere capaci di ascoltare e studiarequelle pagine che non ci sono sui libri distoria, mettendo in discussione pregiudizi,spostando confini interiori e visioni penul-time. Senza revisionismi n polemiche, ncoi Savoia n coi Borbone: i Fratelli delGrande Oriente sono con gli Italiani che ierisi unirono per appartenere a ununica Pa-tria e oggi vogliono rinnovare e vivere ilpatto di fratellanza che costruisce un biso-gno profondo di verit. Il fuoco di brace chealimenta la speranza pi importante delleferite che bruciano la carne.

    Porta Pia stata ed simbolo dellabattaglia di libert per lUnit dItalia. Unaconquista laica che passata anche per la

    lotta e il sangue degli Uo-mini liberi del Grande Ori-ente dItalia. Nel Pantheondi una salutare laicit varicordato Ernesto Nathaninsieme ad altre figure diuna storia risorgimentaleche non pu essere chiusain soffitta perch risultascomoda per alcuni.Queste storie, al contrario,sono un patrimonio di li-bert per lintero Paese.

    Quale scuola di pen-siero e luogo di confrontoper ogni umanit, la Libera

    Muratoria coltiva un sogno possibile: uniregli scialli neri delle donne del Sud, spessosimbolo di dolore e incomprensione, allecamice rosse del Risorgimento, che parlanodi volontariato, di grandi e giovani ideali dilotta per la libert. Nord e Sud stanno in-sieme, come insieme vanno ricordate la le-zione di amore per lItalia di GiuseppeGaribaldi, Gran Maestro del Grande OrientedItalia, con il grido di riscatto che si alzadalle pagine di Carlo Alianello. Assumeretutta la propria storia per guardare avanti: questa la sfida pi grande che ci attende.La Libera Muratoria rimarca senza sostalimportanza dei valori della nostra Costi-tuzione e dellUnit della Nazione in unafase di crisi, non solo economica, ma etico-morale del Paese. Vogliamo perci lanciarela rivoluzione dellimpegno, personale ecomunitario, in un contesto storico in cui

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  • prevalgono scollamento e distacco, delegae rinuncia. Siamo convinti che proprio orala testimonianza di ognipersona che si mette ingioco per costruire per-corsi virtuosi, sia segnoconcreto che unaltraumanit possibile. Ne-cessaria luce sul muroincompiuto.

    Da Torino a Palermo,lungo tutto il 2011 ilGrande Oriente dItalia-Palazzo Giustiniani conconvegni e iniziative,con pensiero e azioninella societ italiana dicui forza morale, vuol ricordare i contri-buti dei Fratelli Liberi Muratori allUnitdItalia, facendo memoriale del loro inse-gnamento di uomini liberi. Non inten-diamo, con questo, portare in piazzareliquie n mostrare il medagliere: quantola Massoneria abbia dato in termini di san-gue e sacrificio allUnit dItalia fattonoto agli storici e alla memoria condivisadel Paese. Anche oggi vogliamo indicarecon forza che serve nuova responsabilitper costruire il domani. LItalia ha bisognodi uno scatto di reni, e di volare alto, oltrele polemiche e le logiche da cortile.

    Anche oggi, come nei giorni che prepa-rarono il 17 marzo 1861, la Libera Murato-ria vuole dunque essere un sostenitoreattivo del processo unitario anche attra-verso un continuo impegno volto alla for-

    mazione civile degli Italiani e di parte si-gnificativa dei suoi quadri dirigenti. Lavo-

    rare sulle coscienze unimpegno che rinno-viamo, con passione e ra-gione. Perch la LiberaMuratoria abita ovunquec un uomo che cercaverit. Soprattutto neitempi di transizione, laMassoneria un sentieroche porta alla democra-zia compiuta, quelladelle coscienze libere.Unit nello scopo, li-bert nei mezzi, se-condo lantico adagio

    della Loggia Italia, anche una lezioneche spiega la necessit di cercare senza fineil progresso dellumanit. Le celebrazionidel centocinquantenario ci aiutino a deli-neare una nuova e pi forte coscienza uni-taria, perch la confusione non avveleni ipozzi e scoraggi a riprendere il percorsodelle necessarie riforme, culturali e sociali,di cui lItalia ha bisogno. Risorgimentodella ragione come salutare eversione delpensiero unico. Controvento, liberi e senzaaltri interessi che il bene dellItalia, gli uo-mini del Grande Oriente dItalia hanno an-cora tanto da dire e da lavorare percontribuire a realizzare una nuova idea diPaese, pi consapevole delle grandi sfideche ci attendono. Lo abbiamo fatto ieri, nonci fermeremo domani. Sempre insieme. Ri-belli nellanima.

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    5 Pensiero e libert, il Grande Oriente per i 150 anni dellUnit dItalia, G. Raffi

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  • LLiibbeerrtt ee RReessppoonnssaabbiilliittnneell ssaalluuttoo ddii RRaavveennnnaa aall PPrreessiiddeennttee

    ddeellllaa RReeppuubbbblliiccaa IIttaalliiaannaa*

    di SSaauurroo MMaattttaarreelllliiPresidente della Fondazione Casa di A. Oriani, Ravenna

    The present inaugural lecture was delivered by Prof. Dr. Sauro Mattarelli on January8th, 2011 at the Dante Alighieri Theater of Ravenna in presence of the President ofthe Italian Republic, Giorgio Napolitano. This talk offers a journey through 150 yearsof history of Ravenna and in particular of the region Romagna, showing both theintellectual thought and the popular involvement, which, together, have actuallycharacterized the identity of a small enclave, capable of perceiving a sense of theFatherland joined with that of Europe.

    SSSSignor Presidente della Repubblica,autorit, cittadine e cittadini, unonore questa visita, proprio al-linizio dellanno in cui si celebra il cento-cinquantesimo anniversario dellUnitdItalia. Siamo fieri e orgogliosi che il Pre-sidente della Repubblica Italiana sia connoi nel ricordo del contributo che Ravenna,la Romagna e lintera Regione, allinsegnadel tricolore, hanno offerto per questagrande causa fin dal primo Risorgimento,quando repubblicani, liberali, mazzinianied anche esponenti del mondo cattolico,pur con le dovute differenziazioni, hannopartecipato in modo decisivo ai moti da cuisi sarebbe costruito il processo unitario na-zionale.

    Basti pensare alla cosiddetta Trafila,che consent a Garibaldi di porsi in salvonel 1849 e, in seguito, di consolidare unrapporto speciale con i luoghi dove Anitaaveva s cessato di vivere, ma era entratanei cuori di tutti, segnando per semprelimmaginario collettivo. Poi le gesta deicospiratori, le persecuzioni, le repressioni eun pensiero che tuttavia continuava a svi-lupparsi e a trasformarsi in convinzione. Levicende dei vari Domenico e Luigi Carlo Fa-rini, Primo Uccellini, Francesco Lovatelli,Antonio Monghini non sono che i capi-saldi pi noti di una storia che coinvolsevasti strati popolari e che, perci, vive an-cora oggi non solo attraverso la storiogra-fia, ma nel ricordo di momenti divenuti

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    * Prolusione tenuta in occasione della visita del Presidente della Repubblica Italiana GiorgioNapolitano a Ravenna, Teatro Alighieri, 8 gennaio 2011.

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  • simbolici e che ci hanno trasmesso il sensodella partecipazione politica, della co-stanza, della speranza, delle modalit concui ci si confronta, anche dura-mente.

    Nella citt che ospit Danteil Risorgimento dunque smemoria, coltivata perfino at-traverso riti che potremmodefinire liturgici; mai, per, ri-cordo polveroso o mummifi-cato; ma storia sempre viva alpunto da farsi tradizione,come quella dei lumini cheogni notte del 9 febbraio, in al-cune plaghe ravennati, ricor-dano, ancora oggi, levento dellaRepubblica Romana del 1849, che, tra lal-tro, regal allEuropa una Costituzioneavanzatissima, che ha ispirato profonda-mente anche la nostra Carta costituzionale.Molti illustri uomini politici del secondodopoguerra, da Palmiro Togliatti a PietroNenni fino a Randolfo Pacciardi, Ugo LaMalfa, Giovanni Spadolini e, signor Presi-dente, anche al suo predecessore, CarloAzeglio Ciampi, furono molto impressio-nati e commossi da un rito entrato profon-damente nel nostro costume.

    Questi eventi non sono per riconduci-bili alle categorie del mito o del folklore:dagli alberi della libert sorsero le primeleghe; gruppi anarchici, radicali e socialistiavrebbero dato vita ad esperienze parteci-pative che costituiscono un unicum; da quinacquero i partiti politici che facevano ri-ferimento al socialismo costiano, al repub-blicanesimo di Aurelio Saffi, al liberalismodi Luigi Carlo Farini, Alfredo Baccarini,Luigi Rava. E poi le cooperative socialiste di

    Nullo Baldini; le mazziniane di Pietro Bondie, pi tardi, quelle cattoliche, quelle comu-niste e, ancora: le banche popolari, le casse

    mutue, i giornali, i sindacati,le associazioni avrebberocostellato il territorio, con-notandolo e imprimendogliuna fisionomia geopoliticaben definita.

    Fu cos che una terra dicontadini, braccianti, pic-coli e grandi proprietari, aiprimi del Novecento, rag-giunse un primato agricoloche il mondo invidi e chederivava essenzialmente,

    non solo da parole o da ideo-logie, ma da una organizzazione concreta,da comportamenti consolidati; dal fattoche uomini e donne, spesso provenienti daterre lontane, appresero a rispettarsi, par-larsi e, lavorando fianco a fianco, a liberarsidelle acque paludose, della malaria, ma, so-prattutto, della cappa del servilismo.

    Lantifascismo e la Resistenza ravennatiscaturirono da queste radici: non nacquerotanto o solo per opporsi a un nemico, maper conseguenza naturale del fatto che quisi era intesa la libert come un insieme dirapporti fondati sulla responsabilit; prati-cati attraverso la consapevolezza di un do-vere compiuto, prima ancora che di undiritto, seppur sacrosanto, da rivendicare.

    La libert era, cio, un prerequisito; unmezzo, non un fine e, lo aveva insegnatoMazzini, non poteva perci sfociare nellalicenza o nella sopraffazione del forte suldebole. Era considerata uno strumento percrescere, non a scapito degli altri, ma comecollettivit e civilt: riformando e miglio-

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  • rando attraverso la conoscenza, lo studio,loperosit e anche col sanguigno rifiutodelle angherie che un po haconnotato le nostre plaghe.

    Per questo motivo Ra-venna, insignita da Luigi Ei-naudi citt medaglia dorodella Resistenza, ha ricono-sciuto la dignit di tutti co-loro che si fronteggiarono e sicombatterono negli anni delcosiddetto Secondo Risorgi-mento: non senza traversie,contrasti e, purtroppo, anchegravi fatti di sangue. Masenza, daltro canto, rinunciare al doveredella distinzione storica e morale tra chicombatteva e moriva per i valori che oggidovrebbero costituire il fondamento dellanostra Repubblica democratica espressinella Costituzione (che, come si diceva,proprio dalla lezione dellOttocento hatratto la sua ispirazione pi autentica) e co-loro che invece si batterono facendo riferi-mento a ideologie opposte, illiberali, basatesulla discriminazione razziale, sessista, re-ligiosa.

    In altri termini: lUnit della Patria, chequi si sempre celebrata e declinata insenso repubblicano, per questa gente nonha voluto dire indistinta commistione oamalgama; n ha riguardato solo una puraquestione di annessioni territoriali. Nasce,piuttosto, dalla fiera consapevolezza che,almeno in un certo periodo storico, nellaantica Capitale che, per usare la definizionedi Antonio Beltramelli, sorgeva nella terradegli uomini rossi e che Gabriele DAn-nunzio chiam invece la citt del silenzio furono in tanti a individuare nel lavoro

    lelemento fondante di ogni unione, attra-verso lespressione della dignit umana;

    prima ancora che mezzo perpercepire un reddito.

    Proprio per questo inmolti seppero praticare lafilosofia dellUnit, che sibasa sul disinteresse; sullapossibilit di darsi regolecondivise perch riguardanoil bene comune; sul saper ri-nunciare ai piccoli o grandiprivilegi di casta, di censo odi posizione in nome diqualcosa di pi alto: la coe-

    sione, ad esempio, che nasce dal comuni-care, dal modo di comportarsi, dalriconoscersi, fino a poter percepire, ancheattraverso una piccola enclave come la Ro-magna, il senso di una intera Nazione, del-lEuropa, del naturale e ineludibileincontro fra tutti gli uomini e tutti i popoli,pur se profondamente diversi; anzi nellacoscienza della ricchezza implicita nel con-cetto di diversit.

    In questa terra di grandi tradizioni de-mocratiche, lo dimostrano anche i dati delReferendum del 2 giugno del 1946 o quellidella partecipazione alle consultazionielettorali sia locali, sia nazionali, sia so-prattutto europee, si cercato, da oltrecentocinquantanni, di praticare la giusti-zia sociale. Non solo come antidoto controla miseria, ma, ancor prima, come mezzoper riscattarsi dallanalfabetismo (politicooltre che culturale); nella consapevolezzache tale piaga rappresenta lanticameradella schiavit peggiore: quella che siignora, come diceva Ignazio Silone, e ri-schia di veicolare un pericoloso virus del

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  • dominio che (amava ricordarlo DaniloDolci), se utilizzato spregiudicatamente,pu condurre verso la istituzionalizzazionedella solitudine, della paura,della rassegnazione, dellapa-tia, dellegoismo, della disgre-gazione sociale che sono ilveleno peggiore per ogni co-munit e Repubblica degna diquesto nome.

    La storia di Ravenna pos-siede dunque la forza, quasireligiosa (non a caso AndrFrossard parl di uno specialeVangelo) , di coniugare ilpassato con lavvenire e con lacostruzione del futuro.Amiamo credere che possa svol-gere, ancora oggi, una sua funzione peda-gogica, a condizione che non divenga unalitania e che non sia proposta come una no-zione arida, nostalgica, volta a farci spec-chiare sui fasti del passato. questodaltronde il monito che proviene dalle le-zioni di grandi amministratori locali: daFortunato Buzzi a Bruno Benelli; da Lu-ciano Cavalcoli a Pier Paolo DAttorre. una storia che ci parla di ideali, traducibiliin fatti concreti, che stanno alla base dellacrescita e della convivenza civile.

    Forse possiamo ancora far vivere questiprincipi nel cuore dei giovani del nuovoMillennio con lo stesso spirito con cui sboc-ciarono nellanimo delle giovani genera-zioni di centocinquanta anni fa: allinsegnadellamore verso il progresso, del dirittoalla speranza; e col senso di rivolta controi venditori di illusioni, le letargie, i dispo-tismi, i soprusi. Un fremito, insomma, unimpegno, che per non pu essere imposto,

    n studiato a memoria come fosse un man-tra. Questi valori non possiamo infatti spe-rare di trovarli tutti racchiusi nei libri, o

    depositati nelle coscienze indi-viduali e neppure nella purspesso invocata volont popo-lare.

    Lesperienza storica insegnache solo un esercizio metodico,umile, condiviso di sintesi con-sapevole di tutte queste compo-nenti pu donarci la linfaessenziale per crescere, affron-tare le sfide globali e, soprat-tutto, evitare una fratturainsanabile tra ci che si insegnae ci che si pratica; tra le nostre

    parole e le nostre azioni. Questa di-cotomia, il male oscuro che spesso si in-sinua fra i banchi delle scuole, delleuniversit e della politica; nei posti di la-voro; tra disoccupati e precari; ed lostesso male che, a pensarci bene, in nomedi un falso utilitarismo, oggi, talvolta, portacinicamente a irridere con sufficienza lastoria del Risorgimento del nostro Paese,fino a banalizzarla, denigrarla, dimenti-carla nel silenzio indulgente e complice dichi preferisce verit che durano il tempodi uno spot e possono essere scritte, ri-scritte e rigirate a piacimento.

    Ricomporre la frattura tra il passato e lacostruzione dellavvenire; tra le parole e leazioni: credo sia il messaggio pi impor-tante che viene da centocinquanta anni distoria della nostra terra e che ora conse-gniamo alle giovani generazioni e simboli-camente a Lei, signor Presidente, comeparte integrante, inscindibile e ineludibiledella storia dItalia.

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  • GGuuaannttii bbiiaanncchhii ppeerr IIppaazziiaa

    di MMoorreennoo NNeerriiSaggista

    Hypatia was a great scientist and a Neoplatonist philosopher who lived in Alexandriabetween the 4th and the 5th centuries AD; she was probably the most prominent figurein the culture of the time, as well as being it is said an extremely beautiful woman.A shameless and charismatic master of thinking and conduct, she was massacredand her body was horrendously mangled by a crowd of fanatical Christians. A martyrof Christian fundamentalism, she has been considered one of the early victims of theconflict between science and religious intolerance. As she became an icon of laity,works, novels and even a movie about her generated a remarkable debate. Thehistorian and Byzantinist scholar Silvia Ronchey has just published a book where theauthentic profile of Hypatia is reconstructed, in the real context of the time and theevents, with a constant reference to the ancient sources, in an erudite yet veryenjoyable narration. Through the different posthumous transfigurations that thisphilosopher suffered, we discover her importance in the chain of succession ofTradition and esotericism. She is a woman well deserving the gift of white gloves fromFreemasonry.

    RRRRipercorrendo la china del passato,il massimo che posso dire cheserbo la memoria di essermi im-battuto in lei, la prima volta, nel 1977. Suuna porticina dellandrone tra lArengo ePalazzo Garampi campeggiava la scritta As-sociazione Ipazia. Il Comune di Rimini avevaconcesso la stanzetta a un centro di docu-mentazione femminista. Era lair du tempsche la riplasmava in un nuovo approccio

    creativo. Col senno di poi mi ora facile ma con altrettanta prudenza nel giudicareo condannare stabilire che era probabil-mente uno di quegli esempi di travisa-mento o mistificazione, o comunque diconfusione delirante, perfino esilarantedi cui ci parla Silvia Ronchey1, unIpaziatravestita alla moda del tempo per scopiideologici2.

    Risalendo di memoria in memoria, avrei

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    1 Ronchey 2010: 125.2 Linvenzione riminese affabulatoria, di pasta felliniana, ha ben attecchito se si pensa cheil nome della filosofa alessandrina stato in seguito mutuato da due riviste accademiche femmi-niste: Hypatia: Feminist Studies, fondata ad Atene nel 1984, e Hypatia: a Journal of Feminist Philosophy,

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  • dato un peso diverso ai segnali che il de-stino aveva deciso di inviarmi fin da queiprimissimi tempi della mia giovent. Po-chissimo tempo dopo la ritrovai in Favola diVenezia, del rimi-nese (per caso) maveneziano dori-gine Hugo Pratt.Nel racconto piespl ic i tamentemassonico del Fra-tello Pratt (che erastato da poco ini-ziato alla loggiaveneziana Her-mes di Piazza delGes), il liberomarinaio CortoMaltese, romantico e anarchico eroe, dopoessere precipitato dal lucernaio in una log-gia massonica, incontra la divina Hipazia,la figlia di Theone, unIpazia esoterica-mente rievocata e cronologicamente mu-tata dal genio di Pratt (un omaggio alla

    veneziana Patty Pravo, ma il naso Hugo loprese in prestito a una giovanissima redat-trice di Linus, Stefania Rumor, che oggi ne la direttrice). Nel racconto ambientato

    nella citt lagu-nare alla vigiliadella marcia suRoma e cosparsodi personaggi,simboli, luoghi econcetti esotericied iniziatici3, ladivina Hipaziaviene descritta dalpoeta dAnnunziocome la sublime,la superba [] bel-lissima poetessa,

    matematica, filosofa neoplatonica di Vene-zia [] meravigliosa creatura4, animatricedi un salotto con tutta evidenza un cen-tro della Societ Teosofica , dove si riu-niscono tutte le persone di cultura, nonimporta di quale tendenza politica, allo

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    Hildebrand, Mort de la philosophe Hypatie, a Alexandrie, seconda met XIX sec.

    pubblicata dal 1986 al 2000 dallIndiana University Press. Lidea che lassassinio di Ipazia fosse unatto antifemminista, come risuonava in quegli anni, fu precocemente espressa da Carlo Pascal(Certo la persecuzione contro Ipazia mosse anche in gran parte da questa proterva e superstiziosatendenza antifemminile, Pascal 1908: 179); cfr. anche Dzielska 1995: 11-12.3 Si pensi, solo per fare un piccolo esempio alla enthimesis, di cui Hipazia si duole che CortoMaltese non abbia potuto parteciparvi, a causa del suo ritardo. Nozione assimilabile alla parolaaraba himma che Pratt pu solo avere tratto da Henri Corbin, Limagination cratrice dans le soufismedIbn Arabi, Flammarion, Paris, 1958: 224. Sulla enthymesis, che designa latto del meditare, conce-pire, immaginare, progettare, desiderare ardentemente: cio avere (una cosa) presente nel thymos,che forza vitale, anima, cuore, intenzione, pensiero, desiderio, citando il Fratello Corbin, vedianche James Hillman, The Thought of the Heart & the Soul of the World, Spring Publications, Dallas,Texas, 1981: 4 ss. (trad. it. Il pensiero del cuore, in Lanima del mondo e il pensiero del cuore, a curadi Francesco Donfrancesco, Garzanti, Milano, 1993: 41-93, cit. 44-45; rist. Adelphi, Milano, 2002).4 Pratt 2000: 18.

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  • scopo di ascoltarla o semplicemente guar-darla; suo padre, il dottor Teone, uno chese ne va a sognare tra le stelle: un astro-nomo, astrologo e matema-tico5. Niente comunque ache fare con la metamorfosiraggiunta nel 1994 dallIpa-zia semiferina, intrisa dignosticismo (anchesso ales-sandrino), del Baudolino diEco o con una delle Citt in-visibili (1972) di Calvino, lacui conclusione non clinguaggio senza inganno.E tantomeno col recente ne-gazionismo che la fa unat-tempata professoressa dimatematica, incappata inuno dei primi pogrom antie-braici6.

    piuttosto la pitagoricae platonica Ipazia che si perpetuata nel trascorreredei miei anni, sempreuguale a se stessa eppuresempre diversa, nel mio gironzolarle at-torno.

    Per quanto in quegli anni stessi matu-rando una cultura politica laica, radicale,socialista e libertaria, da almeno un lustroero immerso, assieme ai miei studi classici,tra i libri di una biblioteca semi-privata chepresentava il meglio di quella che allora eraconsiderata una cultura di destra emar-

    ginata: dunque Evola, Gunon, Reghini,Spengler, Nietzsche, ma anche Meyrink,Pound e Tolkien e, tra i classici, vi ritrovavo

    Platone con gli scritti anticri-stiani di Celso, Giuliano e Por-firio. Ancora ringrazio perquesta mia formazione eclet-tica e priva di pregiudizi ilproprietario, dovunque oraegli sia, ex ragazzo di Sal, diquella biblioteca di un setti-manale di provincia, che miconsent, con grande anticiporispetto alle operazioni adel-phiane di ripresa, di tracciarepunti di cerniera tra culturavecchia e cultura nuova attra-verso questa apparentementeinspiegabile magnanimit,che recuperava il furto dellepassioni per il mito e il sim-bolo, perpetrato da una certas-dicente cultura di destra,complice laltrettanto s-di-cente cultura di sinistra,

    quando ancora queste definizioni potevanoavere un qualche significato, mentre oggi,come stato detto, di cultura, e soprattuttodi cultura forte, nel mondo politico non sioccupa pi nessuno. Naturalmente, comeSinesio, avevo gi incontrato la mia Ipazia,e come un tempo Socrate, la sua Diotima,che mi aveva insegnato a vivere e un potroppo a morire.

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    Charles William Mitchell,Hypatia, 1885, olio su tela(244,5 x 152,5 cm), Laing

    Art Gallery, Newcastleupon Tyne (Tyne and Wear

    Museums).

    5 Ibid.: 19.6 Ruggeri 2010, ma vedi gi prima E. M. Forster (1922) nel suo Alexandria. A History and aGuide; cfr. Ronchey 2010: 85.

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  • Racconto questi episodi privati che de-scrivono quello che allora penso fosse ilmodo copioso e polivalente dei miei ap-procci su pi polarit,mai rigido, immobilee assolutizzante omassimalista. Avevocompreso Ipazia e laTradizione ed ero di-ventato fautore diquel sistema di unifi-cazione dei Romaniche non distruggevagli di delle altre na-zioni, sostituendovia forza i propri, maaggiungeva i propriagli altrui, tutti acco-gliendo in un unicotempio.

    Nel frattempo ero divenuto un cultoree raffinato esperto della filosofa alessan-drina, al punto che, se mi capita di leggereche il personaggio creato da Pratt, guidadel circolo teosofico veneziano, un omag-gio allo scrittore Charles Kingsley, autoredel romanzo Ipazia7, riconosco di pi adispetto della stessa testimonianza di Pratt limmediata ascendenza letteraria nel

    teosofo Augusto Agabiti, autore di Ipazia: laprima martire della libert di pensiero8. Di que-sta mia persistenza dinteresse e un po ec-

    centrico zelo verso lasfortunata filosofaalessandrina, noti in al-cuni ristretti ambiti, hodato prova, anche qual-che anno fa, al FestivaldellAntico di Rimini,venendo chiamato al-limprovviso, il 18 giu-gno 2009, a presentareil video Blu Ipazia: operaper teatro musicale in unatto di Candida Ferrarie Simona Simonini (Ita-lia 2004, 30).

    Insomma, Ipazia davvero unicona: nel

    senso originario della parola, che deriva dalgreco eikon, che ci che appare nella re-alt materiale ma che riproduce ci che cdi eterno e immutabile. Se eikon platoni-camente ci che rende visibile lessere in-visibile, ci che porta nella materialimmateriale e diventa la possibilit diunimmagine divina, la figura di Ipazia qui a dimostrarci che il suo potere perfor-

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    Hugo Pratt, Hipazia e Corto Maltese inuna striscia di Favola di Venezia, 1977.

    7 Cfr. Marchese 2006: 41-42.8 Agabiti 1914. Per un breve ritratto di Augusto Agabiti (1879-1918) vedi Sandro Consolato2010: 46-48. Il numero doppio de La Cittadella, menzionato nei riferimenti bibliografici, contieneun inserto speciale dedicato a Ipazia, in larga parte formato dalla riproposizione dellopuscolo diAugusto Agabiti. Qui aggiungiamo solo che fu amico di Giovanni Amendola, Arturo Reghini e Ro-berto Assagioli, tutti teosofi e anche massoni. Vicebibliotecario della Camera dei deputati, laffi-liazione massonica di Agabiti indirettamente confermata anche dalla strettissima amicizia con ilministro e Presidente del Consiglio Luigi Luzzati (1842-1927), membro della Loggia Cisalpina diMilano.

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  • mativo e di seduzione non mai venutomeno.

    Cosicch per un momento mi venutodi pensare che bisogne-rebbe che il nostroOrdine (regolare,in quanto non am-mette liniziazionefemminile) istituisseunonorificenza Ipa-zia da assegnare alledonne che si sono di-stinte per aver testi-moniato i principiuniversali di libert,di fratellanza e diuguaglianza. Senon-ch il Premio GalileoGalilei, il massimoriconoscimento mas-sonico italiano per i non massoni, gistato conferito a donne, come il Nobel perla Pace 1992 Rigoberta Mench e la can-tante israeliana Noah. Peccato, unocca-sione perduta: unideale onorificenzaIpazia, accanto al Galileo Galilei,

    avrebbe in un certo qual modo realizzatoun obiettivo di parit di genere, nellattesadi quella soluzione, ancora lontana, della

    questione femminileche andr trovata alivello mondiale dal-lintera Istituzione,ancora per certiversi accomunata inquesta preclusionealle religioni mono-teiste9.

    Quel dono stra-ordinario che, comeevidenziava il Fra-tello Goethe, pu es-sere regalato solo auna donna e unavolta sola, andrebbeofferto a Ipazia.

    Molto presto a Ipazia furono rimessi iguanti bianchi, addirittura da massoni antelitteram come John Toland, che le dedic unsuo pamphlet nel 172010.

    Fatto sta che la figura storica di IpaziadAlessandria tornata di recente alla ri-

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    Hugo Pratt, Hipazia e Corto Maltese in unastriscia di Favola di Venezia, 1977.

    9 Sullannosa e controversa questione delle donne in Massoneria resta ancora valido Vigni1997. Vedi inoltre AA. VV. 2000 e Caracciolo 2004. Sulliniziazione femminile e sullopportunit diridarle vita, chi scrive condivide lopinione, in linea con la Tradizione, espressa, tanto fermamentequanto sommessamente, dal Fratello Claudio Bonvecchio (vedi Bonvecchio 2007: 55 n. 123). 10 Su John Toland (1669-1722), bel personaggio di deista, panteista e razionalista vedi Ron-chey 2010: 78-81 e passim. Per fini di semplice integrazione aggiungiamo soltanto che fu Massoneancor prima della creazione della Gran Loggia dInghilterra nel 1717 e legatissimo alle quattro loggeche istituirono la Massoneria moderna, nonch fondatore, lo stesso anno, del neo-pitagorico AncientDruid Order (del quale faceva parte anche William Blake). Gi nel 1710 attestata la sua partecipa-zione a una loggia massonica dellAja, i Chevaliers de la Jubilation: fu quindi uno dei primi mas-soni speculativi

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  • balta grazie al controverso film Agora delregista cileno-spagnolo Alejandro Amen-bar e, in minor parte, anche invirt del romanzo Azazeldellarabista e islamista egi-ziano Youssef Ziedan11. Di leiscrive il professore di filoso-fia islamica e sufismo del-lUniversit di Alessandriain relazione ai conflitti reli-giosi del V secolo.

    Il monaco, protagonistadel racconto, ha assunto ilnome di Ipa, dalle prime sil-labe del nome della filosofa,perch ne fervente ammi-ratore: la Maestra, viene de-finita, ed il suo modellointellettuale.

    Con perfetto tempismo,il romanzo, che ha vinto nel2009 lInternational Prize for Arabic Fiction(IPAF), arrivato con la pellicola. E, findalla sua uscita, ha suscitato vivaci protesteda parte della Chiesa Copta (peraltro, pernemesi storica, recente obiettivo del terro-rismo islamico), che giunta persino achiedere la messa al bando del libro. Lecodelle polemiche egiziane si cos saldato aquelle italiane, dato che la tardiva distri-buzione in Italia del film di Amenbar, pre-sentato con successo a Cannes nel 2009, hasuscitato sospetti di censura. Si avuta per

    molto tempo la netta impressione che il di-sinteresse ad acquistare i diritti del film,

    carico di messaggi forti e distri-buito in tutto il mondo tranneche in Italia, fosse conse-guenza di un qualche di-sturbo che la pellicolaavrebbe portato alla Chiesa, icui primi virgulti nel film nonfanno una bella figura. Ver-rebbe da dire che non sonopoche le occasioni storiche incui la Chiesa ha fatto una fi-guraccia. Il film, comunque, riuscito a trovare posto nellenostre sale, dopo una mobili-tazione attraverso una peti-zione online che ha superatola soglia di diecimila firme.

    A dimostrazione che, ora, nellaria del tempo linte-

    resse per quel periodo decisivo delle originidel cristianesimo, il suo calcificarsi nellor-todossia e sostanziarsi come potere seco-lare, che trovano radici in una violenzastrettamente congiunta con la pretesadella verit della fede. Risalire alle originidel cristianesimo che imponeva la sua fedecol ferro e perseguitava gli ebrei e gli ultimipagani certamente fonte dimbarazzo,ma, come a replicare le ragioni della fine diIpazia, ironicamente ogni censura (tentatao realizzata) mostra la ragionevolezza di

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    La copertina del libro di Silvia Ronchey.

    11 Nel romanzo traspare la solida formazione culturale dellautore. Altre recenti ricostru-zioni romanzate della vita e, soprattutto, dellassassinio di Ipazia sono Remembering Hypatia: a Novelof Ancient Egypt (2005) di Brian Trent e Flow Down Like Silver, Hypatia of Alexandria (2009) di Ki Lon-gfellow.

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  • ci che si vorrebbe mettere a tacere. Ac-cade sempre pi spesso che film e romanzivengano consideratidalla Chiesa comeforme sofisticate diostilit contro la reli-gione e qualcuno haspiritosamente dettoche s, si chiamanointelligenza.

    Non c perci darestare stupiti mane laspetto specu-lare, laltra facciadella medaglia che,per questa cancella-zione e intransigenza plurisecolare, Ipazia,a causa della sua filosofia pagana e per lecircostanze della sua morte, sia stata ca-ratterizzata da qualche autore come laprima strega ad essere giustiziata dallau-torit cristiana12.

    Vi dunque unIpazia che rimbalza ditesto in testo, che anche un continuo rim-balzare depoca in epoca e di memoria inmemoria, di cronaca in cronaca, dimma-gine in immagine e che si moltiplica allin-finito: unIpazia segreta e unIpazia nota,unIpazia che si dilata in altre Ipazie, Ipa-zie oscure e Ipazie ermetiche, Ipazie mo-mentaneamente rischiarate che ritornanooscure. E quello che qui si cercato di darenon che un semplice assaggio delle sueinnumerevoli trasfigurazioni.

    Per fortuna a ristabilire un netto con-fine tra la realt storicamente accertabile

    e le manipolazioni, stru-mentalizzazioni e finan-che rimozioni che vi sisono cos spesso deposi-tate giunto il saggio diSilvia Ronchey, Ipazia. Lavera storia. Uno tra i moltigrandi meriti del librodella Ronchey, che gi di-versi anni fa si era occu-pata di Ipazia13, quellodi scavare a fondo nellastoria delle fonti insiemea una ricca ricognizione

    delle sue interpretazioni, laltro pregio lasua vampa ermeneutica, di grande inte-resse, per la comprensione delle radici cul-turali dellesoterismo occidentale.

    Come dimostrano le lettere del suo al-lievo Sinesio, ad Ipazia e ad altri, leroinaalessandrina guid per tutta la sua vita uncircolo di iniziati ai quali dispens i mi-steri della filosofia. Ipazia insegn a Sine-sio che la filosofia uno stile di vita, unacostante, religiosa e disciplinata ricercadella verit.

    Lacredine di Miska Ruggeri, brillantepenna della redazione culturale di Libero,verso Ipazia e lesoterismo incomprensi-bile, se non per il coraggio di Silvia Ron-chey di dire a voce forte lindicibile e dirivelare a chiare lettere linviolabile.

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    Rachel Weisz interpreta Ipazia di Alessandria in Agora (2009).

    12 Nel 1843 i tedeschi Wilhelm G. Soldan e Heinrich Heppe nella loro autorevole storia deiprocessi per stregoneria (Geschichte der Hexenprozesse) sostennero questa tesi.13 Ronchey 1994 e 1995.

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  • Secondo Ruggeri lesoterismo di Ipazia roba connessa con il sacro, la conoscenzadel divino, locculto [sic], laTradizione, senza dubbioimportante, come tiene asottolineare la Ronchey, perla linea sotterranea del pla-tonismo che, attraverso ilmillennio bizantino, arri-ver al nostro Umanesimoe Rinascimento, ma comun-que roba che ci porta millemiglia lontano dallidealiz-zata figura del Galileo ingonnella14. del tuttoinutile insistere su questaimmagine popolare e sullamentalit essenzialmenteprofana da cui procede unsiffatto giudizio sullesote-rismo e il sacro. Lignoranzadella vera natura dellesote-rismo che non roba, unqualche strambo, generalissimo oggettofantasioso dinciampo alla vita ordinaria produce rappresentazioni che sono sempredi per s erronee quando si pretende di ap-plicarle a un dominio che di per s supe-riore. Per anni e anni non sono mai riuscitoa capire lo spregio con cui Gunon tenevain conto listruzione scolastica e la cultura.Grazie a Miska Ruggeri ora sono riuscito acapire cosa voleva dire il pensatore di Bloisquando scriveva in Considerazioni sulla viainiziatica: colui che legge tali libri al modostesso della gente colta o anche colui che

    li studia al modo stesso degli eruditi, esecondo i metodi profani, non sar per tal

    motivo pi vicino alla vera cono-scenza, poich vi porta disposi-zioni che non gli permettono dipenetrarne il senso reale, n diassimilarlo a un qualsiasi grado.Diverso sar il caso di chi, pren-dendo questo libro come appog-gio, ne sapr fare luso a cui essenzialmente destinato. Giac-ch conta soltanto la penetra-zione dello spirito [...] poichogni conoscenza essenzial-mente identificazione.

    Meglio sarebbe stato lasciarea cimentarsi nel vano tentativo dismitizzare Ipazia, casomai, i suc-cessori dei suoi assassini e delloro mandante, Cirillo, che stato anche insignito del titolo disanto e dottore della Chiesa,

    e, come tale, celebrato da Bene-detto XVI qualche anno fa. Il Papa, nel suodiscorso commemorativo, dichiar che Ci-rillo govern la Chiesa di Alessandria congrande energia per trentadue anni. Sulfatto che fosse un vescovo energico nonci sono dubbi; peccato, per, che il Ponte-fice abbia omesso di menzionare le conse-guenze della sua esuberanza e del suofervore, fra le quali si annoverano lespul-sione da Alessandria della comunitebraica e, per lappunto, il brutale assassi-nio di Ipazia. Non giunge perci inaspet-tata, da parte dellala pi intransigente e

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    Raffaello Sanzio, parti-colare de La scuola di

    Atene (1508-1511), affre-sco, Stanza della Segna-

    tura, Musei Vaticani. Il personaggio impro-babilmente identificato

    con Ipazia.

    14 Ruggeri 2010.

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  • settaria del cattolicesimo, lirrisione a unfatto oscuro e marginale della storia, rie-sumato di tanto in tanto comemacchina da guerra da il-luministi, atei, agnostici,teosofi, massoni e perchno? giudei (per non parlaredegli antichi ariani e nesto-riani che denigrano il buonCirillo)15. I reali nipotini delSimonini inventato da Ecodanno il meglio di s con laripresa e la deferente rispol-veratura di talune delle re-pellenti valutazioni dimonsignor Umberto Beni-gni, lantisemita perfetto,curatore nel 1921 di unedi-zione dei Protocolli dei Savianziani di Sion:

    certo che la sua casaera il centro non solo e nontanto di unaccademia neo-platonica, quanto di unvero partito di ellenismo po-litico-sociale attivamente anticristiano. Ilpopolo cristiano di Alessandria non si in-gann quando nella sinagoga e nella casadIpazia sent due centri di lotta anticri-stiana, probabilmente alleati nella praticadellodio comune. Se dunque a deplorarsiogni eccesso in genere e la tragica finedIpazia in ispecie, lo storico non pu nonconstatare che simili eccessi furono la crisinaturale di uno stato intollerabile di cose.

    La sinagoga, lellenismo pagano, la prefet-tura venale e partigiana, erano tre piaghe dicui Alessandria soffriva sempre pi senza

    vedere il come liberarsene pa-cificamente e legalmente. Inuguali circostanze ogni tempoed ogni luogo ha visto unoscoppio di furore del popoloche tenta curarsi da s colferro e col fuoco.16

    Non si mai dato, senon nella storia degli ultimidue millenni del mondo, lanecessit di distruggere gliuomini e le loro opere, per-ch professano unopinionediversa. Tuttal pi tra gliantichi una diversa reli-gione poteva suscitare ila-rit o disprezzo. Ma, comedice Gore Vidal in Giuliano(1962): gli adoratori deltoro non hanno mai cercatodi uccidere gli adoratori delserpente, n di convertirli

    dal serpente al toro con laforza. Nessun flagello ha mai colpito ilmondo con la stessa violenza e con le stesseproporzioni come il cristianesimo17. Resiindecifrabili, mutilati, distrutti, se la me-moria ne fu conservata, perch un giornouna qualche consapevolezza di vita nefosse richiamata, stata la scommessa dichi fu ed soltanto intollerante verso lin-tolleranza.

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    Ritratto immaginario di Ipa-zia, in Elbert Hubbard, Hypa-

    tia, in Little Journeys to theHomes of Great Teachers, The

    Roycrofters, East Aurora; NewYork, 1908, p. 78.

    15 Vedi Ricossa 2010.16 Benigni 1912: 408, cit. in Ricossa 2010: 40.17 Vidal 2003: 171.

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  • Quella di Silvia Ronchey non certo unariscoperta in chiave neoilluminista di unaferita della civilt cri-stiana, di cui peraltrod conto. La nozionepi significativa cuirende giustizia lap-partenenza di Ipaziaalla Tradizione, da in-terpretarsi in sensoproprio come Sa-pienza trasmessa inun percorso carsicoda una sorta di pro-massoneria, ma insenso pi lato anchecome concetto identificativo di quelle cor-renti che pongono il Sacro come loro cen-tro vitale e sentono la conservazione, ladifesa e la valorizzazione dellantico, eancor pi della prisca theologia, come undovere imprescindibile. Come dice lIpaziadi Agora: Non avere un centro mi spezza ilcuore.

    una filosofia che assolutamente di-sturbante per chi desidera imporre una ve-rit universale, perch, come insegnava lamatematica di Alessandria, c un ideale diricerca che preferibile allo stesso pos-sesso della Verit e che sempre un in-quieto punto di partenza. La torma diassassini di Ipazia, i parabalani (che avevanopreso il loro nome dai gladiatori che af-frontavano le fiere e disprezzavano lamorte), sin dal loro nome, fanno venire inmente i talebani che hanno distrutto le sta-tue di Buddha nel Bamiyan o le infuocate eoceaniche radunate di fondamentalisti isla-mici che inneggiano alla loro guida spiri-tuale dopo un invito alla guerra santa, ma

    anche la tipica folla presente ai raduni gui-dati da qualche telepredicatore evangelico

    statunitense. C un progettare,

    che una possibilit dicostruzione con solle-citudine, umilt, atten-zione, cura affettuosa edesiderio ardente, untrepido accompagna-mento nello sviluppodella propria opera percondurla verso la ma-nifestazione vivente.In questo cuore, tro-

    viamo tutti gli ingre-dienti del creare, e del creare artistico eletterario della nostra cultura. Negli stessigiorni in cui lAutrice si accingeva a scri-vere questo prezioso libro, perdeva suopadre, Alberto Ronchey, indimenticatogiornalista e uno dei migliori ministri per iBeni e le Attivit Culturali che ha avuto lanostra Repubblica. Limportante patrimo-nio librario paterno sarebbe stato smem-brato, se consegnato alla bibliotecaParlamento italiano. La Ronchey ha quindideciso di donarlo alluniversit della Re-pubblica di San Marino. Alla fine di ottobre2010, nella sede della biblioteca universita-ria sammarinese, lantico monastero diSanta Chiara, il fondo Ronchey stato pre-sentato: unampia stanza ospita ora la bi-blioteca ricostruita di Alberto Ronchey.

    Da esimia bizantinista quale , SilviaRonchey deve aver ricordato le parole delcardinale Bessarione quando nel 1468 fa-ceva dono della sua ricca biblioteca alla Re-pubblica di Venezia:

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    Rachel Weisz interpreta Ipazia di Alessandria in Agora (2009).

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  • Fin dalla pi tenera et mi adoperaisenza risparmiare fatiche, cura, impegno,per procurarmi libri in ogni genere di disci-pline; percinon solo netrascrissi iostesso moltida ragazzo eda giovi-netto, manellacqui-sto di librispesi quelpo di de-naro che laparca fruga-lit mi per-metteva di mettere da parte. Mi sembravainfatti di non potermi procurare cose pidegne ed egrege, n tesori pi utili e belli; ilibri sono pieni delle parole dei saggi, degliesempi degli antichi, dei costumi, delleleggi, della religione. Vivono, discorrono,parlano con noi, ci insegnano, ci ammae-strano, ci consolano, ci fanno presenti po-nendocele sotto gli occhi cose remotissimedalla nostra memoria. Tanto grande il loropotere, la loro dignit, la loro maest, e, in-fine, la loro santit che, se non ci fossero ilibri, noi saremmo tutti rozzi e ignoranti,senza alcun ricordo del passato, senza alcunesempio; non avremmo conoscenza alcunadelle cose umane e divine; la stessa urna cheaccoglie i corpi degli uomini, ne cancelle-rebbe anche la memoria. Ora, bench a tuttoquesto avessi sempre atteso con ogni impe-gno, dopo la rovina della Grecia e la lacri-mevole cattivit di Bisanzio, rivolsi qui tuttele mie forze, le cure, le attivit, le capacit,i beni. Avevo concepito infatti un timoregravissimo che, col resto, anche tanti libridi somma eccellenza, le fatiche e le veglie ditanti uomini sommi, e tanta luce di questomondo in breve tempo si trovassero in peri-

    colo e perissero [...]. Daltra parte, ripen-sando spesso a queste cose, mi sembrava diaver soddisfatto ben poco alla mia esigenza,

    se non avessi fatto inmodo, in paritempo, che queilibri, riuniti contanto amore e tantafatica, venissero col-locati, me vivo, inmodo che non po-tessero andar di-spersi o alienatidopo la mia morte,ma venissero con-servati in un luogo

    insieme sicuro ed age-vole per la comune utilit cos dei Grecicome dei Latini. Pensando io a tutto questo,e considerando nellanimo molte citt ita-liane, alla fine solo la vostra inclita e gran-dissima citt fu quella in cui le miepreoccupazioni trovarono soddisfazione daogni punto di vista.

    Nello stesso tempo, come metafisica-mente chiamata ad altre forme di realizza-zione, la Ronchey scandagliava per ogniparte il terreno che si accingeva a disso-dare, risalendo di memoria in memoria, colpasso e la leggerezza che ne d la sua rie-vocazione, la fortuna storico-letteraria diIpazia e gli incrementi progressivi delle suemutevoli fisionomie, additivi che ne hannoincrostato la reale sostanza, licenze poeti-che incluse. Offrendoci cos la storia di unacalamit da compiangere, di un errore daevitare, di virt da rispettare e di unagrande anima degna di essere liberata dal-linsabbiamento e dallincomprensione. davvero, in modo bessarioneo, un libro chevive e discorre, ci parla e ci insegna, sotto-

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  • ponendoci un remoto episodio miscono-sciuto e misdocumentato18. Con la spe-ranza, sostenuta anche dalle numeroseristampe del libro, che anche nei lettorimeno sottili e avveduti si insinui e parte-cipi quella Sapienza che dettano le Muse ela Storia. unopera esauriente, un libroche rester per molti anni una pietra mi-

    liare e una fonte preziosa negli studi su Ipa-zia, una vicenda di religione e potere, daleggere, da studiare e da meditare. Una sto-ria, ad onta di tutte le opinioni contrarie,non ancora conclusa e che, bench anco-rata al passato, resta una vicenda della con-temporaneit che ancora profondamentescuote.

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    18 Valga per tutti un piccolo esempio. Il poco fotogenico cruento scorticamento di Ipaziaviene sostituito da Amenbar con una lapidazione, che chiaramente un omaggio alla cronacacontemporanea. Nel dubbio tra le diverse fonti, in Azazel Ipazia scorticata da lastre dellaccioto-lato e da conchiglie (Ziedan 2010: 164-165). Ronchey 2010: 283, nella sua documentazione ragionata,chiarisce che il termine ostraka significa cocci affilati e non gusci di conchiglie.

    RRiiffeerriimmeennttii bbiibblliiooggrraaffiiccii

    AA. VV. (2000) Iniziazione femminile e massoneria: saggi sullesoterismo massonico / presenta-zione di Anna Maria Isastia, M.I.R. Edizioni, Montespertoli.

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    Benigni, U. (1912) Storia sociale della Chiesa: Vol. II (da Costantino alla caduta dellimpero ro-mano), tomo I, F. Vallardi (Stab. Riuniti Darti Grafiche), Milano, pp. 406-408.

    Bonvecchio, C. (2007) Esoterismo e massoneria, Mimesis, Milano.Caracciolo, S. (2004) Liniziazione femminile in Massoneria: il problema dei problemi / prefazione

    di Angela Curti, Libreria Chiari - FirenzeLibri, Firenze.Consolato, S. (2010) Il ritorno della Vergine Sapiente, in La Cittadella. Quaderni di studi

    storici e tradizionali romano-italici, Anno X, n. s. n 38-39, MMDCCLXIII a.U.c. (aprile-giu-gno/luglio settembre 2010 e.v.), pp. 45-48.

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    Marchese, G. (2006) Leggere Hugo Pratt: lautore di Corto Maltese tra fumetto e letteratura; pre-fazione di Giulio C. Cuccolini, Tunue, Latina.

    Pascal, C. (1908), Ipazia, in Figure e caratteri: Lucrezio LEcclesiaste Seneca Ipazia Gio-su Carducci Giuseppe Garibaldi, Remo Sandron Editore, Milano-Palermo-Napoli, pp. 141-196.

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    23 Guanti bianchi per Ipazia, M. Neri

    Pratt, H. (2000) Favola di Venezia, Lizard, Roma; prima pubblicazione italiana: a puntate inLEuropeo, dal n. 21/22 del 3 giugno 1977 al n. 51 del 23 dicembre 1977; in volume, Favoladi Venezia, Rizzoli-Milano Libri, Milano, 1979.

    Ricossa, don F. (2010) Il mito di Ipazia, in Sodalitium 64, a. XXVI n. 3 - Maggio 2010, pp.36-40.

    Ronchey, S. (1994) Ipazia, lintellettuale, in AA. VV., Roma al femminile; a cura di AugustoFraschetti, Laterza, Roma-Bari, pp. 213-258.

    Ronchey, S. (1995) Filosofa e martire: Ipazia tra storia della chiesa e femminismo, in AA.VV., Vicende e figure femminili in Grecia e a Roma / Atti del Convegno di Pesaro, 28-30 aprile 1994;a cura di Renato Raffaelli, Commissione per le Pari Opportunit tra uomo e donna della Re-gione Marche, Ancona, pp. 449-465.

    Ronchey, S. (2010) Ipazia. La vera storia, Rizzoli, Milano.Ruggeri, M. (2010) Tanto rumore e lotte ideologiche per una prof di matematica. La bella

    alessandrina, fatta a pezzi e bruciata dai seguaci del vescovo Cirillo, scrisse solo com-menti a opere tecniche. La sua fama postuma tutto merito della fine tragica, in Li-bero, mercoled 17 novembre 2010, p. 40.

    Vidal, G. (2003) Giuliano; postfazione di Domenico De Masi; traduzione di Chiara Vatteroni, FaziEditore, Roma.

    Vigni, F. e P. D. (1997) Donna e massoneria in Italia: dalle origini ad oggi, Bastogi, Foggia.Toland J. (1720) Hypatia or the History of a most beautiful, most virtuous, most learned

    and every way accomplishd Lady, who was torn to pieces by the Clergy of Alexandria togratify the pride, emulation and cruelty of the Archbishop commonly but undeservedlystild Saint Cyril, in Tetradymus, containing III., J. Brotherton and W. Meadows, Lon-don, pp. 101-136; trad. it. Ipazia, donna colta e bellissima fatta a pezzi dal clero; a cura di Fe-derica Turriziani Colonna, Editrice Clinamen, Firenze, 2010.

    Ziedan Y. (2010) Azazel, traduzione dallarabo di Lorenzo Declich e Daniele Mascitelli, NeriPozza Editore, Vicenza.

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  • Fornitore delGrande Oriente ditalia

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  • II mmaassssoonnii:: ddaa rreeii ddii SSttaattoo aa lleeggiissllaattoorrii..LLee lleeggggii ppoosstt--uunniittaarriiee ddeeggllii uuoommiinnii ddeellllaa MMaassssoonneerriiaa..

    di CCaarrlloo PPeettrroonneeAvvocato

    Italian Freemasons have been the main protagonists during the Risorgimento andmany of them payed with their own lives and martyrdom their patriotic faith for a freeand united Italy. Many patriots, who excelled in conspiracy and fighting, were fromOtranto. Gramsci said that Freemasonry was the only real and efficient party that themiddle class had since a long time. The Author traces a history of the Risorgimentothroughout the lives of some important Brothers.

    1. I rei di Stato dagli anni della Restaura-zione allUnit dItalia

    QQQQuando i Borbone tornarono sultrono del Regno di Napoli, ilnuovo Re Ferdinando IV - dive-nuto Ferdinando I del Regno delle due Sici-

    lie (1816) - pose mano ad una severa atti-vit di repressione antimassonica e anti-carbonara1, affidata ad Antonio CapeceMinutolo, principe di Canosa2, neo ministrodi polizia.

    Dappertutto si cerc di reprimere col1/

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    1 Palumbo, P.F. (1968) Terra dOtranto nel Risorgimento, Lecce.2 Antonio Capece Minutolo nacque a Napoli nel 1768 nella nobile famiglia dei Capece Mi-nutolo, trascorse gran parte della giovinezza a Roma, dove studi filosofia presso i Gesuiti, poi giu-risprudenza, anche se abbandon presto la pratica legale. Gli studi romani lo mantennerorelativamente distaccato dalle teorie illuministiche e dal fermento che cominciava a manifestarsinel ceto nobiliare del Regno di Napoli. Fu tuttavia avvicinato da esponenti della Massoneria e in-vitato a unirsi alla setta, invito che rifiut, mentre prese sempre pi posizioni legittimiste e ri-spettose dei principi religiosi (secondo lespressione dellepoca, del trono e dellaltare). Allarrivodei Francesi nel Regno di Napoli il Canosa si un, finanziando la leva e larmamento di truppe, allaresistenza dei Lazzari allinvasore; propugn anche lantico diritto della citt di rappresentare il re,mentre il rappresentante nominato da Ferdinando, Francesco Pignatelli, conte di Laino, impose lalinea assolutista, che priva i sedili di rappresentativit. Napoli cadde per mano dei francesi e dei loro

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  • terrore lespandersi dei movimenti rivolu-zionari3. La ferocia della repressione anti-massonica e antiliberale specialmente nelRegno delle due Sicilie fatto noto e non si

    conta il numero dei Fratelli e dei Buoni Cu-gini suppliziati, incarcerati, impiccati.

    In proposito Pietro Colletta4 nella suacelebre Storia del Reame di Napoli dal 1734 al

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    partigiani giacobini, che aggredirono alle spalle i Lazzari mentre questi resistevano ferocementeai Francesi. Canosa venne arrestato, e scamp fortunosamente alla condanna a morte solo per labrevissima durata della Repubblica, schiacciata dalle insorgenze generalizzate in tutto il regno edallarmata sanfedista comandata dal cardinale Fabrizio Ruffo. Appena liberato fu per arrestatodalla Giunta di stato, inviata a Napoli per punire i repubblicani, che lo condann a cinque anni diprigione per il rifiuto di ubbidire a Pignatelli. Ironicamente, venne scarcerato solo grazie allam-nistia imposta da Napoleone nei patti della Pace di Firenze (1801). Il re al ritorno sul trono prov-vide subito a sciogliere i sedili, cio ad eliminare lultimo resto di rappresentativit dellaristocrazia.Al momento della seconda discesa francese, rimase al fianco del re fuggitivo e questi, colpito dallasua integrit, lo incaric della difesa degli ultimi lembi del territorio ancora in suo possesso, le isoledi Ponza, Ventotene e Capri, piccolissime isole, vicinissime al nemico e mal munite di uomini e dimezzi; nonostante la perdita di Capri, conquistata da Gioacchino Murat con enormi sforzi, per mo-tivi di prestigio, riusc a mantenersi nelle altre isole e ad arrecare continui fastidi ai Francesi rive-landosi buon guerrigliero. Alla fine del decennio francese, nel 1815, quando Ferdinando ritorn sultrono, venne invitato a far parte del governo. Canosa, nominato ministro della polizia, si scontrduramente con Luigi de Medici, principe di Ottaviano, capo di gabinetto. Nulla avevano in comune,Canosa difensore senza sconti dellancien rgime, Medici maestro nel rimanere a galla con tutti i re-gimi avvicendatisi in Napoli, apprezzato nelle corti estere, colluso con i Carbonari. Canosa cerc diopporsi alle correnti sovversive clandestine pi facendo opera di propaganda che con una dura re-pressione, che, intu, non serviva altro che la causa dei congiurati. Ciononostante lo stesso annodella nomina a capo della polizia, costitu la societ segreta legittimista e reazionaria dei Calde-rari, con lintento di porla in opposizione ai movimenti carbonari filo-francesi. Ma la sua campa-gna di reazione e discredito ebbe scarso successo. Infine gli scontri con Medici e la volont di trovaredei compromessi portarono al sollevamento di Canosa dallincarico. Nonostante le avvisaglie dellarivoluzione del 1820, il re venne colto impreparato e dovette piegarsi alle richieste dei Carbonari,salvo poi ritornare con un esercito austriaco che impose un vero stato di polizia e un protettoratoaustriaco de facto. Richiamato al ministero (1821), Canosa, che non riusc ad adattarsi, venne dinuovo allontanato e lasci il regno in volontario esilio.3 Scrive il Palumbo, cit.: il decennio francese non era trascorso invano e ai Borbonici si op-ponevano nelle provincie Carbonari e massoni, ovunque si organizzavano patrioti Europei e Fila-delfi [] i patrioti Europei avevano nuclei in Lecce, Salice, Copertino, Noboli, Soleto, Campi, MartinaFranca, Taranto, Gallipoli. Squadriglie di Filadelfi si raccoglievano in Lecce, Veglie, San Cesario, Le-quile,Cavallino, Soleto, Sternatia, Martiniano, Cursi, Nociglia, Vitigliano, Brindisi, San Vito, Tre-puzzi, Taranto. Cfr. Palumbo, P. (1911) Risorgimento Salentino (1799-1860), Lecce.4 Pietro Colletta (1775-1831) storico e generale, schieratosi con la Repubblica partenopea del99, fu condirettore del Monitore Napoletano, pag con 5 mesi di duro carcere borbonico i suoi idealilibertari.

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  • 1825, scriveva che non vi era giorno chenon si udisse la campana della giustizia eancora in sei lustri centomilanapoletani perirono di variamorte, tutti per causa di pub-blica libert o di amore dItalia[].

    Negli ambienti polizieschidel Regno di Napoli venne co-stituita, in opposizione allaCarboneria, la Societ deiCalderai5, di carattere reazio-nario e sanfedista6, con sim-

    bolo la caldaia, sotto cui brucia e si con-suma il carbone: ogni Calderaio doveva

    contare al suo attivo lassassi-nio, per lo meno, di tre Car-bonari7. Nel 1816 il principedi Canosa, considerato unmistico della reazione se neserv per rendere pi com-pleto lo spurgo dei settari.Ma i reclami provenienti daogni parte obbligarono ReFerdinando il 27 Giugno del1816 a licenziare il Canosa e

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    5 Nel corso della Restaurazione i governi adottarono come strategia di lotta alla Carbone-ria e ad analoghe associazioni segrete sovversive, la costituzione di medesimi gruppi settari che siripromettevano intenti antitetici a quelli dei gruppi contro i quali combattevano. La societ deiCalderari, definita anche del contrappeso, perch la loro attivit era contrapposta a quella dei Car-bonari, conosciuta come societ reazionaria, che persegu una politica finalizzata al controllo delterritorio. Fu istituita nel 1816 per volere di Antonio Capece Minutolo. 6 I Sanfedisti erano i componenti di un movimento popolare antirepubblicano, il Sanfedi-smo appunto, che nel 1799 coinvolse le masse contadine e gli esponenti principali del brigantag-gio contro la Repubblica Partenopea; il movimento si organizz attorno al cardinale Fabrizio DionigiRuffo col nome di Esercito della Santa Fede in Nostro Signore Ges Cristo. Cfr. Cuoco, V. (1999) Sag-gio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, rist. Milano; Croce, B. (1912) La rivoluzione napoletanadel 1799. Biografie, racconti e ricerche, Bari; Id., Aneddoti di varia letteratura, II ed., Bari 1953; Dumas, A.(2004) Il Corricolo, Napoli; Forgione, M. (1991) I Dieci anni che sconvolsero Napoli, Napoli; Id., EleonoraPimentel Fonseca, Roma 1999; Id., Luisa Sanfelice, Roma 1999; Saliani, G. (1998) Relazione intorno alla Cittdi Modugno ed alla vita dellArciprete Giambattista Stella, in R. Macina, Viaggio nel Settecento, Modugno;Saliani, G. (1899) Cronaca dei fatti avvenuti in Modugno nel 1799, in V. Faenza, La vita di un comune dallafondazione del Vicereame Spagnuolo alla Rivoluzione francese del 1789, Trani; Striano, E. (1986) Il resto diniente. Storia di Eleonora de Fonseca Pimentel e della rivoluzione napoletana del 1799, Napoli. 7 Il nome Carboneria derivava dal fatto che i settari dellorganizzazione avevano tratto illoro simbolismo ed i loro rituali dal mestiere dei carbonai, ovvero coloro che preparavano il car-bone e lo vendevano al minuto. Come in ogni societ segreta, chi si iscriveva alla Carboneria nonne doveva conoscere tutte le finalit fin dal momento della sua adesione: gli adepti erano infatti ini-zialmente chiamati apprendisti e solo in seguito diventavano maestri e dovevano impegnarsia mantenere il pi assoluto riserbo, pena la morte. Lorganizzazione, di tipo gerarchico, era moltorigida: i nuclei locali, detti baracche, erano inseriti in agglomerati pi grandi, detti vendite,che a loro volta dipendevano dalle vendite madri e dalle alte vendite. Anche le sedi avevano na-turalmente dei nomi in codice: ad esempio, una di quelle oggi pi note Villa Saffi, alle porte di

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  • tre mesi dopo a proscrivere i Calderari. Lacrisi del potere politico e le reciproche ven-dette di fazione tra CarbonariDecisi e Calderari, ebberouna notevole ripercussionesullordine pubblico inquanto si formarono bande disvariata provenienza8: si trat-tava di un brigantaggio orga-nizzato localmente in cui odiie vendette si rimescolavano.Per porre rimedio nelle citte nelle campagne agli eccessideterminati dai briganti il Go-verno fece ricorso a misureestreme attraverso una ser-rata azione militare tesa allaepurazione violenta delle sette.

    Represso il brigantaggio, la Carboneria,ramificatasi anche nel Mezzogiorno, as-

    sunse la direzione del moto co-stituzionale e rivoluzionario.

    Il 1 luglio 1820, guidatadai due ufficiali dellesercitoborbonico Michele Morelli eGiuseppe Silvati, part daNola la rivolta che, con la sol-levazione di Napoli capeg-giata dal generale e anticomassone Guglielmo Pepe9,avrebbe costretto FerdinandoI, il 13 luglio, a concedere unacostituzione liberale al Regnodelle due Sicilie sulla falsariga

    di quella concessa in Spagnada Ferdinando VII dopo la ribellione di Ca-

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    Forl, indicata collesoterico nome di Vendita dellAmaranto. Poco altro si conosce con certezza, eil fatto che gli storici non abbiano una pi circostanziata cognizione delle varie organizzazioni set-tarie dipende, ovviamente, dalla necessit per gli adepti di mantenere il pi stretto riserbo, di nonaffidare a scritti o documenti le tracce di unattivit che, se scoperta dalla polizia, poteva portarein carcere o al patibolo.8 Scrive Palumbo, op. cit., p. 146: per tre anni non vi fu angolo di Terra dOtranto che nonfossi diventato angolo di assassini e ruberie.9 Guglielmo Pepe fu un Patriota generale italiano nellesercito del Regno delle Due Sicilie,sposato con Marianna Coventry (Scozia-Taranto, 9 marzo 1865) e fratello di Florestano Pepe. En-trato nellesercito, in giovane et nella Scuola Militare Nunziatella, nel 1799 accorse a Napoli a di-fesa della Repubblica Partenopea. Subendo la sconfitta contro le truppe borboniche del cardinalRuffo, venne catturato ed esiliato in Francia dove entr nellesercito di Napoleone distinguendosiin molte battaglie, sia al servizio di Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, che di Gioacchino Murat.Prese parte alla rivoluzione napoletana del 1820, e fu sconfitto ad Antrodoco (allora appartenentealla provincia di LAquila oggi provincia di Rieti) dagli Austriaci del generale Johann Maria PhilippFrimont in quella che ricordata come la prima battaglia del Risorgimento (7 marzo 1821). Poi co-mand il corpo spedito da Ferdinando II contro gli Austriaci nel 1848, impegnandosi nella difesa diVenezia affidatagli da Daniele Manin nel 1848 e 1849. Nuovamente sconfitto ed esiliato emigr a Pa-rigi quindi rientr in Italia passando i suoi ultimi giorni a Torino. Fu una delle pi nobili figuredel Risorgimento italiano, celebre anche perch non solo si impegn nei movimenti repubblicani,ma anche scrisse numerosi libri per raccontare gli eventi ed esortare ad una lotta partigiana perlItalia.

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  • dice. Come noto, assai breve fu il periodocostituzionale10.

    Lo spergiuro Borbone,chiam gli Austriaci a ripri-stinare lordine con lar-mata guidata dal generaleFrimont cui invano il gene-rale Guglielmo Pepe si op-pose nella battaglia diAntrodoco del 7 marzo del1821 (la prima battaglia delRisorgimento). A prepararealla guerra lesercito e le pro-vince concorsero molti uo-

    mini di Terra dOtranto tra cui primeggiala figura di Liborio Romano11, che partecip

    ai moti antiborbonici del 1820.Ci gli caus la sospensionedallinsegnamento universita-rio fino al confino, lesilio, lapersecuzione politica e larre-sto nelle infernali galere bor-boniche.

    Con decreto del 21 marzodel 1821 le sette segrete fu-rono poste fuorilegge e ai loridirigenti furono comminate

    pene severissime. Come nel

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    10 In quel breve lasso di tempo la Carboneria venne ad assumere un ruolo quasi ufficiale;vennero aperte le vendite in tutti i comuni e divent quasi lorganizzazione garante della costi-tuzione. Ad esempio, nel luglio 1820, la Carboneria aquilana inviava allAlta Vendita di Napoli unpezzo di fornello con la richiesta di allontanamento dellintendente F. Guarini in quanto nocivoalla Societ, al buon ordine, al Costituzionale Governo.11 Liborio Romano, politico italiano (Pat, 27 ottobre 1793 Pat, 17 luglio 1867). Figlio pri-mogenito di una nobile e antica famiglia, ancor oggi uno dei personaggi pi discussi della storiadel Risorgimento italiano. Il dibattito concerne soprattutto le vicende che portarono le regioni me-ridionali dellItalia a passare dal Regno delle Due Sicilie al costituendo Regno dItalia sotto i realidi casa Savoia. Romano studi dapprima a Lecce e poi, giovanissimo, prese la laurea in giurispru-denza a Napoli e ottenne subito la cattedra di Diritto Civile e Commerciale allUniversit parteno-pea. Simpegn presto nella politica, frequentando ambienti carbonari e abbracci quindi gli idealidel Risorgimento italiano. Nel 1820 prese parte ai moti, per cui venne destituito dallinsegnamento,imprigionato per un breve tempo e poi inviato prima al confino e poi in esilio allestero.Nel 1848 torn a Napoli e partecip agli avvenimenti che condussero alla concessione della costi-tuzione da parte del re Ferdinando II di Borbone. Ma il 15 maggio 1848, dopo il sangue versato a Na-poli nei moti liberali che avevano risentito di una certa improvvisazione, Romano fu nuovamenteimprigionato. Egli chiese quindi al ministro di polizia la commutazione della pena della detenzionein quella dellesilio. La sua richiesta venne accolta. Romano dovette perci risiedere in Francia, aMontpellier e poi a Parigi, dal 4 febbraio 1852 al 25 giugno 1854. Nel 1860, mentre con limpresadei Mille si avviava la fine del regno delle Due Sicilie, Liborio Romano venne nominato dal re Fran-cesco II prefetto di polizia. Il 14 luglio 1860 Romano venne nominato ministro di polizia e, avendocapito in anticipo lineluttabilit della fine del regno, inizi a prendere contatti segreti con CamilloBenso conte di Cavour e con Giuseppe Garibaldi e a preparare il traghettamento del Mezzogiornodai Borbone ai Savoia. Erano giorni molto difficili, e fu proprio Romano a suggerire al re FrancescoII di Borbone di lasciare Napoli alla volta di Gaeta senza opporre resistenza, cos da evitare som-

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  • 1799, furono create giunte speciali perlesame della condotta degli impiegati, deipensionati e degli ecclesiastici.Per dieci anni la lotta controla Carboneria fu condottacon ogni mezzo: dinanzi aiprocessi, alle condanne, allepene corporali e ai dileggidella polizia iniziava lesododei liberali. Gugliemo e Ga-briele Pepe, Pietro Colletta,Domenico Nicolai, Gui-gliemo Paladino, LorenzoDei Concilii, Pasquale Bor-relli, furono costretti ad ab-bandonare la patria. In terradOtranto 33 ufficiali e 131impiegati furono destituiti.Tra questi Benedetto Manca-rella, giudice criminale, Francesco SaverioLala, contabile dei dazi, Raffaele e CesarePaladini, Paolino Vigneri, giudice di Campi.Nella epurazione furono coinvolti il fran-cavillese Antonio Forleo, letterato e gior-

    nalista e Oronzo Gabriele Costa, illustre na-turalista di Alessano.

    La morte improvvisa di Fer-dinando I il 4 gennaio del1825 e una maggiore fiac-chezza del Re Francescocoincise con il rifiorire dellesette.

    Il cessare delloccupa-zione austriaca nel febbraiodel 1828 fu accolto dalle po-polazioni, e in particolaredai liberali superstiti, congioia, mentre voci di nuovimoti si diffondevano.

    Aldo Mola12 ha osservatoche in quegli anni vi fu unsusseguirsi di numerosi ten-

    tativi insurrezionali nel Regnodelle due Sicilie e relative feroci repres-sioni, come ad esempio linsurrezione delCilento, nel giugno del 1828.

    Lascesa al trono di Ferdinando II nel1830 determin la concessione di amnistia

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    mosse e inutili perdite di vite umane. Secondo una versione dei fatti, grazie al suo impegno non cifurono problemi di ordine pubblico e Giuseppe Garibaldi pot giungere in treno a Napoli. Ma nonfu accolto dal popolo festante. In realt recenti studi o comunque studi finora tenuti nascosti hannodimostrato come Don Liborio non fosse altro che un camorrista al quale Garibaldi si affid e gliconfer il Ministero deglinterni nel provvisorio regno di Napoli perch aveva bisogno della in-fluenza che lui riusciva ad avere sul popolo. Non vero neanche che Don Liborio evit morti inu-tili anzi grazie al suo lavoro di fiancheggiatore permise ai garibaldini lingresso nel Regno di Napolie di conseguenza diede il suo contributo allo sterminio di migliaia di napoletani che persero la vita,lorgoglio e la dignit in quei tragici giorni delloccupazione e annessione dello Stato napoletano aquello sabaudo. Nel gennaio 1861 si tennero le prime elezioni politiche dellappena costituito RegnodItalia, e Liborio Romano venne eletto deputato, vincendo in ben 8 circoscrizioni. La sua espe-rienza parlamentare ebbe fine il 25 luglio 1865 e Romano si ritir nella sua terra dorigine ove ri-mase fino alla morte, avvenuta il 17 luglio 1867 nella natia Pat.12 Vd. la prefazione in Statuti generali dei Liberi Muratori, Bastogi, 1986.

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  • e indulto per i condannati politici. Ne con-segu vasta popolarit che gli fu decretataanche in terra dOtranto da figure qualiFrancesco Trinchera13 di Ostuni e Bona-ventura Forleo. A Napoli si radun, cos, lamigliore giovent salentina a seguire gli

    studi di legge, di filosofia, di medicina: Gio-acchino e Salvatore Stampacchia, France-sco Trinchera, Salvatore Morelli14,Giuseppe Libertini15, Beniamino Rossi cherifulgeranno negli anni della cospirazione edella lotta; i leccesi Vincenzo Cepolla, For-

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    13 Francesco Trinchera nacque a Ostuni il 19 gennaio 1810; trascorse la maggior parte dellavita a Napoli o in esilio dopo il 48. Destinato al sacerdozio, dopo aver conseguito il diploma nel se-minario di Brindisi si dedic allo studio della letteratura e della retorica. Collaboratore di giornaliNapoletani approfond particolarmente gli studi di Legge ed Economia. Lasciato il sacerdozio, Trin-chera partecip alle manifestazioni liberali. Arrestato e poi esiliato Trinchera si rec a Torino dovevisse fino al 1859 ottenendo nel marzo del 1860 lincarico dellinsegnamento di Economia PoliticaallUniversit di Modena per tornare a Napoli alla soprintendenza e poi alla direzione dellArchi-vio di Stato. Nel 1874 dopo alcuni mesi di malattia si spense a Napoli lundici maggio.14 Salvatore Morelli (Carovigno, 1 maggio 1824 Pozzuoli, 22 ottobre 1880) fu scrittore, gior-nalista e politico italiano. Scont dieci anni di carcere per aver bruciato limmagine di FerdinandoII nella piazza della citt natale, nel 1848. Nel 1851, accusato di cospirazione, venne tradotto nel ca-stello di Ischia, prigione per i detenuti politici, dove sub una falsa fucilazione, venne torturato evide i suoi libri bruciati. Termin il primo lungo periodo di prigionia sullisola di Ventotene. In-viato a Lecce nel 1858 a soggiorno obbligato, nel gennaio 1860 fu di nuovo imprigionato per alcunimesi, avendo rifiutato un incontro con Francesco II. Uscito dal carcere al crollo del regime borbo-nico, fond a Lecce, alla fine del 1860, la rivista mazziniana, ispirata alla figura di Garibaldi, Il Dit-tatore. Nel 1861 pubblic a Napoli la sua opera pi importante, seconda edizione nel 1862, terzaedizione nel 1869 dal titolo definitivo, La donna e la scienza o la soluzione del problema sociale, antici-patrice dellemancipazione femminile, otto anni prima del libro di John Stuart Mill La servit delledonne. Fu deputato per quattro legislature, dal 1867 al 1880. Nel 1867 present, primo in Europa, unprogetto di legge per la parit della donna con luomo, forte risposta al Codice Civile italiano del1865, che sottometteva la donna allautorizzazione maritale, facendone una minorenne a vita. Neglianni 1874-1875 propose un nuovo Diritto di Famiglia, che prevedeva leguaglianza dei coniugi nelmatrimonio, il doppio cognome, i diritti anche dei figli illegittimi e il divorzio. Nel 1875 presentcon un apposito disegno di Legge la richiesta del Diritto di Voto per le donne. Nel 1877 il Parla-mento italiano approv il progetto di legge Morelli per riconoscere alle donne il diritto di esseretestimoni negli atti del Codice Civile, come i testamenti, importante progresso per i risvolti eco-nomici e per un principio di capacit giuridica delle donne. Propose unistruzione moderna, gra-tuita e obbligatoria per tutti, tutel i deboli, costru opere pubbliche.15 Giuseppe Libertini (Lecce, 2 aprile 1823 28 agosto 1874), iscritto alla Giovine Italia e se-guace di Mazzini, partecip ai moti del 1848, organizzando il comitato di Terra dOtranto assiemea Benvenuto Mazzarella. Questorgano doveva accentrare la responsabilit di gestire gli eventi ri-voluzionari nella penisola salentina e in primo luogo nella citt di Lecce, radunando al suo internotutte le principali personalit liberali del tempo. Con il colpo di Stato di Ferdinando II, che revocava

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  • tunato Gallucci, Vincenzo Abati, MichelePiccinni, Gaetano Madaro e per pochigiorni il giovanissimo Duca di Cavallino, Si-gismondo Castromediano16.

    La parentesi benevola di questo nuovo

    regno cess con la morte di Maria Cristinae con le nuove nozze di Ferdinando II conMaria Teresa dAustria. La polizia si mosse,fu scoperta in Taranto la Federazionedella Giovine Italia perseguitata e con-

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    la costituzione concessa mesi prima, gli eventi precipitarono e Libertini si trov dinanzi alla sceltaobbligata di sciogliere il comitato e darsi allesilio. Nei primi anni Cinquanta dellOttocento si chiu-devano infatti i processi relativi ai fatti e agli sconvolgimenti di quegli anni, dai quali Libertini edi suoi principali collaboratori uscirono con gravi condanne detentive. Libertini ripar dunque aCorf e di l a Londra. Nel frangente unitario, assieme agli altri repubblicani mazziniani egli dovetteaccodarsi alla soluzione monarchica, gi tracciata dalla Societ Nazionale e accettata dallo stessoGaribaldi. Dopo limpresa dei Mille si rec a Napoli e durante la Dittatura contribu ad alcune man-sioni di governo pur rifiutando per scrupolo morale le cariche pi importanti. Fu eletto al Parla-mento unitario nel 1861, salvo poi dimettersi dopo la Convenzione di Settembre (1866) quando fuben chiara la renitenza della monarchia e del governo della Destra storica a perseguire con ognimezzo lannessione di Roma alla nazione. In tale occasione ebbe a dire: Monarchico colla Monar-chia che muovesse al Campidoglio, s. Monarchico colla Monarchia che penitente si prostra al Va-ticano, no. A partire dal 1864 si dedic alla costituzione e alla diffusione delle logge massonichein Terra dOtranto, col grado di Maestro Venerabile della loggia leccese Mario Pagano. Libertini,in questo modo, tese sempre pi a provincializzare la sua azione politica, tralasciando i grandi pro-getti di cospirazione e scatenando, per questo, i richiami di Mazzini che a lui si rifer in questi ter-mini: Ho io da scrivere Bruto, tu dormi per voi? Ad ogni modo, alla fine degli anni Sessanta,Libertini era riuscito nellobiettivo di provocare la costituzione di una rete articolata di logge mas-soniche in tutto il territorio salentino, tanto che nella pubblicistica locale si cominci sempre piconvintamente a parlare di Terzo partito repubblicano, dopo quello liberale moderato e quellodei neri, filoborbonico e clericale. A partire dal 1868 Libertini e i suoi incontrarono per la duris-sima opposizione del prefetto Antonio Winspeare, inviato in provincia proprio per abbattere la suainfluenza e il suo potere. Allinizio degli anni Settanta Libertini aveva ormai esaurito gran parte delsuo vigore politico e, con esso, anche le sue forze fisiche. Dopo la morte di Mazzini, si incup e sichiuse in un tenebroso silenzio che lo accompagn fino alla morte, giunta a soli 51 anni. Ebbelonore di funerali nei quali la citt di Lecce si strinse a lui in un poderoso corteo, che annoveravaanche coloro che erano stati tra i suoi pi tenaci e ostinati avversari politici.16 Sigismondo Castromediano nacque a Cavallino, in provincia di Lecce, il 20 gennaio 1811,dal duca di Morciano e marchese di Cavallino don Domenico e dalla marchesa donna Maria Bal-samo. Nel 1848 ricopr lincarico di segretario del Circolo Patriottico Salentino e ader alla GiovaneItalia di Giuseppe Mazzini per dieci giorni. Accusato di cospirazione contro la monarchia borbonicaper aver partecipato ad una sommossa a Lecce il 29 giugno, il 29 ottobre del medesimo anno fu in-carcerato con altri trentacinque imputati politici. Il 2 dicembre di due anni dopo fu condannato atrenta anni da scontare nelle galere di Procida, Montefusco, Montesarchio, Nisida e Ischia. Nel 1859Ferdinando II gli concesse lesilio negli Stati Uniti dAmerica, ma Castromediano emigr in Gran Bre-

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  • dannata davanti alla Gran Corte di Napoli.Furono vittime di persecuzioni poliziescheLiborio Romano, Nicola Migno-gna17 e altri liberali. Giocchino eSalvatore Stampacchia fonda-vano con i loro compagni dellaGiovine Italia lAccademia Sci-pione Ammirato. Il pi audaceemissario mazziniano era Epa-minonda Valentini, che si erastabilito a Gallipoli e di l coor-dinava le fila del movimento intutta la provincia. Mentre daNapoli gli corrispondeva Nicola

    Mignogna. La polizia vigilava allargando igi fitti elenchi degli attendibili.

    Promulgata la legge elet-torale il 29 febbraio del 1848,le elezioni furono indette peril 20 aprile dello stesso anno:doveva eleggersi un deputatoogni 45 abitanti, gli elettoridovevano possedere 24 ducatidi rendita e gli eligendi 250 (ildistacco di rendita accen-tuava il carattere aristocra-tico dellelettorato passivo).Furono eletti - in seconda

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    tagna e, pochi mesi dopo, si trasfer a Torino, dove divenne sostenitore dellannessione nel regnodi Vittorio Emanuele II. Nel 1861, dopo lunit dItalia, si candid nel collegio di Campi Salentina efu eletto alla Camera dei deputati, avendo accesso al primo Parlamento Italiano. Terminata la le-gislatura, fece ritorno nel suo paese natale. Eletto consigliere provinciale, si occup principalmentedellarricchimento della Biblioteca provinciale e istitu il Museo archeologico intitolato al suo nome.Raccolse in un libro, Carceri e galere politiche Memorie, le memorie della prigionia e cur una mo-nografia storica su Cavallino. Negli ultimi anni di vita, continu a svolgere lattivit di giudice con-ciliatore nella sua citt fino alla morte, il 26 agosto 1895.17 Nicola Cataldo Mignogna, dal 1836 fece parte della Giovane Italia di cui presiedeva il co-mitato napoletano. Molto amico di Luigi Settembrini, partecip a Napoli ai moti del 1848, fu pro-cessato e nel 1855 fu condannato allesilio perpetuo dal Regno delle Due Sicilie. Riparato a Genova,nel 1860 si arruol tra i Mille. Giuseppe Garibaldi lo defin uomo puro, tanto da nominarlo teso-riere della spedizione. A Palermo ricevette da Garibaldi lordine di partire per le regioni meridio-nali col compito di preparare il terreno. Mignogna partecip alla sollevazione della Basilicata. Poiaccompagn i Mille fino al Volturno e prese parte ai combattimenti con la 7 compagnia coman-data da Benedetto Cairoli. Nel 1860 fu nominato proto-dittatore della Basilicata insieme a GiacintoAlbini. Fu tra i pugliesi che contribuirono allUnit dItalia nel periodo risorgimentale. Nel 1862segu ancora Giuseppe Garibaldi in Aspromonte. Fece parte del Consiglio Comunale di Napoli, poirifiut la candidatura a deputato per le sue ristrettezze finanziarie. Fu sottoprefetto a Gallipoli (LE)e Sindaco di Taranto dal 1867 al 1869. Sotto la sua amministrazione furono abbattute lantica PortaLecce insieme alle antiche mura esistenti lungo quella che divenne corso Vittorio Emanuele, e fucompletata la costruzione del Palazzo di Citt, solennemente inaugurato nella prima domenica digiugno del 1869, nel giorno della ricorrenza della Festa dello Statuto. In quel periodo inoltre la cittconobbe un forte impulso verso le nuove costruzioni del Borgo Nuovo. Si mantenne fino allultimofedele ai suoi principi e, in