HIRAM-2005_01.pdf

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5/21/2018 HIRAM-2005_01.pdf-slidepdf.com http://slidepdf.com/reader/full/hiram-200501pdf 1/112 HIRAM Rivista del Grande Oriente d’Italia n. 1/2005 EDITORIALE 3 Tra Pessimismo Cosmico e Sconsiderato Ottimismo un Richiamo alla Forza delle Idee e della Ragione Gustavo Raffi 9 Miti e ideali Ernesto d’Ippolito 11 I misteri di Osiride Anna Maria Corradini 19 Simbologia delle colonne del Tempio di Salomone Dario Banaudi 29 Pratica Sufi e iniziazione occidentale, un binomio possibile Alberto Samonà ATTRAVERSO LA PSYCHE 35 Gli Archetipi e la tradizione ermetica Roberto Ortoleva 45 Il simbolo in Jung Salvina Artale 51 Jung, l’alchimia e oltre Maurizio Nicolosi 61 Carl Gustav Jung e la cultura religiosa dell’Oriente Daniele La Barbera 73 L’attività immaginativa: una finestra per l’Anima Ferdinando Testa 87 La psicanalisi di S. Freud Anna Maria Buonincontro e Francesco Sinatra SEGNALAZIONI EDITORIALI  93 RECENSIONI  106

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  • HIRAM

    Rivista del Grande Oriente dItalia

    n. 1/2005

    EDITORIALE

    3 Tra Pessimismo Cosmico e Sconsiderato Ottimismo un Richiamo alla Forza delleIdee e della Ragione

    Gustavo Raffi

    9 Miti e idealiErnesto dIppolito

    11 I misteri di OsirideAnna Maria Corradini

    19 Simbologia delle colonne del Tempio di SalomoneDario Banaudi

    29 Pratica Sufi e iniziazione occidentale, un binomio possibileAlberto Samon

    ATTRAVERSO LA PSYCHE

    35 Gli Archetipi e la tradizione ermeticaRoberto Ortoleva

    45 Il simbolo in JungSalvina Artale

    51 Jung, lalchimia e oltreMaurizio Nicolosi

    61 Carl Gustav Jung e la cultura religiosa dellOrienteDaniele La Barbera

    73 Lattivit immaginativa: una finestra per lAnimaFerdinando Testa

    87 La psicanalisi di S. FreudAnna Maria Buonincontro e Francesco Sinatra

    SEGNALAZIONI EDITORIALI 93 RECENSIONI 106

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  • EDITORIALE

    Tra Pessimismo Cosmico e Sconsiderato Ottimismoun Richiamo

    alla Forza delle Idee e della Ragione

    di Gustavo Raffi

    Gran Maestro del Grande Oriente dItalia

    The Grand Master of the Grand Orient of Italy, Gustavo Raffi, proposes some gene-ral considerations emerging from a deep reflection about the recent tragedyoccurred in South-East Asia; the Tsunami has presented us the most terrible faceof the Nature; in cases such these, we feel deeply depressed and a strong pessimisticwave seems to obscure our vision of the existence. But, if it is true that human suf -ferance, in particular when produced by natural disasters (but also for many otherreasons) cannot be completely avoided, as Freemasons we know that between anexalted optimism and a radical pessimism, there is another path, that of the initia-ted; through this way we should try to balance Consciousness and Reason: the Con -sciousness of our human limits and of the inavoidableness of individual sufferance,but also the Reason allowing us to avoid other disasters with the hope to be able ofbuilding up a better world, as our rituals remind us. This means that any actiondirected to improve a culture of prevention against natural disaster should be sup -ported, because it can signify the difference between life and death. The Grand Mas -ter has also underlined the direct engagement of the G.O.I. in favour of the GrandLodge of India, which is engaged in a strong action of support for the peoplesinjured by the Tsunami.

    sconsolanti e dolorose conclusioni di unodei pi grandi pensatori dell800 Europeo edel nostro Paese, Giacomo Leopardi. Lamanifestazione pi brutale della violenza,per cos dire matrigna e implacabile dellaNatura, sembra aver trovato in questa scia-gura una sua conclamata realizzazione, sen-za al momento lasciare spazio ad alcunaconsolazione oppure ad una qualche accet-tabile spiegazione del perch di tale dram-ma. Una sorta di cui prodest? non pu

    e recenti vicende occorse contutta la loro drammaticit nelsud-est asiatico ci hanno indotto

    ad una serie di riflessioni di ordine etico efilosofico, che ovviamente, crediamo, deb-bano trovare spazio e discussione anche nelcontesto intellettuale della nostra Obbe-dienza.

    Di fronte ad una catastrofe di portataeccezionalmente distruttiva quale quelladello Tsunami vengono, infatti, in mente le

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    infatti trovare alcuna risposta soddisfacen-te. N avrebbe senso, come nella dispera-zione spesso accade,chiedersi dove fos-se Dio. Noi nonabbiamo alcundiritto di interveni-re su questioni diordine teologico,ma la domanda,gi fatta nel casodi sciagure dettatedalla follia umana(dovera Dio adAuschwitz?), siripresenta in tuttala sua aporeticadrammaticit. IlGrande Architetto, qualunque sia la fedeprofessata dai nostri lettori, certamente nonera assente, ma la sua presenza andava for-se vista nella capacit di tutti coloro chehanno sofferto di restare esseri umani, dimantenere la forza di vivere e combattereper evitare in futuro il dolore attraverso ilquale erano (e sono) passati.

    Dal punto di vista della Natura, il casodello Tsunami rientra tra i fenomeni; mil-le o un milione di morti non fanno diff e r e n-za, in un universo dove si spengono interisistemi solari e dove anche le stelle muoio-no; ma dal nostro, per quanto piccolo, ango-lo di visuale, per il nostro essere nel e per ilmondo, che senso ha tutto questo? Bisognarassegnarsi, come le foglie autunnali suglialberi in attesa di cadere, oppure possiamo,interrogandoci nel profondo, trarre qualchelezione e soprattutto maturare una coscien-za che permetta di, perlomeno, limitare in

    futuro le conseguenze di questi, appunto,fenomeni. Ma non si vuole affatto saltare

    subito ad alcunaconclusione o pro-porre qualche for-muletta facile faci-le; bisogna ritorna-re ancora sul dram-ma in quanto tale esugli interrogativipi generali cheesso solleva allanostra coscienzacritica, cos come inostri riti ci fannosbattere la faccia (ela mente) di fronteagli archetipi pi

    tremendi e laceranti del nostro esserci. Per quanto luomo faccia e far, il diritto

    alla felicit resta un fine, un qualcosa versocui tendere ininterrottamente e senza limiti,ma pur sempre un tendere verso e non unpossedere definitivamente. La felicit nonpu essere posseduta, ma solo attraversata,provata, goduta quando ci vicina, perchla sua provvisoriet non dettata dal nostrovolere, ma si interseca con le cose del mon-do, con il volere ed il piacere degli altri, conla natura ed, anche, con il caso. Quale spie-gazione per la sorte di coloro che, un belmattino natalizio, sono andati in gita in bar-ca in un mare meraviglioso e non sono pitornati, quale spiegazione per coloro che,magari per un mal di testa, sono rimasti ina l b e rgo, e sono ancora vivi? Lasciamo daparte le possibili, quanto forse oziose, spe-culazioni sul destino, la sorte, gli angelicustodi e riflettiamo invece sul fatto che

  • 5 Tra Pessimismo Cosmico e Sconsiderato Ottimismo, G. Raffi

    come esseri di materia tendenziforme sca-gliati nelluniverso, come ci avrebbe defi-nito Ernst Bloch, noi viviamo e giochiamola nostra vita, scegliamo, talora subiamo,amiamo e soff r i a-mo, ma non sia-mo onnipotenti esoprattutto siamosempre accompa-gnati da sorellamorte; quasi unparadosso che ildono della vita ciappaia ancor pigrande, quandostiamo per perder-la o quando essasi spegne vicino anoi. Questa dolo-rosa verit implicamolte cose, che, per noi Massoni, hanno unsenso alquanto profondo. Conosciamo lamorte, o almeno ne abbiamo dovuto attra-versare un suo simulacro, e quindi siamocoscienti della nostra finitezza, perchabbiamo dovuto pensarci e, se non lo abbia-mo fatto, vuol dire che di Massoneria nonabbiamo ancora capito gran ch; per questoriteniamo di poter percorrere il nostro cam-mino nel D a s e i n come esseri liberi che, cer-cando la felicit, si ricordano della necessi-t e della responsabilit di salvaguardarla o,dovunque sia possibile, di renderla possibi-le e non troppo provvisoria. Sciagure comequesta pi recente, dalla maggior parte dinoi vissuta attraverso i m e d i a, ma in alcunicasi anche attraverso le vicende dirette diamici, parenti, talora anche fratelli, costrin-gono a soppesare la stupidit di un mondo

    che in troppe occasioni gode di una felicitfittizia, come un gruppo di ubriachi su di uncamion lanciato alla massima velocit su diuna strada di montagna.

    La felicit nonsar mai totale peril mondo, almenoper q u e s t o m o n d o ,ove storia e naturagiocano le loro car-te; vero. siamoesseri limitati, pos-siamo ammalarci,s o ffrire e dobbia-mo morire, madinanzi allinelimi-nabilit di questeverit, sappiamoanche che molti

    mali del mondo esoprattutto che molte sciagure naturali pos-sono essere previste, evitate o almeno tem-perate nelle conseguenze. Qui le carte, se sipu usare la metafora del giocatore, torna-no a noi ed alla nostra razionalit, che deveaccompagnare i sentimenti ed il coraggiocon cui viviamo di giorno in giorno. Lanostra Comunione ha, infatti, fini esoterici,ma non si mai sottratta dallesportarecome contributo critico e positivo quantomaturato in un contesto pi spirituale e sim-bolico; a che cosa servirebbe una dimeniso-ne etico-morale, esoterica, rituale e simbo-lica se poi tutto ci non facesse scaturirenella coscienza dei singoli e dellIstituzionestessa il bisogno di essere testimoni di que-sta ricerca del bene e della felicit. Non possibile allora che non ci si interroghiancora una volta sugli aspetti, in diversi

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    casi, amorali della globalizzazione, mentrenon si globalizza la sicurezza, soprattuttodinanzi alle catastrofi naturali che, in casicome quello avvenuto, possono per certiversi essere previstecon grandissimirisultati dal punto divista della salvezzadi migliaia di per-sone. Il diritto allafelicit torna, quin-di, ad essere untema su cui non cistancheremo diinsistere, perchesso implica il dirit-to dei popoli, degliumili della terra, ma, come abbiamo visto,anche di coloro che si muovono partendodal ricco e opulento Nord del mondo, di nonmorire inutilmente e di non subire lacera-zioni e perdite incolmabili per ignoranza o,peggio, per quello sciagurato ottimismo dichi, pur di guadagnare, pensa che questecose non accadranno mai e che siano sem-plici invenzioni simulate dai ricercatori coni loro computers ed i loro modelli fisico-matematici.

    indispensabile una maggiore attenzio-ne verso la Natura, la sua forza, la sua capa-cit anche di vendicarsi di eventuali erroriumani, o pi semplicemente di fare il suoinesorabile corso, incurante di questi suoifigliastri, dei quali non sembrerebbe affattocurarsi. Che latteggiamento della Masso-neria sia, per, intrinsecamente diverso daquello di un Leopardi evidente dalla s p e -r a n za che comunque coltiviamo e dallac-cettazione, che abbiamo gi messo in conto,

    del dolore e della morte, unite, daltro can-to, allottimismo della ragione, e non subor-dinate ad uno stolto ed incosciente edoni-smo, che ci porterebbe a godere di quanto

    possediamo ed aconsiderare non dinostro interessequel che potrebbecapitare agli altri.

    Come i fratellisanno, il GrandeOriente dItaliaintende sostenerein modo reale lepopolazioni colpi-te dal cataclisma

    di dicembre, piprecisamente abbiamo raccolto lappellodirettoci dalla Gran Loggia dellIndia, allaquale vogliamo offrire un aiuto reale, parte-cipando attivamente alla ricostruzione edallopera di soccorso alle popolazioni colpi-te. Ma questa solo una parte del nostrodovere. Da un punto di vista pi generale,noi dobbiamo testimoniare in tutte le sedipubbliche ed in tutti gli spazi di discussioneuna cultura che intenda la solidariet noncome qualcosa indotta dallemergenza, macome una scelta della ragione e del cuore.Raccogliere fondi dopo una sciagura non-ostante tutto anche facile; operare perchStati pi poveri o meno sensibili si dotino distrumenti di prevenzione e di piani di inter-vento o evaquazione allaltezza dei pericolinaturali incombenti tuttaltra. Se la Mas-soneria fosse cos potente come alcuni pen-sano, non ci saremmo certo dimenticati diquesti doveri. In ogni caso dobbiamo sotto-linearne limportanza.

  • 7 Tra Pessimismo Cosmico e Sconsiderato Ottimismo, G. Raffi

    Dalla morte nasce la vita, ma nonsapremmo come dirlo a coloro che sonomorti o a coloro che hanno perso i loro cari.Da queste morti nasce anche una granderabbia per la felicit spezzata e negata; laNatura ha fatto il suocorso, ma, lasciandoperdere allora la chia-mata in causa di Dio,soluzione che in tanticasi serve solo a giusti-ficare gli ignavi ed icolpevoli, dovera laragione umana, dove-rano gli strumenti scien-tifici che potevano pre-vedere, doverano gliuomini, dovera impe-gnata la loro mente, laloro Ragione. Se il sonno della Ragionegenera mostri, possiamo aggiungere che,senza dubbio, esso aiuta la stessa Natura adestrinsecare il suo aspetto pi brutale; nonpossiamo, peraltro, dimenticare che anchenoi stessi s i a m o parte della Natura e chequanto noi facciamo o non facciamo, comericordano i nostri rituali, il frutto di unascelta, di un atto deliberato. Quando si dor-me, quando si volta la testa dallaltra parte,si comunque scelto, perch anche non farenulla una decisione, di cui ciascuno deveassumersi la propria responsabilit.

    Non perdiamo la speranza, ma siamosconcertati e profondamente colpiti. Vo g l i a-mo stringerci a coloro che hanno soff e r t oper partecipare del loro dolore, ma ancheprendere un pi marcato impegno a difesa etutela del diritto dei popoli ad essere tutela-ti nella loro sicurezza.

    Globalizzare questi valori e non solo ipacchetti turistici o la circolazione dellemerci senza la circolazione di princpi e dinorme di sicurezza e di rispetto per la vitadegli esseri umani. Certamente non baster

    quanto accadu-to a convinceretutti che bisognacambiare rotta eche molti Statidevono accetta-re norme diintervento nelcontesto dellaprotezione civileche oggi nonhanno ancora.Forse, soprattut-

    to i pi poveri,vanno aiutati anche dai nostri pi ricchiPaesi; ma prima ..., quando c tutto il tem-po di agire con raziocinio. Dopo ..., dopo troppo tardi, almeno per coloro che il casoha portato via, siano essi stati poveri o ric-chi, locali o stranieri.

    La morte, come ricordava, usando un lin-guaggio esoterico, un altro iniziato allaMassoneria, il Principe Antonio de Curtis,a l i a s Tot, una livella. Se, oggi, un occi-dentale ed un orientale giacciono insieme,indistinti, in qualche abisso o in qualchefenditura della terra, conta meno del fattoche, almeno in parte, questa tragedia potevaessere limitata. Al di l delle differenze dicultura, religiose e s t a t u s sociale, nessunmorto si sentir indignato dalla vicinanzadel fratello straniero. Come concludevaTot la sua celeberrima poesia, in vero ispi-rata al Dialogo sopra la nobilt del Parini,

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    altro poeta italiano nutritosi, almeno in par-te alle nuove idee dellIllumi-nismo:

    sti ppagliacciat ee ffannosulo e vive: nuje simmo serie ... apparte -nimmo morte.

    Noi aggiungiamo soltanto,a guisa di chiosa, che, fino aquando, per, apparterremo

    alla vita dovremo batterci perch essa siaprotetta, nella felicit e nel-la gioia a cui tutti i viventihanno diritto di aspirare,nei limiti che la sorte indi-viduale e la natura permet-teranno, ma anche nellepotenzialit che la scienzae la ragione hanno lapotenzialit e leff e t t i v i t di garantire.

    Intelligentibus pauca.

  • Miti e ideali

    di Ernesto dIppolito

    Giurista

    The Author proposes a reflection upon the immoral behaviour of Odysseos, theGreek hero, whose intelligence should not necessarely be considered an ideal model.

    griglie valutative maturate nei secoli. Come valido in ogni microcosmo, anche quelloiniziatico risente gli influssi delle modeappena ricordate.

    E (per restare proprio ad uno dei due eroiomerici appena detti, Odisseo) non raroche, esaminando figure mitologiche, arche-tipi, protagonisti in ambito iniziatico, oaddirittura ascoltando Tavole in Loggia,venga fuori, con accenti fortemente positi-vi, ammirati, la figura di Ulisse, del/nelquale pi duno individua non solo qualitapprezzabili, ma addirittura virt muratorie.

    Quando questo accade, io mi chiedo,perplesso, come e perch leroe greco godadi cos generose aperture di credito, addirit-tura in senso massonico.

    Che Ulisse avesse di s, della propriavolont, scarsa opinione, mi pare addirittu-ra confessoria la sua decisione di farsilegare allalbero della nave, al momento di

    n fenomeno diffuso (in qualchemisura, crescente) riguarda fatti,protagonisti, miti, della storia,

    ed ancor pi della leggenda, verso cui lagente mostra attenzione, interesse, soventeentusiasmo.

    Guardiamo per un istante ai due pi notie propagandati eroi omerici, Achille edOdisseo. Per oggettivamente rilevarnecome, sempre pi spesso, essi siano consi-derati (ammirati) quali modelli.

    Certamente a ci contribuisce lo stato acuto di crisi, in cui versa la societ con-temporanea. Che crisi di/per eventi (guer-re, stragi etniche, terrorismo) non meno chedi uomini, esponenti, capi, nei quali assai difficile vedere qualit mitizzabili,meriti di primato, virt esemplari.

    Ed allora, pi facile entusiasmarsi permiti del passato, senza adeguato spirito cri-tico, senza il filtro delle concezioni e delle

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    ascoltare il canto malioso (ammaliante?)delle Sirene (si sa debole,traviabile). Che avesse,per i suoi compagni diviaggio, per i suoi mari-nai, assai scarso spiritofraterno, dimostratodallavere egli usato duepesi e due misure, per se per loro (cui tur leorecchie con la cera, schessi non sentissero ilcanto pericoloso, a diff e-renza di lui).

    Come, poi, considerarele molte astuzie diOdisseo.

    Intanto, legittimo parlare solo di astu-zia, per chi us linganno, la menzogna, laviolazione dei giuramenti, come sistemacronico, di vita e di condotta?

    Uno dei tanti esempi. legittimo lodioeterno che porta a Palamede? Quale, la col-pa di costui?

    Odisseo aveva giurato di partecipare allaspedizione contro Troia. Con la rapidit edil cinismo che gli sono propri, cambia opi-nione; e, per evitare la partenza, si fingepazzo. Menelao e Palamede vanno a cercar-lo, ed egli si fa trovare nei campi, mentresemina sale. Palamede depone il piccoloTelemaco davanti allaratro di Ulisse, che,cos smascherato, costretto a partire perTroia. Passano anni e Odisseo non dismetteil proprio progetto di vendetta (assoluta-mente ingiusta e immotivata), conseguen-

    dola, ancora una volta, con lintrigo e conlinganno. Fa scrivere ad un pri-

    gioniero troiano una lettera,indirizzata a Priamo, in cuiPalamede si dichiarava prontoa tradire i greci; e fa in modoche venga in mano ad A g a m e n-none. Palamede, consegnato aiTroiani, viene lapidato.

    Che dire, poi, del suo com-portamento con Penelope?Aveva a lungo convissuto conCirce e con Calipso, da ambe-due avendo figli; ma, tornatoad Itaca, si chiede se la mogliegli stata davvero fedele. E tar-

    da a rivelare la propria identitsolo dopo avere ucciso i Proci.

    Che Odisseo, si rammenti, al di l delvissuto appena richiamato, come eroe dellaconoscenza, protagonista di un viaggio,inteso anche come esperienza, esperienze,maturazioni e trasformazioni, legittimo,forse scontato.

    Ma letica della condotta del LiberoMuratore, i buoni costumi che si pretendesiano alla base dei connotati (per i quali stato accettato ed iniziato), e restino qualecostante del suo agire, devono sempre esse-re presenti a chi vada in cerca di simboliarchetipali precedenti.

    Un uomo, non solo ipersuscettibile e ran-coroso, ma la cui celebre m e t i s linganno,non pu essere (n pu apparire) al masso-ne come eroe da imitare, virtuoso da segui-re. Le virt stanno altrove.

  • I misteri di Osiride

    di Anna Maria Corradini

    The Author traces the main lines of the myth of Osiris which is mainly testified bythe Greek writer Plutarch in his work De Iside et Osiride. Osiris was a fertiledeity, the god of civilization who could teach the growings tecniques and, at thesame time, he is considered the god of dead people and many rites were celebratedin his honour. The cerimonies could be public, as a performance of a return to a nonsensorial life (the condition of death), or they could be reserved to a few people inorder to conquer transcendency and to find the right access to truth by means ofsymbols.

    siride il dio che muore erinasce. la divinit pifamosa assieme a Iside del

    pantheon egiziano. Sui contenuti dei misteriosiriaci e isiaci, si molto discusso e dis-sertato, ma cosa dicono le fonti?

    Esistono i testi egiziani, le raffigurazioniparietali che narrano il mito, assieme a tuttaliconografia del mondo egizio, ed infine letestimonianze greche e latine.

    Il mito ha come base una storia egualeche nelle sue varie fasi evolutive subiscequalche variante. Osiride, fratello e sposo diIside, viene ucciso dal fratello Seth, che nesmembra il corpo, spargendo le varie parti,secondo una tradizione, per tutto lEgitto,secondo unaltra nel Nilo. Iside in lutto edisperata cerca i resti del marito-fratello;ritrovatolo rimette assieme i pezzi del cor-

    po, e, non essendo in grado di rianimarlo,assunte le sembianze di un uccello, riesce aravvivarlo a sufficienza per concepire unfiglio, Horus, che assicura la discendenza.La dea per sfuggire allira di Seth, si rifugianel delta del Nilo, e qui, d alla luce Horusche alleva in segreto.

    Plutarco (Iside e Osiride, 1):

    Iside infatti un nome greco e cosanche quello di Tifone []. lui astracciare e cancellare la sacra scrittura,che la dea poi raccoglie e ricompone pertrasmetterla agli iniziati.

    Qui il simbolismo chiaro, Iside ricom-pone il corpo di Osiride e quindi il v e r b u mdivino, la sacra scrittura, chiaro riferimentoa formule sacro-misteriche. Lintervento di

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    Iside fondamentale, ma Horus figlio acompiere il miracolo del risveglio di Osiri-de nelloltretomba. Iside lenergia che conil soffio vitale magicoottiene dal corpo di Osiri-de un momentaneo risve-glio per generare Horus,l e n e rgia attiva; Osirideinvece essendo passivo,ha bisogno di un inter-vento esterno per rivive-re: Horus (identificazionecon la natura che si risve-glia, muore e rinasce, anchecon la presenza del Nilo, fonte di vita).

    Continua ancora Plutarco (Iside e Osiri -de, 1):

    Vero isiaco soltanto chi abbia compre -so [ ] le cose rivelate e compiuteriguardo a questi dei, analizzandolerazionalmente e meditando sulla veritin esse contenute.

    Qui abbiamo anche unevidente allusio-ne ai misteri di Iside e Osiride, con un par-ticolare riferimento ai contenuti delle coserivelate che riguardano le due divinit; sitratta sicuramente di verit che si riconnet-tono alla pratica esoterica del mondo miste-rico osiriaco.

    Plutarco, Iside e Osiride, 13:

    Osiride fece subito mutare agli Egizianiil loro genere di vita povera e selvatica, liistru nella coltivazione dei campi, fissle leggi; insegn loro a onorare gli dei.Poi percorse tutta la terra dEgitto e lacivilizz; non ebbe bisogno di armi, per -ch riusc ad attirare quasi tutti con lin -canto della persuasione, con la parola

    unita al canto e a ogni tipo di musica,tanto che i Greci credettero di identifi -carlo con Dioniso.

    Anche qui come inErodoto esiste uni-dentificazione conDioniso, e tutto si basasul fatto che Osirideera il dio della fertilit,lassociazione con ilcanto, invece unag-giunta di Plutarco.Lidea di un dio civi-

    lizzatore e che insegna la tecnica della col-tivazione, vicino a Demetra.

    Plutarco, Iside e Osiride, 13:

    Durante lassenza di Osiride, Tifonenon sarrischi a nessuna novit, datoche Iside stava di guardia e lo sorveglia -va con grande attenzione. Ma quandoOsiride fu di ritorno, egli ord contro dilui uninsidia [ ] prese di nascosto lemisure del corpo di Osiride, costruunarca di quelle dimensioni, molto bel -la e con splendidi ornamenti, e poi laport nella sala del banchetto. Tutti laguardarono ammirati, e allora Tifonepromise, come in un bel gioco, che la -vrebbe data in dono a quello che ci stes -se dentro sdraiato proprio di misura [ ]venne poi il turno di Osiride, e quandosi sdrai dentro, subito i congiurati siprecipitarono a chiudere il coperchio, losaldarono allesterno con i chiodi e civersarono sopra piombo fuso, poi tra -sportarono larca al fiume, e la abbando -narono alla corrente [ ] secondo ilmito, questi fatti avvennero il giornodiciassette del mese di Athyr []

  • 13 I misteri di Osiride, A.M. Corradini

    Plutarco, ibidem, 39:

    [ ] Il racconto dellimprigio -namento di Osiride nellabara, quindi, altro non sareb -be che il simbolo del decresce -re delle acque e della loroscomparsa: per questo che lascomparsa di Osiride vienefissata nel mese di Athyr,quando cio i venti etesii nonsoffiano pi, il Nilo va in sec -ca e la terra spoglia.

    Plutarco, ibidem, 42:

    La morte di Osiride corrispon -de, secondo il mito egiziano, al diciasset -te del mese, quando cio il plenilunio sicompie e risulta perfettamente visibile.

    Plutarco, ibidem, 51:

    Comuni a tutto il paese, poi, sono le sta -tue di Osiride di tipo antropomorfo e iti -fallico, simbolo di fecondit e di poterevitale. Le sue immagini vengono rivesti -te con un abito rosso fiamma, in ossequioalla concezione secondo la quale il solerappresenta la sostanza visibile del bene,che essenza puramente intellegibile.

    Questi passi sono fondamentali per con-siderare Osiride come signore dei morti.Larca una componente di base sia nelli-conografia osiriaca, sia nel suo pi intrinse-co significato simbolico ed esoterico. Il 17del mese di Athyr coincide con il 13novembre, periodo di magra per il Nilo e diallungamento della durata delle notti. pro-prio sotto questo aspetto che i misteri trova-no una loro logica applicazione perch si

    passa da ci che manifesto ritualmentecon feste pubbliche, a ci che nascosto agli occhi dei profani,ed intimamente legato allamorte come ritorno ad unaltravita che non quella sensitiva. probabile che molte cerimo-nie legate al ritrovamento diOsiride fossero pubbliche, altreinvece, riservate a pochi, gliiniziati. Queste, forse, avveni-vano durante la secca del Nilo,quando appunto la notte siallunga e, a maggior ragione,in segno dellavvenimento lut-

    tuoso, avevano luogo riti cele-brati pubblicamente, ed altri di preparazio-ne alla rinascita, dopo la morte di Osiride eal suo ritrovamento.

    Il legame con i cicli lunari collegati allepiene del Nilo, da tenere in considerazio-ne per il simbolo luna-sole-fecondazione. Ilsole e Osiride sono luno legato allaltro.Apparentemente questa fase del mito diOsiride collegata a rituali praticati aperta-mente, mentre Osiride, dio dei morti,dovrebbe essere quello dei misteri veri epropri. Tuttavia i fenomeni naturalistici nonvanno esclusi dalliniziazione misterica, marimangono vicini ad essa forse nella fasepreparatoria, prima di unesperienza dellaconoscenza e della luce. Anzi Osiride e Ra(il sole) non sono altro che la presenzacostante dellilluminazione, che guida lini-ziando nel suo iter.

    Plutarco, Iside e Osiride, 20:

    Il mito il riflesso di una realt trascen -dente [ ] questo che vuol significare ilriflesso triste e luttuoso che caratterizza

  • 14

    i sacrifici egiziani e anche larchitetturastessa dei templi, che ora si alzano versoil cielo in passaggi aperti e luminosi, orainvece si inabissano in sacrestie nascostee piene di tenebre, simili atane o a celle funerarie.

    C qui il riferimento aluoghi di culto aperti emanifesti, rispetto a siti perrituali occulti, sempre inrelazione alla tendenza aricercare la salvezza, o perlo meno una continuit del-la vita.

    Per la conquista della tra-scendenza, e per laccesso alla verit, lin-dividuo deve essere iniziato attraverso riti eprocedure non note a tutti. Il passo chesegue una diretta testimonianza di ritualisimbolici, che, come afferma Plutarco, sonolegati ai misteri.

    Plutarco, Iside e Osiride, 21:

    Voglio accennare ai riti che comportanoil taglio di un tronco, la lacerazione diuna pezza di lino e lo spargimento dilibagioni, perch essi compaiono in mol -te cerimonie misteriche.

    Il primo rituale trova conferma in un pas-so di Firmico Materno De errore profana -rum religiorum, 27, 1:

    Nelle cerimonie sacre di Iside si taglia iltronco di un albero di pino, di questoviene scavata la parte mediana [ ] e lviene seppellito un simulacro di Osiride.

    A quanto pare si tratta del rito legato allamorte di Osiride, quando fu rinchiuso nel-

    larca da Tifone, e Iside lo depose nel sar-cofago. In ogni caso si fa riferimento allarielaborazione rituale del seppellimento del

    dio. Anche le bende di lino ele libagioni sono collegateai riti funerari.

    Non detto che questecerimonie siano di esclu-sivo impiego nei misteri.

    Plutarco, Iside e Osiri -de, 77:

    Le vesti di Iside sono dicolore variegato: il suoambito, infatti, quellodella materia, la quale si

    evolve in tutte le forme e a tutte le formesi presta, luce e oscurit, giorno e notte,fuoco e acqua, vita e morte, principio efine. La veste di Osiride, invece, non n sfumata n screziata: il suo colore uno solo, quello della luce [] per que -sto una sola volta viene usata la veste diOsiride, e poi subito riposta e custodi -ta come reliquia segreta e intoccabile.[] La comprensione dellintellegibile,del puro, dellincontaminato, invece,accende la nostra anima come il passaredi un baleno, e una volta sola ci dato ditoccarlo e di contemplarlo. per questoche Platone e Aristotele chiamanoepoptica tale settore della filosofia.Alludendo cio al fatto che quanti sianoriusciti a superare con la ragione il mon -do dellopinabile, del composto, del mul -tiforme, si slanciano verso quellessereprimo, semplice e immateriale; e se giun -gono a toccare in qualche modo la verit,pura riguardo allessere, questa perloro la rivelazione ultima e perfetta del -la filosofia.

  • 15 I misteri di Osiride, A.M. Corradini

    La rivelazione ultima dunque la veritche viene intuita in un baleno. Plutarco rivi-ve il mistero osiriaco rivisi-tandolo con i canoni dellafilosofia greca e del senti-mento delluomo greco.

    Anche se nel branoconfluiscono il razionali-smo greco e la filosofiacon un atteggiamentomentale non egiziano, cosache appare spesso nellopera di Plutarco,tuttavia il riferimento ai misteri e alla lorofase finale lilluminazione, pu essereinteressante per alcuni particolari sugli usiritualistici. Il colore delle vesti di Iside edOsiride molto importante per coglierealcuni significati sullaccesso alla cono-scenza suprema. La veste di Osiride vieneconservata religiosamente e segretamente.La comprensione dellintellegibile, aff e r m aappunto Plutarco, rapida e incisiva, e solouna volta questa viene conosciuta, come unfulmine. la rivelazione suprema, che sicoglie alla fine del cammino iniziatico, laluce del sacro, emanazione del dio stesso,lultimo grado della conoscenza. E volendofare un parallelismo con la filosofia greca,si tratta dellepoptica (Platone, S i m p o s i o,209), cio ci che stato visto e conosciutonei misteri.

    Una fonte fondamentale dei misteri osi-riaci il Libro dei morti che non altro cheun cammino iniziatico verso la luce da par-te del defunto, dove tutte le formule sonopalesemente trattate, dove forse sono rico-struibili le cerimonie sacre e i vari passaggirituali nelle trasformazioni del morto chesubisce delle metamorfosi evidenti. A d i ff e-

    renza di altri misteri, come quelli persiani,mesopotamici, greci dove gli scrittori man-

    tengono il pi assolutosilenzio. Nel caso del-lEgitto, pur trattando-si di una religionecomplessa e varia, perla grande quantit didivinit presenti nelpantheon divino, tutta-via, nel libro dei morti

    e nella grande quantit di raff i g u r a z i o n iparietali, di immagini della statuaria, si pos-sono ricostruire i misteri di Osiride e Iside.Tutto scritto, tutto detto, bisogna solosaperlo leggere. I misteri dellantica Grecianon sono cos manifesti, tutti gli scrittori e ipoeti alludono, accennano. Qualcosa siapprende dai resti archeologici e dagli scrit-tori cristiani che per sminuire la religionepagana, raccontano quello che essi stessisanno degli antichi misteri. La stessa Bib-bia, usa un linguaggio cifrato quando siriferisce ai misteri divini.

    Plutarco, Iside e Osiride, 80:

    Il kyphi una mistura composta daiseguenti ingredienti: miele, vino, uvapassa, cipero, resina, mirra, aspalato,seseli, lentisco, bitume, stramonio elapezio; a questi si aggiungono due tipidi ginepro, quello chiamato grosso equello piccolo, il cardamonio e la cannel -la. Questa mescolanza non fatta coscome capita, ma eseguita dai profumierisecondo le precise indicazioni delle sacrescritture. Quello che conta il poterearomatico della maggior parte degliingredienti che sprigionano un dolcevapore e una esalazione salutare; in que -

  • 16

    sto modo laria si ricambia e il corpo,dolcemente cullato da questo piacevolealito, acquista una disposizio -ne favorevole al sonno, men -tre le tristezze e la tensionedelle preoccupazioni quoti -diane si allentano e si sciol -gono come nodi; anche lafacolt immaginativa e oni -rica brilla come uno specchioe si fa pi pura. [] Tra gliingredienti del kyphi ve nesono alcuni particolarmenteindicati per la notte e sonoquelli che per loro naturavengono alimentati da ventifreddi, ombra, rugiada, umidi -t. La luce del giorno semplice e uni -f o r m e [] laria notturna invece unafusione di varie luci e di varie potenze,che scorrono gi come semi da ogni stel -la in un unico punto. giusto quindibruciare resina e mirra durante il gior -no, in quanto sono sostanze semplici ederivate dal sole, e sul far della notte ilkyphi, che deriva invece dalla mescolan -za di sostanze diverse.

    Questo passo riveste una grande impor-tanza per comprendere alcuni punti oscurisui rituali misterici che si riferiscono adOsiride. Questa sostanza denominata kyphipotrebbe essere anche una mistura assomi-gliante quasi ad un allucinogeno che induceal potenziamento di certe facolt dellindi-viduo. Sia le emozioni, sia le tensioni inte-riori potevano cos o essere lenite o esalta-te. I componenti della bevanda sono tuttiderivati da piante identificabili, il cuimiscuglio e dosaggio resta incerto, anche

    perch le ricette del kyphi variano. Nellul-tima parte del passo si afferma che il kyphi

    una bevanda-unguento tipica-mente notturna, e un aspettodi Osiride quello di essere ildio dei morti, di regnare nel-loscurit; inoltre il tragittodel sole al tramonto avvienenel regno ultraterreno dello-scurit: chiaro linserimentodi spunti esoterico-misterici.

    Erodono, II, 44:

    Non tutti gli Egiziani ado -rano gli stessi dei, tranneIside e Osiride, il quale

    sarebbe, a quanto affermano,Dioniso: dei questi che sono adorati datutti indifferentemente.

    Il parallelo Osiride-Dioniso, concettoacquisito nellideologia religiosa greca, undato importante per laffermazione erodo-tea. Il Dioniso che si conosce sbranato daiTitani, riconducibile ad Osiride; pur tutta-via restano delle differenze fondamentalilegate anche a due diverse culture, a lorovolta influenzate anche dalle condizioni cli-matiche, geologiche e morfologiche dei ter-ritori. Il Nilo un elemento basilare per laformazione culturale del popolo egiziano, lecui peculiarit restano autonome ed uniche,cos come unici sono gli aspetti della reli-giosit greca.

    A ffinit sono possibili tuttavia anche inconsiderazione del fatto che lincontro traculture diverse, in qualsiasi fase della lorostoria, determina influenze reciproche rin-tracciabili nellevoluzione stessa dei per-corsi religiosi e ideologici di un popolo.

  • 17 I misteri di Osiride, A.M. Corradini

    Erodono, II, 126:

    Dicono gli Egiziani che sovrani degliinferi sono Demetra e Dio -niso. Gli Egiziani sonostati anche i primi adenunciare la dottrina percui lanima delluomosarebbe immortale. Entre -rebbe quando il corpo peri -sce, in un altro animale divolta in volta nascente, efatto il giro di tutti gli ani -mali terrestri, marini edalati, rientrerebbe in unuomo che nasce, compien -do il suo giro in tremilaanni. Chi prima, chi dopo, alcuni Ellenihanno professato questa dottrina, comefosse loro propria. Io ne conosco il nome,ma non lo scrivo.

    Lescatologia nella religione egiziana uno dei punti di partenza per la presenza deimisteri legati alla figura di Osiride, comedio degli inferi. Tenendo presente il paralle-lismo Iside-Demetra, Dioniso-Osiride,rimane il fatto che Erodono si sofferma sul-limmortalit dellanima e sulla metempsi-cosi. Lallusione ai misteri praticati in Gre-cia, fa pensare che Erodono non sia convin-to che essi si fossero formati l, ma li consi-dera come derivati da queli egiziani. L a f-fermazione Io ne conosco il nome, ma nonlo scrivo, un evidente riferimento ai miste-ri praticati in Grecia legati alla metempsi-cosi (Pitagorici?) e allimmortalit dellani-ma, nonch ad una sua dimensione salvifi-ca che Osiride possiede come dio delloltre-tomba e presto vedremo come.

    Si parte dal principio che la morte lini-zio di una nuova vita, secondo un divenire

    continuo cosmico che si addice atutto il creato.

    La vita visibile, il diveni-re nascosto. Lesempio pimacroscopico il sole con ilsuo sorgere e tramontare,periodo in cui si nascondeagli occhi umani per compie-re un percorso sconosciuto aimortali. Da qui la necessitdelliniziazione per unade-guata preparazione al passag-gio allaltra vita.

    Osiride il dio del mondosotterraneo, qui egli deve essere protetto,altrimenti sarebbe sconfitto dai suoi nemici.Viene rappresentato accerchiato nelle spiredi un serpente spaventoso che lo difende.Durante il suo viaggio sotterraneo il solerisveglia Osiride, egli spezza le spire delserpente ed emerge dalla terra. Annienta isuoi nemici che sono rappresentati semprein numero di sette (cifra sacra che dal mol-teplice arriva allunit). Prima di emergere,Osiride passa attraverso gradi di svilupponascosto. Lemersione-resurrezione del dio dunque lo status finale del processo. questo il senso dei misteri osiriaci che inquesta fase della morte-resurrezione, trova-no il loro fondamento. La rinascita di Osiri-de avviene attraverso la mediazione delfiglio Horus, cos come la nascita di Horus, resa possibile dallintervento di Iside cheper assicurare un erede, riesce a farsi fecon-dare dalla mummia di Osiride morto, tra-mutandosi in uccello.

    Osiride diventa a tutti gli effetti il dio del-

  • 18

    loltretomba, pur conservando le caratteri-stiche della fecondit. Egli come Dionisosubisce lo smembramento delcorpo ricomposto dalla spo-sa-sorella Iside, che gli infon-de energia vitale attraversoun rituale magico. Osiride dunque passivo rispetto alprincipio attivo al femminile.

    Quali erano i rituali delleiniziazioni?

    Anche se attraverso leimmagini e le formule dellibro dei morti, molti passag-gi rituali, potrebbero esserericostruiti, con unattentaanalisi, tuttavia non tutto chiaro, molto pu essere ipotizzato, comead esempio la chiusura delliniziato in unsarcofago, simbolo del passaggio nel mon-do infero, in relazione ad Osiride che si tro-vava nella sfera ultraterrena, da cui eradestinato a riemergere. Unaltra praticapotrebbe essere quella di un matrimonio

    sacro rivissuto attraverso la mimica, rivi-vendo il dramma della vicenda mitica di Isi-

    de e Osiride.In ogni caso lesperienza

    iniziatica unica ed indivi-duale, proprio per questonon vengono mai svelati alprofano le sensazioni chehanno connotati personali.

    Il cammino verso laconoscenza e la rivelazione comunque arduo e irto did i fficolt, ma una volta rag-giunto il traguardo, persempre.

    lintuizione assolutache fa parte dellesperienza

    intima dellindividuo.Questo breve saggio non esaurisce di cer-

    to le molteplici sfaccettature del mondomisterico di Osiride ma serve ad off r i r espunti di riflessione sul mondo egizianoattraverso losservazione e la lettura di alcu-ne fonti antiche.

    Bibliografia:

    Chassinat, E. (1966) Le Mystre dOsiris au mois de Khoiac, Voll. I-II. Il Cairo.Donadoni, S.(1955) La religione dellEgitto antico. Milano.Eliade, M. (1979) Storia delle credenze e delle idee religiose, Voll. II-III. Firenze.Otto-M E. Hirner, (1960) Osiris und Amun. Monaco.Runle Clark, R.T. (1969) Mito e simbolo dellantico Egitto. Milano.

  • Simbologia delle colonne del Tempio di Salomone

    di Dario Banaudi

    Architetto

    The Author speaks about the symbolism of the two columns from the Medievalarchitectural tradition to their use by Freemasonry. One of the main argument isthe connection to the text of the Bible and to the story of Hiram and the building ofthe Solomons temple and accordingly quotations from the Book of the Kings a n dCronicles are reported. The Author considers the material which the columns arebuilt with, the bronze, their number, dimensions and proportions in order to try todisclose the main concepts which are hidden under these concrete symbols.

    e due colonne sono uno degliemblemi fondamentali dellasimbologia massonica, e, allo

    stesso tempo, sono un essenziale connotatodellarchitettura medioevale, architetturache vide allopera gli uomini dai quali laMassoneria ha tratto linguaggio, simboli edemblemi.

    La individuazione e descrizione di unsimbolo solo il primo passo verso il pro-cesso di conoscenza, che non si alimentacon la sola interpretazione, ma che tuttavia,su questa, fonda una base necessaria.

    La parola non pu bastare per penetratela complessit del processo attraverso ilquale il simbolo non passivamente subisceuna impossibile quanto inutile spiegazionerazionale, ma attivamente agisce nellinti-mo di chi lo avvicina.

    Per parlare delle colonne necessarioriflettere sul significato che ha, nella cultu-ra massonica, il riferimento alla Bibbia.

    I riti e la simbologia latomistica hannocon il Libro una connessione notevole,almeno a livello dellassunzione e rielabo-razione di alcuni simboli o racconti simbo-lici, che sono entrati a far parte della tradi-zione e della cultura dellOrdine.

    Basti pensare alla leggenda di Hiram edalla costruzione del Tempio di Salomoneche, nelle stesse Costituzioni di A n d e r s o n ,assumono un ruolo fondamentale.

    La Bibbia cos simbolo essa stessa,libro per eccellenza, s u m m a di conoscenza,che contiene leggende, tradizioni, miti esimboli delle culture antiche, naturalmentefiltrate e rielaborate, ma che mantiene, nel

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    suo insieme, una molteplicit di letture e disignificati, e conserva, sotto i veli della ri-velazione, lessenza dei sim-boli originari.

    Direi che la Bibbia sipu considerare alloracome luogo dei simboli.

    Per quanto riguarda lecolonne molti autori di cul-tura massonica come Bou-c h e r, Ragon, Bayard eAlex Horne, pi recente-mente, dedicano lunghepagine allanalisi del testobiblico, non tanto per veni-re a capo di una descrizioneche comunque non pu essere esatta, data laparziale lacunosit e aleatoriet interpretati-ve dei vari testi e traduzioni, quanto pertrarne gli elementi simbolici che nelladescrizione sono evocati.

    Leggiamo allora il testo biblico.Le colonne di bronzo sono descritte nel

    1 Libro dei Re e nel II delle Cronache.

    Il Re Salomone mand a cercare Hiramdi Tiro.Era il figlio di una vedova della trib diNephtali, ma suo padre era di Tiro, arti -giano del bronzo. Era pieno di saggezza,dintelligenza e di scienza, per fare ogniopera di bronzo. Egli venne dunquepresso il re Salomone e fece tutte le sueopere.Egli fuse le due colonne di bronzo. Unadelle colonne aveva 18 cubiti di altezza e

    un filo di 12 cubiti ne misurava la cir -conferenza (essa era cava e il suo spesso -

    re era di 4 dita).Cos era per laseconda colonna.Poi egli fece duecapitelli in fusio -ne di bronzo, perporli in cima allecolonne. Uno deicapitelli aveva 5cubiti di altezza eil secondo capitel -lo aveva anchesso5 cubiti di altezza.Cera una sorta di

    rete, di cordoni ocatenelle attorno al capitello che si tro -vava in cima alle colonne, 7 per un capi -tello e 7 per il secondo capitello.Poi fece delle melagrane, due file tuttoattorno di una delle reti, per avvolgere icapitelli che stavano in cima alle colon -ne. Fece lo stesso per il secondo capitello.I capitelli che erano in cima alle colonnenel vestibolo erano in forma di giglio1 di4 cubiti.E i capitelli sulle due colonne, in alto,presso il rigonfiamento (o toro) c h esporgeva dalla rete (portavano dellemelagrane) e le melagrane erano in filedi 200 attorno (il primo capitello e 200)attorno al secondo capitello.Egli innalz poi le colonne davanti ilvestibolo del Tempio. Alz la colonna didestra che chiam con il nome di Yakin,

    1 La traduzione pu voler indicare anche fiordaliso o altro come il fior di papiro o di loto, similitra loro nelle decorazioni architettoniche antiche.

  • 21 Simbologia delle colonne del Tempio di Salomone , D. Banaudi

    poi alz la colonna di sinistra che chia -m con il nome di Boaz. (ora in cima aicapitelli cera una sorta digiglio) Cos fu terminato illavoro delle colonne.

    Gli elementi biblici sonodunque: innanzitutto lauto-re, il maestro Hiram, compe-tente e abile in tutti i campidella tecnica architettonica edellarte della fusione.

    Il materiale, il bronzo,una lega di due metalli: eccogi qui la circolarit deisignificati, che si ritrovanocontinuamente: due sono lecolonne, due i nomi, due gli ele-menti del metallo.

    Il bronzo, dunque, una lega di stagno oa rgento e di rame, e simboleggia lunione, ilmatrimonio tra la luna e il sole, tra lacquae il fuoco, tra freddo e caldo.

    Il serpente di bronzo, issato sulla colon-na da Mos, preserva dalla morte.

    Bronzo, serpente, colonna: lalbero del-la conoscenza del bene e del male, il ser-pente che offre il frutto alla donna, ancora isimboli si ritrovano nelleterno ritorno.

    Il bronzo considerato un metallo incor-ruttibile, immortale, e quindi giustamenteassociato alla salvezza dalla morte.

    Il bronzo ha una risonanza eccezionale, la materia del gong e della campana , deisuoni che risvegliano e richiamano, e anche,per la connotazione di immortalit, deimonumenti.

    Sono poi date, nel testo biblico, ledimensioni e quindi le proporzioni. L a l t e z-za delle colonne di 18 cubiti, ossia circa 9

    metri, il diametro , per una circonferenzadi 12 cubiti, di 3,8 cubiti, ossia circa 1

    metro e 90, e queste sono pro-porzioni relativamente clas-siche: le colonne del Parte-none sono alte circa 9 metrie 62 (il fusto) ed il diametro6 di circa 180 cm., quindiquasi identiche a quellebibliche.

    Il capitello sembra poicomposto di due parti, unainferiore decorata a festoniin sette spire e melagrane,alta 5 cubiti (circa 2 metri e50) e una di coronamento, aforma di giglio (o un fiore

    simile) alta 4 cubiti (ossia circa 2 metri).Si pu notare che le tre misure di altezza

    danno come somma 18+5+4 ossia 27, mul-tiplo di 3, o anche 3 al cubo, 27, si pu leg-gere anche 2+7 = 9, ossia 3 volte 3.

    Comunque, considerando anche la cir-conferenza, che di 12 cubiti, risulta che ilmodulo, il numero fondamentale sempreil 3.

    Il modulo 3 e il numero delle colonne 2: l1 pi l1 (uguali ma non identici, cifreverticali, come verticali sono le colonne egli alberi e lasse del mondo), danno il 2,somma delle unit e da loro diverso, terzofattore della sintesi binaria.

    Il simbolo questo, conciliazione-inte-grazione degli opposti, sintesi ambivalen-te, e per questo non pu essere descrittorazionalmente, pu solo essere percepitointuitivamente, ma oggettivamente incon-cepibile, perch esprime la simultaneit diconcetti diversi (il bene ed il male, il caldoed il freddo, loggi e il domani etc.).

  • 22

    E cos le colonne sono simbolo pereccellenza, identiche, ma diverse, sono pro-totipo dei simboli.

    Sopra il fusto c unadecorazione del capitel-lo, divisa, come abbiamodetto, in due parti.

    Inferiormente unasorta di trama a rete rive-ste il capitello in formadi festoni o di catenelleche si avvolgono in 7spire.

    Non difficile vederein questo il simbolo delserpente che si avvolge inspire sullalbero della conoscenza, lassedel mondo che si eleva dalla terra al cielo.

    Il 7 la somma di 4 + 3.Il 4 il numero della terra. Il 3 quello

    del divino e del cielo.La catena, poi, e la rete, si collegano ad

    altri significati, come quello del pavimentoa mosaico o della nappa a frastagli o nodidamore.

    La rete, in particolare, apre un discorsoche potrebbe farsi pi esteso rammentandofigure come il Re Pescatore della leggendadel Graal o la statua del Disinganno, avvol-ta da una rete, nella Cappella San Severo aNapoli.

    La lettera greca chi (X) diffusa dallasimbolica cristiana, segna linizio, la matri-ce della trama a rete. Questo simbolo uni-versale rappresenta anche il numero che lasomma dei primi quattro: la t e t r a k t i s, laserie la cui somma dieci o, appunto, la Xdei romani.

    Lunit, le due nature, i tre princpi ed i

    quattro elementi, sommati, danno per totaledieci, numero che appunto espresso incifre romane con una X che, a sua volta,

    costituita da due V c o n g i u n t eper i vertici, cio da due cin-que. Ci sta ad indicare cheil simbolo della X anche larappresentazione della dop-pia quintessenza (cos sugge-risce E. Langella in un librosulla Cappella San Severo).

    Fulcanelli, dopo averricordato che la cintura diO f f e r u s, il portatore del fan-ciullo, quello che sar il San

    Cristoforo dei cristiani, ha unatrama incrociata, come una rete, fa notareche queste linee incrociate si trovano sulcosiddetto dolce dei Re Magi, che si consu-ma, per tradizione, in Francia, allEpifania,e sono simili a quelle che presenta la super-ficie del solvente quando canonicamentepreparato.

    Tale il segno, dice, che tutti i filosofiriconoscono, per marcare esteriormente lavirt, la perfezione, lestrema purezzaintrinseca della loro sostanza mercuriale.

    Questo segno anche detto il sigillo diHermes: non ha forse Mercurio, come attri-buto, i sandali di cuoio incrociato?

    In architettura, questa trama a rete sta-ta ripresa nei capitelli bizantini, che hannotalvolta la caratteristica forma a cesto divimini incrociati. Lo stesso Vitruvio fa deri-vare la forma del capitello corinzio da unaleggenda legata allosservazione di un cestodi fiori e Bramante, nellincisione Preveda-ri, riprende, in memoria dellantico, proprioun capitello a cesto.

  • 23 Simbologia delle colonne del Tempio di Salomone , D. Banaudi

    Ma il cesto anche crogiuolo, conteni-tore della materia in trasformazione, e unasimbolica intersezione a X segna il musodel gatto, animale sacroagli egiziani, come anco-ra fa notare Fulcanelli, ecos si potrebbe ancoraandare oltre.

    Per tornare alle colon-ne, come antichi simboliiniziatici e sapienziali,ripresi, attraverso la cul-tura ebraica, nel linguag-gio della Massoneria spe-culativa, ricordo qui unacitazione dai testi dello storico ebreo delprimo secolo Giuseppe Flavio.

    Le parole evidenziate saranno suff i c i e n-ti a sottolineare unevidenza quasi banale.

    Traduce allora Luigi Moraldi (A n t i c h i t Giudaiche di Giuseppe Flavio):

    [ ] Gli nacquero [ad Adamo] m o l t ialtri figli, e tra essi Seth. [ ] C o s t u idunque fu educato e quando giunseallet del discernimento, coltiv la vir -t, divenne un uomo eccellente, e lascinei posteri degli imitatori delle sue azio -ni: costoro, tutti virtuosi e di buonanatura, abitavano la stessa terra pacifi -camente, concordi e prosperi e non ebbe -ro malattie fino al giorno della morte;essi scoprirono lo studio dei corpicelesti e la loro ordinata disposizio -ne; e affinch non rimanessero agli altrinascoste le cose da loro scoperte e nonfossero obliterate prima di venire cono -sciute Adamo aveva predetto una dop -pia futura distruzione delluniverso,una col fuoco, laltra con linondazione

    di abbondantissime a c q u e e r e s s e r odue stele [colonne senza funziones t a t i c a ], una di mattoni, laltra di

    p i e t r a; su tutte e duescolpirono le loroscoperte, affinch, seil diluvio avessedistrutto quella inmattoni, si salvasselaltra di pietra, perinsegnare agli uomi -ni le cose scolpite eindicare che era statainnalzata anche unastele di mattoni. La

    seconda si conservaancora oggi nella terra di Se iris.

    Nel testo gnostico della Vita di Adamoed Eva, la donna dimostra ancora una volta,dopo lofferta del frutto, di essere deposita-ria di sapere, e qui, di una sapienza specifi-camente muratoria; dice, dunque Eva, aifigli, a proposito delle conoscenze da tra-mandare, attraverso i castighi del giudiziodivino, per mezzo di due manufatti (sonoqui tavole in luogo di colonne), uno di mat-toni, laltro di pietra: [ ] se il signore giu -dica la nostra stirpe con lacqua, le tavole diargilla si scioglieranno, e resteranno letavole di pietra; ma se (giudica) col fuoco, letavole di pietra si spezzeranno, mentre letavole di argilla si cuoceranno.

    Un altro testo gnostico (desunto ancoradalla preziosa traduzione dei papiri di NagHammadi di Luigi Moraldi) detto delle t r esteli di Seth (sono tre qui le steli, ma non siparla forse, anche in Massoneria, di una ter-za colonna invisibile?), un altro testo fariferimento a steli come tramiti della parola.

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    La prima stele uninvocazione al padreAdamas, padre che l u c e, la seconda rivolta a Barbelo, la madre,vergine maschio, divenutamultipla pur restando una,un mondo di conoscenza,sapienza conoscenza-veri -t , colei, scrive Moraldi, cheammaestra e d forza lapotenza che unifica e ricon-cilia (Yakin e Boaz: forza,stabilit, potenza etc.).

    La terza stele, la colonnainvisibile, sintesi del proces-so della mente, attraverso ildualismo simbolico, verso laconoscenza suprema, un inno rivoltoallEssere Supremo, un momento sublimedi esultazione gioiosa: abbiamo visto te conl intelletto [ ] Tu sei lintelletto di tutti[ ] rallegriamoci! rallegriamoci! (Inno allagioia).

    Degna di nota una citazione dalle Sto-rie di Erodoto (V secolo a.C.) (L I m p e r oPersiano Usi e costumi degli Egiziani):

    [] navigai fino a Tiro di Fenicia, per -ch sapevo che l vi era un tempio, dedi -cato a Eracle: infatti ve lo trovai, ricca -mente adorno di molte e preziose offerte.E fra laltro di due colonne, una di oropurissimo, laltra di pietra di smeraldo,che splendeva la notte in modo meravi -glioso [ ] il tempio era stato erettoquando era stata fondata Tiro, cio due -mila trecento anni prima.

    Essa allude, con forte evidenza, ad unantecedente in architettura delle due colon-ne simboliche, esattamente a proposito di

    un tempio eretto nella patria di Hiram, e ledue colonne, simili, ma diverse, come Ya k i n

    e Boaz, si possono riferire,quella doro al dio del Sole,alla potenza creatrice, alla for-za maschile, quella di smeral-do, che splende la notte,appunto, alla divinit lunare,notturna, femminile.

    Davanti ai Templi egizi sipossono vedere due grandi ste-le, due colossi, due obelischi.

    I due pilastri di granito cheThutmosis III innalza al centrodel tempio di Ammone a Kar-nak sono decorati uno con il

    papiro, laltro con il loto (simboli dei dueregni dellAlto e Basso Egitto), che ram-mentano, con i loro calici, quello del giglio.

    Nelle decorazioni a rilievo degli stessitempli ho notato spesso la rappresentazionedi due alberi accoppiati, a sviluppo colon-nare, posti su un basamento; il Libro deiMorti, al capitolo 109, dice io conosco queidue sicomori di turchese tra i quali sorge R[ ] presso questa porta del maestro dellO -riente [].

    Sono i due alberi che stanno presso laPorta del Cielo; R il Sole; il fico sicomo-ro, albero sacro nellantico Egitto, accoglie,sotto forma di uccelli, le anime che attra-versano la Porta.

    Anche larchitettura mesopotamica cimostra gli stessi elementi abbinati a segna-re la porta del tempio: nella ricostruzionedella facciata del tempio di Khorsabad,vediamo, ai lati del portale, due colonne aforma di palma e, alla loro base due leoniaffrontati.

  • 25 Simbologia delle colonne del Tempio di Salomone , D. Banaudi

    Sulla facciata esterna della sala del tronodi Nabucodonosor, chepossiamo ammirare nelsuo stupendo rivesti-mento di ceramica alMuseo di Berlino,colonne in forma dialberi, che terminanocon motivi vegetali acalice stanno sopra afigure di leoni.

    Sono dette, nelleantiche mappe, C o l o n n ed E r c o l e, (il tempio diTiro con le due colonne citato da Erodotoera dedicato ad Ercole), quelle che stannoalla porta del Mediterraneo, del mondoconosciuto, e al di l antichi scribi verg a v a-no hic sunt leones, non plus ultra.

    Le colonne dErcole, dicevano gli anti-chi, sostenevano il cielo, simbolo dellassedel Mondo, che unisce la Terra al Cielo,analoghe ai due alberi edenici, lalbero del-la vita e lalbero della conoscenza del benee del male.

    Al di qua delle colonne sta il mondoconosciuto, quello della realt percepibile,al di fuori del tempio, il mondo visibile; aldi l della porta, vegliata dai guardiani del-la soglia, rappresentati dai leoni, sta il luo-go dello spirito, il mondo invisibile, il luo-go del non conoscibile.

    Di fronte alle chiese romaniche, in par-ticolare quelle dei Maestri Comacini, tro-viamo spesso unedicola o un protiro, ciouna costruzione che precede, segna e pro-tegge lingresso, sostenuta da due colonne,in genere appoggiate su leoni detti appuntos t i l o f o r i .

    Nella Chiesa di San Donnino a Fidenza,due colonne senza funzione

    di sostegno, sono addos-sate alla facciata.

    Qui, in corrisponden-za della colonna a sud sitrovano pannelli scolpitiche rappresentano il Car-ro di Elia o A l e s s a n d r oche con il carro ascendeal cielo, entrambe lefigure potendosi leggeresecondo una simbologia

    cosmica della facciata.Questo fa pensare che, tra le due colon-

    ne, appunto sulla soglia, sulla linea chesegna il limite, quegli antichi maestri pones-sero la porta stretta, il luogo di passaggio trail tempo umano e il Gran Tempo, il limitetra il tempo e il non-tempo, dove il presen-te attimo eterno, il confine tra lo spazioprofano e quello sacro, dove liniziato putrovare la strada che unisce la terra alcosmo.

    D u e sono le torri che affiancano la Chie-sa di SantAmbrogio a Milano e due sonosempre le torri che chiudono ai lati le Catte-drali Gotiche, e spesso, queste torri, come aChartres, sono ornate di elementi compen-satori alla loro natura simbolica: la torrenord, fredda, femminile e lunare marcatada un sole che la riequilibra, o da unimma-gine di Adamo, maschile, come a Parigi,mentre la torre sud, calda, maschile e solare completata con una luna compensatrice, oEva o la Vergine.

    Le due torri ricordano senzaltro lim-magine del Tempio biblico, come lo fannoin maniera ancor pi evidente le due enormi

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    colonne tortili ai lati della facciata baroccadella Sankt Karls Kirche aVienna costruita dal gran-de architetto Fischer Vo nErlach, quasi sicuramentemassone, che ci ha lasciatoanche una stupenda seriedi disegni interpretativi,appunto, del Tempio diSalomone.

    Le colonne tortili, pre-senti in genere nei portalidi chiese romaniche e goti-che, sono evidentementefrutto della sintesi formaledel concetto simbolico di tensione versolalto, di ascensione vorticosa che troviamonellasse attorno al quale avvolto a spira-le il serpente, simbolo di sapienza (il cadu-ceo ermetico lalbero biblico della cono-scenza al quale avvolto il serpente).

    Questo simbolo, per associazione, ci fapensare, solo qui accennandolo, anche allabirinto, altro elemento presente nellico-nografia simbolica tradizionale, e che imaestri costruttori posero sovente al centrodelle navate delle cattedrali.

    Unaltra interpretazione del tema dellacolonna, in particolare di quella abbinata,quindi riferita alle colonne del Tempio, nelloro significato iniziatico, quella dellacolonna annodata, ossia di una colonnacostituita di elementi cilindrici, stretti afascio e cordiformi, che si annodano nellaparte centrale, per proseguire, oltre questoviluppo, ancora in linea retta verso lalto.

    Anche questo tipo di colonna lo si trovain genere in corrispondenza di portali oaperture di chiese romaniche o gotiche.

    Noti sono gli esempi della Cattedrale diW r z b u rg (due colonne che

    portano incisi i nomi diY a k i n e B o a z) e, pivicino a noi, del Brolet-to di Como o nel chio-stro di Chiaravalle dellaColomba, presso Pia-cenza e in molti altriluoghi ove operarono iMaestri Comacini, chene fecero una loro figu-ra caratteristica.

    La simbologia dellacolonna annodata pu

    essere riferita sia a quella dei nodi damore(Leonardo ne decor un soffitto del Castel-lo di Milano) che a quella del percorso ini-ziatico, percorso che si snoda in un grovi-glio di vie nel quale districarsi, prima dipoter proseguire, e che ancora evocato siadal labirinto che dal pavimento a mosaicobianco e nero, o ancora dalle spire del ser-pente che si avvolgono attorno allalberodella conoscenza, come i sette festoni cheavvolgono le colonne del Tempio.

    Altri due oggetti simbolici riporta laBibbia a coronamento delle due colonne: lemelagrane, intrecciate con i festoni a rete eil lavoro a forma di giglio che corona ilcapitello.

    Le melagrane sono in numero di 200 e ilnumero qui il 2, e quindi relativo ad unasimbologia binaria, come le colonne stesse.

    Il significato pi citato dagli autori, perla melagrana, quello che richiama la sim-bologia associativa, come per tutti i fruttiche hanno molti semi; quello del legameche unisce i grani numerosi di questo frutto,

  • 27 Simbologia delle colonne del Tempio di Salomone , D. Banaudi

    numerosi come i massoni stretti nella lorofratellanza.

    Altre associazioni sim-boliche portano anche adaltri significati (la mela-grana spesso rappresen-tata con una fenditura chelascia intravedere i semirossi allinterno), comequello sessuale legatoalla fertilit.

    Il frutto tipico delleregioni medio-orientali esi trova stilizzato in deco-razioni mesopotamiche.

    probabile che nella mitologia tradizio-nale esso sia confuso o sovrapposto con ilfrutto analogo della mela, del pomo.

    Il giardino delle Esperidi, con le meledoro, la mela che Paride deve consegnarealla dea pi bella, la stessa mela di Eva:come si vede il frutto sempre in relazionecon 1elemento femminile e potrebbe esse-re in realt una mela-grana.

    E lo senzaltro nel mito di Persefone,che tratta agli inferi con lofferta appuntodi un chicco di questo frutto.

    Il mito di Persefone o Proserpina, ladiscesa agli Inferi, fa parte della culturalegata ai Misteri Eleusini (Eleusi luogo diquesto mito e i sacerdoti di Eleusi, durantei Grandi Misteri, si cingevano il capo dirami di melograno) e al simbolo del viaggioiniziatico, richiamato anche ritualmente dal-la discesa nel ventre della terra. Cerere,madre di Proserpina la dea della terra, laterra madre.

    Il chicco di melagrana che Persefoneassaggia pu anche essere il simbolo della

    scintilla di fuoco, rubata in favore degliuomini per la civilizzazione della terra.

    La melagrana evocava,nella Grecia classica ilsimbolo dei Misteri e,secondo Pausania, nellacitt di A rgos la statua diGiunone aveva in manouna melagrana ed aff e r-mava (cito da Bonvicini,Esoterismo nella Masso -neria Antica): Il signifi -cato del melograno unsacro segreto del qualenon posso parlare qui.

    Per questo si pu intuire che la melagra-na chiusa, non aperta, evochi appunto ilmistero.

    Le pietre preziose che contiene sono iltesoro che racchiude, noto solo a chi cono-sce gi il frutto e ne ha gustato i chicchi.

    Infine il giglio.Anche in questo caso la confusione

    botanica ha portato a varie interpretazioni erappresentazioni, ma un ritorno allorigina-le pu essere utile.

    Autori come Boucher o Bayard fannonotare che non del giglio bianco (assuntopoi dal Cristianesimo) si tratta qui, ma piprobabilmente del giglio di campo (o altridicono, dellanemone di colore rosso e che detto tra laltro Giglio di San Giovanni,perch fiorisce nel periodo di questa festa,aggiungendo cos unulteriore carica sim-bolica) che stato portato in Europa dallA-sia Occidentale.

    Nella decorazione Mesopotamica, Feni-cia ed Egiziana (il crogiuolo artistico alquale attinge il costruttore del Tempio di

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    Salomone, che proviene appunto da Tiro, inFenicia) sulla scorta di noti studi, comequelli di Semper o di Riegl, sipossono chiaramente distin-guere decorazioni a forma difoglia di papiro o di loto edaltre che sono proprio similischematicamente al calicedel giglio di campo con ipetali ripiegati allesterno edun pistillo centrale che ter-mina in una protuberanzaevidente.

    Questa forma senzaltroanaloga alle successive eclassiche decorazioni afoglie di acanto, che trovia-mo nellordine corinzio, ma anche gi,anche se con astratta schematizzazione, nel-le volute ioniche, che si ripiegano verso1esterno su se stesse.

    Troveremo lo schema a forma di giglioin capitelli e decorazioni ellenistici e bizan-tini, e poi ancora talvolta nella sculturamedioevale.

    I1 simbolo del giglio rosso a calice aper-to con grande pistillo centrale ha chiara-

    mente significato sessuale,riassumendo in s sia 1ele-mento femminile, aperto, ilcalice, che quello falliforme,il pistillo.

    Siamo ancora di fronte aduna figura simbolica, binariae ambivalente, come lecolonne.

    E per andare avanti, maqui meglio chiudere, pernon abusare della pazienzadel lettore, si potrebbe osser-vare che il giglio rosso aper-to, con i suoi sei petali, ricor-

    da lo schema geometrico di due triangoliequilateri, sovrapposti e con i vertici uno inalto e laltro in basso, oppure ad osservareche cosa succede tagliando una mela (i lpomo della conoscenza) non come di solitosecondo il meridiano, ma secondo il suoequatore.

  • Pratica Sufi e iniziazione occidentale,un binomio possibile

    di Alberto Samon

    Giornalista

    Sufism is the intention to go towards the Truth, by means of love. The practice ofsufism is called Tariqat: this is the spiritual way for searching Truth with interiorwork. In this article there is a description about this way and about correspondenceswith Masonic work and Western tradition. Sufism is a spiritual offshoot of Islam.The Sufi is a lover of Truth, and this love is manifested with some and variedexpressions. One of these is the dance of dervishes: they are also known as theMevlevi Order. The Sufi way is a possibility for coming out from automatism ofmechanic life, just like Masonry, that teaches to know our movement, paying atten -tion during the rites and during our life.

    l silenzio la misura di ogni cosa.Soltanto attraverso il silenzio pos-sibile conoscere se stessi, lavorare

    su di s, edificare il proprio tempio interi-ore. Appare qui interessante soffermarsi sualcuni aspetti della tradizione esotericaislamica, per comprenderne, se non i suoisignificati pi profondi, quantomeno alcunidati generali, utili ad una maggioreconoscenza di questa via e di noi stessi. Daoccidentali, questa parentesi pu appariresuperflua per unutile ricerca fra i diversisentieri della Tradizione, ma nella realtcos non , poich come stato trasmessoda chi ha intrapreso in passato una via diperfezionamento interiore, una la

    Tradizione, varie sono le sue espressioni1.La via spirituale islamica eminentementeuna via iniziatica, accessibile a pochi, manon perch esclusiva o segreta in senso let-terale, bens perch pochi conservano real-mente nel cuore un desiderio di pervenireallo scopo della vera iniziazione, ovverolapprossimarsi alla Realt divina, fino afondersi con essa. Lo stato di purezza(s a f ) lo si consegue attraverso la strada,che aperta a tutti. Non tutti, per, laseguiranno. Il segreto, infatti, si rinserra das e non ha bisogno di puntuali guardiani.Chi cerca trover, gli altri, molti, non tro-veranno, poich non cercano. La conoscen-za, perci, resta riservata a pochi, a coloro

    1 Julius Evola, La Torre. La frase Foglio di espressioni varie e di Tradizione una era riprodottacome sottotitolo alla testata della rivista che venne fondata nel 1930 dallo stesso Evola.

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    che compiranno davvero uno sforzo perperseguire il cammino interiore, il grandes f o r z o , al-Jihad al-Akbar,cos tanto frainteso damolti occidentali e da nonpochi musulmani.

    Il sufismo la scuolainiziatica islamica che inse-gna a guardare dentro sestessi per proiettare il pro-prio sguardo verso Allah. Ilsufi il cercatore di verit, colui cheabbandona tutto per concentrarsi sul propriocammino, che fatto di esperienza praticareale, e non di mere speculazioni intellet-tuali. Il ragionamento, lanalisi, la logicaproprie del mondo occidentale sono estra-nee alla via, poich la ricerca si compieattraverso lesperienza e la determinazione,metodo iniziatico per eccellenza. La defini-zione del sufismo composta, perci, daesperienza e realizzazione. La ragione, dun-que, uno stadio solo iniziale della propriaesperienza interiore, che si arricchiscemediante lintuizione e la conoscenza ana-logica e sintetica.

    Il sufi non possiede la verit, ma pove-ro in spirito, perch ha come unico scopoquello di cercare la verit ed approssimarsiad essa. Esattamente come liniziato occi-dentale, il massone, che non ha in s lerisposte, ma si pone le necessarie domande( un uomo di dubbio), non possiede laconoscenza assoluta, ma ha lo scopo di edi-ficare il proprio tempio interiore a maggiorgloria del Disegno del Grande A r c h i t e t t odellUniverso. E questo possibile, poichla reintegrazione individuale procede di paripasso con la reintegrazione universale:

    ecco, dunque, che il fine di lavorare per ilbene dellumanit trova un nuovo signifi-

    cato, pi appropriato agliiniziati, perch si spogliada implicazioni profane(sia pure talvolta condi-visibili) e umanitarie,assumendo il carattere diun obiettivo da consegui-re nel silenzio del proprio

    lavoro interiore, in gradodi mutare se stessi e, conseguentemente, dimutare lumanit, tracciando un quadro uni-versale di armonia, amore e legge.

    Il sufi che tende al ricongiungimento conil Principio comprende che non pu restarenella condizione attuale, di distrazione echaos, ma occorre praticare lattenzionenecessaria verso di s. Deve cambiare ilproprio modo di pensare, in maniera direbbero gli alchimisti da trasmutare ilveleno in farmaco, ovvero i bassi istinti incomportamenti circolari e virtuosi. Tutto cilo si ottiene attraverso il conseguimentodella povert, che premessa per larmo-nizzazione con la natura divina, nel ricordodel Principio. Daltronde, letimologia pid i ffusa del termine sufi fa proprio riferi-mento allessenzialit della ricerca interio-re, poich il s u f la lana, materiale poverodi cui erano composte le tuniche degli ini-ziati che vivevano nel deserto. La tunicaaveva cento toppe, tante quanti i nomi divi-ni, ed era la veste tipica dei dervisci medie-vali. La stessa parola d e r v i s h vuol direpoverello, poich i dervisci sono ascetipoveri, avendo appunto come solo scopodella vita la ricerca spirituale. La povert,intesa come essenzialit, rappresenta la con-

  • 31 Pratica Sufi e iniziazione occidentale, un binomio possibile, A. Samon

    dizione interiore necessaria per iniziare ilproprio cammino di perfezionamento. Cos,come nella via iniziatica occidentale, i neo-fiti devono spogliarsi dei metalli erestare nudi, perch la nuditesprime labbandono di tutte leabitudini, le certezze, le ideolo-gie, le ordinarie distrazioni dellavita profana. Esprime la condizio-ne necessaria di chi entra nelTempio per intraprendere il cam-mino di reintegrazione.

    Il derviscio (e il sufi in genera-le) segue la Via spirituale, che laTariqah: Tarika sufiyya, difatti il sentie-ro dove ci sono gli ubriachi2, nellaccezio-ne mistica di tale condizione interiore.

    Un importante riferimento esoterico rappresentato dal mantello del derviscio, ilK h e rq e, che simbolizza la natura divina e isuoi attributi, poich tessuto con lagodella devozione e con il filo del ricordo per-manente, condizioni che implicano unosforzo di attenzione verso il proprio centrointeriore. A ben vedere, il mantello spiritua-le delliniziato islamico ha una somiglianzanon indifferente con il simbolo analogo del-la tradizione martinista3. I filosofi incognitidel Martinismo affermano, infatti, che coluiche si posto in una via di realizzazioneindosser un simbolico m a n t e l l o (e una sim-bolica m a s c h e r a): con questi strumenti, con-

    tinuer a vivere nella societ, nella folla e inmezzo agli altri uomini e donne. Il mantel-lo sar indice del silenzio, della pazienza e

    della costanza con cui si compieil proprio lavoro interiore;testimonier il chiudersi entrose stessi, nel laboratorioalchemico della propria natu-ra umana, laddove si potrlavorare con gli strumenti dicui si dispone per raggiungerela trasmutazione del propriostato, da plumbeo in aureo.

    Proprio il mantello consentir alricercatore di trovare la necessaria tranquil-lit, per potere incominciare il diff i c o l t o s olavoro che attende chi animato da autenti-co desiderio. Ma al tempo stesso, il mantel-lo sar anche strumento per distinguere lapropria essenza dalle mille i d e n t i f i c a z i o n iche provengono dal mondo esterno, cos daliberarsene, riconoscendo soltanto il ri-chiamo della propria pi intima essenzache, fino ad ora, stata sommersa dal chias-so di altre mille voci, mille io che hannoimpedito di ascoltare la voce del padrone.Che hanno impedito di sentire la vibrazionedellIo sono4.

    Allo stesso modo, nella Massoneria Uni-versale, gli iniziati indossano un grembiule(diverso a seconda del grado raggiunto),che li protegge dalle schegge della pietra,

    2 Idries Shah, I Sufi. Edizioni Mediterranee, Roma, 1990.3 Martinismo, corrente iniziatica fondata in Francia da Papus (Gerard Encausse) nel 1881 sullabase degli insegnamenti di Louis Claude de Saint Martin.4 Alberto Samon, La Tradizione del S. Viaggio fra i simboli della conoscenza iniziatica. Edi-zioni Atanr, Roma, 2003.

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    nel corso del proprio paziente lavoro disgrossamento e levigazione: lavoro che , altempo stesso, simbolico e pratico,poich i simboli indicano al mas-sone la necessit di cingersi, diproteggersi da quelle impurit (ledisattenzioni, le distrazioni, ilchaos, le pulsioni profane), cheprovengono dallesterno e dal pro-prio interno, ostacolando la costru-zione del tempio, ossia il propriointimo lavoro su se stessi.

    La Via sufi ricorda, per certiversi, alcune espressioni dellini-ziazione occidentale, perch fa usodei tre segni di riunione, che vengono uti-lizzati anche nella Via massonica: ilSEGNO, la PRESA e la PAROLA. Ce neriferisce Rudolf Von Sebottendorff nel suolibro sullantica Massoneria turca, nel qua-le rileva come non si tratti qui unicamentedi segni di riconoscimento; non sono nelmigliore dei casi semplicemente dei simboli,bens degli atti magici destinati a captare leradiazioni pi sottili delle forze elementari,ad integrarle nel corpo, e cos, da renderequesto corpo pi spirituale e ad assicurareallo spirito la preponderanza sulla materia5.Sebbene non si possano non condividere lecritiche poste dal professor Claudio Muttinellintroduzione allo stesso libro circa lareale conoscenza che lautore aveva dellIs-lam, lo studio di Von Sebottendorff apparecomunque utile, se non altro perch negliultimi decenni e non crediamo sia un caso

    proprio la Turchia ha visto il fiorire diuninteressante Massoneria laica ma di

    influenza islamica, fatta ogget-to, non molto tempo fa, di unvile attentato compiuto daesponenti dellintegralismofondamentalista.

    Comunque sia, la p a r o l a h agrande significato nellinizia-zione sufi. Nella cerimonia dels a m , il nay, il flauto di cannache accompagna il canto, suo-na allinfinito, essendo essolanima strappata alla propriaorigine divina, che si lamenta,

    poich come insegnano gli gnostici sprofondata in questa dimensione, nello-scurit, dove smarrita e cerca la Via. E latrover proprio attraverso la parola, cantataritmicamente dagli iniziati, dai monaci der-visci: l ilha ill-llh, non c altro dio senon Dio. Nel rito, hanno valore anche isegni e le posture, poich i sufi sono seduticon le gambe incrociate e la mano destraresta immobile sul ginocchio sinistro, men-tre la mano sinistra si fissa sul polso destro. la posizione della rinuncia, poich mani egambe compongono il L , labbandono del-lesistenza limitata, il distacco dellindivi-duo, e procedono con un movimento chedallombelico giunge al collo delliniziato.Il sufi prosegue, quindi, con la posizionecorrispondente a ilha: inclinando il capo eruotandolo verso destra, a rappresentare lanegazione delle false credenze, delleff i m e-

    5 Rudolf Von Sebottendorff, La pratica operativa dellantica massoneria turc a. Arktos, Carma-gnola, 1995.

  • 33 Pratica Sufi e iniziazione occidentale, un binomio possibile, A. Samon

    ro. Quindi, i l l - l l h, che il compimento,mediante linclinazione del capo e la suarotazione a sinistra, a simboleggiare laRealt Assoluta.

    Lo scopo del raggiungi-mento dellequilibrio vieneottenuto anche mediante ledanze, compiute dai dervi-sci m e v l e v i, il cui Ordinevenne fondato nel medioe-vo, nella citt turca di Kon-ya, da Djalal-ud-Din Rm.Ancora oggi i derviscimevlevi fanno della danza lostrumento principale per il raggiungimentodel proprio ordine interiore, della pace.Come ogni espressione della vita umana, ingenerale, anche la danza pu rispondere apulsioni che tendono al disordine, oppure acomandi interiori, volti a fare ordine. Sol-tanto in questo secondo caso si pu parlaredi danza sacra. La sacralit della danza ri-siede nella possibilit che questa espressio-ne umana si congiunga con un ritmo ogget-tivo, immutabile, cosmico.

    La danza sacra danza oggettiva: non vi nulla di proprio, di personale, poich imovimenti del corpo rispondono a unar-monia assoluta, a un flusso energetico di cuianche gli uomini possono essere partecipi.Nella danza sacra, luomo un mediatore:non partecipa ad una prospettiva legata alrisultato esteriore, non si preoccupa deller-rore. La danza sacra quando produce unavibrazione interna, che consente di ripetere

    i movimenti in modo presente ma distacca-to e, soprattutto, non automatico. Non sitratta infatti di unesecuzione dettata dagli

    automatismi, ma da unapartecipazione coscientedel danzatore allatto cheviene eseguito. La danza,come le altre manifesta-zioni delluomo, pu esse-re inconsapevole, oppureconsapevole. Si pu dan-zare dormendo e si pudanzare da svegli, senten-

    do ci che si fa. per questaragione che, dunque, la danza pu essereritenuta parte di un pi vasto e antico inse-gnamento, volto a riequilibrare se stessi, adare e fare ordine6.

    La danza dei dervisci una danza consa-pevole: il rito inizia con i danzatori cheindossano una veste nera, espressione del-loscurit in cui piombata lumanit, delvolgare vestito corporeo che incarcera lospirito (anche in questo caso le similitudinicon la dottrina gnostica appaiono rilevanti),ma quando cominciano a danzare, la vestenera cade e i dervisci rimangono coperti dauna lunga tunica bianca, che al loro roteareritmico si apre come il petalo di un fioreappena sbocciato: il fiore dellanima. Il lun-go copricapo nero o marrone scuro ricordaanchesso la dimensione oscura della pro-pria rozza corporeit e, al contempo, riman-da alla pietra tombale che chi si pone in uncammino di realizzazione interiore deve

    6 Alberto Samon, Movimenti verso se stessi, lessenza delle danze sacre, in Op. cit., EdizioniAtanr, Roma, 2003.

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    edificare sopra la vita di ogni giorno, fattadi ignoranza e disattenzione7.

    La danza diventa dunque un atto iniziati-co e il suo svolgersi altronon se non il cammino dipurificazione compiuto dachi intende morire a questavita, per rinascere diverso,d i fferenziato. Durante ladanza, i dervisci roteanoattorno a se stessi, ma non sitratta di una frenetica circo-larit, bens di un movimen-to cosciente, compiuto attornoa un asse invisibile: come se i monaci fos-sero immobili anelli di congiunzione diquesto asse, che unisce la dimensione terre-stre con quella celeste. Anche per questaragione, nella loro danza una mano, ladestra, rivolta verso lalto, mentre la sini-stra, verso la terra. Il sufi danzante, quindi, colui che raggiunge il c e n t r o, tra loriz-zontalit della materia e la verticalit dellospirito. E questo insegnamento non attienesoltanto ai dervisci mevlevi, ma comune aogni danza che possa essere definita sacra.I movimenti, nelle danze sacre, non sonoperci il frutto della sola corporeit, ma nonsono neppure il prodotto esclusivo di unintenso e programmato lavoro mentale diattenzione. Nella danza sacra, e nei riti ini-ziatici in generale, ogni movimento cosciente, poich consente che il propriocorpo, le emozioni e la mente lavorino in

    modo simultaneo, svolgendo ciascuna par-te il proprio compito. In tal caso lattenzio-ne diviene massima, perch tutti i centri

    dellessere umano ne sonocoinvolti allo stesso modo enello stesso tempo. In que-sto modo il sufi muore alledisattenzioni della vita pro-fana, alle associazioni men-tali, ai pensieri frivoli, allepaure, alle emozioni e alledisarmonie ordinarie delproprio corpo. Per tutte que-

    ste ragioni, la danza un rito,esattamente come qualsiasi altro rito inizia-tico, poich chi ne partecipe deve essereconsapevole di ci che fa.

    Egli deve far vibrare le corde dellanima,entrando in sintonia con le g g r e g o r o d e ipropri compagni, dei propri fratelli, che nelsilenzio lavorano, ciascuno su se stesso, matutti insieme. Anche in questa espressione,il sufismo la via mistica dellIslam e latradizione occidentale non diff e r i s c o n o ,avendo lo stesso scopo, che quello di farein modo che i cercatori di verit apranogli occhi per uscire dalla meccanicit deldivenire profano. Esattamente, come avvie-ne nel tempio massonico, dove la deambu-lazione delliniziato avviene con attenzione,avendo ogni movimento un suo precipuosignificato e rappresentando un modo perconcentrare le proprie energie, in modo dari-ordinare se stesso.

    7 Massimo Jevolella, Rm e i dervisci ruotanti, in Sufi, la danza del cosmo. Red edizioni, Como1997.

  • Gli Archetipi e la tradizione ermetica

    di Roberto Ortoleva

    Psichiatra-psicoanalista junghiano

    Using the archetypal function in analytical psychology allows to understand thesymbolic and ritual actions connected with the esoterism of Tradition. The arche -type, as a universal category, finds some standard features during the history ofTradition, emphasizing many links with the mental dimension, considered as finebody.

    l titolo di questa mia relazione sibasa su unidea che ha spesso sol-cato il mio interesse di studioso del

    pensiero esoterico ed ermetico dellafilosofia junghiana.

    I problemi fondamentali, a mio avviso,sono da considerarsi allinterno di un bino-mio: memoria, o immagini della memoria emistero, quindi coscienza ed inconscio,segno e archetipo, realt oggettiva e realttrascendente, e come tutto questo pu inte-grarsi in unidea che da una parte scienti-fica e dallaltra religiosa, quindi spiritua-le, che attraverso il simbolo pu ritrovareunidea di sintesi, un aspetto di riunifica-zione degli opposti, il S.

    La memoria, infatti, rappresenta nellasua immagine archetipica, susseguente allamorte di Cristo, la sua Imago sorta nellani-ma collettiva dellumanit che la nostratranspersonale banca della memoria a lun-go termine.

    Quindi, la memoria viene considerata dasempre il fondamento dellereditariet edella biologia evoluzionistica, cio in altritermini perch i figli assomigliano ai geni-tori e perch, tuttavia, sono diversi da loro,che cosa biologicamente viene riportato dauna generazione allaltra.

    Il tema dellevoluzione divenne ben pre-sto il problema dellalterazione nellamemoria biologica. Questo il motivo per

  • 36 ATTRAVERSO LA PSYCHE

    cui Jung riusc ad elaborare, nelle sue teoriedellinconscio collettivo nel 1916 e degliarchetipi nel 1919, la presenza di unaltramodalit di espressione nellanostra esistenza, che archetipica.

    Gli archetipi, in questo senso,possono rappresentare alcune del-le proposizioni pi significativesuccessive allavvento che avven-ne prima con Plutarco e poi conNietzsche nel momento in cui glidei erano diventati malattie.

    Successivamente Mircea Elia-de afferm che uno dei problemidi senso della nostra civilt nascedal fatto che agli dei di un temposi sostituirono i cosiddetti dei ozio-si che non avevano pi nessuna voglia dirappresentarsi nelluomo, proprio perchdelusi dalle sue azioni.

    Noi possiamo dire che lelemento pisignificativo degli archetipi quello di con-siderarli come aspetti pi presenti dellarealt, come manifestazioni della divinit;quindi, gli archetipi hanno ruoli di organiz-zatori, che vengono attribuiti anche allideatriangolare dellEdipo che in questo caso una modalit di attualizzazione, fra le altre,degli archetipi.

    La Libido in senso junghiano diventa unaspetto della regressione e pu portare adevidenti alterazioni nella dinamica psichicae quindi anche a situazioni di malattia cheJung ben illustr nei suoi testi, primo fra iquali Simboli della trasformazione del 1913.

    Non casuale che laspetto archetipicosia quello che viene considerato da tutticome la parte pi debole, da un punto divista scientifico della psicologia analitica

    junghiana, ma nello stesso tempo anche