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HIRAM Rivista del Grande Oriente d’Italia n. 1/2003 EDITORIALE 3 La fierezza “trasgressiva” di essere Massoni Gustavo Raffi - Antonio Panaino RIFLESSIONI 13 La filosofia, la conoscenza dell’umano, il dialogo col pensiero religioso Sergio Moravia STORIA DELLA MASSONERIA 19 Le prime logge massoniche in Italia Alessandro Africa 27 300° anniversario della nascita di Tommaso Crudeli Renzo Rabboni ESOTERISMO 41 L’alfabeto latomistico RLXX Settembre 1870 n° 843 FILOSOFIA E MASSONERIA NEL SECOLO DEI LUMI 51 Piccola guida per orientarsi nella storia della Massoneria settecentesca Davide Monda 61 Il conte Henry de Boulainvilliers tra spinozismo e astrologia Aurelia Delfino 73 Metamorfosi e stili del moderno. Dal neo-cinismo al neo-stoicismo Pierre Dalla Vigna 93 Ricerca massonica fra Illuminismo e Idealismo. Da Lessing a Fichte Walter Moncada RECENSIONI 103 SEGNALAZIONI EDITORIALI 107

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HIRAM

Rivista del Grande Oriente d’Italian. 1/2003

• EDITORIALE3 La fierezza “trasgressiva” di essere Massoni

Gustavo Raffi - Antonio Panaino

• RIFLESSIONI13 La filosofia, la conoscenza dell’umano, il dialogo col pensiero religioso

Sergio Moravia

• STORIA DELLA MASSONERIA19 Le prime logge massoniche in Italia

Alessandro Africa27 300° anniversario della nascita di Tommaso Crudeli

Renzo Rabboni

• ESOTERISMO41 L’alfabeto latomistico

R∴ L∴ XX Settembre 1870 n° 843

FILOSOFIA E MASSONERIA NEL SECOLO DEI LUMI

51 Piccola guida per orientarsi nella storia della Massoneria settecentesca Davide Monda

61 Il conte Henry de Boulainvilliers tra spinozismo e astrologiaAurelia Delfino

73 Metamorfosi e stili del moderno. Dal neo-cinismo al neo-stoicismoPierre Dalla Vigna

93 Ricerca massonica fra Illuminismo e Idealismo. Da Lessing a FichteWalter Moncada

• RECENSIONI 103• SEGNALAZIONI EDITORIALI 107

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EDITORIALE

La fierezza “trasgressiva” di essere Massoni Appunti sull’identità massonica e sulle pretese relazioni tra Massoneria e New Age.

di Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italiae

Antonio Panaino, Università di Bologna

In the present contribution the Authors deal with the problem of the impact playedby the Craft on the cultural and ethic development of the society. The public presen-ce and role of the G.O.I. is making Freemasonry as a “normal” member and part-ner of the society and is not reducing its image as that of an obscure sect. Such atrend does not mean a refusal of the reservedness oabout the esotheric level of themasonic experience, but only wants to emphasize the fact that in a modern anddemocratic society also the masonic institution has the duty to explain and clarifyits ethical values and ideas. In this framework the pride to be Mason assumes alsoa public significance and strengthens the transparence of the Craft.

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Carissimi Fratelli, gentili lettrici e lettori,

IIn prossimità della prossima GranLoggia di Rimini (3, 4, 5 aprile2003) ci sembra opportuno condi-

videre alcuni elementi di riflessione sulsenso attuale della nostra identità. Noncrediamo certamente di poter esaurirel’argomento, ma nutriamo la convinzioneche una esposizione un po’ più circostan-ziata di quanto stia accadendo nel mododi pensarsi del mondo massonico, in par-ticolare nel nostro Paese, meriti l’apertu-ra di una discussione serena e allargata.

Cosa significa essere Massoni? Comesi coniuga tale identità con la società con-temporanea? Come si relaziona laMassoneria con la cultura, le religioni, ilmondo della politica? Tutti argomenti dif-ficili, talora scabrosi, ma ineludibili.Purtroppo, invece, per non essere troppoespliciti e chiari su tutti questi temi, vuoiper eccesso di riservatezza vuoi per unmalinteso senso di neutralità assoluta, si èlasciato modo ad altri, spesso con intentipalesemente ostili, di dare delle risposte,le quali, ovviamente, non potevano che

essere alquanto fuorvianti, anche se inqualche caso non del tutto infondate.

Ogni istituzione cheraccolga un corpo socialesignificativo per numerodi associati e per presti-gio degli stessi, quindianche e soprattutto laMassoneria, ha il dove-re, in una società demo-cratica moderna, di farcomprendere, non di certo ilsegreto iniziatico, argomentosu cui ritorneremo, ma il senso e loscopo della sua esistenza.

E’ infatti per questa stessa ragione cheil nostro rituale, nel corso dell’iniziazioneprevede che il recipiendario, alla domandarelativa a che cosa egli sappia mai dellaMassoneria, non risponda più banalmente“nulla!”, bensì prescriva di dichiarare laconoscenza della sua storia e delle suefinalità. Inevitabilmente ciò significa chesi è ritenuto che un uomo, libero e dibuoni costumi, considerato sufficiente-mente maturo per intraprendere il cammi-no iniziatico, non potesse, nel contestodella moderna società, essere preso ipo-critamente per un pesce in barile che nullasaprebbe di quanto stia per aprirsi dinanziai suoi occhi, alla sua mente ed al suocuore. Il segreto iniziatico, quel “grandenulla” secondo la celebre definizione diFederico di Prussia, non viene certo tra-smesso o violato rivelando le ragioni dellastoria e del cammino spirituale che hannodato vita nel corso dei secoli a quelladimensione di sociabilità che ricade sottola designazione di Libera Muratoria. I

fini, le grandi conquiste e le sofferenze,ma anche le cadute, le incertezze o gli

errori, inevitabili in ogni istituzio-ne umana, sono sotto gli occhi

di tutti; quindi non solo inostri ma anche quelli deglialtri. Credere che la segre-tezza sia esclusivamente il“non far sapere nulla” diquanto tecnicamente

avvenga nei templi, come sesi potesse vivere in una

dimensione semi-carbonara, nonsolo sarebbe un errore, ma il frutto di

una palese banalità, dalle conseguenzeautodistruttive. Qualsiasi storico accorto,capace di consultare con sistematicità lefonti d’archivio e la bibliografia massoni-ca, sarebbe in grado di ricostruire con unaltissimo grado di precisione sia i ritualisia le parole di passo di diverse tradizio-ni muratorie. Quindi il “segreto” non puòcerto essere proprio e solo questo; e ciòche non costituisce un vero “segreto” nonmerita di essere custodito in quanto tale,altrimenti si perderebbe di vista la piùalta e profonda dimensione inconoscibileal profano, quella che solo l’esperienzadiretta, la partecipazione e la condivisio-ne attiva di valori e di simboli può pro-durre e che deve restare non pubblica.Leggere un rituale massonico, oggettoriservato, ma come si è visto da qualchesecolo per nulla top secret, non è affattola stessa cosa che praticarlo; né conosce-re la dimensione massonica e la sua fina-lità vuol dire partecipare a tale esperien-za e quindi conoscere propriamente il“segreto” massonico, che è solo di ordine

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iniziatico e non profano (ovvero partiti-co, economico o peggio). D’altra parte,chi non ha ancora avuto tale opportunitào non fosse intenzionato a partecipare atale percorso, credo che invece abbia ilpieno diritto di ottenereda parte dell’istituzio-ne massonica il mas-simo dell’informazio-ne possibile sugli scopidella sua esistenza e suisuoi valori, sul suo ordina-mento e funzionamento.

Una Massoneria che non sapesse infattiinterloquire con la realtà circostante, chenon lasciasse comprendere il senso dellasua esistenza sarebbe condannata, come ègià avvenuto in passato, a ritrovarsi ogget-to delle più disparate accuse e delle più biz-zarre attribuzioni, ridotta nel novero inac-cettabile delle società segrete. Se peraltrocommissionassimo ad una società specia-lizzata un sondaggio campione su che cosal’italiano medio conosce della Massoneria,ci troveremmo di fronte ad una massa diassurdità che però non possiamo ignorare.Esperienze curiose avvengono anche quan-do dialoghiamo con persone di spessoreculturale certamente più elevato dellamedia o sfogliamo opere di studiosi degnidi stima e ritroviamo che ben pochi ricorda-no (ma molti non lo sanno proprio) che filo-sofi come Lessing e Fichte, letterati comeGoethe, ma in Italia ad esempio ancheMonti, Foscolo, Alfieri, Beccaria,Quasimodo, Carducci, Pascoli, scienziaticome Einstein e Fermi, personaggi comeGandhi o Allende, e molti altri ancora, nonsolo sono stati Massoni, ma che dal rappor-

to con la Massoneria abbiano certamentetratto stimoli ed ispirazioni così come a lorovolta ne hanno portato in essa.

La colpa non è solo della congiura anti-massonica interessata a celare la vastità

della presenza cul-turale dellaMassoneria o

l’importanza delsuo influsso sulla

nascita delle modernedemocrazie, nel dibattito

costituzionalista come nelladefinizione dei diritti dell’uomo e

nella realizzazione di istituzioni umanita-rie di carattere internazionale. Notevoleresponsabilità ricade anche su molte dellestesse Massonerie che credono, o hannocreduto, di esaurire esclusivamente al lorointerno qualsiasi funzione storica ed eso-terica, lasciando al singolo ogni eventualeintervento individuale ed al contemporeputando ogni forma di outing come unasottile violazione dei landmarks o comeuna sorta di interferenza politica o piùsemplicemente come espressione di pro-fanità. Peccato che tale atteggiamentoiper-riservato abbia avuto costi socio-cul-turali pesanti per la stessa Comunione eche esso sia praticabile solo a patto che glistessi Massoni non si azzardino a testimo-niare la loro adesione a questo camminoiniziatico, ma che piuttosto si guardinobene dal farne parola e che la custodisca-no gelosamente come una realtà accessi-bile a pochi, purché “eccelsi”. Peccatoancora che tale levatura eccelsa non sem-pre corrisponda ad un livello di conoscen-za né esoterica né profana decorosa e che

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molti dei pochissimi prescelti a stentosupererebbero una tegolatura completa,regolamenti alla mano. Peccato ancorache in anni passati l’idea che laMassoneria fosse un club di gentiluo-mini benestanti ed appagati, pron-ti a scimmiottare i nobili ingle-si ed a giocare un esclusi-vo cricket esoterico,abbia acuito lapessima immaginedi un’istituzionesostanzialmente rea-zionaria, quasi una escrescen-za residuale della storia passata,tenebrosa se non pericolosa; iltutto per giunta in un contesto politico-culturale come quello italiano, ove né letradizionali difficoltà con la Chiesa né leforti prevenzioni di area “progressista” (adifferenza peraltro di quanto storicamenteavvenuto in altri Paesi europei) potevanofavorire un’atmosfera più serena. Comepubblicità certo non male, soprattutto inun’epoca che sulla comunicazione fondauna parte sostanziale della sua vita.

Se invece crediamo che la Massoneriaabbia ancora un ruolo storico, non solo sulpiano soggettivo, ovvero positivo per isuoi membri che hanno grazie ad essa unastraordinaria occasione di maturazionespirituale e di confronto intorno alla cen-tralità di Dio e dell’uomo senza preclusio-ni ideologiche e religiose, ma anche perl’umanità (e quindi anche la società piùvicina in cui viviamo quotidianamente),dobbiamo assumerci delle responsabilitàetiche e quindi contestualmente ancheeducative. Nostro compito è infatti anche

quello di promuovere la conoscenza dellaMassoneria, della sua storia, del suoruolo, dei suoi personaggi e del loro con-tributo, e quindi anche delle sue incertez-ze e difficoltà, e soprattutto della sua, per

noi, straordinaria funzione di sociabi-lità e di crescita interiore. Non

sono pochi coloro cheignorano completa-mente la dimensioneetica e spirituale che

unisce liberamente iMassoni, e che invece reputa-

no la Massoneria come una con-sorteria che avrebbe abbandonato

la sua ritualità per dedicarsi a più remu-nerative attività. Gli unici che possononei fatti smentire tale fuorviante vulgatasiamo, in prima battuta, solo noi, e nessunaltro. Sulla scorta di tale azione di promo-zione, se si vuole usare un termine certa-mente inadeguato, molte componentidella società civile si troveranno costrettea riconsiderare giudizi affrettati e/o fon-dati su conoscenze fallaci; fatto che si stagià lentamente realizzando. Eventualiavversari dovranno altresì fronteggiare undiscorso a viso aperto, accettare il terrenodel confronto e non quello dell’invettiva,a cui non dobbiamo certo prestarci. Anzi,laddove emergano infondate accuse osemplici maldicenze non ha senso farepolemica ma si dovrà intervenire conrigore e chiarezza senza accrescere lapolemica, ma piuttosto superandola.

Per esempio, la recente Riflessioneproposta dal Pontificio Consiglio dellaCultura e dal Pontificio Consiglio per ilDialogo Interreligioso sul New Age, inti-

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tolata Gesù Cristo portatore dell’acquaviva, individua (p. 10) l’origine del NewAge nel contesto rosacrociano e massoni-co, al tempo della rivoluzione francese eamericana; inoltre (p. 27), la matri-ce essenziale del pensiero New Ageva ricercata - secondo tale docu-mento - nella tradizione esoterico-teosofica, ampiamente accettata daicircoli intellettuali europei neisecoli diciottesimo e diciannovesi-mo. E’ stata particolarmente pre-sente nella massoneria, nello spiri-tismo, nell’occultismo e nella teoso-fia, che hanno in comune un certotipo di cultura esoterica.

Sul piano storico tale giudizio non puòessere completamente smentito, poichél’ambiente massonico dei secoli XVIII eXIX ha visto incrociarsi filoni culturalidiversi, tra Aufklärung e Schwärmerei,ma esso risulta se non altro storicamentesemplicistico. Innanzitutto perché l’esote-rismo massonico è stato radicalmentelegato, sin dalle sue origini, con la tradi-zione cristiana, anche cattolica, e non soloperché l’estensore dei Landmarks,l’Anderson, fosse un pastore protestante,ma per il fatto che l’impianto culturale dellavoro massonico si ispirava ad una tradi-zione di fede saldamente strutturata nelmondo occidentale, pur con apporti, giàpassati attraverso l’Europa cristiana nelcorso del Rinascimento e del Medioevo.Che alcuni filoni dell’esoterismo cristia-no, fortemente presenti anche inMassoneria, possano aver contribuito allaformazione del terreno culturale del NewAge è un fatto pertanto indiscutibile; si

tratta peraltro di un contesto talmentebuio in cui quasi tutte la vacche sembranonere e dove le corna dell’una si incrocia-no con quelle dell’altra. Quindi ci sembra

difficile scaglia-re pietre senzafare dei distin-guo precisi esenza rilevare lanatura e l’origi-ne degli esoteri-smi in questione.Ad esempio ilfilone regolaredelle Massonerie

non si è mai lasciato travolgere da unimpianto irrazionalista tale da sostenere ilNew Age; anzi, il fatto che la Massoneriain più occasioni abbia precisato di nonessere una religione, né di adorare un diomassonico, né di proporre una veritàsegreta ultima, quanto piuttosto abbiasvolto una funzione di dialogo diretto trauomini di religioni differenti (cattolici eprotestanti innazitutto, poi ebrei, hindu,musulmani, etc.) mostra come la culturamassonica rifugga, sul piano istituzionale,dalla paccottiglia di certezze vendute dalNew Age. La Massoneria propone unmetodo di indagine attraverso simboli eriti che non hanno alcun valore sacramen-tale, ma solo formativo-educativo dellacoscienza e dell’educazione etico-spiri-tuale. D’altra parte lo stesso documentopontificio rileva con preoccupazione lafascinazione che gli stessi ambienti catto-lici hanno avuto per tale area spiritualista;sarebbe inutile quindi notare che vipotrebbero essere anche dei Massoni, le

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Massonerie sono tante, che abbiano inte-resse per tale tradizione, ma l’eventualeadesione di un singolo non può pregiudi-care il giudizio su un’intera Comunione esulla sua storia. Il fatto poi che leMassonerie regolari vietino di tratta-re di questioni di politica e religione,troppo spesso ignorato o dimenti-cato, dovrebbe ricordare che lanostra istituzione non proponeuna propria via di salvezza,lasciando alle religioni il compi-to di farlo (quindi anche allaChiesa cattolica) e che tali diverseverità non vengono smentite dal-l’istituzione massonica, né sonosoggette ad una sorta di centrifugaanti-religiosa; anzi costituiscono laricchezza portata dai singoli nellacomunione. Le certezze proposte dalNew Age sono lontane dall’impian-to massonico che non proponemagie, né riti di potenziamento ego-tico, di sbattezzamento o peggio ancora.Peraltro, l’attenzione critica all’esoteri-smo New Age, che ci sembrava pericolo-samente dilagare verso una sottoculturadel sacro e dello spiritualismo, fomentan-do atteggiamenti ottusamente egoistici ededonistici in un contesto da supermarketdell’eclettismo religioso, era già stato sot-tolineato dal Gran Maestro nel corso dellaGran Loggia di Rimini del 2001. In que-sto caso, non possiamo che prendere attodi molti giudizi concordi espressi anchedalla Santa Sede sull’argomento, pur sot-tolineando il fatto che, nell’attacco indi-scriminato ad una componente spirituali-sta dell’esoterismo massonico settecente-

sto, la Chiesa colpisce proprio un pezzo dicultura religiosa nata in casa propria, e sucui sarebbe importante fare chiarezza.Non è infatti un caso che la partecipazione

di J. de Maistre al Rito ScozzeseRettificato, come l’azione svolta dalcavaliere A.M. Ramsay (padre del

Rito Scozzese Antico e Accettato),ma anche cattolico fervente esegretario di Fénelon, siano solola punta di un iceberg maturatonel mondo cristiano (tanto catto-lico quanto protestante) e che hatrovato anche in Massoneria unsuo sfogo di estremo interesse.Resta comunque il dato storico

che tali tendenze spiritualiste nonhanno mai dettato legge in modo

normativo sull’impianto libero e diricerca critica della Massoneria, alme-

no sul piano istituzionale.Per tornare al tema generale, è

bene che, dinanzi a continui adde-biti di responsabilità, la Massoneria simostri senza ambiguità, che traspaia intutta la sua limpidezza per le notevoliazioni di solidarietà, per l’impegno nellacostruzione di una società civile tolleran-te e sempre meno ingiusta, che si propon-ga come ambito di riflessione critica, libe-ra da partiti e da interferenze istituzionaliesterne, che provochi e stimoli interroga-tivi e che al contempo rispetti e affratellile diversità. Ciò ovviamente può esserequalcosa di temibile per chiunque voglianormalizzare la diversità ed uccidere lospirito critico e libero, ma non sarà maioggetto di curiosità torbide o persecutrici,almeno sinché l’Italia e l’Europa saranno

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luoghi democratici di libera espressione eassociazione. La Massoneria fonda la suaesistenza su motivazioni coraggiose;innanzitutto quella che la verità, e quindianche la dimensione divina, non sia pro-prietà esclusiva di qualche istituzioneo di qualche persona,ma rappresenti un finea cui tendere condivi-dendo le diversità,unendo uomini chemai si sarebbero tro-vati insieme. Credenella libertà e nella dignità della personae non impone ai suoi membri alcuna veri-tà assoluta, ma propone soltanto un meto-do di ricerca, talora drammaticamenteesperito attraverso la ritualità che tuttiunisce e armonizza nel tempio; non cono-sce diversità di razza, religione o cultura.Nella sua storia si è dovuta scontrare contutte le forme di totalitarismo e di intolle-ranza politica, a partire dal ‘700, in cuiStati meno illuminati ne sospettarono lapericolosa libertà, giacché essa permette-va a cristiani, indifferentemente cattolici eprotestanti, ma anche agli ebrei, di riunir-si senza distinzione di censo.

Vivere la Massoneria significa, dopoanni di silenzio e di apprendistato, riap-prendere nuovamente a parlare, tra squa-dra e compasso, ovvero toccando gliargomenti più difficili, ma senza ferire glialtri fratelli; significa lavorare per il pro-gresso dell’umanità, innanzitutto attraver-so un lavoro interiore, la cosiddettacostruzione del tempio individuale, maanche in modo collettivo, non con interfe-renze politiche, che non ci competono,

bensì con testimonianze capaci di orienta-re verso il “bene” la nostra società. IlMassone non è pertanto un soggetto appa-gato, che sguazza nel quotidiano come unpesce nel mare, che si associa per fare

affari nell’ombra, protetto dal grembiu-le, ma un uomo carico diansietà, di dubbi, di interro-gativi e di ipotesi da condi-

videre ed eventualmente,se ne è capace, da supera-re in una continua sfidacon se stesso. La

Massoneria non è quindiun’associazione acritica-

mente avulsa dal mondo e trincerata nelsuo esoterismo, come se le vere societàesoteriche del passato non partecipasseroallo sviluppo del mondo loro circostante.Il vero problema è che, se si ha qualcosada dire, da donare, bisogna farlo anche aldi fuori, ovviamente nei limiti e nei modidi volta in volta più opportuni.

Si aggiunga inoltre il fatto che se sivuole essere ben compresi bisogna purcomunicare e quindi scendere in campo,non per combattere o per prendere posi-zioni politiche, ma per spiegare caratteri-stiche e senso della nostra identità (non sinegherà che abbiamo un’identità?). Aquesto proposito le riflessioni pubblichesulla libertà della ricerca scientifica onella difesa della scuola pubblica, il temadella ricerca della felicità per tutti, ancheper coloro che verrebbero esclusi da uncerto modello di globalizzazione disegua-le, non sono state né sono azioni “politi-che”, nel senso di un’interferenza in uncampo che è quello proprio dei partiti, ma

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l’espressione, storicamente giustificata,della cultura massonica italiana volta agarantire spazi di libertà e di equità al disopra delle forze politiche, equindi a difendere valoriessenziali della tradizionemassonica del nostroPaese. Tale azione corri-sponde ad una preoccupa-zione ben fondata, ossia sul-l’idea che la complessitàsociale esplosa con la globa-lizzazione richieda senno e saggezza, esoprattutto un equilibrio che noiMassoni cerchiamo giornalmente dicostruire nei templi al fine di contri-buire alla crescita di una società acco-gliente, aperta, giusta, felice e sicuraper tutti. Non prendiamo ordini, su que-sti temi, da vecchie o nuove Chiese.

In una società che presenta notevolidifficoltà, soprattutto tra i giovani; privadi forti punti di riferimento sul pianoetico-morale ed educativo, dove modernimiti distruggono la capacità e la libertà di“pensare”, in senso alto intendiamo, ed incui emergono sempre più segnali di pro-fonda mercificazione del soggetto, ridottoa mero ente consumatore, la Massoneria,come istituzione tradizionale ed esoterica,che, come già si è ricordato, pone al cen-tro del suo lavoro il G.A.D.U. e l’uomo,non può non trovare l’orgoglio e la fierez-za di testimoniare valori altri, trasgressi-vamente critici, perché lontani dall’ovvie-tà giornaliera, in altre parole dal profano.

Proprio la differenza tra dimensioneesoterica e profana non si misura solo nelfatto che disponiamo di una serie di cono-

scenze iniziatiche, ma nella comprensioneche l’esperienza meta-temporale del lavo-ro massonico ci permette di operare inuna dimensione diversa, la quale ogni

volta si apre su nuove frontiere delloSpirito, che nella nostra quotidia-

nità non potremmo realizzare, ecomunque non allo stesso modo.

Non possiamo dimenticare ilfatto che pochi anni or sono l’ap-partenenza alla Massoneria eraconsiderata quasi una marcad’infamia in molti ambiti, non

solo confessionali, e che benpochi si azzardavano a manifestare

la propria appartenenza. Tale perio-do è finito, non per eccesso di profa-

nità, ma grazie ad una azione diimpatto sistematico sulla società, attra-

verso manifestazioni, iniziative e pubbli-cazioni che hanno costretto la società civi-le a misurarsi con l’esistenza reale dellaMassoneria e dei Massoni. Le Gran Loggedegli ultimi anni ne sono una prova ogget-tiva. A questo punto anziché trovare degliinvisibili e tenebrosi Magistri, magari unpo’ vagheggiati come nobili antenati deimaghetti di Herry Potter, ci si è imbattutiin una comunità di uomini fortementiimpegnati nel mondo del lavoro, dellascuola, della cultura, della società civile,carichi di idee e soprattutto determinati adessere pienamente parte attiva del mondopost-moderno. Il fatto che il GranMaestro, come altri rappresentanti dellanostra istituzione, possano portare il lorocontributo in discussioni su temi centralinella realtà odierna significa che nessunodeve più vergognarsi di essere quel che è.

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Non potremo mai dimenticare, peresempio, la tristezza umiliante di episodi,non rari, nei quali i fratelli non sapevanose potessero ritrovarsi per rendere omag-gio alla salma di un membro della propriaofficina, perché la sua identità massonicaera stata addirittura celata ai familiari dicolui che era passato all’Oriente eterno.Come si fa ad agire sull’immaginedella Massoneria nella nostrasocietà, se addirittura si pote-va ritenere tutto sommatopiù opportuno che i nostriparenti, mogli, figli oamici carissimi, nonsapessero nulla della nostra “diversità”.E’ vero che per molti essere in pubblicoquel che sono nel tempio potrebbe costi-tuire un grave problema (a tal propositosarebbe utile un libro bianco sulle discri-minazioni anti-massoniche e sulle even-tuali forme di mobbing attuale), d’altraparte, senza dire dei grandi successi inambito legale presso la Corte Europea diStrasburgo, numerosi fratelli hanno giàincominciato a mostrasi a viso aperto esaranno sempre più coloro che vorrannoconsiderare questa dimensione “trasgres-siva” come una parte normale del proprioessere e non come il lato oscuro dellaluna. Tale scelta implica non solo ilcoraggio delle proprie scelte, ma anchegrande chiarezza nelle idee ed enormesenso di responsabilità; capacità e pazien-za nello spiegare con semplicità la puraverità ai tanti che ci chiederanno le cosepiù strane o che già sospetteranno chestiamo mentendo, perché “sarebbe vietatodichiararsi Massoni”.

Di fronte alla completa assimiliazionein un grigiore indistinto, i colori dei vostrigrembiuli splenderanno anche nei sorrisi,così che si possa dire che il Massone nonha nulla in comune con il faccendiere, conl’intrigante o con lo stregone.

Vi chiederanno allora i segreti ....Come fare allora a spiegare

quanto ciascuno di noiprova prima di entrarenel tempio, quandoin silenzio, nella

sala dei passiperduti, cinge ilgrembiule, calza i

guanti, e ai colpi delMaestro delle Cerimonie si incamminanel tempio alla musica di Mozart, liberodi essere se stesso, affratellato ad altrelibertà, tutte unite sotto la volta stellata.Come raccontare l’emozione, la pauradell’iniziazione, le voci nel buio, il viag-gio tra i quattro elementi, e poi il cammi-no verso la camera di mezzo, la fine ... ...e poi la rinascità. Quali emozioni, qualidrammi interiori, quali interrogativi cisono stati posti, quante risposte abbiamocercato, in solitudine, di darci e senza mairiuscirci completamente. Il segreto è inciascuno di noi e non lo potremmo comu-nicare nemmeno se lo volessimo.

Non vogliamo tornare a nasconderci.Noi, come moltissimi altri non hanno maiinteso né intendono farlo, anche perchéabbiamo avuto il privilegio di conoscereuna Massoneria che non si nascondeva piùné aveva alcunché da celare. Nella segre-tezza del Tempio infatti non ci nascondia-mo, svolgiamo solo il nostro lavoro mura-

⋅ 11 ⋅La fierezza “trasgressiva” di essere Massoni, G. Raffi - A. Panaino

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torio ed il fatto che tutti sappiano chesiamo Massoni non cambia il nostro mododi operare in loggia. Se poi c’è chi si stu-pisce che persone serie possanotrascorrere il loro tempo alritmo di rituali vecchi di seco-li, addobbati in modo curioso,risponderemo che siamo deitrasgressivi impenitenti e chedei simboli del nostro lavorosiamo fieri, perché ne conosciamo ilsignificato e lo facciamo conoscere.

Resta però il fatto che un’azione cor-retta e informativa nella società noninterferisce affatto nel campo esoterico,anzi lo garantisce molto meglio, ancheperché favorisce l’avvicinarsi di personeche ne hanno compreso la complessità ele sue vere ragioni. Chi vuole giocare aduna “Massonopoli” politico-avventuristi-ca sceglierà altri tavoli; noi abbiamo altroda fare. Che lo sappia anche la societàcivile sarà quindi solo un bene per tutti.

Se, parafrasando il mito platonico dellacaverna, gli uomini sono come degli esse-

ri imprigionati in una grotta e che vedonoombre, al punto che chi fosse uscito dal-l’antro troverebbe difficile rappresentarela verità a coloro che non hanno mai visto

la luce, noi Massoni siamo consci dinon possedere la verità nella suacompletezza, altrimenti la volta deltempio sarebbe stata già da tempocompletata e quindi ci dovremmosciogliere avendo ultimata la

grande opera. Invece, ciascuno,con il suo pezzetto di luce,

intravisto nel corso dellasua vita, prova a metterloinsieme a quello degli altri;

cerchiamo di illuminarci nella grotta, cia-scuno con la luce dell’altro; non semprel’incastro è perfetto, ma spesso si riesce avedere meglio; almeno un po’ più diprima. E di ciò non ci vergognamo; anzipossiamo esserne orgogliosi.

La Massoneria siamo noi, non le chiac-chiere degli altri! Fratelli, questa prima-vera deve ancora diventare estate!

⋅ 12 ⋅EDITORIALE

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RIFLESSIONI

La filosofia, la conoscenza dell’umano, il dialogo col pensiero religioso*

di Sergio MoraviaUniversità di Bologna

In this article the Author suggests that in the measure in which the human beingexpresses some intellectual needs and rises some questions (in both cases in a theo-retically demonstrable form), these very needs and these very questions necessarilybelong to the phenomenology of the human experience and dimension. This meansalso that any research about man without aprioristic borders will rise questions con-cerning the human and divine dimension although it is not compulsory an answer inwhich an Ens different from a human being should be ontologized. This is the caseof the idea of the Supreme Good which can be imagined in the form of an “absen-ce” (in the sense of what he misses), an idea to be paradoxically compared to thatof the presence of God in the traditional though of the believers.

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AAttraverso il titolo insolitamentelungo del nostro Convegno,credo che i suoi organizzatori

abbiano inteso sollevare un importanteproblema reale. Il problema è quello deicompiti e dei traguardi della conoscenza,intesa nell’accezione più vasta e pluralepossibile. Esaminando poi la lista dei

relatori, ho avuto l’impressione che ilruolo affidatomi sia stato (e sia) di illu-strare, entro questo contesto, il punto divista della filosofia. Credo che si tratti delruolo più difficile di tutti. In effetti nessu-no ignora che tradizionalmente la filoso-fia è - o dovrebbe essere - la disciplinache si occupa non di questa o di quella

* Intervento presentato in occasione della Tavola Rotonda Alla Ricerca della“Conoscenza”. Filosofia, Scienza, Religione, Esoterismo, dialogo per la Riscoperta del Sé edella Dimensione Divina. Ravenna, 23 gennaio 2003.

branca del conoscere ma ditutta la conoscenza in quanto

tale. E’ anche vero, però, chenella tarda modernità, o in quello

che oggi chia-miamo

i l

p o s t -moderno,

la filosofiaha voluto

spesso deli-mitare forte-mente il pro-prio campod ’ i n d a g i n e .Allora, filosofia

come sapere uni-versale, o filoso-fia come sapere“regionale”?

La mia posi-zione a questop r o p o s i t onon è uni-voca.

Ma, aparte ciò,r i tengoche leq u e -stionip i ùinte-r e s -

santi nel campo del nostro incontro nasca-no soprattutto in relazione a interrogativiben più intricati e complessi. Certo iltempo a nostra disposizione per esaminar-

li è molto ristretto. Ho pen-sato, allora, di accennare atali questioni procedendosecondo una serie di suc-

cinti punti teorici. Il discorso che neemergerà sarà assai sobrio, ma speroalmeno che ne guadagnerà in chiarezza.

Il primo punto, che si riferisce anche(ma non soltanto) alla prima osservazio-ne dalla quale sono partito, potrebbeessere denominato La storicità della filo-sofia. Molto in breve, nel suo camminoplurisecolare la filosofia ha compiuto lescelte più diverse: è stata universalistica eparticolaristica, teoretica e pratica, imma-nente e trascendente. Ne consegue - ed èun principio molto importante - chequando si pongono quesiti generali su diessa, si dovrebbe sempre precisare aquale epoca ci si riferisce.

Punto secondo. Per certi aspetti l’op-zione vincente della filosofia moderna èstata un’opzione laica e fondazionale. Sisono cioè cercati, in un orizzonte autono-mo dal divino, i possibili principi inva-rianti che potevano sostenere e giustifica-re l’impresa riflessiva e operativa dell’uo-mo considerato come ente intramondano.

Punto terzo. Nel corso di questa ricercaun prezioso termine di riferimento è statocostituito dal sapere scientifico. Le grandiscoperte fisico-matematiche dell’età diCartesio e Galileo hanno convinto moltifilosofi che l’intera attività del pensieropoteva/doveva essere modellata secondo i

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paradigmi universalistico-formali rivela-tisi così efficaci nel campo appunto dellafisica e della matematica.

Punto quarto. Il prezzo pagato per larealizzazione di questo progetto è statoperò molto alto. Soprattuttoalcuni particolari - e cruciali- ambiti dell’umano sonorisultati assai sacrificatiin sede cognitiva.Alludo agli ambiti dicerte relazioni empi-riche io-mondo,alludo alla vita degliaffetti e delle emo-zioni, alludo all’impe-gno etico-politico-assiologico dell’uomo.

Punto quinto. In relazionea questa situazione alcuni indi-rizzi del pensiero moderno hanno preferitode-assolutizzare il paradigma scientificodi cui sopra e perseguire determinati fini inmodo assai diverso. Ho in mente una partedell’idealismo, e poi lo storicismo, la feno-menologia, la cosiddetta “filosofia dellavita”. Queste scuole, pur assai eterogeneetra loro, hanno rivisitato originalmentel’oggetto-uomo mostrandone certi aspettipeculiari, irriducibili, non facilmente com-prensibili mediante le sole categorie dellescienze fisico-matematiche.

Punto sesto. I nuovi principi in talmodo evidenziati come in grado di carat-terizzare l’essere e l’agire dell’uomo sonostati colti nella sensibilità, nella consape-volezza, nell’identità, nella crescita spiri-tuale, nella trasformazione culturale, nel-l’intenzionalità, nel progetto “donatore-

di-senso”, nella dialettica e nel conflittotra soggetti e tra classi sociali, nell’eman-cipazione politica, nel progresso storico.

Punto settimo. Correlativamente, nonla scienza nel senso cartesiano-kan-

tiano del termine, ma l’artestorico-interpretativa -

l’ermeneutica - è dive-nuta uno degli stru-

menti assolutamenteprivilegiati dellaconoscenza filoso-fica dell’umano.Essa valorizza ledimensioni dell’in-

dividuale, dell’esi-stenziale, del persona-

le, del simbolico, einsieme quelle dimensioni

immediatamente riferibili adalcuni dei principi evocati nel punto pre-cedente: il culturale, il sociale, il politico,lo storico. Sotto un diverso profilo, ciòche si ricerca è non tanto la legge genera-lizzante quanto il significato specificodegli eventi che si riferiscono all’uomo.

Punto ottavo. Un pur breve cenno aparte merita il concetto di scoperta del sè,menzionato nel titolo della nostra seratadi studio. Per un importante filone delpensiero moderno - poi ripreso da unaparte del pensiero contemporaneo - que-sto sè o non esiste, o è solo una parteemergente della corporeità. Per un diver-so filone - i cui padri fondatori ( per tantiversi assai differenti tra loro) sonoMontaigne, Pascal, Locke, Hume,Rousseau - il sè ha invece una precisaidentità: un’identità spirituale, culturale,

⋅ 15 ⋅La filosofia, la conoscenza dell’umano, il dialogo col pensiero religioso, S. Moravia

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psico-fisica, la cui vocazione è di volta involta riflessiva, introspettiva, rivoltaverso l’operare nel mondo, o protesaverso un “oltre” metafisico. Anche quan-do risulterà attratta da altri orientamentiumanologici - in particolare da quelli diispirazione integralmente materiali-stica - la cultura contemporaneanon dimenticherà maicompletamente questo“altro” sè, che tienedesti problemi e que-stioni non facilmenteaccantonabili.

Punto nono. Uncenno altrettantoessenziale variservato, infine,al rapporto dell’uo-mo col divino, puresso evocato già nel titolodel nostro Convegno. Uncostume fortemente radicato nel pensieroodierno tende a separare nettamente laprospettiva laico-umanologica da quellache privilegia la trascendenza di Dio - oDio come trascendenza. Su un certo pianotale separazione è fondata: il laicismointramondano ha da sempre proclamato lasua auttosufficienza e la sua indipendenzada riferimenti trascendenti.

Purtuttavia, su un altro piano le cosepossono e devono essere viste in un mododiverso. Molto schematicamente: se unafflato, una protensione verso referentimetafisici appartiene empiricamente all’u-mano, allora un’adeguata umanologiadovrà tenerne in qualche maniera conto.

Indubbiamente, certe complesse archi-

tetture teologico-religiose non possonoappartenere ad una prospettiva laicistadegna di questo nome. Ma forse non tuttoil pensare, o il sentire, l’“oltre” fa parte ditali architetture, e pertanto non rientragiustificatamente nelle più o meno som-

marie condanne pronunciate dall’atei-smo moderno nei confronti di

esse. Forse non ogni Dio ètout court il frutto di

quell’“alienazione” dicui negli anni ‘40 del

secolo XIX ebbe aparlare LudwigFeuerbach, in pagi-

ne celebri della suaopera L’essenza delcristianesimo. E ciò,

si badi, non nel sensoche io intenda in tal

modo far rientrare dalla fine-stra quanto l’emancipazione laicistaaveva già fatto uscire dalla porta.

Il nucleo di queste mie sommarie con-siderazioni vorrebbe essere un altro.Vorrei semplicemente avanzare l’ipotesi -già accennata sopra - che nella misura incui l’uomo manifesta dimostrabilmentecerte esigenze e si pone altrettanto dimo-strabilmente certe domande, quelle esi-genze e quelle domande rientrano di dirit-to in una fenomenologia dell’umano.

Nutrirei probabilmente qualche esita-zione a dire sic et simpliciter che l’uomoha bisogno di Dio. Mi sentirei invece disuggerire che uno studio dell’uomo a tuttocampo, senza riserve o veti aprioristici,giungerà prima o poi a porsi interrogativiche coinvolgono non solo lo spazio del qui

⋅ 16 ⋅RIFLESSIONI

e ora umano materialmente considerato,ma anche lo spazio di un’ulteriorità diver-sa (simbolica, assiologica, escatologica)dalle cose che ci circondano nel mondo.

Prima di respingere questa considera-zione, sarà bene rammentare che l’espe-rienza umana - l’esperienza empirica del-l’uomo - è fatta di invisibilità non menoche di visibilità; che l’uomo pensa alprima, al dopo e all’oltre la propria vita aldi là di qualsiasi veto ateistico.

Non basta. La filosofia che ho in mente- si tenga conto anche di questo - nonimplica necessariamente l’ontologizzazio-ne di un Ente diverso dall’uomo. Chi l’hadetto che il pensiero dell’“Oltre” debbasboccare ineludibilmente nella costituzio-ne “positiva” di un essere? La stessa storiadel pensiero religioso ha più volte collega-to il frutto di determinate istanze metafisi-co-spirituali dell’ente-uomo allafigura del Nulla piuttosto chealla figura dell’Essere:basti pensare alla cosid-detta “teologia nega-tiva” della stagionemedioevale.

Ancora piùsignificativa nelpresente contestoè la teorizzazionemoderna, dappri-ma di Pascal e poidi Barth, di Diocome, rispettivamente,“colui che si nasconde”,come colui che è primariamen-te “differenza”, come colui che è“l’infinitamente altro” rispetto all’umano.

Ecco, io credo che al di là dei possibiliapprodi di queste tesi in enunciazioni dot-trinalmente ortodosse, esse possono assu-mere una valenza di cruciale portata pureper un pensiero laico all’altezza dei suoicompiti. Dal punto di vista di tale pensie-ro quelle enunciazioni possono infattisignificare che nell’universo dell’uomo sidà uno spazio assai rilevante anche perl’esperienza del “nascondimento” alnostro miope sguardo di ciò che potrebbeessere il bene più prezioso - nonchè perl’esperienza della “differenza” radicaletra tale bene e la nostra identità corrotta.

Ciò che voglio dire è che anche il laici-sta più convinto sente/pensa qualcosacome il Bene supremo, e lo puòsentire/pensare nella forma dell’assenza(di ciò che gli manca) tanto quanto il cre-dente tradizionale lo pensa

nella forma dellapresenza.

Nellad i m e n s i o n e

etico-spirituale umana l’assenzapotrebbe essere altrettanto valida e stimo-

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⋅ 17 ⋅La filosofia, la conoscenza dell’umano, il dialogo col pensiero religioso, S. Moravia

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lante della presenza. In effetti il meno chesi possa dire è che l’assenza rammemoraall’uomo le proprie inadempienze, le pro-prie colpe, il lungo cammino che deveessere ancora compiuto per approssimarsial Bene “mancante” che davvero conta.

Se tutto ciò è almeno in parte vero,allora scopriamo che certe tesi teologiche,

come quelle di Pascal e di Barth, possonofare per molti versi parte organica di unadeguato spirito laico. E scopriamo, diconseguenza, che il dialogo tra il creden-te e il non credente è qualcosa che, al di làdelle dottrine e delle ortodossie, può esse-re realizzato con grande frutto, attraversoun linguaggio in parte comune.

⋅ 18 ⋅RIFLESSIONI

STORIA DELLA MASSONERIA

Le prime logge massoniche in Italia

di Alessandro AfricaSaggista

The Author deals with the beginning of Italian Freemasonry from the twenties tillthe end of the XVIIIth century discussing the different political and constitutionalconditions in which the firs lodges were opened in the pre-unitary Italian situation.

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LLa Massoneria in Italia si diffuseall’inizio del Settecento, anchese della data storica in cui com-

parve la prima loggia non si ha certezza.Un documento composto da cinque

pagine scritte a mano su carta sottile,scampato all’incendio causato da un cortocircuito nel 1921 in casa Tolone aGirifalco, attesta testualmente che Annualidella Massoneria di Girifalco, anno 1845di numero centoventiduesimo dalla fonda-zione di essa a Girifalco, ovvero l’anno1723 sotto degnissima direzione di S.A. ilduca di Girifalco del nobilcasato de’Caracciolo di Napoli. Vi erano riportati inomi dei facenti parte la loggia, ventiquat-tro in tutto, il nome del Gran Maestro edella loggia “Fidelitas”, a quanto ammon-tava la quota annuale (otto ducati) cheogni iscritto doveva pagare, nonché il

giorno e l’ora in cui i fratelli si riunivano.Tre anni dopo nasceva a Lucca un’altra

officina, per volere di Francesco SaverioGeminiani (nato nel 1687 e morto aDublino nel 1762), uomo di notevoleingegno anche dal punto di vista musicale.Il primo febbraio 1725 fu accolto nellaprestigiosa loggia “Queen’s Head” diLondra; l’anno dopo, tornato a Lucca,fondò un’officina e ne divenne MaestroVenerabile. Quasi contemporaneamentealtre due logge sorsero a Parma e aModena. Si ritiene che una loggia masso-nica sia nata nella seconda metà delSettecento a Squillace ed il suo primoMaestro sia stato Gregorio Pepe, padredel più conosciuto Guglielmo, che ospitòl’officina in un’ala del suo palazzo comeattesta un simbolo libero-muratorio postosu un gradino della scala che doveva por-

tare al Tempio, ora coperto da una lastradi marmo. La loggia era all’obbedienzadel Grande Oriente di Francia ed asservi-ta a Napoleone tramite il re di NapoliGiuseppe Bonaparte.

Un’altra loggia massonica fu fondata aMaida verso la fine del 1798 da Gennaro eGiuseppe Partitario, amici e seguaci del-l’abate Antonio Jerocades. Nella secondametà del Settecento l’Arte Reale avevaattecchito e proliferato in Calabria; qui,più che in altre regioni, talune rivalità siriversarono nelle logge, che si divisero indue schieramenti non perdendo occasioniper punzecchiarsi. Il primo schieramentofaceva capo alla Gran Loggia Nazionale“Lo Zelo” del Gran Maestro Diego Nasellie l’altro alla Gran Loggia Provinciale delDuca di San Demetrio. Il più importantemassone dell’epoca fu senza dubbio ilpoeta ed educatore Antonio Jerocades diParghelia. Iniziato a Marsiglia, nella pre-stigiosa Loggia “Saint-Jean d’Ecosse”,questi fondò numerose logge in Calabria,tra cui “L’amor della Patria” di Tropea, la“Buona Speranza” di Parghelia, “LaFratellanza Italiana” di Maida ed altreancora a Filadelfia, Catanzaro e forseanche a Reggio, tutte all’obbedienza dellaGran Loggia di Marsiglia.

Amico intimo dei fratelli Pagano, diCirillo, Tommaso e Filangeri, l’illumini-sta e illuminato Jerocades fondò a Napoli,nel 1792, la prima loggia giacobita, sem-pre affiliata a quella di Marsiglia. Neiprimi anni dell’Ottocento tra i membridella loggia di Maida troviamo il giovanecanonico Giovanni Cervadoro che, anco-ra minorenne, aveva fondato a Maida la

Società dei Frammassoni; nel 1811 fondòpoi una nuova loggia di Rito scozzeseche, in onore dell’antica denominazionedi Maida (Melania) venne intitolata “IFiladelfi Melanici”. Ci informa di questouna medaglia in ottone a forma di stella asette punte sormontata da un cuore in cuidue braccia incrociate tendono le mani alcalore di una fiamma. La medaglia rap-presenta il simbolo della loggia, comevoleva l’articolo 145 dello Statuto genera-le della Libera Muratoria del Rito scozze-se antico ed accettato.

In Calabria, poi, le logge si trasformaro-no in Vendite Carbonare, e molti furono ipatrioti che ne fecero parte; fra i tantiricordiamo Guglielmo Pepe, per la suapartecipazione armata al Risorgimento ita-liano e l’abate Giovanni Cervadoro, chetrasformò le logge di Maida in VenditeCarbonare. Pur svolgendosi tutto nellamassima segretezza, il vescovo diNicastro, della cui diocesi il Cervadorofaceva parte, ne venne a conoscenza e il 21marzo 1821, giorno in cui a Torino scop-piava il secondo moto carbonaro d’Italia,lo fece arrestare. Era passato appena unanno dalla fondazione della Vendita deno-minata “I Conservatori della Libertà”.

All’arresto seguirono accorate protesteda parte di tutti i cittadini maidesi, popoloe gente illustre. Le dimostrazioni non sor-tirono le aspettative, in quanto il vescovorimase irremovibile: doveva dare un forteesempio e l’abate rappresentava il giustocapro espiatorio. Il sindaco e i decurioniallora si dimisero. E’ importante ribadireche il canonico Cervadoro nel 1829 istituìa Maida una scuola media sull’esempio di

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⋅ 20 ⋅STORIA DELLA MASSONERIA

quella realizzata da Antonio Jerocades. Lanovità stava nel fatto che per la primavolta si parlava di abolizione dellepene corporali e di diritti nonsolo per gli insegnantima anche per gli alunni.Il sacerdote, massone ecarbonaro, fu uomonuovo per i tempi e sicu-ramente avrebbe fatto dipiù se la morte non l’a-vesse prematuramentecolto all’età di cinquan-tatré anni. Maida loannovera fra i cittadinipiù illustri.

Ampia documenta-zione in relazione allenotizie che risalgonoal 1731, anno in cui aFirenze - in viaMaggio nell’albergodi Monsù Pasciò diPascione, su iniziati-va della locale colonia inglese, e precisa-mente per volere di Lord CharlesSackeville e Sir Harry Fox - vide la luceun’importante officina: fra gli iniziati c’e-rano Antonio Cocchi, medico della comu-nità inglese in Italia, e il poeta TommasoCrudeli, che - anche per il suo atteggia-mento anticlericale - fu arrestato e tortura-to fino a quando intervenne FrancescoStefano di Lorena, Granduca di Toscana.Il Granduca, massone convinto, non pote-va fare a meno di aiutare un fratello ingravissima difficoltà, come stabilisce unodei doveri della Libera Muratoria.Nonostante l’intervento del Granduca,

peraltro, Tommaso Crudeli, per lesadiche angherie subìte in car-

cere, sarebbe morto di lì apoco di tisi.

Nel 1738-39 l’isti-tuzione penetrò inSavoia, Piemonte eSardegna (Grandemère Loge nationa-le de Saint-Feandes– Mortiers aChambéry). Nel1735-37 si formòla loggia giacobi-ta di Roma e, nelgiro di pochidecenni, la

Massoneria ita-liana si allargòa macchia d’o-lio e si apriro-no obbedienze

a Milano, Torinoe nel Regno di

Napoli. Molti diven-nero liberi muratori perché attratti dall’a-lone di mistero che circondava l’associa-zione ed anche per i riti simbolici che inessa si praticavano.

In quegli anni, alcuni maestri venerabi-li riuscirono a reintrodurre nei rituali sva-riate componenti simboliche, come le“prove della Terra e dell’Aria, dell’Acquae del Fuoco”: simboli che, anche se nondimenticati, passarono in disuso in quantopoco graditi ai nobili iniziati. Il 28 aprile1738 gli animi degli italiani e di tutti i cat-tolici del tempo, furono toccati dalla lette-ra apostolica In eminenti apostolatus spe-

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⋅ 21 ⋅Le prime logge massoniche in Italia, A. Africa

cula di Papa Clemente XII, al secoloLorenzo Corsini di Firenze. Questofu il primo documento pontificiodi condanna delle associazionimassoniche. Con tale documen-to, molto tempestivo e all’iniziopiù politico che morale, il Papavolle dare manforte a sovrani egoverni allarmati dalle idee dilibertà, fraternità e uguaglianza,che consentivano l’accesso alTempio a borghesi, aristocratici,intellettuali, mercanti, poeti,militari, ebrei e cristiani.

Il pontefice, con tale attod’autorità, cercava di porreriparo a quella vera e propriamina vagante che, in pocotempo, aveva messo radici pro-fonde in tutta Europa. Ciò, evi-dentemente, era in contrastocon quel potere assoluto cheallora governava l’Europa e lecolonie. L’atteggiamento dellaSanta Sede dette luogo in Italiaa vere e proprie persecuzioni,come il processo a TommasoCrudeli (1739-40) dianzi citatoe le repressioni antimassoniche di Napoli.Rebus sic stantibus, i massoni stessi, datoil clima persecutorio, dispersero e distrus-sero gli archivi e bruciarono le “balaustre”sull’attività delle logge, le circolari deiGran Maestri e i “piedilista” con i nomi eil ruolo degli affiliati.

Nei roghi accesi nei sotterranei deiTempli settecenteschi si dissolse così unpatrimonio d’informazioni sulla cultura,l’economia, la morale e le tendenze socia-

li e politiche delle classi dirigenti, masoprattutto l’insieme delle notizie utili aricostruire il percorso storico della socie-tà italiana. I massoni, a loro volta, inonore del loro primo martire, TommasoCrudeli, bruciarono “idealmente” i pen-titi con fumo di zolfo e di mercurio,come stabilisce la liturgia della giustizia

massonica. Qualunque siano stati i motiviper cui fu emanata la Bolla da PapaClemente XII con la costituzione aposto-lica Quo graviora, certo è che si deve aPapa Corsini se si aprì l’era delle lotte fra

Chiesa e Libera Muratoria. Dal 1738al 1902, infatti, la Massoneria fuseveramente condannata per dieci

volte dalle autorità papali, senza conta-re le molte scaramucce intercorse fraun’enciclica e l’altra.

Nonostante i dileggi e le persecuzioni,nella seconda metà del Settecento, laLibera Muratoria si diffuse ugualmentein Italia, dal Piemonte alla Sicilia, anchese con orientamenti alquanto diversi. NelRegno di Sardegna e in quello di Napoli,prevalse la corrente spiritualistica tede-sca e quindi l’Ordine della StrettaOsservanza, della quale faceva parte il

fratello Mozart, che in quel periodo com-poneva Il flauto magico, complessa alle-goria massonica, e tante altre composizio-ni squisitamente massoniche, fra cui lafamosa Musica funebre massonica.

Col passare del tempo, all’ascendentetedesco si sostituì quello di Rito scozzeserettificato: un rito cristiano fondato suiprincipi più puri della cavalleria, cherivendicava la sua discendenza dai tem-plari. Comprende sei gradi, di cui tre

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gradi “azzurri” (Apprendista, Compagno,Maestro) e tre gradi superiori (Maestroscozzese di Sant’Andrea, Scudiero-novi-zio e Cavaliere Beneficente della CittàSanta), che costituiscono l’ordine inter-no, diretto dal GranPretorio, con le sue“classi segrete”nei gradi diProfessoe GranProfesso. IlRito scozzese ret-tificato è il rito piùantico presente in Italia: isuoi fondatori furono, tra gli altri, ilconte de Maistre ed il principe Raimondodi Sangro, che erano Gran Professi. Sitratta, de facto, di un sistema aristocrati-co animato da ideali cavallereschi e cri-stiani. Lo scozzesismo rettificato rappre-senta oggi, in Europa, la più importantecorrente che si adopera per un rinnova-mento spirituale della Massoneria: tutti isuoi membri sono esoteristi convinti, ani-mati da un’ardente religiosità.

Dal 1985 il Rito scozzese rettificato haripreso in Italia forza e vigore con la fon-dazione a Cortona, Siena e Perugia di trelogge di Maestro Scozzese diSant’Andrea. Il Rito Scozzese Rettificatoè uno dei riti con cui il Grande Oriented’Italia di Palazzo Giustiniani ha ratifica-to il 6 febbraio 1988 il protocollo di rico-noscimento e di legittimità territoriale*.

La Massoneria conobbe fasi alterne:

all’inizio bene accolta nel Regno diNapoli, sotto Carlo VII subì le prime per-secuzioni, che continuarono conFerdinando IV, il quale per accattivarsi lasimpatia dei napoletani, nel 1776 fece

imprigionare o andare in esi-lio molti massoni accu-

sati di praticare ritidi magia neravolti ad impe-dire la liquefa-

zione del sangue diSan Gennaro.

A Venezia, tra il 1782 eil 1796, nacque il sistema degli

alti gradi massonici: il Regime o Rito diMisraim, che comprende novanta gradi edè retto da un Imperatore Gran JerofanteGenerale. Il Rito Primitivo era stato intro-dotto in Francia dagli ufficiali napoleonicireduci dalla campagna d’Egitto nel 1798-99. Il Rito di Misraim e quello diMemphis, poi ripresi insieme nel 1826,portarono i gradi al numero di novantasei.Alcune logge ritennero questi alti gradiqualcosa di abnorme, e decisero pertantodi ritornare ai soli tre gradi originali(Apprendista, Compagno e Maestro),integrandoli con quelli di Cavaliere diRosa-Croce e di Cavaliere Kadosch odell’Aquila Nera, rispettivamente diciot-tesimo grado e trentesimo grado del RitoScozzese Antico e Accettato. Questo rito,contrariamente a quanto indica il suonome, non è figlio di Scozia, bensì diFrancia. Il Rito scozzese, come dice la

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* N.d.r.: tale protocollo è attualmente sospeso.

parola stessa, non è un’obbedienza, ma unrito simbolico e universale, che ha attintoalimento dai massoni di Scozia;mentre la Massoneria inglese, nelmomento del passaggio da ope-rativa a speculativa, ricono-sceva solo i primi tre gradi“azzurri”, il RitoScozzese Antico eAccettato avevaattinto gli altritre gradi dauna tradizionelontana, non artigianale, ma cavallerescae aristocratica.

La prima loggia di maestri scozzesi siriunì a Londra nel 1733, tre anni dopo cheil cavaliere André Michel Ramsay, deistacattolico, veniva iniziato LiberoMuratore. Studiosi e ricercatori afferma-no che fu proprio Ramsay il precorritoredei riti scozzesi. Ramsay nacque inScozia nel 1686, trascorse la sua giovi-nezza viaggiando e intrattenendo ottimirapporti di amicizia con famiglie nobili,fu di provata fede cattolica e nemico deiprotestanti, accorto uomo politico e mas-sone indiscusso: nel suo discorso ai mas-soni francesi, si erse poi a predicatoredella tolleranza universale; per lui, laLibera Muratoria è di origine cavallere-sca ed il Libero Muratore è un cittadinodel mondo, un nuovo cavaliere delSettecento. Ramsay riuscì a coinvolgerebuona parte della nobiltà francese e afarla entrare nelle logge, nonostanteintellettuali come Montesquieu e Voltaire(entrambi Liberi Muratori) lo disprezzas-sero. Ma i giudizi negativi non lo scalfi-

rono minimamente: continuò a reclutarenuovi massoni fra i ceti elevati, e il suo

lavoro fu coronato da un successostraordinario, tanto che la

Massoneria francese divenneben presto cattolica e cavalle-

resca ad un tempo.Nel 1762, con la pro-mulgazione delle

Costituzioni diLosanna e diFederico II diPrussia, la fisio-

nomia del rito era in gran parte completa.Ufficialmente, però, il primo SupremoConsiglio del rito fu eletto a Charlestonnella Carolina del Sud (USA) nel 1801; ilsecondo a Parigi, nel 1804. In Italia, ilprimo Supremo Consiglio fu costituito aMilano nel 1805. I massoni, e in partico-lare quelli del Rito Scozzese Antico edAccettato, dovevano lasciarsi guidaresempre da sani principi morali e dallalegge del dovere: non soltanto nella vitamassonica, ma anche e soprattutto nelleattività che svolgevano da profani.

A Milano, nel 1805, nasceva anche ilGrande Oriente d’Italia sotto il patrocinionapoleonico. Come già sappiamo, dallaseconda metà del Settecento laMassoneria si diffuse ampiamente intutto il mondo, divenendo così validostrumento per la divulgazione delle ideeilluministiche e del dispotismo illumina-to. In Italia questi orientamenti attecchi-rono specialmente fra coloro che lottava-no contro i privilegi e il potere temporaledella Chiesa. Ma la tempesta rivoluziona-ria stroncò la Libera Muratoria, tanto che,

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quando Napoleone entrò vittorioso inItalia ed il fratello Foscolo lo acclamavaliberatore, le officine massoniche eranotalmente divise che fu facile all’impera-tore farne un’organizzazione parastataleaddomesticata ai suoi voleri. Alla stessastregua di ciò che aveva fatto in Francia,anche in Italia Napoleone travasò nellelogge membri del suo stato maggiore,sull’esempio di quanto era avvenuto inAmerica con GeorgeWashington, il quale, iniziatonel 1752, aprì nel suo esercitovere e proprie logge castrensie, nei momenti più ardui esolenni della sua vita di generalee statista, rivestiva il grembiule dipelle bianca; altrettanto feceroHamilton, Jefferson, Roosevelt,il giudice Marshall, GeorgeBush senior e tanti altri uominiillustri che hanno segnato lastoria d’America.

La Massoneria fu tenuta ingrande considerazione, nel suoperiodo imperiale, daNapoleone, il quale avevacapito che i fraterni legami deimassoni annunciatori di pace eunione fra i popoli potevanoessere utili ai suoi progetti diconquistatore. Fu l’imperatorein persona ad introdurrenell’Oriente i primi sentimentianticlericali, mediante altidignitari massoni che eglistesso aveva introdotto nellelogge. La Libera Muratoria,sempre ossequiosa nei riguardi

dell’Imperatore, si congratulò con luiquando questi arrestò, nel 1812, Papa PioVII, che aveva avuto l’ardire di scomuni-carlo. Quando Napoleone, nel 1814, fucostretto all’esilio nell’Isola d’Elba, laMassoneria languiva, ed in Savoia inaridìcompletamente. Nel 1815, la battaglia diWaterloo segnò la fine della Massoneriamilitare e la chiusura di molte logge. InItalia vennero soppressi i due Grandi

Orienti di Milano eNapoli: la Massoneria

italiana così sidisperse. I superstiti

si rifugiarono sottol’egida del GrandeOriente di Francia,

e cercarono di conti-nuare la loro azioneattraverso la Carboneria,che aveva adottato i ritie i simboli dell’ArteReale ed aveva affiliatola maggior parte dei par-titi che volevano liberarla patria dall’oppressio-ne dello straniero e dallatirannia dei Borboni.

Le officine massoni-che non esistevanoquasi più, e le pocheche ancora vivevano

operavano nel piùassoluto segreto.Perseguitata dalclero ed oppressadalle autorità civili,la Libera Muratoria

si affievolì, fatta ecce-

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zione per la loggia “Rigeneratori” diPalermo, che cercava di ricostruire unGrande Oriente. Sotto il Regno di VittorioEmanuele II di Savoia, l’Arte Reale riac-cese la sua luce. A Genova e a Livorno siformarono logge sotto l’autorità delGrande Oriente di Francia (la Massoneriapiù laica e compatta d’Europa). Questeteorizzavano la caduta del potere tempo-rale del Papa e sostenevano un progetto diriunificazione della penisola.

Cavour stesso vedeva nella Massoneriala “pietra angolare” della propria strategiadiplomatica, e non a caso il suo ambascia-tore a Parigi fu Costantino Nigra, unMaestro elevato alla dignità del trenta-treesimo grado del Rito adottato daiFrancesi. Inoltre, la Massoneria francese,molto più di quella inglese, era in comu-nione con la politica, l’esercito e la finan-za: i Templi massonici, in effetti, brulica-vano di banchieri in grembiule di pelle,fascia e maglietto. Il sistema bancariofrancese - dominato dalla casaRothschild, considerata la culla dei vene-rabili “33” - aveva l’assoluta egemoniadel mercato europeo e del capitale, dai

quali dipendeva il regime finanziario delRegno sabaudo. E’ appunto in questoquadro che a Torino, nel nome del fratel-lo Vittorio Emanuele, alcuni fratelli tracui Zambeccari, Delfino e Govean aveva-no, per conto di Cavour, trovato un luogocoperto agli sguardi dei profani, allamezzanotte dell’otto corrente ottobre1859 [aprirono] la loggia nel grado diMaestro, e [passarono] alla nomina delVenerabile. Con queste parole LivioZambeccari, primo Gran Maestro, fonda-va nella valle di Torino la Loggia“Ausonia”, denominazione derivante dalnome primitivo dell’Italia. La loggiapassò immediatamente all’obbedienza deiGran Maestri di Francia, ne adottò il ritoe scambiò garanzie di amicizia. Il garanteper il Piemonte era il trentatreesimo gradoCostantino Nigra. Nel 1860 i liberi mura-tori di Torino unirono le forze massonichein modo da costituire un Grande Oriented’Italia. Il lavoro fu arduo, ma non tale dascoraggiare i ben corazzati LivioZambeccari, il giornalista Felice Goveane Costantino Nigra, che da Parigi fornivainformazioni importanti.

300° anniversario della nascita di Tommaso CrudeliNuove ricerche correggono le distorsioni nella ricostruzionedell’affaire Crudeli e mettono in luce il ruolo dellaMassoneria fiorentina nella chiusura del Sant’Uffizio.

di Renzo RabboniUniversità di Udine

Tommaso Crudeli, the first Italian martyr, dead after the sufferings received in theSacred Office’s prison because of his adhesion to the first Italian Lodge, is widelywell known even if the interpretation of the facts is not ever corresponding to theirphilological exactitude. Many scholars, in the last fifteen years, dealt with the mat-ter and produced long researches in this field. They got to results that are very diffe-rent from those transmitted by Sbigoli, a Tuscan mason of the 19th century, or fromthose coming from the opposite side, as in the case of Beccatini

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CCrudeli venne arrestato il 9 mag-gio 1739, nel clima seguitoalla promulgazione della bolla

papale In Eminenti dell’aprile 1738, chelanciava la scomunica sugli aderenti mas-sonici. Dopo quasi 16 mesi di carceredurissimo, un processo-farsa, basato suverbali estorti e distorti, e una condannacommutata in grazia, il presunto reovenne relegato agli arresti domiciliari inPoppi, dove morì il 27 marzo 1745.

Iniziato alla Massoneria nel maggio1735 presso la loggia inglese di Firenze,Tommaso si era attirato l’attenzione del-l’inquisitore per il suo atteggiamentointellettuale libertario e libertino, assunto

negli anni della formazione all’Universitàdi Pisa, e rinvigorito dalle frequentazionidegli ambienti culturalmente più avanzatidi Venezia e Firenze, caratterizzati dallamanifesta opposizione al sistema di edu-cazione della Chiesa. La ricostruzione delperiodo degli studi, del soggiorno aVenezia e della sua permanenza aFirenze, drammaticamente conclusasi, èstato oggetto di numerose indagini, sullequali si rinvia fin d’ora, per i necessariapprofondimenti. Ma sulle “tappe” prin-cipali della nostra conoscenza dellavicenda processuale vale la pena di avan-zare alcune considerazioni.

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La Relazione sull’arresto ed il processocontro Tommaso Crudeli

Nel 1782, l’abate FrancescoBecattini (1743-1813)1, perso-naggio controverso e autorepoliedrico, dedito in particolare acompilazioni di storia moderna econtemporanea, pubblicò aFirenze, sotto la coperturadell’anonimato, i Fattiattenenti all’Inquisizionee sua Istoria generale eparticolare di Toscana (peri tipi di Anton GiuseppePagani). Fu la prima edizione diun libretto molto fortunato; di cui si ebbe-ro diverse ristampe ravvicinate, conaggiunte via via più cospicue, fino a quel-la milanese del 1797, che in pratica rad-doppiò il corpo originario2.

L’opera usciva pochi mesi dopo la pro-mulgazione dell’editto (5 luglio 1782)con cui il Granduca di Toscana PietroLeopoldo aveva soppresso il tribunaledell’Inquisizione nei suoi stati, e dato ilvia, con un atto eclatante, ad un energico

rinnovamento dell’apparato amministrati-vo e giuridico. Nel campo della politica

ecclesiastica, il moto riformatore,oltre alla ricordata soppressionedell’Inquisizione, comportò, conla riformulazione della legisla-zione criminale (il cosiddettocodice leopoldino, pubblicato il

30 novembre 1786), che idelitti canonici - eresia,

sacrilegio, sortilegio,bestemmia - fosserodepenalizzati e confi-

gurati come delitti con-tro la pace dello stato.

L’opera del governo continuòcon il bando della Compagnia di Gesù,che s’inseriva nella tendenza dello stato amonopolizzare l’istruzione superiore el’acculturazione dei ceti dirigenti, a sca-pito della chiesa romana, che tale funzio-ne aveva tradizionalmente svolto neglistati cattolici. E vide, inoltre, l’appoggiodato alla corrente di riforma ecclesiasti-ca, su basi giansenistiche, capeggiata dalvescovo di Pistoia Scipione de’ Ricci. Ilmomento culminante del nuovo indirizzo

1 Su di lui rimando all’ampia voce di G.F. Torcellan (1965: 394-400) e M.A. MorelliTimpanaro (1991: 280-374); inoltre M.A. Morelli Timpanaro (1989: 236-323), in particolare pp. 281-291 e 316-322.2 Ristampa anastatica: Bologna, Forni, 1981 (con attribuzione errata a Modesto Rastrelli).Queste le ristampe a mia conoscenza: 1) MDCCLXXXII / In Venezia / Appresso Vincenzio Formaleoni:pp. 273 (la Relazione alle pp. 198-273; 2) Firenze MDCCLXXXIII, Per Anton-Giuseppe Pagani, eComp.; 3) Napoli, Donato Campo; 4) Venezia, Appresso Vincenzio Formaleoni, 1786; 5) Istoria /dell’Inquisizione / ossia / S. Uffizio / corredata / di opportuni e rari documenti. / Data per la terza voltaalla luce / con aggiunte / da Francesco Becattini / Accademico Apatista: Milano, 1797, Presso GiuseppeGaleazzi. Oltre al titolo modificato, questa ristampa ha notevoli aggiunte, per un totale di pp. 391 (laRelazione rimane però immutata, alle pp. 303-356). L’edizione fu messa all’indice nel 1817.

si ebbe col Sinodo di Pistoia (1786), chegenerò un immediato conflitto colPontefice e sollevazioni popolari in sensotradizionalista, che fecero abortire il pro-posito di dare seguito, nel diritto statale,ai pronunciamenti.

Dopo il testo dell’editto del 1782, ilBecattini pensò di inserire, nella partefinale del volume (pp.173-239), una testi-monianza relativa alfatto che egli ritenevapiù importante al suosoggetto. Tale avveni-mento, assieme ad unaltro contiguo per cro-nologia e per signifi-cato, che aveva coin-volto, nell’agosto del1738, il cancellieredell’Inquisizione diSiena (fra’ GiovanniBattista Cimino), pro-dusse l’effetto, che ilConte Emanuelle diRichecourt saggio es p r e g i u d i c a t oMinistro Capo dellaReggenza di Toscana, isti-tuita dal nuovo Granduca, poiImperatore Augusto Francesco Stefanodi Lorena, portossi nel 1744 in personaad aprir le carceri dell’Inquisizione, e nesospese l’esercizio dell’autorità per tuttolo Stato (p. 163). Il fatto in questione eral’oggetto della Relazione della carcera-zione del Dottore Tommaso Crudeli diPoppi, e della processura formata controdi lui nel Tribunale del S. Ufizio di

Firenze l’anno 1739. Vale a dire, lo“scandaloso” arresto avvenuto il 9 mag-gio 1739 del poeta di Poppi, la sua lungadetenzione nelle carceri di S. Croce(salvo trasferimento, poco prima dellaliberazione, nel carcere civile dellaFortezza di S. Giovanni da Basso), lasentenza di condanna e la penosa vicenda

degli ultimi anni dellasua vita, compromessadalle sevizie psicolo-giche, morali e corpo-rali subite in conse-guenza della prigionia.

Le Novelle lettera-rie, il periodico fonda-to da Giovanni Lami,la cui direzione era aquel tempo passata aMarco Lastri, nelnumero del 18 ott.1782 (n. 42, coll. 657-58) recensirono favo-revolmente la pubbli-cazione dei Fatti, e aproposito della rela-zione sul caso Crudeli

osservarono che essafin qui aveva girato mano-

scritta per le mani de’ curiosi. Un altro,meno favorevole recensore, GiovanBattista Ristori, intervenne sulle bolo-gnesi Memorie enciclopediche (febbraio1783, n. 6, pp. 45-47), ma per difenderel’Inquisizione, e giunse a mettere in dub-bio il valore documentario dellaRelazione. Nel confermare la qualità nonoriginale dei Fatti, che erano una copiaesatta della Storia dell’Inquisizione,

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Bella coppia felice, in cui naturagrazia, senno, onestà di pari accolse,e l’alma dea che degli amanti ha curatutti i tesori suoi versar vi volse:

io giurerei che dall’idea più purale vostre anime belle ambo disciolse,e che con giusta e con egual misurada un medesimo esempio ambo le tolse;

che poscia errando in questa spera e in quellaGiove le vide, e di quel doppio ardorein cielo ei decretò farne una stella.

Il faretrato dio per farsi onoretolse l’impegno, e disse. - Opra sì bellasolo compir si dee per man d’Amore.

Sonetto

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stampata in Olanda3, egli sottolineavache il solo contributo nuovo nel volumeera la Relazione della carcerazione. E,tuttavia, vi notava delle particolarità cosìprecise, che non si sa in quale manierasiano state rivelate dopo tanti anni aquello scrittore. L’origine“sospetta” lo induceva a met-tere in dubbio il valore stori-co del documento:

La buona critica trovereb-be da esercitarsi sopra l’inve-rosimiglianza di molti rac-conti, se noi dovessimo amarela verità. Basterà l’accennaresoltanto che le segrete parti-colarità delle procedure delTribunale non potevano esse-re note all’autore dopo 44anni: che dunque esse sonofondate sopra voci popolari;sopra una tradizione cheavendo tutti i caratteri di fal-sità in origine ha acquistatomille forme passando di bocca inbocca. Qual conto potrà farsi di una sto-ria fondata sopra una fama di volgar tra-dizione, sopra voci popolari?4.

Il Ristori, pur con le deformazioniindotte dalla mira apologetica, denuncia-va un dato di fatto: del caso Crudeli, chetanto scalpore aveva sollevato negli anni1739-1740, si era ormai persa la precisa

memoria, e quella relazione che venivaora a riproporne l’attualità, con dettaglicosì netti e di prima mano, assumeva con-torni quasi inverosimili. Ma il Becattininon inventava, egli non aveva fatto cheriesumare, peraltro con notevole imperi-

zia filologica, un resoconto alle-stito in contemporanea agliavvenimenti narrati; quasiun instant-book, concepito,ed anche steso materialmen-te, da quanti furono protago-nisti e diretti testimoni dellavicenda. Anzitutto, il carce-rato ed accusato, TommasoCrudeli, e quindi l’amicopiù stretto, quasi Attico aCicerone, Luca AntonioCorsi5 e il vero protettorepolitico, Giulio Rucellai6.

Il resoconto della clamo-rosa vicenda giudiziaria fu

concepito probabilmente a piùampio raggio, già nei tempi precoci dellaprigionia, ma sempre a stretto contattocon (altri) amici e protettori. Quegli stes-si che si attivarono concretamente infavore del presunto reo appena giunta lanotizia dell’arresto: gli esponenti dellacolonia inglese, a cominciare da ladyMargaret Walpole, contessa di Oxford,

In sul mattin serenovidi la mia Licori

che s’adornava il senodi rugiadosi fiori.

Le rugiade io miraiche nei fior si struggeano,e dolce discendeanonel petto palpitante.

E quando, e quando maiio sì fedele amanteavrò tal libertade,fortunate rugiade?

Canzonetta

3 Probabilmente il Piombanti faceva riferimento all’opera di Limborch (1692).4 Cfr. in proposito Morelli Timpanaro (1989: 236-323).5 1703-1775; laureato in utroque a Pisa, ed anche curatore principale - noto per inciso - dellaprinceps delle sue rime, uscita nel 1746.6 1702-1778; dopo aver studiato e insegnato a Pisa, dove nel 1727 era stato professore di Dirittocivile, dal 1733 era succeduto nel delicato incarico di segretario della Giurisdizione a Filippo Buonarroti.

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divenuta una sorta di eroina dei massonifiorentini, e dal residente Horace Mann(Maestro Venerabile della LoggiaInglese); e, soprattutto, i fratelli di loggia,coscienti di essere il verobersaglio dell’offensivaclericale: da AntonioNiccolini, studioso difama internazionale, adAntonio Cocchi, grandeerudito e scienziato, allostampatore “eretico”Andrea Bonducci. Traquesti ultimi, un ruoloparticolare va ricono-sciuto al capo stessodella Reggenza, DéodatEmmanuel conte di Naye Richecourt, e aPompeo Neri. Il primoteneva le varie fila dellacontroversia conl’Inquisizione, ma aven-do attorno a sé un veropool di magistrati e dicompetenti, che fin dal-l’avvio della vicenda siassunse l’onere effettivodella difesa del carcerato, trascrivendoverbali e deposizioni, coadiuvando l’avvo-cato nominato da Crudeli (meglio, fornitod’ufficio), l’ottantaquattrenne BartolomeoArchi. Il Neri7 assisteva invece attivamen-te, con la sua competenza giuridica, le

scelte del Richecourt. Del resto, il Neri,sarà anche il revisore, nel 1745, dopo lamorte di Crudeli, del testo delle rime infunzione della stampa già ricordata.

La parte attiva ediretta nella stesura- a quanto è datovedere dalle carteche si conservanonella BibliotecaEstense di Modena(mss. Sorbelli 714 e715) - spetta, adogni modo, al Corsi,col quale il poetamanteneva attiva-mente i rapportianche dall’internodel carcere. Ne sonotestimonianza ibiglietti, più voltecitati negli interro-gatori dell’imputa-to, che venivano tra-smessi all’esterno dinascosto, e in parte

ci sono anche giunti,proprio nella trascrizio-

ne effettuata dal Corsi (Archivio di Statodi Firenze, Reggenza, f. 339, fasc. 4).Mentre il ruolo di ispiratore va ricono-sciuto al Rucellai, che forniva un contoquasi giornaliero sugli sviluppi dellavicenda al capo della Reggenza, e nelle

Tirsi diceva un giorno ad Amaranta:- Ah se tu conoscessi un certo male,

che ci piace e c’incanta,non è ben sotto il cieloche ti paresse, o bella, a quello eguale:io che già ne son pieno, ten voglio adesso inebriare il seno;ricevil dunque, e non aver timorech’io ti vogli ingannar: e come maiAmaranta ingannar Tirsi il pastore? - Li risponde la ninfa: - or dimmi, comequesto tuo male ha nome? -

TirsiNoi lo chiamiamo amore -.

Amaranta- Il nome è bello,ma dammi un contrassegno, acciò ch’io possatra gl’altri mali riconoscer quello.Dimmi che si sent’egli? -

da Tirsi ed Amaranta

7 Dall’agosto 1735, dopo esser stato docente di diritto civile a Pisa, era entrato nell’appara-to governativo, e con l’istituzione del Consiglio di Reggenza era stato nominato segretario nelConsiglio per gli affari di finanza.

sue memorie e trattazioni prodotte “intempo reale”, fin dal giorno successivoall’arresto di Crudeli, dimostra di coglier-ne subito la vera ragione (l’offensiva sca-tenata dal cardinale Neri Corsini contro laMassoneria fiorentina), rileva ed elenca indettaglio tutte le numerose infrazioni pro-cedurali man mano commesse nel proces-so dall’inquisitore, e assume la battagliaper la liberazione di Crudeli ad emblemadel tentativo di riaffermare il diritto delprincipe contro gli abusi secolari dellagiurisdizione ecclesiastica.

Un pamphlet di denuncia

La tempestiva reazione, oltreché neipassi fatti nelle opportune sedi diplomati-che, si concretizzò dunque nell’idea di unpamphlet di denuncia delle irregolaritàconnesse alla detenzione e alla “proces-sura”, oltreché di celebrazione del ruolodel Granduca, difensore e liberatore deisudditi oppressi ingiustamente. Esso fupensato, in primo luogo, in soccorso con-creto del carcerato e, insieme, come stru-mento di pressione sul principe perchéintervenisse in suo soccorso; in secondoluogo, e più a lungo termine, fu concepi-to in sostegno della lotta contro l’influen-za e le prerogative dell’Inquisizione inToscana e, insieme, quale strumento pertacitare gli avversari della dinastia stra-niera e le loro nostalgie per le libertàdella Repubblica fiorentina.

Becattini attinse, per la sua stampa, aduna stesura della Relazione simile (se nonla stessa) a quella che si conserva oggi, incopia calligrafica di mano di un profes-

sionista, nel ms. Palagi 282 dellaBiblioteca Moreniana di Firenze. Ma far-cendola di errori, sviste, imprecisioniinvolontarie, oltreché di lacune invecevolontarie: aperte in corrispondenza deinomi di quanti avevano deposto controCrudeli, e aventi lo scopo di non compro-mettere famiglie e casate, quando, adistanza di più di quarant’anni dai fatti, sipoteva anche pensare che quei nomi (altempo conosciuti da tutti) fossero statidimenticati. Da quelli dei maggioriresponsabili, Andrea d’OrazioMinerbetti, Bernardino Pupiliani, il preteGrossi, a quelli di personaggi coinvoltipiù indirettamente, ma a maggior ragioneda tacere perché esponenti della nobiltà:in primis, Bindo Simone Peruzzi (il testeR degli atti del processo), fratello di log-gia di Tommaso, personaggio di notevo-le levatura intellettuale, ed artefice primodella notevole raccolta antiquaria allesti-ta nella sua villa all’Antella.

Questa (terza) redazione del raccontoappartiene però a un tempo successivo aquello dell’origine, sicuramente posterio-re alla morte di Crudeli (27 gennaio1745), e probabilmente prossimo almomento della conclusione del braccio diferro con la Corte romana, avutasi colConcordato del 16 marzo 1754. Nel docu-mento vennero fissate le condizioni per lariapertura negli stati di Toscana del tribu-nale dell’Inquisizione, a cominciare dal-l’introduzione di tre assessori laici condiritto di veto, col compito di vegliarel’interesse del principe e dei sudditi, sulmodello del S. Uffizio veneziano.

Sulla genesi della narrazione gettano

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invece luce i documenti ritrovatinella Biblioteca Estense diModena, che ci conservano leprime due redazioni manoscrittedella narrazione, col titolo, a par-tire dalla seconda, di Istoriadella carcerazione del DottorTommaso Crudeli di Poppi e dellaprocessura formata contro dilui nel tribunale del S.Offizio di Firenze.

Mentre la primastesura (ms. Sorbelli714, cc. 58r-75r) ètutta di mano delCorsi, e presenta fre-quenti riscritture ecancellazioni, che denuncianochiaramente il processo elaborativo, laseconda (ms. Sorbelli 715) costituisce unaredazione più avanzata. In essa, accantoalla mano del Corsi (che ha copiato la ste-sura di base, ed è poi ritornato, ma adistanza di anni, a variare ed emendare iltesto), si notano alcune chiose marginali dimano di Tommaso Crudeli. Il quale dun-que, oltre a suggerire colla sua diretta testi-monianza gli aspetti sostanziali della nar-razione, ha letto l’Istoria in questa forma,e in questa forma l’ha “autorizzata”.

Il tutto - è bene ribadire - avveniva perònello spirito di una collaborazione a piùmani, dove il contributo del protagonistasi sommava, senza preclusioni e nellamassima disponibilità, a quello degli altri

che vi ebbero parte. Per un risulta-to che, a prima vista, apparelontano dalla qualità dellaprosa di Crudeli, o perlomenodalle inflessioni e dall’ironiacosì tipiche della sua scrittura,come le conosciamo dalle let-

tere, dalla Cicalata accademica8

e dal Raggualio sulla sentenza (pro-nunciata la sera del 20 agosto

1740 nella chiesa di S.Piero Scheraggio). Sitratta di un resocontoautografo, che ci èconservato ancoranelle carte del ms.Sorbelli 714, e chedall’imputato fu alle-

stito dietro precisarichiesta di un primo

ministro del suo sovrano, vale a dire ilRichecourt. In seguito fu anche (da altri)incorporato nell’Istoria, al livello dellacitata terza redazione.

La situazione lascia, peraltro, intrave-dere qualche affinità - di nuovo - conquella delle rime di Crudeli, che vennerodall’autore affidate al gruppo degli amicipiù stretti, accompagnandole con indica-zioni esplicite sulla piena libertà rielabo-rativa loro accordata9.

Ad ogni modo, la prosa dell’Istoria inquesta seconda redazione non è solo digran lunga più corretta, ma anche assaipiù vicina allo spirito polemico da cui fu

8 Edita nel 1757, e letta dall’autore in una seduta dell’Accademia degli Apatisti.9 Rimando di necessità al mio lavoro del 2000, specialmente cap. III, La tradizione delle rime.

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mossa, rispetto alla versione che grazie alBecattini prese a circolare. L’operetta,intanto, mostra una sua valenza anche let-teraria, e può essere a pieno titolo ascritta,come esempio precocissimo, alla parcaserie della nostra letteratura carceraria(che allinea titoli quali laVita di Pietro Giannone,le Osservazioni sullatortura di Pietro Verri,la Storia della colonnainfame del Manzoni).

Senza mai dimentica-re che la sua natura èinnanzitutto storico-d o c u m e n t a r i a .L’Istoria, infatti, rap-presenta la versioneufficiale dell’avveni-mento assunta dagliuomini di governo edagli intellettuali piùavveduti. La relazione sul processoCrudeli fu approntata, infatti, nel momen-to della maggior frizione con la Corte diRoma e della più dura prova del nuovogoverno, quando si trattava di mostrare -documenti alla mano - che i Medici, eCosimo III in particolare, avevano per-messo la rinascita dell’Inquisizione ederano responsabili del disordine dellalegislazione ecclesiastica in Toscana; dicontro alla tesi che voleva illuminato ilgoverno di Cosimo III e tollerante l’ulti-mo di Gian Gastone, mentre indicava

nella concessione del braccio contro imassoni da parte di Francesco Stefano unsegno nuovo di debolezza e acquiescenzaverso l’Inquisizione.

La narrazione fu redatta come un attodi contestazione puntuale degli abusi pro-

cedurali commessi dall’inquisi-tore e dai suoi collaboratori.Secondo le due linee “stra-tegiche” che si ritenne diaver individuato: da un lato,i maneggi, l’infrazione deidiritti e delle procedure,l’alterazione sistematicadelle carte, visti come diret-ta conseguenza dell’ingan-no “fondamentale” ai dannidella buona fede del princi-pe, che solo all’oscuro delvero delitto imputato aCrudeli aveva potuto con-

sentirne l’arresto. Dall’altro,l’oppressione consapevole della volontà edel fisico del prigioniero, peraltro giàdebilitato da una grave forma d’asmabronchiale, al cui soccorso si leva l’ener-gica reazione dei ministri, giustificatadalla necessità di salvare un cittadino per-seguitato ingiustamente.

Il racconto inquadra tutta la vicenda daquesta duplice prospettiva, passando inrassegna, nell’ordine: l’arresto, giudicatoillegale, perché, in primo luogo, compiu-to quando le prove ancora non erano stateacquisite10, e, in secondo luogo, perché

La prudenza ell’è un sapereben pigliar la sua misura

ne’ vantaggi del piacere,che tra noi pose natura:senza lei la vita è amara,ma con lei la vita è cara.

Se il tuo corto antivederefra la notte del futurosi smarrisce e resta oscuro,addio anco il tuo piacere:ove immagini il contento,duro inganno!, ivi è tormento.

Madrigale

10 Ist. 17: in un tribunale che lodevolmente ha per metodo di non arrestare il preteso reo, se nondoppo compilato il processo e provati concludentemente i di lui reati.

non riguardante materia di fede (essendola vera ragione - la lotta antimassonica -materia non istituzionale del Tribunale);la contestazione delle accuse solo dopoquattro mesi; la concessione delle difesesolo dopo un anno; l’isolamento forzato ei disagi materiali inflit-ti al prigioniero, emai alleviati di frontealle ripetute istanzedei parenti e delgoverno, anzi aggra-vati, in assenza diogni prova, nel preci-so intento di condur-re a morte l’accusato;la sistematica propa-gazione di ciòcchépoteva figurarsi insuo (del prigioniero)aggravio, e, al con-trario, l’impegno aoccultare tutto quelloche poteva ridondarein vantaggio di esso(Ist. 49); le dilazioni ele menzogne usate dall’inquisitore e dalsuo vicario, non solo verso il principe, maanche verso la Congregazione di Roma eil nunzio in Firenze, indicati come i solireferenti positivi nello schieramentoecclesiastico, che dietro varie sollecita-zioni si erano attivati perché la causafosse spedita al più presto; le deposizionidei testimoni estorte e distorte, e l’utilizzodi testimonianze di persone notoriamentenemiche o avverse a Crudeli per ragionipregresse; i deposti dell’inquisito alterati;la copia del processo consegnata all’avvo-

cato priva delle deposizioni favorevoli alcarcerato. Nella conclusione, si trattava diun processo fabbricato a mano ed acapriccio, in presenza di un attuario cheresta convinto di sì fatte palpabili irrego-larità enormissime (Ist. 77). Soprattutto

nel caso delle deposi-zioni del Pupiliani edel Minerbetti, i duetestimoni chiave del-l’accusa, in relazionealle quali erano statepraticate irregolari-tà, suggestioni, falsi-tà e maneggi sì fattida far orrore a chiun-que ha nell’animoalcuna idea d’onestàe di giustizia (Ist. 92).

Il resoconto, comesi coglie agevolmenteanche dal brevesunto, denuncia unpreciso “taglio” nar-

rativo, ben riconoscibi-le nel confronto con le carte d’archivio.Ma che appare evidente nel disegno aforti tinte, privo di sfumature, e nell’ag-giunta o diminuzione dello spessore deivari attori. Per esempio, facendo del padrevicario dell’inquisitore uno Jago, cheserve unicamente a blandire e illudere ilcarcerato per meglio raggirarlo; o carican-do l’inquisitore di tinte malefiche e pesan-temente negative, per ridurre tutta lavicenda ad una macchinazione da partedel S. Uffizio toscano ai danni del sovra-no e salvare, di contro, la Congregazione

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⋅ 35 ⋅300° anniversario della nascita di Tommaso Crudeli, R. Rabboni

All’apparir del tramontar del soleviddi, e m’avevi, o Amor, gl’occhi bendati,

ire a diporto in arsi umidi praticolei che l’alma mia vole e disvole.

Stette il core, e si mosse come suolemoversi in su pei monti aspri e gelatil’onda, allor che le tien i piè legatil’Austro che agghiaccia l’etïopia mole.

Quendo ad un tratto ella alzò gl’occhi e mi vide,ahi dolce vista, ahi vista acerba e fera,vital vista che ogn’ora il cor m’ancide.

E poscia in me soavemente alteragirò le luci sue dolci omicide,ma non potè veder se quivi io m’era.

Sonetto “senza senso”

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di Roma; volgendo, ancora, il progettodella fuga dal carcere, vagliata (come sivede dai documenti) dal Richecourt eavallata da Francesco Stefano, a maggiorgloria del prigioniero, che si sarebbe rifiu-tato di uscire in tal modo; e così via. Nonera questione, infatti, di stendere unamemoria privata, né tantomeno una cro-naca, una mera registrazione cronologicadegli avvenimenti. Si trattava, è bene insi-stere, di redigere una versione ufficialedel caso, per giunta fortemente polemica:un’“istoria”, per l’appunto, e in quantotale, ispirata all’idea di una diligente eragionata, criticamente selezionata, espo-sizione del “vero”.

L’aspetto documentale appare pertantoimprescindibile dalla ricostruzione, cheallo scopo trasse materia, innanzitutto,dalle carte processuali11, e, ancor prima,dalla testimonianza del protagonista;dalle notizie e dai biglietti fatti uscire dalCrudeli da S. Croce; e dalle relazioni chefurono allestite a vari scopi. Tra queste,una speciale menzione meritano le duememorie difensive preparate per la SacraCongregazione, redatte ufficialmentedall’Archi, ma sicuramente assemblate daquanti, all’esterno, assistevano Crudeli, einoltrate a Roma tramite l’inquisitore,dopo che - almeno nel primo caso, comesuggerisce l’Istoria - le ebbe fatte ricopia-re e alterare da un suo uomo. Che questememorie siano state l’occasione per alle-

stire un canovaccio assai simile all’Istorialo farebbe supporre anche l’incompiutez-za del racconto, che s’interrompe (nelleprime due redazioni) - senza cenno allacondanna e alla sua attuazione - quandoCrudeli è stato trasferito da pochi giorninella Fortezza di San Giovanni Battista; e,inoltre, l’atteggiamento sempre assaibenevolo e “accattivante” verso laCongregazione, cui spettava la decisionefinale sulla sorte dell’imputato.

Altri spunti furono attinti dalle infor-mative filtrate dall’avvocato, dalle fediautentiche di alcuni testimoni (ilMinerbetti e il Pupiliani, che avantinotaio ritrattarono le deposizioni fattenel S. Uffizio fiorentino); e, ancora,dalle ricordate note inviate dal Rucellaial Richecourt, e da trasmettere a Vienna.Le quali fin dall’avvio mettevano l’ac-cento sulle irregolarità della procedura el’inganno con cui la corte romana, trami-te l’inquisitore, aveva ottenuto la con-cessione del braccio secolare.Soprattutto, mostravano di concepire ilresoconto del processo, fin da subito,come degna conclusione di una lunga edesatta istoria di questo tribunale, che -come si evince anche da una minuta pre-parata dal Rucellai, per una lettera (data-ta Lintz 29 giugno 1743) che il sovranoinviò a Benedetto XIV - il Lorena avevarichiesto, assai precocemente, per unaprecisa ragione:

11 Al punto che la prima stesura, di ms. Sorbelli 714, conserva i rimandi marginali alla nume-razione delle carte del processo nella copia di mano del Corsi: ASF, Reggenza, f. 340, cc. 125-176.s

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conoscere la sua (del S. Uffizio fioren-tino) natura mettendomi al fatto della suaorigine, de’ suoi veri diritti, e delle suepretenzioni. Mi piacque che vi s’unisseroi documenti autentici perassicurarmi d’esseremesso in stato di farneun giusto carattere,che potesse servirmidi una sicura scortanelle mie risoluzioni.

La narrazione delprocesso fu dunquechiamata a conclude-re il dossier poi ineffetti preparato,ancora dal Rucellai12;e che consisterà inuna mirata ricogni-zione delle istorie,oltreché dei decreti,delle sentenze ededitti conservatinell’Archivio dellaGiurisdizione, su cui fondava la tradizio-ne delle libertà fiorentine.

L’operatività della rete massonica

Attilio d’Anzeo, in un suo intervento suTommaso Crudeli13, ha affermato che la

Massoneria oppose una tattica morbidaall’offensiva inquisitoriale:

preferisce mimetizzarsi [...] rimanenell’ombra, ma si crea il suo martire che

non mancherà di vantare.

In realtà, volendoprendere per un atti-mo sul serio quellepagine, le più recentiricerche dimostranoche la rete latomisticasi attivò invece con-cretamente, su undoppio piano: per ilsostegno e la libera-zione di Tommaso, daun lato, e per la ridu-zione del potere giuri-sdizionale dellaChiesa, dall’altro. Ifratelli di loggia simossero con coesio-

ne, quasi fossero coordi-nati dal Richecourt, che era - ricordo -massone e fungeva da trait-d’union con ilGranduca, altro iniziato.

In proposito, anche alcune pubblicazio-ni di liriche di Crudeli, negli anni 1739-1740, recentemente individuate da M.A.Morelli Timpanaro (2000: 24-34), ebbero

Legar con una rete i piedi a un fiume,rubar a casa d’altri al buio o a caso,

elegger i poponi senza naso,cercar di notte un quattrin senza lume.

Cavar altrui la sete col salume,decimar dagli apostoli Tommaso,aver di congetture pieno il vaso,divider in triangoli il costume.

Voler unir i venti in matrimonio, ridurre in minuette le comete,ingrassar quella mula all’Alcïonio;

cambiar le profezie colle monete,battezzar le medaglie senza conio:questa è quella bell’arte che vo’ avete.

Sonetto a un medico ignorante

12 Cfr. Informazione a S.A.R. concernente l’introduzione dell’Inquisizione in Toscana, e l’usodelle carceri da essa in diversi tempi avuto con undici citati ed annessi recapiti. Fatta nel mese di set-tembre del 1738 (ASF, Reggenza, f. 340, cc. 254-287: cit. da c. 260r-v). La minuta autografa delRucellai si conserva in Reggenza, f. 339, fasc. 23: Minuta di una Relazione del Senator Rucellai cor-redata da un sommario, sopra l’origine, vicende, e stato del tribunale della Inquisizione in ASF,Reggenza (in due redazioni: 28 + 6 cc. n .num., con aggiunta di un Sommario: cc. 16 n. num.).13 Cfr. A. D’Anzeo (1995: 11).

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probabilmente il signi-ficato di un omaggio, edi un sostegno insieme,da parte dei soci di log-gia al confratello perse-guitato. Si tratta, piùesattamente: dell’edi-zione, attuata dallibraio-editore e masso-ne Giuseppe Rigacci, diuna Raccolta di variecanzoni, indirizzata aLady Walpole, che con-teneva alcune delle piùnote odi crudeliane, Laricamatrice, La notatri-ce e tre traduzioni dailirici inglesi. E, inoltre,la nuova stampa, nel1740, dell’ode al Farinello (già edita nel1734), densa peraltro di riferimenti “pita-gorici”, che comparve - tra l’ottobre e ilnovembre - quasi in concomitanza conl’arrivo di Tommaso nella capitale delgranducato, per perorare davanti all’in-quisitore la richiesta di un soggiorno in unluogo dal clima più mite rispetto a Poppi,dov’era stato confinato agli arresti domi-ciliari. L’ode fu inserita (col 22) in unaRaccolta di varie canzoni sopra diversileggiadri soggetti, ancora voluta dalRigacci, e dedicata alla giovane LadySophia Fermor, figlia di Thomas Fermor,conte di Pomfret, allora in visita in Italia.L’effigie della nobildonna fu posta all’ini-

zio della Raccolta, e fudisegnata da MarcusTuscher, che era alloralegatissimo allo Stosch.Non va nemmenoescluso che in entrambele iniziative fossero uti-lizzati fondi dellaMassoneria inglese: chesappiamo furono rac-colti e inviati per soli-darietà a Firenze, colfine di un concretoaiuto a Tommaso, giàdurante il primo perio-do della carcerazione14.

Si può dunque direche la Massoneria non

sfuggì affatto alla possi-bilità di chiarire il suo pensiero e i suoiprogrammi, come insiste ancora D’Anzeo(ibidem), ma operò attivamente, dando uncontributo essenziale per giungere allachiusura del Sant’Uffizio, dapprima prov-visoria nel 1743, e poi definitiva nell’‘82;a quello che - è bene sottolineare - risulta,nei fatti, uno dei primi esempi in Italia diaffermazione del potere del principe sulpotere spirituale.

Conclusioni

Resta da dire che l’Istoria, nella formaedita dal Becattini, è stata in seguito sem-pre utilizzata, accanto ai documenti d’ar-

Un certo beveron senza cervello,uno sciroppo così in generale,

un brodo da digiuno agile e snello,che non sa né di bene, né di male.

Fighe secche bruciate nel baccello,stemprate in acqua calda senza sale:una risciacquatura, un acquerellodi pentole avanzate allo spedale.

Una bevanda fatta alla carlona,di cui non può distinguersi il sapore,e né saper se sia cattiva o buona,

che a definirla n’andrebbe il cuorea qual si sia sofistica persona,ci diede per caffè ‘l Vicerettore

Sonetto sopra un reo caffè dato in un festino pubblico a Pisa

14 Sappiamo che il 12 settembre 1739 la Gran Loggia londinese promesse una colletta per il pri-gioniero del S. Uffizio fiorentino: cfr. Herper 1945: 38.

chivio, nella narrazionedel processo. Ma il testogravemente compromesso,come abbiamo detto, hacontribuito per la sua partealla mancanza, a tutt’oggi,di una ricostruzione inte-grale e corretta dellavicenda Crudeli. C’è statasì la fatica di FerdinandoSbigoli (Tommaso Crudelie i primi Framassoni inFirenze. Narrazione stori-ca corredata di documentiinediti. Milano, Battezzati,1884), che è altamentemeritoria, perché basatasulle filze dell’Archivio fio-rentino, ma è ormai invecchiata, oltrechélimitata da un intento fortemente apologe-tico e, soprattutto, da un utilizzo ridottodelle carte. Oggi sono, infatti, disponibilialtri documenti, la cui piena conoscenzaattende di essere messa a disposizionedegli studiosi e di quanti hanno a cuore laverità. Dopo le approfondite ricerchearchivistiche di N. Rodolico, F. Venturi,F. Diaz, G. Giarrizzo, M.A. MorelliTimpanaro, senza dimenticare il raccontoromanzato, ma documentato, di ErnestoBaldi (L’alba. La prima loggia massonicaa Firenze, l’Inquisizione, il processoCrudeli. Firenze, Tip. B. Coppini & C.,1955), e un notevole intervento di PaoloCasini (The Crudeli Affair: Inquisitionand reason of State, 1972), un più recentelavoro di José Antonio Ferrer Benimeli(Masoneria, Iglesia e Ilustracion. Unconflicto ideologico-politico-religioso. 2

voll., Madrid,F u n d a c i o nUniversi tariaE s p a ñ o l a ,1976) ha con-sentito un deci-so avanzamen-to delle ricer-che. Il FerrerBenimeli hacollocato lavicenda fioren-tina entro unquadro impo-nente di fatti,che ci restitui-sce nel dettaglio

la storia del contra-stato rapporto fra Chiesa e Massoneriaeuropea, ed ha potuto mettere a frutto ilmateriale conservato nell’ArchivioSegreto Vaticano. Tuttavia, in primoluogo, queste ampie indagini possono giàessere integrate con le carte visibilinell’Archivio della Curia Arcivescovile diFirenze, in particolare le lettere scambiatetra l’inquisitore fiorentino e gli assessoridel S. Uffizio romano; ed altre se nepotranno sicuramente affiancare, cheandranno cercate a Roma, nell’archiviodel Tribunale dell’Inquisizione, e aVienna, nell’Haus, Hof und Staatsarchiv.In secondo luogo, ciò che più importa, lamolteplice documentazione messa adisposizione dal Ferrer Benimeli risultapurtroppo quasi inservibile, perché pre-giudicata dai travisamenti, lacune e impre-cisioni pressoché continui della trascrizio-ne. E non solo nella trascrizione; si pensi -

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Mirra savia e gentil non ama alcuno,se non per l’oro, ma per l’oro amabile

Mirra savia e gentile abbraccia ognuno.

Livia ama i vecchi, e te gli fa pagare;ai vecchi il troppo amor giunge importunogiusto per quello che non posson fare.

Corinna, oh questa sì ch’ella è ammirabile:ha pudico lo sguardo, il cor lascivo;fervente in chiesa, in camera insaziabile.

Dafne, al desio d’ogn’amator corrivo,del futuro gioir, che mai non viene,vende accorta il prospetto fuggitivo.

N. 4 Caratteri estemporanei fatti a 4 Signore Fiorentine

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per fare un esempio solo - che Crudelivien fatto morire (II, p. 101) nell’autunnodel 1741. Ma c’è una concreta speranzache vuoti e guasti siano definitivamentesanati dalla rivisitazione del processo che

Maria Augusta Morelli Timpanaro haannunciato15, e da cui è lecito attendersiuna ricostruzione alfine ottimale delladrammatica vicenda giudiziaria.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

D’Anzeo, A. (1995) Tommaso Crudeli e la disinformazione: da nemico a vittima. Nel 250° Anniversario dellamorte. Comune di Poppi, Edito a cura delle Famiglie Candidi Tommasi Crudeli.

Herper, J.H. (1945) The Earl of Middlesex and the English Lodge in Florence. Transactions of theQuattuor Coronati Lodge, LVIII, pp. 4-77.

Limborch, (1692) Historia Inquisitionis cui subjungitur liber sententiarum Inquisitioni Tholosanae.Amstelodami.

Morelli Timpanaro, M.A. (1991) Su Francesco Becattini (1743-1813), di professione poligrafo.Archivio storico italiano, CXLIX, pp. 280-374.

Morelli Timpanaro, M.A. (2000) Per Tommaso Crudeli nel 255° anniversario della morte, 1745-2000. Firenze, Olschki.

Morelli Timpanaro, M.A. (1989) Su alcuni “semi-letterati” fiorentini del secolo XVIII. Critica storica,XXVI, pp. 236-323 [ora in Morelli Timpanaro Autori, stampatori, librai. Per una storia dell’edito-ria in Firenze nel secolo XVIII. Firenze, Olschki, 1999, pp. 355-511].

Rabboni, R. (2000) Monsignor / il Dottor Mordi Graffiante. Le rime inquisite di Tommaso Crudeli.Udine, Istituto Studi Storici Tommaso Crudeli, Del Bianco.

Torcellan, G.F. (1965) Francesco Becattini. In Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istitutodell’Enciclopedia Italiana, 7, pp. 394-400.

15 Cfr. Morelli Timpanaro (2000: V).

ESOTERISMO

L’alfabeto latomistico

a cura della R∴ L∴ XX Settembre 1870 n° 843All’Oriente di Milano

The present article enters the complex background of the so-called masonic alpha-bet already attested in the ritual “tiercel board”. Such a particular kind of cabali-stic criptography was already well known before the time of Agrippa von Nettesheimand was based on the Hebrew alphabet. That model was later used and modified inearly Freemasonry in order to produce some different sets of masonic alphabets.

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DDei tre gioielli immobili di log-gia, pietra grezza, pietra cubicae tavola da tracciare, il terzo e

giustamente più complesso, perché analo-gico alla figura del maestro massone, recasia figure o disegni, sia, in diversi casi,alcune lettere tratte da alfabeti massonici.Come è noto, la tavola tripartita vieneottenuta tracciando una coppia di retteparallele tra loro e tagliandole con un’al-tra coppia di rette parallele e perpendico-lari alla prima coppia, di modo che latavola venga suddivisa in nove partidisposte in tre linee ed in tre colonne. Perquesta ragione, manifestamente, è chia-mata tavola tripartita, o, con antica deno-

minazione tiercel board1. La struttura ditale tavola è a sua volta intrinsecamentelegata all’origine ed interpretazione diogni alfabeto massonico.

L’alfabeto massonico è infatti il frutto,relativamente moderno, di un alfabetocabalistico più antico; si ispira infatti aduna crittatura di quello ebraico quadrato,come vedremo, tripartito su di una tavolada tre colonne e tre righe. Di fatto, in que-sto sistema di crittatura cabalistica, chetroviamo già menzionato da Agrippa diNettesheim nel 1533, venivano utilizzatiben 27 segni dell’alfabeto ebraico (ovve-ro i 22 segni standard più i 5 delle lettereche modificano la forma finale), così cor-

1 Cfr. Reghini (1988: 114).

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⋅ 42 ⋅ESOTERISMO

rispondenti alle 24 lettere di quello grecopiù i tre segni aggiuntivi (stigma [$í = 6],koppa [í = 90], sampi [Ùí = 900]) di esclu-sivo uso matematico.

Ma citiamo in proposito il passo diAgrippa nel capitolo XXX, libro III, dellasua De occulta philosophia2:

Un’altra specie di scrittura,assai reputatata un tempo daiCabalisti, è divenuta oggi diuso tanto comune da esserquasi caduta in potere deiprofani. Si dividono le ven-tisette lettere dell’alfabetoebraico in tre gruppi, cia-scuno composto di novelettere. Nel primo grupposi collocano le lettere3

Txzwhdgba, che rappresentano i numerisemplici e le cose intellettuali distribuiteai nove ordini angelici; nel secondo lelettere4 Spcßnmlky, che contrassegnanole decine e le cose celesti nelle nove orbi-te dei cieli; nel terzo le quattro lettereresidue con le cinque finali5

fiPNMKtsrq, che esprimono le centinaiae le cose inferiori, vale a dire i quattroelementi semplici e le cinque specie per-fette di composti. Questi tre gruppi sonodistribuiti in nove caselle, ciascuna di trelettere, di cui la prima comprende le treunità vale a dire l’intellettuale la celestee l’elementare; la seconda le dualità; laterza le triadi e così via. Le caselle sonoformate dall’intersecazione di quattrolinee parallele che si tagliano ad angoliretti, come è indicato dalla figuraseguente:

slg rkb q ya ¢ l g r k b q y ’

Mß w Knh tmd m s w k n h t md

fiST Ppx Nc z s≥ s≥ t p p h≥ n ‘ z

Scomponendo tale figura nei suoi ele-menti, ne risultano nove figure, cioè:

c b a f e d i

Tali figure non sono che il graficodelle nove caselle e per indicare unadata lettera delle tre comprese inogni casella, ciascuna figura viene

contraddistinta da uno da due o da trepunti. Un punto indica la prima lette-

ra della rispettiva casella, due puntila seconda, tre punti la terza.Volendo così formare il carattere

della parola Michael, che in ebraico hacinque lettere, si comincia col tracciare lecinque figure seguenti:

che si riducono a tre sole figure in questomodo:

infine a una sola figura. Tuttavia ipunti che contrassegnano le varie letteredelle caselle si omettono d’ordinario eper conseguenza il carattere della parolaMichael assume il grafico seguente:

2 Cfr. Agrippa (1991: 250-251).3 ’alef, beth, g≥imel, daleth, he, waw, zain, h≥eth, t≥eth.4 yod, kaf, lamed, mem, nun, samekh, ‘ayin, pe, s≥ade.5 qof, resh, ¢in, taw, kaf finale, mem finale, nun finale, pe finale, s≥ade finale.

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⋅ 43 ⋅L’alfabeto latomistico, RE LE XX Settembre

Come ha fatto notare Reghini6, la scrit-tura cabalistica7 descritta da Agrippa, e giàda tempo in uso al punto di essere quasidivenuta nota ai profani, fu rielaborata edadattata in modo arbitrario da altri autoricinquecenteschi, come Giovanni BattistaDella Porta nel De furtivis litterarum notisvulgo de ziferis, Libri III, Neapoli 1563,pp. 92-94 o il cabalista Blaise de Vigenèrenel Traité de chiffres ou secrètes manièresd’escrire, Paris 1567, p. 275. Se in testi piùantici, come L’Ordre des Franc-Maçonstrahi (Paris 1742), la tavola da tracciare èpriva di segni appartenenti ad un qualchecripto-alfabeto, già a partire dai primi annidell’Ottocento, in opere come il Thuileurde l’Escossisme (Nouvelle Édition, Paris1821) e nel Manuel Maçonnique par unveterain de la Maçonnerie (1820) delVuilliaume, troviamo la versione di basedell’alfabeto latomistico:

a b c d e f A B C D E F

g h i l m nG H I L M N

o p q r s tO P Q R S T

u x y zU X Y Z

Tale alfabeto è ottenuto secondo ilmedesimo principio esposto da Agrippa; se

ne distingue per il fatto che il numero dellelettere utilizzate per le moderne lingueeuropee, a differenza del sistema impiega-to con l’alfabeto ebraico, non costituisceun multiplo di nove; infatti le prime 21 let-tere si ottengono a partire dalla seguentechiave8, di modo che, partendo da sinistraverso destra, dall’alto verso il basso eaggiungendo alla seconda lettera di ognunadelle 9 coppie un punto nel mezzo, ognisegno corrisponde ad una delimitazionedella casella; e.g.: A = a; C = c; E = e;e ovviamente, con l’aggiunta di un punto,troviamo: B = b; D = d, F = f.

A B CD E F

G H I L MN

O P QR S T

Le ultime 4 lettere sono invece ottenu-te secondo la seguente chiave:

X

U Y

Z

Spesso la parola “Loggia” viene indi-

cata mediante la lettera L, l (ovvero con

un rettagolo con il punto in mezzo, A),mentre con due rettangoli si ha il corri-

spondente plurale (“Logge” B)9.

6 Cfr. Reghini (senza data: 53). Si veda inoltre il capitolo La Tavola tripartita nell’opera diReghini 1988: 114-123.7 Sulla simbologia dell’alfabeto ebraico cfr. Agrippa 1991: 133-135 e passim.8 Cfr. Boucher (1997: 65-66).9 Cfr. Boucher (1997: 66).

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⋅ 44 ⋅ESOTERISMO

Si noterà ovviamente che questo alfabe-to manca di alcune lettere, come la V(giacché in latino V e U non necessitano didue differenti grafemi), e di molte altrenecessarie per le lingue germaniche (J, K,W). E’ questo infatti il modello dell’alfa-beto latomistico che viene indicato nel setdi fonts con il nome di HIRAM3. Perquanto riguarda i segni alfabetici mancan-ti, si può procedere con l’utilizzo sostituti-

vo di C (c) per K, di I (i) per J, di U

(u) per V/W. Abbiamo però ritenutoopportuno proporre anche due serie diffe-renti, così come presentate nel Duncan’sRitual10, che sostanzialmente propone ilcifrario del “Royal Arch”11. In questi duesistemi, troviamo 26 segni, anziché i 22già presentati, proprio perché vengonorese indipendentemente anche le lettere K,J, V, W. I due differenti cifrari si distin-guono per il differente uso del puntodistintivo; nel primo caso (corrispondenteal set di fonts HIRAM1) la sequenza èsenza punto da A sino a M, mentre da N aZ tutti i segni recano un punto nel mezzo:

a b c d e fA B C D E F

g h i j k l m G H I J K L M

n o p q r s N O P Q R S

t u v w x y zT U V W X Y Z

Nel secondo (corrispondente ai fontsHIRAM2), più tradizionale, si alternanosegni con e senza punto:

a b c d e f A B C D E F

g h i j k l mG H I J K L M

n o p q r s N O P Q R S

t u v w x y zT U V W X Y Z

Le chiavi sono evidentemente:

Appare però opportuno ritornare allaquestione dell’origine della scritturacabalistica di Agrippa, per notare, sullascorta di Reghini12, che, sebbene il nume-ro di 27 segni era “inspirato quasi certa-mente da considerazioni di carattere pita-gorico, ... il sistema greco di numerazionescritta più antico ed in uso al tempo diPitagora faceva uso delle lettere inizialidella parola, e faceva uso ad esempiodella lettera p per scrivere il numero cin-que e della lettera D, iniziale di decade per

10 Cfr. Duncan’s Masonic Ritual and Monitor (1923: 248).11 Esistono ovviamente diversi altri alfabeti latomistici nell’ambito delle numerose tradizionirituali massoniche, ma in genere essi non sono usati.12 Cfr. Reghini (senza data: 53-54).

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⋅ 45 ⋅L’alfabeto latomistico, RE LE XX Settembre

scrivere il numero dieci. Così il neo-pita-gorico Teone da Smirne, nella sua “espo-sizione delle cose matematiche utili allalettura di Platone” che è del primo secolodell’era volgare, occupandosi dei priminove numeri interi che soli lo interessava-no riporta la tabella:

a d z 1 4 7b e h ossia 2 5 8g $ q 3 6 9

dove i primi nove nume-ri sono tripartiti in tre righee tre colonne”.

Reghini in proposito notava13:Questa breve analisi porta ad identifi-care la tavola da traccia-re con la tavola tripartitache si ottiene dalla tabel-la di Teone quando se ne tolga-no le nove lettere greche, lequali rappresentano i numeri e soltanto iprimi nove numeri. Erano i numeri con-tenuti entro la decade pitagorica, ederano i soli che interessavano i pitagori-ci perché a questi si riducevano tutti glialtri numeri sostituendo ad essi il lorofondo o pitmene, ossia il resto della divi-sione di un multiplo di nove.

La tavola da tracciare o tavola triparti-ta o tiercel board14 è assolutamente iden-

tica alla tabella tripartita pitagorica diTeone da Smirne; ed i numeri sacri deiliberi muratori non sono altro che i novenumeri della decade pitagorica. Essa indi-ca al massone che i lavori architettonici,di edificazione materiale e spirituale,vanno tracciati ed eseguiti sulla scortadelle proprietà dell’aritmetica ordinaria esimbolica. Anche in questo simbolo com-paiono di fatto soltanto delle linee, cheservono a indicare i numeri, quindi ancheesso non si riferisce ad una lingua parti-

colare ed ha carattere universalesebbene ci faccia risalire al neo-pitagorico Teone. Possiamo dire

che è un simbolo pitagorico e masso-nico che ha un carattere universale,perché ha forma geometrica ed indi-

ca solo dei numeri e le loro pro-prietà aritmetiche e simboliche”.

Sempre in merito alla simbolo-gia della tavola tripartita15, noteremo che inumeri della seconda riga sono le mediearitmetiche dei numeri delle altre due dellastessa colonna: 4 rispetto a 1 + 7; 5 rispet-to a 2 + 8; 6 rispetto a 3 + 9. Così i nume-ri della seconda colonna sono le mediearitmetiche di quelli delle altre due colon-ne appartenenti alla stessa riga: 2 rispettoa 1 + 3; 5 rispetto a 4 + 6; 8 rispetto a 7 +9. Inoltre, come nota Reghini, il 5, che si

13 Cfr. Reghini (senza data: 54-55).14 Come ricorda Reghini (1988: 120), già il testo antimassonico di S. Prichard, Masonry dissec-ted, Londra 1730, pare menzionare l’esistenza di una tavola tripartita, denominata appunto come tiercelboard. Lo studioso concludeva quindi: Sembra adunque molto probabile che la tavola tripartita dellaMassoneria fosse in antico tracciata sulla tavola da tracciare come indica il suo vecchio nome inglesee consistesse delle sole due coppie di rette tra loro perpendicolari.15 Cfr. Reghini (1988: 116-117).

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⋅ 46 ⋅ESOTERISMO

trova nella casella centrale, ha inoltre laproprietà di essere media aritmetica deinumeri estremi di ogni riga, colonna o dia-gonale che attraversa la colonna centrale.

Come appare da queste brevi annotazio-ni, l’alfabeto massonico offre, al di là degliaspetti propriamente culturali sulle sue ori-gini, una vasta serie di stimolanti riflessio-ni relative alla simbologia massonica eall’importanza della tavola tripartita.

Concludiamo quindi questa breve tavo-la con l’augurio che la Loggia XXSettembre 1870, n. 843 all’Oriente diMilano, possa continuare il suo lavoro

esoterico con lo stesso entusiasmo e suc-cesso delle origini.

Invitiamo inoltre i Fr... ad una buona lettura con l’alfabeto massonico

della nostra officina.

con un triplicefrE abbraccio

alla gloria del gEaEdEuE

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Agrippa, E.C. (1991) La Filosofia Occulta o la Magia. Prima edizione italiana di A. Fidi pre-ceduta da un ampio studio introduttivo sopra l’autore e la sua opera a cura di A. Reghini. 2voll., Roma, Edizioni Mediterranee.

Boucher, J. (1997) La Simbologia Massonica. Tr. it. di C.M. Aceti, riveduta da F. Indraccolo.Roma, Atanòr (Ed. fr., Paris 1948).

Duncan’s Masonic Ritual and Monitor or the Guide to the three Symbolic Degrees of the AncientYork Rite and to the Degrees of Mark Master, Past Master, Most Excellent Master, and theRoyal Arch (1923) By Malcom C. Duncan, Ezra A. Cook. Chicago, Publisher Incorporated.

Reghini, A. (senza data) Considerazioni sul rituale dell’Apprendista Libero Muratore eNoterelle iniziatiche sull’Origine del simbolismo muratorio. Con una nota sulla vita e l’atti-vità massonica dell’Autore di G. Parise. Napoli, Edizioni di Studi Iniziatici.

Reghini, A. (1988) La tradizione pitagorica massonica. Genova, Fratelli Melita Editori.

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⋅ 47 ⋅L’alfabeto latomistico, RE LE XX Settembre

TASTIERE FONTS

HIRAM 1

a b c d e f g h i cj ka b c d e f g h i j k

l m n o p q r s t ul m n o p q r s t u

v w x y z A B C D Ev w x y z A B C D E

HIRAM 2

a b c d e f g h i j ka b c d e f g h i j k

l m n o p q r s t ul m n o p q r s t u

v w x y z A B C D Ev w x y z A B C D E

HIRAM 3

a b c d e f g h i l ma b c d e f g h i l m

n o p q r s t u x y zn o p q r s t u x y z

A B C D EA B C D E

N.d.r.: i fonts latomistici saranno presto scaricabili sul sito del G.O.I. www.grandeoriente.it.

This brief bibliografical review intends to propose, in primis, some of the main stu-dies in Italian dedicated to the role carried out by Freemasonry in the 18th cen-tury’s civil, political and philosophical culture. Many eminent scholars have writ-ten works of great value about this subject: Carlo Francovich, Margaret C. Jacob,Vincenzo Ferrone, Gian Mario Cazzaniga, Antonio Trampus etc. All these booksformulate, inter alia, new interpretations and hypotheses about the complicatedand fascinating relations between Freemasonry and Enlightenment.

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FFine primario di questo contributoè offrire al lettore attento, ocomunque interessato alla storia

della Massoneria nel ’700, una presenta-zione sintetica di alcune delle opere piùimportanti e recenti sull’argomento chesono disponibili in lingua italiana. Invero,dal Francovich al Giarrizzo, dalla Jacob alFerrone, dal Cazzaniga al Trampus, nume-rosi sono gli storiografi europei che hannoindagato in maniera esemplare, originale epersuasiva un latomismo del XVIII° seco-lo che, per mille ragioni, si presentacampo di studi oltremodo complesso esfuggente, ma al tempo stesso di rilevanzae fascino indubbiamente notevolissimi.All’interno di questa piccola rassegna, chesegue il tradizionale ordine cronologico,abbiamo inoltre ritenuto opportuno inseri-

re rapide presentazioni di taluni studigenerali sulla storia della LiberaMuratoria nei quali sono presenti paginedi qualche rilievo consacrate al Settecento.

• C. FRANCOVICH, Storia dellaMassoneria in Italia. Dalle origini allaRivoluzione francese. Firenze, la NuovaItalia, 1974.

Carlo Francovich - già illustre docentedi Storia del Risorgimento pressol’Università di Firenze - mostra, in questotesto fondamentale per la conoscenza delfenomeno massonico in Italia dall’albadel “Secolo dei Lumi” alla Rivoluzionefrancese, come nel Settecento in essocoesistessero due anime diverse e appa-rentemente antitetiche: quella del razio-nalismo di stampo illuministico e quella

Piccola guida per orientarsinella storia della Massoneria settecentesca

di Davide MondaUniversità di Bologna

preromantica derivante dalla tradizionespiritualista (ed occultista) medievale. Aquell’epoca, in Italia - sostiene l’e-minente storico - laMassoneria rappresentò unfenomeno d’importazio-ne che assunse unaspetto o l’altro, aseconda che cadessesotto l’influenza ingle-se, francese o austria-ca, dato che le loggeservivano – ove più ovemeno – ad un certo tipodi penetrazione politicaoperante dall’esterno, sugliesponenti massonici, che nellasocietà civile erano anche esponenti dellaclasse dirigente. L’autore ricostruisce, conpuntualità e dovizia di fonti documentarie,l’azione delle diverse “obbedienze” ope-ranti negli stati italiani nel corso del Siècledes Lumières, senza peraltro mai perderedi vista la fitta rete di relazioni intercor-renti con gli altri stati europei sino allaRivoluzione del 1789, allorquando nume-rose logge si trasformarono in club giaco-bini. Ma l’’89 è anche l’anno del processoa Cagliostro, che rappresenta certamenteun fatto emblematico del momento di crisigenerale attraversato dalla LiberaMuratoria in Italia al tramonto di quellache, per più motivi, deve considerarsi unadelle sue stagioni più intense e gloriose.

• M.C. JACOB, L’Illuminismo radicale.Panteisti, massoni e repubblicani (1981).Bologna, Il Mulino, 1983.

Brillante allieva del compianto Henry

Guerlac, Margaret Candee Jacob s’inter-roga, anche giovandosi di preziose fonti

trascurate od obliate, sulla comples-sità ideologica in cui affonda

le proprie radici la nascitadell’Illuminismo in

Europa, nonché sullecomponenti sociali esugli effetti delle sco-perte scientifiche.Dall’accuratissimaindagine emerge unrisultato che ogni inter-

prete della cultura sette-centesca europea non può

non tenere nel debito conto:accanto all’Illuminismo “tradizio-

nale”, di matrice newtoniana, monarchico,sostanzialmente conservatore e moderata-mente tollerante in ambito religioso, nesussiste un altro di orientamento repubbli-cano ed ispirato sia ad un materialismo diderivazione cartesiana, sia al panteismotardo rinascimentale di Giordano Bruno.Margaret Jacob approfondisce proprioquesta “altra faccia” - meno nota, ma nonper questo meno influente -dell’Illuminismo, in cui assumono ruolo diprotagonisti numerosi radicali e massoni,inglesi e fuorusciti francesi, molti deiquali si rifugiarono in Olanda.

Gli inglesi erano, verosimilmente glieredi intellettuali della rivoluzione inglesedella metà del secolo, soltanto che, a dif-ferenza dei moderati, essi stavano dallaparte delle sette radicali, cioè con glisconfitti, anziché con i vincitori di quellaprima grande rivoluzione europea.Diversamente dai newtoniani ortodossi,

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che consideravano la divinità come unasorta di controllore della natura dall’ester-no mediante leggi ed agenti spirituali, iradicali illuministi, già dopo la rivoluzionedel 1688-89, si orientarono piuttosto versouna concezione panteistica dell’universoe, sulla scorta delle teorie bruniane,videro nella natura l’unico possibileoggetto di culto e di studio. Essi furonorappresentati in modo preminente daJohn Toland (1670-1722) [...] checoniò il termine inglese pan-theist (1705) che fu poi imme-diatamente assunto dai suoicongregati nelle ProvinceUnite. Oltre al ruolo rive-stito da Toland nella fon-dazione della Massoneriaeuropea, attraverso imanoscritti di Prosper Marchand (1678-1756), giovane rifugiato francese all’Aia,sono attestate le affinità massoniche ol’appartenenza alla Massoneria di nume-rosi giornalisti ed editori inglesi e france-si, figure quanto mai eterogenee e talorabizzarre, ma comunque “fratelli” e fedeliai propri gran maestri. Questi ed altri ele-menti inducono la studiosa a sostenere chela massoneria del diciottesimo secolo, perquanto newtoniana nelle sue sembianzeufficiali, ospitò molti pensatori radicali.[...] In politica, i radicali furono repubbli-cani e «politicanti», per usare il loro ter-mine; in filosofia, essi attinsero al mate-rialismo, oppure panteismo, se così si pre-ferisce chiamarlo; in religione essi arriva-rono pericolosamente vicino, attraversol’influenza della Massoneria, a sfidare lechiese istituzionali. La Jacob, in sostanza,

scorge nel lasso di tempo che intercorrefra la seconda rivoluzione inglese ed iprimi decenni del Settecento una pluralitàdi matrici ed una dialettica il cui studio è

fondamentale per meglio com-prendere molti dei fenomeni cul-

turali successivi. Prima del gran-de Illuminismo europeo, prima di

quel clima violentemente anti-cristia-no seguito al 1750, che dominò

i grandi salotti di Parigi, eche è rappresentato nel

migliore dei modi negli scrittidel barone d’Holbach e dei suoi

amici atei, ci fu un illuminismo radi-cale. Se ebbe una capitale, questa fu

l’Aia e qui, ovviamente, fu strettamente incontatto con il centro vitale della propa-ganda dell’Illuminismo, le case editriciolandesi. E non è un caso che oggi si rico-nosca la discendenza del panteismo delSystème de la Nature del baroned’Holbach proprio da quello di Toland edel milieu olandese; ancora, l’autricemostra persuasivamente come la storiadell’associazione massonica si leghi,almeno per qualche aspetto ideologico eper i collegamenti con la rete editorialeolandese, al progetto dell’Encyclopédie diDiderot e d’Alembert.

• CH. JACQ, La Massoneria. Storia eIniziazione (1982). Milano, Mursia, 1998.

L’egittologo e romanziere ChristianJacq - autore fra l’altro del fortunatissimociclo di romanzi storici dedicato a Ramses- racconta in questo testo la storia dellaLibera Muratoria dalle più remote originisino al Novecento secondo un’ottica ori-

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ginale, che tende in primis ad interpretaree descrivere diversi simboli massonicifondamentali. Egli presenta comunque laMassoneria seguendo l’ordine cronologi-co, e suddivide la lunga storia del latomi-smo in tre epoche principali: dalle originimitiche alla fine del mondo antico;dall’Alto Medioevo al Settecento; dal1717 ai nostri giorni.

Nella sezione dedicata alla Massoneriamoderna, l’autore evidenzia il complessoreticolo di rapporti che, nel corso delXVIII secolo, viene ad instaurarsi – nonsenza contrasti ideologici – tra Inghilterrae Francia. Tratteggia altresì la controver-sa figura di Andrew Michael Ramsay,scozzese ma discepolo del franceseFénelon, un uomo che di certo ebbe unruolo di primissimo piano nella diffusionedella Massoneria in Francia, specialmentefra i ceti più elevati. Verso la metà delSettecento, tra momenti di maggiore eminore tolleranza del fenomeno da partedell’autorità, la Massoneria continua adespandersi a Parigi e in provincia, conte-stualmente al diffondersi delle idee illu-ministe. Non a caso Montesquieu, di pro-vata fede massonica, auspica che laLibera Muratoria possa contribuire al rin-novamento della morale pubblica.Christian Jacq approfondisce poi - semprein uno stile vivace, vario ed avvincente -aspetti inediti della militanza massonicadi numerosi altri personaggi illustri ed’intellettuali del secolo, sino al lealismobonapartista (sembra peraltro cheNapoleone non fosse massone) dellelogge militari.

In appendice a quest’opera insieme

affidabile e coinvolgente, si può leggereun bel saggio (La Massoneria ieri eoggi) dell’illustre curatore del volume,Alberto Cesare Ambesi, che da anni stu-dia approfonditamente temi e problemiesoterici. Si tratta di un breve ma densoprofilo storico della Massoneria italianache, nella parte sul Settecento, presentacon particolare efficacia le vicende spes-so avventurose della vita di famosi intel-lettuali ed artisti: da Francesco SaverioGeminiani a Tommaso Crudeli e, soprat-tutto, al misterioso ed inquietante princi-pe Raimondo di Sangro, l’aristocraticopartenopeo di sterminata ed eclettica cul-tura che non cessa d’incuriosire edattrarre studiosi ed amateurs.

• G. VANNONI, Le società segrete dalSeicento al Novecento. Firenze, Sansoni,1985.

L’autore s’interroga sul significato cheancora può avere ogni forma d’iniziazionenella nostra epoca, caratterizzata da unaconcezione strettamente quantitativa dellanatura; Vannoni teme specialmente che leattuali società segrete, abbandonando ilnobile fine esoterico delle antiche, corranoil rischio di trasformarsi in meri strumentidi sfruttamento e di violenza. Strutturatocome una serie di brevi saggi e steso inuno stile piano, accessibilissimo e taloraseducente, questo inconsueto excursus,che va dai Rosacroce a Cagliostro, dalleCostituzioni di Anderson al Ku Klux Klannordamericano, appare tuttavia viziato danon pochi pregiudizi, sovente tendenziosoe - quel che è peggio - assai discutibilequanto a rigore scientifico.

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• V. FERRONE, I profeti dell’Illuminismo.Le metamorfosi della ragione nel tardoSettecento italiano. Roma-Bari, Laterza,1989.

Ineccepibile dal punto di vistametodologico, scritto in una prosaaccuratissima e di rara intensità stilisticache, oggi più che mai, è rara avis fra gli“specialisti”, e - soprattutto - denso dirisultati e stimoli assolutamente origina-li, questo volume di Vincenzo Ferrone –apprezzato docente e stimato studioso,ben noto a livello internazionale per isuoi lavori – rappresenta davvero unapietra miliare non solo nella storiografiasul latomismo del nostro paese ma, più ingenerale, in quella sulla cultura delSettecento tout court.

I limiti della ragione dell’Illuminismo“tradizionale”, la iettatura, la fisiognomi-ca, il mesmerismo, la rabdomanzia e lariflessione politico-sociale che precede latragica rivoluzione napoletana del ’99sono soltanto alcuni dei molti temi e pro-blemi affrontati in maniera tanto brillantequanto meticolosa dal Ferrone, che utiliz-za costantemente, peraltro, la sua prodi-giosa cultura europea per interpretare quelgrande Settecento partenopeo che costi-tuisce indubbiamente il cuore pulsante dellibro. Fra l’altro, tale straordinario milieufu - con ogni probabilità - il più attivo evivace nell’Italia del ’700 dal punto divista latomistico: basti soltanto rammen-tare grandi iniziati napoletani qualiRaimondo di Sangro principe di SanSevero, Francescantonio Grimaldi,Francesco Mario Pagano e GaetanoFilangieri. Alla riflessione e alla militan-

za di questi ed altri (per esempio, il cala-brese Antonio Jerocades) “protagonisti”,il modernista dedica parecchio spazio

nella secondaparte dell’opera

(capp. IV-IX), deli-neando scenari storici,orientamenti di pen-siero e ritratti di finez-za non comune, for-mulando acute ipotesie pervenendo a risul-tati sempre degni dellamassima attenzione.

Ancora, presentan-do Raimondo diSangro nel contesto diuna Napoli settecente-

sca quanto mai vitale ed irrequieta nonsolo a livello culturale, il Ferrone esponealcune eloquenti considerazioni di meto-do, che dovrebbero fare riflettere, tra l’al-tro, su quel valore insieme sommo e fra-gile che è l’onestà intellettuale; ci sia con-sentito, comunque, trascrivere il seguentepassaggio: Per troppo tempo si è elusol’arduo problema storico di valutare sinoin fondo i caratteri e la dimensione delfenomeno massonico, cercando di com-prendere quanto abbia inciso laFratellanza nell’esperienza intellettualedei grandi protagonisti dell’illuminismopartenopeo. Si è preferito in generale sot-tolineare l’esiguità del numero degli ade-renti alle varie logge (poche centinaia), ladimensione estrinsecamente e banalmen-te rituale di quella comunità, l’adesionesuperficiale da parte di molti protagonistialle mode del tempo. [...] Solo recente-

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mente si è presa coscienza dellagrande importanza di questotema ai fini di una corret-ta comprensione dellacultura del XVIIIsecolo. In partico-lare, è risultatoevidente il rilievodi queste ricer-che nello studiodelle vicende delMezzogiorno. Lapressoché totaleidentificazione – aparte poche eccezioni– tra il mondo dei lumie la Fratellanza ha infattiposto la ricerca di fronte a scel-te ineludibili per analizzare efficacemen-te la cultura napoletana nell’età diFilangieri.

• M. BAIGENT - R. LEIGH, Il Tempio e laLoggia. Origini e storia della Massoneria(1989). Roma, Newton & Compton, 1998.

Si tratta di un appassionante studio stori-co che fa risalire le origini della Massoneriaalla fuga dei Templari, dopo il 1309,dall’Europa in Scozia, dove essi cercaronola protezione di Robert Bruce e legarono lapropria causa a quella degli Stuart.

Gli autori analizzano altresì gli sviluppisuccessivi della Massoneria, con partico-lare attenzione alle vicende del XVIIIsecolo, quando l’organizzazione libero-muratoria contribuì efficacemente, inGran Bretagna e non solo, alla diffusionedi valori quali tolleranza e progresso. Taleinflusso è ancor più evidente nell’evolu-

zione socio-politica che portò allaformazione degli Stati

Uniti d’America, i qualiincarnarono, secondo

l’originale (e con-troversa) tesi degliautori, una sortadi vera e propria“ R e p u b b l i c amassonica”.

• M.C. JACOB,Massoneria illu-

minata. Politica ecultura nell’Europa

del Settecento (1991).Torino, Einaudi, 1995.

In quest’altra autentica“colonna portante” nella storia del lato-mismo settecentesco, Margaret Jacob,avvalendosi spesso - ancora una volta - difonti tanto decisive quanto trascurate,analizza le funzioni via via svolte inambito europeo dalle logge massonichesettecentesche. Sulla base dei principîcostituzionali allora vigenti in Inghilterra(elezione, rappresentanza, maggioranza,opposizione etc.), anche nelle logge euro-pee vengono a costituirsi delle vere e pro-prie “scuole” di governo costituzionale,per quella sfera pubblica borghese deri-vata, per dirla con Jürgen Habermas,dalla famiglia borghese e dalla praticadel commercio, la cui comparsa vienefatta risalire dalla valentissima massono-loga agli ultimi anni del XVII secolo,ossia all’epoca immediatamente succes-siva alla seconda rivoluzione inglese.

Le prescrizioni etiche che ne discesero

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⋅ 56 ⋅FILOSOFIA E MASSONERIA NEL SECOLO DEI LUMI

divennero pure uno stile di vita.Tali aspetti progressisti sonoriscontrabili, a suo parere,non solo in Inghilterra, maaltesì in Francia e, sia purein misura diversa, nel restodell’Europa: si tratta di quelfilone dell’Illuminismoche mostra in maniera piùspiccata la propria connota-zione sociale e politica.Organizzando sagacemente -come s’accennava - un cospi-cuo patrimonio di dati e docu-menti sino ad ora pressochéignorati, l’autrice giunge così aconcludere che la Massoneriacontribuì alla trasmissione e alla concre-ta strutturazione dell’illuminismo, e tra-dusse i lessici culturali dei suoi apparte-nenti in un’esperienza comune e condivi-sa che fu civile e, pertanto, politica. [...]Nelle logge confluirono e si mescolaronoil discorso civico e illuminato; anticheparole come uguaglianza e fratellanzaacquisirono nuovo significato, col quale,nel 1789, l’intero Occidente si familiariz-zò in breve tempo.

In questo studio esemplare, che svilup-pa e approfondisce anche talune tesi giàsostenute dall’autrice in ricerche prece-denti, viene dunque ribadita la centralitàdel ruolo avuto dalle associazioni masso-niche europee nel corso del serrato dibat-tito ideologico del XVIII secolo.

• G. GIARRIZZO, Massoneria e illumini-smo nell’Europa del Settecento. Venezia,Marsilio, 1994.

Grande modernista, che dadecenni indaga magistralmen-te la storia culturale delSettecento europeo,Giuseppe Giarrizzo è autore,inter alia, di questo ampio,imprescindibile saggiosulla cultura massonicaeuropea del “Secolo deiLumi”, che ne illustrasoprattutto la varietà e (tal-volta) la frammentarietà disistemi e di riti.

La sua puntuale indaginesu un’epoca quanto maicomplessa, proteiforme edinquieta tende inoltre a

mostrare come “Lumi” e Massoneriasiano il prodotto della stessa società edella stessa cultura, e come tali abbianosubìto un analogo destino nel corso delsecolo. Alla società settecentesca, - osser-va il Giarrizzo - agli stessi Lumi la masso-neria ha dato un modello elaborato disociabilità: la loggia, che è uno spaziofisico e ideale di fraternità e di agape, incui si è ammessi ai misteri e ad un ritocapace di comunicarne i significati; unmodo certo singolare di accedere a valo-ri e a idee sentiti come di appartenenzaprivilegiata, e che hanno consentito un’a-desione anche emotiva a concetti fonda-mentali dei Lumi, ed in genere dellamoderna società tendenzialmente demo-cratica, attraverso l’egalitarismo e lameritocrazia. D’altra parte, Illuminismoed anti-Illuminismo convivono nellelogge settecentesche con una dialetticanon dissimile da quella che si attiva nel

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resto della società e delle sue aggregazio-ni, e le conflittualità interne alla LiberaMuratoria diverranno poi cause decisivedella terribile crisi globale di fine secolo.L’opera si chiude con un convincente, uti-lissimo capitolo di riflessioni metodologi-che e storiografiche tout court.

• E. NASSI, La Massoneria italiana.Storia e segreti (1994). Roma, Newton &Compton, 2002.

L’autore - giornalista e brillante com-mentatore politico che collabora condiversi quotidiani - racconta in manieragustosamente divulgativa gli aspetti piùfascinosi ed intriganti del fenomeno mas-sonico, concentrandosi in special modo suquello ch’egli stesso definisce il “mosaicoitaliano”. Si tratta di un profilo lieve evivido, non privo di serie basi documenta-rie e corredato da utili apparati (diziona-rietto, bibliografia ragionata, etc.), che cisembra adatto in special modo al neofitache desideri farsi rapidamente un’idea deiprimi duecentocinquant’anni della vitadella Massoneria nel nostro paese.

• R. GERVASO, I fratelli maledetti. Storiadella massoneria. Milano, Bompiani,1996.

La storia della Massoneria che RobertoGervaso presenta in questo volume ha ilpregio, pur non mancando di una solida emeditata documentazione, di farsi leggerecome un romanzo. Il celeberrimo scrittoreutilizza una grande varietà di fatti e fatte-relli inserendoli in un ritmo narrativoincalzante e talora davvero avvincente.

Ma le peculiarità più interessanti del-

l’opera, stesa secondo un dichiaratointento divulgativo, sono forse da ricer-carsi nei felici “ritratti” di alcuni illustri“fratelli” settecenteschi (pensiamo inspecial modo a quelli di TommasoCrudeli, di Giacomo Casanova e diCagliostro), nonché nell’analisi dei rap-porti della Massoneria con la Chiesa e lemonarchie assolute del XVIII secolo.

• N.M. DI LUCA, La Massoneria. Storia,miti e riti. Roma, ATANOR, 2000.

L’autore manifesta sin dall’introduzio-ne un intento squisitamente storico e filo-logico, e descrive con precisione ed abili-tà narrativa notevoli il percorso evolutivodella Massoneria speculativa moderna,ovverosia della Massoneria ortodossa nonesoterica e “umanista-liberale”: in verità,le pagine che delineano la storia dellaLibera Muratoria dal 1717 (anno indicati-vo della sua nascita) al 1812 (data in cuifu costituita la Gran Loggia Unitad’Inghilterra) sono, a nostro avviso, le piùfelici dell’opera. Stesa in una prosa scor-revole, accattivante e di chiarezza cristal-lina, essa costituisce inoltre una piacevolelettura. Anche se non est hic locus, desi-deriamo comunque segnalare pure le partirelative all’epoca contemporanea, giacchérivelano un’ottima capacità di sintesi,accuratezza e moderazione.

• G.M. CAZZANIGA, La religione deimoderni (1999). Pisa, ETS, 2001.

Gian Mario Cazzaniga - il massimostudioso italiano della Massoneria nelSettecento e nel primo Ottocento, che perlunghi anni ha sondato in maniera instan-

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cabile e innovativa la storia moderna del-l’universo latomistico - mostra perspica-cemente, in questo grande libro, come lelogge del Settecento e del primoOttocento abbiano rappresentatoun inesauribile “laboratorio” dinuove forme del vivere asso-ciato e di tutti gli elementiideologici costitutivi dellamodernità occidentale; sotto-linea inoltre con energia ilcospicuo contributo fornitodalle logge europee ai pro-cessi di costruzione delleidentità collettive e dellaforma politica delloStato-Nazione.

La “religione deimoderni”, ossia la politi-ca, è fondata su forme asso-ciative originali, i partiti politici di massae le unioni sindacali, costruite medianterituali di fratellanza artificiale, simbolo-gie e liturgie identitarie, la cui ripetizioneproduce appartenenza, sviluppando uncomune sentire e comuni pratiche di vita.E se le crepe nella sovranità degli statinazionali mettono in crisi i partiti politicie i sindacati, la transizione in atto, lungidall’essere una negazione dei princìpicostitutivi della modernità, è in realtàun’affermazione radicale di essa.

In un’eloquente intervista apparsa suHiram nel 2000, l’autore de La religionedei moderni precisa immediatamente ilsignificato e le ragioni del titolo della suaopera: la “religione dei moderni” è lapolitica dei moderni, che si concretizzanella democrazia rappresentativa fondatasui partiti di massa. Il termine “religione”

deriva infatti da religare, ossia “unire”.Quanto alle religioni confessionali, laMassoneria nasce come “metareligioneche non nega l’esistenza delle confessioniin cui la maggior parte dei Massoni stes-si si riconoscono, ma vuole essere unasede in cui gli uomini di buona volontà

possano parlare, possano dia-logare. Aggiunge

quindi che, asuo parere, le

radici filosofichedella Massoneria settecentesca, conside-rata come una sorta di “laboratorio” o di“officina”, sono da considerarsi neoclas-siche e neostoiche, all’interno di una cri-stianità non confessionale; invece, circa lavexata quaestio dei rapporti fraMassoneria ed Illuminismo, lo studioso sidichiara convinto che i due grandi feno-meni in parte abbiano interagito ed inparte si siano identificati, in quantoentrambi sono stati dei veri e propri labo-ratori fondanti della politica dei moderni.

Nel prosieguo del dialogo, il Cazzanigaviene invitato ad esprimersi su problemiforti ed inquietanti, quali, per esempio,quello che può e potrà essere il ruolo, ol’impatto, degli ideali massonici nelmondo globalizzato e nelle nuove realtàmulticulturali. Lo studioso, a questo pro-posito, rileva una contraddizione vistosa:se è vero che la Massoneria ha avuto, nel-l’epoca contemporanea, un ruolo cultura-le sostanzialmente modesto, è altrettantovero – ed è sotto gli occhi di tutti - chemolto di quello che succede oggi nelleorganizzazioni internazionali sembraessere in qualche modo un realizzarsi delprogramma massonico settecentesco.

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• A. TRAMPUS, La Massoneria nell’etàmoderna. Roma-Bari,Laterza, 2001.

In questo volumet-to agile ed elegante,Antonio Trampus – docente di Storiadell’Europa e di Storia dell’Etàdell’Illuminismo presso l’UniversitàCa’ Foscari di Venezia, nonché autored’importanti lavori sulla cultura delSettecento italiano ed europeo - offreal lettore un ottimo “panorama” di tuttii principali snodi della storia dellaLibera Muratoria in età moderna, eben ricostruisce la vita delle logge edei “fratelli” in quel Settecento che livide costantemente coinvolti – inmaniera, ça va sans dire, ora più orameno vistosa ed incisiva - nel dibattitopolitico, sociale e culturale europeo. Lamassoneria in età moderna – afferma fral’altro lo storiografo, sintetizzando effica-cemente talune sue idee fondamentalicirca la “protagonista” del libro - è stataanzitutto un fenomeno culturale, cheancora oggi permette di fornire un qua-dro rappresentativo della società europea

e delle sue profonde trasformazioni, dalSeicento sino alla fine del XVIII secolo.

[...] Le logge si presen-tavano come uno spa-zio tendenzialmentelibero e privo di conte-

nuti prestabiliti, nel quale interagiva-no, si confrontavano e si avvicendava-no nel tempo interessi e proposte cultu-rali spesso molto diversi tra loro.

Di valore e utilità davvero noncomuni ci paiono poi le pagine della“Conclusione”, che forniscono unbilancio tanto breve quanto ponderatodei principali approdi della storiografiacontemporanea consacrata all’universoliberomuratorio, alle sue complesseorigini ed alle sue innumerevoli ed ete-rogenee - ma quasi sempre rilevanti -manifestazioni nel divenire della storia

e delle idee: vi sono posti, naturalmente,in primo piano gli studi e le considerazio-ni di F.A. Yates e di M.C. Jacob, di R.Koselleck e di J. Habermas, senza dimen-ticare le magistrali ricerche di storiografiitaliani “di razza” quali C. Francovich, G.Giarrizzo, A.A. Mola ed altri ancora.

Il conte Henry de Boulainvillierstra spinozismo e astrologia

di Aurelia DelfinoScuola di Alti Studi di Modena

Henry de Boulainvilliers is rightly considered the most important French interpreterof Spinoza’s thought in the XVIIIth century. A lot of documents demonstrate that anumber of great scholars, such as Voltaire or Diderot, did not directly read Spinoza’sOpera Posthuma; what they knew simply was the Essai de métaphysique byBoulainvilliers, a text entirely based on Spinoza’s philosophy. During a long century,and till the so called German Spinoza Renaissance (in the 19th century), image andthought of the Dutch philosopher commonly created scandal. The only allowed wayof publicly speaking or writing about Spinoza seemed to be the refutation. But, tryingto escape French censorship, the so called clandestine literature grew up. The greatpart of Boulainvilliers’ works about Spinoza followed this destiny. In the earlyEighteen century Boulainvilliers was the leader of an intellectual group calledCoterie Boulainvilliers. The little society meetings were animated by great argu-ments dealing with chronology, history and new philosophy. A great number ofBoulainvilliers’ friends wrote about Spinoza. But the most important thing, accor-ding to me, is that the Count, like any good interpreter, did not give a neutral ver-sion of Spinoza’s thought. Moving from the great influence of Boulainvilliers’ works,a good task is to make the particular character of his interpretation clear. The pre-sent essay is not able to deal with the entire question in its complexity; but it gives amain idea. Far from the most diffused model of new rationalism, Boulainvilliers hada deep passion for astrology. He considered it as a science, simply needing a newrigour. So my task is to show the importance of astrology in Boulainvilliers’ interpre-tation of Spinoza. On the one side Spinoza’s philosophy represented a possibility toset a system free from superstition (what Boulainvilliers meant to do in order torehabilitate astrology), on the other Spinoza’s though offered a conception of the uni-verse so closed to astrological idea of a living cosmos.

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LLa ricca monografia di DiegoVenturino su Henry deBoulainvilliers ha tra gli altri,

innumerevoli, un pregio che mi capita

solo ora di valutare a pieno. L’autore per-donerà la delusione, ma ho in mente lariproduzione del ritratto del giovaneBoulainvilliers che viene offerta prima

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dell’introduzione1. E’ un conte diSaint-Saire diciottenne, acco-modato nella posa delmodello Luigi XIV,cui i lunghi boccolineri sottolineano losguardo orgogliosoe allo stesso tempovago. Al centro diun piccolo universofamiliare, il ragazzoporta la fiera eredità diuna stirpe, la indossanell’abito militare che parladi una gloria che non conoscerà,almeno non attraverso le armi.

Diversi anni più tardi il conte diSaint-Saire è al centro di un’altra,diversa corte di letterati che negli studicontemporanei è invalso designare come“Coterie Boulainvilliers”2. Chi, nel pano-rama della letteratura clandestina di linguafrancese prodotta tra la fine del Seicento el’inizio del Settecento, volesse soffermar-si sulla fortuna della figura e del pensierodi Baruch Spinoza troverebbe come autoridi alcuni testi da tenere in considerazionediversi personaggi che convengono alleriunioni del conte. Si tratta ad esempio diJean-Baptiste de Miradaud, CésarChesneau du Marsais e di Nicolas Fréret,autori dei quali, questo breve studio ècostretto a trascurare le opere, ma non ilruolo nella Coterie e nella società france-

se del tempo. Scrivendo l’elogio fune-bre di Fréret, longevo segretario

dell’Académie, Jean-Pierre deBougainville dà una prezio-

sa indicazione su questiappuntamenti chezBoulainvilliers:

En 1707, quelques mem-bres de l’Académie desInscriptions et Belles-

Lettres, ne se trouvant pasassez libres au sein de la

compagnie pour se communi-quer leurs idées, prirent l’habitu-

de de se réunir chez un haut personna-ge et d’y discuter les points les plus diffi-ciles de l’histoire ecclésiatique et civile,de la chronologie et de la géographie.

(Fréret 1825: IX)

Affresco più appassionato, ma benpoco legato alla verità del piccolo fattostorico di quei convegni è poi quello cheemerge dai dialoghi di Voltaire ne Lacena del conte di Boulainvilliers3.Avvolte in qualche mistero, o forse solorese oscure dalla mancanza di documenti,queste riunioni, tra seme di società mas-sonica e circolo filosofico-letterario,richiamano diverse cariche della vita cul-turale francese, attratte da quella libertàche altrove non era di casa.

Con una brillante definizione PaulVernière ha dato la misura dell’influenza

1 Si veda Venturino 1993: VIII.2 E’ lo studioso inglese I.O. Wade, nel 1938, a coniare la definizione. Cfr. Wade 1938: 101.3 Cfr. tr. it. a cura di R. Vitiello, Roma, Editori Riuniti, 1984.

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esercitata dalla lettura che Boulainvilliersha offerto del pensiero di Spinoza.L’Essai del conte sera le bréviaire du spi-nozisme au XVIIIe siècle; il dispenserabien souvent Voltaire et Diderot de recou-rir au texte latin4. Ma senza trapassare glianni, i primi lettori e commentatori delprezioso breviario si possono senza dub-bio identificare nei membri della Coterie.L’interpretazione cui il conte sottopone ilsistema spinoziano ha dei luoghi peculia-ri. Se perdonerà la lunga introduzione, èproprio all’esposizione di alcuni di questiluoghi che il lettore mi concederà diaccompagnarlo. Ma prima di giungerealla breve analisi, il percorso tornerà fuga-cemente al ritratto di quel diciottenne.

Nel pensare i luoghi della “distanza”tra Spinoza e il suo interpreteBoulainvilliers mi sono sino ad oggi tro-vata a usare, quasi automaticamente, ter-mini come “fraintendimento” se non “rot-tura”. In un istante particolare, la cuirievocazione mi trovo, mio malgrado, aimporre a chi legge, proprio il ritrattoofferto da Venturino ha suggerito comenuovo compito l’idea di misurare il sensodi questa “distanza” attraverso la passionedi Boulainvilliers per l’astrologia. Ilragazzo che attraverso la nobile nascita

accede a un universo già costituito e allostesso tempo si trova al suo centro conl’onere di ri-narrarlo e reinterpretarlo, benrappresenta l’uomo che coltiverà l’astro-logia e che riceverà quasi istintivamente ilsenso dello spinoziano deus sive natura.

Alla fine del Seicento l’astrologiaoccupa un posto ormai secondario nellacultura francese; a sottolinearlo dandoaffondo alla critica razionalistica ci avevabadato, nel 1683, il brillante Pierre Bayledelle Pensées diverses à l’occasion de laComète. In alcuni luoghi, anche il nostroBoulainvilliers non si sottrae alla simpati-ca minimizzazione di questa sapienza,descrivendola come qualcosa che trouvedes approbateurs et elle donne desentrées favorables chez les dames (deBoulainviller 1975: 268). Tuttavia la con-sistente produzione del conte su questotema parla di un atteggiamento ben diffe-rente. Essa è sì animata dall’intento diriformare profondamente il suo oggetto,soprattutto per metterlo al riparo propriodalle critiche del razionalismo, ma conciò indica esplicitamente un compito checonferisce all’astrologia una centralità atratti sorprendente.

Per lo storico delle idee, la dedizione diBoulainvilliers nei confronti dell’astrolo-

4 Vernière 1982: 322. La definizione si riferisce all’opera citata di Boulainvilliers del 1731,cioè l’Essai de Métaphysique dans les principes de B... de Sp..., (d’ora in poi semplicemente Essai).Vernière fornisce inoltre un elenco dei passi dell’opera di Voltaire che citano l’Essai (cfr. op. cit., p.515n). Il resoconto è accompagnato da un’aperta dichiarazione: Évidemment, comme la plupart descontemporains, Voltaire ne lit pas l’Éthique dans le texte: les Opera Posthuma lui sont inconnus etjamais il ne citera la corrispondance ou le traité De emendatione intellectus. Tout ce dont il dispose,c’est de la paraphrase banale et incomplète du comte de Boulainviller éditée à Bruxelles en 1731 parl’abbé Lenglet-Dufresnoy: il y voit une traducion loyale et même les propres paroles de Spinoza.

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gia (come quella che sta dietro testi qualil’Harmonices mundi di Keplero) potrebbedi per sé costituire una ragione di interes-se, poiché rappresenta e dimostra la persi-stenza del paradigma astrolo-gico in un periodo che siestende ben al di là diquello rinascimentale.Posta questa consta-tazione il motivo delnostro interesse risie-de anche nel fattoche, nel pensiero delconte di Saint-Saire,l’astrologia nonappare legata a unafilosofia della naturadi derivazione neopla-tonica ed ermetica5, bensìa uno sfondo teorico che,come proviamo a mostrare,cerca nel sistema spinoziano unnuovo punto di riferimento fondamentale.

L’importanza dell’astrologia perBoulainvilliers sta nel fatto che essa rap-presenta un paradigma atto a ricostruirel’ordine necessario degli avvenimenti delmondo naturale e umano. Si tratta di unaconcezione originale e che sorprendesoprattutto nel momento in cui pone il ter-reno proprio di questo sapere non nellaprevisione del futuro, ma nella compren-sione delle cause degli avvenimenti pas-

sati. In un apparentemente curioso acco-stamento di storia e astrologia il nostroautore riscopre l’interesse per lo studio diquegli strumenti simples et naturels, choi-

sis par la Providence éter-nelle, pour l’accomplis-

sement de ses desseins,et pour triompher desvains projets de lapolitique humaine(de Boulainvilliers1947: 4). Da partesua, per trionfareinvece dei tentativicon cui il razionali-smo discredita que-

sta sapienza, il nostroautore propone prima

di tutto l’abbandonodelle idee superstiziose

alle quali l’astrologia sitrova, suo malgrado, legata pro-

prio nel suo avere a che fare con la spe-ranza e il timore degli uomini che guarda-no all’avvenire6. Si tratta di una constata-zione che già mette in comunicazione iltesto di Boulainvilliers con la spiegazionespinoziana sull’origine della superstizio-ne7, ma con l’intento di passare ad analiz-zare da vicino l’interpretazione che ilconte fornisce dell’Ethica di Spinozaoffriamo ancora l’esposizione del terzopunto della riforma dell’astrologia che

5 Per uno studio di questo legame riguardato, in altra produzione, come tradizionale si posso-no ad esempio vedere i lavori di Garin (1955: 7-19 e 1957).6 Così le parole di Boulainvilliers (1974: 101): éloigner toutes les idées superstitieuses, malconvenantes à la nature, ou qui sont le fruit manifeste de l’inquiétude des hommes avides de l’avenir.7 Cfr. Spinoza 1980: 1-2.

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proprio a quella sem-bra indirettamentepensare. Dopo avernominato un illustrepredecessore nellostudio dell’astrolo-gia, Tolomeo,Boulainvilliers parevoler chiudere la par-tita con il passato,dichiarando la neces-sità di profiter detoutes les découvertes modernes, qui peu-vent utilement servir à dissiper les incer-titutes dont les anciens ne se pouvaientdégager qu’à force de supposition (deBoulainvilliers 1947: 101)8. Che tra lediverse proposte delle découvertesmodernes la scelta di Boulainvilliers siaricaduta prepotentemente sulla particolarenovità del sistema spinoziano, così leggi-bile in relazione alla sapientia veterumdel naturalismo antico, è in qualche mododetto dall’interesse stesso che il contedimostra per la serie dei “difficili” testidel filosofo di Amsterdam. Le opere spi-noziane sono “difficili” per diverse ragio-ni, alcune di carattere oggettivo (la com-plessa architettura geometricadell’Ethica), altre legate alla fama d’em-pietà e allo scandalo che il pensiero diSpinoza suscita. Dall’apparizione anoni-ma del Trattato teologico-politico (1670)

all’uscita degli OperaPosthuma che conten-gono l’Ethica (1677) eper un lungo secolo aseguire, l’unica formulache la cultura ufficialeconcede a chi vogliatrattare di Spinoza èquello della confutazio-ne. Tra le altre, vereconfutazioni, anchel’Essai del conte cono-

sce la profonda falsificazione del suo tito-lo e della sua natura, nell’unica apparenzache permetta al tempo la pubblicazione,nel modello cioè di una Réfutation deserreurs de Benoît de Spinosa (Bruxelles,1731)9. Quello del confronto puntuale conSpinoza è un lavoro che il nostro autoresecglie di compiere, che al di là del risul-tato letterario crea attorno a sé l’interessee l’impegno della Coterie e al secolo con-segna il bréviaire felicemente battezzatoda Vernière. In questo testo la traccia delparadigma dell’astronomia si rivela pernoi più in ciò che Boulainvilliers non dice,piuttosto che nella trama delle osservazio-ni esplicite. Parliamo di un non detto chedà il suo segno nella ricezione della dottri-na della sostanza unica, dei suoi attributi enella grande espulsione dall’Essai di unodei più chiari obiettivi polemici diSpinoza: il dualismo cartesiano.

8 Cfr. Ibidem per la menzione di Tolomeo.9 Il fatto che l’Essai non si possa in alcun modo intendere come una confutazione del pensie-ro spinoziano si fa evidente sin dal primo approccio con il contenuto dell’opera. Per una riconferma diquesta certezza, supportata dall’analisi dei toni d’esordio dell’Essai si può vedere ancora lo studio diVernière (1982: 322-323).

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⋅ 66 ⋅FILOSOFIA E MASSONERIA NEL SECOLO DEI LUMI

In primo luogo l’Essai si discostadall’Ethica nel procedi-mento per giungereall’idea di sostanzaunica. Nel testo diBoulainvilliers ladeduzione di questo con-cetto ha un incipit di deriva-zione cartesiana. Il nostro autore prende lemosse da quella che definisce la primadelle conoscenze umane: la convinzioneche abbiamo della nostra esistenza,accompagnata dal sentimento espressodall’assioma je pense, donc je suis o jesuis pensant10. Questo sentimento costi-tuisce già per l’uomo uno strumento diconoscenza del mondo che lo circonda.Egli è infatti in grado di percepire la pre-senza di questa facoltà negli altri pensantie di distinguere così i viventi dai nonviventi11. Attraverso questa sorta d’inven-tario del reale, l’autore si ritiene in gradodi fissare la proprietà più semplice e gene-rale di tutto ciò che sussiste: l’esistenza.Le esigenze della ragione impongono poiil passaggio all’idea universale di essere.

Mais comme je ne pourrais pas raisonnersur cette propriété, la concevant attachée

à certains sujets et dépendante d’eux,sans les connaître eux-mêmesauparavant [...], je change laforme de mon idée, et au lieu dem’arrêter à l’existence comme

simple propriété, je fais effort pour con-cevoir une idée universelle qui embrassetout ce qui existe, et je forme ainsi cellede l’Etre pris abstraitement, sans atten-tion à aucune chose particulière, non pasmême à ma propre existence, qui viendradans son rang avec celle des autres.

(de Boulainvilliers 1973: 88)

A questo punto, a partire dalla sola ideadi essere preso astrattamente, si passaimmediatamente ad identificare un enteche la rappresenti12. L’operazione si com-pie in forza dell’argomento secondo cuil’idea dell’essere assoluto implica neces-sariamente la sua esistenza. Così:

La première [la prima proprietà] que j’ydécouvre est la nécessité de son existen-ce: car l’Etre ne serait point l’Etre s’iln’existait pas.

(de Boulainvilliers 1973: 88)

10 Contre lequel je ne crois pas que l’on puisse raisonnablement fomer d’incident, sous le pré-texte de la forme de l’argumentation qui y est contenue, parce que son sujet est une notion indubita-ble, de Boulainvilliers (1973: 87).11 Or mon sentiment, qui me prouve ma propre existence, me fait connaître avec la même certi-tude celle de plusieurs autres choses. Je ne suis pas le seul homme qui pense; j’en vois plusieurs autresqui pensent [...]. Je trouve la même propriété [il sentimento] en plusieurs sujets, outre les hommes. Peut-être même que leur sentiment est accompagné de pensée; du moins paraît-il qu’ils ont une voix pourl’exprimer. Mais leur expression ne m’est pas entièrement intelligible. [...] Enfin, je ne suis pas le seulêtre qui ait de l’extension; je vois des corps étendus comme je le suis moi-même, mais ces corps ne para-issent avoir aucun sentiment, ce qui me fait conclure qu’ils n’ont point aussi de pensée. Ibidem.12 In questo modo di procedere, alcuni studiosi hanno individuato una traccia dell’influenza diMalebranche. J. Deprun (1990: 30) sottolinea così le affinità lessicali tra i due: Être en général [...] Êtreabstrait et général, Être absolument général, Être absolu et général [...] Quant aux expressions précé-

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L’essere particolare si riduce ad enteche non esiste necessariamente, cioè chenon ha in sé la causa della propria esisten-za. Nel riferire questa differenza qualitati-va, il nostro autore propone una distinzio-ne dell’approccio gnoseologico alle dueforme dell’essere che merita attenzione.Con la ragione, si sostiene, l’uomoapprende che esiste un essereassoluto e necessario, ma èattraverso il sentimento cheegli si convince dell’esistenzadei particolari13. Nel rapporto con ilmondo sensibile, l’uomo sembra dun-que intimamente legato alla guidaprivilegiata del sentimento.

L’essere assoluto viene poiidentificato con la sostanzacome ciò che esiste in sé e persé. Il passo successivo consi-ste nell’esposizione degliattributi della sostanza. Solo dopo averdimostrato la verità degli attributi,Boulainvilliers procede a identificarel’essere assoluto con Dio. Lungi dal muo-vere, come Spinoza, dall’idea adeguatadella divinità, il percorso dell’Essai hadunque un carattere induttivo, che dalla

molteplicità particolare raggiunge la cer-tezza dell’esistenza dell’essere assoluto.

A questo punto si fa necessaria unaprecisazione che chiarisca la portata delmodello di conoscenza del reale cheBoulainvilleirs, pur guardando al sistemaspinoziano, tiene a riferimento. L’Ethicastabilisce l’esistenza di un’infinità di attri-

buti divini che l’uomo non puòapprendere, poiché la suaconoscenza accede unica-mente ai due caratteri dell’e-

stensione e del pensiero. D’altraparte, secondo Spinoza, ogni idea ade-guata implica la conoscenza adeguatadi Dio. Quest’ultima, come il filoso-fo olandese chiarisce, è perfetta-mente alla portata della ragioneumana; dal che si deve conclude-re che il concetto della conoscen-za adeguata non si esprime attra-

verso l’idea dell’esaustività, ma attraver-so quella della correttezza (o appunto ade-guatezza). Boulainvilliers sembra invecerifarsi ad un ideale della completezza, inrapporto alla quale anche la chiara cono-scenza di due attributi si mostra insuffi-ciente. Sperando di non essere spinti da

demment citées, elles ne sont pas spinozistes, mais malebranchistes. Stefano Brogi (1993: 162-163) siesprime in questi termini: Tutta questa argomentazione iniziale dell’Essay risente fortemente dell’in-fluenza di Malebranche, di cui è nota la tendenza ad identificare l’idea di Dio con l’idea dell’Essere ingenerale (l’Essere senza restrizioni), a cui appartiene necessariamente di esistere. Da parte nostra, comequesto intero articolo intende pacatamente proporre, riteniamo che, soprattutto attravreso le considera-zioni sugli attributi di questo essere, sia di estremo interesse guardare al carattere di totalità, al modellodel grand tout che esso rappresenta. Un modello che, vista la consuetudine di Boulainvilliers con l’a-strologia, potrebbe aver inciso direttamente forse più del confronto con i citati grandi autori coevi.13 Je suis donc convaincu par raison qu’il y a un Etre absolu et nécessaire, et par sentiment qu’ily en a plusieurs particuliers qui ne sont ni absolus, ni nécessaires [...], de Boulainvilliers (1973: 88-89).

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una mera sugge-stione vivificatadalla riscopertadell’interesseastrologico delconte, propo-niamo di con-siderare il fattoche un autore impegnatonella ricerca delle qualitàocculte, delle simpatie cheintrecciano gli elementi della natura,avrebbe difficilmente accettato la pene-trante sintesi spinoziana del reale conosci-bile all’uomo nei due soli aspetti dell’e-stensione e del pensiero14.

L’esposizione degli attributi dellasostanza compiuta da Boulainvillierspone un problema interpretativo per lacui soluzione si deve ricorrere al testointitolato Abrégé des opinions deSpinoza touchant la divinité, l’esprithumain et les fondements de la morale,contenuto negli Extraits de lectures data-bili intorno al 169515.

Nell’Essai, il conte definisce indiffe-rentemente come attributi o proprietà l’e-stensione, il pensiero, l’unità, la necessi-tà e l’infinità. La sua dimostrazione siconcentra sugli ultimi tre attraverso i

quali si rende chiara l’esisten-za di una sola sostanza.

Inizialmente vengonoriconosciuti come attributi oproprietà l’estensione e ilpensiero16. Boulainvillierssottolinea la difficoltà del-l’uomo nel formarsi un’i-

dea giusta dell’essere assoluto, ma ilmonito introduce nuovamente l’esigenzadi allontanarsi dalla dimensione del parti-colare per cogliere le proprietà generalidella sostanza:

Je commence ainsi a reconnaître que ladifficulté de former une idée juste de cetEtre ne vient pas de quelque inévidence,mais de la disproportion de sa nature etde la mienne. Je ne le saurais prendre quepar parties et toutefois je conçois parfai-tement qu’il n’en a pas. Il faut donc quej’évite, en le considérant, tout ce qui peutavoir rapport à une idée particulière, etque je m’attache simplement aux proprié-tés générales par lesquelles il m’estconnu, lesquelles pour éviter l’équivoqueje nommerai attributs, par où j’entends ceque l’esprit connaît de la substance, ou cesans quoi il n’en aurait pas l’idée.

(de Boulainvilliers 1973: 91)

14 Il testo di Boulainvilliers che più si concentra su qualità occulte e simpatie è l’Astrologiemondiale. Histoire du mouvement de l’Apogée du Soleil ou Pratique des Règles d’Astrologie pour jugerdes evenements generaux.15 L’ Abrégé des opinions de Spinoza [...] è pubblicato in de Boulainvillier 1973: 1-9. L’ipotesidi datazione è sostenuta da S. Brogi (cfr. Brogi 1993: 143).16 Il faut donc que je conclue que l’Etre absolu n’est ni pensée, ni étendue, exclusivement l’unde l’autre, mais que l’étendue et la pensée sont des attributs ou des propriétés de l’Etre absolu, deBoulainvilliers (1973: 88-89).

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⋅ 69 ⋅Il conte Henry de Boulainvilliers tra spinozismo e astrologia, A. Delfino

Quest’ultima definizione è ricalcata suquella spinoziana dell’Ethica; la differen-za sostanziale è data dal fatto cheBoulainvilliers indica come attributi l’e-sistenza necessaria, l’unità e l’infinità17.La precisazione che lidefinisce tali (pour évi-ter l’équivoque) sembrarelegare estensione epensiero al rango di sem-plici proprietà, negandoimplicitamente la loro com-pleta identità con la sostanza. Taledistinzione è espressa in forma esplicitain un passo dell’Abrégé des opinions, nelquale si denuncia:

Le seul attribut qui convienne par la défi-nition est l’existence de soi-même; l’éten-due ou la pensée sont des attributs adjec-tifs et non essentiels pour la définition dela substance.

(de Boulainvilliers 1973: 4)

Rispetto a questa chiara posizione pre-cedente, l’Essai presenta qualche ambi-guità. Nel negare l’idea cristiana dellacreazione il conte sembra infatti riaffer-

mare il carattere dell’estensione comeattributo divino, nella piena accezionespinoziana. Rimane in ogni caso innega-bile il fatto che nella descrizione dellasostanza egli ponga l’accento sul suo

mero primato ontologico.Nel confronto con l’impo-stazione di Spinoza nonpossiamo quindi che rile-

vare un’iniziale inversionedei termini. Dalla lettura dellaprima parte dell’Ethica risulta

infatti chiaro che i soli attributi perl’autore (i soli conoscibili dall’uomo)sono l’estensione e il pensiero. Questisono poi le determinazioni reali, le quali-tà ontologiche fondamentali della sostan-za, di cui costituiscono l’essenza. Di con-seguenza sono l’infinità, l’eternità e l’in-divisibilità, per Spinoza, quelle che pos-siamo definire proprietà (e non attributi)della sostanza unica18.

La differenza tra Spinoza eBoulainvilliers nell’identificazione di ciòche può essere chiamato attributo è statafinora considerata in merito al suo esito:l’interpretazione del conte tende a relega-

17 Le premier de ces attributs est l’existence necessaire; [...]. Le second de ces attributs est l’u-nité; [...]. La substance étant une et nécessaire, je conclus qu’elle est infinie [...], de Boulainvilliers(1973: 91-92, e passim).18 Il chiarimento offerto in proposito da Emilia Giancotti Boscherini è di fondamentale impor-tanza. La studiosa si sofferma nel paragone tra l’accezione scolastico-cartesiana del termine attributoe quella spinoziana. La scolastica distingueva tra attributi essenziali o necessari e attributi accidentali.I primi stanno con una sostanza in un rapporto di reale identità; i secondi ineriscono alla sostanza inmodo esterno, contingente e sono dunque determinazioni formali. In conformità alla definizione IVdella Prima parte dell’Ethica deduciamo che Spinoza adotta il termine attributo nella prima accezione:Per Spinoza sono dunque attributi della sostanza o Dio la cogitatio e l’extensio, mentre sono sue pro-prietà l’infinità, l’eternità, l’indivisibilità (Spinoza 1993: 323n).

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⋅ 70 ⋅FILOSOFIA E MASSONERIA NEL SECOLO DEI LUMI

re estensione e pensiero al ruolo di “attri-buti secondari”19. Ma questa divergenzanon può che essereguardata come la sem-plice conseguenzadella radicale dif-ferenza tra i duenel modo di giun-gere a dichiararel’esistenza di unasola sostanza.

Come si è vistoil punto di parten-za dell’Essai è ilconcetto generaledi esistenza. Data l’univer-salità dell’idea di essere, l’identificazionecon la sostanza unica avviene, per cosìdire, in un sol colpo. Quest’ultima espres-sione che tende a indicare una forse fal-sante velocità, può essere ben corretta sesi tiene presente proprio il paradigmaastrologico. Segnando la visione dell’in-terprete di Spinoza, esso dovette far appa-rire la sostanza unica, il “grande tutto”come modello di cui non urge la dimo-strazione di validità; in altre parole unpunto di partenza più che un obiettivo delcammino argomentativo. Rafforza questaidea il fatto che al procedimento del conteè in fondo estranea l’ipotesi da confutaredi una pluralità di sostanze. Ciò risulta

evidente nella dimostrazione circolare diuno degli attributi:

Le second de ces attributs estl’unité; car outre que l’idée del’être est unique, il ne peut

avoir plusieurs substances demême ou différent attribut. Nonle premier, parce que si ellessont les même, elles sont une ;non le second, parce que l’attri-but est ce que l’esprit conçoit dela substance comme lui étant

propre. Mais il est propre àla substance d’exister néces-sairement et par soi-même,

suivant sa définition, puisquec’est l’attribut sans lequel je n’en auraisaucune idée.

(de Boulainvilliers 1973: 91)

L’argomentazione si fonda in realtà sulpresupposto dell’esistenza necessariadella sostanza. Questa proprietà è datainevitabilmente dal fatto che essa rappre-senta nella dimensione ontologica il con-cetto di essere assoluto, che per definizio-ne non può ammettere la sussistenza dienti a lui simili. La deduzione spinozianadella sostanza unica o Dio è di tutt’altrotenore. La definizione prima della primaparte dell’Ethica pone sì il concetto dellapriorità ontologica, la dimensione assolu-ta dell’essere20, ma tale proprietà viene

19 Con questa espressione ci rifacciamo sia alla dichiarazione esplicita dell’Abrégé des opi-nions, che all’impostazione che nell’Essai sembra introdurre una differenza qualitativa tra estensione,pensiero ed esistenza necessaria, unicità, infinità.20 Per causa di sé intendo ciò la cui essenza implica l’esistenza, ossia ciò la cui natura non puòessere concepita se non come esistente, Spinoza (1993: 87).

riferita alla sostanza in forza di un rigoro-so procedimento che muove dagli attribu-ti conoscibili: estensione e pensiero.Spinoza stabilisce progressivamente l’esi-stenza di una solasostanza cui ineriscaun determinato attri-buto (prop. 5, I). Daciò segue la proprietàdella sostanza di esserecausa sui (prop. 3, I e propp.6, 7, I). Si dimostra poi che lasostanza è infinita e che il suogrado di realtà dipende dalla quantità diattributi che le competono (per la defini-zione 4, I e per la prop. 9, I). La conse-guenza è quindi l’eliminazione della con-traddizione nell’assegnare a una sostanzauna pluralità di attributi (scolio alla prop.10, I). Solo in seguito alla conquista di talicertezze la sostanza è posta nella sua veraidentità con Dio quale infinita, indivisibi-le e unica (propp. 11, 12, 13 e 14, I).

Mentre dunque Spinoza muove dall’i-potesi della pluralità per giungere allasostanza unica come principio ontologicoed esplicativo del reale, Boulainvillierssembra accedere nuovamente a questoconcetto in base alla ripetizione istintivadel paradigma astrologico. Esso rifugge lafatica apodittica per avere da sempredavanti a sé il risultato dell’identificazionedel concetto di essere universale con l’uni-tà della realtà naturale. La differenza tra ledue impostazioni per quanto riguarda lostatuto degli attributi, estensione e pensie-ro, è allora chiara. Nell’argomentazionedell’Ethica i due attributi definiscono l’es-senza della sostanza, essi servono per

giungere alla dimostrazione della sua uni-cità. Boulainvilliers, invece, attraverso ilmodello dell’astrologia, semplicementeritrova l’unicità della sostanza, anche nelpassaggio attraverso il lessico spinoziano.

In altre parole per il contela sostanza è prima ditutto unica, infinita edeterna, mentre solo

secondariamente viene defi-nita come costituita da esten-

sione e pensiero.Questa priorità nel-l’ordine della defini-

zione sembra relegare gliattributi al ruolo di predicazioni seconda-rie. Con lo stesso schema l’Essai tratteràquella particolare modificazione dellasostanza che si dice individuo. Anche inquesto caso l’uomo verrà prima definitocome unità, per poi riferire ad esso gliattributi di estensione e pensiero nellaforma finita: corpo e mente.

L’assunzione a priori dell’unicità dellasostanza è un elemento di estrema rile-vanza per compiere una riflessione sulmodo in cui Boulainvilliers penetra nelcontenuto dell’Ethica. L’Essai ha un rap-porto diretto e profondo con l’opera spi-noziana; tuttavia il suo particolare proce-dimento rende superflua la confutazionedell’ipotesi di una pluralità di sostanze.Non è allora possibile trascurare una valu-tazione su ciò che l’assenza di questa ipo-tesi ci rivela: il pensatore francese, al con-trario di Spinoza, sembra non tenere comeobiettivo di critica la filosofia cartesiana.Proprio attraverso questa grande assenza,da parte nostra, proviamo a rileggere la

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⋅ 71 ⋅Il conte Henry de Boulainvilliers tra spinozismo e astrologia, A. Delfino

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terza indicazione di Boulainvilliers per lariforma dell’astrologia. Si può infatti pen-sare che la découverte moderne del siste-ma spinoziano sia letta dal conte comeuna riscoperta: si tratta di un secondo

incontro con un modello antico e rinnova-to, le cui chances consistono nell’estra-neità al meccanicismo e nella libertà dalleidées superstitieuses.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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to 1750. Princeton-London, Princeton University Press.

Metamorfosi e stili del modernoDal neo-cinismo al neo-stoicismo.

di Pierre Dalla VignaEditore, Studioso di Estetica

This essay wants to show how some classical age styles of thought have been inhe-rited by the contemporary world. Even if they changed their meaning after theEnlightenment, they influence still today opinions of philosophers, men of lettersand scholars. Gnosticism, Hermetism, Stoicism and Cynism are not phenomenalimited to the time of their origin, but are ways of thinking and living the present,that don’t stop to spread and develop among the contemporaries.

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Premessa

IIl Settecento, secolo che è l’incuba-trice della Ragione,dell’Illuminismo e del laicismo,

ha visto emergere passioni ed energie cheavevano covato nell’Europa occidentaleper alcuni secoli, e che, come è noto, silegano strettamente alla rivoluzione cul-

turale iniziata almeno a partire dallaRinascenza. C’è un filo rosso che collegail panteismo di Giordano Bruno1, che è alcontempo l’ultimo filosofo dell’età clas-sica e primo esponente della modernitàall’immanentismo di Baruch Spinoza2.Quest’ultimo ha coniugato una filosofiasostanziale avulsa da ogni metafisica e lanecessità di una politica democratica così

1 Su Giordano Bruno, oltre al rinvio ovvio alle opere della Yates (19985; 20012 etc.) va ricorda-to quantomeno l’ approccio del tutto differente per non dire opposto di Mancini (1999). Mentre la Yatesprivilegia il Giordano Bruno erede della tradizione classica, della filosofia greca e dell’esoterismo anti-co, Mancini rivitalizza in Bruno soprattutto il suo carattere anticipatorio del razionalismo moderno.

2 Spinoza è attualmente oggetto di una rivalutazione che ha dato luogo a significative produ-zioni critiche, vedi ad es. i titoli della collana “Spinoziana” diretta da Diodato e V. Morfino, e che appa-re per i tipi delle edizioni Ghibli di Milano. Dello stesso Morfino va ricordato, per chi volesse tema-tizzare e approfondire alcune delle affermazioni su Spinoza contenute nella presente prefazione, ilvolume Spinoza e Machiavelli (2000).

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radicale che ancor oggi, nell’apparentetrionfo dei sistemi democratici e liberali,stenta ad affermarsi appieno. Ma Spinozaè a sua volta in dialogo strettissimo con ledottrine di quello stesso Cartesio che delSecolo dei lumi è a sua volta il padre, benpiù riconosciuto dai moderni commenta-tori. Ma se è universal-mente accolto ilruolo dellos t r i n g e n t eragionamentodel Discorsosul metodo nellanascita di unmodo di ragio-nare stretta-mente razionale,per lo più sitende a dimenticare come la stessa filoso-fia cartesiana, a detta dello stesso interes-sato, traesse origine da un sogno3, che sipresenta a sua volta come rivelazione diun sapere antico piuttosto che una propo-sizione del tutto nuova e originale.

L’età classica, che precede cronologi-camente la rivoluzione scientifica diCopernico, Galileo e Newton, non ha ces-sato di fornire chiavi di lettura del mondoper tutto il Secolo dei Lumi, e si presentacome la camera delle meraviglie di una

serie di strategie che, riplasmate nelSettecento dall’Illuminismo, sono giuntea caratterizzare stili di pensiero che dannoun’impronta significativa alla cultura deimoderni. Scopo delle note che seguono

vuol essere un’indagine sualcuni di questi stili cul-turali, attraverso alcuneimmagini che danno

necessariamente, aparere di chi scrive,

una visione piùsignificativadelle tradi-zionali divi-sioni cultu-rali tra pro-gresso e

reazione, innova-zione e tradizione, passato e futuro4. Perchi scrive, l’Illuminismo è dunque unarchetipo “illuminante”. Ma alle sue spal-le, posto cronologicamente prima e anchedopo di esso, si aggira il fantasma di unatransizione permanente, che plasma abitimentali più che essenze. E’ lo spettro diuna liberazione possibile, dalla sofferenzae dal male, dall’ottusità e dal destino, cheha caratterizzato, secondo il titolo diun’opera felice, la religione dei moderni5

e che non cessa di animarci.

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3 La notizia e il contenuto del sogno, anzi dei tre sogni di Cartesio è contenuta nel testo del suobiografo settecentesco Adrien Baillet (Vita di monsieur Descartes, 1996), che contiene anche la trascri-zione dei sogni stessi dello stesso Cartesio, il quale da quegli scritti non si separava mai, come se fos-sero stati un testo apotropaico.

4 Cfr. Perniola 19892.5 Cfr. Cazzaniga 20012.

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1. La montagna incantata

La montagnaincantata (DerZauberberg) diThomas Mannnon è soltantoun capolavoro lettera-rio. Nella eletta schiera dipersonaggi e comparse chepopolano il SanatorioInternazionale Berghof, la loca-lità montana dove è ambienta-to l’intero romanzo, ve nesono almeno due, Naphta eSettembrini, che posseggonouna dignità più che letteraria,uno spessore filosofico.

Non è questa la sede per ricordare lacopiosa produzione critica che ha avutomodo di cimentarsi proprio a partire daqueste figure, così complesse da suscita-re maggiore interesse, per alcuni com-mentatori, rispetto al principale protago-nista, Giovanni Castorp6.

Ciò che qui interessa sottolineare, è inve-ce la natura contraddittoria e fluida delleteorie e delle riflessioni dei due, che neltesto sono avversari filosofici, tesi alla con-quista al loro partito dello stesso Castorp.

In apparenza, Ludovico Settembrini,italiano, allievo del Carducci, nonché ulti-mo rampollo di una famiglia di carbonarie rivoltosi risorgimentali, rappresenta sen-

z’altro la coscienza illuminata di una bor-ghesia democratica, massone e progressi-

sta. Al contrario, l’ebreo rinnega-to Naphta, cattolico converso egesuita, racchiude in sé tuttele caratteristiche della reazio-ne più vieta, pronta a giustifi-

care ogni sorta di azioni contro ladignità umana, nel nome dei valo-ri del suo cattolicesimo integrista.Tale antinomia di facciata ha

potuto certo accontentare un criticocome György Lukács, che partiva dalla

necessità ideologica di divulgare il mitonon contraddittorio di un Thomas Mann,visto come grande esempio, “ghoetiano”,

di una forma letteraria borghese pro-gressista7. Nel clima culturale che

aveva appena assicurato la vittoria alleatacontro il nazismo, un marxista ortodossocome il Lukács del secondo dopoguerra sisforzava di trovare interlocutori privile-giati per il suo fronte culturale per lademocrazia progressiva. Ma i caratteri cheMann attribuisce ai suoi personaggi, e illoro ruolo nel corso dei frequenti diverbiin cui i due sono a confronto, mal si con-ciliano con l’ipotesi semplificativa di unconflitto, di per sé piuttosto banale, traprogresso e reazione, con la vittoria mora-le del primo, in un positivistico “Valzerdel progresso” letterario. Tale interpreta-zione lukácsiana del romanzo di Mannimpedisce allo stesso Lukács di riconosce-

⋅ 75 ⋅Metamorfosi e stili del moderno. Dal neo-cinismo al neo-stoicismo, P. Dalla Vigna

6 Sull’opera complessiva di Thomas Mann, e per un più completo repertorio bibliografico,vedi: Fest (1987) e la tr. it. di M. Bistolfi (1989); Hamilton (1978) e la tr. it. (1983); Ferretti (1980);Mayer (1954) e la tr. it. di C. Bovero (1955).

7 Cfr. Lukács (1957) e la tr. it. a cura di G. Dolfini (1970).

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re in Naphta qualcosa di più di un sempli-ce “pensatore reazionario”, che utilizzaargomenti in apparenza seducenti mamanifestamente sofistici.L’illuminista Settembrini,dal canto suo, non potreb-be prevalere, non essen-do in grado, per la suacollocazione di classe,da intellettuale piccolo-borghese, di formulareuna critica complessivadello sfuttamento capita-listico, che anzi sostienecome valore positivo. In ultimaanalisi, dunque, per Lukács Naphta sareb-be una sorta di protonazista, mentreSettembrini riassumerebbe in sé vizi evirtù degli intellettuali borghesi del primoNovecento, incapaci per lo più di “elevar-si” alla democrazia reale, consistente nellalotta per l’edificazione del socialismo.

Una lettura non aprioristica del testo diMann, anche senza le precisazioni che,d’altronde, lo stesso autore ha comunquefornito altrove8, mostra una realtà ben piùcomplessa delle posizioni dei due peda-goghi intenti a contendersi “l’anima” delpovero Castorp.

Infatti, Settembrini non è soltanto il sin-cero democratico che aborre il feudalesi-mo, il fanatismo religioso, nonché i valoriretrivi della tradizione e la politica dellachiesa cattolica, salvando soltanto il cri-stianesimo delle origini, per il suo portato“progressista”. Settembrini, al contempo, è

anche il difensore non solo della culturaoccidentale, ma anche della “razza” euro-pea, che suole contrapporre, con teorie di

stampo prettamente lombrosiano,alle stirpi slave, asiatiche, e più

genericamente a tutti i popoliesterni all’Europa occiden-tale. Il razzismo genetista,destinato poi (il romanzo èambientato alla vigilia dellaprima guerra mondiale, main realtà è stato scritto agli

albori della seconda) a trova-re la sua compiuta espressione

con il nazionalsocialismo, trovereb-be così un precursore proprio nel democra-tico Settembrini! Al contrario, il reaziona-rio Naphta, difensore delle gerarchie feu-dali e persino dell’astrologia, mostra inaltri momenti dei tratti stranamente populi-stici, o addirittura comunisti, e un interna-zionalismo politico quantomeno sospetto.La stessa origine ebraica di Naphta non èpresentata soltanto come un fatto anagrafi-co occasionale, o di colore, ma vienelasciata trasparire nel suo stesso slanciomessianico, che si apparenta ad una menta-lità per nulla incline al compromesso e allemediazioni politico-culturali. Oltretutto, inogni caso, diventa difficile pensare cheMann avrebbe potuto esser così cinico darappresentare come portatore di ideologienazionalsocialiste, sia pure in nuce, unmembro del popolo che, in quel mentre,stava per divenire la vittima principale del-l’olocausto. Inoltre, lo stesso Naphta, che

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8 Cfr. ad es. gli interventi di Mann (1986).

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non teme affatto l’uso della violenza perl’instaurazione del regno spirituale che luistesso auspica, ha a sua volta buon gioconel mostrare la natura bellicista delle teoriedi Settembrini, che vuolfondare il propriomondo democraticoanche con l’uso dellaviolenza, del tiranni-cidio e della stessaguerra. Dal punto divista di Castorp, dubbioso eperplesso oggetto delle contese,in realtà spesso provocatore egiudice occulto di queste, troppevolte il confronto tra i due rivali siesaurisce in una “grande confusio-ne”. Lo scontro dava luogo a unospazio linguistico mobile edisordinato, in cui, tra gli spetta-tori e forse tra gli stessi protago-nisti, nessuno più sapeva quale dei duepersonaggi fosse il religioso e quale illibero pensatore9.

Negli scontri tra Naphta e Settembrini,è generalmente quest’ultimo a trovarsi inmaggiore difficoltà, dal momento chesorge il fondato sospetto che i suoi stessiprincipi siano un sottile velo ideologico,atto a coprire l’eterna peccaminosa essen-za degli esseri umani.

Tra l’altro, sembra assodato che il per-sonaggio di Naphta sia una versione tra-sfigurata dello stesso Lukács, che Mann

poté conoscere personalmente e che glidestò la più viva impressione. YvesBourdet, tra gli altri, ha dedicato un inte-ro studio a questa tesi10.

Ma l’autore delle Riflessioni di unimpolitico11 che, senza dubbio, prima diessere un saggista è un grandissimo inter-

prete della complessità dell’animoumano, ha tracciato, a nostro pare-re, qualcosa di più di un sempliceritratto di costume tra due tipolo-gie filosofiche in antagonismo dia-

lettico, e non si è limitatoneppure a riprodurre qualchefigura intellettuale del suotempo. Le posizioni di

Naphta e Settembrini sonoirriducibili a una dialettica rigi-da di opposti standardizzati,perché rappresentano la capa-cità transizionale delle idee e

dei soggetti, sono la riproduzio-ne di pensieri in trasformazione

che possono di volta in volta articolarsi insistemi e dimensioni imprevedibili.

In verità, le posizioni “anomale” di unpersonaggio come Naphta, reazionario erivoluzionario al contempo, o diSettembrini, progressista illuminato econtemporaneamente razzista, possonostupire solo chi ritenga ancora, ingenua-mente, che progresso e reazione, sociali-smo e barbarie, libertà e oppressionesiano antinomie che si presentano sempre

⋅ 77 ⋅Metamorfosi e stili del moderno. Dal neo-cinismo al neo-stoicismo, P. Dalla Vigna

9 Cfr. Mann (1924), soprattutto il cap. Operationes spirituales.10 Bourdet (1972). Tale circostanza fu poi riconosciuta dallo stesso Lukács (cfr. Lukács 1983).11 Cfr. Mann (1918).

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in modo netto e puro, e che siano tra loroirriducibili. Ma l’opacità, più volte sotto-lineata, del sociale12, non consente diindividuare terreni ideologicicosì distinti: non è casuale,come ogni sociolo-go ben sa, che bastiriformulare unacatena di doman-de in modo diffe-rente per ottenererisposte diversedal medesimocampione di per-sone. La famosainchiesta della Scuoladi Francoforte sull’autori-tarismo della società tedesca degli anniVenti potè scoprire le tendenze sciovini-ste e razziste che di lì a poco si sarebberomanifestate, travolgendo la Repubblica diWeimar, anche perché l’indagine nontenne conto delle ideologie di facciata deisingoli o dei gruppi campionati13. Se siammette che le ideologie, a prescinderedai caratteri con cui si rappresentano,sono sempre il portato di condizioni mate-riali e dei rapporti sociali del loro tempo,le stesse filiazioni ideologiche, da unagenerazione all’altra, e in relazione alletrasformazioni epocali, possono cambiaredi segno. I principali modelli di pensiero,nella loro complessità, e grazie a questa,contengono una fluidità sufficiente a tra-

sferire l’accento di un paradigma ideolo-gico in una direzione che lo rende irrico-noscibile, o addirittura antinomico a se

stesso. E ciò dipende in primo luogodall’ambiguità permanenteche caratterizza i rapporti

umani, ambiguità che èessenziale anche e soprat-

tutto nel linguaggio,che è campo di battagliaprivilegiato, tra gli altri,

per gli esseri umani. Peculiarmente l’ambi-

guità sembra inoltre esse-re una caratteristica di

questo tempo, dell’epoca dellaserialità e della riproducibilità

tecnica, l’epoca delle rivoluzioni indu-striali e delle guerre mondiali, della reifi-cazione planetaria e del “feticismo dellamerce”. Proprio l”ambiguità, il sincreti-smo, il camaleontismo dell’occasione,hanno consentito a quest’età moderna disuperare con successo le contrapposizio-ni – dapprima dichiarate epocali e insolu-bili – tra ideologie che si volevano inlotta per l’egemonia mondiale e per l’edi-ficazione dell’“uomo nuovo”.

Stili di vita e di pensiero identificaticon culture e mondi considerati tra loroinconciliabili, come cristianesimo e libe-ralismo, socialismo e capitalismo, demo-crazia e fascismo, e così via, si sono con-tinuamente intrecciati nella politica con-

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12 Sul sociale come fondo oscuro, vedi: Baudrillard (1978). Per una valutazione in positivodello stesso problema, vedi Foucault (19992).13 Cfr. Aa. Vv. (1936). Sulle ricerche della Scuola di Francoforte, vedi anche: Jay (1973);Wiggersaus (1990).

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creta degli ultimi due secoli, costruendola più varia e opportunistica trama dellecoappartenenze di fatto. Adorno eHorkheimer, ad esempio, conDialettica dell’illuminismo, hannopotuto svelare i sottili legami dicontinuità teorica e pratica tra lostato liberale e la dittatura fasci-sta, mentre, d’altro canto, lostesso fascismo, per troppiversi omologo, “gemellomostruoso” del socialismo, conla sua emulazione di molte paroled’ordine e delle strutture orga-nizzate del movimento operaioper la disciplinazione dell’in-tero corpo sociale, gettapiù di un’ombra sulla pre-sunta innocenza dellestesse concezioni socia-liste, rispetto all’originedel totalitarismo14.

Il rischio di un’analisidel totalitarismo condot-ta a partire dalla verificadelle affinità, oltre la parvenzadelle proclamazioni ideologiche, è certoconcreto: anche Hannah Arendt, che altotalitarismo ha dedicato una delle sueopere principali15, finisce col dare al con-cetto una dimensione per così dire “totali-taria”, che concede poco alle differenze trasistemi sociali e alla specificità di ciascun

sistema, all’interno di un preciso e irripeti-bile contesto storico. L’uniformazione dinazionalsocialismo e stalinismo, ad esem-

pio, per quanto l’orrore per ciò che daquesti regimi è derivato possa avvici-

narli, finisce col precludere la compren-sione di entrambi i fenomeni. Inoltre, larisultante di simili equiparazioni, nel casodella Arendt, diviene la difesa di unademocrazia senza attributi precisi, che sirivela piuttosto astratta e di maniera. Etuttavia, le analisi della Arendt, ricercan-do in alcuni eventi temporali e in certeorganizzazioni sociali una matrice tota-litaria, contribuiscono alla definizione,

tuttora in corso, di una forma delle isti-tuzioni totali, che si specifica anche

nelle realtà statuali. Ancor più specifiche ed effet-

tuali, nel loro volersi mantenereal livello più segmentato dellarealtà, si rivelano, a questo pro-posito, le opere di MichelFoucault16: nelle sue ricerche

sui micropoteri diffusi, sulle isti-tuzioni totali nelle loro procedure quoti-

diane, quest’ultimo scopre l’autenticacoercizione non solo nelle pratiche ogget-to di contenzioso sociale o di conflitto,ma anche e soprattutto nelle pratiche dipotere accettate quasi universalmentecome legittime e razionali. La messa inluce di un dispositivo di potere di tale

⋅ 79 ⋅Metamorfosi e stili del moderno. Dal neo-cinismo al neo-stoicismo, P. Dalla Vigna

14 Adorno - Horkheimer (1947).15 Cfr. Arendt (1951).16 Cfr. Foucault (1977); inoltre, sempre di Foucault, cfr. Foucault (1994); sul concetto di etero-topia, vedi l’introduzione di Foucault al suo Le mots et les choses. Une archéologie des sciences humai-nes (1966); infine il fondamentale saggio di Foucault, Eterotopia, in «Millepiani», n. 2, maggio 1994.

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natura, può esercitarsi in particolare inquegli ambiti di attività sociale condensa-ta e concentrata che sono le cosiddetteistituzioni totali, manicomi, carceri, clini-che, collegi etc., dove la tempo-ralità e la spazialità sonodisciplinate in modo piùrigido che altrove e dovele procedure di discipli-nazione dei corpi sonoparticolarmente visibilied efficaci. Le istituzionitotali, o i luoghi eteroto-pici, come li ha definiti inpiù occasioni lo stessoFoucault, costituiscono un appa-rato molto più esplicativo della reale natu-ra di un regime, che non tutte le formalidichiarazioni sui diritti dell’uomo e delcittadino, o sulla società senza classi.

Nella sua apparente esteriorità al mondo,potendo guardare alle vicende umane dal-l’alto del suo orizzonte montano, immersonella narcisistica riproduzione delle suepratiche curative, il sanatorio narrato daMann nel suo più pedagogico romanzo, èproprio una di queste istituzioni estreme.All’interno di questo orizzonte, asfitticoeppure così completo, pieno, Mann illustrale operazioni di continuo intersecarsi diideologie, il cui originario legame sociale èvenuto meno, non per estinzione o libertàassoluta conquistata dalle idee sulle propriecondizioni d’origine, ma perché è il cam-biamento stesso di quelle condizioni, con la

sua rapidità, a contribuire alla fluidità delleidee stesse. Una stessa componente socialepuò sviluppare, in tempi diversi, indirizzi dipensiero di natura addirittura opposta, per-

ché continuamente cambiano gliscenari e i processi di svilup-

po, la collocazione diognuno nel sistema pro-duttivo e così via.

Questa difficoltà pro-pria del ricondurre, senzapeccare di schematismo edi dogmatismo, un sistema

di pensiero alla sua colloca-zione sociale determinata è

stata evidenziata in più luoghi e da piùautori, da Walter Benjamin, ad esempio, oanche, da Jean-Paul Sartre17. E la questio-ne assume in Mann una dimensione parti-colarmente interessante, in quanto il suoapproccio estetico, del tutto privo di mito-logie esistenziali, affronta anche le posi-zioni filosofiche a cui fa riferimento con unapproccio del tutto originale: un punto divista che ha fatto suggerire a MargueriteYourcenar la definizione di “umanistaermetico”. La definizione di ermetico usatada quest’ultima inerisce l’interesse man-niano per la magica saggezza i cui segreti,sussurrati o sottintesi fluttuano tra lerighe, destinati, sembra, a restare voluta-mente inosservati il più possibile, per lapresenza delle grandi entità che dominanola tradizione germanica: lo Spirito dellaTerra, le madri, il Diavolo e la Morte, una

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17 Sullo spaesamento in Walter Benjamin, vedi soprattutto Benjamin (1982). Per le posizioni diJean-Paul Sartre, vedi tra l’altro Sartre (1960).

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morte più attiva, più virulenta che altrove,misteriosamente commista con la vita stes-sa e talvolta dotata degli attributistessi dell’amore18.

La definizione di ThomasMann come autore “ermeti-co” vale non solo e nontanto per gli elementi magicidell’esistenza che tantaparte hanno nella sua opera,né per i riferimenti esplicita-mente o sotterraneamente legati ad unesoterismo letterario di tipo “faustia-no”. Ermetica, e nel senso più prossi-mo a quello dell’ermetismo storico, èla modalità con cui Mann mostra lanatura complessa dell’esperienza vita-le: una mescolanza indistricabile eimprescindibile di elementi affettivi eidealità, che si stratifica in una sorta diprofondità geologica.

Le tematiche filosofiche, tutte compre-se nello spazio apertosi tra Schopenhauere Nietzsche, o quelle teologiche che i pro-tagonisti dei suoi romanzi affrontano, nonsono omogenee né per argomentazione,né per il tipo di scelta di campo cultura-le19. Lo stile unificante, che convoglia inun’unica narrazione la galleria dei ritrattiche Mann propone, va ricercato nella suaaspirazione a comprendere la naturaumana sì attraverso le sue aspirazioni edottrine, ma come un’essenza che va al dilà di queste stesse dottrine e aspirazioni.

Il senso che il riferimento a Mann ha inquesta sede è proprio questo: iniziare a

delineare, proprio con riferi-mento alla produzione di un

autore “ermetico” contem-poraneo, capace di ricer-care l’essenza nel molte-plice e nell’eterogeneo,la condizione propria diuna corrente “ermetica”

che è anch’essa riscontrabile,anche se con esiti non sempre altret-tanto felici, nella cultura contempo-

ranea. Ma è tempo di specificarecosa si intenda qui per ermetismo.

2. Neo-ermetismo

L’ermetismo classico si costruiscecome corrente letteraria teologico-filoso-fica, e fors’anche come culto religiosoorganico, a partire dal III-II Secolo a. C.,e la stesura definitiva dei suoi principalitrattati sembra databile, secondo padreFestugiére20, intorno al II Secolo d. C.Certi suoi aspetti, ad esempio le conce-zioni astrologiche, sono ancora più anti-chi, e dipendono direttamente dall’incon-tro tra culture eterogenee, come la tradi-zione caldea e quella egizia, consentitodalla fondazione degli imperi ellenistici,dopo l’impresa di Alessandro. La caratte-ristica comune della plurale congeriedegli scritti ermetici, sempre per

⋅ 81 ⋅Metamorfosi e stili del moderno. Dal neo-cinismo al neo-stoicismo, P. Dalla Vigna

18 Cfr. Yourcenar (1962), e la tr. it. di F. Ascari (1993), cit. p. 228.19 Sul rapporto di Thomas Mann con la filosofia, vedi le parti dedicate a Mann dell’opera diEnzo Paci (1965) (soprattutto p. 262 e sg.).20 Sull’ermetismo antico, cfr. soprattutto il classico Festugière (1944-54).

Festugiére e i principali interpreti moder-ni del fenomeno, è una sorta di pietas, unatteggiamento sacralizzante e di ricercainteriore, che ricopre argomentazioni econcetti spesso anche alta-mente contraddittori alloro interno. Trattati diargomemento sacro oprofano, di caratteremistico o composti perfini meramente pratici,come la cura dellemalattie o la predizio-ne del futuro, sonoaccumunati dall’esseresempre presentati comeuna rivelazione divina apochi iniziati, attraversouno o più intermediari semi-divini.

Come l’ermetismo classico per ilmondo greco-romano, anche nell’etàcontemporanea c’è la presenza di unacomponente eclettica, trasversale allevarie appartenenze culturali, che assem-bla in uno stesso luogo le esperienze piùantinomiche e i saperi più distanti. Sulpiano letterario, e su quello più generaledell’estetica, come si è detto per ciò checoncerne Thomas Mann, questo modo diconcepire ha potuto dar luogo a produ-zioni di altissimo livello.

L’ermetismo contemporaneo, depriva-to del suo originario orizzonte teologico emetafisico, ora che le dottrine legate allapredestinazione e all’astrologia non pos-sono più fondarsi su salde basi di fede ediffuse radici sociali, ricerca comunqueuna dimensione iniziatica, esclusiva. Maesso manca di riferimenti forti come era

la considerazione del rapporto armonicodi macrocosmo e microcosmo nel mondoclassico, con la terra perennementeimmobile al centro, e tutto l’universo

danzante intorno. Nel caos del moder-

no, i neo-ermetici sipossono riconoscereper un certo uso spre-giudicato delle catego-rie del pensiero: le loroargomentazioni utiliz-zano l’intero portatodel sapere come un

gigantesco deposito dimateriali a cui attingere

liberamente per costruire iloro discorsi. Tale era, oltret-

tutto, anche il procedere dell’ermetismoclassico. Inoltre, l’ermetismo tradizionaleutilizzava in modo smaccato l’esoterismodel proprio linguaggio, destinato dichiara-tamente ai soli iniziati, passati, presenti efuturi, per giustificare, come si è dettoargomentazioni fin troppo allusive, espesso non logicamente inoppugnabili, senon addirittura del tutto contraddittorie.L’ermetismo moderno, a sua volta, sem-bra mantenere una sorta di esoterismo nonteorizzato ma di fatto, attraverso l’usosmodato dei linguaggi tecnici e accademi-ci, i cui rituali sono ovviamente preclusi-vi per i profani che non abbiano una pre-parazione specifica. Il fatto che il conte-nuto di certe argomentazioni, una voltachiarito, sia molto spesso assai pocosignificativo, viene ritenuto, da questineo-ermetici, del tutto secondario: coloroche Jean-Paul Sartre apostrofava come

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“guardiani di cimiteri”21, non hanno biso-gno di legittimarsi attraverso la trasparen-za dei concetti e il valore intrinseco deidiscorsi. I neo-ermetici si autolegittimanoin un rimando continuo agli stessiautori-feticcio, di volta in voltadivinizzati e obliati, masoprattutto a un’enormemole di letteratura critica diriferimento. Si tratta di operecompilate, solitamente da altriadepti di questo culto ermeticoinconsapevole, su un certo argo-mento, che consente più che unapprofondimento, il reciproco rico-noscimento degli stessi critici comemembri di una stessa corporazioneintellettuale. Tale mutuo riconoscimen-to può venire inteso anche in negativo,come metodo per stabilire la distanza coni non specialisti, per vergare una distin-zione tra “pneumatici” e “ilici”, “spiritua-li” e “materiali”, di tipo nuovo. Questoesoterismo non ha più, come avveniva perl’ermetismo tradizionale, lo scopo dichia-rato di ottenere un’elevazione spiritualedei propri adepti, in vista della vita eterna.Più prosaicamente, i neo-ermetici odiernipuntano al successo professionale o, senon altro, alla propria legittimazionesociale come “esperti” o aspiranti tali. Lapassione, che solitamente è alla base diogni scelta di campo intellettuale, nonviene sempre meno, ma è imbrigliata inpratiche produttive di discorsi sterili, e col

tempo si affievolisce nell’indifferenziatopercorso del citazionismo fine a se stesso.C’è una soglia, difficilmente individuabi-le, ma concreta, che separa questa sorta di

eclettismo ermetico dal cinismopuro. La quota di cinismo è

proporzionale alla volontàdi potenza, che si coniugail più delle volte con lenecessità della carriera.

Neo-cinismo

E’ a Peter Sloterdijk che sideve, in Critica della ragion cini-

ca, la più compiuta definizione delcinismo moderno, che a sua volta

viene contrapposto alla funzione deltutto contraria, disvelatrice e liberato-

ria, propria del cinismo antico, quellodi Diogene e dei suoi seguaci22.

Il disincanto di Diogene si presentava,nel IV Secolo a C., come una critica radi-cale delle convenzioni e dei valori del suotempo. Al contrario, il cinismo contempo-raneo, o neo-cinismo, fa dell’adesione alpresente la propria bandiera, perché l’anti-ideologismo radicale del cinismo classicoviene a tramutarsi in nichilismo e in relati-vizzazione di ogni valore. Dal rovescia-mento dialettico di questa “transvalutazio-ne di tutti i valori”, ecco emergere l’acco-glimento di ogni cosa nell’indifferenziato.

Tale adesione all’indifferenziato, che èpoi l’essenza del camaleontismo, è una

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21 Sartre (1947).22 Cfr. Sloterdijk (1983).

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prassi tipica della cultura politica e delpensiero moderno, per lo meno dai tempidi Machiavelli e di Hobbes. Ma se per iprimi fautori di tale disincanto valevaancora una dimensione di tragico pessimi-smo sulla natura umana, e la bru-talalità di certe scelte si giustifi-cava ancora con un supe-riore progetto, di tiposostanzialmente pacifista, imoderni eredi diTalleyrand hanno rinun-ciato a qualunque pro-getto sovraindividuale ea lungo termine, a favoredi una prassi del vantaggioimmediato e contingente.Il cinismo viene elevatoné più né meno che alfreudiano “principio direaltà”. Dietro il velo delleideologie e delle utopie, il cinismo con-temporaneo individua solo una dimensio-ne dell’esistenza, quella dell’operativitàquotidiana per l’affermazione di sé, in unsistema vissuto come l’unico possibile, daaccogliere pienamente e senza remore.

La realtà, così reificata, diviene così ilmetro su cui si misura quella che Adornoe Horkheimer hanno voluto chiamare“de-ideologizzazione ideologica”23:cadute tutte le ideologie tradizionali, solociò che esiste qui ed ora avrebbe dirittodi cittadinanza in un mondo delle ideeimpoverito di ogni speranza di trasforma-zione. La vita culturale e sociale, rinne-gata ogni profondità del pensiero, viene

trasposta in una sorta di superficie senzadimensione, dove la parvenza divora iltutto. La reificazione del mondo, divenu-to “cosa” in modo integrale e completo,conduce a una sorta di pietrificazione dei

sentimenti, che, ad esempio, è stataresa magnificamente nel film Un

cuore d’inverno, di ClaudeSautet. Il protagonista di taleopera, incapace di accogliere

in sé sentimenti come l’amo-re o l’amicizia, gioca cinica-mente con i sentimentialtrui, al puro scopo di veri-

ficare in modo distaccato le pro-prie capacità di seduzione o

di reazione in circostanzedifficoltose. Per un verso,tale freddezza distaccata è

efficace: il protagonista superaindenne le tempeste di passione

che ha voluto suscitare quasi per scherzo,e riesce addirittura a praticare senzarisentirne psicologicamente l’eutanasia aun suo antico maestro spirituale, mori-bondo per un male incurabile. Ma, nel-l’insieme, la continuazione della vitaquotidiana del protagonista, che prosegueil suo lavoro di artigiano con grandededizione e con successo, nonostantel’assoluto non-senso della sua esistenza,rappresenta in modo impeccabile l’im-plosione di senso della contemporaneità,dove il soggetto è ridotto a spettatore,persino quando lo spettacolo comprendela vita dello spettatore stesso.

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23 Cfr. Adorno - Horkheimer (1956), vedi soprattutto la voce Ideologia, pp. 205 e sg.

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Neo-gnosticismo

Il cinismo, nel suo opportunismo,ma anche nella sua radicalità anti-ideo-logica, si basa comunque su una visio-ne non solo disincantata, ma ancheestremamente pessimistica della realtàe dell’essenza umana in generale. Maquesto stesso disincanto, che maschera,con l’ironia o la superficialità, tutta latragicità disperata dell’esistenza reifica-ta, può esser affrontato e reso anche in unaltro modo, che non è né quello cumula-tivo ed eclettico del neo-ermetismo, néquello organicamente nichilista del neo-cinismo. Dalla transvalutazione di tutti ivalori può nascere anche un rifiuto gene-ralizzato, una rivolta generalizzata, chenasce dall’odio programmatico per unarealtà che si vuole indifferenziatamentenegativa. E’ questa l’essenza del neo-gnosticismo, uno stile di pensiero assaidiffuso nel tempo presente, che a suavolta risale molto lontano.

Lo gnosticismo, sfortunato rivale delcristianesimo in ascesa, fu un insieme disette e correnti religiose presentinell’Impero romano e in Oriente già qual-che secolo prima dell’era cristiana, cheraggiunsero la loro massima diffusione

nel II e III Secolo d.C.24. Mescolanza di dottrine neo-pla-

toniche e di un dualismo radicale,che interpreta l’universocome un unico grandecampo di battaglia tra il

bene e il male, lo gnosticismoantico rifiutava il mondo di quag-giù, materiale e caduco, a favore diun cielo iperuranio, da cui le animedei pneumatici sarebbero decadute,per l’azione di un “funesto demiur-go”25, che avrebbe forgiato ilmondo per invidia verso il vero

dio. In odio alla materia, allasocietà, al mondo intero,persino dei legami corporei,vissuti come prigione delle

anime, i primi gnostici cercavanouna via per il ritorno alla primitiva purez-za, e agli spazi siderali di provenienza.Ultimi eredi di una tradizione di gruppiereticali, dai Valentiniani, Marcioniti eManichei degli ultimi secoli della classi-cità, fino ai Catari e ai Bogomili delMedioevo, e poi con le varie sette esote-riche dei Rosa-croce e consimili, sareb-bero non tanto e non solo i membri delleassai marginali chiese dualistiche sorte orisorte in età contemporanea. La tenden-

⋅ 85 ⋅Metamorfosi e stili del moderno. Dal neo-cinismo al neo-stoicismo, P. Dalla Vigna

24 Uno studioso di Gnosi a sua volta artefice di una filosofia neo-gnostica è Hans Jonas, il cuitesto più noto in italia è Jonas (19632). Per una verifica del suo neo-gnosticismo contemporaneo, bastiqui citare il suo Il concetto di Dio dopo Auschwitz (1990). Un influsso del pensiero di Jonas è riscon-trabile anche, tanto per fare qualche esempio, nel bel testo di Carlo Formenti, Piccole apocalissi, trac-ce della divinità nell’ateismo contemporaneo (1991), che è una sorta di attualizzazione dello gnostici-smo. 25 Il riferimento è al titolo di un libro di Emil Cioran, Le mauvais dèmiurge (1969). Cioran stes-so è uno dei più coerenti tra i neo-gnostici contemporanei.

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za al dualismo, la costruzione dell’identi-tà esclusivamente in negativo, a partiredalla critica radicale dell’altro, intesocome eretico, o come nemico di classe,ha travalicato, nell’etàmoderna, i suoi confiniteologici, per diveniresoprattutto disputa politi-ca, economica, sociale.L’intera storia del movi-mento operaio dal XIXSecolo, e soprattuttodelle sue componenti piùoltranziste, sarebbe sottol’egida di questo neo-gnosticismo, che propriodal rifiuto dell’esistentetraeva l’ispirazione per leproprie utopie. Se ai“pneumatici” o spiritualidella sacra gnosi si togliel’involucro teologico, non è difficile sco-prire il moderno militante rivoluzionariodi professione, che a sua volta si conside-ra l’avanguardia di un conflitto all’ultimosangue con il male, con “le forze oscuredella reazione”, nella lotta per l’edifica-zione del comunismo, o comunque del-l’instaurazione della società utopica deiliberi e degli eguali. Il neo-gnosticismodella cultura radicalizza a sua volta ogniespressione della società contemporaneae rispetto al mondo finisce col mantenereun atteggiamento del tutto negativo, dato

che la realizzazione dell’utopia si rivelasempre alquanto problematica, e il regnodi dio non è mai di questa terra. Il con-temporaneo, luogo dei rapporti mercifi-

cati e del predominiocapitalistico vienedefinito, ad esempio,da Lukács, nel suoperiodo più rivoluzio-nario e messianico,come “il regno dellacompiuta peccaminosi-tà”26, mentre lo stessoSartre, come ricorda lade Beauvoir, passò daun iniziale apoliticismoa un esistenzialismoradicalmente marxista,proprio per l’orrore e ildisprezzo ispiratoglidalle meschine bassez-

ze e dai compromessi della società bor-ghese27. Lukács rispetto al mondo nonmuterà mai posizione, anche se si pieghe-rà ad esso, nella misura in cui, credendofermamente che la sua chiesa, il partitocomunista, fosse l’unica speranza peruscire dalle antinomie del reale, accetteràdi subire le peggiori umiliazioni persona-li e di rinnegare gran parte del propriostesso pensiero. Sartre, viceversa, a parti-re da assunti analoghi, cercherà per lungotempo di rovesciare in positivo una con-dizione umana in cui l’esser-gettato nel

⋅ 86 ⋅FILOSOFIA E MASSONERIA NEL SECOLO DEI LUMI

26 Cfr. la Prefazione del 1967 di Lukács alla nuova edizione di Geschichte undClassenbewussstsein, Berlin 1923, tr. it. di G. Piana, Storia e coscienza di classe, Milano, Sugarco, 1974.27 Cfr. De Beauvoir (1966).

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mondo non è condizione di libera scelta,ma tirannia del destino. A partire da quelmomento, però, l’uomo sartriano è incondizione di scegliere il proprio percor-so terreno, e può, ribellandosi, dire di sìalla vita, e trovare da sé la propria dimen-sione esistenziale. Nel mar-xismo “ortodosso”, diLukács e di tanti altri, lastrada per uscire dallanegatività del mondoè invece l’impegnoper la costruzionedel socialismo,che però finiscecon l’assumerele caratteristichedi un determini-smo economicistadogmatico oppure,come nel teologicoPrincipio-speranza di Ernst Bloch28,diventa un complesso atto di fede, ancorauna volta messianico.

Neo-stoicismo

Gli abiti mentali sin qui descritti trova-no luogo nella cultura contemporanea,non certo come verità assiomatiche,bensì come flussi di sensibilità tra lorointrecciate, come modalità di pensierocomuni. Il loro stesso legame con unarchetipo antico è di tipo analogico, e laloro utilità meramente pratica. Ma, come

ci ha insegnato Martin Bernal29, il model-lo antico del sapere è più foriero di infor-mazioni sul presente di molte delle ideo-logie della contemporaneità.

A partire dalla costruzione di flussimentali che qui si è data, è possibile,comunque, riassumere alcune peculiarità

importanti dei tre modelliprescelti. Il neo-ermeticotratta la realtà come una

gigantesca scatola degliattrezzi, tutti utili a costrui-re la propria raffigurazionedi sé nel mondo, checomunque è consideratoun bene in se stesso; ilneo-cinico, che ha un

approccio alla conoscenzaaltrettanto eclettico, in verità noncrede più a nulla e accoglie ogniaspetto del reale così come lo

trova, per adeguarsi ad esso e avere ric-chezza e successo il più rapidamente pos-sibile; il neo-gnostico, infine, rifiuta ilmondo malvagio in cui si sente gettato apartire da un altrove – che può esser uto-pisticamente un non-ancora – in cui ilbene era assoluto. Costruire armonia apartire da un simile quadro, ammesso chel’armonia sia pienamente desiderabile, èassai arduo, se non impossibile. Ma andaroltre, verso una comprensione del mondoe del sé, implica invece una sperimenta-zione di possibilità che non sono propriené dell’adesione incondizionata all’esi-

⋅ 87 ⋅Metamorfosi e stili del moderno. Dal neo-cinismo al neo-stoicismo, P. Dalla Vigna

28 Cfr. Bloch (1959).29 Cfr. Bernal (1987).

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stente, né della costruzione di identitàperimetrate in antagonismo al mondo. Ela specificità dei saperi limitaalquanto l’uso, per così diredisinvolto, della cultura, cheriduce la tradizione filosofica aun deposito di idee, accatastatealla rinfusa, in attesa di essereutilizzate nei modipiù eterogenei.L’attraversamentopositivo dellamodernità, delpresente qui ed ora, del chefare, costituisce ancorauna volta, ancheper la cultura con-temporanea, unproblema fonda-mentale. Tale pro-blema è stato assaiben articolato a partire dalla nozione di“prendersi cura”, propria dell’ultimoMichel Foucault; la cura di sé, perFoucault, passa attraverso un rapporto dipiena immanenza al presente, come unicoluogo dove il sé manifesta esistenzapiena. Ed è, questo, un assioma che, incerto qual modo, avrebbe costituito ilprimo cominciamento della filosofia con-temporanea. Ad esempio, il problemakantiano di determinare il sensodell’Illuminismo viene riletto daFoucault30 come il tentativo di compren-

dere, da parte della filosofia, la contingen-za stessa del presente, e di ricomprender-si alla luce della sua stessa immanenza nelpresente, che si riconoscerebbe per laprima volta un’origine temporalmentecondizionata. In secondo luogo, nel sag-

gio di Kant di cui sopra, il proble-ma non sarebbe quello di scopri-re la realtà della rivoluzione odell’Aufklärung, ma il motivodell’entusiasmo per la rivoluzio-

ne da parte di coloro che vi partecipano,ovvero sia, lo scoprire l’intima connessio-ne della società con se stessa. Questa con-

nessione, può esser studiatacerto, in modo conservatore,come un abitare la terra, intesacome sangue e suolo, attraversola sottolineatura, spesso anche

poetizzata, del legame arcaico dipopoli ed etnie con le loro suppo-

ste origini. E’ questa, tra l’altro, un’opera-zione che ha assunto le sue forme piùseducenti in Martin Heidegger, e nellaparticolare impronta neo-romantica che loheideggerismo ha saputo dare a una partecospicua, forse per qualche tempo preva-lente, del pensiero filosofico contempora-neo31. Ma nel procedere della riflessionecontemporanea, non era più possibileindividuare i luoghi di verità solo nelleradici, storiche o liguistiche del pensiero.Anzi, la tecnica industriale, che un taleapproccio tendeva a vedere, – in questo

⋅ 88 ⋅FILOSOFIA E MASSONERIA NEL SECOLO DEI LUMI

30 Cfr. Foucault (1984), e la tr. it. di F. Polidori (1985). Entrambi i testi sono ora in Foucault(1994: 115 e sg.).31 Sull’argomento, cfr. il cap. 5 di Perniola (1986).

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caso, ad esempio, in sintonia con l’ap-proccio lukácsiano –, come “peccamino-sa”, consentiva una piena transi-zione dei saperi e dei corpinello spazio planetarioche si pone come con-quista e non certocome regressione ooblìo dell’essere.

Un atteggia-mento positivorispetto al realenon significaaffatto sottovaluta-re i rischi, talvoltacatastrofici, di unaimplosione di spazio,causata dalla diffusioneplanetaria delle trasformazioni edelle comunicazioni, o dagli effetti cumu-lativi sugli ecosistemi delle potenzialitàtecnologiche applicate alla guerra, allaproduzione industriale allargata, al consu-mo delle risorse non rinnovabili etc. Ilrischio della catastrofe, che comunque èun dato ineliminabile di ogni esistenzasingolare, non può esser usato come spau-racchio che nega la cura di sé32, intesacome pienezza di essere al mondo, nelrapporto continuo con la transizione, colpresente che ci viene incontro, e che puòesser accolto da un movimento di ascolto.In questo senso, la produzione di un auto-re come Mario Perniola risulta altamentesignificativa. Dalla nozione di transito,

del come si va, nietzcheanamente dallostesso allo stesso, fino alla nozione del

“farsi sentire”, Perniola ha volu-to costruire un percorso

filosofico che vuole evi-tare di lasciarsi inca-

strare da dicotomieproprie dei luoghiideologici come diquelli utopici, mache pone a suavolta potentemen-te in gioco la que-

stione del rapportocon il reale33. Nel

transito, il movimentoche pone in comunica-

zione l’eterogeneo e avvici-na ciò che è distante, trova il suo

luogo l’elemento più libero della creativi-tà umana. Il movimento, di abbandono edi conquista, di deterritorializzazione eriterritorializzazione, che può prodursi eincessantemente viene prodotto nell’azio-ne concreta degli uomini, rappresentaquanto di più liberatorio e potente chel’essere, la carne del mondo, abbia saputodarsi, per contrastare la sua finitudine einsensatezza. E’ questo un movimentotransitorio, nomade, che attraversa il terri-torio senza perimetrarlo in confini delimi-tati e asfittici34. Con tale movimentonomadico si apre la possibilità, già inda-gata da Foucault, di costruire nuove sog-gettività a partire da un impersonale, che

⋅ 89 ⋅Metamorfosi e stili del moderno. Dal neo-cinismo al neo-stoicismo, P. Dalla Vigna

32 Su questo tema vedi Aa. Vv. (1992).33 Cfr. Perniola (19892).34 Cfr. Deleuze - Guattari (1980). Sul nomadismo vedi anche Villani (1994).

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è stratificazione di esperienza vissuta, dicorporeità, di istanze e pulsioni che sfug-gono ai tentativi di compartimentazione,di organizzazione e controllo da partedelle strategie di potere. Tali strategiesono sempre, come direbbe Foucault,“coestensive al sociale”35; la pretesa delcontrollo sociale diffuso, generalmenteaccolta come dato necessario, e oggi resasempre più efficace dalla tecnica, sarebbe

un mero fattore di nichilistico ottundi-mento, se non vi fosse sempre in potenzala grande libertà del moto arbitrario, sfug-gente, dei singoli. Singoli che trovano,creativamente la propria via di trasgres-sione nell’esistente, al bordo delle rela-zioni con i loro sistemi di appartenenza,per ampliare sempre più gli spazi di liber-tà e di godimento.

⋅ 90 ⋅FILOSOFIA E MASSONERIA NEL SECOLO DEI LUMI

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Ricerca massonica fra Illuminismo e IdealismoDa Lessing a Fichte.

di Walter MoncadaSaggista

In the framework of the illuministic culture of the second half of the IXX° century,the Author enters the role played by Lessing in the diffusion of the SpinozianImmanentism and discusses the following impact of the ideas of Fichte with strictregard to the educational function of the masonic Institution.

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LL’’Immanentismo è legato aimassimi esponenti del pen-siero massonico nell’età

moderna: da Lessing a Herder, da Goethea Fichte. Quando infatti il filosofo tede-sco Federico Jacobi credette di potereattaccare il Panteismo in quello che è ilsuo massimo esponente, BenedettoSpinoza, sostenendo che un mondo tuttoassorbito in Dio equivale ad un mondosenza Dio, si determinò nel pensiero tede-sco un risultato del tutto opposto a quelloche lo Jacobi si era prefisso di raggiunge-re; da allora l’influenza di Spinoza siaccrebbe enormemente e l’Idealismoromantico vi attinse linfa vitale.

In effetti, allo Jacobi, legato ancora allaconcezione tradizionale di un Dio perso-nale e trascendente, non poteva non ripu-

gnare il Panteismo spinoziano. Con suogrande disappunto era però costretto arilevare - si era intorno al 1780 -, cheEfraim Lessing, il massone Lessing di cuiaveva cercato l’autorevole appoggio, siera ormai convertito all’Immanentismospinoziano, giudicando impossibile chel’infinità divina, di cui era convinto asser-tore, potesse conciliarsi con la personali-tà di Dio stesso. Poco dopo un altro gran-dissimo fratello, Wolfango Goethe, presele difese dello spinozismo, affermandoche il concetto spinoziano, e quindi ilpanteismo della divinità, gli sembravaessere il solo accettabile. In quegli stessianni un altro grande fratello, GiovanniHerder, affermava che Dio è tutto e tuttoè in Lui. Il mondo intero non è che ilfenomeno di una forza eternamentevivente e operante.

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Più tardi, Amedeo Fichte, fratello delFichte fondatore dell’Idealismo moderno,identificherà significativamente Dio conl’ordine morale del mondo. L’uomo siadegua a Dio in quanto, impegnato inun’eterna lotta cerca di assicurare la vitto-ria dell’Io (ragione) sul non-Io (istinto). L’esseretende al “dover esse-re”, un “doveressere” sempreraggiunto esempre supera-to. Quanto al“dover essere”in senso assolu-to - un “doveressere” che siponga al di là diquesto contrastodialettico -, esso non èoggetto di ragione ma difede, né potrebbe, d’altra parte,essere diversamente, in quanto si tratte-rebbe, ancora una volta, di una imperso-nale e astratta perfezione non traducibilein termini razionali.

A questo punto, ad esprimere compiu-tamente il concetto adeguato della divi-nità e della sua attività creatrice, mipiace citare un famoso passo del capola-voro di Goethe. Il vecchio Faust, intentoa tradurre il prologo del Vangelo, nellapenombra della sua laboriosa officina,così si esprime:

In principio era il Verbo, e qui già miarresto. Davvero non posso stimare ilVerbo tant’alto. Chi mi aiuta al seguito?Debbo tradurre altrimenti se bene mi

illumina lo Spirito. Sta scritto: in princi-pio era il pensiero, medita bene codestoprimo verso; che la tua penna non abbiatroppa fretta. E’ proprio il pensiero chetutto opera e crea? Starebbe meglio: inprincipio era l’energia. Ma nel momentostesso che metto giù la parola, qualcosa

mi avverte che non mi ci fermerò.Ecco, lo Spirito m’aiuta; pren-

do d’un tratto consiglio escrivo sicuro: in principio

era l’Azion.

In principio, dunque,cioè ab aeterno,l’Azione. L’Azionevolta a significare l’at-tuosa, inesauribile

potenza creatrice di Diocome pensiero in atto

nella costruzione di quelgrande Tempio che è

l’Universo. Sempre facendo rife-rimento ai fratelli massoni è interessante

analizzare la costruzione dell’uomo e lafilosofia massonica in chiave simbolica.

Nella realtà della Massoneria e in quelsuo nucleo essenziale che è costituito dallavoro di Loggia svolto ritualmente, con-corrono molti e diversi elementi che sirichiamano a una tematica molto estesa; etali elementi vi concorrono spesso in rap-porto dialettico, come simbolismo e chia-rezza razionale, richiamo alla perennitàdella tradizione e proiezione verso il futu-ro, intima concentrazione e irraggiamentoverso l’esterno, insistenza su chiare esemplici verità e scandaglio di profonditàinesplorate. Fra tali coppie di elementiassai importante è anche quella costituita

dal legame intimo ed organico che nellaLoggia viene istituito fra una pluralità dipersone e la valorizzazione del singoloindividuo che sin dall’inizio viene avviatoad adeguarsi ad un modello di uomo,senza per questo cessare di con-cretarsi e identificarsi conuna specifica ed inconfon-dibile personalità.

Quest’ultimo ele-mento è molto impor-tante perché per suotramite si attua, come vedre-mo in conclusione, l’aspetto antro-pologico dell’esperienza massonica e lapossibilità per essa di tentare la concretarealizzazione del suddetto modello diuomo, prefigurando in tal modo un origi-nale e inconfondibile apporto alla societàdel presente e del futuro.

E, infatti, entro la Massoneria vi è siauna concatenazione di eventi, sia unaconcatenazione di concetti di dimen-sione individuale. La prima ha il suopreludio nel manifestarsi dell’affinitàelettiva che porta il profano ad avvici-narsi all’Istituzione secondo modalitàche, di regola, seguono la via inversa econvergente della scelta e dell’avvicina-mento da parte di adepti che lo conosconoe ne valutano l’idoneità; e nell’oscuro emeditativo soggiorno, nel Gabinetto diRiflessione. L’evento con cui propria-mente assume esistenza la suddetta con-catenazione è l’iniziazione, assai forte-mente contrassegnata dalla dimensioneindividuale. In essa, infatti, l’attenzionedei partecipanti e le vicende prescritte dalrituale si accentrano fortemente su coluiche, per essa, entra a far parte

dell’Istituzione, tanto che l’evento dell’i-niziazione si proietta su tutto l’iter suc-cessivo del massone - e deve proiettarvisi,altrimenti bisogna dire che esso non si è

perfettamente realizzato - cosìsul piano psicologico, dellamemoria, della coscienza di

sé, come sul piano chepotremmo chiamare trascendentale inquanto condizione oggettiva di tuttoquanto ad essa consegue.

La concatenazione di concettiche si affianca a quella di eventi è

ad essa strettamente collegata,fornisce i termini per identifi-carla simbolicamente, configu-ra il senso di un certo tipo disviluppo, al punto che pro-gressivamente l’iniziato è

indotto, o comunquedovrebbe trovarsi indot-

to, a interpreta-re gli eventi

che attraversanell’ambito istitu-

zionale attraverso taliconcetti. La simbologia

che vi compare è duplice, e attiene anzi-tutto alla lavorazione della pietra, com-piuta dal lavoratore-scalpellino che trovala pietra grezza e dopo averla levigata ledà forma cubica: è chiaro che in tal modoil massone opera su se stesso, mentretende alla maestria, ma il suo lavoro hapure una finalità collettiva, perché la pie-tra levigata è adatta a inserirsi nellacostruzione. Ed è alla costruzione che siriferisce la simbologia parallela dell’edi-ficazione del Tempio, che è certamenteopera collettiva, ma per la pluralità inter-

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pretativa con cui è lecito considerare isimboli può essere riferita alla stessa indi-vidualità massonica del singolo, volta adelevarsi al modello ideale proposto dallaIstituzione, e tale da impegnare assidua-mente l’attività dell’iniziato.

In queste ed altre espressioni di pensie-ro si può vedere lo sviluppo di una filoso-fia massonica, ma in realtà esso si è veri-ficato in stretta connessione con gli studi,le capacità e le esigenze di singoli indivi-dui formati filosoficamente, che hannosentito l’impulso di organizzare in espo-sizioni complessive, dotate di un signifi-cato valido nel contesto degli indirizzispeculativi prevalenti all’epoca, le lorointerpretazioni.

Nel Settecento illuminista, il nome piùnoto di filosofo massone che abbiaespresso in un’apposita opera una conce-zione complessiva dell’Istituzione è quel-lo di Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781). Ingegno multiforme, si fece nota-re con la sua fecondissima attività diautore di teatro, di erudito, di critico dipolemista. Se come autore di teatro con-quistò un posto preminente nella lettera-tura drammatica di ogni paese; se conl’insieme della sua opera letteraria si puòdire l’iniziazione della moderna letteratu-ra tedesca, non meno cospicua, e semprerilevante col maturare del suo ingegno, fula sua produzione filosofica, che fa di luila più geniale figura dell’Illuminismotedesco (De Ruggiero).

Nell’ultimo decennio della sua esistenza,Lessing si dedica alla stesura del suo trat-tato sulla Educazione del genere umano(Erziehung des Menschensgeschlechts,1710-1789) che bene si integra con lo

scritto da lui dedicato alla filosofia dellaMassoneria, i Dialoghi per Massoni(Gespräche für Freimaurer, 1778-1780).

Quello che è l’educazione per il singolo,lo è la Rivelazione per l’intero genereumano.

Così suona il primo dei cento breviparagrafi preceduti da una pagina di intro-duzione, in cui consiste l’Erziehung. E ilsecondo paragrafo subito chiarisce:

L’educazione è come una rivelazione peril singolo uomo; e la rivelazione è un’e-ducazione che è stata e ancora continuaad essere impartita al genere umano.

Su queste premesse il filosofo disegnauna storia religiosa dell’umanità che, par-tendo dall’Antico Testamento e passandoper il Nuovo, è destinata a culminare nelnuovo Evangelo eterno, nella rivelazionedello Spirito: l’illuminazione(Erleuchtung) caratterizza il consegui-mento delle mete del progresso.

In questo e in genere nei suoi scrittifilosofici Lessing esprime, più volte,punti di vista caratteristici di chi ha inten-samente meditato la propria appartenenzaad un’istituzione iniziatica. Tale, peresempio, il suo attaccamento a dottrinepitagoriche, sostenute in pieno clima illu-ministico; tale il costante presupposto diun senso esoterico e di un senso exoteri-co delle dottrine religiose; tale la tenden-za a svelare solo uno strato superficialedel suo pensiero talora in apparente con-traddizione con le sue convinzioni piùintime; alle quali peraltro riesce a intro-durre per la via indiretta nella sua conver-

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sazione scintillante di ironia gliinterlocutori più degni.

Non è vero che la linea piùbreve sia sempre la retta.

Scrive avvicinandosialla conclusione del trat-tato sull’educazione delgenere umano. Il significatodella Libera Muratoria siinserisce nella visione della sto-ria come progresso; mentrel’analisi della situa-zione religiosa del-l’umanità divisafra opposti dog-matismi, la qualedimostra lanecessità di que-sta “chiesa invisibile”, spiega quali risul-tati deve dare l’Erleuchtung, cui tendel’Educazione del Genere umano.

A questo punto ci interessa sottolinea-re in questi Dialoghi a cui Lessing haconsegnato la propria filosofia dellaMassoneria, il fatto che la forma sceltaper l’esposizione indica di per se stessacome l’istanza che abbiamo segnalatoalle origini delle ricerche filosofichededicate all’Istituzione, cioè lo sforzo diintegrazione della realtà individuale inun principio oggettivo, tenda a conserva-re una sua specifica presenza: sotto laguida di Falck, Ernst passa dall’ignoran-za alla conoscenza, dalla profondità allainiziazione, e ciò non avviene in un con-testo puramente pragmatico o particola-re, ma in una visione generale che sisalda con l’indirizzo filosofico del pen-

satore. Il quale infatti, inpari tempo, pone in paral-lelo nell’Erziehung l’e-ducazione per il singolocon la Rivelazione perl’intero genere umano,postulando così chel’Erleuchtung, da luiindicata come meta del-l’umanità, non possa

attuarsi laddove non vengaperseguito di pari

passo il finedella costruzio-ne dell’uomo.

Con JohannGottlieb Fichte(1762-1814) lafilosofia euro-

pea entra ormai in pieno nella sua faseromantica; anzi egli stesso rappresenta ilpunto di passaggio dall’ultimo Kant aquesta fase. La sua Filosofia dellaMassoneria (Philosophie der Maurerei)raccoglie il testo di “lezioni” tenute,durante la primavera dell’anno 1800 nellaLoggia Royal York dell’Amicizia diBerlino, e pubblicate nel 1802-3 in unarivista massonica; è rimasta a lungo pres-soché ignorata fino al 1923, allorché ne èstata curata a Lipsia una ristampa adopera di W. Flitner. Le lezioni di Fichte,destinate ai componenti della LoggiaRoyal York dell’Amicizia, vennero, comegià accennato, pubblicate fra il 1802 e il1803 a cura del confratello J.C. Chr.Fischer nella rivista Eleusinien des XIXJahrhunderts sotto forma di lettere direttea un profano, quindi con la corrisponden-

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te modifica della forma letteraria; lacoerenza e la sottigliezza del discorso chevi viene svolto tuttavia garantiscono che iltesto esprime il pensiero autentico del-l’autore. Per quanto riguarda la specifici-tà e la finalità della Massoneria, Fichteriprende, nell’insieme, il concetto diLessing: in una società dominata dalladivisione del lavoro, essa svolge il compi-to di operare nella direzione diuna cultura umana universale.Questa concezionepare gli fosse statainstillata da unerudito e influentemassone, che si eraadoperato a intro-durlo e a confe-rirgli autoritànella LoggiaRoyal York.

Ma, d’altraparte, esigenzeaffini eranostate sviluppatedallo stesso Fichtenel suo celebrecorso di lezioni del1794 sulla Missione delDotto, la quale

è come l’anticipazione essoterica delleidee espresse a Berlino sei anni più tardi:c’è la medesima dottrina sul fine univer-sale dell’uomo, la medesima delineazionedella società e delle sue classi nel loroufficio positivo e negativo, c’è un identicosuperamento morale, nella personalitàdel saggio nei vincoli empirici e dei con-trasti contingenti.

(S. Caramella)

Da questo precedente deriva una conse-guenza importante nella Filosofia dellaMassoneria di Fichte: cioè che, a differen-za di quanto accade in Lessing, la specifi-cità dell’Istituzione è vista in gran partenella sua trattazione attraverso la lentecostituita dal problema della costruzionedell’uomo. Come è possibile sottolinearein un’esposizione complessiva del suo

saggio, il quale esordisce facendoconstatare, all’interlocutore profa-

no, anzitutto che L’OrdineMassonico esiste, malgrado

i contrasti e le repressioni cheha dovuto subire da

quando si è manifesta-to, all’inizio del

Settecento a Londra,diffondendosi ovun-que rapidamente, econtinuando a dif-fondersi malgradogli ostacoli.Dovunque si specula

su quale sia il suosegreto al punto che si

può dire a buon diritto: Ilsegreto più divulgato e tutta-

via più nascosto dei frammassoniè che essi sono e continuano ad esistere. Eci si domanda allora: che cosa lega insie-me tutti questi uomini di pensiero, vita ecultura quanto mai diversi, e li tiene vici-ni fra mille difficoltà?. E il punto è che fraquesti uomini sono numerosi quelli saggie onesti, che da tempo perseverano neldare opera alla Massoneria. Un fatto quin-di risulta evidente: quanto è vero cheanche soltanto un uomo indiscutibilmente

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saggio e virtuoso sioccupa dell’Ordineframmassonico, ditanto è vero che essonon è un giuoco, ditanto è certo che essoha uno scopo, anzi unoscopo serio e sublime.

Da ciò risulta che lavia per intendere l’es-senza dell’Ordinepassa attraverso l’in-dagine rivolta versol’uomo che ne faparte, per capire checosa possa proporsicome scopo l’uomosaggio e buono in talcolleganza.

Ecco trovato il ban-dolo per arrivare alladeduzione dello scopo di una società par-ticolare, dallo scopo finale dell’uomo, cheè il tema della prima lezione. Scopo del-l’uomo saggio e buono è lo scopo finaledell’umanità, che quaggiù portiamo in noie la sua massima possibile perfezione.L’individuo cosciente lo pensa chiara-mente, e tale scopo egli si pone comemeta cosciente di tutto il suo agire.

Come viene perseguito dalla grandesocietà umana (detta “grande” in contrap-posizione alla “società particolare” su cuiverte l’indagine)? Essa deve lottare per lasopravvivenza contro la natura e il tempoche la condizionano; perciò ha diviso inparti l’insieme dell’evoluzione umana, sene è distribuite le varie branche e attività,e a ciascuna condizione sociale ha asse-

gnato il suo campospeciale di collabora-zione: gli uomini sidividono, secondo iloro compiti, in con-tadini, operai, ammi-nistratori, guerrieri,studiosi. E’ bene chesia così perché venga-no fronteggiate lecondizioni materialidell’esistenza dellasocietà. Senonchéciascun individuo siforma in grado emi-nente soltanto per lacondizione che hascelto. E da ciò sorgein tutti una certaincompiutezza e uni-lateralità che abitual-

mente si trasforma in pedanteria; e in talesituazione s’impedisce con la più altapossibile educazione di classe la più altapossibile evoluzione dell’umanità.

Ed ecco tornare nel discorso laMassoneria. Essa non può usurpare lefinalità di una qualche classe esistente, eneppure quelle dello Stato. Ma se devescegliersi un fine non riducibile ad altri,questo può essere soltanto quello di risol-levare a cultura umana universale l’unila-teralità delle classi sociali: uno scopogrande, razionale, possibile; uno scopoquasi impossibile a conseguirsi nella“grande società”, che tende a imporre lalogica della specializzazione, uno scopoche esige dunque una separazione certonon perpetua della grande società stessa.

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Il massone nato uomo e passato attraver-so l’educazione della sua classe deveessere su questo terreno nuovamente edu-cato da capo, a fondo, per essere uomo.

Attenzione: non si tratta, secondoFichte, di un’educazione alla libertàetica, che non può essere oggetto dicomunicazione senza diventare ipocrisia;bensì alla sensibilità morale, che si realiz-za attraverso lo scambio continuo dellequalità individuali. E in generale che cosaopera l’Ordine nel massone?Contribuisce potentemente ad avvicinar-lo alla maturità, cioè alla pienezza di cul-tura universalmente umana, al modellodell’uomo perfetto ideale del massone (edei caratteri di tale uomo il filosofo fauna specifica ed eloquente descrizione).

A sua volta la cultura massonica diventaora parte costitutiva del nuovo uomo, nonlo disinserisce certo dal suo posto nelmondo - dalla famiglia, dall’ambienteumano, da quello di lavoro - e ciò com-porta quindi per lui e per i confratelli lacapacità di operare per il mutuo influssodei diversi settori della società e di pro-muoverne così il progresso.

Svolto così il tema della prima lezione(che, ricordiamolo, è la deduzione delloscopo di una società particolare dalloscopo finale dell’uomo), Fichte passa allaseconda, divisa in due parti ben distinte,quindi alle due lezioni successive e con-clusive; il loro tema è costituito rispettiva-mente dalla deduzione e contenuto del-l’insegnamento massonico e dalla dedu-zione della storia e della forma dell’istru-zione massonica.

In questi ambiti il filosofo procede aduna sottile analisi, in primo luogo deicaratteri che acquista il problema religio-so, quello politico e quello del lavoro allaluce delle precedenti acquisizioni. Perquanto riguarda la religione, l’istruzionemassonica determina il formarsi nell’a-depto di una concezione universalmenteumana di essa, nella quale rimangonoaccantonati gli elementi accidentali edunilaterali, per cui il massone tende adiventare assolutamente un uomo chepure ha la sua religione. Per quanto riguar-da la politica, la stessa ispirazione “uni-versalmente umana” dell’istruzione mas-sonica fa sì che nell’animo dell’adepto

Amor di patria e sentimento cosmopolitasono intimamente congiunti, anzi stannoentrambi in questo preciso rapporto: l’a-

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mor di patria è in lui l’azione; il sentimen-to cosmopolita è il pensiero; il primo è ilfenomeno, il secondo è l’intero spirito diquesto fenomeno: l’invisibile nel visibile.

Infine, quanto al lavoro, cioè a quellaparte del fine complessivo dell’umanitàinteso a far sì che la natura priva di ragio-ne venga interamente sottoposta al volererazionale, e l’essere razionale domini sulmorto meccanismo, l’istruzione massoni-ca comporta che esso non sia valutatosecondo estrinseche categorie economi-che e sociali, bensì “secondo la fedeltà”con cui è compiuto, così da apprezzare dipiù un contadino che lavora bene la terrache un filosofo inetto. Vogliamo dire, conespressione oggi in voga, secondo un cri-terio di “qualità totale”?

La seconda parte della seconda lezione -originariamente, forse, una terza lezione -,conclude in un certo modo relativizzandol’intera “filosofia della Massoneria” diper sé presa. Infatti, dopo aver dimostratoche le istituzioni segrete di cultura sonoaltrettanto antiche quanto la divisionedelle classi, e costituiscono sicuramenteuna tradizione continua attraverso tutta lastoria, si sostiene che la forma didattica di

queste istituzioni deve essere metaforica,e quindi segreta; pertanto non può usarealtro che la comunicazione orale.

Risulta chiaro, in tal modo, che il testostesso in cui queste cose vengono espostenon va confuso con la concretezza delsapere che è proprio ed essenziale dellaMassoneria.

Nulla impedisce che si divulghino in que-sta forma i misteri; si divulga soltanto ildiscorso o lo scritto.

Ricordiamo: chi non ha già in sé i miste-ri non può afferrarli. Tali misteri poi vannoriscoperti col mutare dei tempi, poiché lacultura segreta deve procedere di paripasso con quella pubblica nel perseguire ilfine di attuarsi come cultura universalmen-te umana: il sapere - è questa la conclusio-ne -, che torna a rivolgersi all’uomo nonpuò dunque non tradursi nel fare.

Rallegrati che non tutto sia come dovreb-be essere, sì che tu abbia da lavorare.

Il residuo oggettivo dell’intera medita-zione è costituito da quel lavoro con cui ilmassone costruisce se stesso.

Fornitore del Grande Oriente d’Italia

Via dei Tessitori n° 2159100 Prato (PO)

tel. 0574 815468 fax 0574 661631Part. IVA 01598450979

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Recens ion i

LUIGI GRASSIA, Un italiano fra Napoleone e i SiouxEd. Il Minotauro, Roma 2002. 28,00 - pp. 232.

Una distesa di terra verde e piatta. Una collina, la sola collina che io abbia incontra-to in quest’ultima parte del viaggio. Un laghetto che sgorga dal nulla sulla sua cima,un’opera che solo il Creatore può spiegare. A osservare questo solenne spettacolo, nelsilenzio del Minnesota sotto il sole di mezzogiorno del 31 agosto 1823, è un italianogiunto per primo e da solo alle sorgenti più settentrionali del Mississippi, il “Padre deiFiumi” che nasce proprio da quel limpido specchio d’acqua.

Come si è formato questo lago? Da dove vengono le sue acque? Bisogna chiederloal Grande Architetto dell’Universo [...]. E’ questa la sola risposta che abbia significa-to, per l’esploratore vestito di pelle d’alce alla maniera pellerossa, mentre scocca ilmomento più magico della sua vita. L’italiano sulla vetta del mondo è un massone fierodi esserlo. Si chiama Giacomo Costantino Beltrami. Un nome che per quasi duecentoanni l’oblio ha avvolto nel suo involucro. Vediamo di squarciare quest’involucro, per-ché i massoni possano a loro volta scoprirsi fieri di questo loro fratello misconosciuto.

Misconosciuto, diciamo, ma non del tutto ignoto. Chi è nato a Bergamo saprà probabil-mente che anche Beltrami è nato lì (nel 1779). Chi è marchigiano saprà forse che Beltramivi ha passato la maggior parte delle sua vita italiana. Ma un personaggio della sua statu-ra meriterebbe ben altra considerazione che quella di gloria locale, visto che in Americagli viene attribuita la scoperta delle Sorgenti Giulie (fra le più importanti del Mississippi)e che la zona del Minnesota in cui si trovano queste fonti si chiama Beltrami County.

Sotto la scorza rude dell’esploratore solitario, Giacomo Costantino Beltrami nascon-de una personalità raffinata. E’ un gentiluomo, già soldato di Napoleone, patriota, giu-dice, scrittore e infine viaggiatore (così si definisce modestamente) un pò per gusto eun pò per forza. Dall’Italia caduta preda della Restaurazione ha dovuto fuggire inquanto libero pensatore, massone e simpatizzante carbonaro.

Per le sue idee ha anche dovuto subire un procedimento giudiziario, dopo un’abortitarivolta carbonara a Macerata il 24-25 giugno 1817. Non si è trovato modo di collegarlodirettamente allo specifico episodio dell’insurrezione, ma Beltrami è finito nelle spiredella giustizia pontificia in quanto conosciuto per Masone Carbonaro. La vicenda si è

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conclusa un anno dopo senza una condanna ma anche senza un’assoluzione, e questo loha costretto all’esilio, prima in Europa e poi in America.

Massone Beltrami è sicuramente. La sua prima affiliazione, di cui non abbiamo trac-cia scritta, dovrebbe risalire al 19 marzo 1797, tre giorni dopo che a Bergamo era entra-to Napoleone con le sue truppe. Di certo sappiamo, grazie a un diploma conservatopresso la loggia di Treviso, che il 29 giugno 1808 a Giacomo Costantino è stato rico-nosciuto il grado di Maestro. L’autore di questo articolo (e della più recente biografiadi Beltrami, pubblicata nel 2002) ha anche avuto la fortuna di scoprire due lettere mas-soniche, finora inedite, spedite a Beltrami nel 1807 e 1880. C’è anche una prova scrit-ta che il 17 febbraio 1824 egli è stato ricevuto in visita come rispettabile e perfettocavaliere dall’Oriente di New Orleans (Louisiana). Ma la testimonianza migliore èquella dello stesso Beltrami, che proprio nel momento che rappresenta lo zenit della suaavventura, per la prima e unica volta nei suoi scritti si rivela pubblicamente come mas-sone sciogliendo un inno al Grande Architetto dell’Universo.

La storia del Beltrami massone esalta quella dell’avventuriero e dell’esploratore, chesecondo alcuni critici potrebbe aver ispirato a James Fenimore Cooper la figura del pro-tagonista bianco dell’Ultimo dei Mohicani. Per lanciarsi da solo nel Minnesota di allo-ra, Beltrami si vestì come un indiano e si munì di un cavallo e una canoa. Si fece cono-scere e apprezzare dai Sioux e dai Chippewa come grande cacciatore, grande guerrieroe persino stregone. Fu coinvolto in guerre fra tribù, subì attacchi e fece da paciere fra inuovi amici pellerossa, guadagnandosi una fama straordinaria.

Una fama che non si è mai spenta. Il suo Dizionario della lingua Sioux, primo a esse-re compilato, è tuttora stampato dalla casa editrice dei Lakota (quelli di Nuvola Rossae Cavallo Pazzo, per capirci) e nel 1987 una delegazione di stregoni Sioux è arrivatafino a Bergamo per vedere i tamburi sacri e le pipe che Beltrami riportò in Italia dal suoviaggio favoloso. Questa storia è uno scrigno appena aperto e pieno di sorprese.

RAIMONDO DE SANGRO, Lettera apologeticaEd. Alos, Napoli 2002. 28,00 - pp. 303.

di Leen SpruitPubblicata nel 1750, la Lettera Apologetica di Raimondo de Sangro, VII principe di

Sansevero, (1710-1771), è un’opera con una struttura particolarissima e un destino sor-prendente. Infatti è stata stampata dal de Sangro con un procedimento tipografico di suainvenzione capace di effettuare la stampa simultanea di più colori con una sola passa-ta di torchio. Scritta In un linguaggio aderente ai dettami dell’Accademia della Cruscadi cui il principe era membro, con il nome di “Esercitato”, la Lettera, pur se conosciu-ta e diffusa in tutta Europa, nei secoli successivi è entrata in un progressivo oblio, ancheper il sospetto di eresia da cui è stata accompagnata fin dalla messa all’Indice ad operadella Chiesa. Essa dunque nel suo significato complessivo è uscita dall’attenzione

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generale rimanendo quale fonte privilegiata di notizie autobiografiche sulla vita e leopere dello stesso Raimondo de Sangro.

L’odierna edizione della Lettera Apologetica indaga il significato centrale dell’operaemarginando l’interpretazione di testo a chiave, volutamente misterioso ed enigmatico,sostenuto ancora oggi per alcune parti dell’opera.

Leen Spruit, curatore di questa edizione annotata della Lettera Apologetica ricostrui-sce, con rigore, rintracciando le fonti citate ed usate, la cultura di Raimondo de Sangronel contesto della cultura filosofica e scientifica dell’epoca, analizza le tematiche cen-trali, discute la struttura letteraria e la fortuna critica dell’opera, offrendone poi unanuova chiave di lettura.

Sfruttando al massimo lo schermo e la varietà stilistica del genere epistolare il Principeinfatti lancia una sfida alla cultura ecclesiastica contemporanea di vaste proporzioni. Conlo scopo apparente di convincere una misteriosa interlocutrice del potenziale semantico eletterario dell’antico sistema di comunicazione degli Inca basato sui Quipu (stringhe dinodi colorati) già immaginato da Madame de Grafigny nel suo Lettres d’une Péruvienne,Raimondo de Sangro, alternando confessioni e sfoghi, note storiche e autobiografiche, dis-quisizioni di esegesi biblica e circa l’origine dell’universo, coglie ogni spunto per disser-tare sulla tesi che l’uso di caratteri geroglifici, segni, scrittura o anche dei Quipu, sia anti-co quanto l’Uomo, esponendo dunque opinioni difficilmente conciliabili con la StoriaSacra e con la Dottrina della Chiesa Cattolica circa l’origine dell’universo e dell’uomo.

La Lettera Apologetica per le disinvolte e provocatorie citazioni di autori proibiti ofortemente sospettati dalla Chiesa (Toland, Collins, Bayle, Voltaire, Marquisd’Argens) se da un lato ha consentito al de Sangro di diffondere idee innovative, dal-l’altro ha suscitato veementi reazioni degli ambienti ecclesiastici del tempo, tanto daessere messa all’Indice come opera scandalosa temeraria, offensiva alle pie orecchie,che favorisce l’eresia e il materialismo.

In appendice a quest’opera enigmatica e bizzarra; diffusa e conosciuta nel panorama cul-turale del settecento europeo, ma, fino ad ora, mai studiata nel suo complesso, il curatorepubblica una serie di documenti, per la maggior parte inediti, che offrono la possibilità diricostruire l’intricata vicenda della messa all’indice dell’opera e dei tentativi di riabilitarla.

Al di là di un interesse antiquario a conoscere un opera di difficile reperibilità, nellaLettera Apologetica si definisce con chiarezza la dimensione di intellettuale europeo delprincipe di Sansevero. pienamente inserito nel filone della cultura innovativa e antitra-dizionale (di cui la Massoneria era una delle componenti) che aveva le sue radici nellibertinismo erudito e nell’illuminismo radicale, nonché nella peculiare ricezione dellacultura scientifica contemporanea di Italia.

La proposta di lettura della casa editrice Alos di Napoli consente dunque di fare ulte-riore luce sulla poliedrica personalità di Raimondo de Sangro, già universalmente notocome alchimista, inventore, massone, editore, etc., rilanciando un dibattito approfondi-to sulla cultura napoletana del Settecento attraverso uno dei suoi protagonisti.

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CESARE G. DE MICHELIS, La giudeofobia in Russia: dal libro del kahal aiProtocolli dei Savi di SionEd. Bollati Boringhieri, Torino 2001. 15,49 - pp. 223.

di Gennaro ScalamandrèIn meno di 40 pagine l’autore tratteggia in maniera incisiva la “sub cultura” anti semi-

ta ed anti esoterica presente nella Russia zarista del primo decennio del ‘900. Sono anniin cui vengono “costruite” le assurde prove contro il complotto degli ebrei creando quelclima di discriminazione che sarà fatto proprio in seguito dal nazismo. Segue una bellis-sima antologia di testi dell’epoca: Prefazione al libro del kahal (1869) di JakovBrafman, Il segreto degli ebrei (1895) Anonimo, Complotti contro l’umanità (1902) diM. Menshikov, Programma della conquista del mondo da parte degli ebrei (1903) di P.Krushevan, Protocolli dei Savi di Sion (1903) Anonimo e altri ancora. La lettura di que-sti testi fa scoprire il modo irreale in cui gnostici, illuminati, rosacrociani, martinisti emassoni sarebbero stati tutti asserviti ai progetti di potere dei Savi di Sion. LaMassoneria, guidata dalla confraternita ebraica, diventa la causa delle peggiori nefan-dezze dell’epoca: il liberalismo, il cosmopolitismo, l’anarchia, il terrorismo (assassiniodi Umberto I) con l’obiettivo di distruggere l’umanità.

Si tratta dunque di un’attenta ricostruzione storica di strumenti di repressione che agliocchi di molti assumono una nefanda attualità.

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Segnalaz ioni ed i tor ia l i

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GRANDE ORIENTE D’ITALIA - PALAZZO GIUSTINIANI

Una Loggia. Perchè? ... Decennale (1991-2001) R∴L∴ “Rhegion” n° 1101. OR∴ di Reggio CalabriaEd. Gangemi, Roma 2002. pp. 192

Questa selezione di “lavori”, che testimoniano ilpercorso della R∴ L∴ “RHEGION” n° 1101 all’Or.di Reggio Calabria nel corso degli anni, viene pub-blicata in occasione del decennale della sua fonda-zione (1991-2001).Il libro è indirizzato, evidentemente, non solo agli

“addetti ai lavori”, affinché il patrimonio intellettualee di ricerca, insieme alle conoscenze etiche, filosofichee sociali, non rimanga nel chiuso delle Officine, ma siadivulgato e compreso anche dalla società profana.E tanti più lettori avrà tra i non “liberi muratori”,

tanto più l’opinione pubblica muterà, crediamo, atteg-giamento nei confronti della Massoneria e dei masso-ni, perchè solo attraverso la conoscenza si può giungere al rispetto.La loggia Rhegion nasce per il bisogno di attribuire nuova dimensione al proprio modo di

essere, per contribuire “all’elevazione morale, materiale e spirituale dell’uomo e dell’umanafamiglia”, per l’avvertita esigenza di poter “fare” e “dare” altro al mondo profano, per raf-forzare lo spirito di servizio ed attribuire nuovo spessore alla solidarietà ed alla pietà socia-le, ma anche al sentimento della responsabilità.La Loggia, in questi anni, si è ripetutamente aperta al profano (esponendosi alle sue valuta-

zioni), persuasa del fatto che il sospetto ed il pregiudizio vadano sconfitti sul terreno dellacultura e dell’impegno sociale.Con tali premesse, la Loggia Rhegion ha perseguito e promosso la visibilità del Progetto mas-

sonico per l’Uomo e la Società, progetto che, come è evidente, si avvale di un programma tutto“giuocato” all’esterno, realizzato attraverso iniziative orientate ad avvicinare la Massoneriaalle più diverse realtà, nella consapevolezza che l’unità e la volitività degli intenti valganobene ad affrontare ostacoli e bisogni, ancorché questi ultimi siano “sommersi” ed indefiniti.

LUCA GUAZZATI

L’Oriente di Ancona. Storia della Massoneria dorica(1815-1914)Ed. Affinità Elettive, Ancona 2002. 14,90 - pp. 327

La storia di Ancona dal 1815 alla prima guerra mon-diale è fortemente intrisa di episodi legati al patriotti-smo dei primi Carbonari, esaltati dall’influenza repub-blicana francese e dalla locale Massoneria che si svi-luppa soprattutto dopo l’Unità grazie alla fondazionedella Loggia Garibaldi nel 1862. Con il ritrovamentodel regolamento interno di questa Loggia e con ilmateriale documentario per la prima volta messo adisposizione dai massoni di Ancona, è stato possibilericostruire un’ampia parte delle ingerenze massonichesociali, economiche e in particolare politiche di alcunicelebri personaggi anconitani aderenti alla LiberaMuratoria. Ripercorrere le gesta di Angelo Pichi edAugusto Elia, del nucleo storico della democrazia

repubblicana che fece nascere il Lucifero e di Oddo Marinelli, fra ideali di Fratellanza e azio-ne anticlericale, negli scontri intestini di ogni movimento politico dell’epoca, fino al confrontocon Mussolini, significa celebrare nel migliore dei modi il 140° della gloriosa Loggia Garibaldi.

CLAUDIO MASINI(con la collaborazione di Paolo Bezzi e FabrizioMilani Ravaglia)La R∴ L∴ Dante Alighieri n° 108 all’Oriente diravenna. Nel 140° anniversario della fondazione(1863 - 2003)

Ogni Loggia ha un labaro. Sopra (n.d.r.: foto di retro-copertina), quello della R∴ L∴ Dante Alighieri n°108, con riportato l’anno di fondazione (5862 V∴L∴) corrispondente al 1863, fino all’inizio del mesedi marzo, secondo il calendario profano.

A∴G∴D∴G∴A∴D∴U∴

Alla Gloria Del Grande Architetto Dell’Universo, L∴U∴F∴ Libertà - Uguaglianza - Fratellanza,le divise della Massoneria universale.

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NEA AGORA’Rassegna di Studi TradizionaliNumero doppio: Dicembre 2002/Gennaio 2003 Anno VIII Nuova Serie • nn. 4/02 - 1/03

Nell’attesa ... della pace che verrà!Tao e immortalità in Giappone nelle epoche di Nara e HeianChe cos’è l’Esoterologia?L’antisemitismo illustrato e ricordato da un non ebreoIl ruolo sociale della medicina naturaleLa morte: incubo o inizio di una nuova vita?Il profondo significato spirituale delle iconeOligoterapia: le terapia attraverso gli elementi chimiciLeonardo Fibonacci: dalla corte di Federico II alla BorsaIncas: miti, simboli, leggendeFisica o Misticismo? Nuove frontiere della fisica quantisticaLa magia sacrale degli alfabeti