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Un nuovo mondoQuella che finora abbiamo incontrato come storia dell’arte è a malapena la storia dell’arte di metà del mondo: la maggior parte degli avvenimen9 si sono svol9 a:orno al mar Mediterraneo, in Egi:o,
Mesopotamia, Asia Minore, Grecia, Italia, Spagna, oppure non lontano da lì; in Germania, Francia, Inghilterra. L’impresa ardita di navigare ad ovest della vecchia Europa fu resa possibile solo dopo una nuova invenzione, che dobbiamo ai cinesi: la scoperta che un ago magne9co sospeso su un perno si dirige verso il nord e ne indica la direzione. È la bussola. I cinesi la usavano da tempo per le loro spedizioni oltre il
deserto, ma veniva usata poco, anche se filtrata a:raverso gli arabi: era qualcosa di inquietante, e solo col passare del tempo la curiosità divenne più grande del 9more. Ma non solo curiosità: in terre lontane potevano essere ignote ricchezze e tesori inesplora9. Un avventuroso genovese, di nome Colombo, lesse mol9 tra:a9 di geografia e concluse che a
furia di navigare verso ovest, alla fine si sarebbe arriva9 a est! La terra è rotonda! È una sfera! Navigando verso ovest si sarebbe arriva9 nella ricca Cina e nella favolosa India, dove lo aspe:avano oro,
avorio e spezie rare. In Spagna riuscì a procurarsi, tra mille avventure, tre velieri e salpò nell’agosto del 1492 verso ovest, dire:o verso l’India. L’11 o:obre arrivò in un’isola che credeva fosse popolata da indiani, o indios, come dicevano i marinai spagnoli, ma in realtà eravamo in America! Eppure ancora oggi, per quell’errore di linguaggio, noi chiamiamo indiani gli abitan9 originari dell’America del Nord, Indios quelli dell’America centrale e meridionale, e Indie occidentali le isole su cui sbarcò Colombo. Ma la vera India era molto più lontana e neppure Colombo, che pure aveva osato sfidare tu:o ciò che era consolidato, avrebbe mai potuto amme:ere che il mondo era molto più grande di quanto lui l’aveva immaginato.In verità le prime navi spagnole arrivarono su isole abitate da indios buoni, poveri e semplici. Solo più a ovest si trovava il vero
con9nente americano, e le successive spedizioni dalla Spagna arrivarono cariche di uomini incredibilmente coraggiosi e incredibilmente disumani. E la cosa triste è che costoro si dicevano cris9ani e sostenevano di comme:ere terribili azioni di saccheggio e violenza in nome del cris9anesimo ai danni dei pagani.Sopra:u:o il conquistatore Hernàn Cortez, che era stato uno studente, si mostrò di
un’ambizione sfrenata. Nel 1519 parW carico di solda9, cavalieri e cannoni. Sbarcato in quelle che credeva le Indie Occidentali, si avventurò all’interno della terra chiamata Messico per fronteggiare il potente re Montezuma. La conquista non fu amichevole e neppure lievemente cruenta: fu una carneficina, un capitolo così orrendo della storia dell’umanità e così vergognoso che forse sarà meglio tacerne.
HIERONYMUS BOSCH
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Nel fra:empo i Portoghesi avevano trovato la vera via del mare per l’India, e si comportavano
non molto meglio degli Spagnoli: il loro unico interesse era l’oro e ancora l’oro. Ma in Europa tu:e le ricchezze provenien9 dalle nuove terre accresceva enormemente il potere della nuova borghesia e diminuiva quello dei cavalieri e dei proprietari terrieri. Diventavano importan9 i por9 dell’Europa occidentale, quelli francesi, olandesi, portoghesi, spagnoli e alcune ci:à cominciavano ad assumere proporzioni di vere e proprie superpotenze economiche e militari.
Una nuova fede Dopo il 1500 a Roma ci furono dei papi per cui il ruolo di sacerdo9 era meno importante di sfarzo e potere, e fecero costruire splendide chiese da ar9s9 famosi. Sopra:u:o quando diventarono papi i membri della famiglia dei Medici, che a Firenze aveva molto col9vato le ar9, a Roma crebbero edifici sempre più belli e grandi. L’an9ca chiesa di Pietro, la cui fondazione risalirebbe a Costan9no il Grande, nella quale Carlo Magno fu incoronato imperatore, a loro non sembrò abbastanza maestosa. Proge:arono così di costruire una nuova basilica di dimensioni gigantesche e di straordinaria bellezza, ma per farlo avevano bisogno di mol9 soldi. Per i papi di quel tempo non importava da dove venisse il denaro; l’importante era trovarlo, per poter finire la splendida chiesa. Così alcuni pre9 e monaci, pensando di far cosa gradita al papa, si misero a raccogliere soldi in un modo che non andava d’accordo con gli insegnamen9 della chiesa: fecero pagare i fedeli per l’assoluzione dei loro pecca9. Era quella che si chiama la vendita delle indulgenze. A
Wi:enberg in Germania viveva un monaco agos9niano che si chiamava Martin Lutero. Quando nel 1517 arrivarono nella sua ci:à alcuni venditori di indulgenze, per raggranellare denaro per la nuova basilica di San Pietro che si stavano iniziando so:o la direzione di Raffaello, il più famoso pi:ore del mondo, Lutero decise di prendere posizione: appese alle porte delle chiese una specie di manifesto con 95 tesi nelle quali comba:eva quel modo di fare commercio della misericordia del perdono di Dio. Una sola cosa, sosteneva, poteva salvare dal cas9go divino, proprio l’infinita misericordia del Signore. E quella, diceva Lutero, non si può comprare..se si potesse fare, non sarebbe più misericordia.
Egli predicò e scrisse che, tranne la fede, tu:o è superfluo. Quindi anche i pre9 e la chiesa, che durante la messa perme:e al credente di prender parte alla misericordia di Dio: la misericordia non può venir
amministrata, né tantomeno qualcuno può procurarla a qualcun altro.Ogni credente è per così dire il proprio prete, e il sacerdote della chiesa non è niente più che qualcuno che insegna e aiuta, quindi può vivere come tub gli altri e può anche sposarsi. Il credente non deve acce:are passivamente la do:rina della chiesa, ma deve cercare da solo nella Bibbia la volontà di Dio.
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Bottega di cranach, ritratto postumo di martin lutero, post 1546
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Lutero non fu il primo ad avere avuto idee come quelle. Già cento anni prima di lui un prete di nome Jan Hus aveva impar9to a Praga lo stesso insegnamento: fu invitato ad un convegno e bruciato sul
rogo come ere9co. Girolamo Savonarola ai primi del ‘500 aveva fa:o la stessa fine a Firenze. Forse
sarebbe finita così anche per Lutero e i suoi seguaci, ma i tempi erano ormai cambia9, anche grazie al fa:o che era stata inventata la stampa a caratteri mobili. Gli scrib di Lutero, che avevano uno s9le
vigoroso e anche molto aspro,vennero infab compra9 e leb in tu:a la Germania: il monaco venne scomunicato, ma ormai mol9 principi tedeschi -‐non avendo niente in contrario che diminuisse il potere di vescovi e arcivescovi e che le grandi proprietà terriere della chiesa venissero ridistribuite a loro-‐ si
unirono alla “Riforma”, il nome dato da Lutero
al risveglio dell’an9ca religiosità cris9ana.Intanto era diventato imperatore tedesco Carlo V d’Asburgo, re di Spagna, di Germania e Austria, di Belgio, Olanda e sovrano delle terre che Cortez stava conquistando in America. Gli adulatori potevano dire che sul suo regna non tramontava mai il sole, dal momento che in America è giorno quando in Europa è no:e. Effebvamente il suo imponente regno aveva un solo rivale in Europa, la Francia. Il regno francese
non era grande quanto quello di Carlo V, ma so:o il suo re Francesco I era unito, ricco e solido. I due re si scontrarono in lo:e lunghe e complicate per il possesso dell’Italia, il paese più ricco d’Europa, finché nel 1527 Roma venne messa a ferro e fuoco dai lanzichenecchi dell’imperatore e la ricchezza dell’Italia
annientata. Nel fra:empo, durante la Dieta di Worms (un’assemblea solenne in cui si riunirono i principi e i grandi dell’impero d’Asburgo), Lutero si rifiutò di rinnegare le sue tesi e fu messo al bando come ere9co; il che voleva dire che nessuno poteva dargli da mangiare, offrirgli un te:o o aiutarlo. Ma Federico di Sassonia il Saggio lo protesse, lo nascose e lo ospitò nella sua fortezza di Wartburg, dove Lutero tradusse la Bibbia in tedesco, in una lingua comprensibile per tub i popoli germanici nello stesso modo. E riuscì davvero a creare una lingua unitaria, poco diversa da quella tu:ora parlata nelle nazioni di lingua tedesca. Ma intanto i seguaci di Lutero erano diventa9 intransigen9: bu:avano le immagini sacre fuori dalle chiese e rifiutavano di ba:ezzare i bambini perchè ogni individuo avrebbe dovuto scegliere liberamente se farsi ba:ezzare o meno. Per questo mo9vo furono chiama9 iconoclasti (che è una parola greca che vuol dire “distru:ore di immagini”) e anabattisti (che vuol dire “seguaci del nuovo ba:esimo”).
Sopra:u:o i contadini, arma9 di falci e forconi, uccisero proprietari terrieri e marciarono minacciosi contro chiese e conven9. Sopra:u:o i contadini, arma9 di falci e forconi, uccisero proprietari terrieri e marciarono minacciosi contro chiese e conven9.
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In quegli anni Lutero non era stato l’unico a predicare pensieri del genere. A Zurigo il parroco Zwingli aveva seguito una strada simile, e a Ginevra un do:o di nome Calvino aveva abbandonato la chiesa. Ma per quanto quelle
do:rine fossero simili tra loro, i seguaci non riuscivano ad andare d’accordo né a far la pace tra loro. E arrivò un’altra grande perdita per il papato. In Inghilterra regnava all’epoca Enrico VIII, che era sposato con una zia dell’imperatore Carlo V, che
però non gli andava a genio. Avrebbe preferito sposare la dama di corte Anna Bolena, ma il papa non poteva perme:erlo. Così
Enrico VIII nel 1533 sciolse la propria terra dalla chiesa romana e fondò una propria chiesa che gli concesse il divorzio. Così la chiesa ca:olica perse per sempre l’Inghilterra. Presto comunque il re si stancò anche di Anna Bolena e la fece decapitare. Undici
giorni dopo si risposò, ma questa volta la nuova moglie morì prima che lui potesse ucciderla. Divorziò poi anche dalla quarta e ne sposò una quinta che fece nuovamente decapitare. La sesta riuscì invece a sopravvivergli.
Alla fine l’imperatore Carlo V ne ebbe abbastanza del suo regno e del sole che non tramontava mai sopra, così nel 1556 si ri9rò vecchio e provato nel convento spagnolo di San Giusto, dove si racconta che si sia dedicato a riparare e a sincronizzare orologi.
La chiesa militanteIn una delle guerre tra Carlo V e il re francese Francesco I venne
ferito gravemente un giovane nobile spagnolo, Ignazio di Loyola. Durante la lunga convalescenza egli lesse a fondo la Bibbia e le vite dei san9. Fu così che volle cambiare vita: rimase un guerriero, ma un guerriero della chiesa ca:olica che era stata messa in così grave pericolo da uomini come Lutero, Zwingli, Calvino ed Enrico VIII. Una volta guarito andò all’università, per studiare e pensare: chi vuol comandare deve essere per prima cosa padrone di se stesso.
Così esercitò un grande sacrificio per diventare il proprio signore: Ignazio voleva liberarsi di tub i desideri, per non obbedire più a nessun altra volontà e non perseguire più alcun altro scopo se non quello della chiesa.
Dopo anni di esercizio arrivò al punto di riuscire a proibirsi di pensare una certa cosa. Pretendeva lo stesso anche dai suoi amici, e quando anche tub loro furono forgia9 a signori assolu9 del proprio pensiero, fondò con loro un ordine dedicato a Gesù: l’ordine dei gesuiti.
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Hans holbein, Enrico viii d’inghilterra, 1540
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Questa piccola truppa di uomini col9 e decisi si offrì al papa come guerrieri per la chiesa sin dal 1540. Nel corso di un grande concilio che si tenne a Trento tra il 1545 e il 1563 furono decisi mol9 cambiamen9 e migliorie che aumentarono il potere e la dignità della chiesa. I pre9 dovevano tornare a essere pre9 e sme:erla di fare i principi sontuosi. La chiesa doveva occuparsi di più dei poveri e sopra:u:o doveva educare il popolo. Ed è proprio come insegnanti che i gesuiti hanno saputo dare di più. Erano persone colte e educate al completo servizio della chiesa, grandi conoscitori dell’animo umano; furono abvi nelle università e allargarono la loro influenza come confessori, insegnanti e predicatori della fede in terre lontane, anche nella nuova America. Tub ques9 sforzi di rinnovamento per risvegliare l’an9ca devozione degli uomini hanno il nome di “Controriforma”. Durante queste lo:e di religione gli uomini erano
tub molto seri e rigidi, quasi come lo stesso Ignazio di Loyola. Gli aristocra9ci non portavano più ves9 colorate e ampie, ma avevano
un aspe:o quasi monacale, con abi9 rigidi, neri e ablla9 con gorgiere bianche intorno al collo. I loro vol9 erano contorna9 con sobli barbe e portavano anche uno spadino alla cintola, pron9 al duello contro chi offendeva l’onore loro e quello della chiesa.
Il capo di tub i ca:olici, il più serio, inflessibile e impietoso di tub era il re spagnolo Filippo II, !glio di Carlo V. Nella sua vita la cosa più importante era la lo:a contro qualsiasi 9po di miscredenza, contro gli ebrei, i musulmani e i protestan9. Comba:é i turchi che avevano conquistato Costan9nopoli e li sconfisse defini9vamente presso Lepanto, distruggendo la loro flo:a a tal punto che i turchi sul mare non ebbero mai più potere.
Ma Filippo II dove:e subire anche una dura sconfi:a nei Paesi Bassi, a tal punto che le ci:à protestan9 olandesi e belghe diventarono libere, ricche, indipenden9 ed intraprenden9, tanto da trovar fortuna al di là degli oceani, in India e in America. E questa non fu la peggior sconfi:a che il re spagnolo dove:e subire: ce ne fu una ancora più dura. A quel tempo in Inghilterra regnava la figlia di Enrico VIII dalle molte mogli, che si chiamava Elisabetta ed era una fervente protestante, molto intelligente, determinata e risoluta, ma anche presuntuosa e crudele.
La cosa che più le importava era difendere il paese dai ca:olici, e li perseguitò senza pietà. Aiutò i Paesi Bassi durante la loro lo:a contro Filippo II, il quale si arrabbiò tanto che decise di conquistare l’Inghilterra al ca:olicesimo o di annientarla.
HIERONYMUS BOSCH
L'emblema dell'ordine dei Gesuiti: un disco raggiante e fiammeggiante
caricato dalle lettere IHS, il monogramma di Cristo. La lettera H è
sormontata da una croce; in punta, i tre chiodi della Passione.
Rembrandt van rijnLa lezione d’anatomia del dottor tulp, 1632 (part.)
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Nel 1588 dalla Spagna salpò la Invencible Armada (l’Invincibile Armata), che doveva spazzar via la piccola isola inglese. Invece le cose non andarono per niente così: senza mai scontrarsi con gli inglesi, le navi persero l’orientamento nel mare ignoto d’Inghilterra, sconfi:e dalla guerra sfiancante dei corsari e da tabche di guerriglia; si dispersero e in gran parte naufragarono a causa di violente tempeste. In Spagna non tornò che la metà della 130 navi par9te, senza che fossero nemmeno riuscite a toccare il suolo inglese.
A seguito di queste vi:orie, inglesi e olandesi iniziarono a fondare scali commerciali in Nord America e in India, così in ques9 insediamen9 globalizza9 comandavano non Sta9 nazionali, ma commercian9 inglesi e olandesi che si erano uni9 per pra9care il commercio e portare in Europa le ricchezze indiane. Nacquero così le Compagnie di Commercio (per approfondire clicca qui). Presto si formò ancora
una volta un nuovo impero mondiale, e nel Nord America si parlò la lingua della piccola isola a nordest della Francia: l’inglese. Così, come al tempo dell’impero romano il la9no era la lingua parlata nel mondo, oggi quella lingua è l’inglese.
Un’epoca terribile Si potrebbero scrivere innumerevoli parole sulle lo:e tra ca:olici e protestan9: fu un’epoca terribile, tanto che nel corso del 1600 gli uomini non seppero più per cosa e contro cosa comba:essero. A tu:a questa rovina e disperazione si aggiunse una follia che si impadronì di un numero crescente di persone: la paura degli incantesimi, della magia e delle streghe. I grandi papi del 1500 che resero immortale il proprio nome a:raverso la realizzazione di splendide opere d’arte impar9rono anche l’ordine di perseguitare in tub i modi maghi e streghe.Ma come si fa a perseguitare qualcosa che non esiste né poteva esistere allora? Ed era proprio questa la cosa terribile: se una donna non era ben vista, si diceva “È una strega! È colpa sua se ha grandinato o se al sindaco è venuto il mal di schiena!”..non per niente ancora oggi il mal di schiena viene chiamato “colpo della strega”. Ma non fu una semplice grandinata o una folata di vento: cen9naia e migliaia di persone vennero arrestate e bruciate in Germania e il contagio della supers9zione invesW tu:a l’Europa. Donne e uomini, sospe:a9 di stregoneria o di combu:a col diavolo furono tormenta9 e orribilmente tortura9 fino alla morte.Ma in questo stesso, terribile periodo, c’erano alcuni uomini che non avevano dimen9cato il pensiero di Lionardo e degli altri grandi fioren9ni. Furono costoro a trovare la vera magia, quella grazie alla quale si può scoprire di che materia è fa:a una stella o sapere quando e dove si verificherà un’eclissi di sole o di luna. Questa magia era la matema9ca. Non che costoro la inventarono (c’erano tan9ssimi che sapevano far di conto), ma si accorsero di come tante cose in natura si lasciano individuare da leggi matema9che.
HIERONYMUS BOSCH
Johann Heinrich FussliLe tre Streghe, 1783
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Di come un pendolo lungo 98 cen9metri e 1 millimetro impiega esa:amente un secondo per compiere un’oscillazione, e da cosa dipende questo fenomeno. Si tra:ava di quelle che vennero chiamate le «leggi della natura». Già Lionardo da Vinci aveva de:o che « la natura non rompe la sua legge » e ora si seppe con certezza che ogni fenomeno naturale, che sia stato misurato e descri:o con precisione una volta, si ripete sempre allo stesso modo, e non può fare altrimen9. Era una scoperta inaudita e una magia ben più grande di quella imputata alle streghe.
Ora infab l’intera natura, le stelle e le gocce d’acqua, la caduta di una pietra e il vibrare di una corda di violino non erano più un caos folle e inspiegabile capace solo di impaurire gli uomini. Chi conosceva la formula matema9ca giusta possedeva la formula magica di ogni cosa. E alla corda di violino poteva dire: « Se vuoi suonare un LA, devi esser lunga così, tesa così e oscillare in qua e in là 435 volte al secondo ». E la corda lo fa. Il primo a scoprire l’inaudito potere magico che si nasconde nella misurazione della natura fu un italiano: Galileo Galilei. Egli studiò e descrisse queste cose per mol9 anni, e a un certo punto qualcuno lo denunciò per aver affermato qualcosa che già Lionardo aveva de:o senza spiegazioni: che il
Sole non si muove e che è la Terra con tub gli altri piane9 a girarle intorno. Già uno studioso polacco, Copernico, aveva reso noto tu:o questo in punto di morte, nel 1543: ma i
sacerdo9 ca:olici e protestan9 avevano bollato quella teoria come non cris9ana ed ere9ca. Così Galileo, nel 1632, all’età di quasi 70 anni, dopo una vita dedicata alla ricerca, fu portato davan9 al tribunale ecclesias9co che gli pose l’alterna9va tra l’essere bruciato vivo come ere9co o il rinnegare la sua teoria della rotazione della Terra a:orno al Sole. Galileo so:oscrisse quindi di essere un peccatore e non venne gius9ziato come accadde ad altri suoi predecessori. Si racconta però che, dopo aver apposto la sua firma all’a:o ufficiale, Galileo abbia sussurrato piano: «Eppur si muove!».
E se noi oggi, grazie a quelle formule matema9che possiamo piegare la natura a fare ciò che desideriamo, se abbiamo i nostri aeroplani, i nostri missili, la nostra tecnologia lo dobbiamo a uomini come Galileo Galilei, che hanno ricercato le regole matema9che della natura in un momento in cui era ancora pericoloso quanto lo era essere cris9ani ai tempi di Nerone.
HIERONYMUS BOSCH
Jjustus sustermansRitratto di galileo galilei, 1636
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Siamo nella prima metà del 1400. La Chiesa cris9ana, reduce dalle Crociate, dai con9nui a:acchi degli arabi lungo le coste del Mediterraneo, comincia ad avere bisogno, per affermare il suo potere, di un nemico, di un avversario da odiare. Prende forma l’idea del Diavolo come incarnazione del Male: streghe e maghi, tub quan9 fossero accusa9 e ritenu9 colpevoli di pra9care la magia, potevano incorrere nei rigori del potere. Giovanna d’Arco fu arsa viva nel 1431, il Maresciallo di Francia Gilles de Rais fu gius9ziato nel 1440. Nei grandi processi per stregoneria le accuse potevano essere amplificate con la tortura e la pena di morte veniva pra9cata nelle forme più orribili, come il rogo. La Chiesa, grazie all’Inquisizione apostolica, incamerava i beni materiali delle vibme, e rimase abva per diversi secoli, fino all’O:ocento, per essere abolita solo nel 1830 in Spagna, suo ul9mo rifugio.
Furono due sacerdo9 domenicani svizzeri -‐un certo Giacomo Sprenger e un altro di nome Enrico Kramer-‐ a pubblicare nel 1490
uno dei più spaventosi libri che siano mai sta9 scrib, il Malleus Maleficarum, ovvero Il martello delle streghe. Ques9 due psicopa9ci, con la loro esposizione delle forme che la stregoneria poteva assumere e la loro fissazione sul sesso nelle forme più abnormi e perver9te, davano per
certa l’esistenza di s t r e g h e , m a g h i , stregoni e di mol9 altri e s s e r i c a p a c i d i
compiere le azioni più abominevoli: uccidere bambini, farli bollire in calderoni e nutrirsi delle loro carni, preparare intrugli spaventosi. Il tu:o fondato su confessioni estorte con le torture più disumane. La popolazione viveva nell’insicurezza e nel terrore, fantasie surriscaldate creavano allucinazioni e incubi capaci di sacrificare cen9naia di migliaia di innocen9.Si può dunque capire come un simile ambiente s9molasse l’invenzione ar9s9ca. Così il pi:ore Jeronimus van Hacken, de:o
Bosch, reagì inventando forme e creature fantasmagoriche che si allontanavano dalle figure allora conosciute, e all’inizio acquistò fama per le sue diavolerie.
Hieronymus van Acken1453 - 1516nato a ‘s-Hertogenbosch (Bosco
Ducale), nel Brabante, area
fiamminga, oggi provincia dell’Olanda.
Summis desiderantes affectibus
HIERONYMUS BOSCH Tra inferno e paradiso
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HIERONYMUS BOSCH
Nulla o quasi sappiamo della vita di uno dei più grandi pi:ori delle Fiandre e ben poco si conosce ancora della sua opera. Eppure, è una delle fon9 principali dell’arte contemporanea, affascinata dal fantas9co e ossessionata dalla visionarietà. Surrealis9, Metafisici, Iperrealis9 e tan9 altri devono a Bosch gran parte del proprio linguaggio figura9vo. Ben secoli prima di Freud e Jung, è stato visto nel maestro fiammingo un indagatore dell’inconscio, un viaggiatore negli abissi degli incubi umani. Verosimilmente, nonostante
l a d i s c u s s i o n e po t rebbe es se re mo l to amp ia , s i t r a : a d i u n con9nuatore della t r a d i z i o n e d e i maestri tagliapietre che nelle ca:edrali
go9che realizzavano facce e figure gro:esche che sconfinavano nel fantas9co e nell’orrido.
Il gro:esco e la caricatura sono cara:eri dominan9 nell’arte fiamminga sin dagli esordi: la fauna allegorica di Bosch trova radici e ispirazioni negli an9chi bes>ari alessandrini e successivamente medievali, che tra:ano di animali, piante e pietre realmente esisten9 o favolose, des9na9 ad essere interpreta9 come simboli o allegorie di virtù o perversioni, ad esempio:
L’unicorno: forma di caprone o di cavallo. Per ca:urarlo, una vergine fa sporgere dal seno una mammella. L’unicorno è Dio, la vergine la Madonna, il pe:o la Santa Chiesa.
L’an>lope, il mostro mezzo asino e mezzo uomo, la iena, lo struzzo, il coccodrillo: rappresentano tub il diavolo. Le loro fauci spalancate simboleggiano l’ingresso all’inferno.
Il Drago o la Pantera: generalmente rappresentano Gesù Cristo.Ma altre rappresentazioni colpiscono la fantasia, come Il Polpo, formato da un corpo femminile che termina con una enorme coda di pesce, o il Piscis monachi, monaco che vola a cavallo di un pesce. Nella ci:à natale di Bosch, ‘s-‐Hertogenbosch (in italiano Bosco Ducale) è ancora oggi possibile trovare nelle biblioteche civiche e negli archivi delle chiese una gran numero di tali bes9ari, alcuni anche in copie originali e reda:e con grande dovizia di par9colari e disegni.
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HIERONYMUS BOSCH
Possiamo dividere l’opera di Hieronymus Bosch in tre grandi categorie:Prima categoria -‐ dipin9 con soggeb devozionali e sacri, in cui si mostrano l’invidia e la
rabbia della falsa do:rina, che han portato la follia umana a uccidere la Vita e l’Innocenza, ossia Gesù Cristo. Qui Bosch, che ha sicuramente visto i tra:a9 di fisiognomica di Leonardo da Vinci, si esprime con forza caricaturale e si fa portavoce di una esortazione didabca: la follia umana può portare all’eterno cas9go infernale.
Seconda categoria -‐ dipin9 con soggeb didascalici, quasi ammonimen9 a:raverso i quali rivelare significa9 specifici. Un’anima tranquilla e colma di pace -‐sembra dire Bosch-‐ può fronteggiare senza pericoli le interminabili fantasie e i mostri che il nemico -‐cioè la Tentazione, il Maligno-‐ ci scatena contro. Così animali, stravagan9 chimere, vipere, leoni, urla, minacce, promesse di lussuriosi amplessi e orrendi vola9li non potranno mai turbarci davvero.Terza categoria -‐ qui mostruosità e diavolerie assumono un ruolo di primo piano. È la categoria alla quale si deve in larga parte la fama di Bosch: la sua vivacissima fantasia lo induce a popolare le
sue opere con un gran numero di creature zoomorfe, al tempo stesso bizzarre e spaventose, tali da colpire anche la fantasia di chi guarda. Gli spe:ri e i mostri d’inferno che fuoriescono dal pennello di Bosch vengono defini9 “Grylli” e ricondob o a un vero e proprio genere creato e introdo:o dal maestro fiammingo.
Su tu:o è da considerare però la tecnica ar9s9ca, che merita una categoria a parte. La sua è una esecuzione pia:a, a due dimensioni, più grafica che pi:orica, erede più delle miniature medievali che non della prospebva rinascimentale. Hieronymus dedicava grande a:enzione al disegno preliminare, operando per
linee e non per blocchi spaziali, quasi come un incisore.
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HIERONYMUS BOSCH È però indubbio che la chiave di le:ura dell’arte di Bosch sia difficile da rintracciare, affondando in un
so:obosco ar9s9co e sociale fa:o di corporazioni ar9giane, di distorte credenze e supers9zioni, di magie o solo di stupidità..e difficile risulta comprendere appieno se ci troviamo al cospe:o di un mis9co visionario, o davan9 a un genio che sapeva smascherare gli aspeb più bes9ali dell’animo umano, a un predicatore per immagini o a chissà che altro: ma l’incontro con la sua arte può essere fulminante e sugges9vo, vero e proprio viaggio in un subconscio addormentato forse, ma sempre presente nella nostra anima, in qualsiasi epoca e in ogni tempo. Bosch ha portato all’a:enzione dell’intera umanità diavoli, salamandre, demoni e creature fantas9che, e non sarà mai dimen9cato grazie alla sua idea geniale che gli ha fa:o capire i desideri del pubblico. Se fosse ancora vivo, Hollywood sarebbe in ginocchio davan9 a questo genio del marke9ng!
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Cosa combinano ques9 qua:ro individui in un prato non lontano dalla loro casa? L’uomo grassoccio viene operato a l la tes ta e i suo i occh i esprimono uno sciocco stupore e una auten9ca preoccupazione. Tub gli altri sembrano inten9 a convincere il paziente, quasi n o n c u r a n 9 d e l l ’ a z i o n e terrificante che si sta compiendo. Il frate dai capelli bianchi compie un gesto quasi di:atoriale e per nulla rassicurante, e 9ene in mano una brocca. Cosa conterrà? L’iscrizione che corre sopra e so:o il dipinto recita :”Maestro, togli la pietra - il mio nome è Lubbert Das (Becco Bastardo)”. L’uomo ha dunque dato il suo consenso, tu:avia è saldamente legato alla sedia con un lenzuolo intorno al pe:o. Ci si chiede da dove derivi tu:o questo, e cosa s9a succedendo. L ’ u o m o s e d u t o è completamente ma:o? Gli individui che lo circondano sembrano dei folli impegna9 nelle massime assurdità. Il chirurgo reca un imbuto sulla testa, simbolo di follia, cosa che non rende credibile la sua
abilità nel maneggiare un bisturi. L’anfora di terracoGa che gli pende dalla cintura simboleggia la presuntuosa vacuità della propria intelligenza, appunto un contenitore vuoto, simbolo anche del male. Spesso Bosch lo u9lizzerà. Una monaca osserva compiaciuta lo spe:acolo, ma 9ene un libro in bilico sopra la testa. Eppure tu:a la scena sembra me:ere in ridicolo l’ingenuità e gli impostori da essa abra9, i creduloni e gli imbroglioni.
La medicina con tub i suoi segre9 viene spesso vista negli scrib del 1500 come frode a buon mercato. Il dipinto materializza questo conce:o: quanto sta accadendo sembra malede:amente serio fintanto che non si nota l’imbuto e il libro-‐copricapo, solo allora si avverte che sta accadendo qualcosa di assurdo. Eppure il “paziente” merita lo scherno e la derisione quanto gli altri personaggi: quest’uomo era facilmente un grullo credulone da abbindolare anche prima di questa operazione, la cre9neria va punita con messa in ridicolo. Ancora, va notato che nell’opera di Bosch il chirurgo ciarlatano non estrae una pietra dalla testa del suo disgraziato paziente, ma un fiore, verosimilmente un tulipano lacustre,
iden9co a quello posato sul tavolo. Il mo9vo può essere rintracciato nel fa:o che in olandese “tulpe”, ossia tulipano, può significare anche “follia”. Infine il libro chiuso sulla testa della monaca..qualcuno vi vede l’immagine della Sapienza, associata alla Religione, impersonata dalla monaca. Nemmeno ques9 pilastri della conoscenza si salvano: di fronte ai ciarlatani, ai creduloni, agli stupidi, la Cultura enciclopedica non serve e si lascia travolgere. Anzi, diventa complice. Bosch rompe il realismo delle miniature medievali, alle quali si ispira, per navigare verso un suo cara:eris9co linguaggio formale.
LA CURA DELLA FOLLIA Olio su tavolacm 48 x 35 Madrid, Museo del Prado
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Il gruppo maggiore dei dipin9 di Bosch si trova in Spagna, dove la sua arte ambigua e fantasmagorica affascinò i Reali, tra cui Filippo II: l’opera del pi:ore fiammingo appariva come “l’illustrazione della varietà del mondo”. Ma fu solo nel XX secolo che ar9s9 del calibro di Salvador Dalì e Max Ernst si sen9rono “novelli Bosch”, colpi9 com’erano da un’arte intesa come rivelazione di mondi interiori e segre9. In realtà nessuno dei quadri di Bosch è datato, e solo ven9 portano la sua firma. Tu:avia, fu un pi:ore molto prolifico che lavorò molto con opere su tela e con i triIci. Il tribco, molto in voga nel Medioevo, è un polibco
composto da tre elemen9, la tavola centrale e i due sportelli laterali, che risultano talvolta chiudibili sul pannello centrale.
”Come un carro di fieno è la vita: ognuno arraffa quello che può”. Così ammonisce un an9co proverbio fiammingo. La tavola centrale del Tri;co
del fieno, sulla quale -‐ in basso a destra -‐ compare la firma del maestro in cara:eri go9ci, è occupata dalla scena che dà il nome all’intero tribco: Il carro di fieno. Al di so:o di un’enorme nuvola da cui si affaccia la figura di Cristo, si estende il mondo rappresentato dallo splendido paesaggio sullo sfondo e simboleggiato dal monumentale carro di fieno intorno a cui si rincorre una ridda di piccoli personaggi che si spintonano, si picchiano e addiri:ura si ammazzano pur d’impossessarsi di
una manciata di quel fieno. Fra9, biografi, filosofi e pensatori parlano spesso nel corso del ‘500 e del ‘600 di «un carro di fieno sul quale è seduto un sa>ro chiamato “AGrazione ingannevole” e, dietro, ogni specie di gente che arraffa il fieno quali usurai, cassieri, mercan>, poiché il guadagno terrestre è simile al fieno». Nell’opera di Bosch a giocare il ruolo di “a:razione ingannevole” è proprio la musica, simbolo di perdizione, come dimostrano non solo la presenza del d e m o n e c h e suona il proprio lungo naso, ma anche la coppia d i a m a n 9 n a s c o s 9 n e l cespuglio, oltre alla cive:a e alla brocca, entrambi simboli del male. Tu:avia, qualche speranza ancora
c’è, se sulla sinistra troviamo un angelo in preghiera a cui, però, nessuno sembra rivolgere lo sguardo. È l’uomo che deve saper scegliere fra il bene e il male seguendo l’insegnamento del Cristo.
IL TRITTICO DEL FIENO Olio su tavola - 1516cm 135 x 200 Madrid, Museo del Prado
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Certo le scene che si ar9colano intorno al grande carro non offrono spazio per credere nella redenzione del mondo. I poten9, sulla s in istra, s iano ess i re, principi, vescovi o papi, hanno già deciso che la loro vita sarà votata a seguire il carro. Il fa:o è che non si avvedono che a trainarlo sono una masnada di esseri immondi che non potranno che trascinarlo nel baratro. Ma poco importa. Sono tub a:rab da l l e cose de l m o n d o , t a n t o c h e vengono travol9 dalle
ruote del carro. Del resto, anche le figure in primo piano non riescono a estraniarsi
dalle cose del mondo, tu:e intente a me:ere da parte quel po’ di fieno che sono riuscite ad arraffare. Non importa che si trab di suore.
Qui si riaccende la polemica an9clericale del maestro che non sopporta che proprio coloro che predicano il distacco dalle ricchezze e dai piaceri della carne siano invece i primi ad affondarvi le mani come
fa il frate rubicondo che beve il vino o la monaca che cede alle lusinghe del suonatore di c o r n am u s a , c o n p a l e s e riferimento sessuale. Pochi riusciranno a salvarsi seguendo il carro di fieno. Non certo l’uomo che sta sgozzando un viandante per rapinarlo della sua borsa, o l’orco
pedofilo che adesca un bimbo per farlo a pezzi come quelli che ha già nel sacco. L’umanità è intrisa di orrore, il Cristo che osserva dall’alto è solo uno spe:atore impotente.
«Ecco che io vi maciullerò sul posto / come maciulla un carro /
carico di fieno, sicché la fuga scomparirà dall’uomo agile, / il forte non potrà dispiegare la sua forza, / il guerriero non salverà la sua vita».
Amos (2, 13-14)
IL TRITTICO DEL FIENO Olio su tavola - 1516cm 135 x 200 Madrid, Museo del Prado
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Sulla superficie esterna delle ante laterali del Tribco del fieno, Bosch ha dipinto un’unica scena generalmente conosciuta con il 9tolo de Il cammino della vita. Il conce:o su cui intende ba:ere il maestro fiammingo è quello moraleggiante del pellegrino che, lasciata la via maestra, rischia d’imba:ersi nei più grandi pericoli del peccatore.
Non per nulla, sullo sfondo, si possono individuare un gruppe:o di brigan9 da strada che legano il malcapitato di turno a un albero e lo spogliano di tub i suoi averi, evidente metafora dei beni spirituali che Dio assicura a ogni uomo. L’altra insidia che il maestro r a p p r e s e n t a è c o s 9 t u i t a dall’abbandonarsi ai piaceri della carne, come mostra la coppia che danza al suono della cornamusa
nella quale soffia il pastore seduto so:o l’albero di destra.È nota, infab, la contrapposizione -‐ nella teoria musicale di allora -‐ fra strumen9 a fiato e strumen9 a corda, dove i primi avevano generalmente una connotazione nega9va, piena di implicazioni di cara:ere sessuale. Si spiega in questo modo il mo9vo per cui Bosch abbia voluto evidenziare così chiaramente il percorso della strada che, almeno nel tra:o rappresentato, risulta essere insolitamente dri:a per essere un vio:olo di campagna. Ancora una volta, perciò, nonostante la leggiadria del paesaggio, Bosch non può fare a meno di connotare l’ambiente con precisi simboli di morte, metafora del peccato: so:o le belle apparenze si cela il male, rappresentato dai res9 dell’asino in primo piano su cui si avventano il corvo e la gazza e dalla forca sulla collina, cui corrisponde un ingannevole palo della cuccagna.
Bisogna perciò camminare nella luce di Dio per poter superare la prova del giudizio finale a cui sicuramente allude il ponte in primo piano verso cui il viandante si avvia. È tra l’altro san Gregorio Magno che ci offre nei suoi Dialoghi una descrizione di quel che accadeva alle anime dell’aldilà so:oposte a questo terribile esame. Egli, infab, scrive: «TuGavia, sul ponte si doveva sostenere la prova; se una persona non giusta voleva aGraversarlo, precipitava nel fiume nero e maleodorante, mentre i gius>, ai quali nessuna colpa faceva da ostacolo nella via, muovevano passi sicuri e agevoli verso una condizione di gioia». È forse questo il miglior commento all’opera di Bosch.
IL TRITTICO DEL FIENO Olio su tavola - 1516cm 135 x 200 Madrid, Museo del Prado
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La strepitosa fantasia di Bosch e la sua crea9vità visionaria trovano la loro più alta espressione nel grande tribco noto come Il Giardino delle delizie. L’opera è un
incredibile campionario di invenzioni fantas9che, di esperienze emo9ve che pone, gli uni accanto agli altri, dolcissimi nudi femminili e assurde macchine diaboliche, teneri animaleb e corpi orrendi di belve, alterazioni mostruose e splendidi scorci di paesaggi. Come sempre, i significa9 simbolici esprimono una cri9ca e una dura condanna allo sfrenato ero9smo e alla lussuria. Nel pannello centrale è raffigurata l’umanità prigioniera dei vizi: qui
uomini e donne nudi, insieme a una serie incredibile di animali, in uno scenario fantas9co, alludono ai pecca9 negli a:eggiamen9 e nei ges9. I frub sono ciliegie, more o fragole, tub simboli di lussuria; gli animali sono il cinghiale, che simboleggia il demonio, oppure esseri mostruosi come il grifone; gli uomini e le donne che si abbracciano finiscono per fare ges9 osceni, oppure svelano la loro voglia di sesso infilandosi addiri:ura dentro le valve di una conchiglia che allude alla matrice femminile. Sull’anta di sinistra è raffigurata la creazione di Eva come origine del peccato, con il Creatore tra Adamo seduto a terra ed Eva in ginocchio, in mezzo a un immaginario giardino popolato da animali fantas9ci e reali.Sull’anta di destra è illustrato l’inferno come punizione
dei pecca9, con i demoni raffigura9 in forme mostruose di animali che sembrano na9 da incubi spaventosi, che tormentano e divorano
uomini e donne in uno scenario da tragedia.
Olio su tavola - 1510cm 220 x 389 Madrid, Museo del PradoIL TRITTICO DELLE DELIZIE
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Sulla superficie interna dell’anta destra del Tribco delle delizie Bosch ha dipinto quello che tradizionalmente viene de:o L’inferno musicale. La denominazione, come è facilmente intuibile, dipende dalla presenza di una serie di enormi strumen9 musicali che si trasformano in altre:an9 pa9boli per danna9. È chiaro che il maestro considera in questo caso la musica come occasione di lascivia e di perversione, proprio come aveva fa:o nel Tribco del fieno.In par9colare, poi, il liuto, la bombarda e l’alphorn alludono al sesso maschile, come ben illustra quella figura che fa un uso a dir poco improprio del flauto dolce. La lira, invece, rimanda all’idea di gius9zia divina, essendo lo strumento cara:eris9co di re Davide, mentre la ghironda altro non è se non la metafora della cecità degli uomini che cadono inevitabilmente nel baratro del peccato.In questo senso si spiegano le orecchie trafi:e e
t a g l i a t e , s i m b o l o dell’altra degradazione morale che affligge l’uomo: l’incapacità di ascoltare la parola di Dio. Sorda è l’umanità che sa sen9re solo la musica del vizio, mentre la le:era "M” go9ca inc i sa su l co l te l lo , piu:osto che essere l ’ i n i z i a l e d i p i:o r i
fiamminghi, potrebbe più ragionevolmente alludere alla enigma9ca “M” che descrive Dante al termine d e l c e l e b r e p a s s o
«Diligite_ius99am_qui_iudica9s_terram»: l’episodio dantesco si riferisce alla gius9zia divina e qui il coltello ha sicuramente funzione puni9va, come del resto nell’altra scena dove alcuni cani sbranano un dannato. Al centro campeggia una figura a forma di uovo, aperto sul fondo, poggiato su gambe-‐alberi che poggiano su due barche. Il volto che pare guardarci sembra un autoritra:o di Bosch, la sua firma come autore e come peccatore. E nell’uovo vediamo svolgersi la vita quo9diana rappresentata da commensali, uno seduto su una rana mentre sul disco che copre la testa passeggiano strani personaggi a:orno a una cornamusa, simbolo fallico e quindi ero9co. Quanto rappresentato sembra essere l’immagine di ciò che “risuona” nella testa del pi:ore: immagini visive, ma anche un mondo di suoni e di mostri di cui ci sembra di sen9re le urla e le risate.
IL TRITTICO DELLE DELIZIEOlio su tavola - 1510cm 220 x 389 Madrid, Museo del Prado
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Considerata dalla cri9ca l’ul9ma opera realizzata dal grande fiammingo, il Cristo portacroce o Salita al Calvario di Gand si pone anche come punto d’arrivo di un processo crea9vo che tendeva sempre più a restringere il campo visivo intorno alla figura del Cristo portatore di croce.
Qui, ormai, della croce non c’è quasi più traccia: essa è rido:a a un solo asse di legno il cui compito composi9vo è quello di creare un’evidente ro:ura spaziale fra la folla compressa delle teste, in modo da rendere immediatamente individuabile il volto di Cristo. Tu:o intorno, il tragico carosello dei visi degli aguzzini, coi loro profili deformi, le loro espressioni beffarde, i ghigni satanici. Bosch sembra abbandonare il suo repertorio di demoni dai vol9 e dai corpi mostruosi, per rappresentare il Male con i vol9 degli uomini, carichi di una bru:ezza verosimile. I personaggi nega9vi sono rappresenta9 nelle loro deformità caricaturali e nelle loro espressioni non più demoniache ma tragicamente umane. Il Maestro fiammingo ado:a la soluzione dello spazio “pieno”, dove è bandito qualsiasi elemento prospebco perché esso è occupato esclusivamente dai vol9 di personaggi L’esasperazione delle fisionomie che troviamo nell’opera di Bosch, può avere un riscontro negli studi di Leonardo da Vinci.
Ma, in realtà, quest’opera di Bosch, per la quale non è eccessivo usare il termine capolavoro, è il dis9llato della grande arte e della sensibilità interiore del maestro. Con assoluta povertà di mezzi, infab, l’ar9sta riesce a esprimere quel conce:o rela9vo al dilagare del male nel mondo che ha informato pra9camente tu:a la sua vasta produzione pi:orica. Per questo, se anche lo spunto può esser stata la parola del Salmista («Mi ha circondato / una mol>tudine di cani, / una torma di selvaggi m’ha aggredito: / hanno forato le mie mani e i miei piedi»; Salmo XXII, 17), l’opera di Bosch non può certo venir considerata una semplice illustrazione del passo biblico. Si tra:a, invece, quasi del testamento spirituale del maestro, dove un sogge:o ripetuto cen9naia e cen9naia di volte nell’arte occidentale viene riproposto con una modernità assoluta.Il Cristo si trova pra9camente al centro geometrico della tavola e la presenza del legno della croce obbliga lo sguardo a incontrarne il volto inesorabilmente. Più in basso, a sinistra (ossia alla destra del Cristo), troviamo il profilo della Veronica che sovrasta il sacro telo su cui si è impressa l’immagine del Salvatore. A destra, invece, sulla stessa linea (alla sinistra del Cristo) un gruppo di sgherri rappresentano l’abisso del male.Le loro fisionomie ricordano cer9 tra:a9 di fisiognomica che spiegano: «Quelli che hanno occhi grandi e sporgen> e una bruGa configurazione, sono invidiosi, sfronta> e indocili [...]. Quelli che hanno occhi d’asino sono folli [...]. Un lungo naso che pende sulla bocca significa furfanteria» (da un tra:ato di fisiognomica della metà del XIV secolo). Le loro facce sono l’immagine dei pecca9 del mondo.Per questo lì accanto sve:a l’inquietante profilo del cappello mongolo indossato da un uomo il cui volto è immerso nell’ombra: forse il diavolo in persona. Siamo in fondo all’inferno. Ma se si sale con lo sguardo più in alto, troviamo la testa del buon ladrone che si confessa, anche se il frate è peggio del demonio stesso. Bosch non rinuncia alla sua invebva contro il clero corro:o per ribadire una volta di più che l’unica speranza per salvarsi è pregare il Cristo, dire:amente, magari contemplando il suo ul9mo dipinto.
CRISTO PORTACROCEOlio su tavola - 1515cm 76,5 x 86,5 Gand, Musée des Beaux-Arts