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Lezione 6 Introduzione 43 La teologia spirituale, come abbiamo potuto constatare finora, ha una valenza specificata- mente ecclesiale, nel senso che l’esperienza spirituale cristiana, di cui essa si occupa, trova una piena comprensione soltanto nell’ambito della vita di santità dei membri del Corpo Mistico di Cristo, cioè la Chiesa. Ora, un ambito eminente nel quale si manifesta l’ecclesi- alità dell’esperienza cristiana è proprio la direzione spirituale (DS): per questo motivo, è importante che soprattutto religiosi e sacerdoti abbiano dimestichezza con questa pratica, in quanto dovrebbero essere gli esperti delle “vie dello spirito”, e quindi essere guide sicu- re per gli altri. Affrontiamo perciò quest’importante tematica. M. COSTA, Direzione spirituale e discernimento. Edizioni ADP, Roma 1996 3 ; AA.VV., Mistagogia e direzione spirituale. Pon 43 - tificio Istituto di Spiritualità del Teresianum – Edizioni O.R., Milano 1985; W.-A. BARRY – W.-J. CONNOLLY, Pratica della direzione spirituale. Edizioni O.R., Milano 1990.; R. FARICY - L. PECORAIO, Preghiera contemplativa e direzione spirituale. Manuale per un uso pratico. Bologna 2010. Fr. Roberto Fusco FFB Corso di Teologia Spirituale 64 Direzione spirituale, direttore, diretto, accompagnamento, confessione, psicote- rapia. Keywords La lezione tratta dell’importanza della direzione spirituale nella vita cristiana; si individuano gli ambiti di applica- zione di essa, e si sottolineano le differenze tra direzione spirituale e sacramento della riconciliazione, e essa e psi- coterapia. Si spiegano inoltre quali devono essere le caratteristiche di colui che dirige e di colui che è diretto. Sommario

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Lezione 6

Introduzione 43

La teologia spirituale, come abbiamo potuto constatare finora, ha una valenza specificata-mente ecclesiale, nel senso che l’esperienza spirituale cristiana, di cui essa si occupa, trova una piena comprensione soltanto nell’ambito della vita di santità dei membri del Corpo Mistico di Cristo, cioè la Chiesa. Ora, un ambito eminente nel quale si manifesta l’ecclesi-alità dell’esperienza cristiana è proprio la direzione spirituale (DS): per questo motivo, è importante che soprattutto religiosi e sacerdoti abbiano dimestichezza con questa pratica, in quanto dovrebbero essere gli esperti delle “vie dello spirito”, e quindi essere guide sicu-re per gli altri. Affrontiamo perciò quest’importante tematica.

M. COSTA, Direzione spirituale e discernimento. Edizioni ADP, Roma 19963; AA.VV., Mistagogia e direzione spirituale. Pon43 -tificio Istituto di Spiritualità del Teresianum – Edizioni O.R., Milano 1985; W.-A. BARRY – W.-J. CONNOLLY, Pratica della direzione spirituale. Edizioni O.R., Milano 1990.; R. FARICY - L. PECORAIO, Preghiera contemplativa e direzione spirituale. Manuale per un uso pratico. Bologna 2010. F r. R o b e r t o F u s c o F F B C o r s o d i Te o l o g i a S p i r i t u a l e

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Direzione spirituale, direttore, diretto, accompagnamento, confessione, psicote-

rapia.

Keywords

La lezione tratta dell’importanza della direzione spirituale nella vita cristiana; si individuano gli ambiti di applica-zione di essa, e si sottolineano le differenze tra direzione spirituale e sacramento della riconciliazione, e essa e psi-coterapia. Si spiegano inoltre quali devono essere le caratteristiche di colui che dirige e di colui che è diretto.

Sommario

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Approccio generale e intenti fondamentali

In linea generale, possiamo dare alcuni accenni introduttivi per comprendere qual è il si-gnificato della DS. Anzitutto, il temine che meglio spiega questa realtà è quello di aiuto.

Tale espressione, infatti, rende bene il carattere di servizio che essa assicura alla Chiesa: in effetti, in questo rapporto c’è chi aiuta e chi è aiutato. Del resto, questo termine esprime bene anche il tipo di aiuto che la DS offre: attraverso questa esperienza il credente è messo in condizione di vivere meglio la propria fede, e questo perché la DS contribuisce a miglio-rare la qualità del rapporto che intercorre tra Dio e il credente stesso. Inoltre, l’aiuto è dato anche e soprattutto dalla mediazione di colui che, per mezzo di essa, offre all’aiutato la propria esperienza di vita cristiana, in una perenne relazione tra essa e l’esperienza di fede della Chiesa stessa. Questo aiuto è finalizzato ad un obiettivo ben preciso: la DS, per sua natura, è “nata per finire”, nel senso che essa deve aiutare la persona a giungere ad una pienezza di autonomia (non di indipendenza!), intesa come capacità di percepire di fronte a Dio di essere un soggetto personale e non anonimo, capace di scelte evangeliche mature e costruttive per sé e per gli altri. Infine, la DS ha un'altra importante funzione di aiuto, cioè quella di far crescere i credenti nella consapevolezza che la propria risposta di fede personale comporta sempre una conseguenza a livello comunitario ed ecclesiale: prendere coscienza di questa realtà è assolutamente importante, se si vuole davvero vivere un’espe-rienza spirituale autentica.

Detto questo, possiamo dare una prima definizione di DS: essa è un ministero di aiuto pre-stato comunitariamente o individualmente, a nome della chiesa e nella forza dello Spirito Santo, a chi vuole progredire nella vita di fede, speranza e carità, per assimilarsi totalmen-te al Cristo, e per questo chiede consiglio e sostegno. In genere, anche se le due accezioni sono entrambe autentiche, noi faremo riferimento soprattutto al secondo tipo, cioè quello individuale. Possiamo, a questo punto, individuare le funzioni della DS restringendole a tre:

1. Illuminazione della mente;

2. Rinvigorimento della volontà;

3. Sostegno nelle prove della vita.

Per quanto riguarda 1), essa si ha sia a livello generale che a livello particolare. A livello generale, la DS serve ad illuminare la mente per far sì che la persona scopra la santità F r. R o b e r t o F u s c o F F B C o r s o d i Te o l o g i a S p i r i t u a l e

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come valore sommo dell’esistenza, per mezzo della testimonianza e della parola; a livello particolare invece, essa serve a fare discernimento su quale sia la via particolare di santità che Dio ha destinato al singolo, e le vie per attuarla.

A questo primo aspetto, è strettamente collegato 2): infatti, una volta compresa l’importa-nza della santità, sia in generale e soprattutto per sé, è importante irrobustire la volontà per far si che la persona si decida con impegno e perseveranza a raggiungerla. Bisogna ri-cordare anche 3), cioè che la DS serve a prestare conforto spirituale, quando ce n’è la ne-cessità; si deve però ricordare che esso ha senso solo a patto che non diventi l’unico scopo della DS, perché altrimenti essa diviene inutile. Inoltre, questa consolazione deve essere solo ed esclusivamente spirituale, cioè non deve tanto mirare a dare una sicurezza psico-logica (soprattutto in temperamenti psicologicamente fragili), quanto una sicura via di Se-quela Christi.

La DS: fraintendimenti e corrette interpretazioni

È necessario chiarire le idee riguardanti la DS, perché il rischio di fraintendere il suo reale significato è tutt’altro che raro. Quali sono i rischi più comuni in cui s’incorre? Anzitutto, perché la DS porti frutto, non basta il desiderio di essere liberati da un problema immedia-to, ma ci vuole una volontà concreta di cambiamento. In maniera ancora più pratica, si deve evitare di trasformare la DS:

• In domanda di sicurezza al posto della domanda di fedeltà. Ciò avviene quan-do si cerca di delegare agli altri le decisioni che implicano l’uso della propria responsabilità, cercando semplicemente di eseguire degli ordini;

• In domanda di dipendenza al posto della domanda di responsabilità. Ciò av-viene quando si cercano risposte e soluzioni immediate che dispensino in qualche modo la ricerca laboriosa e difficile della volontà di Dio;

• In domanda di garanzie al posto della domanda di coraggio. È il caso di coloro che cercano assicurazioni e certezze al posto di un aiuto per divenire più forti e disposti ad affrontare il futuro;

• In domanda di curiosità al posto della domanda di cambiamento. È il rischio che si corre quando si vuole aiuto con il solo scopo di scoprire le proprie pre-sunte interiorità, senza una reale volontà di cambiamento.

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Una volta sgombrato il campo da tutti gli eventuali equivoci riguardanti la reale funzione della DS, siamo in grado, a questo punto, di delineare le sue finalità: essa propone un pro-gramma di sostegno integrale della persona che abbracci sia la dimensione religiosa in senso stretto, che quella psicologica. In maniera più precisa, si può dire che la DS agisce su tre ambiti, di cui due d’indole religiosa, e uno di indole psicologica. Il primo riguarda la maturità religiosa di base; il secondo concerne la maturità religiosa particolare, determina-ta dalla vocazione particolare di ognuno. Il terzo registro, infine, riguarda la maturità psi-cologica, considerata come un ambito strettamente legato alla realtà spirituale del singolo; in questo senso, la DS mira a condurre la persona ad un equilibrio, risultante dalla presen-za contemporanea di diversi fattori: sicurezza nell’affrontare la vita, ampiezza d’interessi e di impegni, disposizione al realismo, acquisizione di valori forti, capacità di partecipazio-ne alla vita sociale, capacità di comunione e di riservatezza, disposizione alla compassio-ne.

Originalità della DS

È necessario ora capire quale sia la specificità della DS nei confronti di altri tipi di aiuto simili a essa, ma non eguali, che presuppongono un colloquio individuale. Ci occuperemo perciò di dare risalto soprattutto alla differenza che intercorre tra la DS e il sacramento del-la riconciliazione e tra la prima e la psicoterapia. Però, prima di passare a queste distinzio-ni, è necessario operare una differenziazione importante. Quando si parla di DS personale, bisogna considerare la distinzione tra foro esterno e foro interno; tale distinzione è impor-tante in quanto, soprattutto nella pratica, avere chiara questa distinzione può evitare molti fraintendimenti e problemi.

1. Foro esterno: rendiconto o colloquio con il superiore (in caso di religiosi) o dialogo pa-storale (con laici o qualsiasi cristiano che richiede una forma sporadica di aiuto spiri-tuale),

2. Foro interno: può essere:

2.1. Sacramentale: è l’ambito della confessione.

2.2. Extrasacramentale: DS al di fuori della confessione, o che potrebbe concludersi con l’assoluzione.

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SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE

DIREZIONE SPIRITUALE

Essa richiede sempre il ministro ordinato Essa non richiede il ministero ordinato

Riguarda soprattutto la purificazione dal peccato

Riguarda soprattutto l’illuminazione e l’unione

Il sacramento agisce, in maniera oggettiva, indipendentemente dalle disposizioni del ministro ordinato;

Le disposizioni soggettive e le qualità di colui che dà la DS sono fondamentali

Non è necessario che il fedele esplichi il suo stato interiore per un eventuale discernimento, basta l’accusa dei peccati.

E’ necessario che il fedele si apra più possibile, manifestando pensieri e moti del cuore per comprendere la volontà di Dio.

Differenze tra...

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PSICOTERAPIA DIREZIONE SPIRITUALE

Lo psicoterapeuta agisce in nome proprio e in forza della scienza

Il padre spirituale opera e agisce in nome della chiesa

Essa persegue la sanità psichica, ossia la liberazione dai travagli nevrotici

Essa persegue la crescita nella fede, speranza e carità per la giungere alla pienezza della vita in Cristo

Si appella alla volontà del malato di guarire

Si appella all’azione della grazia e delle tendenze spirituali del soggetto

Mira a dare al soggetto la capacità di gestire di forze e tendenze, anche aberranti

Libera il soggetto dai vizi e da ciò che non permette alla grazia di lavorare nel soggetto

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L’oggetto della direzione spirituale

Potremmo chiederci quale sia l’oggetto specifico della DS: in altri termini, quali sono gli argomenti specifici che si trattano in essa? Anzitutto, non si deve dimenticare che l’inizio di un rapporto di DS può essere determinato da diversi motivi. Alcuni potrebbero essere:

1. Richiesta di aiuto nel risolvere un problema ben definito e circostanziato nella propria vita;

2. Aiuto per un discernimento per scegliere il proprio stato di vita;

3. Richiesta di accompagnamento generico per le strade dello spirito, ecc.

In ogni caso, quali che siano i motivi che spingono le persone a chiedere l’accompagname-nto spirituale, dobbiamo ricordare, in qualità di direttori, un fatto fondamentale: il centro del nostro rapporto con le persone è la loro relazione con l’unico Maestro. L’accompagna-tore spirituale è semplicemente un mediatore, che aiuta la persona a diventare consapevo-le dell’opera che Dio sta compiendo in lui. Mai sostituirsi alla persona stessa, o decidere per lei! Dunque, un ambito nel quale il nostro apporto deve essere qualificato è anzitutto aiutare la persona ad avere con Gesù Cristo un rapporto personale e amicale. Come può avvenire ciò? È fondamentale aiutare le persone a imparare a pregare: come abbiamo visto, è lì che il rapporto con il Maestro cresce o decresce. Dunque, un intervento sistematico e mirato a far crescere le persone nel loro cammino di preghiera è il primo compito del diret-tore spirituale. 44

Qualità del padre spirituale

Nella Chiesa non esiste un servizio o un’organizzazione pubblica di direttori spirituali: la maggior parte dei più grandi direttori spirituali della storia della Chiesa – quali, ad esem-pio santa Caterina da Siena o sant’Ignazio di Loyola – non hanno mai ricevuto un incarico ufficiale da parte di nessuna autorità. In genere, è la comunità cristiana che scopre direttori

Per cominciare, sarebbe sempre utile, per il direttore spirituale, porre tre domande che possano aiutarlo a capire come 44

prega la persona che dirige. Questo è un ottimo punto d’inizio, per capire la reale qualità del suo rapporto con Dio. Le tre domande potrebbero essere:

1. Quando preghi, per quanto tempo lo fai e dove?

2. Cosa fai quando preghi?

3. Come ti senti durante e dopo la preghiera? F r. R o b e r t o F u s c o F F B C o r s o d i Te o l o g i a S p i r i t u a l e

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spirituali validi, e in genere essi non si fanno avanti prima che venga richiesto il loro inter-vento. Comunque, il fatto che i sacerdoti e i religiosi siano in qualche modo identificati con dei leaders in campo spirituale possono far sì che essi vengano richiesti come direttori spi-rituali, per cui è necessario conoscere quali devono essere le qualità di un buon direttore spirituale.

Si deve infatti ricordare che il direttore spirituale è, per sua natura, un educatore, e deve esserlo anche ad alto livello. Egli deve quindi essere il tipico modello di persona integrata, matura e ricca di risorse umane e spirituali, in grado di comunicare con gli altri per agevo-larne il cammino spirituale; per cui, affinché la DS sia proficua, è necessario che ci siano, nel direttore spirituale, alcune condizioni imprescindibili.

Maturità umana e santità di vita

Questa prima condizione è indispensabile: infatti, un direttore spirituale non può aiutare un fratello ad accettarsi, a vivere con equilibrio la propria vocazione (qualsiasi essa sia), ad accettare le contrarietà della vita e ad avere una visione adulta della realtà se prima non ha fatto questo lavoro su se stesso. I Padri dicevano: «Si sanctus es, ora pro nobis; si prudens, dirige nos»; si può comprendere infatti i danni che può provocare un direttore spirituale non equilibrato. Egli dunque deve essere capace di improntare dei rapporti interpersonali improntati alla comprensione, alla tolleranza, e alla bontà. Si deve ricordare che questo dato, assieme alla santità di vita, è assolutamente fondamentale in quanto è inevitabile tra-smettere al diretto il proprio stato d’animo, con le proprie sicurezze o insicurezze, o la for-za della propria motivazione di fede, con il proprio impegno o la propria mediocrità.

Per questo, strettamente legata alla maturità vi è la santità di vita: non si può chiedere agli altri di fare ciò che non abbiamo ancora iniziato a fare noi; la mancanza di santità rende impossibile la pratica delle virtù necessarie all’esercizio del mandato. Chiaramente, non si richiede che il direttore spirituale sia un santo in senso stretto, ma almeno che sia seria-mente e realmente impegnato in un cammino di conversione personale e di santificazione personale. Dunque, il direttore dovrebbe essere quello che la tradizione chiama “uomo di Dio”: è ciò che si diventa mediante un cammino serio di preghiera e di vita evangelica.

Scienza

Il direttore spirituale deve avere almeno una conoscenza di base dei meccanismi spirituali e psicologici, per evitare di fare confusione tra uno stato di natura spirituale ed uno di na-

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tura psicologica. Inoltre, come abbiamo già detto, egli agisce in nome della chiesa, per cui dovrebbe far leva sul sapere che la chiesa ha accumulato nel corso della sua plurisecolare esperienza; il direttore deve anche conoscere in profondità quei valori forti e perenni della fede che deve far interiorizzare ai suoi diretti, per cui deve disporre di una solida cultura teologica.

Dovrebbe, oltretutto, conoscere e familiarizzare con i metodi di perfezione maturati nel corso della storia della chiesa e della spiritualità; il pericolo, in mancanza di questa cono-scenza, è quello di fare ricorso alla propria personale esperienza, che per quanto possa es-sere ricca, è sempre limitata, per cui si corre il rischio di creare delle persone ad immagine e somiglianza propria, invece che di Dio.

Esperienza

Quello che è veramente importante nella DS è l’esperienza: essa, infatti, al di là della ma-turità e santità di vita, al di là della scienza, è soprattutto un’arte, che si acquista con un lungo esercizio d’intelligenza e spirito critico; essa si impara a poco a poco, con pazienza e umiltà, tenendo presenti sia gli eventuali successi che gli eventuali fallimenti. D’altro can-to, però, questo non deve scoraggiare: una volta acquisiti i requisiti di base, è giusto co-minciare, senza timore: l’esperienza arriverà con il tempo; eventualmente nei casi dubbi, si può consultare un direttore spirituale già sperimentato.

Capacità di guida

Con questo nome, facciamo riferimento a una serie di atteggiamenti necessari a una profi-cua DS. Anzitutto, il senso di paternità. Per essere capaci di guidare una persona è neces-sario il senso di paternità, che si manifesta attraverso la benevolenza, la dedizione e la dol-cezza. Il soggetto deve capire che si sta lavorando per il suo bene. D’altro canto, bisogna evitare le esagerazioni: eccessiva benevolenza (che comporta colloqui tropo lunghi e fre-quenti) può provocare ricerca di consolazione e lusinga.

Inoltre, è necessaria la discrezione e la pazienza. Il direttore cioè deve adattare i consigli e le esortazioni alle condizioni del soggetto, alla sua capacità d’iniziativa e di risposta. Molte volte può giungere lo scoraggiamento nel diretto, e sta al direttore comunicare la pazienza necessaria per andare avanti. Spesso, è anche necessaria la fermezza. Se da un lato non si può chiedere troppo, dall’altro bisogna stare attenti a no chiedere troppo poco; quando il

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diretto si mostra riluttante di fronte a certi sacrifici o scelte necessarie, bisogna essere decisi nello spingerlo al bene.

Un altro aspetto importante è dato dalla rettitudine di coscienza. Il direttore di coscienza deve guidare il soggetto solo ed esclusivamente per la gloria di Dio e per la sua santifica-zione; bisogna vigilare da quel sentimento di gelosia e possessivismo che si maschera da affetto spirituale, e che può degenerare in atti e gesti suscitati non da amore spirituale, ma da vera e propria concupiscenza. Infine, la praticità. Un buon direttore spirituale sa che ci vuole una direzione appropriata e progressiva; dice solo ciò che è necessario, e non si stan-ca di ripeterlo fin che serve; inoltre sa adattare i consigli alla peculiarità dei singoli sogget-ti.

Infine, per essere un buon direttore spirituale, si deve sviluppare un sano senso di ascolto attivo. Ciò significa, anzitutto, avere la capacità di regalare tempo alle persone, ai loro pro-blemi, ma anche alla loro volontà di crescere nella fede. L’ascolto empatico è qualcosa che s’impara soprattutto con l'esperienza e con la preghiera, e rende capaci di cogliere tutti i messaggi che la persona sta dando durante il colloquio: sia quelli verbali, che quelli non espressi verbalmente ma che, alla fine, sono altrettanto importanti dei primi.

Le qualità del soggetto

Accanto all’arte di dirigere, vi è quella non meno importante del farsi dirigere; se infatti è raro trovare dei bravi direttori spirituali, è ancora più raro trovare chi si lasci guidare. Per cui soffermiamoci ora su quali devono essere le qualità del soggetto che cerca la guida, perché essa sia più proficua possibile.

Rettitudine

Anzitutto, ciò che deve spingere la persona a cercare un padre spirituale è solo l’intenzione e la volontà ferma di diventare più santi di quello che si è; l’accompagnamento spirituale in realtà non può essere considerata solo una forma di amicizia, perché se essa ne facilita l’inizio, poi ne ostacola la profondità. Si deve altresì ricordare che il rapporto direttore/di-retto non è un rapporto alla pari; il direttore è colui che ha la situazione sotto controllo, ed è lui che detta le regole. Non è disponibile per ogni tipo di richiesta, ma solo per quelle che fanno davvero crescere; non si deve quindi cercare tanto un amico, quanto qualcuno che possa dare un’opportunità di crescita, in quanto in questo caso l’amicizia può facilmente

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scadere in un semplice incontro di confidenze reciproche su argomenti di nessuna impor-tanza.

La rettitudine quindi è fondamentale per riconoscere continuamente, nel direttore, una mediazione di Dio che deve essere accolta con gratitudine, ma anche con responsabilità e rispetto.

Concretezza

Non si deve presumere che la persona a cui si chiede l’aiuto debba essere necessariamente il maestro ideale; nessuno deve andare in cerca del veggente carismatico dotato di potere di divinazione: in genere, per consentirgli di consigliare ed orientare, è necessario che gli si esponga tutto il problema con sincerità. In ogni caso, si deve ricordare che egli non può decidere al proprio posto.

Sobrietà

In genere, perché la DS sia veramente utile, è necessario seguire queste due regole: non dire tutto ciò che passa per la testa, ma solo ciò che serve davvero per la propria crescita; inoltre è sempre meglio chiedere meno consigli e sforzarsi di mettere in pratica quello che si sono già avuti. Spesso accade che i soggetti che più parlano, sono quelli che meno obbe-discono; d’altro canto però, a volte è necessaria la pazienza, da parte del direttore, di ascol-tare anche lunghe confidenze, se ciò è di utilità per il diretto.

Umiltà

Per trarre vantaggio dalla DS ci vuole una grossa dose di umiltà, soprattutto quando l’orgoglio viene ferito e porta a pensare che il direttore non ha capito la nostra situazione, e forse è meglio cambiare… In genere si dovrebbe cercare non tanto la consolazione, quanto l’illuminazione interiore. Più umiltà c’è da parte d chi si fa dirigere, più frutti porta la dire-zione.

I momenti del rapporto spirituale

La scelta d’inizio

Il rapporto di DS inizia con la scelta del padre spirituale: essa, abbiamo detto, deve essere scelto non in base alla simpatia o alla presunta bravura, ma in base all’aiuto concreto che ci dà ad amare di più il Signore. È meglio non farsi ingannare dall’affinità di idee, di mentali-tà o sensibilità, la comune adesione ad medesimo indirizzo pastorale o teologico, perché se F r. R o b e r t o F u s c o F F B C o r s o d i Te o l o g i a S p i r i t u a l e

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possono aiutare all’inizio, possono poi divenire un pericolo, perché creano facilmente un atmosfera di plagio, o creare un clima di sufficienza o di tolleranza. In genere, quando la scelta è dettata da motivazioni rette, nasce un senso di filiale rispetto e affezione, che di-mostrano la consapevolezza di trovarsi di fronte ad una mediazione di Dio.

Il mantenimento

Se il rapporto è buono, vi sono necessariamente dei momenti difficili, che fanno compren-dere di essere di fronte a dei momenti di verità che bisogna affrontare, anche quando ci sono delle forti resistenze interiori; ci vuole, come abbiamo detto, molta umiltà e grande spirito di fede, in quanto non c’è direttore spirituale che, prima o poi, non causi una certa delusione, a causa anche dei suoi limiti. Ma questo non deve fermare, quanto deve sprona-re a fare meglio e a mettere in pratica ciò che già si è ricevuto.

L‘eventuale cambio

È necessario fare un grosso sforzo affinché il direttore spirituale non venga cambiato, fin-ché fa del bene; cambiarlo per motivi non spirituali è una sconfitta, cambiarlo perché le esigenze della direzione spirituali sono dure è una catastrofe. Il cambio però va fatto se vi è un disagio basato su un fondato motivo che impedisce l’apertura di coscienza. Lo stesso si deve fare se vi è incompatibilità di carattere o pochezza interiore della guida, oppure se ci si rende conto che la guida non può offrire un aiuto adeguato, oppure se tra direttore e diretto stanno impercettibilmente sorgendo attrattive troppo umane.

La perdita

Se si perde il proprio direttore spirituale, ci si deve anzitutto domandare se ciò è avvenuto per colpa propria; poi ci si deve dar da fare per cercare un’alternativa; se risulta difficile, non bisogna scoraggiarsi, pensando di aver perso tutto.

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