Harry Potter 8 capitolo 15

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1 CAPITOLO 15 TROVA TU IL TITOLO AL 15° CAPITOLO! Appena terminata la lettura vai nel forum e posta il tuo titolo “ideale” per questo capitolo, il titolo più gradito sarà usato per la pubblicazione ufficiale! L autunno si era ormai definitivamente so- stituito all’estate: nemmeno un angolo di azzurro in cielo, solo grossi nuvoloni neri pronti a sprizzare pioggia. Harry non sapeva bene cosa provare, considerato che i mormorii e i pre- vedibili commenti suscitati dalle dichiarazioni che aveva rilasciato si erano già affievoliti. L’eroismo di Piton era già argomento dimenticato, proba- bilmente perché nessuno voleva credere alla sua buona fede, essendo più facile avere qualcuno su cui scagliare accuse che fare i conti con la propria indifferenza. Era seduto accanto a Ron in Sala Grande e, nonostante tutte le prelibatezze posate sul tavolo davanti a lui, il suo sguardo vagava nel vuoto. Quella mattina la lezione di Erbologia era

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Nuovo capitolo di Harry Potter 8

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CAPITOLO 15

TROVA TU IL TITOLO AL 15° CAPITOLO!

Appena terminata la lettura vai nel forum e posta il tuo titolo “ideale” per questo capitolo, il titolo più gradito sarà

usato per la pubblicazione ufficiale!

Lautunno si era ormai definitivamente so-stituito all’estate: nemmeno un angolo di azzurro in cielo, solo grossi nuvoloni neri

pronti a sprizzare pioggia. Harry non sapeva bene cosa provare, considerato che i mormorii e i pre-vedibili commenti suscitati dalle dichiarazioni che aveva rilasciato si erano già affievoliti. L’eroismo di Piton era già argomento dimenticato, proba-bilmente perché nessuno voleva credere alla sua buona fede, essendo più facile avere qualcuno su cui scagliare accuse che fare i conti con la propria indifferenza. Era seduto accanto a Ron in Sala Grande e, nonostante tutte le prelibatezze posate sul tavolo davanti a lui, il suo sguardo vagava nel vuoto. Quella mattina la lezione di Erbologia era

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stata piuttosto noiosa: la professoressa Sprite non aveva fatto altro che parlare di una pianta esotica dal nome impronunciabile, della quale solo Nevil-le ed Hermione conoscevano l’esistenza.

Era passato quasi un mese dalle selezioni di Quidditch ed era da allora che Ginny lo evitava: aveva sempre qualcosa da fare e sembrava non avesse mai tempo o voglia di stare con lui, anche se Harry non riteneva di aver detto, né fatto, nien-te di sbagliato.

Anche adesso era lì, seduta in disparte a pran-zare con Hermione, e sembrava evitare il suo sguardo.

Le due erano intente a parlottare tra di loro. Harry non riusciva proprio a capire per quale mo-tivo passassero tutto quel tempo insieme.

«Senti, tu e Ginny non avete mai avuto proble-mi, ma ora vedo che non ve la cavate molto bene» gli sussurrò Ron, quasi gli avesse letto nella mente. «Io e Hermione ci siamo appena rimessi insieme, ma da qualche giorno lei non mi dedica nemme-no un attimo. Insomma, io vorrei passare un po’ di tempo con lei, da soli e ...» si bloccò imbarazzato.

Harry, di fronte all’espressione dell’amico, non riuscì a trattenersi e scoppiò in una gran risata atti-rando l’attenzione di diversi studenti.

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«Cosa avete voi due?» chiese Hermione, inter-rompendo la conversazione con Ginny.

«Niente, una battuta di Ron» mentì Harry.«Ma non avete di meglio da fare? Fossi in voi,

mi affretterei a finire, così poi abbiamo più tempo per ripassare le materie del pomeriggio!» sottoli-neò la ragazza, ben sapendo di aprire la bocca per nulla.

Ron scacciò quella prospettiva dalla mente. «Se non ci fossero i compiti, l’ultimo anno a Ho-gwarts sarebbe perfetto! Ci sono dei vantaggi ad essere veterani, no?» disse mentre sfilava un vas-soio di patate al forno dalle mani di un ragazzo del secondo anno, sedutogli accanto.

«Ci sono i M.A.G.O. quest’anno!» lo rimbeccò Hermione, requisendogli il vassoio per restituirlo all’impaurito e giovane studente con un sorriso.

«Grazie!» fece timidamente il ragazzo. «Ehm, ne vuoi?» chiese, poi, rivolto a Ron.

«No, grazie! Non ho fame ...» rispose lancian-dogli uno sguardo di fuoco, poi abbassò la voce e, rivolgendosi ad Harry, sibilò: «... e non ne avrò più fino a quando la Caposcuola non mi permette-rà di averne!».

«Mi sa che farai la fame per un pezzo, amico!» rise Harry.

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«E ti farebbe anche bene!» intervenne Ginny, continuando ad evitare lo sguardo di Harry.

«Sì, certo!» sospirò Hermione. «Ginny, forse è meglio che andiamo... e potrebbero venire anche loro: lo studio non ha mai ucciso nessuno!».

Le ragazze si alzarono e uscirono dalla Sala Grande; Ron le seguì controvoglia, ma non pri-ma di aver colpito di proposito la testa del ragaz-zo mandandola nel piatto colmo di patate. Harry, dopo aver rimediato un tovagliolo pulito dal tavo-lo, lo porse al giovane.

«Scusa, non è sempre così!» lo giustificò Harry.

«Grazie, Harry Potter!» disse, riuscendo a pren-dere il tovagliolo a tentoni per pulirsi la faccia.

«Occhi aperti!» lo salutò dandogli una pacca sulla schiena e raggiungendo Ron che lo aspettava sulla porta.

«Occhi aperti?» chiese stupito l’amico. «Che razza di saluto è?».

«Ehm... direi un saluto da Auror! Ricordi Mo-ody?» rispose Harry. «Vigilanza costante!».

Oltrepassata la Sala d’ingresso, Harry avvistò Hermione e Ginny a metà della scalinata di mar-mo con la professoressa Cooman; affrettarono il passo per raggiungerle.

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Quella che era stata la loro insegnante di Di-vinazione stava saldamente aggrappata al collo di Hermione e numerosi scialli erano sparsi sotto di lei su diversi scalini.

«Molte grazie, signorina Granger!» biascicò, tentando di tirarsi in piedi sulle gambe malferme.

Harry avvertì subito un forte odore di sherry.«Lo sapevo che, anche se si ha un cervello li-

mitato come il suo, una buona azione non la si può mancare... il suo Occhio Interiore è coperto da strati e strati di sciocchezze e frivolezze... ma, di certo, agisce ancora nel bene!».

«Grazie, professoressa!» rispose Hermione senza fiato, massaggiandosi il collo.

«Cosa ci fa così lontano dall’aula, professores-sa?» intervenne Ron, reggendola per un braccio per evitare ulteriori danni alla sua ragazza. «Le le-zioni pomeridiane stanno per ricominciare e... ».

«Al diavolo le lezioni, signor Weasley!» strillò la Cooman. «Il suo Occhio Interiore avrebbe do-vuto farle capire che qualcosa non va... o non le ho insegnato niente?».

«Be’, in effetti... » cominciò Ron, troncato su-bito da una gomitata di Hermione.

«Leggevo le carte e, improvvisamente, ho intra-visto ciò che nessun Veggente vorrebbe mai svelare»

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boccheggiò la Cooman e, prendendo fiato, con un ge-sto teatrale estrasse una carta dal mantello: l’Artiglio.

Era unta e stracciata e sopra vi era dipinta fine-mente una mano tenebrosa che si serrava come un artiglio che cerca di afferrare la preda.

«Che vuol dire... cioè, sono sicuro che sta a si-gnificare l’imminente morte di qualcuno!» disse Ron alzando gli occhi al cielo.

«Certo che no!» sbottò offesa la Cooman. «Ma il suo significato è altrettanto agghiacciante!».

«Cosa rappresenta?» chiese Harry, suo malgra-do incuriosito.

La professoressa lo prese per il bavero. Il fiato della Cooman, impregnato di Sherry, lo investì in pieno volto facendogli lacrimare gli occhi e ap-pannare gli occhiali.

«Uno studente è in grave pericolo! L’Artiglio, una volta estratto dal mazzo, è rovina per lo scia-gurato designato. Esso lo troverà e rinchiuderà nelle tenebre il suo prigioniero, celandolo agli occhi di coloro che lo amano!» la voce le venne meno e oscillò pericolosamente.

«Ridicolo!» sibilò Hermione. Ginny annuì comprensiva.

«Bene, giovani menti ottenebrate da un enor-mità di stupidaggini... » esclamò improvvisamen-

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te la Cooman, ignorando il commento di Hermio-ne «... ora è meglio che vada!». Fece per scendere qualche gradino ma i piedi le si impigliarono negli scialli.

«Serve una mano?» chiese divertito Ron, affer-randola per il gomito, evitandole così una doloro-sa caduta.

«Professoressa... non dovrebbe avvisare la Pre-side?» domandò preoccupato Harry.

«Ah... avvisare Minerva? Ah, ah, ah! Questa sì che è buona, Potter... » gridò isterica la Veggente tentando di districarsi dal groviglio di scialli colo-rati. Estraendo la bacchetta continuò: «Maledizio-ne! Non mi serve aiuto, Weasley, bada all’ultimo scalino invece!». Con un piccolo svolazzo della bacchetta si librò di qualche centimetro da terra e prese a scendere lentamente. Harry e gli altri la guardarono toccare terra e barcollare fino alla por-ta che conduceva verso i sotterranei.

«Secondo voi dove sta andando?» chiese Ron, guardando il bordo del mantello scomparire.

«Probabilmente in cucina a scolarsi qualcosa di fetido!» rispose Hermione.

Improvvisamente udirono un grido soffocato. Allarmato, Harry estrasse la Bacchetta.

«Ma cosa diav... » sbottò Ron.

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«Shhh! Ascoltate!» lo zittì Ginny, portandosi un dito alle labbra.

«Grazie, signor Malfoy!» la voce ansante della Cooman li raggiunse dalle segrete. «Il Destino me lo diceva che oggi molti giovani avrebbero trova-to l’occasione per riscattare i loro enormi sbagli del passato... una buona azione ne cancella una cattiva... ».

«Mi tolga subito le mani di dosso!» sentirono gridare Malfoy.

«Oh be’, penso che la professoressa non abbia più bisogno del nostro aiuto!» esclamò Ron alle-gro.

Ripresero a salire la scalinata.«Sapete una cosa?» chiese Ron gioviale. «Mi do-

mando perché la McGranitt non l’abbia ancora butta-ta fuor... » ma non riuscì a finire la frase che inciampò nell’ultimo gradino finendo lungo disteso a terra.

«Vedi di non fare brutte figure, Ron!» sibilò Hermione, superandolo.

«E guarda dove metti i piedi!» aggiunse Ginny, oltrepassandolo.

Harry gli allungò la mano e lo aiutò a rialzarsi. Ron si rassettò la veste, poi, accertandosi che le ragazze non potessero sentirlo, gli disse: «La vec-chia megera lo aveva previsto ...».

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«Sì, Ron! Non sono affatto tranquillo» comin-ciò Harry.

«E lo credo!» ribatté Ron guardando la bac-chetta ancora sguainata in mano.

«Da quando quei Maghi sono entrati nella scuola non mi sento più molto sicuro» disse, ri-ponendola in una tasca interna, «e poi troviamo la Cooman in vena di catastrofi... ».

«Coincidenza?» chiese Ron, dubbioso.«Lo spero!».Harry allungò il passo raggiungendo Ginny.

«Avevo voglia di andare a trovare Hagrid, è da un po’ che non lo vediamo, vuoi venire anche tu?» chiese speranzoso.

«Mi spiace, verrei molto volentieri, ma devo andare a... ».

Harry le risparmiò di trovare l’ennesima scusa, come ormai faceva quasi abitualmente; «Ok, ho ca-pito, non preoccuparti» mentì. «Ci vediamo dopo».

Ginny fece un cenno di assenso come se le pa-role di Harry fossero state convincenti, poi ripartì lungo il corridoio.

Harry incrociò lo sguardo di Hermione, che voleva essere rassicurante. Non se la sentiva di chiedere all’amica cosa stessero facendo per non sembrare sgarbato o troppo immaturo.

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«Non fare domande, presto ti sarà tutto chia-ro... » gli disse in tono consolatorio, come se aves-se capito cosa stesse pensando lui.

Adesso era decisamente di malumore. «Vieni con me da Hagrid o ci devo andare da solo?» chie-se infine a Ron, con un sorriso tirato.

«Vengo, vengo. Andiamo».Varcarono il grande portone del castello e si

fermarono un attimo sulla soglia chiedendosi se la loro fosse stata una buona idea. Si fecero coraggio e uscirono all’aperto; per quanto fossero riparati sotto i mantelli, la pioggia incessante, tagliente, trovava spazio per raggiungere la pelle e punger-la, quasi fosse fatta di infiniti aghi appuntiti.

Harry e Ron si guardarono, a entrambi sfuggì un sorriso: avevano avuto la stessa idea. Tirarono sulla testa i cappucci e un fischio, impercettibile per chiunque altro, diede il via alla loro gara in-fantile. Spintonandosi a vicenda, attraversarono di corsa il parco.

Ron atterrò davanti alla porta di legno della ca-panna e, con il fiato corto, vi battè la mano, per poi rivolgersi indietro, verso l’amico che l’aveva ormai raggiunto.

«P-primo» gli disse, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro; tremava violentemente

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ma il freddo non avrebbe certamente scalfito la soddisfazione di aver vinto la sfida.

Non appena bussarono, i latrati di Thor echeg-giarono dall’interno.

«Hagrid, siamo noi!» disse Harry, picchiando nuovamente il duro legno per farsi aprire. Raffi-che di vento gelido colpirono i ragazzi.

«Giù! Stai giù, Thor!» sentirono la voce del guardiacaccia appena oltre la porta.

«E mu-o-vi-ti!» balbettò Ron, stringendosi ad-dosso il mantello bagnato e battendo rumorosa-mente i denti. Bussarono ancora e contemporane-amente i latrati di Thor si interruppero.

«Ehi, Harry! Ron... » li accolse Hagrid mentre l’enorme terrier nero tentava di leccar loro la fac-cia. «Tutto bene?».

«Ciao, Hagrid!» rispose Harry respingendo Thor e infilandosi all’interno della capanna dove un bel fuoco acceso riscaldava l’ambiente.

«È bello che siete qui! Finalmente! Pensavo che vi eravate scordati di me. Vi faccio il tè» disse richiudendo la porta. «Fuori fa un freddo cane!».

Si sedettero intorno al tavolo osservando l’ami-co che tentava di recuperare il bollitore in cima alla credenza.

«Come sta Hermione?» chiese Hagrid, dando

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loro le spalle mentre prendeva la scatola del tè da una mensola che sembrava star su per miracolo.

«Bene!» risposero all’unisono i ragazzi.«Non è potuta venire, lei e Ginny avevano da

fare» continuò Ron con tono di palese disappro-vazione.

Un improvviso rumore distrasse i due ragaz-zi, che si voltarono verso una grossa gabbia, della quale si scorgeva solo l’estremità inferiore, nasco-sta in un angolo in fondo alla capanna; sopra vi era stata gettata una vecchia coperta patchwork.

Hagrid si voltò verso di loro con un piattino di dolcetti che parevano duri come mattoni e lo appoggiò sul tavolo. Preso un pezzo di carne, si avvicinò alla cassa e, sollevando la coperta, lo in-filò dentro.

«Che fai, Hagrid?» chiese Ron, allungando il collo per seguire i movimenti del guardiacaccia.

«Do da mangiare ad una creaturina un po’ vi-vace» disse allegramente Hagrid. La gabbia iniziò a tremare violentemente, parecchi sibili proven-nero dal suo interno e numerosi pezzetti di carne volarono fuori dalle sbarre.

«Cos’è?» domandò Harry, non riuscendo a di-stinguere cosa si nascondesse nell’ombra.

«Uno di questi qua non l’hai mai visto, Harry!»

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esclamò l’amico prendendo un altro pezzetto di carne. «Certo, se tu facevi ancora Cura delle Cre-ature Magiche, magari ci si studiava insieme!».

«Con tutto il tempo che ho a disposizione... » rispose sarcastico il ragazzo. La gabbia prese a vi-brare ancora più violentemente. La creatura dentro si dibatteva con una forza spaventosa, sibilando e ringhiando.

«Oh, oh!» fece Hagrid, improvvisamente pre-occupato. Raggiunse il tavolo dove i ragazzi si guardavano incerti e, aperto precipitosamente un cassetto, rovistò al suo interno estraendo enormi tovaglie dai colori vivaci e posate annerite.

«Ma dove si sono ficcati? Ah, eccoli!». L’enor-me mano del guardiacaccia emerse dal cassetto stringendo tra l’indice e il pollice due falci d’ar-gento. Tornato vicino alla gabbia che continuava ad agitarsi in maniera spaventosa, vi gettò le due monete. Lo strano e incredibile pagamento parve bloccare la furia della creatura che, con un guaito, rimase immobile.

«Come hai fatto Hagrid?» esclamò Ron stupi-to.

«Ecco, i demonietti come lui è così che si fanno stare tranquilli. L’argento è l’unica cosa che rie-sce a farli star buoni. Anzi, in grande quantità può

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anche spedirli all’altro mondo! Ma non è che ce ne abbia bisogno più di tanto lui, è solo un po’... agitato, tutto qui!» guardò sognante la gabbia ora taciturna.

«Ehm... Hagrid? Che cos’è di preciso?» chiese preoccupato Harry.

«Questo esseruccio è un Kakura» disse ama-bilmente «state a guardare com’è delizioso!».

Il loro gigantesco amico si chinò sulla gabbia, imitando la postura di quello che ad Harry parve un rozzo ballerino di danza classica; poi, con un gesto teatrale, tolse la coperta e la scagliò in aria svelando la “sorpresa”. Un grossolano pon-pon, grande come una pluffa, attaccato all’angolo della trapunta, colpì in pieno Ron in un occhio, che im-precò senza trattenersi, portandosi le mani al viso. Harry si voltò preoccupato verso l’amico, ma Ha-grid, ignaro dell’incidente, iniziò a parlare.

«Che creature meravigliose i demoni giappo-nesi» sospirò ammaliato.

Harry, nonostante conoscesse le stravagan-ti opinioni di Hagrid, non potè far a meno di ri-manere atterrito alla visione di quella che era una delle creature più raccapriccianti che avesse mai visto. Ricordava vagamente la figura di un essere umano, ma aveva la testa deformata che si attac-

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cava direttamente sulle spalle, segnate da quella che doveva essere una gravissima forma di sco-liosi. Le due braccia, di differente lunghezza, ter-minavano ognuna in tre nodose protuberanze che dovevano essere le mani. Il tutto era ricoperto da una spessa pelle rossastra con evidenti purulente escrescenze.

«Allora? Che ve ne pare? Roba forte questa, eh?» domandò orgoglioso.

«Oh!» fu tutto ciò che riuscì a pronunciare Ron, con il palese intento di non ferire l’amico che attendeva, contento, una loro gioiosa reazione di sorpresa.

«Hagrid, ma non sarà pericoloso?» domandò cauto Harry, cercando di non far trasparire il suo profondo disgusto.

«Ma no... tendono ad attaccare l’uomo, ma se ci si sta attenti sono innocui! Ah... be’... se poi li si mette alla luce però... comunque, è meglio starci lontani sapete, i dentini sono molto affilati, e le mani hanno una presa piuttosto salda». Ridacchiò felice guardando dolcemente la creatura.

Intanto il demone aveva ripreso ad agitarsi: Harry e Ron si scambiarono uno sguardo, terro-rizzati.

«Sigghy... saluta gli amici di papà!», continuò

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picchiettando sulla gabbia. «Guarda Ron, è te che vuole! Forse ci piacciono i tuoi capelli rossi!» ma proprio quando il ragazzo si avvicinò per guar-darlo da vicino, il demone allungò le braccia fuori dalle sbarre, tentando di avvinghiarlo.

«Perchè proprio io?» squittì Ron, spaventato a morte, scansando per un soffio gli arti del mo-stro.

Il demone si agitò ancora più forte facendo ci-golare minacciosamente la gabbia.

«Ohi, ohi... è meglio se lo facciamo dormire un pò a questo qua» borbottò il mezzogigante come per scusarsi, affrettandosi a ricoprire la gabbia con l’enorme coperta.

«Mi hanno detto che vai al Ministero a impara-re a fare l’Auror!» continuò, cambiando discorso.

Harry e Ron si scambiarono uno sguardo inter-rogativo; Hagrid non era mai stato bravo a devia-re i discorsi su argomenti diversi da quelli poten-zialmente problematici.

«Si!» confermò comunque Harry, sorpreso che ne fosse a conoscenza. «Chi te l’ha detto?» chiese sospettoso.

«Oh, non è che è difficile scoprirlo!» rispose Hagrid allegro «Merlin, tra un bicchiere e l’altro, alla Testa di Porco, ci ha raccontato la tua prima

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prova. Ottimo lavoro, Harry! Tutti al pub ne par-lano!».

«Alla faccia della segretezza» sibilò Ron, ri-dacchiando.

«Merlin non era presente alla mia prima lezio-ne!» sbottò Harry, risentito. «Da come ne parlano gli altri Auror non riesco a capire se faccia effetti-vamente parte del gruppo».

«Io mica ho mai capito come c’è diventato Au-ror, quello!» esclamò Hagrid, dandogli una pacca affettuosa sulla schiena, rischiando di incrinargli qualche costola. Poi continuò: «Se c’è riuscito lui... ».

«Grazie Hagrid» lo interruppe Harry, lancian-do occhiate infuocate a Ron che si rotolava dalle risate.

«Be’, io non penso che avrai rogne Harry. Sei un tipo a posto! E poi dopo la prova che hai fat-to...».

«Mah! Non ho certo cominciato nel migliore dei modi... » esclamò Harry.

«Ma non devi starci a pensare per niente!» In-tervenne Hagrid con foga, sferrando un pugno al tavolo.

«Kingsley è della scuola di Silente e ce lo sap-piamo bene come la pensa su chi sbagliava! Lui ci

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dava sempre una seconda possibilità... a chi sba-gliava... Si, ecco... ».

«A dire il vero lui mi ha perdonato» disse Har-ry, guardandosi sconfortato le mani. «Ma devo an-cora riuscire a farlo io!».

«Su, Harry!» borbottò l’amico, sedendosi pe-santemente sulla poltrona. «Basta che segui le re-gole e ci stai attento. A Uglick non è andata altret-tanto bene. Non ti possono buttar fuori, ma non riesco ad immaginare ...».

«Il professor Uglick?» domandò Harry, alzan-do lo sguardo.

«Si lui... grande mago, sia chiaro, ma... i fan-tasmi nel baule li ha pure lui!» disse Hagrid, con aria di chi la sa lunga. «La McGranitt l’ha preso per il posto di Trasfigurazioni, ma per me era me-glio un altro».

«Perchè? Che ha fatto?» chiese Harry, lancian-do un occhiata stupita a Ron.

«È stato cacciato da ...» ma si zittì all’improv-viso, guardando i ragazzi con sospetto, come se fosse colpa loro se lui si era fatto sfuggire qualco-sa che non doveva dire.

«È stato cacciato da?» chiesero i due in coro, quasi con aria casuale, ma lo sguardo di Hagrid la diceva lunga: non gli avrebbero estorto nient’altro.

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«Non posso, ragazzi... non posso proprio! Sono cose top secret, cercate di capire; ci sono cose che non posso dire nemmeno a voi» disse sottovoce, più per convincere se stesso che gli altri.

«Ma Hagrid, non pensi che abbiamo diritto di sapere? È il nostro insegnante!» iniziò Harry. «O non ti fidi di noi?» continuò ben sapendo che con quella domanda avrebbe colpito in pieno l’obiet-tivo.

Come previsto, il mezzogigante ricambiò con sguardo allarmato e ferito.

«Ma non lo dire nemmeno per scherzo! Io mi fido di voi eccome! E solo che non voglio che vi cacciate nei guai... ecco».

Harry lo fissò con sguardo implorante, e il guardiacaccia cedette.

«Va be’ qualcosa ce lo posso dire... ma voi do-vete promettere di non rivelarlo a nessuno!» disse per giustificarsi. Poi, abbassando la voce, confidò: «È stato cacciato dal suo paese... almeno così si dice».

«Ma cosa ha combinato?» chiese Ron, stupe-fatto. «Noi ce l’ abbiamo in classe!».

«Al tempo di Grindelwald, sapete, quando ha ten-tato di prendere il potere, sono accadute cose molto brutte. Davvero, si! Lui ci ha perso il posto!».

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«Cosa è successo?».«Non lo so, Harry! Per anni non si è più sentito

parlare di lui... » bisbigliò Hagrid, lanciando uno sguardo verso la finestra. Il parco era ormai avvol-to dall’oscurità.

«Quindi non ha potuto più insegnare lì ed è venuto qua!» concluse Ron, con lo stomaco che brontolava.

«No, non ci insegnava allora!» confidò Hagrid con tono deciso. «Era un Auror!».

I due ragazzi si guardarono stupiti. Harry ri-passava mentalmente il modo di fare del vecchio professore, cercando di trovare qualche indizio che lo portasse a confermare le parole di Hagrid. Gli tornò alla mente la prima sera a Hogwarts, quando aveva provato a nascondere la Bacchet-ta di Sambuco nella tomba di Silente e Uglick era apparso all’improvviso, mandando a monte i suoi piani. Possibile che fosse un ex-auror con il pallino per la sicurezza come Moody? Perchè si trovava proprio lì? Sapeva cosa stava facendo? «È tardissimo ragazzi. Ho un sacco di cose da fare!» disse Hagrid, saltando su dalla sedia e di-rigendosi frettolosamente verso la porta. «Ora andate, che è meglio!» incitò i due, spingendoli verso la porta.

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Quando uscirono all’aperto, il gelido vento au-tunnale li colpì in piena faccia e un freddo brivido corse lungo la loro schiena; fortunatamente ave-va smesso di piovere, si strinsero comunque nei mantelli e si avviarono lungo il sentiero verso il castello.

«Mi dai la rivincita?» chiese Harry, ma Ron scoppiò a ridere.

Harry non vedeva l’ora di raccontare tutto a Hermione e Ginny. Le rivelazioni di Hagrid ave-vano finalmente confermato i suoi sospetti: il pro-fessor Uglick non era quello che sembrava. Ma non riusciva a spiegarsi come mai la McGranitt l’avesse reclutato; certo, se lo aveva portato ad in-segnare in una scuola, tanto pericoloso non dove-va essere.

Seguendo il flusso dei suoi pensieri non si ac-corse che erano giunti davanti al ritratto della Si-gnora Grassa.

«Allora? Vi decidete ad entrare o no? Violet mi sta aspettando per il tè!» borbottò.

«Sì, certo... » rispose Harry osservando Ron varcare il buco del ritratto.

La Sala Comune era affollata, vicino all’in-gresso Hyde tormentava un ragazzino del primo anno con uno strano elastico magico che sprizza-

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va scintille quando veniva teso. Harry fece una ra-pida panoramica della folla nella sala, ma le due ragazze non c’erano.

«Dove si saranno cacciate?».«Sicuramente in quello stramaledetto dormi-

torio» sbottò Ron «chissà quale diavoleria stanno combinando!».

Harry non rispose, si sedette sull’unica poltro-na libera e cominciò a pensare a Ginny. Gli sareb-be piaciuto che fosse lì con lui in quel momento, soprattutto ora che nella sua mente vorticavano mille pensieri: le parole di Hagrid sul vecchio pro-fessore lo avevano un po’ turbato.

«Harry! Calì dice che le ha viste salire su nel dormitorio subito dopo pranzo» disse Ron inter-rompendo le sue riflessioni.

«Aspettiamo, prima o poi dovranno scendere, no?».

Come previsto, le ragazze spresentarono a cena. La Sala Grande era rumorosa come sempre, sembrava che tutti avessero trattenuto un fiume di parole in tutta la giornata per poi riversarle a ta-vola.

«Eccole!» disse Ron indicandole. «Ehi, ehi! C’è posto qui!» urlò tentando di sovrastare il chiacchiericcio.

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Catturata l’attenzione di Hermione, il ragazzo si accomodò nuovamente di fronte ad Harry.

«Vediamo se riesco a scambiarci quattro parole senza litigare, almeno stasera» bisbigliò.

Harry ridacchiò nervoso, anche lui desidera-va enormemente riuscire ad intrattenere una con-versazione vera con Ginny. Si appiattì contro uno studente del primo anno, che lo fissò incuriosito, in modo da lasciare un posto ancora più comodo proprio al suo fianco.

«Ciao» salutò lei sedendosi, ed evitando accu-ratamente di incrociare il suo sguardo.

«Ginny, finalmente!» iniziò Harry felice.«Allora, come sta Hagrid?» proruppe Hermione,

mentre si accomodava al fianco di Ron, mandando in fumo il tentativo di Harry di dialogare con Ginny.

Harry le scoccò un’occhiata furiosa ma lei sem-brò o fece finta di non capire, ricambiando serena il suo sguardo.

«Hagrid si caccerà di nuovo nei guai, parola mia! Quello una volta o l’altra ci resterà secco» fece Ron con consapevolezza, iniziando a servirsi un’abbondante porzione di cavolfiori al forno.

«Perchè? Che ha combinato stavolta?».«Secondo te cosa può combinare Hagrid? Co-

nosci anche tu le sue passioni... ».

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Hermione lo guardò con aria interrogativa. An-che Ginny alzò la testa dal piatto.

«Sta facendo da babysitter ad un demone giap-ponese» ammise Harry, alzando gli occhi al sof-fitto.

«Davvero?» chiese Hermione esterrefatta. «Ne ho sentito parlare! Ho letto da qualche parte che sono delle creature davvero rare e che sono anche utili per ...» ma il suo sorriso entusiasta si rag-gelò di fronte all’ennesima occhiataccia di Harry. «Voglio dire, per quanto siano interessanti e utili, sono delle creature imprevedibili e malvagie... po-trebbe risultare pericoloso tenerle in casa. Ma non si rende conto dei pericoli che corre?» si affrettò ad aggiungere sinceramente preoccupata, facendo tintinnare una posata nel piatto.

«Hermione, devo ricordarti che Hagrid ha una percezione del pericolo diversa dalla norma? “Ma no! Non è pericoloso! Attacca gli esseri umani... ah sì, i suoi denti sono affilatissimi e la sua stretta è soffocante... ma a parte queste sciocchezze, non è pericoloso!” » imitò Ron, in maniera purtroppo veritiera, le parole del guardiacaccia.

Harry scoppiò a ridere, anche Ginny non riuscì a trattenersi.

«C’è poco da ridere, se la creatura riesce a libe-

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rarsi da quella gabbia, Hagrid rischia davvero; lo tiene anche ai piedi del letto!».

«Che differenza c’è tra un demone giapponese ed uno delle nostre parti?» chiese Ginny mentre prendeva un vassoio di costolette di agnello.

«Tutte le differenze non le so, ma di una cosa sono certo, quello giapponese è davvero disgusto-so! Ha la carnagione rossa con tanti brufoli pu-rulenti! Puah... sembra della stessa consistenza di uno Schiopodo Sparacoda» fece Ron con una smorfia di disgusto.

«Chissà dove l’avrà trovato... Comunque sia, dobbiamo convincerlo a darlo via» commentò pensierosa Hermione.

«Sei pazza? Io non ci provo nemmeno! Sono stanco di rischiare la vita ogni volta che entro in quella capanna!» urlò Ron acido rovesciando di-strattamente il succo di zucca sul tavolo. Molti si voltarono a guardarlo, ma lui non ci badò e, estrat-ta la bacchetta, ripulì il tutto come meglio potè.

«Hai ragione, Hermione» intervenne Harry, «comunque Hagrid sa come tenerlo a bada, alme-no spero. Pensa che lo ha zittito mettendo nella gabbia due falci d’argento!».

«Ha detto anche che “in grandi quantità lo man-da al cimitero!”» esclamò Ron, «fossi in lui, mi

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procurerei tutti i pezzi d’argento della Gringott! Si tratta di sopravvivenza!» poi dedicò tutta l’atten-zione al suo piatto riprendendo ad ingozzarsi.

Continuarono a cenare senza aggiungere altro. Quando Ginny finì l’ultimo pezzo di crostata, Har-ry le prese la mano e le rivolse un sorriso. Lei ri-cambiò felice: per un attimo sembrò fosse tornata la Ginny di sempre. Era quello il bello, con lei bastava un sorriso per dire tutto. Non servivano parole.

Gli dispiacque rovinare quell’atmosfera serena che si era creata, ma le ragazze dovevano sapere anche il resto della conversazione con il guardia-caccia.

«Noi non vi abbiamo detto tutto prima... » dis-se, esitando. Le ragazze gli rivolsero uno sguardo attento e lui continuò: «Hagrid ci ha raccontato dell’altro, o meglio, si è lasciato scappare dell’al-tro... » disse, pensando a quello che avevano sa-puto sul professore di Trasfigurazioni «... alcune cosette sul professor Uglick».

«Si, si!» intervenne Ron rischiando di ro-vesciarsi il contenuto del piatto sulle ginoc-chia. «Cose molto brutte, Uglick era un segua-ce di Grindelwald e pare che prima fosse un Auror» si guardò intorno con aria circospetta, ma erano tutti impegnati in altre conversazioni.

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«Un Auror?» chiese Ginny, incredula.«Già. Solo che poi è stato cacciato, anche se

Hagrid non ha voluto dirci perché... » concluse, con aria insoddisfatta.

Harry vide Hermione rabbuiarsi di colpo; poi, senza guardare nessuno in particolare, alzò la bac-chetta e, sottovoce, isolò il gruppo dal resto degli studenti della Sala Grande con un muffliato.

Ron rischiò di strozzarsi nella fretta di degluti-re il boccone.

«E o-ra che suc-cede?» chiese, mentre Hermio-ne gli dava una pacca sulla schiena.

«Non volevo spaventarvi, ma quello che ci avete detto mi ha convinta definitivamente che è arrivato il momento di parlare di quell’altra questione... » cominciò la ragazza, scoccando uno sguardo preoccupato all’indirizzo di Harry. «Quale questione?» le rispose lui, che proprio non riusciva a capire il motivo di tanta segretezza.

«La questione Dobbiamo-Nascondere-la-Bac-chetta» disse, scandendo ogni parola.

Harry non capiva come mai volesse tirar fuori quell’argomento spinoso. Avevano già tante cose su cui rimuginare.

«Perchè proprio adesso ...» iniziò, ma lei non gli consentì di continuare.

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«Ascoltatemi. La Cooman che parla di un mi-sterioso Artiglio che vuole carpire chissà chi o cosa... il professor Uglick che impedisce ad Harry di nascondere la bacchetta... le parole di Hagrid sul suo passato... non riuscite a fare due più due?».

I tre rimasero interdetti. Ginny fu la prima a reagire. «Ma... dai, Hermione, hai visto anche tu in che condizioni era la Cooman dopo pranzo... da quando dai credito alle parole della matta?».

«Ginny, lo sai che anche io ho sempre pensato che fosse un’impostora, ma devo ammettere che in casi rari ha azzeccato qualche premonizione... e poi sap-piamo da tempo che dobbiamo nascondere la Bac-chetta, solo che siamo stati distratti da altre cose».

«Hai ragione» disse Harry mesto, «ma il pro-blema è che non abbiamo nemmeno trovato un po-sto davvero sicuro! E poi, come potrei lasciare la scuola, nascondere la Bacchetta e tornare qui sen-za che nessuno se ne accorga?». Harry era molto abbattuto.

«Sul “dove”, l’ultima decisione spetta a te. Ma sul “come”, ho un piano... però ne dobbiamo ri-parlare, stanno andando via tutti, non possiamo dare nell’occhio. Tu intanto pensaci, d’accordo?». Poi si rivolse all’amica «Andiamo, Ginny?».

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«Devo andare, mi dispiace Harry» disse lei, cambiando improvvisamente espressione e la-sciandogli la mano. Si alzò, e senza aggiunge-re altro si allontanò dal tavolo lasciandolo senza parole.

Anche Hermione li congedò con un semplice gesto e seguì l’amica fuori dalla Sala Grande.

«Tu ci capisci qualcosa?» chiese Ron, fissan-dolo dall’altro lato del tavolo.

Il mattino seguente Harry si svegliò avverten-do una strana sensazione. Quando aprì gli occhi fu accecato da una luce abbagliante, non riusci-va a distinguere nulla eccetto qualche ombra che passava veloce. Scosse la testa nel tentativo di riscuotersi dal torpore del sonno e si rese conto che l’accecante luce non era altro che un raggio di sole che entrava dalla finestra e che le ombre non erano che gufi, che planavano dolcemente verso la Sala Grande. Guardò gli altri cinque letti vuoti: erano sicuramente tutti a colazione. Nello sfiorare involontario del piede sinistro con il destro le sue dita vennero a contatto con un qualcosa di appic-cicoso e finalmente capì cosa lo aveva svegliato:

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qualcosa che... gli leccava i piedi?! Si tirò su a sedere, poggiato sui gomiti, e guardò perplesso verso il fondo del letto; sentì nuovamente qualco-sa di vischioso solleticarlo sotto le pesanti coperte invernali. Incredulo, rivoltò le lenzuola e si trovò davanti il piccolo Snitch che sbatteva le palpebre, disorientato dalla luce improvvisa.

«Snitch!» disse, sollevato nel vederlo. Tentò di accarezzare la palla di pelo ma non era semplice: la puffola aveva preso a saltellare come un osses-sa e solo dopo numerosi tentativi riuscì a fermare la guizzante creaturina.

«Dai Snitch, salta su!» incitò il ragazzo, spe-ranzoso: non era mai stato molto incline ad obbe-dire ai suoi comandi ma, con enorme sorpresa di Harry, questa volta si arrampicò sul suo braccio e si accoccolò sulla sua spalla.

«Wow! Cosa ti è successo?» chiese ancora in-credulo.

In realtà poteva capire il perché di tanto en-tusiasmo: era da un po’ che non gli dedicava una briciola del suo tempo, ma con tutti i recenti avve-nimenti non aveva avuto un attimo di respiro. Per questo aveva deciso di portarlo con sé quel giorno:

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Snitch avrebbe potuto allietare un po’ il loro lungo e noioso sabato all’insegna dello studio; anche se a dire il vero, sperava di trovare di meglio da fare! Arrivato in Sala Comune Harry vide Ron seduto al tavolo, con un grande libro davanti e una piu-ma tra le mani, e il volto vicinissimo alle pagine; sembrava che stesse cercando di tradurre qualche scritta piccolissima. Possibile che stesse davvero studiando? Evidentemente l’influenza di Hermio-ne si stava facendo più forte. Snitch saltò dalla spalla di Harry alla testa di Ron, che sobbalzò. « Ma chi ...» e afferrò la puffola sulla sua testa, por-tandosela davanti agli occhi strabici di sonno. «Mi sa che non stavi studiando, eh, amico? Hai un po’ di bava agli angoli della bocca!» aggiunse Harry, scoppiando in una sonora risata.

Ron non ebbe il tempo di ribattere perché pro-prio in quel momento una luminosissima donnola d’argento attraversò la finestra e si fermò sul ta-volo. «È il patronus di mamma ...» disse, senza riuscire a mascherare la sua perplessità. Harry era colpito: non aveva mai visto il patronus della si-gnora Weasley, ma era logico che fosse una don-nola, come quello del marito.

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«Come fai a sapere che non è di tuo padre?» chiese all’amico. In quel momento la donnola co-minciò a parlare con la voce di Molly. «Ginny è in pericolo. La lancetta dell’orologio è su pericolo mortale. Ho mandato un patronus a Minerva, per avvertirla, ma nel frattempo ti prego, cerca di ca-pire dov’è e guadagna tempo, io e tuo padre rag-giungeremo Hogwarts prima possibile».