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L’intervento........................17 Sergio Marini Nicola Motolese Carlo Bogliotti Specialità Pugliesi............120 Caterina Petrella Pantaleo Piccinno Abitudini alimentari..........42 Marilena Colussi Marmellate ........................94 Luca Dalpian Fornelli d’autore................28 Paolo Marchi Il Balsamico di Modena ..124 Claudio Stefani Giusti I ritratti di.......................130 Mario Cervi La buona tavola..................46 Gioacchino Bonsignore La classifica di Gusto

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Gusto • 10 Maggio 2012

SOMMARIO

Editoriale............................ 15Marco Zanzi

L’intervento ........................ 17Sergio MariniNicola MotoleseCarlo Bogliotti

In copertina........................ 22Massimo Bottura

Fornelli d’autore ................ 28Paolo Marchi

Politiche agricole .............. 32Mario CataniaMario GuidiArturo Semerari

Abitudini alimentari .......... 42Marilena Colussi

La buona tavola.................. 46Gioacchino BonsignoreLa classifica di Gusto

Carni rosse ........................ 56Luigi Scordamaglia

La cultura della carne ........ 58Eliana FioriStefano MerlottiFederica e Remo PeveriLuisa Falchi e Sergio VecchiLuigi DevodierAndrea ToscaniAlfredo MagnaniFrancesco Convertini e Giacomo LoparcoLuca AliprandiCarletto Ferrari e Paolo Savani

Formaggi tipici .................. 82Giancarlo PedrettiMaria GrecoRino MoroFrancesco Cito

Un pranzo da re ................ 90Barbara Ronchi della Rocca

Marmellate ........................ 94Luca Dalpian

Olio Italiano ...................... 96Massimo GarganoElia FiorilloEnrico LupiLuigi CaricatoMasseria BrancatiGiovanni SommaPaola e Giacomo AscianoPasquale ConsoliAnna Maria Torresanie Silvano Felisi

Specialità Pugliesi ............ 120Caterina PetrellaPantaleo Piccinno

Il Balsamico di Modena .. 124Claudio Stefani Giusti

I ritratti di... .................... 130Mario Cervi

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SOMMARIO

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Di cantina in cantina ...... 132Mario DanesiOsvaldo Veglioe Marco MarchisioGiovanni PetrelliTommaso ConteGiuseppe Ferrero

La birra artigianale .......... 142Bruno Carilli

Liquori e amari .............. 144Emanuele De Gaetani

L’insolita guida ................ 146Giovanni Masotti

Arte pasticcera.................. 150Sal De RisoGianluca FustoIginio MassariLuca Montersino

Dolci ricette .................... 164Ilaria OrlandiniNino ed Ester NardoneGiuseppe SforzaCapuzzoPasticceria Capetta

Dalla natura .................... 174Francesco Simeone

Prodotti genuini .............. 176Andrea e Claudio GaibazziMargherita VignolaAngelo Raffaele DicuonzoDomenico PotenzaRoberto BelfortiRoberto MazzolaLeonardo BiancoFrancesco Ricchiuto

Cibus 2012 ...................... 194Franco Boni Filippo Ferrua Magliani

Qualità certificata ............ 202Monica Carraglia

Tecnologia e tradizione.... 204Torquato RabittiAntonio Gelmini

Packaging alimentare ...... 208Giuseppe e Michele Neri

Gastronomia e ospitalità 210Simone Bianchini

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EDITORIALE

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L’IRADEGLI DEI

Èsempre buona norma non sfidare l’invidiadegli dei. Questo ci hanno insegnato gliantichi. La pena per i trasgressori è lanémesis, ovvero la vendetta, imprevedibile eterribile. Occorre quindi prudenza ma è diquesti giorni la notizia che la domanda di

food made in Italy proveniente da tutto il mondo,nonostante la crisi economica, stia continuando a crescere.Un dato sorprendente: l’export dell’industria alimentare loscorso anno è aumentato del 10,3 per cento e la bilanciacommerciale ha raggiunto un saldo positivo di cinquemiliardi. Sono dati diffusi da Federalimentare durante lapresentazione di Cibus, il salone dell’alimentazione che sisvolge a Parma dal 7 al 10 maggio. Di più: l’exploitriguarda non soltanto i Paesi che per tradizione importanocibo italiano come gli Stati Uniti o i Paesi dell’Unioneeuropea, ma anche i Paesi emergenti, i cosiddetti Bric. Perfare un esempio si pensi che trecento milioni di indianiconsumano prodotti provenienti dal Belpaese (sonosempre dati Federalimentare), si tratta di pasta, salumi,formaggi, pizza e gelato. Altre interessanti sorprese ci harivelato l’indagine di Coldiretti, dove si evidenzia chel’esportazione di birra italiana nel Regno Unito èaumentata del 18 per cento, o che gli spumanti stappatiin Russia crescono del 40 per cento e che i formaggirichiesti dai cugini d’Oltralpe registrano un incrementodel 22 per cento.Bene l’export ma in casa nostra cosa sta succedendo?Stando ai dati della Cia i consumi di cibi e bevande loscorso anno sono calati del 2 per cento. Mentre si stanno

affermando modalità di acquisto fino a poco tempo fapoco diffuse come quelle dirette presso i farmer’s market ecambiamenti di abitudini come quella di consumare ilpranzo in ufficio evitando di andare al bar o al ristorante.L’Istat da parte sua evidenzia che la fiducia deiconsumatori ha toccato il livello più basso dal 1996.“Attenzione - dice Confagricoltura - le famiglie spendonomeno perché sono preoccupate per il calo del potered’acquisto, per la contrazione dei redditi e per far frontealle imposizioni fiscali e a farne le spese saranno i prodottidi qualità come frutta, verdura, carne e pane mettendo arischio la tenuta del made in Italy agro-alimentare”.Da parte sua Federalimentare aggiunge che le aziendeperò stanno tenendo anche sul difficile mercato internoma che le previsioni per il 2012 sono di un assestamentoverso il basso delle vendite. Senza dimenticare, aggiunge ilpresidente di Federalimentare Filippo Ferrua Magliani,che la produzione ha segnato un calo dell’1,7 per cento.Così, nonostante gli ottimi risultati sull’export, la volontàdi non arrendersi, la voglia di lottare delle 6500 piccole emedie imprese dell’industria alimentare italiana e di tuttequelle dell’agricoltura, ci sono altre nuvole che si stannoaddensando all’orizzonte. Nuvoloni neri e minacciosi ehanno un nome, si chiamano “food tax” e ulterioreaumento dell’Iva che andrebbero ad aggiungersi alla morsafiscale le aziende (e i cittadini) già subiscono. Il rischiovero allora è quello che molti di questi imprenditoriidentifichino la nemesi con l’azione del governo. E questoè un pericolo che bisogna non sottovalutare ma che deveessere scongiurato subito con tutte le forze. d

� di Marco Zanzi �

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L’INTERVENTO

17 • GustoMaggio 2012

Una filieraagricola tutta

italiana

La situazione di difficoltà dell’agricoltura italiananon dipende solo dalla crisi generale ma dal fattoche stiamo vivendo i drammatici effetti di quelliche sono i due furti ai quali sono sottopostequotidianamente le imprese: da una parte, il furtod’identità e d’immagine che vede sfacciatamente

immesso in commercio il cibo proveniente da chissà quale partedel mondo e spacciato come italiano; dall’altra, il furto di valoreaggiunto che vede sottopagati i nostri prodotti agricoli senzaalcun beneficio per i consumatori. Per ogni euro speso daiconsumatori per l’acquisto di alimenti, oltre la metà (il 60 percento) va alla distribuzione commerciale, il 23 per centoall’industria di trasformazione e solo il 17 per cento perremunerare il prodotto agricolo. Per sostenere la redditività delle imprese agricole, la Coldirettiè impegnata nel progetto operativo per una “filiera agricolatutta italiana” che ha come obiettivo eliminare le distorsioni etagliare le intermediazioni con l’offerta attraverso la rete diconsorzi agrari, cooperative, mercati degli agricoltori diCampagna amica, agriturismi e imprese agricole di prodottialimentari al cento per cento italiani firmati dagli agricoltori algiusto prezzo. La nostra agricoltura è la prima a livellomondiale per valore aggiunto a ettaro, il nostro cibo è il piùapprezzato e imitato nel mondo, il nostro export

agroalimentare cresce a due cifre. Agricoltura e cibo sono un patrimonio economico, sociale,ambientale, paesaggistico e culturale che il mondo ci invidia.Un risultato ottenuto dal grande lavoro dei nostri soci chehanno investito sulla distintività e sul legame con il territorioche hanno fatto diventare unico e vincente il made in Italy atavola. In un momento in cui il Paese sta cercando nuovestrade per tornare a crescere l’agroalimentare rappresentaun’importante leva competitiva che mette a sistema lestraordinarie capacità imprenditoriali e le potenzialità deinostri territori. L’Italia costruirà il proprio futuro tornando a fare l’Italia,ovvero valorizzando al meglio quello che ha già di unico e diesclusivo, a cominciare dal cibo. Dobbiamo fare in modo cheil marchio Italia sia adeguatamente tutelato e rispettato, invecedi essere banalizzato, usurpato, contraffatto e sfruttato, cometroppo spesso è avvenuto in passato. Difendere e valorizzarequesta nostra distintività significa certamente operare sulfronte normativo e per questo la Coldiretti continuerà abattersi per l’etichettatura obbligatoria per tutti i prodotti masoprattutto occorre colmare un gap culturale perchénell’agroalimentare ci sono ancora troppe zone grigie con cuifare i conti che fanno affari sull’inganno a danno deiproduttori agricoli e dei consumatori. d

� di Sergio Marini, presidente nazionale di Coldiretti �

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L’INTERVENTO

19 • GustoMaggio 2012

L’agricoltura italiana, oltre che indispensabilecome produttrice di cibo e tuteladell’ambiente è un settore economico ditutto rispetto: conta un “fatturato” di circa48 miliardi di euro, più di 1.000.000occupati e, insieme ai comparti collegati al

settore, rappresenta circa 16% del Pil nazionale. Ma i campi italiani sono vecchi: meno del 4 per cento delleimprese agricole ha un conduttore “under” 35. Chel’agricoltura piaccia non è certamente una sorpresa, lotestimoniano le numerose mail e telefonate che riceviamo enel settore ci sono potenzialità. Lo ha confermato il Censise ribadito lo studio Unioncamere: per propensioneall’imprenditoria gli italiani primeggiano in Europa e inagricoltura esistono aziende capaci di generare valoreaggiunto, con performance apprezzabili in termini difatturato, nuova occupazione e strategie di mercato. Sonorealtà che possono moltiplicarsi, a patto che s’investa nelsettore. Certamente la fase economica che stiamoattraversando è particolarmente difficile e la preoccupazioneper il futuro è forte, ma proprio in questo momento di crisil’agricoltura dovrebbe essere messa in grado di fare la suaparte anche dal punto di vista occupazionale e le giovaniimprese agricole possono essere determinanti nel processodi sviluppo, dando un contributo concreto all’Italia eall’Europa.

Certamente la formazione ha un ruolo preponderante. Lascuola deve essere sempre più collegata con la realtàimprenditoriale. Con Confagricoltura, abbiamo attivatosul territorio sinergie importanti come “Crea l’impresa”,realizzata a Ferrara per diffondere la cultura della gestioneaziendale tra gli studenti dell’Istituto tecnico agrarioNavarra, o “Xfarm”, appena partita a Grosseto per faremergere il talento imprenditoriale degli studenti del“Leopoldo II di Lorena”. Anche se non è sufficiente, è unpasso per costruire un ponte costante tra scuola e imprese,indispensabile per una formazione adeguata alle richiestedel mondo del lavoro e costituire un’efficace opzioneoccupazionale. Il percorso per diventare imprenditoreagricolo, soprattutto per chi non possiede terreni, è pienodi ostacoli. Sulla carta le opportunità ci sono, maoccorrono precise scelte di politica nazionale ed europeache agiscano sul credito, sul reperimento del bene terra esull’abbattimento della burocrazia. Servono tutti glistrumenti, anche finanziari, per far sì che sia possibileaccedere e operare in modo remunerativo, propositivo einnovativo. Qualcosa si è fatto con il decretoliberalizzazioni per la vendita e l’affitto dei terrenidemaniali e sono in discussione diversi disegni di leggeper favorire l’insediamento e l’imprenditoria inagricoltura. In pratica, occorre dare la concreta possibilitàdi “scegliere il campo”. d

Un settoreda modernizzare� di Nicola Motolese, presidente dell’Associazione nazionale giovani agricoltori �

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L’INTERVENTO

Gusto • 20 Maggio 2012

Presidiareil territorio

Il territorio è un concetto di cui ormai si abusa congrande leggerezza. Può addirittura giustificare fortichiusure, nel nome d’identità che alla fine risultanocome minimo vaghe; mentre nella comunicazioneriesce sempre ad ammantare di pregio prodotti anchemolto standardizzati. Il territorio si vende benissimo e

in maniera indiscutibilmente bipartisan. In realtà è un’idea mutuata dalla definizione tutta francese diterroir, inizialmente codificata per il vino, e dovrebberappresentare un’entità geografica «dove i valori patrimonialisono il frutto di relazioni complesse di lungo termine, checomprendono caratteristiche culturali, sociali, ecologiche edeconomiche, climatiche e geomorfologiche». I prodotti agricolie alimentari dovranno dunque essere fortemente caratterizzatida questi aspetti affinché li si possa connotare con la parola“territorio”. È importante che si tratti di aspetti risultanti daun lungo e lento processo evolutivo, in relazione allacoltivazione, all’allevamento, alla produzione del cibo: cose chenon si inventano dall’oggi al domani, anche se non neganol’innovazione. Un qualcosa di molto complesso, sempre unico,non omologabile, e che oggi è minacciato dalle crisiecologiche, economiche, climatiche e sociali che stannoinvestendo quasi tutte le zone del nostro Paese con tutto ilcomparto agricolo. Ecco perché Slow Food “presidia” alcuniprodotti: rischiano l’estinzione e per difenderli è necessario

agire all’interno di questo sistema complesso, il territorio,dando agli agricoltori supporto agronomico, ecologico,economico, culturale, di comunicazione. Essendo prodotti in via d’estinzione, i presìdi Slow Food sonoanche cibi per lo più rari. Questa loro rarità purtroppo fapensare ad alcune persone che siano nicchie marginali dalpunto di vista economico, o prodotti molto elitari perchéinevitabilmente più costosi della media. Ma i presìdi, vereespressioni di veri territori (e vere identità), sono qualcosa diparagonabile a una punta di diamante: sono storie esemplariche si difendono per farle ri-vivere, ma soprattutto perraccontare e dimostrare come si difendono interi territori conle loro produzioni. Che non sono soltanto le piccoleproduzioni più difficili da trovare: sono anche cibo quotidiano,carne, pesce, frutta e verdura che se locali e in stagione costanomediamente meno e sono più buoni. Insomma, parafrasandocon un certo ardire, potremmo sostenere che i presìdi servonoa «difenderne uno per difenderne cento». Per salvaguardare iterritori intesi nella loro concezione più complessa, menobanalizzata, nonché un tipo di qualità (organolettica, ecologicae sociale: «buona, pulita e giusta») che rimane sempre laconditio sine qua non perché si possa parlare di “territorio”.Una qualità che deve e può essere ricercata e praticata per ognitipo di produzione, anche la più comune, al di là delle parole,prima di tutto nel campo.d

� di Carlo Bogliotti, consigliere nazionale di Slow Food Italia �

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Sulle corde

del palato«LA MATERIA PRIMA E LA TECNICA

SONO I MEZZI CON I QUALICERCO DI REALIZZARE I MIEI SOGNI,

PERCHÉ LA COSA PIÙ IMPORTANTE È L’IDEA».L’ARTE CULINARIA DI MASSIMO BOTTURA

� di Renata Gualtieri �

Itortellini, la mortadella, ilparmigiano e tanti altri ali-menti emiliano-romagnolisono stati protagonisti

delle sue ricette e appartengonoal suo bagaglio di memorie inmaniera unica e imprescindi-bile. In ognuno dei “classici”dello chef Massimo Bottura vi sitrova un importante riferimentoalla sua terra d’origine, dal Ri-cordo del panino alla mortadellaalle Cinque stagionature del Par-migiano reggiano in diverse consi-stenze e temperature fino al

Croccantino di foie gras, omaggioall’aceto balsamico tradizionaledi Modena con il cuore di “Tra-dizionale” e la copertura croc-cante di nocciole Igp Piemontee mandorle di Noto, che è statoclassificato uno dei dieci piattiche ha cambiato la cucina mo-derna. «Questi ingredienti –precisa lo chef – trascendonodalla dimensione gastronomica,giocano un ruolo di tutt’altro li-vello nella mia memoria, sono lamia infanzia, dove il cibo hauna valenza diversa».

Si è definito un comunica-tore perché esprime quello cheè il suo territorio. Cosa le hatrasmesso e continua a tra-smetterle Modena, la sua città,e come ciò si rivela nella suacucina creativa?«La mia è una cucina di territo-rio e di tradizione vista da 10chilometri di distanza. Questosignifica che non credo che letradizioni vadano prese e postein una teca di vetro sigillata, inun museo, ma dovrebbero esserein costante evoluzione. Dal •

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Gusto • 24 Maggio 2012

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canto mio, cerco di dare il mas-simo supporto ai prodotti ita-liani, e in modo particolare delmio territorio, che devonoesprimersi all’interno di un si-stema di autosostentamento. Mista molto a cuore riuscire a fare“sistema” sul territorio, accor-ciando la filiera per fornireun’immagine solida e ben carat-terizzata della nostra terra».

Materia prima e tecnicacome «comunicano, flirtano esi amano»?«La tecnica, nella cucina con-temporanea, è al servizio dellamateria prima, ovvero il nostroscopo è quello di preservare illavoro di grandiosi ed eroici ar-tigiani, allevatori, pescatori, ca-sari e contadini che ci mettonoa disposizione prodotti straordi-

nari. La materia prima e la tec-nica sono i mezzi con i qualicerco di realizzare i miei sogni,perché la cosa più importanteper me è l’idea. A partire daquest’ultima scelgo la materiaprima e la tecnica più adatte aottenere il risultato che ho inmente, ma su entrambe non cipuò essere improvvisazione,vanno padroneggiate con asso-luta dimestichezza e rispetto».

La sua tecnica di cucina nonnasce «per stupire ma per su-blimare appunto le materieprime». Ci può fare un esem-pio di questo processo di “tra-sformazione”?«Un giorno, uguale agli altri, tialzi la mattina e, guardando deimeravigliosi tagli di fassona pie-montese, ti chiedi: “ma perché

io devo seguire secoli di storiache mi impongono di bollire lacarne nell’acqua per creare ilbollito misto”? Ti confronti conuno storico, il professor Mas-simo Montanari, il quale tispiega che il bollito nasce perl’esigenza di recuperare le carniche erano state utilizzate percreare il consommé e che diconseguenza erano state createsalse forti per necessità di pa-lato. Da quella mattina cambiatutto. Abbiamo smesso di bol-lire la carne nell’acqua utiliz-zando la bassa temperatura, ilsottovuoto e il bagno termosta-tico. Si salvaguardano così vita-mine, proteine (temperatura) eproprietà organolettiche (cuo-cendo senza disperderle nell’ac-qua). Dopo aver ottenuto lapurezza dei sapori dei singoli

La mia è una cucina di territorio e di tradizionevista da 10 chilometri di distanza

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Sopra, Bollito misto

non bollito; nella

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pezzi occorre ripercorrere men-talmente la memoria palatale diquello che è il bollito misto,comprese le salse. In questomodo la carne diventa la prota-gonista del piatto. Salse non piùinvadenti e protagoniste ma cheaccarezzano le carni, in punta dipiedi, toccando però le cordedella memoria. Sottolineo l’im-portanza di questo passaggio,perché il gourmet moderno ha ilpalato indissolubilmente legatoai propri ricordi».

La ricerca, quasi “mania-cale”, delle materie prime che«devono essere sempre le mi-gliori in assoluto», che è unaregola sua e della Francescana,

come avviene?«Può avvenire in molti modi,l’importante è non dare mainulla per scontato e non per-dersi nella quotidianità: in qual-siasi situazione si può incontrareun allevatore appassionato o ungrande casaro. A volte ci scri-vono, o ci mandano i loro pro-dotti, a volte passano a trovarci,o li incontriamo in giro per ilmondo. Il passaggio più impor-tante è essere sempre disponibilia scoprire qualcosa di nuovo einteressante».

Con il cambio di stagione sipreparano nuovi piatti. Qual èla materia prima che prediligeed è presente in un suo piatto

primaverile e in uno estivo?«La stagionalità è fondamentale.Quando mi chiedono una ri-cetta da consigliare per il pub-blico dico sempre che la cosamigliore è dedicare 15 minutiuna volta ogni 2 giorni alla ri-cerca di ingredienti freschi, daun buon fruttivendolo o in unamacelleria di fiducia. Oggi inosteria Francescana serviamo unpiatto chiamato Pensa verde, cheè l’evocazione dell’esplosionedella primavera, dell’erba ta-gliata e della mucca al pascolo.Tra la clorofilla, le polveri dizucchine e gli asparagi disidra-tati, inseriamo il latte cagliatodella mattina, prima che diventiParmigiano reggiano».

Croccantino di foie gras - photo by

Per-Anders Jorgens,Malmo, Sweden

Le cinque stagionature del Parmigiano

Reggiano - photo by Paolo Terzi, Modena

Ricordo di un panino alla mortadella - photo by

Per-Anders Jorgensen, Malmo, Sweden

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FORNELLI D’AUTOREPaolo Marchi

Gusto • 28 Maggio 2012

A caccia

di talenti«NON CI INTERESSA QUELLO CHE FANNO TUTTI –SPIEGA IL GIORNALISTA PAOLO MARCHI – MA SOLO LESCELTE CORAGGIOSE, PER ANTICIPARE I TEMPI E NONACCONTENTARSI DI DUE RICETTINE SIMPATICHE»

� di Renata Gualtieri �

Nell’introduzione alla“Guida ai ristorantid’autore di Italia,Europa e Mondo

2012” di Identità Golose, ilgiornalista enogastronomicoPaolo Marchi ha scritto: «È fa-cile - in Italia soprattutto - es-sere d’accordo con chi va per lamaggiore. Noi rischiamo di sba-gliarci, però perché acquistareuna guida che ti invita a farequello che quasi tutti sannogià?». È una guida per chi escela sera o occupa il fine settimanaespressamente per pranzare daquesto o quel ristoratore. «Fos-simo un quotidiano – chiariscePaolo Marchi – saremmo un fo-glio di commenti, legati allacronaca sia chiaro, ma magarisenza i risultati della DomenicaSportiva se non ve ne fossero di

eclatanti». L’obiettivo primariorimane dunque quello d’inco-raggiare i lettori a visitare inuovi posti, a dare fiducia a chisi è da poco affacciato sul mer-cato e deve lottare contro tuttoe tutti per farsi conoscere, a ri-conoscere i maestri dagli esecu-tori per quanto bravi possanodimostrarsi. «Come si legge inapertura del “Piccolo Principe”,“siamo stati tutti dei bambinima quasi tutti prima o poi se loscordano”».

Chi è secondo lei il Mara-dona ai fornelli e di quali qua-lità è dotato?«Lo stiamo cercando. Maradonaera Ferran Adrià, che ora ha tra-sformato il Bulli da ristorante infondazione. Fuoriclasse è il da-nese Renè Redzepi, che con il

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29 • GustoMaggio 2012

Nella pagina a fianco, Paolo Marchi,

giornalista enogastronomico ideatore

di “Identità Golose”

Noma a Copenhagen ha postola cucina dei paesi nordici nellevette delle classifiche; fuoriclassenella sua scia è lo svedese Ma-gnus Nilsson e così, a San Paoloin Brasile, Rodrigo Oliveira,chef e titolare del Mocotò. Sonotutte persone che hanno benpresente il territorio in cui vi-vono e ogni sua storia, masanno vivere il presente guar-dando al futuro con mente eocchi nuovi, senza vivere il pas-sato come una gabbia».

Al di là della querelle tra ge-neri, chi si sente di segnalaretra le donne chef ha e comequeste donne sono capaci diessere leader e fare squadra incucina?«Mi piace indicare Viviana Varese,del Ristorante Alice a Milano; Au-rora Mazzucchelli, del Marconi aSasso Marconi; Iside De Cesare,della Parolina a Acquapendente,all’intersezione tra Toscana, Lazio eUmbria; Cristina Bowerman, diGlass Hostaria a Roma; Antonella

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FORNELLI D’AUTOREPaolo Marchi

Gusto • 30 Maggio 2012

Ricci, del Fornello da Ricci a Ce-glie Messapica. Hanno personalitàda leader, sono delle trascinatrici,non fanno le cuoche con la testadella mamma casalinga, non sifanno mettere in ombra dai lorocompagni, sanno essere innova-tive, sono chef nel senso letteraledel termine: sono dei capi. Poihanno le loro sacrosante vite pri-vate e allora eccole pure madri,mogli e così via, ma questo restafuori dalla cucina. Una grande im-presa in Italia già per gli uomini.Mi auguro che si dimostrino piùintelligenti dei colleghi maschiettie sappiano fare squadra».

Chi è una stella tra i giovanio le giovanissime chef?«Due nomi su tutti, uno per

Un’immagine del ristorante brasiliano Mocotò Il migliore ristoranteal mondo è il Mocotò, esistedal 1973 in un quartierepovero e perifericoa San Paolo in Brasile

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sesso: Lorenzo Cogo, patron delCoq a Marano vicentino, risto-rante che il 6 maggio festeggia ilprimo anno di vita, e AntoniaKlugmann, triestina, già titolaredi un locale a Pavia di Udine,dall’autunno al timone dell’Ar-gine a Dolegna del Collio, sulconfine con la Slovenia».

Cosa distingue una semplicericetta da una di vero talento?«La sua originalità e la comples-sità data non tanto dal numero di

materie prime usate (che, in ge-nerale, meno sono e meglio è perl’equilibrio del piatto stesso),quanto dai passaggi e dalle tecni-che necessari per la sua esecu-zione. Si può arrivare a unrisultato chiaro e all’apparenzasemplice anche attraverso unpercorso impervio che in salanemmeno risulta. In ogni modo,il vero talento è quello che nonsolo ti stupisce con quello che timette sotto gli occhi, ma che saanche preparare qualcosa che, fi-

nito lo stupore, risulti golosa-mente buono».

Qual è il migliore ristorante almondo dalla «sconosciuta tratto-ria andina al magico locale asia-tico o la pizzeria sulla costiera»?«Il Mocotò a San Paolo in Bra-sile, locale che esiste dal 1973 inun quartiere povero e perifericodella metropoli paolista, apreogni giorno dell’anno e serve damangiare e da bere dalle 12 delmattino a notte fonda».

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POLITICHE AGRICOLEMario Catania

Ripartire dalle impreseRIMETTERE LE ISTANZE DEGLI IMPRENDITORIAL CENTRO DELL’AGROALIMENTARE. È L’INTENDIMENTOCHE EMERGE DALLE ULTIME MOSSE DEL MINISTEROGUIDATO DA MARIO CATANIA

� di Giacomo Govoni �

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33 • GustoMaggio 2012

All’inizio dell’anno ilministro delle Politi-che agricole MarioCatania lo aveva detto

a chiare lettere: «Non c’è maistato un approccio così radicalealle questioni relative ai rapportiinterni alla filiera agroalimen-tare». Parole che ricalcavano unafermezza d’intenti, messa subitonero su bianco nel cosiddetto“pacchetto alimentare” inseritonel decreto liberalizzazioni. Unaprima tornata di interventi nor-mativi improntati al rilanciodegli investimenti nel comparto,ma soprattutto a tamponarel’emorragia di aziende medie epiccole che, tra l’ultimo invernoe la primavera in corso, hannodovuto soccombere di fronte aiventi contrari, spirati sotto-forma di pagamenti eccessiva-mente ritardati e contestuale

aggravio dei costi di produ-zione. Una situazione insosteni-bile per il tessuto produttivo delsettore primario, tradotta in ma-niera eloquente dai dati relativialle aperture e chiusure di im-prese nel primo trimestre 2012,divulgati di recente da Unionca-mere. Del saldo negativo di circa26mila aziende rimaste sul ter-reno rispetto allo stesso periododel 2011, oltre la metà - 13.335per la precisione - provengonodal settore agricolo, azzoppatotra l’altro da una dinamica cre-ditizia che non accenna ad al-lentare la sua stretta. Unprimato amaro, di cui le prime anon andare orgogliose sono leassociazioni di categoria, chenon sono certo rimaste a guar-dare e hanno fatto sentire la lorovoce: «A marzo i prezzi pagati

agli agricoltori – fa sapere Col-diretti – sono scesi del 2,3 percento rispetto allo scorso annomentre si è verificato un au-mento dei costi a partire dal ga-solio, rincarato del 44 per cento.Il credit crunch ha colpitoanche i campi, dove sei impreseagricole su dieci hanno diffi-coltà ad accedere al credito, conil costo del denaro in agricolturache ha raggiunto il 6 per cento erisulta superiore del 30 percento a quello medio del settoreindustriale». Un clima di perdurante preoc-cupazione che l’applicazionedella nuova Imu avrebbe ulte-riormente appesantito, nonfosse stato per il tempestivo in-tervento correttivo del ministeroche ha contribuito sia all’esclu-sione dei terreni agricoli dallarevisione catastale che all’alleg- •

POLITICHE AGRICOLEMario Catania

Mario Catania,

ministro delle

Politiche agricole,

alimentari e forestali

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Gusto • 34 Maggio 2012

Vola l’alimentare made in Italy in Cinadove, secondo dati sul commercio esterodi febbraio divulgati dall'Istat,aumenta del 36,3 per centoil valore delle esportazioni

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POLITICHE AGRICOLEMario Catania

35 • GustoMaggio 2012

gerimento di alcune misure fi-scali, come ad esempio la ridu-zione al 30% del pagamentodell'acconto Imu di giugno2012 per i fabbricati rurali. Ca-pitolo Imu a parte, uno dei temipiù spinosi rimane comunquequello relativo ai travagliati rap-porti con la Gdo, su cui l’ope-rato del ministero si è schieratodecisamente dalla parte delleaziende agricole. Prova ne è l’ar-ticolo 62 del decreto liberalizza-zioni, in cui si prescrivel’obbligo dei contratti scritti eviene stabilito entro un mas-simo di sessanta giorni il ter-mine di pagamento a favore deiproduttori agricoli e delle indu-strie alimentari da parte dellagrande distribuzione. Un prov-vedimento che non ha mancatodi provocare la prevedibile le-vata di scudi della Gdo, checonsidera le misure inapplica-bili. Ma la direzione imboccata

dall’esecutivo sembra al mo-mento non ammettere replichee la volontà di tirare dritto tra-pela anche dall’annuncio di «fu-turi ricorsi a nuovi strumentilegislativi se la Gdo dovessecontinuare con atteggiamentipoco costruttivi». A monte delle azioni politichepredisposte dal ministro Cata-nia, insomma, spunta unanuova considerazione del ruolodell’agricoltore e la convinzioneche il sostegno alla redditivitàdelle imprese possa essere lachiave di volta per vincere labattaglia a favore di un com-parto che, nonostante tutto,continua a mietere soddisfa-zioni fuori dai confini nazio-nali. Stando ai dati calcolati daIsmea, infatti, il momento diforte stagnazione dei consuminon ha rallentato l’export, cheha registrato un incrementocomplessivo dell’8,5% rispetto

al 2010. Numeri confortanti,ma che diventano addiritturaentusiasmanti se si stringel’obiettivo sui mercati orientali.Vola l’alimentare made in Italyin Cina dove, secondo dati sulcommercio estero di febbraiodivulgati dall'Istat, aumenta del36,3 per cento il valore delleesportazioni che contribuisconoa trainare le buone performancefatte registrare dalle esporta-zioni del settore a livello mon-diale (+12,7 per cento). E fa uncerto scalpore anche la grandeimpennata dell'agroalimentarein un paese commercialmentestrategico come gli Emiratiarabi, dove le esportazioni nel2011 sono aumentate del 30per cento rispetto al 2010. Apiacere agli asiatici, oltre aivini, sono l’olio di oliva, lapasta, che in Cina ha visto unincremento del 60 per cento, eformaggi.

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POLITICHE AGRICOLEMario Guidi

Gusto • 36 Maggio 2012

Per il sistema italianodelle produzioni di qua-lità certificata guardaredall’alto al basso tutti

gli altri paesi europei è una pia-cevole abitudine. Con i ventinuovi prodotti a denominazionecontrollata iscritti nel registroeuropeo nel 2011 si arricchisceulteriormente il paniere agroali-mentare dell’Italia, già primati-sta nel 2010 con 219 prodottiDop, Igp e Stg riconosciutidall’Ue. Un’immagine di asso-luta eccellenza che, dovendotuttavia fare i conti con l’effettoboomerang prodotto dal feno-meno della contraffazione, ri-chiede strategie di difesa e divalorizzazione sempre più effi-caci. «Spesso abbiamo la sensa-zione – rivela Mario Guidi,

presidente di Confagricoltura –che si faccia una promozioneastratta dimenticando quelloche occorre ai veri protagonistidel business all’estero: gli im-prenditori».

Malgrado la flessione degliultimi mesi, export e interna-zionalizzazione restano cartevincenti per diffondere i nostriprodotti a denominazioneprotetta. A livello nazionale,risorse e strategie politichesono adeguate in questosenso?«Espandersi su nuovi mercati èindubbiamente vitale: il mercatointerno mostra chiari segnali diflessione ed è essenziale cercarenuova domanda, a meno di nonvoler pensare all’agroalimentare

come a una filiera che deve con-tenere la propria crescita. Ilfatto è che, al di là delle risorse,sembra appunto mancare unastrategia di internazionalizza-zione che riconosca all’agribusi-ness il suo giusto ruolo nellatenuta della bilancia commer-ciale nazionale. Quando si èprima soppresso e poi “fatto re-suscitare” l’Istituto per il com-mercio estero, si sono affidate lelinee strategiche a una cabina diregia da cui l’agricoltura, a diffe-renza di tutti gli altri settori, èstata - ed è ancora - completa-mente esclusa. Nel progettare lepolitiche per l’internazionalizza-zione tutto questo non si puòtrascurare».

Capitolo Pac: la riforma che

strategie

per la crescitaIN UN MERCATO INTERNO CHE VA SEMPRE PIÙ STRETTOALLA FILIERA AGROALIMENTARE ITALIANA, MARIO GUIDICHIEDE «IL GIUSTO RUOLO PER L’AGRIBUSINESS »

� di Giacomo Govoni �

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POLITICHE AGRICOLEMario Guidi

37 • GustoMaggio 2012

si va delineando, quali pro-spettive prefigura per le filiereche operano nella produzioneagroalimentare di qualità?«Una riforma della Pac è neces-saria, ma le proposte dellaCommissione sono gravide dirischi per le produzioni di qua-lità certificata come per tutte lealtre. La riduzione delle risorseper la spesa agricola, ad esem-pio, è il primo elemento nega-tivo. Ma c’è anche laprospettiva di liberalizzazionedi alcuni settori su cui dob-biamo riflettere: dalla fine, chesembra già scritta, delle quotelatte alla liberalizzazione dei di-ritti di impianto vitivinicoli.Sui pagamenti diretti la fissa-zione di un premio unico incambio di onerosi impegni di

“inverdimento” mina la compe-titività di molte aziende, speciedi grandi dimensioni. Ancorauna volta si sta percorrendo lastrada della selettività a dannodelle grandi aziende, col rischioconcreto di ridurre ancora dipiù il potenziale produttivo.Per fortuna non mancano notepositive: gli incentivi per l’assi-curazione del reddito dei pro-duttori, ad esempio, che puòservire ad accrescere la fiduciadegli operatori».

Allo stato attuale, quali fi-liere di prodotti ancora sotto-valutate dal consumatorenecessitano di più sostegnoalla produzione e commercia-lizzazione?«Quanto ai prodotti che hanno

ottenuto la certificazione comu-nitaria di origine, oggi possiamodire che c’è ancora una largafetta di essi che non raggiungedimensioni critiche per il mer-cato e per l’export. Qui, comed’altronde per tutte le produ-zioni agricole nazionali, serveuno sforzo per incentivare laproduzione anche se spesso ladefinizione di areali di produ-zione troppo ristretti vincolal’espansione di quantitativi efatturati. Anche sulla commer-cializzazione l’esigenza di piùsbocchi di mercato è generaliz-zata; anche per le grandi Dop oi grandi vini, che non di radosono in difficoltà».

Al di là di un’efficace attivitàrepressiva, è opinione diffusa •

Mario Guidi,

presidente nazionale

di Confagricoltura

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POLITICHE AGRICOLEMario Guidi

Gusto • 38 Maggio 2012

che frodi e contraffazioni pro-sperino anche per via di unamancanza d’informazione ecomunicazione, nazionale ecomunitaria: il rilancio dellanostra qualità agroalimentarepassa anche da qui?«Sicuramente. Far conoscereesattamente al consumatorecos’è il made in Italy agroali-mentare limiterebbe drastica-mente falsi e contraffazioni.Perché il “falso agroalimentare”è un falso inconsapevole, a dif-ferenza di chi compra un capo oun accessorio alla moda e lopaga magari pochissimo, sa-pendo benissimo che non sta ac-quistando l’originale. Iconsumatori stranieri di agroali-mentare italiano “taroccato”sono convinti invece di acqui-

stare prodotti made in Italy equesto è un doppio danno: di-retto sui fatturati, che vengonomeno al nostro export; maanche indiretto, perché la scarsaqualità ovviamente pregiudicafuturi acquisti».

Dall’Ue si ventila un’aper-tura alle autorizzazioni Ogm:quali ricadute avrebbe tale mi-sura sulla sorte dei nostri pro-dotti tipici?«A dire il vero il regolamentoche “aprirebbe” agli Ogm, difatto assegna anche agli Statimembri la completa libertà diimpedire la coltivazione di tran-sgenico sul proprio territorio. Sipuò immaginare che applica-zione avrebbe in Italia un simileprovvedimento. In ogni caso

bandire gli Ogm dai nostricampi non significa bandirlidalle nostre tavole. Il transge-nico è liberamente utilizzabilenelle produzioni alimentari e, sepresente, c’è l’obbligo di indi-care la sua presenza in etichetta.Gli Ogm sono soprattutto uti-lizzati come mangimi, anchenelle filiere delle produzioni cer-tificate a denominazione di ori-gine; in questo caso senza dareevidenza nel prodotto finale ditale utilizzo. In conclusione,nulla lascia presagire che si su-peri a breve il dualismo tuttoitaliano del divieto di coltiva-zione abbinato alla libera utiliz-zazione di Ogm. Su questo“paradosso”, dovremmo ragio-nare una buona volta in manieralaica e distaccata».

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POLITICHE AGRICOLEArturo Semerari

Gusto • 40 Maggio 2012

Il futuro incertodell’agroalimentare L’AGRICOLTURA ITALIANA STA ATTRAVERSANDOUNA FASE INTERLOCUTORIA: AL CEDIMENTODEI PREZZI DEI PRODOTTI RISPONDONOIL RICORSO ALL’EXPORT E UNA POLITICA GOVERNATIVAFINALMENTE EFFICACE. NE PARLA ARTURO SEMERARI

� di Francesco Bevilacqua �

L’avvio del 2012 non èstato facile per l’agri-coltura, che sta fa-cendo i conti anche

con una progressiva caduta deiprezzi alla produzione. Segnalipositivi provengono però dai re-centi provvedimenti governativi,come osserva il presidente del-l’Ismea Arturo Semerari: «L’arti-colo 62 del decretoliberalizzazioni punta a riequili-brare i rapporti commerciali trai vari soggetti della filiera agroa-limentare, imponendo tempi dipagamento più rapidi. Maanche lo sblocco dei contratti difiliera permetterà di rimettere inmoto circa 250 milioni di euroin un triennio».

Come si presenta il settore

agroalimentare in base ai daticongiunturali più recenti?«L’agricoltura italiana, secondoi recenti dati diffusi dall’Istat,ha registrato nel 2011 un calodel valore aggiunto dello 0,5per cento, che dimostra una so-stanziale tenuta del settore,seppure in un quadro congiun-turale decisamente sfavorevole.Il costante incremento dei costidi produzione, a causa soprat-tutto dei rincari dei prodottienergetici, le diffuse difficoltàdi accesso al credito e la scarsaredditività sono tra i problemiche da tempo assillano il set-tore primario e che hannoavuto una drammatica accelera-zione con la crisi economico-fi-nanziaria del 2009 e con la piùrecente recessione».

Ritiene che l’export possacostituire un valido supportoper l’economia del settore?«L’export, come per gli altrisettori di punta dell’economianazionale, rappresenta oggil’unico vero stimolo alla cre-scita dell’agroalimentare ita-liano, dal momento che daalcuni anni i consumi interni sistanno riducendo, a fronte diuna progressiva erosione delpotere di acquisto delle fami-glie. Nel 2011 le esportazionidei prodotti agroalimentarihanno raggiunto la cifra di 30miliardi di euro, registrandoun aumento dell’8 per cento subase annua, grazie anche albuon contributo della do-manda proveniente dai Paesiextra-Ue. È evidente che l’effi-

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41 • GustoMaggio 2012

cace presidio dei mercati esterie, in particolare, l’orienta-mento verso quelli emergenti,sarà la carta vincente per ilmade in Italy. I dati dei pro-dotti più rappresentativi del-l’agroalimentare italiano -vino, pasta, salumi e formaggi- sono stati l’anno scorso deci-samente favorevoli, confer-mando il successo delle nostreesportazioni anche negli sboc-chi meno tradizionali».

Le discrepanze fra i dati re-lativi alle oscillazioni deiprezzi delle materie prime equelli riguardanti i prodottifiniti rappresentano un grossoproblema per gli operatori eper i consumatori? «Da qualche tempo stiamo assi-

stendo a una ripresa dei prezzi alconsumo per i prodotti alimen-tari e le bevande e a una nuovafase inflattiva alla produzioneindustriale. Al contrario, le quo-tazioni dei prodotti agricolistanno registrando, alla primafase di scambio, diffusi cedi-menti, che interessano in parti-colare le coltivazioni. In basealle ultime rilevazioni del-l’Ismea, a marzo i prezzi agricolihanno accusato una flessione del2,3 per cento su base annua,complice l’andamento forte-mente negativo del compartovegetale (-6,4 per cento). Anchenei due mesi precedenti i prezzihanno teso chiaramente al ri-basso, manifestando una cadutain atto rispetto all’inizio del-l’anno. Nel breve periodo non

sono attesi recuperi, ma si temeal contrario un’accelerazionedella dinamica negativa dellequotazioni all’origine. Alcunicomparti, come quello cereali-colo - di cui l’Ismea ha già indi-cato nelle sue previsioni unforte aumento delle superfici in-vestite, con prevedibili riflessisulla produzione - potrebberoinfatti accusare ulteriori cedi-menti. La speranza è che talimovimenti al ribasso possanotrasferirsi anche alle fasi a valle,fino al consumo, favorendo intempi brevi una ripresa degli ac-quisti da parte delle famiglie.Sarebbe al contrario un pro-blema se a fronte di una cadutadei prezzi alla produzione si re-gistrasse un’ulteriore spinta in-flattiva al consumo».

Arturo Semerari,

presidente dell’Ismea,

Istituto di servizi per il

mercato agricolo

alimentare

L’export dei prodottipiù rappresentatividell’agroalimentare italianoè stato l’anno scorsodecisamente favorevole

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ABITUDINI ALIMENTARIMarilena Colussi

Gusto • 42 Maggio 2012

IN TEMPO DI CRISI GLI ITALIANI RIDUCONOI CONSUMI ALIMENTARTI, SENZA PERQUESTO RINUNCIARE ALLA QUALITÀE AI PIACERI DELLA BUONA CUCINA.NE PARLA MARILENA COLUSSI

A tavolal’Italia checambia

Èun’Italia più propensaal risparmio, a unaspesa meditata e conmeno sprechi, ma

anche a stili di consumo alterna-tivi quella che emerge da un’at-tenta analisi dell’evoluzione deicomportamenti di acquisto dellapopolazione. In campo alimen-tare, soprattutto, la crisi nonsolo sta inducendo a metterequalche prodotto in meno nelcarrello, ma anche a scoprire oriscoprire valori, emozioni e sa-pori. E così se è vero che, se-

condo i dati recentemente dif-fusi dalla Cia, nel 2011 i con-sumi di cibi e bevande sonocalati del 2 per cento, è altret-tanto vero che contemporanea-mente si stanno diffondendomodalità di acquisto fino a pocotempo fa considerate “di nic-chia”. La conferma arriva daMarilena Colussi, ricercatricespecializzata nel campo del cam-biamento alimentare, sociale edell’immigrazione, nonché pre-sidente di Mc Colussi: «I consu-matori stanno mettendo in atto

strategie diversificate per cercaredi risparmiare sulla spesa, speri-mentando anche nuovi canali.Penso agli acquisti diretti pressoi farmer’s market, ma anche aigruppi di acquisto solidale,senza dimenticare l’autoprodu-zione».

Può fare qualche esempio?«Recentemente ho condottoun’indagine quantitativa su uncampione di duemila individui,dalla quale è emerso che quasi il9 per cento degli intervistati

� di Guido Puopolo �

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ABITUDINI ALIMENTARIMarilena Colussi

43 • GustoMaggio 2012

mangia pane fatto in casa.Anche l’abitudine di consumareil pranzo in ufficio, evitando direcarsi al bar o al ristorante, èsintomo di una tendenza al ri-sparmio sempre più evidente,che accomuna un numero cre-scente di lavoratori. Altrettantosignificativo è il fatto che, perquel che riguarda l’acquisto delvino, oggi circa il 25 per centodei consumatori dichiara di ri-volgersi direttamente al produt-tore, una modalità alternativa aiclassici canali di acquisto rappre-

sentati dalla grande distribu-zione».

A proposito della grandedistribuzione, quali sono gli“espedienti” più significativiadottati dai consumatori percercare di salvaguardare il loropotere d’acquisto?«Stiamo assistendo a un incre-mento significativo nell’acquistodi prodotti a “marca insegna”,ovvero prodotti con il marchiodell’insegna commerciale, chepossono arrivare a costare anche

il 25 per cento in meno rispettoalla marca leader. Tali articoli,infatti, oggi garantiscono un li-vello qualitativo e una diversifi-cazione tale da soddisfare le piùdiverse esigenze. Un segnale po-sitivo, che avvicina l’Italia aglistandard dei paesi nord europei,dove questa tipologia di acquistoraggiunge anche punte del 40per cento sul totale. Le pratichedi consumo, dunque, si stannoorientando sempre di più versola ricerca del miglior rapportoqualità-prezzo, anche perché per

Sopra,

Marilena Colussi,

presidente di Mc

Colussi

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ABITUDINI ALIMENTARIMarilena Colussi

Gusto • 44 Maggio 2012

noi italiani è comunque moltodifficile rinunciare al piaceredella “buona tavola”, che è parteintegrante della nostra cultura,sia in termini di valori che dicomportamenti».

In effetti è significativoche, nonostante la crisi, negliultimi due anni, secondo i datiforniti da Ismea, le vendite diprodotti biologici nei super-mercati siano aumentate addi-rittura dell’11,5 per cento.Come interpreta questo dato?«Come un’ulteriore confermadel fatto che in campo alimen-tare gli italiani mediamente ri-cercano sicurezza, qualità egenuinità. I prodotti biologici,infatti, pur costando di più,vengono percepiti dai consuma-tori come alimenti sani e natu-rali, e proprio per questomeritevoli di un piccolo “sacrifi-

cio” economico. Se nel com-plesso si cerca di risparmiare,quindi, possiamo dire che susingoli items la gente è ancoradisposta a spendere».

Al di là della crisi, si puòdire che questi cambiamentisono anche il risultato delleprofonde trasformazioni chehanno attraversato la nostrasocietà negli ultimi decenni?«Certo. Sta cambiando la strut-tura demografica del nostroPaese. Oggi, ad esempio, ci sonosempre più single, che solita-mente non mangiano molto incasa, e quindi si recano menoanche al supermercato. Per que-sto credo che il dato diffusodalla Cia, per quanto sintomodi una situazione di difficoltà,debba essere analizzato in tuttele sue sfaccettature, tenendoconto anche di questi aspetti».

E i produttori come sistanno adeguando a questicambiamenti?«Chi negli anni passati ha inve-stito sulla qualità adesso ne racco-glie i frutti. Le aziende che sonostate capaci di affrontare la crisi inmaniera lungimirante possonocosì proporre prodotti in lineacon la nuova domanda dei consu-matori. Ma questo non sempre èsufficiente. La gente, quando sireca al supermercato, vuole averela possibilità di scegliere. È im-portante quindi non ridurre la va-rietà dell’offerta, perché altrimentisi rischia di dare un’apparenza diimpoverimento che di certo nongiova ai consumi. C’è bisogno diun patto di fiducia che coinvolgatutta la filiera alimentare, produt-tori e distributori, per innescareun circuito virtuoso a tutto van-taggio dei consumatori finali».

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47 • GustoMaggio 2012

Verso una correttacultura alimentareI MASS MEDIA SONO UN CANALE IMPORTANTEPER EDUCARE LE PERSONE A UN’ALIMENTAZIONE EQUILIBRATA.ATTRAVERSO RICETTE SANE MA SENZA RINUNCIARE AL GUSTO.IL PUNTO DI GIOACCHINO BONSIGNORE

� di Eugenia Campo di Costa �

«Credo che in tv sicucini troppo esi educhi poco auna corretta

cultura alimentare». È questa, insintesi, la visione di GioacchinoBonsignore, curatore della ru-brica Gusto del Tg5, da anni unappuntamento fisso nell'edi-zione delle 13 del telegiornale.Quando Enrico Mentana, ap-passionato gourmet, decise didedicare all'enogastronomia unospazio all'interno di un telegior-nale generalista, la cucina co-minciava ad affacciarsi suigrandi media di tutto il mondo,nascevano rubriche sulla stampaspecializzata, il movimentocreato da Slow Food e dal Gam-bero Rosso aveva cominciato auscire dalla nicchia e a diventareun tema di interesse generale. In

linea con questo trend nacque larubrica che tuttora catalizzaogni giorno l'attenzione dei te-lespettatori, raccontando lororicette, prodotti tipici e chef.Senza prescindere da caratteri-stiche importanti, come la tradi-zione dei piatti regionali, laqualità delle materie prime, lasalubrità degli alimenti.

Il Tg5 con la rubrica Gustoè stato tra i pionieri della cu-cina in televisione. Oggi sisprecano le trasmissioni televi-sive dedicate all'enogastrono-mia. A questo propositosecondo lei cosa dovrebbecambiare nell'approccio deimedia a questi temi?«Proprio attraverso i massmedia passano messaggi relativiall'obesità, alle diete e al so-

vrappeso. Gli stessi massmedia, contemporaneamente,trasmettono programmi di cu-cina, che talvolta propongonoricette piuttosto improbabili,che entrano quasi in contraddi-zione con l'attenzione a unadieta sana ed equilibrata. Ecco,io credo che si debba evitarequesta incoerenza. Non si puòlasciar passare un messaggio ge-nerico che comunica alle per-sone di cucinare e abbuffarsi enel contempo metterle in guar-dia sui problemi di salute chederivano da un'alimentazionesbagliata. Penso che il pro-blema sia proprio quello dieducare a una dieta equilibrata,parlare della sicurezza e dellasalubrità del cibo. Bisogna inse-gnare alle persone a mangiaremeno e meglio, e questo non

Gioacchino

Bonsignore,

giornalista televisivo,

cura la rubrica Gusto

all’interno del Tg5

BUONA TAVOLAGioacchino Bonsignore

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BUONA TAVOLAGioacchino Bonsignore

Gusto • 48 Maggio 2012

significa rinunciare al gusto,ma semplicemente stare più at-tenti alla qualità, sia delle ma-terie prime che del tipo dicucina».

Dal suo punto di vista, negliultimi anni è aumentata laconsapevolezza dell'impor-tanza di una dieta equilibratae dei cibi di qualità? «Questo tipo di cultura sta len-tamente diffondendosi. Bisognaperò tenere conto che il mo-mento di crisi economica chestiamo vivendo è particolar-mente delicato, perché c'è il ri-schio che i consumatoriacquistino i prodotti più econo-mici e quindi, spesso, di scarsaqualità. Non credo si debba ri-sparmiare sul cibo, i soldi spesinell'acquisto di prodotti alimen-tari sono un investimento sullapropria salute».

Molte ricette da lei proposteappartengono alle varie tradi-zioni regionali. Qual è oggi ilvalore aggiunto dell'essere fe-deli alla tradizione in cucina ecome va preservato questo va-lore in una fase in cui sonosempre più frequenti rivisita-zioni “estreme” dei piatti e

stanno prendendo sempre piùpiede sulle tavole italianeanche le cucine etniche e stra-niere?«La cucina italiana non deveperdere la sua tipicità. Le spe-cialità regionali sono un tesoroprezioso, parte integrante dellastoria del nostro paese. Questonon significa che non ci sidebba aprire a nuove culture. Intempi di globalizzazione, nonessere aperti alla cucina etnicasecondo me è un provincialismointollerabile ed è bene speri-mentare nuovi sapori, conoscerele culture straniere anche attra-verso il cibo. Tuttavia, nellostesso tempo, noi siamo la no-stra tradizione e l'Italia è unpaese con caratteristiche territo-riali molto forti che vanno man-tenute e valorizzate in quantorappresentano una componenteimportantissima della nostrastoria e della nostra cultura.D'altronde, si sa, la cucina ita-liana è famosa in tutto ilmondo».

Nel suo ultimo libro, “Lenuove ricette di Gusto”, c'èuna selezione di 120 ricettetratte da quelle presentatenella rubrica televisiva. In

base a quali criteri ha effet-tuato la scelta delle ricetteproposte?«Le ricette del libro sono facilida fare ma mai banali. L'obiet-tivo è presentare una cucina cherispetti la tradizione ma sia sem-plice da realizzare. Possiamo ri-spettare la storia dei nostripiatti, ma al contempo semplifi-care i passaggi di una ricetta, al-leggerire le materie prime e lecotture dei cibi. Credo si possacucinare un ottimo ragù tradi-zionale, ad esempio, selezio-nando carni più magre,eliminando il soffritto, accor-ciando i tempi di cottura, e il ri-sultato è comunque ottimo, mapiù leggero. Oggi si può elabo-rare la tradizione eliminandonei difetti e adattando le ricettealle esigenze attuali di qualità ebenessere, stando attenti soprat-tutto alla salubrità dei piatti».

Una parte sostanziosa delvolume, circa 80 ricette, è de-dicata ai dolci. Come mai hadeciso di porre tanta atten-zione ai dessert? «Credo che il dessert sia unpiacere che ci si concede sem-pre volentieri. A differenza diuna volta, oggi al ristorante

Non bisogna rinunciare al gusto,ma semplicemente starepiù attenti alla qualità

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BUONA TAVOLAGioacchino Bonsignore

49 • GustoMaggio 2012

non si ordinano più tutte leportate, tendenzialmente si sce-glie solo un primo o un se-condo ma non si rinuncia aldolce. Con le dovute atten-zioni, concedersi un peccato digola fa bene allo spirito. Inol-tre, sono convinto che prepa-rare dolci a casa possa ancheessere un momento significa-tivo da condividere con i proprifigli, un modo per educarli eper comunicare con loro, evi-tando al contempo di proporglimerendine confezionate congrassi idrogenati. Tra i dolciproposti nel libro, ad esempio,c'è una torta al cioccolatomolto semplice da realizzare,con piccole scaglie di fondente,deliziosa sia per i grandi che

per i piccoli. Trovo che questatorta sia abbastanza esemplifi-cativa di questa sezione che di-venta quasi un libro nel libro eche penso verrà sicuramenteapprezzata: tutti, in fondo,siamo un po' golosi».

Grazie alla collaborazionecon l'Associazione italianasommelier, le ricette del suolibro sono accompagnate daiconsigli sul vino più adatto daabbinare ai diversi piatti. «Sì, ogni ricetta del libro è ab-binata al vino ideale con ilquale gustarla e l'Associazioneitaliana sommelier ci ha aiutatinella scelta. La cultura del vinoè un altro elemento fondamen-tale della storia italiana: un

vino racconta sempre un terri-torio ed è divertente sperimen-tare abbinamenti diversi,informarsi su come le caratteri-stiche di un vino possano abbi-narsi a quelle di undeterminato piatto, valorizzan-done i sapori e permettendo digustarlo al massimo».

Lei quale tipo di cucina pre-ferisce?«In Italia consumiamo pocafrutta e verdura, prediligendotroppo spesso alimenti precon-fezionati e non salutari. Amomolto le verdure, varie e abbon-danti in ogni stagione e in ogniregione di Italia: un ottimo car-ciofo alla romana per me rap-presenta il massimo del gusto». d

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Gusto • 50 Maggio 2012

ITINERARIOTRA LEECCELLENZEITALIANE

Quella che troveretedi seguito è unaspeciale classificastilata dal comitato

di redazione di Gusto. Sappiamoche i nostri lettori sono estrema-mente attenti alla qualità delleproduzioni enogastronomicheitaliane. Per questo, abbiamopensato di proporre, per laprima volta, un vero e proprio“percorso dell’eccellenza” scan-dito da dieci, fondamentalitappe. Dieci quanti sono i pro-duttori che abbiamo selezionatotra ciò che di meglio ha da of-frire l’agroalimentare italiano.

Ma occorre fare alcune pre-messe. Le realtà menzionatenon sono state scelte, comespesso accade, seguendo i solidati economici, quindi fattu-rato, espansione e impatto sulterritorio. Né tantomeno ba-

Non una singola azienda, maun’unione di produttori che valoriz-zano i migliori frutti del territorio.Ovviamente Zucca e Melone ma so-prattutto la Pera mantovana Igp,punta di diamante dei frutteti locali.

Bellaguarda di Viadana (MN)

www.cocomerita.it

O.P.O. Bellaguarda

Uno tra i nomi più eccellenti della Val-policella. Su tutti, merita una menzioneil suo Amarone della Valpolicella D.o.c.Classico Vigneto Monte Sant’Urbano2007. Un vino raro per la sua ele-ganza e struttura, particolarmente vo-cato all’invecchiamento.

Pedemonte (Verona)

www.speri.com

Speri

L’azienda della famiglia Lemmi è an-noverata tra i produttori storici delParmigiano Reggiano. Una tradi-zione casearia iniziata già nel Sette-cento e che realizza un prodotto sta-gionato fino a 36 mesi apprezzatodai migliori intenditori.

Salsomaggiore Terme (PR)La Madonnina

www.caseificiolamadonnina.eu

Uno dei grandi custodi della tradi-zione dei salumi di Canossa. Il suo“Canossello”, il Culatello di Ca-nossa, si contraddistingue per la dol-cezza ottenuta grazie alla presenzadella Cotenna sul lato posteriore delprodotto.

Ciano d'Enza di Canossa (RE)

a cura diAndrea Moscariello

Gianferrari

www.gianferrari.it

BUONA TAVOLALa classifica di Gusto

È uno tra i migliori salumifici emiliani.I sapori tipici del modenese sono laforza dell’azienda Palmieri, con le ec-cellenze rappresentate da zampone ecotechino, ma soprattutto dalla morta-della Favola®, insaccata e cotta nellacotenna del maiale.

San Prospero (Modena)

www.mecpalmieri.it

Palmieri

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53 • GustoMaggio 2012

BUONA TAVOLALa classifica di Gusto

sandoci sulla quantità di premio citazioni ottenute nelle guidepiù blasonate. I nostri criteri divalutazione si sono concentrati,oltre che sulla qualità, anchesul rispetto delle metodologiedi coltivazione, allevamento orealizzazione dei prodotti tipicidelle nostre regioni.

Non solo, ad averci colpitosono stati quei produttori legatialla filiera corta. Quelli che sisono avvicinati ai consumatori,confrontandosi con loro e po-nendosi, nei rispettivi territoridi appartenenza, come genera-tori della “cultura del buono”.Queste aziende, infatti, cometutte quelle presenti sulla rivi-sta, contribuiscono ad arric-chire il patrimonio culturaleenogastronomico italiano.Vino, carne, olio, frutta. L’Ita-lia vanta, da nord a sud, impor-tanti primati in ogni ambitoagroalimentare. E a dimostrarloè l’enorme quantità dei suoiprodotti Dop e Igp. Ci è sem-brato giusto, pertanto, metterein primo piano questi esempi diqualità, simboli di come il si-stema Italia possa ripartire pro-prio dalla valorizzazione dellesue eccellenze.

È uno tra i più antichi e rinomati pasti-fici italiani. Benedetto Cavalieri è statodefinito “il Signore della Pasta”. Cele-bri i suoi “Spaghettoni” la cui consi-stenza è unica nel loro genere, occor-rono infatti ben 16 minuti per cuocerli.

Maglie (Lecce)Benedetto Cavalieri

Un esempio del gusto e della tradizionedel Salento esportati nel mondo.L’azienda produttrice del celebre OlioConte ha già ricevuto importanti rico-noscimenti internazionali affermandosicome un protagonista della tavola me-diterranea.

Sternatia (Lecce)

www.olioconte.com

F.lli Conte

Un maestro nella produzione del pi-stacchio verde di Bronte d.o.p. sgu-sciato evergreen. Il prodotto base,come vuole la tradizione, cresce solo inquest'area alle pendici dell'Etna, e haconquistato in primis il settore della pa-sticceria.

Bronte (Catania)Pietro Bonaccorso

www.pistacchioevergreen.it

Un nome legato alla migliore tradizioneolivicola italiana. Il suo “Oro d’Oliva”è un must per i palati più esigenti. Il suo“Arciprete” si distingue per il gustodolce derivante dalla migliore sele-zione delle varietà tipiche della Terrad'Otranto.

Arciprete (Brindisi)Stasi

www.agricolestasi.it

•Il Gran Deposito di Aceto BalsamicoGiuseppe Giusti è il più antico pro-duttore del celebre “oro nero” mo-denese”. Oggi è un simbolo dellabuona tavola in tutto il mondo, es-sendosi accattivato perfino le cucinedei Paesi d’Oriente.

Modena

www.giusti.it

Giuseppe Giusti

d

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CARNI ROSSELuigi Scordamaglia

Gusto • 56 Maggio 2012

Carne bovinala qualità è servitaCONSUMARE CARNE AL TEMPO DELLA CRISI SIGNIFICARIVOLGERE UNO SGUARDO PIÙ ATTENTO AL RAPPORTOQUALITÀ PREZZO. L’ANALISI DI LUIGI SCORDAMAGLIA

� di Giacomo Govoni �

La riscossa dei tagli “po-veri”. Immutati onori eriverenze per la nobilefiorentina, ma a finire

nei piatti degli italiani sonosempre di più bolliti, spezzatini,stracotti e stufati. A rimarcarlo èun’analisi condotta da Coldirettisulla base dei dati Ismea AcNielsen, da cui emerge che,nell’ultimo triennio, la crisi inmacelleria si è tradotta in unacontrazione del 6% degli acqui-sti di carne bovina e nella risco-perta di tagli di matricetradizionale. Forse un po’ menoblasonati, ma pur sempreespressione della qualità culina-ria italiana. «Il consumatore dioggi – sottolinea Luigi Scorda-maglia, vicepresidente di Asso-carni – continua a prestaremolta attenzione all’origine delprodotto valorizzando quellonazionale, ma allo stesso tempocomincia ad apprezzare le carni

di qualità importate dalle di-verse parti del mondo».

Com’è cambiato negli ultimianni il “gradimento” dei consu-matori nei confronti di bistec-che e insaccati e quale tendenzasi profila per il futuro? «Il gusto è cambiato, nel sensoche il consumatore è sempre piùattento e in grado, molto piùche in passato, di riconoscere lareale qualità della carne bovina.La sicurezza del prodotto èormai un prerequisito verso cuic’è sempre molta attenzione, mada cui occorre partire per co-struire la qualità organoletticavera, fatta di tenerezza, succu-lenza e giusta marezzatura. Unconsumatore che apprezza sem-pre di più anche il rapportoqualità prezzo offerto dai taglidel quarto anteriore, utilizzatisoprattutto nella preparazionedi hamburger e di carne maci-

nata il cui consumo continua adaumentare».

Oltre al noto apporto pro-teico, quali altre proprietà nu-trizionali fanno della carnerossa un alimento basilare?«Oltre alle proteine “nobili”, con-tenenti cioè una serie di aminoa-cidi essenziali che l’organismonon è in grado di sintetizzare au-tonomamente e assenti nellaquasi totalità degli altri alimenti,vanno ricordati altri nutrienti es-senziali. A cominciare dal ferro,anch’esso presente in una formamolto più assorbibile che nei ve-getali, lo zinco e alcune vitaminedel complesso B (B12 innanzi-tutto), la cui integrazione conaltri alimenti è estremamente dif-ficile e complessa. Inoltre, recen-tissimi studi hanno dimostratocome anche a parità di calorie ap-portate le proteine della carnetendano ad aumentare la massa

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d

magra corporea rispetto a moltialtri alimenti ricchi di carboi-drati, il che spiega la particolareefficacia di questo alimento nelcontrollo del peso corporeo».

In un confronto con la carnebianca, quali punti di forza puòmettere sul piatto la carnerossa?«La carne bovina è un prodottomolto più agricolo e meno indu-striale rispetto alla carne di altrespecie che hanno un ciclo moltopiù breve. Per i bovini ci vuole laterra, gli allevatori e il rispetto diritmi e tempi naturali incompri-mibili. Ed è chiaro che ciò si ri-flette sulla qualità, ma anche sulcosto del prodotto finito».

Cosa rispondete a recentistudi, condotti anche da or-gani autorevoli come la Schoolof public health della HarvardUniversity, che dimostrereb-

bero i “pericoli” derivanti dalconsumo della carne rossa esalumi? «In merito ai diversi lavori che as-sociavano la carne a varie patolo-gie, sta venendo fuori che i datiepidemiologici alla base di talistudi erano costantemente inade-guati, oltre che riferiti a paesi conun modello alimentare lontanis-simo da quello equilibrato ita-liano, dove la carne è presente inquantità corretta. Altre volte si ètrattato di studi strumentali fi-nanziati da altri settori preoccu-pati del ruolo e responsabilità chealtri alimenti ricchi di zucchero ecarboidrati hanno in realtà nelladiffusione dell’obesità, soprat-tutto infantile, in Italia».

Al di là di queste ricerche edell’aumento dei vegetariani,agli italiani la carne piace.Tant’è vero che per soddisfare ladomanda nazionale, la produ-

zione zootecnica deve ricorrereall’importazione. Nel confrontocon l’offerta estera, come neesce la carne nostrana?«Oggi la carne prodotta in Italiaha raggiunto standard estrema-mente elevati, ma anche la carneimportata deve rispondere a de-terminati standard. Però, in unmomento in cui il consumomondiale di carne bovina crescein particolare nei paesi emer-genti, dove il consumo di taleprodotto è un diretto indicatoredell’aumento di benessere dellapopolazione e la produzionemondiale rimane invece co-stante, bisogna evitare di sman-tellare la filiera bovina italianaed europea. Come invece vor-rebbe fare una delle peggioriproposte di riforma della poli-tica agricola comune che laCommissione europea abbiamai presentato e che è oggi indiscussione a Bruxelles».

Luigi Scordamaglia,

vicepresidente

di Assocarni

e amministratore

delegato

di Inalca Spa

La carne bovina è unprodotto più agricolo emeno industriale rispettoalle carni di altre specie chehanno un ciclo più breve

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Gusto • 58 Maggio 2012

LA CULTURA DELLA CARNEEliana Fiori

I CONSUMI DI CARNE STANNO CALANDO E SOPRATTUTTOCAMBIANDO. TORNANO SULLE MENSE TAGLI, UN TEMPOCONSIDERATI POVERI, CHE STIMOLANO LA CREATIVITÀIN CUCINA. NE PARLIAMO CON ELIANA FIORI

j di Valerio Germanico i

Tagli legatialla cucina del passato

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mancano i tagli per le bistecchee gli spezzatini. «L’offerta di carne, poi, non si li-mita certamente al bovino. Lanostra azienda, per esempio,tratta anche carni suine, ovine,equine e pollame. Ci approvvi-gioniamo, per quanto riguarda ilvivo, direttamente da produttoriagricoli locali, invece, per glianimali già macellati, acqui-stiamo carni che provengono siadall’Italia che dall’Europa. Per lecarni estere è ovviamente fonda-mentale la tracciabilità e i con-trolli sanitari su tutti i prodottiin ingresso. Tuttavia per garan-tire la sicurezza al consumatore èimportante, anche per la carnedi produzione interna, porre at-tenzione alle tecnologie e ai pro-cessi di produzione econservazione degli alimenti. La

Se fino ad alcuni decennifa la carne era conside-rata uno status symbol,segno di opulenza, ma

anche alimento base di una dietarobusta, negli ultimi anni havisto mutare il proprio ruolo neimenu degli italiani. Secondoun’indagine condotta da Coldi-retti, nel triennio 2009-2011 gliacquisti di carne bovina sonocrollati del 6 per cento. Dall’in-dagine, al di là del dato quanti-tativo, emerge anche unmutamento qualitativo: sonotornati sulle tavole i tagli unavolta considerati “poveri”, comecollo, trippa, lingua e carne perbolliti. Colpa della crisi economica? PerEliana Fiori, titolare della Rodadi Pontevico, in provincia diBrescia, azienda che lavora e di-stribuisce carne: «Certamente lacrisi ha un suo peso nelle sceltedi acquisto, ma soprattutto ècambiato il modo in cui vieneconsiderata la carne. Questa nonè più l’elemento predominantedella tavola, bensì un elementoche insieme agli altri contribui-sce alla formulazione della dietaalimentare. La stessa scelta ditagli diversi da quelli più pre-giati, va vista anche come una ri-cerca di nuove ricette perriscoprire sapori che, se untempo erano legati a una cucina“minore”, oggi hanno perso con-notazione». Anche perché fra itagli meno pregiati del bovino sitrovano ottime carni succulenteper realizzare ragù, brodi, bolliti,arrosti, stracotti o polpette e non

nostra azienda confeziona lecarni macellate con i metodi piùmoderni e naturali. Fra questi, ilconfezionamento in atmosferacontrollata garantisce la fre-schezza del prodotto per untempo massimo di conservazionedi dieci giorni. Infatti, grazie al-l’impiego di particolari film pro-tettivi è possibile manteneresotto controllo le reazioni chimi-che, enzimatiche e microbiologi-che e inoltre far arrivare intattenel piatto del consumatore lequalità organolettiche dellecarni. Per tempi di conserva-zione superiori è possibile utiliz-zare il trattamento sottovuoto,che conserva il prodotto percirca trenta giorni, ritardando ilprocesso di deterioramento do-vuto all’aria e ostacolando lo svi-luppo di forme batteriche». d

La Roda Spa ha sede a

Pontevico (BS)

www.roda.it

Oggi la carne non è più l’elementopredominante della tavola, bensì insiemeagli altri contribuisce alla dieta

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Gusto • 60 Maggio 2012

j di Guido Puopoloi

LA CIVILTÀ CONTADINA E LA TRADIZIONE CULINARIA LOCALERIVIVONO NEI SALUMI E NEI PIATTI TIPICI DEL TERRITORIOMANTOVANO, COME RACCONTA STEFANO MERLOTTI

Il mantovanoterra di salumi

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61 • GustoMaggio 2012

d

potrebbe definirsi altresì uno “strol-ghino piccante”, e viene prodottaesclusivamente con carne nazio-nale, medesimo taglio da cui vienericavato il culatello, a testimo-nianza della qualità delle materieprime utilizzate. Successivamenteviene stagionata a macina medio-fine, aromatizzata da miscele diodori e spezie mediterranee, comepaprika, pepe e peperoncino e, in-fine, leggermente affumicata, perun gusto stuzzicante e deciso».

Quali accorgimenti seguitenelle vostre lavorazioni?«Il nostro salame è prodotto nel ri-spetto delle normative stabilite dalConsorzio del Salame Mantovano,il quale tutela le sue caratteristiche,uniche e strettamente legate al ter-ritorio. L'ingrediente fondamentalerimane la sola carne suina, arric-chita con l’aglio naturale, pelato edisperso nel vino rosso. Mi premesottolineare che il salame viene an-cora rilegato a mano, attraversouna vera e propria opera di mae-stria artigianale».

Quali sono, invece, le caratteri-stiche del pistume?

«Il pistume, come pre-visto dalla normativa diproduzione De.C.O.del Riso alla Pilota diCastel d’Ario, viene ot-tenuto solo ed esclusi-vamente dallalavorazione di carni disuino Italiano, freschenon congelate, accura-tamente mondate a col-tello. Prendendo spuntodall’impasto tipico perla produzione del sa-lame mantovano, e uti-lizzando appunto tagli

nobili lavorati e mondati con cura,il pistume viene prodotto senzal’aggiunta di nitrati e nitriti, pro-prio come vuole la tradizione».

Proprio con il pistume siprepara il famoso Risotto allaPilota. Da dove nasce questadenominazione?«Il nome curioso di questo piattotipico del mantovano, ha originedai braccianti delle riserie: nel dia-letto locale, infatti, le riserie sonodette “pile” e i “piloti” erano ap-punto coloro che vi operavano.Poiché il lavoro nelle “pile” si svol-geva in modo continuato, nonc’era molto tempo da dedicare allapreparazione del pranzo e questatecnica permetteva di preparare ilriso senza che fosse necessario se-guirne la cottura. Una voltapronto, il riso viene condito con il“pistùm rosolà”, vale a dire il pi-stume cotto separatamente, con lafacoltativa aggiunta del “puntel”(rinforzo) di costina, braciola, sala-mella e pancetta, cotti in teglia oalla griglia. Un piatto semplice maveramente delizioso».

Alberto e Stefano Merlotti del Salumificio Merlotti di Marmirolo (MN).

Qui sotto il tipico pistume e una confezione di salsiccia piccante,

tra i prodotti di punta dell’azienda

www.salumimerlotti.it [email protected]

Il sapore delle migliori carni disuino pesante portate alla giu-sta stagionatura, l’aromatizza-zione al vino e all’aglio,

l’insacco e la legatura fatti esclusi-vamente a mano e in budello natu-rale di maiale. È da ricercare nellaperfetta combinazione di questielementi il segreto che contribuiscea rendere il salame mantovano, ot-tenuto ancora seguendo gli inse-gnamenti tramandati dalla miglioretradizione contadina, uno dei pro-dotti più apprezzati dagli amantidella buona tavola. «Le carni alle-vate nel nostro territorio, caratteriz-zato per molti mesi all’anno da unclima umido e nebbioso, hannoquel qualcosa in più che ci per-mette di creare insaccati davverounici», afferma Stefano Merlotti,che insieme al fratello Alberto è allaguida del Salumificio Merlotti diMarmirolo (MN). Il SalumificioMerlotti, la cui attività ha avutoinizio nell’immediato dopoguerra aCastel d’Ario, paese natale del leg-gendario pilota automobilisticoTazio Nuvolari, da piccola bottegaartigiana nel corso del tempo si ètrasformato in un’azienda solida estrutturata, tanto che oggi, giuntoalla terza generazione diimprenditori, distribuiscei suoi prodotti sul territo-rio in modo capillare.

Quali sono gli ele-menti della tradizionesu cui si basa la vostraofferta?«I prodotti di cui siamopiù orgogliosi sono la sal-siccia piccante, il salamemantovano e quello chedialettalmente chia-miamo “pistume”. Lanostra salsiccia piccante

LA CULTURA DELLA CARNEStefano Merlotti

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Gusto • 62 Maggio 2012

I SAPORI TRADIZIONALI DICHIARAVALLE DELLA COLOMBA.FEDERICA E REMO PEVERICI PORTANO TRA I BUONI SALUMIDI UNA VOLTA

j di Emanuela Caruso i

L’ARTEDI “FAR SU” I SALUMI

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63 • GustoMaggio 2012

Peveri, punto focale del ciclo pro-duttivo del Salumificio – chi vienenella nostra bottega e ha voglia diprovare un salume eccellente e in-novativo, può scegliere il culatellocon cotenna o la mandola. Ilprimo è un salume tipico dal sa-pore a metà tra quello del culatellonormale e quello del prosciuttocrudo; viene fatto con la stessaparte del prosciutto usata per ilculatello, ma sulla parte grassaviene mantenuta la cotenna. Vienesalato a secco e massaggiato piùvolte, per essere poi stagionato. Lamandola, invece, è un salame diprosciutto dal gusto dolce e deli-cato e deve il suo nome alla somi-glianza che ha con il liuto; èprodotta con carne di prosciuttonazionale, condita con sale ma-rino, spezie e aromi macerati nelgutturnio, e si mangia affettata abreve stagionatura». Al Salumifi-cio Peveri va quindi il merito didare sapore, profumo e colorealle terre emiliane grazie allamaestria e all’arte di “far su” isalumi. d

Sono i sapori e i profumidella salumeria nostranaquelli che raggiungonol’olfatto e il palato quando

si arriva nel territorio piacentino diChiaravalle della Colomba, unicoin Europa a vantare tre riconosci-menti Dop. La bontà di prodotticome la goletta, il culatello con co-tenna e lo strolghino, di cui sierano perse le tracce e il gusto nelcorso degli anni passati, e la genui-nità di salami, coppe e pancette,tutti rigorosamente piacentiniDop. In tutto cinquantaquattroprodotti della salumeria piacentinaed emiliana che si riuniscono sottouno stesso marchio, quello del Sa-lumificio Peveri Carlo, oggi gui-dato dai figli del fondatore CarloPeveri, Federica e Remo. «Tutta lanostra produzione – spiega Fede-

rica Peveri, impegnatanell’amministrazione del-l’impresa e nella vendita inbottega – prevede l’utilizzodi carni fresche nostrane,di pochi ingredienti natu-rali, di lavorazioni artigia-nali e tradizionali e unalenta stagionatura di moltimesi nelle apposite cantinesotterranee, che grazie allabassa escursione termica ealla forte umidità garanti-scono un invecchiamentonaturale. Le sensazioni tra-smesse dal sapore dei nostrisalumi sono le stesse che prova-vano tanto tempo fa gli abitantidei territori emiliani, e le proprietàorganolettiche sono addiritturamigliorate poiché, attraverso lacollaborazione con la Stazione spe-

rimentale per l’industriadelle Conserve di Parma,siamo in grado di produrresalumi privi di additivi,glutine e lattosio o di altriparticolari allergeni». Nellanuovissima bottega di salu-meria tradizionale, apertada poco dai fratelli Peveri ededicata a tutti coloro chesanno e amano mangiarebene comprando prodottiartigianali e di qualità a unottimo prezzo, si trovanoappese tante diverse leccor-nie, ognuna con la capacitàdi imprimere nella mentedi chi le guarda e le assag-gia le proprie caratteristi-che e il proprio particolaresapore. «Tra salami, cula-telli stagionati, coppe epancette – continua Remo

LA CULTURA DELLA CARNEFederica e Remo Peveri

In apertura, Federica e Remo Peveri del Salumificio Peveri Carlo.

Nelle altre immagini, la mandola e alcuni dei salumi prodotti presso il Salumificio

www.salumificiopevericarlo.com

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Maggio 2012

AFFIANCANDO I GRANDICLASSICI EMILIANI, I NUOVISTILI DI CONSUMO,LA CRESCENTEATTENZIONE ALLEPROPRIETÀ NUTRIZIONALIE LE RECENTI TECNOLOGIEHANNO APERTO LA PORTAALLE CARNI ALTERNATIVE

j di Amedeo Longhi i

Terra di grandi tradi-zioni salumiere, Mo-dena fonda la suagastronomia su alcuni

capisaldi della produzione locale:zampone, cotechino e coppa ditesta sono i re delle carni suineemiliane. Questi prodotti sonoanche le referenze storiche del sa-lumificio Vecchi, che da più disessant’anni svolge la sua attivitànel centro di questa zona, a Ca-stelnuovo Rangone. «I prodottistorici – zampone e cotechino –

sono oggi inseriti nel relativoConsorzio di Tutela, che indivi-dua in Modena il loro luogod’origine. Si tratta di testimo-nianze gastronomiche Igp garan-tite da Ineq, l’Istituto Nord-EstQualità», spiega Luisa Falchi,moglie di Sergio Vecchi. I due co-niugi conducono oggi l’aziendafondata nel 1957 dal padre CarloVecchi.«Il più caratteristico è lo zam-pone, ma il più consumato èsenza dubbio il cotechino. I dueprodotti differiscono leggermenteper la ricettazione delle carni in-saccate e per i diversi involucriche le contengono: per lo zam-pone è la pelle della zampa ante-riore del maiale, mentre per ilcotechino si usa un crespone, bu-dello naturale suino, per la prepa-razione del cotechino fresco,sostituito da un budello artificialeper quello precotto». Gusto ecoerenza sulle origini suggeri-scono l’abbinamento con unaceto balsamico di Modena. «Mac’è anche chi, in modo meno tra-

Specialità

modenesi

LA CULTURA DELLA CARNELuisa Falchi e Sergio Vecchi

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65 • GustoMaggio 2012

Il salumificio Vecchi

si trova a Castelnuovo

Rangone (MO)

www.salumificiovecchi.it

d

dizionale, ha accostato cotechinoe zampone a contorni dove risal-tino i contrasti. Infine, i gurudella cucina modenese hannoproposto gli impasti tipici con unapproccio di cucina dissociata, unmodo originale e innovativo divedere l’evoluzione gastrono-mica di prodotti tradizionali,ma resi adatti ai palati più raffi-nati. Nessun dubbio riguardo alvino da abbinare: un buon lam-brusco modenese beverino, fre-sco e frizzante».L’attenzione alla qualità è rivoltatanto alla fase produttiva quantoall’impatto ambientale: «Per losviluppo delle nuove linee, stu-diate per tutelare la salute e il be-nessere del consumatore finale,operiamo con la certificazionebiologica sotto il controllo delConsorzio per il Controllo deiProdotti Biologici. Inoltre, il mar-chio della “Spiga Barrata” con-traddistingue i prodotti destinatiai celiaci. Grande attenzione vienerivolta anche alla sostenibilità,con scelte precise volte a mini-

mizzare l’impatto ambientaledelle attività umane. In tal senso,stiamo studiando la carbon foot-print – ovvero l’impronta ecolo-gica – dei nostri salumi, affinchési possa poi indicare sui prodottiil grado di impatto sull’am-biente». L’offerta del salumificio Vecchi sicolloca nella fascia dei salumi diqualità, nell’ambito delle tipicitàmodenesi e si completa connuove e diverse tipologie di pro-dotto: «Zampone, cotechino estinco oggi sono disponibili anchecome precotti. In aggiunta, pro-poniamo una gamma di arrosti, latipica salsiccia fresca, precotta eanche aromatizzata». Oltre allatradizionale carne di suino, laproduzione comprende ancheuna nuova gamma di secondipiatti pronti a base anche di carnialternative: tacchino, anatra eagnello. «I gusti dei consumatoristanno mutando rapidamente enoi dobbiamo rimanere al passocon essi, mantenendo la qualitàscrupolosamente controllata dei

nostri prodotti. Senza perdere lecaratteristiche artigianali, i pro-dotti Vecchi sono diventati pre-cotti, preaffettati, piatti pronti,in sottovuoto o in atmosferaprotettiva». La coniugazione operativa passaper l’applicazione delle tecnologieutilizzate per le carni suine adaltre tipologie di carni, con carat-teristiche nutrizionali più vicinealla richiesta del mercato: «Tac-chino, coniglio, anatra e agnellodiventano piatti pronti. Il segretoe il fine, pur mantenendo assolu-tamente fede alla vocazione diproduttori di salumi, sono quellidi completare l’offerta con pro-dotti che possano allargare le pos-sibilità a un consumo più vario epiù adeguato ai tempi attuali, nelsegmento dei prodotti gastrono-mici tipici e di qualità».

I prodotti storici sono oggi inseritinel relativo Consorzio di Tutela,

che individua in Modenail loro luogo d’origine

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Gusto • 66 Maggio 2012

j di Luca Cavera i

IL MARCHIO PROSCIUTTO DI PARMAVIENE OGGI IMPRESSO SU PRODOTTI DIVERSI FRA LORO

PER QUALITÀ E STAGIONATURA. IL PATRONDELLA DEVODIER PROSCIUTTI, LUIGI DEVODIER, SPIEGA

COSA RENDE QUESTO SALUME UN CAPOLAVORO

di Cantinain cantina

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67 • GustoMaggio 2012

Il miglior crudo di Parma èfatto con due soli ingre-dienti: ottima carne disuino e sale. La sua fra-

granza, l’aroma e la dolcezza di-pendono poi dall’ambiente diaffinatura. Come il vino è di-verso di botte in botte, così ilprosciutto è diverso di cantinain cantina ed è la lenta perma-nenza negli ipogei che dà allacoscia quelle caratteristiche par-ticolari che sono irripetibili al-trove. Nei pressi di Langhiranoesistono condizioni di stagiona-tura uniche, laddove si incon-trano la brezza che dal torrenteParma sale verso le colline e ilmiscuglio di fonti che scendeappena sotto il piano delle can-tine, generando un microclimache è il vero nettare del pro-sciutto. Come spiega Luigi De-vodier, titolare dell’omonimaazienda che nel 1963 è stata frale fondatrici del Consorzio del

Prosciutto di Parma: «Il nostrocrudo Dop è un prodotto natu-rale e ha una fermentazione en-zimatica molto simile a quelladel vino, per questo l’ambientedi affinamento è fondamentale.E per questo il consumatore do-vrebbe imparare a scegliere unprosciutto allo stesso modo incui sceglie una bottiglia di vino:valutando la cantina di prove-nienza, la durata dell’invecchia-mento e la qualità di

produzione, per avere poi ilcrudo più vicino al suo gusto eal suo palato. Così, abbiamoiniziato a caratterizzare i nostriprosciutti con i nomi delle trecantine in cui le cosce trascor-rono la stagionatura e indi-cando la duratadell’affinamento». È nata così la linea AnticheCantine, che si compone di trediversi crudi: “Mornello”,“Ventiquattro lune” e “Secre-tum”. «La prima cantina prendeil suo nome dalla brezza tipicache la attraversa, detta appuntoMornello – è quella che dalfiume sale verso le colline. È unambiente vivace, appoggiatoalla ghiaia dell’antico alveo deltorrente Parma, ideale per laprima affinatura, la più forte eincisiva, che dura almeno ventimesi. “Ventiquattro lune” è il

La Devodier Prosciutti Srl

si trova a Mulazzano Ponte

di Lesignano Bagni (PR).

Nell’immagine, lo chef

Danilo Garulli mentre

utilizza i salumi prodotti

dall’azienda

di Luigi Devodier

www.devodier.com

www.dolceparma.it

LA CULTURA DELLA CARNELuigi Devodier

Abbiamo dato ai prosciutti Devodieri nomi tradizionali delle cantinein cui le cosce trascorronola stagionatura nella brezzadel torrente Parma

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Gusto • 68 Maggio 2012

LA CULTURA DELLA CARNELuigi Devodier

nome del prosciutto che tra-scorre più di ventiquattro mesiin una cantina a sei metri diprofondità, adagiata per metàsulla ghiaia del torrente e permetà sulle marne delle colline.Le scalere in legno di abete lun-gamente stagionato, i muri inquadrelli rossi pieni di un’anticafornace della zona fanno diquesta cantina un ambiente ve-ramente particolare. Qui, dovel’aroma intenso pervade l’am-biente, l’affinatura del prodottoè regolata dalle fasi della lunacosì come dalla sapiente aper-tura e chiusura delle finestre.Gli oltre trenta mesi di stagio-natura del “Secretum”, poi, nefanno un crudo per estimatori.Secretum è il nome di un pic-colo locale completamente sot-terraneo, senza finestre,appoggiato su una fonte cristal-lina che lo attraversa. Qui sisomma tutto il percorso prece-dente e si dà il tocco finale a unprodotto unico con una stagio-natura che non finisce mai». I prosciutti del Secretum sonocreati dalla passione dello sta-gionatore e sono una produ-zione limitatissima e solo suprenotazione.Questi prosciutti inimitabili sirivolgono a una nuova fascia di

consumatori che è in crescitasia in Italia che all’estero. «I no-stri “Antiche Cantine” sono ap-prezzati da quelle persone chenella scelta di un prosciuttopreferiscono acquistare 90grammi di prosciutto di qualitàsuperiore piuttosto che 100 diun crudo anonimo. In realtà, se esistono prezzi di-versi, esistono anche qualitàprofondamente diverse – un

Si dovrebbe scegliere un prosciuttocome si sceglie una bottiglia di vino:valutando la cantina, l’invecchiamentoe la qualità di produzione

crudo stagionato per dodicimesi ha pochissimo in comunecon uno che è rimasto in can-tina ad affinare per trenta otrentasei mesi. Noi comunque,seguendo la tradizione di fami-glia, continueremo a produrrecercando di soddisfare i palatipiù raffinati».Ancora guardando alle nuoverichieste dei consumatori piùesigenti, l’azienda Devodier ha

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69 • GustoMaggio 2012

mantiene le sue caratteristicheorganolettiche per parecchigiorni, e permette di non doverrinunciare a consumare unbuon crudo anche se non èstato appena acquistato».Infine, abbiamo chiesto a LuigiDevodier, grande produttore eallo stesso tempo anche grandebuongustaio, un menu nelquale inserire uno dei suoi

crudi – prosciutti che nell’estrodi Alfonso Borghi, stimolatodalle sensazioni gustative delleAntiche Cantine, sono diventatianche il soggetto per un qua-dro, “Arte per l’arte”, dedicatodal famoso pittore a Devodier.«Il crudo, secondo me, va sem-pre posto ad apertura del pasto,sia perché lo apre in manierasublime, sia perché è un antipa-sto leggero, che non appesanti-sce le portate successive. Qui aParma, in inverno, un piatto disalumi lo accostiamo alla tortafritta, in estate al melone o allamozzarella – anche se, unito allamozzarella, il crudo diventa giàun piatto da seconda portata.Dopo un antipasto di crudopassiamo a degli anolini inbrodo, o, secondo la stagione, aitortelli di erbetta, di zucca o pa-tate e funghi. Come secondo,una bella punta al forno ripienafatta alla parmigiana. Per unmenu invernale, con la carne,certamente assocerei un calicedi Colli di Parma, altrimenti unMalvasia». d

scelto di puntare anche sull’af-fettamento posato a mano invaschette Atm sotto vuoto. «Leabitudini di consumo e i ritmidi vita hanno cambiato il modoin cui si fa la spesa. Sempre piùdi rado la spesa è fatta giornal-mente, mentre capita piùspesso che sia fatta di settimanain settimana. Poiché il pro-sciutto affettato sul momento,dopo qualche giorno, perde lasua fragranza, abbiamo scelto diproporre i nostri salumi in va-schette dalle quali viene toltol’ossigeno. Ciò impedisce l’ossi-dazione del prodotto, che così

Alfonso Borghi,

“Arte per l’arte”. Opera

dedicata ai prosciutti

Antiche Cantine

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Gusto • 70 Maggio 2012

LA CULTURA DELLA CARNEAndrea Toscani

PROCEDIMENTI ANTICHI, ESEGUITI PERÒ CON METODIE STRUMENTI MODERNI E INNOVATIVI, SENZA MAIRINUNCIARE ALLA QUALITÀ DEL PRODOTTO FINALE.UN NUOVO APPROCCIO NELLA LAVORAZIONEE NEL COMMERCIO DELLE CARNI ILLUSTRATODA ANDREA TOSCANI j di Guido Puopolo i

Tagli pregiati per la gastronomia

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71 • GustoMaggio 2012

di compiere. Grazie auna struttura flessibile ea un servizio di consegnarapido ed efficiente, riu-sciamo a garantire aglichef e ai cuochi che si ri-volgono a noi tutti i tipi di tagli,anche in piccole quantità, prontiper essere cucinati e serviti», spiegaToscani. «Questo perché abbiamosempre conservato un’imposta-zione di tipo “artigianale”: si puòdire che la nostra forza sia stataproprio quella di trasferire all’in-grosso e al catering i concetti basedella macelleria tradizionale, eredi-tati dai nostri nonni e dai nostrigenitori, rielaborando il tutto inchiave moderna».Un passaggio determinante peroffrire un prodotto qualitativa-mente superiore, spiega Toscani, èsenza dubbio rappresentato dallascelta delle carni, che deve essereeffettuata tenendo conto di para-metri rigorosi e ben definiti: «Laprovenienza degli animali, il lorosesso e il grado di grasso sono i cri-teri più importanti che guidano lenostre valutazioni. Proprio ilgrasso è ciò che dà tenerezza egusto alla carne stessa. Una carnetroppo magra – prosegue Toscani– spesso è il prodotto di alleva-menti intensivi, e anche per questonon potrà mai essere eccellente. Lenostre carni provengono esclusiva-mente da animali allevati in ma-niera naturale, attraverso quelprocedimento noto con il nome di“finissaggio” in stalla che prevede,dopo un periodo al pascolo, un’ali-mentazione a base di cereali emais, che contribuisce a rendere lacarne più succulenta e gustosa».

La carne è un alimento conun elevato valore nutri-tivo: contiene proteine,grassi, sali minerali e vita-

mine, tutti elementi fondamentaliper assicurare una dieta completaed equilibrata. «Oggi in Italia siconsuma certamente meno carnerispetto al passato, a causa non sol-tanto della crisi economica in atto,ma anche di significativi cambia-menti nei comportamenti e neglistili di vita della popolazione. Iconsumatori sono però sempre piùattenti alla qualità di ciò che man-giano, e anche sulla base di questeconsiderazioni le aziende operantinel settore devono essere in gradodi soddisfare le richieste prove-nienti da un mercato complesso edesigente».L’analisi è di Andrea Toscani, cheinsieme ai fratelli Carolina eMarco è attualmente alla guidadella Salsocarni, storica realtà diSalsomaggiore (PR) erede di unatradizione di macellai inauguratadal bisnonno Riccardo e giuntaormai alla quarta generazione. L’azienda, in questi anni, ha infattiaffiancato alla professione origina-ria un’attività di catering altamentespecializzato, fornendo a ristoranti,alberghi e negozi di alta gastrono-mia in diverse regioni del nord Ita-lia carni di primissima qualità,garantite e certificate anche da unpunto di vista igienico-sanitario edella tracciabilità, in accordo allepiù stringenti normative comuni-tarie. «Lavoriamo le carni in ma-niera “sartoriale”, con una cura deidettagli che il mondo industriale,con la sua produzione standardiz-zata, non è assolutamente in grado

Al momento il core business dellaSalsocarni è costituito dalla carnebovina, alla quale però nel temposono stati affiancati anche altri ge-neri alimentari, con l’obiettivo diservire una clientela sempre più va-riegata. «Siamo stati tra i primi alavorare alcune delle carni più pre-giate d’Europa, provenienti dai pa-scoli dell’Irlanda e della Scozia.Prestiamo molta attenzione anchealla carne di suino, ma questo,nella nostra zona, non è un pro-blema, così come non ci sono pro-blemi per la scelta di salumi tipici.Il tutto, naturalmente, sempre nelnome della qualità, perché solo lacontinua ricerca della qualità –conclude Toscani - ci permetterà diproseguire nel solco tracciato dachi ci ha preceduto». d

Da sinistra, Andrea,

Carolina e Marco Toscani.

La Salsocarni Srl

ha la sua sede a

Salsomaggiore Terme (PR)

[email protected]

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CON ALFREDO MAGNANIALLA SCOPERTADEI SEGRETIE DELLE TECNICHEDI LAVORAZIONEPER LA PREPARAZIONEDI SALUMI GENUINIE NATURALI, TRA CUI SPICCAIL CULATELLO DI ZIBELLO

Tra i profumi

della nebbia

e del mostoj di Guido Puopoloi

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73 • GustoMaggio 2012

Alfredo Magnani

con i figli Fabrizio

e Amedeo. L’Azienda

Agricola Brè del Gallo

si trova a Roccabianca

(PR), in località

Fontanelle

[email protected]

Ènella Bassa parmense, trai profumi della nebbia e ipungenti odori delmosto, dove la semplicità

della vita quotidiana e la saggezzadegli abitanti fanno tornare allamente le atmosfere descritte neiracconti di Giovannino Guareschi,che nasce il Culatello di ZibelloDop, uno dei salumi più pregiatinel ricchissimo panorama gastro-nomico italiano. Tra i 14 produt-tori artigiani che, riuniti all’internodi un apposito Consorzio di Tu-tela, attraverso il marchio esclusivodegli “Antichi Produttori del Cula-tello di Zibello” continuano a por-tare avanti e a difendere unatradizione di lavoro secolare, c’èl’Azienda Agricola Brè del Gallo diFontanelle di Roccabianca, piccolalocalità in provincia di Parma. «Dasempre amanti della terra e deisuoi prodotti, abbiamo trasfor-mato quella che era un’antica tra-dizione di famiglia in unapassione, da condividere con chiama e apprezza i sapori e i profumidi un tempo», racconta il titolare,Alfredo Magnani, che oggi nel suolavoro è affiancato dai figli Fabrizioe Amedeo. Una filosofia premiata e certificataanche dall’Associazione di tutelaSlow Food, che ha riconosciutol’azienda come produttore del Pre-

sidio del Culatello di Zibello.«Carni selezionate, lavorate esclu-sivamente nel periodo invernale,da ottobre a febbraio, prive diconservanti e additivi chimici, esottoposte a una stagionatura mi-nima di 12 mesi: sono queste lepeculiarità che rendono il nostroculatello un prodotto veramenteunico», afferma Magnani, chepassa poi a spiegare il ciclo pro-duttivo alla base di questa delizia.«Come accennato in precedenza,utilizziamo unicamente carni disuini allevati in zona, dove la clas-sica razione alimentare di cereali èintegrata con il siero provenientedalla filiera del formaggio Parmi-giano Reggiano. Dopo l’insacca-tura, i salumi vengono lasciatiriposare, per il periodo di asciuga-tura, nelle stanze della casa colo-nica rivolte verso sud, dove la sola

apertura delle finestre per-mette una ventilazionenaturale dell’ambiente. Ilclima umido invernale ti-pico della Bassa, unita-mente alla nebbia checostantemente avvolge ilterritorio, favorisce unalenta e lunga asciugatura.

Successivamente – prosegue Ma-gnani - i salumi vengono posti al-l’interno di cantine secolari per ilperiodo di stagionatura. Qui, an-cora oggi, si vinificano le uve au-toctone con cui produciamo i viniFortana e Malvasia, che contribui-scono a mantenere la giusta umi-dità dell’ambiente di stagionatura,donando al nostro Culatello unaroma delicato e un profumo in-confondibile». Non solo culatello, però.L’azienda, infatti, come ricordaMagnani, produce tante altrespecialità, come la spalla cruda diPalasone, la coppa, il fiocco diculatello, la pancetta, il salame eil delicato Strolghino, un salamefresco ricavato dalla carne di rifi-latura del culatello, macinata einsaccata nella sottile budellina.«Prelibatezze – conclude il tito-lare - in grado di soddisfareanche i palati più raffinati, che èpossibile degustare in occasionedi apposite visite, così come ac-quistare direttamente in loco,presso il nostro punto vendita,per assaporare non solo eccellentisalumi, ma soprattutto indimen-ticabili ricordi». d

LA CULTURA DELLA CARNEAlfredo Magnani

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LA CULTURA DELLA CARNEFrancesco Convertini e Giacomo Loparco

Maggio 2012

d

Semplice genuinità

cortile, una mucca o una scrofa perle esigenze alimentari della fami-glia. Gli animali erano nutriti daun miscuglio di cereali, legumi efragni (frutto della quercia) e daiforaggi che loro stessi producevanodurante l’anno; quindi la catenaalimentare girava tutta all’internodelle famiglie». Sono queste mi-scele, unite ai pascoli più grandi ealla passione che gli allevatori dedi-cano ad accudire i capi di bestiame,che danno alle carni preparate daFrancesco Convertini e GiacomoLoparco de “I piaceri della carne” ilgusto semplice della genuinità.«Noi conosciamo bene gli alleva-tori e andiamo personalmente ascegliere i capi maturi e ben nutriti,ideali per preservare le più antichetradizioni locali». Tra queste, la cot-tura delle carni nei tradizionaliforni a legna, a Locorotondo inpiena valle d’Itria, è una pratica an-cora oggi molto diffusa e si può gu-stare anche nel loro negozio; da

OLTRE 30 TIPI DI PREPARATIDI CARNE E SALUMI PUGLIESI.FRANCESCO CONVERTINIE GIACOMO LOPARCO SEGUONOLE TRADIZIONI DELLA VALLE D’ITRIA

Da sinistra,

Francesco Convertini

e Giacomo Loparco

de “I piaceri della carne”

di Locorotondo (BA)

[email protected]

www.ipiaceridellacarne.net

j di Giulio Conti i

A cavallo tra Bari,Brindisi e Taranto, iterreni scoscesi e ir-regolari della Valle

d’Itria divisi in piccoli appezza-menti circondati da muretti asecco, rendono fiabesco il territo-rio soprannominato da alcuni tu-risti “la valle della pietra”. «Qui,fino a pochi anni fa, la maggiorparte della popolazione viveva incampagna e possedeva animali da

luglio a settembre, infatti, la ma-celleria dispone di un terrazzino al-l’aperto dove si possono assaggiaregli ottimi tagli di carne cotta etutte le loro specialità. Non a caso,forti dell’esperienza accumulata indecenni di mestiere, i soci de “Ipiaceri della carne” vantano la pro-duzione di oltre 30 tipi di prepa-rati artigianali diversi qualisalsicce, bombette, fegatini e sva-riati tipi di salumi nostrani tra cuiil capocollo di Martina Franca, di-venuto presidio Slow Food, e lapagnottella stagionata nella crusca.«Il capocollo viene lavorato fresco,tenuto in salamoia con le spezie ti-piche della nostra valle d’Itria e poilavato nel vincotto. Successiva-mente, viene leggermente affumi-cato usando gli arbusti tipici dellamacchia mediterranea che glidanno un inconfondibile profumoe a questo punto si fa stagionare daun minimo di 3 a massimo 12mesi».

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Gusto • 76 Maggio 2012

CARNI SELEZIONATE, RIGOROSI METODI DI PRODUZIONE,RISPETTO DELLA TRADIZIONE. SONO LE CARATTERISTICHEDEI SALUMI E DELLE CARNI ALIPRANDI, DISTRIBUITIDALLE PIÙ IMPORTANTI CATENE DELLA GDO

Tradizioni gastronomiche

della Franciacorta

j di Lucrezia Gennari i

LA CULTURA DELLA CARNELuca Aliprandi

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77 • Gusto

Alcuni prodotti

del Salumificio

Aliprandi. L’azienda ha

sede a Gussago (BS)

www.aliprandi.com

La grande tradizione salu-miera non può prescin-dere dall’innovazione deimetodi di lavorazione. È

questa la filosofia del SalumificioAliprandi di Gussago, da anni unpunto di riferimento in Lombar-dia per la lavorazione delle carni ela produzione di insaccati freschi estagionati. Con un fatturato dioltre 50 milioni di euro e un orga-nico di 55 dipendenti, l’aziendaguidata da Andrea e Luca Ali-prandi è giunta alla terza genera-zione e, nonostante la crisi deimercati, continua a guardare al fu-turo con ottimismo. «Nel 2010abbiamo inaugurato sempre aGussago il nuovo grande stabili-mento Alicarni, rafforzando il po-sizionamento nel territorio –afferma Luca Aliprandi –. Oggistiamo puntando sull’innovazionee la diversificazione, estendendo laproduzione nei comparti degli in-saccati freschi e da stagionare,degli insaccati da pentola e dellecarni fresche di bovino, suino e vi-tello». Da sempre la mission delgruppo è quella di garantire alconsumatore la qualità dei pro-dotti sia dal punto di vista delgusto, legato indissolubilmente

alla tradizione enogastronomicadella Franciacorta, sia sottol’aspetto organolettico e igienicosanitario. «Adottiamo rigorosi me-todi di produzione, che compren-dono, ovviamente, anche laricerca delle soluzioni più razio-nali, moderne e affidabili non solonella selezione e nella lavorazionedei prodotti, ma anche nei pro-cessi di confezionamento, di con-servazione e di trasporto, peroffrire al mercato e al consuma-tore garanzie ancora maggiori ri-spetto a quelle richieste dallenormative in vigore».Negli ultimi anni l’azienda ha im-plementato la tradizionale produ-zione di salumi freschi e stagionaticon un’ampia gamma di carni fre-sche di suino, bovino adulto e vi-tello sia sotto forma di primi tagliche di elaborati crudi e specialità.A confermarlo è il responsabiledella produzione GiampietroMontini: «Utilizziamo da sempreun tipo di suino pesante padano ebresciano che ha caratteristiche ot-timali per la lavorazione di carnifresche e stagionate, per questomotivo il sistema di controllo e se-lezione è molto rigido nella ricercadi animali con queste caratteristi-che». La scelta delle carni, per ilsalumificio Aliprandi, è un puntofondamentale e imprescindibile: «Le nostre carni devono essere diorigine nazionale, più precisa-mente provenienti solo dalla pia-nura padana». Altre caratteristichefondamentali della filosofia pro-duttiva di Aliprandi sono il me-todo tradizionale di salatura estagionatura e il servizio sempreattento alle esigenze della clien-

tela. «Serviamo alcuni dei gruppipiù prestigiosi del panorama nazio-nale della Grande DistribuzioneOrganizzata quali Auchan/Sma -Carrefour, Conad, Coop Italia,Pam, Selex– spiega Angelo Bondi,direttore commerciale del gruppo -. Proprio con uno di questi gruppi,leader della distribuzione nazio-nale, abbiamo gettato le basi perun sodalizio nato nel segno dellaqualità, una grande sfida in unmercato sempre più complesso eselettivo».La tradizione di un grande gruppodi retail, insieme a quella diun’azienda giunta alla terza genera-zione di imprenditori rappresentaun importante valore aggiunto ingrado di comprendere e soddisfarele esigenze del consumatore mo-derno. Stiamo inoltre per esportareil gusto e la tradizione del nostroterritorio in una realtà vasta e im-portante come quella rappresentatadalla Cina attraverso una joint-venture con una importante com-pagnia locale. d

Negli ultimi anni l’aziendaha implementatola tradizionale produzionedi salumi freschi e stagionaticon un’ampia gammadi carni fresche di suino,bovino adulto e vitello

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Gusto • 80 Maggio 2012

LA CULTURA DELLA CARNECarletto Ferrari e Paolo Savani

Il salame Felino

mente alle particolari tecniche dilavorazione, sono gli elementiche caratterizzano il salame Fe-lino rispetto alla complessa e ar-ticolata offerta di salumi dellagastronomia italiana», affermaFerrari. «Altrettanto importanti,però, sono gli ingredienti: ovvia-mente sale e pepe, ma anche ilvino, preferibilmente vinobianco dei colli di Parma», sotto-linea l’amministratore delegatodell’azienda, Paolo Savani. «Iltutto poi viene insaccato in bu-dello naturale, il cosiddetto“gentile”, e legato dalle sapientimani di operatori specializzati innorcineria classica. Solo al ter-mine di un adeguato periodo diasciugatura e stagionatura, in-fine, il salame sarà pronto per es-sere gustato, con il suo profumofresco e fragrante, che esalta ladolcezza del sapore e la morbi-dezza della carne». Nel solco della migliore tradi- d

LA PICCOLA CITTADINA DI FELINO, VICINO A PARMA,È IL LUOGO IN CUI, CON LA STESSA PASSIONE DI UNAVOLTA, SI PRODUCE DA GENERAZIONI L’OMONIMO SALAME.NE PARLIAMO CON CARLETTO FERRARI E PAOLO SAVANI

La Salumi Boschi Fratelli Spa

ha la sua sede a Felino (PR)

www.boschifratelli.com

j di Matteo Rossi i

Con gli amici, accom-pagnato da una miccadi pane e da un buonbicchiere di vino: que-

sto è, secondo il presidente delSalumificio Salumi Boschi Fra-telli, Carletto Ferrari, il modomigliore per assaporare il salameFelino, uno dei prodotti italianipiù conosciuti e richiesti daigourmet di tutto il mondo. «Lascelta delle carni più pregiate,senza nervi e provenienti esclusi-vamente da suini pesanti, unita-

zione culinaria locale l’azienda,forte anche di un’esperienza cen-tenaria nel settore, oggi producetutta la gamma della salumeriaparmense. «Si va dal prosciuttoParma, con le sue caratteristichedi dolcezza e di stagionatura noninferiore ai 18 mesi, alla coppa diParma, anch’essa dolce e delicatae non troppo speziata, senza di-menticare le pancette, la morta-della e, ultima chicca, lostrolghino di culatello, un sa-lume particolare e assolutamentetipico di questa zona, ottenutocon le parti magre del culatello»,racconta Ferrari. «Negli ultimianni – conclude Savani - ab-biamo inoltre creato una linea diprodotti affettati, in vaschettepronte all’uso, per venire incon-tro alle esigenze dei nuovi tipi diconsumatori, come i single o nu-clei familiari ridotti, con unaparticolare attenzione al mercatoestero».

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Gusto • 82 Maggio 2012

GIANCARLO PEDRETTI SPIEGA COME SI OTTIENEUN OTTIMO GRANA PADANO DOP STAGIONATO

OLTRE DUE ANNI. IL LATTE, IL TERRITORIO DI ALLEVAMENTOE IL CLIMA SONO GLI INGREDIENTI PIÙ IMPORTANTI

Tra i profumi

del latte

j di Luca Cavera i

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83 • GustoMaggio 2012

Sopra, il Cda della latteria sociale Stallone di Villanova sull’Arda (PC),

da sinistra, Maurizio Biselli, Giancarlo Pedretti, Armando Minardi,

Emiliano Cignatta, Efrem Pizzelli. Nella foto in basso, Alberto Bonini

www.latteriasocialestallone.it

Per percepire tutto il valorecontenuto dentro unbuon Grana Padano Dopa lunga stagionatura ne

basta una briciola. «Nel suo aromaintenso, anche dopo molti mesi diinvecchiamento, deve ancora sen-tirsi il profumo del latte e in boccaun sapore dolce». Sono queste lecaratteristiche che secondo Gian-carlo Pedretti, presidente della lat-teria sociale Stallone di Villanovasull’Arda, permettono di ricono-scere una buona e lunga stagiona-tura, alla base della quale non puòche esserci un latte di alta qualità esoprattutto proveniente da animaliallevati in un territorio ben pre-ciso. Con la latteria sociale Stal-lone siamo infatti nel piacentino,proprio nei terreni che furono delmaestro Giuseppe Verdi e che an-cora oggi fanno da contorno allasua maestosa Villa di S.Agata.«Qui in Emilia le occasioni e ipiatti ai quali abbinare il Granacertamente non mancano mai, mase ne possono apprezzare le qualitàanche consumandolo semplice-

mente con della frutta, accompa-gnando il pasto con un Colli Pia-centini Gutturnio Doc o anchecon delle bollicine. Il Grana è unformaggio molto versatile, anchese gli accostamenti classici restanospesso i migliori». Le forme di Grana che stagionanonella latteria sociale sono scrupolo-samente controllate ogni giornofino a quando, raggiunta la stagio-natura minima di nove mesi, ven-gono impresse col marchio delConsorzio e sono pronte per lavendita e il consumo. «Le nostreforme non stagionano mai menodi dodici mesi. Abbiamo formaggiche hanno raggiunto i venti mesi ealtri che superano i due anni.Quello che permette di raggiun-gere questi tempi così lunghi è laqualità e l’uniformità del nostrolatte. Infatti lavoriamo esclusiva-mente il latte dei soci della coope-rativa – questi sono dislocati su unterritorio di pochi chilometri qua-drati. Sono le caratteristiche delterritorio e il clima locale gli ingre-dienti più importanti del nostroGrana Padano». Altro fattore determinante èl’esperienza dei casari che, per tra-dizione, nella maggior parte deicasi, viene ancora trasmessa dipadre in figlio. «È da generazioniche alcune famiglie si tramandanoquesto mestiere, che è rimasto so-stanzialmente artigianale nono-stante l’introduzione delletecnologie. Infatti, anche se oggiabbiamo molti strumenti in più –che permettono soprattutto di la-vorare quantità maggiori di latte eformaggio – alla base del processoc’è ancora il mastro casaro che di-

rettamente cuoce il latte e conquesto produce il formaggio». Accanto alla produzione di Grana,la latteria sociale ha anche un’im-portante produzione di burro. «Perfare il Grana lavoriamo un lattenon intero, ma parzialmente scre-mato secondo il disciplinare. Daquesta scrematura si ricava unapercentuale di grasso che trasfor-miamo in burro. Anche quellodell’estrazione del grasso, è un pro-cesso che viene fatto usando lemoderne tecnologie, tuttavia l’af-fioramento avviene ancora inmodo naturale: il latte viene la-sciato riposare in grossi contenitoridove poi, spontaneamente, la ma-teria grassa affiora. Questa vienequindi prelevata e destinata a unalavorazione con la quale si otterràil burro». Lo spaccio della latteriaStallone, dove potete trovare questiprodotti di qualità, aderisce allarete degli spacci di vendita direttadelle cooperative “Qui da noi”oltre che al progetto di promo-zione territoriale “La strada dei sa-pori del Po”. d

FORMAGGI TIPICIGiancarlo Pedretti

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Gusto • 84 Maggio 2012

Nella natura

già da anni un allevamento moltoparticolare, quello delle mucchePodoliche, la cui carne pregiataviene cotta su brace di legnad'ulivo. «Allevata allo stato bradotutto l'anno è qui nella nostramasseria che trova il suo habitatnaturale. La mucca Podolica offrenon solo un latte particolarmentearomatico, ma anche carni sane,sapide, genuine, ricche di sali mi-nerali, dalla consistenza fibrosa edal gusto intenso. Oltre alle Podo-liche si allevano suini, animali dibassa corte ed equini destinati apasseggiate nei boschi e all'intrat-tenimento dei bambini che ven-gono a farci visita. Da quest'annola masseria è infatti riconosciutadalla Regione Puglia come Masse-ria Didattica».Nella Masseria si possono gustare d

LA MUCCA PODOLICA OFFRE UN LATTE AROMATICO E CARNISANE, GENUINE, RICCHE DI SALI MINERALI E DAL GUSTOINTENSO. LA SCOPRIAMO NELLA MASSERIA CARRONEINSIEME AD ALTRE SPECIALITÀ PUGLIESI

In apertura, esemplari

di mucca Podolica

della Masseria Carrone

di Carovigno (BR)

www.masseriacarrone.it

j di Marco Tedeschi i

Un’antica masseria risa-lente alla seconda metàdel ‘600, circondata dacirca 40 ettari di ulivi

secolari e pascoli. Un angolo dalletipiche sfumature pugliesi. «Masse-ria Carrone è un'azienda biologicaa conduzione familiare, gestita dasole donne: io e le mie 3 figlie –spiega Maria Greco-. L'olio extravergine di oliva biologico e i variprodotti provenienti dalle attivitàrurali sono disponibili attraversoun servizio di ristorazione che curopersonalmente. In masseria inoltreè possibile alloggiare nelle antichecamere ristrutturate e al risvegliogustare un’abbondante colazione abase di dolci tipici, preparati damia figlia, marmellate e succhi distagione».In masseria viene portato avanti

piatti tipici. «Serviamo una vastascelta di antipasti gustosi a base diverdure, formaggi freschi e stagio-nati ottenuti dal latte delle nostremucche podoliche, e soprattuttoantipasti a base di carne cotta se-condo l'antica trazione; con que-sta serviamo anche gustosisecondi. I primi sono a base diprodotti provenienti dai nostri al-levamenti e attività come le orec-chiette con le cime di rapa, le favecon le cicorie, strascinati con la ri-cotta forte o con funghi cardon-celli e salsiccia. In questo periodocaratterizzato da colori, profumi egiornate di sole serviamo adesempio le orecchiette con pomo-dorini fiaschetto, cocomeri barat-tieri e cacioricotta podolicocondito con olio extra verginebiologico e basilico».

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Gusto • 86 Maggio 2012

ALTA QUALITÀ E SICURAAFFIDABILITÀ. I FORMAGGIDELLA LATTERIA E CASEIFICIOMORO POSSONO CONTARESU UN’ESPERIENZA STORICA MAANCHE SU UNA PASSIONE CHESI TRAMANDA DA GENERAZIONI

Il prodotto

di tre generazioni

j di Marco Tedeschi i

Latteria e Caseificio Moro

di Motta di Livenza (TV)

www.caseificiomoro.com

Il rapporto d’amore della fa-miglia Moro con il latte ini-zia in epoche molto lontane,appena dopo l’Unità d’Italia,

con la bisnonna di Rino Moro, ilpatriarca dei formaggi che ha fattodel suo caseificio di Motta di Li-venza una delle realtà produttivepiù importanti, qualificate e pre-miate del Nord-Est d’Italia. Bastipensare che il modernissimo casei-ficio lavora oltre 2.000 quintali dilatte al giorno. «Si – dice con orgo-glio Rino Moro - in certi momentine arriva anche di più e tre chimici

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esaminano quotidianamente tuttele partite di latte che entrano inazienda per garantire l’assolutaqualità della materia prima». E se oggi il Caseificio di Motta diLivenza è uno dei gioielli produt-tivi e punta di diamante nel pano-rama agroindustriale veneto, nonva dimenticato che alle spalle c’èuna secolare storia d’impegno e disacrifici. «È vero – racconta RinoMoro - se penso ai miei avi, dallabisnonna a mio padre, eravamotutti impegnati nel mondo dellatte, soprattutto a raccoglierlo;mia bisnonna andando a piedi dicasa in casa con la bigoncia, miopadre e io stesso spingendo il trici-clo, per le strade di Gorgo alMonticano a raccogliere il latteper portarlo all’allora ConsorzioProduttore Latte di Treviso. Di sa-crifici ne abbiamo fatti tanti, ma liabbiamo fatti sempre volentieri,perché il latte è da sempre il no-stro mondo».Poi, nel 1954, Rino Moro acqui-sta la piccola latteria turnaria diGorgo al Monticano e, da racco-glitore, diventa piccolo imprendi-tore e inizia a vendere il latte in unsuo negozio di Oderzo e a pro-durre formaggi a Gorgo. I tantisacrifici e un lavoro che non cono-sce orari permettono al giovaneimprenditore d’irrobustire il suocaseificio, tanto che all’inizio deglianni settanta sente la necessità ditrovare nuovi spazi. Acquista al-lora un terreno di 22 mila metriquadrati a Motta di Livenza,lungo la statale Postumia, e lì rea-lizza il suo nuovo caseificio, condavanti un negozio per la venditaal minuto. Il nuovo caseificio ini-

zia il suo lavoro nel 1973 e cinqueanni dopo, anticipando le ten-denze di mercato, cessa di pro-durre il latte fresco alimentare e sidedica interamente alla produ-zione di formaggi, ottenendo lu-singhieri riconoscimenti e diversemedaglie d’oro nei concorsi nazio-nali e internazionali. Anche ilnuovo caseificio risulta ben prestoinsufficiente e a metà degli anninovanta Rino Moro lo ristrutturacompletamente adeguandolo allenuove esigenze produttive e alle se-vere normative europee. «Alla finedello scorso decennio mi sembròdi aver realizzato una struttura mo-dernissima, dotata di una tecnolo-gia d’avanguardia, capace dilavorare il latte in totale sicurezza eprodurre formaggi di alta qualità efu allora che decisi di produrre ilmio marchio, che è poi il nomedella famiglia, quale sinonimo dialta qualità e sicura affidabilità. Manon ero ancora contento e così nel d

FORMAGGI TIPICIRino Moro

2004 ho ottenuto la certificazioneIso 9001/Uni En 9001». Oggi il marchio della Latteria eCaseificio Moro di Motta di Li-venza è conosciuto e stimato intutto il centro-nord Italia, finoall’Emilia Romagna e alla Toscanae un’efficiente organizzazione di-stributiva garantisce a una clientelamolto affezionata un servizio diconsegna sempre puntuale e, se oc-corre, anche personalizzato. I pro-dotti che escono dal caseificioMoro sono: Formaggi (Daniele eMontasio Dop), Casatella, Ca-ciotta, Mozzarella in bustine sigil-late e in bocconcini, ormaipresente in moltissime pizzerie ita-liane e Ricotta in vari formati e la-vorazioni, richiesta anche dalleprimarie industrie italiane di pasteripiene, come tortelli e ravioli. Unabella gamma di prodotti che fannodella Latteria e Caseificio Morouna delle realtà italiane più im-portanti e qualificate.

Produciamo Montasio Dop, Casatella,caciotta, mozzarella in bustine sigillatee in bocconcini e ricotta in vari formati

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Gusto • 88 Maggio 2012

FORMAGGI TIPICIFrancesco Cito

profumodi mozzarella

tamente tradizionale nella Lanzil-lotti Oronza. «Questo soprattuttoper la produzione della mozzarella,dove utilizziamo nel latte l’ag-giunta del siero innesto, ovvero ilsiero del giorno prima. La mozza-rella in questo modo si arricchiscedi un gusto profumato. Un me-todo di lavorazione del passato chesi è conservato fino ai nostrigiorni». La freschezza è la nota checaratterizza tutti i prodotti. «Rigo-rosamente a chilometro zero. –Sottolinea Cito-. Il latte è locale,ci riforniamo da un’azienda delposto da cui trasformiamo circa 10quintali di latte al giorno; un pic-colo quantitativo che ci permetteperò di seguire tutte le fasi della fi-liera. Produzione e vendita sonouna di fianco all’altra, cosa che ga-rantisce ancora di più la freschezzae l’autenticità del prodotto. Spessoorganizziamo anche dei tour all’in-terno dei nostri laboratori in cuifacciamo visitare i luoghi di produ-zione dei formaggi». d

PAMPANELLA CHE SI AFFIANCAALLA RICOTTA, MOZZARELLA PREPARATATRADIZIONALMENTE E CACIO CAVALLO.IL TUTTO RACCHIUSO IN UNA NOTADI FRESCHEZZA

Il caseificio Lanzillotti

Oronza si trova

a San Vito dei Normanni (BR)

www.comunitaaltosalento.it

[email protected]

j di Nicoletta Bucciarelli i

Negli anni cinquanta,soprattutto nel pe-riodo estivo, a SanVito dei Normanni si

era soliti dare al posto del resto, lapampanella. «Si tratta di una ca-gliata fresca che veniva servita al-l’interno delle foglie di fico. Unparticolare non trascurabile perchéè ciò che regala un profumo deltutto particolare a questo formag-gio». Francesco Cito, titolare dellaLanzillotti Oronza presenta in que-sto modo uno dei prodotti che ilpiccolo caseificio a conduzione fa-miliare ha deciso di riproporre. Trale altre specialità della LanzillottiOronza, il fagottino di ricotta fre-sca. «Si tratta di un prodotto moltosimile a una burrata. Un manto dimozzarella che racchiude 60grammi di ricotta e che si affiancaalle altre lavorazioni come dessertdi ricotta, crema di latte, pecorinocanestrato, cacio cavallo e cacio ri-cotta di capra». Una preparazione che è rimasta al-

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UN PRANZO DA REBarbara Ronchi della Rocca

Gusto • 90 Maggio 2012

GALATEOE CERIMONIALEIN VERSIONE MODERNALA CAVALLERIA NONÈ PIÙ QUELLA DI UNAVOLTA. NONOSTANTECIÒ, QUANDO L’UOMOENTRA IN UN LOCALEPRIMA DELLA DONNAPASSA L’ESAMEDA GENTILUOMO

Come nella fisica,anche le buone ma-niere e l’etichetta nonscompaiono ma si

evolvono e si modificano in basealla società. Per questo oggi è er-roneo pensare che conoscere ilgalateo sia superfluo. Le personebene educate fanno sempre bellafigura e sanno destreggiarsi nelleoccasioni più disparate. Ne èconvinta Barbara Ronchi dellaRocca, giornalista ed esperta dieleganza. Insegnante di buonemaniere, dell’arte di ricevere,cultrice non solo del galateo maanche di cucina e di gastrono-

mia, ha scritto molti libri suqueste tematiche, è consulentedell’Ancep, l’associazione nazio-nale cerimonialisti enti pubblici,e ha organizzato in molte occa-sioni ricevimenti e banchettireali. Anche nei pranzi sontuosi,le regole e le usanze si sono mo-dernizzate: meno portate, menopomposità. Proprio per questoBarbara Ronchi della Rocca so-stiene che in una cena di galanon debbano esserci necessaria-mente caviale e aragosta: anchecon ingredienti low cost si puòallestire un pranzo elegante, do-potutto è la cura e l’attenzionenei confronti dell’ospite checonta. Per questo, anche quandosi passano i confini nazionali,non si deve considerare il pro-prio come unico codice di com-portamento, e la nostratradizione enogastronomica,seppur amata da tutti, come fil-tro per tutte le altre cucinemondiali. «Ad esempio, il rut-tino postprandiale che da noi equasi dappertutto è consideratoun gesto villano, in Cina, inIndia ma anche in Albania e inAlgeria è un gradito omaggio al-l’abilità del cuoco».

� di Teresa Bellemo �

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UN PRANZO DA REBarbara Ronchi della Rocca

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Quali sono le principali re-gole per il menù di un pranzoformale?«Secondo le regole auree, biso-gnerebbe servire solo a pranzo iprimi asciutti, gli antipasti e iformaggi, mentre a cena, dopoal massimo un piatto di ostri-che, è indicato un primo leggero(risotto all’onda, zuppa, mine-stra in brodo) seguito da un en-tremet, cioè uno sformato, unsoufflé o una torta salata, cui fa

seguito un secondo di carne opesce con due contorni caldi. Èuna norma sempre più disattesa,anche perchè ormai il pastoprincipale è quello serale e nonsono più molti gli estimatoridelle minestre in brodo. Meritaperò di essere seguito il consi-glio di non servire antipasti,ormai passati di moda, sosti-tuendoli con invitanti stuzzi-chini serviti con l’aperitivo. Poi,una volta seduti a tavola, si ini-

zia subito con il primo evitandosia sughi pesanti, sia spaghetti etutti i tipi di pasta lunga, perchéscivolano, schizzano, macchianoe fanno fare brutta figura. Si fi-nisce sempre con un dolce acucchiaio».

Lei ha organizzato numerosipranzi reali con menù origi-nali dell’800. Cosa è cam-biato?«Si tratta di differenze sostan-ziali, soprattutto sul piano dellaquantità. Infatti, secondo i ca-noni della gastronomia ottocen-tesca, il menu si compone dialmeno sette portate. Almenodue minestre; revé, carne, pesce,selvaggina o pollame; entrée,carni e pesci in salsa, fritti o stu-fati; timballi, aspic, paté; horsd’oeuvre, salumi, olive, sotta-ceti, verdure crude, riccioli diburro, petits pains; rots, carni epesci arrosto, selvaggina; poi c’èil coup de milieu, cioè un bic-chierino di liquore amaro e al-colico (assenzio o acquavite)oppure punch. Non è finita,perché ci sono anche gli entre-mets, piatti finali del centropasto, ossia patate, verdure,frutta, omelette, dolci preparatia caldo, flambé e budini; infinei dessert, che comprendevanoalmeno quattro voci cioè con-serve, frutta fresca, secca e can-dita, biscotti, petits gateaux,bonbons, e formaggi».

Spesso si accostano cene im-portanti a ingredienti esclusivie, per questo, molto costosi. Èpossibile conciliare esclusivitàe low cost?«Purtroppo molto spesso tra i“ricchi e famosi” imperversa l’ot- •

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Gusto • 92 Maggio 2012

tusa longevità dei gusti mediocri.Pensiamo ai deprimenti gambe-retti in salsa rosa, immancabili inogni buffet di basso livello, espesso presente in rinfreschi ele-ganti, di cui abbassano il tono. Oanche i “soliti noti”: caviale, ara-gosta, champagne fanno granlusso, d’accordo, ma senza fanta-sia né talento. L’eleganza è elimi-nare tutto ciò che è troppoovvio, troppo caro, troppo ab-bondante. Alle primizie costosepreferiamo sempre prodotti distagione e legati al territorio ealla tradizione. Riscopriamo, peresempio, i vol-au-vent portati atavola come al tempo delle no-stre nonne, vuoti, da riempirecon la salsa servita a parte, inmodo che la pasta sfoglia ri-manga croccante. Un altro erroreda non fare è voler onorare

l’ospite proponendogli un menuispirato al suo luogo d’origine.Lo faceva il presidente Pertini,con grande disappunto dei cuo-chi del Quirinale. Così EnzoBiagi si vedeva servire ogni voltale tagliatelle all’emiliana e l’avvo-cato Agnelli gli agnolotti al sugod’arrosto. Oggi anche il padronedi casa più inesperto sa bene cheil segreto di un buon invito stanel proporre qualcosa chel’ospite non trova di solito a casapropria».

C’è un “falso amico” delbonton di tutti i giorni?«Senz’altro il coltello! Una po-sata da usare senza allungarel’indice sul dorso della lama, esoprattutto da dimenticarequando abbiamo nel piatto ver-dura e cibi a base di uova e di

patate, per cui si deve usare solola forchetta o il cucchiaio. Inol-tre, ci sono parecchi cibi che simangiano con le mani: gli aspa-ragi interi, i crostacei e i fruttidi mare e molti tipi di frutta,come mandarini, uva, prugne,albicocche e ciliegie. Anche ilpane non si taglia col coltelloquando siamo a tavola, ma sispezza con le mani».

Un aneddoto curioso che leè capitato mentre era al-l’estero?«Molti anni fa, a New York, auna cena organizzata dalle Na-zioni unite, ero seduta vicino al-l’ambasciatore di uno statodell’Africa subsahariana, laureatoa Oxford e impeccabilmente edu-cato all’inglese, che mi stava rac-contando di una leccornia del

UN PRANZO DA REBarbara Ronchi della Rocca

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d

93 • GustoMaggio 2012

suo paese: le larve di un partico-lare verme. Di colpo tacque e or-dinò al cameriere di portar via ilpiatto con l’insalata perché c’eradell’aglio, che per lui era disgu-stoso. Quel giorno capii chel’uomo mangia qualunque cibo,ma non necessariamente lo stessodel suo vicino. E mi preparai spi-ritualmente a quello che avreitrovato nel piatto durante i mieiviaggi futuri».

Oggi la cavalleria dell’uomo

nei confronti della donna è an-data pressoché fuori moda. Cosa,nonostante tutto, deve continuaree continuerà a esistere?«Oggi la vita sociale funziona suun piano di reciproco scambio eparità, ed è perfettamente nor-male ed educato che una donnafaccia il primo passo per invitarea pranzo un uomo che le piace eche paghi la consumazione. Èbello lasciare un po’ di elasticitànel gioco delle parti. Nonostanteciò, in momenti come cerimonie

o serate romantiche a due è bellorispettare alcune tradizioni, per-ché ci sono gesti e comporta-menti di innegabile fascino cherendono più solenni i riti. Si puòanche giocare al galateo vecchiostile, che vuole che un uomo lascisempre passare per prima una si-gnora, anche se ha più fretta dilei, la saluti togliendosi il cap-pello, anche se è calvo, e al risto-rante colloqui con il cameriere,anche se è timido, ordini il vino elo assaggi anche se è astemio. Manel quotidiano è il modo di en-trare in un locale pubblico checostituisce una vera e propriaprova del nove della buona edu-cazione, un esame lampo di sapervivere. Se l’uomo che accompa-gna una signora al bar o al risto-rante entra per primo ha passatol’esame a pieni voti».

Oggi l’eleganzasta nell’eliminaredal menu tutto ciò che ètroppo ovvio, troppo caro,troppo abbondante

UN PRANZO DA REBarbara Ronchi della Rocca

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Gusto • 94 Maggio 2012

MARMELLATE Luca Dalpian

Solo fruttae zucchero

gionalità dei prodotti. «Nel nostrolavoro non usiamo pesticidi néconcimi chimici, perché crediamoche la salute delle persone e la sal-vaguardia dell’ambiente sianopriorità imprescindibili», con-ferma il titolare, Luca Dalpian.«L’azienda si estende oggi su unasuperficie di 9,5 ettari, coltivati inmodo non intensivo. Di questiben 8 sono occupati da coltiva-zioni di frutti di bosco, mentre laparte restante ospita alberi dafrutta di vario tipo, oltre che roseantiche, da cui ricaviamo uno sci-roppo tipico della nostra terra. Nelperiodo primaverile ed estivo,inoltre, funzionano la cucina del-l’agriturismo e l’agrigelateria». Tra i prodotti di punta del-l’azienda, che è possibile acqui-stare anche in loco, ci sonosciroppi, nettari, conserve e 65 di-verse tipologie di marmellate econfetture di frutta, che comespiega Dalpian, «sono ottenuteutilizzando esclusivamente frutta d

I SEGRETI PER TRASFORMARE FRUTTI DI BOSCO E FRUTTADI STAGIONE IN MARMELLATE E CONFETTURE DAL SAPOREAUTENTICO E GENUINO. NE PARLIAMO CON LUCA DALPIAN

L’Azienda Agrituristica

Dalpian “Il Sottobosco”

si trova a Tiglieto (GE)

www.dalpian.it

[email protected]

j di Diego Bandini i

Un ambiente inconta-minato nell’entroterragenovese, lontano daindustrie e centri abi-

tati. È nella piccola località di Ti-glieto, immersa nello splendidoscenario del Parco del Beigua, defi-nito dall’Unesco patrimonio del-l’umanità, che fin dai primi anniOttanta l’Azienda AgrituristicaDalpian “Il Sottobosco” coltivafrutti di bosco e frutta secondo idettami dell’agricoltura biologica,nel rispetto della natura e della sta-

fresca e zucchero, senza l’aggiuntadi addensanti e conservanti. All’in-terno del nostro laboratorio dispo-niamo di macchinari e attrezzaturemoderne, ma al di là di questo la-voriamo ancora seguendo gli inse-gnamenti tramandati dall’anticatradizione contadina. La frutta, in-fatti, viene cotta in piccole pentole“a cielo aperto”, cioè senza coper-chio. Un metodo semplice, chepermette però di mantenere intattele proprietà e la genuinità tipichedei prodotti appena raccolti, persoddisfare le esigenze di quei con-sumatori che ricercano ancora igusti e i profumi di una volta».

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OLIO ITALIANO Massimo Gargano

Gusto • 96 Maggio 2012

L’ITALIA VANTA IL PIÙ ELEVATO NUMERO DI RICONOSCIMENTI PER LA PRODUZIONE DI OLI

EXTRAVERGINE DI QUALITÀ. MASSIMO GARGANO ILLUSTRANEL DETTAGLIO LE CARATTERISTICHE E I RISULTATI OTTENUTI

DAL NOSTRO OLIO NEL MONDO

� di Nicolò Mulas Marcello �

L’extravergine

certificato

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97 • GustoMaggio 2012

L’olio italiano di qualitàcertificata è uno deivanti della filiera agri-cola nazionale e costi-

tuisce anche un importantesegmento delle nostre esporta-zioni. Tra i paesi che ne fannomaggiore richiesta in Europa, cisono Germania e Francia, im-portante è anche il risultato ot-tenuto sui mercati dei “nuoviconsumatori”, come Cina eBrasile, che stanno sempre piùaumentando la richiesta. Ma leesportazioni più rilevanti sonoquelle verso gli Stati Uniti. «Abeneficiare della maggior do-manda Usa nel 2011 – spiegaMassimo Gargano, presidentedi Unaprol – è stata l’Italia,che resta saldamente il primofornitore».

In Italia vengono prodotteogni anno tonnellate di oliodi qualità eccellente. Quantesono le varietà Dop presentinel nostro paese?«L’ Italia vanta al suo attivo 43riconoscimenti: 42 Dop e 1Igp. Risultano più distanti iprodotti di altri Paesi vocaticome la Grecia (27) e la Spagna(24). Il comparto degli oli Dope Igp presenta un numero di ri-conoscimenti piuttosto elevato,ma il livello di produzione cer-tificata resta ancora basso. Tra leprovince italiane con maggioririconoscimenti di oli Dop e Igp

figurano quelle di Trapani eSiena. Secondo i dati più re-centi, elaborati dal nostro osser-vatorio economico, laproduzione certificata si è atte-stata intorno alle 10.500 ton-nellate. I dati evidenziano che ilruolo delle produzioni a deno-minazione resta ancora limitato.La produzione certificata di oliDop e Igp presenta un pesomolto contenuto rispetto allaproduzione totale di olio extra-vergine e ai potenziali produt-tivi degli stessi oli».

Come si riconosce un oliodi qualità e quali sono le ca-ratteristiche organolettichepiù importanti che devono ri-saltare?«La qualità degli oli extraverginidi oliva è cosa complessa ecolma di sfaccettature che pre-varicano il solo aspetto merceo-logico. Quando, infatti, siclassifica un olio estratto mec-canicamente dalle olive come“extravergine”, si intende sol-tanto dire che dovrà essere ca-ratterizzato da un relativamentebasso grado di alterazione idro-litica (acidità libera) e ossidativa(numero di perossidi e costantispettrofotometriche), oltre anon avere difetti sensoriali.Inoltre, si garantisce il consu-matore circa la purezza intesacome assenza di adulterazionidovute all’aggiunta di altri oli

vegetali diversi dall’oliva. L’ex-travergine quale categoria com-merciale è tutto qui e non puòcerto rappresentare motivo dichiarezza per un consumatoresempre più confuso tra prezzistracciati, vendite promozionalie messaggi contrastanti suquello che realmente può aspet-tarsi dall’indicazione “extra”».

A cosa viene attribuito in-vece questo termine? •

Massimo Gargano,

presidente di

Unaprol, Consorzio

olivicolo italiano

OLIO ITALIANO Massimo Gargano

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OLIO ITALIANO Massimo Gargano

Gusto • 98 Maggio 2012

«Tale termine, di per se ambi-guo e che in ogni caso dovrebbeessere attribuito al top dellaproduzione olivicola mondiale,accomuna invece oli con pro-prietà sensoriali e salutisticheenormemente diverse che nonvengono correttamente comuni-cate al consumatore che an-drebbe informato sulla relazioneesistente tra composti fenolicibioattivi e nota di “piccante” edi “amaro” dell’olio. In altre pa-role, le stesse molecole chehanno evidenziato impatti posi-tivi sulla salute sono anche re-sponsabili delle suddetteproprietà gustative. Il consuma-tore può quindi percepire la

qualità dell’olio che va ad acqui-stare anche semplicemente as-saggiandolo e questo è unelemento che non viene maisufficientemente puntualizzato,ma che può rappresentare unfattore fondamentale per lascelta al consumo. Si devequindi fare corretta comunica-zione nei riguardi dell’olio ex-travergine Italiano di altaqualità in modo da rendere ilconsumatore consapevole delleproprie scelte e orientarle versoprodotti che possano unire ilbenessere all’emozione».

Con quali campagne ilconsorzio Unaprol contribui-

sce a promuovere in Italia enel mondo le qualità dell’olioDop?«Il segmento delle Dop con l’ex-tra vergine I.O.O.% di alta qua-lità italiana tracciato (italianolive oil) è al centro dei progettidi promozione che Unaprol stasostenendo in quasi tutto ilmondo. Questo però rappre-senta un segmento dell’attivitàche Unaprol con la sua filieraolivicola svolge nell’ambitodella filiera agricola italiana.Abbiamo appena terminato unprogetto triennale di promo-zione in Francia, Germania eRegno Unito e siamo particolar-mente soddisfatti del fatto che

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OLIO ITALIANO Massimo Gargano

99 • GustoMaggio 2012

al termine dei tre anni di pro-mozione, l’export italiano dioliva in generale verso questimercati si è sensibilmente con-solidato. L’Italia che ha fattodell’alta qualità europea il pro-prio fiore all’occhiello consolidain questi paesi definiti “nuoviconsumatori” la propria pre-senza con il 74% del mercato inGermania, il 33% in Francia e il55% nel Regno Unito. Perquanto riguarda le nuove fron-tiere della promozione Unaprolcon il ministero delle PoliticheAgricole, alimentari e forestali ela Commissione europea è pro-motore di due progetti triennali

di informazione e sensibilizza-zione dei consumatori. Uno ri-servato al mercato interno cheriguarderà Belgio, Danimarca eOlanda. L’altro sarà sviluppato aldi fuori dell’Unione Europea e ri-guarderà Stati Uniti e Canada».

Come avverrà tutto ciò?«Realizzeremo questi programmioperando nel solco della filieraagricola italiana organizzata daColdiretti, in cui produttori agri-coli e consumatori condividonogli stessi valori attraverso partner-ship con il commercio qualificatocon l’obiettivo di garantire sulmercato un prodotto di origine

certa e rispettoso dell’ambiente. Illegame tra olio e territorio di-venta un binomio indissolubile el’etichettatura europea dell’ori-gine italiana proposta come of-ferta di qualità perché unica eirripetibile in quanto non è clo-nabile. L’obiettivo di questi pro-grammi è, dunque, sensibilizzarei nuovi consumatori ad acquisticonsapevoli di olio di oliva extravergine di alta qualità con tuttele garanzie che il legame con ilterritorio italiano e la legisla-zione europea in materia di eti-chettatura anche in termini diriconoscimenti comunitari pos-sano offrire». d

Il consumatore può percepire la qualità dell’olio che va ad acquistare anche semplicemente assaggiandolo

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101 • GustoMaggio 2012

OLIO ITALIANO Elia Fiorillo

Un patrimonio

da salvaguardare

Numerose sono le ini-ziative di tutela e sal-vaguardia degli oliDop e Igp italiani,

ad opera del Consorzio di garan-zia dell’olio extravergine di olivadi qualità. La maggior parte sonoazioni mirate presso punti divendita in tutta Europa, dove iconsumatori hanno la possibilitàdi documentarsi e informarsi sulvalore e sui contenuti della certi-ficazione europea. «A tutela deiconsumatori italiani – sottolineaElia Fiorillo, presidente del con-sorzio – abbiamo sviluppato unprogetto di perfezionamento delnostro sistema di controllo e ditutela che si svilupperà per iprossimi tre anni e che sarà in-centrato su un più rigoroso con-trollo a scaffale degli olicertificati dal consorzio, sotto il

coordinamento di un comitatoscientifico di controllo, che ha inprogramma numerose iniziativedi educazione dirette ai consu-matori sul valore e l’importanzadei parametri e dei requisiti re-strittivi sul prodotto che il con-sorzio impone ai propri associati.Con questa ulteriore iniziativa, ilconsorzio rafforza il suo impegnonella direzione della tutela e dellagaranzia di qualità dei prodottidelle proprie aziende facendoleva anche su un sistema di ispe-zioni che costituisce un deter-rente molto forte al mancatorispetto delle norme di autenti-cità e di qualità del prodotto edelle informazioni commercialitrasferite al consumatore finale».

Quanto è vasta la produ-zione dell’olio extravergine sul

LE QUALITÀ NUTRIZIONALI E SALUTARI DELL’OLIOEXTRAVERGINE DI OLIVA SONO ALLA BASE DELLA DIETA MEDITERRANEA. ELIA FIORILLO SPIEGA IN CHE MODO L’OLIO ITALIANO VA TUTELATO

� di Nicolò Mulas Marcello�

Elia Fiorillo, presidente del Consorzio di garanzia

dell’olio extravergine di oliva di qualità •

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Gusto • 102 Maggio 2012

OLIO ITALIANO Elia Fiorillo

territorio italiano?«L’Italia è il secondo produttoremondiale di olio d’oliva col15,5% della produzione mon-diale, preceduta dalla Spagna,con il 45,4%, seguita da Grecia(9,7%), Siria (5,8%) e Turchia(5,2%). A livello interno, se con-sideriamo i dati relativi alla cam-pagna 2010, risultano prodotti5.134.072 quintali di oliod’oliva da pressione. Le regionimaggiori produttrici sono la Pu-glia (31,4%), la Calabria(30,8%), la Sicilia (9,4%) e laCampania (7,7%)».

Quali sono le caratteristichequalitative, nutrizionali e salu-tari degli oli extravergine dioliva di qualità?«La qualità dell’olio di oliva extravergine è il risultato del rispettodi requisiti chimico-fisici e senso-riali più restrittivi rispetto alla le-gislazione di base e di dettagliateprocedure di produzione, trasfor-mazione e conservazione. È perla sua composizione che all’olioextra vergine di oliva è ricono-sciuto un ruolo fondamentale inuna dieta lipidica equilibrata cheaiuta a regolare il contenuto dicolesterolo nel sangue, favoriscela digestione e l’assimilazione diminerali e vitamine, può ridurrel’insorgenza di tumori e malattiecardiovascolari e combatte l’in-vecchiamento cellulare impe-dendo la formazione di radicaliliberi. Tuttavia, tali proprietàsono tanto più marcate quantomaggiore è il livello di qualitàdell’olio extra vergine all’atto delconsumo. Per disporre, al mo-

mento del consumo, di un pro-dotto ineccepibile sotto il profiloorganolettico e nutrizionale ènecessario che la qualità di par-tenza sia molto elevata ma èanche essenziale che tutte le fasiche ne determinano la conserva-zione e la distribuzione sianocondotte in modo tale da con-servare integro il patrimonio nu-trizionale di partenza».

Quanto è richiesto all’esterol’olio extravergine italianoDop?«L’olio Dop e Igp italiano costi-tuisce la punta di eccellenza dellenostre offerte nazionali di olioextravergine. La dimensione delmercato di tale segmento, checonta oltre 40 diverse denomina-zioni, è compresa tra l’1 e il 2%del mercato nazionale. Si trattadi un segmento che ha un altovalore in termine di immagine eche è in grado di remunerareadeguatamente i produttori olivi-coli italiani, considerato che iprezzi medi litro sullo scaffale di-stributivo si attestano intorno ai10 euro, con valori medi più ele-vati nelle regioni del nord Italia. Idati più recenti sui volumi certi-ficati indicano una dimensione dimercato che supera le 10milatonnellate e sappiamo che circa2.500 di queste raggiungono ilconsumatore attraverso la distri-buzione moderna. Il flusso di oliDop e Igp che varcano i confininazionali dovrebbe attestarsi in-torno ai 5 milioni di litri. La cer-tificazione europea, comesappiamo, vale solo sul territoriodell’Unione, ma gli oli Dop sono

I dati più recenti sui volumi certificati indicano una dimensionedi mercato che supera le 10mila tonnellate. Di queste circa 2.500raggiungono ilconsumatore attraverso la distribuzione moderna

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percepiti come i prodotti dipunta della categoria extravergineanche dai consumatori extra Ue.Trattandosi della categoria a piùalto valore, l’espansione dei suoivolumi dipende in larga parte dalgrado di consapevolezza e di in-formazione sulle qualità del pro-dotto da parte del consumatore,purtroppo ad un grado ancorainsufficiente in Italia e all’estero».

Quali iniziative avete in pro-gramma per la promozione del-l’olio extravergine?«Il consorzio fin dalla sua nascitaè stato sempre molto attivo nelcomunicare ai consumatori l’im-portanza dell’olio extravergined’oliva come alimento base delladieta mediterranea e delle sue

proprietà salutistiche e nutrizio-nali, oltre che edonistiche. At-tualmente, l’ente è impegnato indiversi progetti di promozionesia in Italia che all’estero e, inparticolare, in alcuni Paesiemergenti quali l’India, la Cinae la Russia. Con tali iniziative,ci siamo posti l’obiettivo di tra-sferire una maggiore e più rigo-rosa conoscenza dellecaratteristiche nutrizionali e sa-lutistiche del prodotto anchepresso popolazioni notoria-mente estranee al suo consumo,facendo leva sull’importante ap-porto che un alimento con talicaratteristiche positive sul pianonutrizionale potrebbe apportarealla salute e al benessere di fu-turi nuovi consumatori. In que-

sti paesi ci muoviamo con ilmassimo rispetto delle tradi-zioni alimentari locali, avendocura di proporre l’olio di olivain tutte quelle combinazionicreative che possono arricchiree incrementare le combinazionidi impiego, anche attraverso ilcoinvolgimento di chef locali.Tutte le attività formative e in-formative sono incentrate sul-l’aspetto salutistico e sullavalorizzazione delle caratteristi-che nutrizionali dell’olio d’olivae dell’extra vergine e numerosesono state le degustazioni gui-date, improntate sul coinvolgi-mento diretto dei consumatoriper imparare a conoscere da vi-cino l’olio di qualità, i suoi gustie le sue caratteristiche». d

OLIO ITALIANO Elia Fiorillo

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Gusto • 104 Maggio 2012

Il gustodell’olio nostrano

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OLIO ITALIANO Enrico Lupi

105 • GustoMaggio 2012

LA CERTEZZA DELL’ORIGINE È UNA DELLE CARATTERISTICHEPIÙ RICERCATE DAGLI STRANIERICHE GUARDANO ALL’OLIOITALIANO. ENRICO LUPI ILLUSTRA I SUCCESSI DELLA FILIERAOLIVICOLA ITALIANA

� di Nicolò Mulas Marcello �

Enrico Lupi, presidente dell’Associazione

nazionale città dell’olio

Quando l’olio è di qua-lità certificata, la ga-ranzia del prodottoripaga non solo la

soddisfazione del cliente maanche, in termini economici, tuttala filiera. «Oggi la qualità e la pro-venienza certa – spiega EnricoLupi, presidente dell’Associazionenazionale città dell’olio – sono va-lori imprescindibili per garantiresufficiente remunerazione per iproduttori e tutta la filiera e af-frontare con ottimismo i mercatistranieri, sempre più attenti aitemi della salute e della certezzadell’origine».

Le identità territoriali ita-liane passano attraverso le spe-cialità enogastronomiche el’olio spesso contraddistingueun determinato territorio gra-zie alla propria specifica qua-lità. Quanti sono gli ettaricoltivati a ulivi in Italia?«La superficie, riferita al 2010 su

dati Istat, è di 1,19 milioni di et-tari. La produzione dell’ultimacampagna olearia si attesta sulle400.000 tonnellate. Siamo il se-condo Paese produttore al mondo,dopo la Spagna, con 1.600.000tonnellate dai dati Coi, e il primoconsumatore. La concentrazionedella superficie olivetata è mag-giore nel Mezzogiorno (78,9% deltotale nazionale) a fronte di unadiscreta presenza nel Centro(18,7%) e di talune nicchie olivi-cole nel Nord (2,4%). Al Sud leprincipali regioni olivicole sonoPuglia, Calabria e Sicilia, rispetti-vamente con 378, 195 e 162milaettari investiti a olivo; al Centrosoprattutto la Toscana e il Lazio,rispettivamente con 97 e 89milaettari. Al Nord l’unica presenzaconsistente riguarda la Liguria con17mila ettari. Abbiamo a oggi 43oli riconosciuti e tutelati dall’Uedi cui 42 Dop e 1 Igp, l’Olio To-scano. E in questo caso anche semomentaneamente la distribu-

zione territoriale è molto diversarispetto all’olivicoltura italiana ingenerale - al momento più del50% delle aziende è concentratain Toscana - c’è una tendenzaverso una crescita in tutte quellearee di maggior produzione nelmezzogiorno. È in questo settoredelle Dop e Igp che bisogna impe-gnarsi perché rappresentano ilvero legame del prodotto al terri-torio di origine, vero valore ag-giunto per le nostre produzioni dieccellenza in un mercato globale».

Quali sono le finalità del-l’Associazione nazionale cittàdell’olio? «La promozione e la valorizza-zione dei territori olivetati d’Italia.La nostra carta dei fondamenti ciricorda come i molteplici valori ri-conosciuti alla pianta dell’olivo eal prezioso prodotto olio extraver-gine d’oliva possano diventare op-portunità di crescita dei nostriterritori, spesso in aree cosiddette

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OLIO ITALIANO Enrico Lupi

Gusto • 106 Maggio 2012

marginali, ma che di questa eco-nomia vivono e caratterizzano ilproprio ecosistema. Oggi l’associa-zione conta 360 enti pubblici tracomuni, camere di commercio,provincie e comunità montane,uniti nel diffondere la cultura diquesto prodotto attraverso tuttequelle azioni di educazione, sensi-bilizzazione, informazione legatialla memoria storica dei nostri ter-ritori olivicoli».

Per quali motivi all’estero c’èmolta attenzione per olio ita-liano?«L’attenzione è molto forte se siparla di percezione di qualità,anche se tendenzialmente il piùalto incremento di export lo haavuto il settore biologico. Per leDop i valori sono ancora moltobassi, vista ancora l’esigua produ-zione rispetto al quella nazionale.Secondo la Fondazione Qualivita,circa il 65% degli oli risulta espor-tato in Paesi Ue e il restante 35%in Paesi extra UE. E bisogna tener

conto che in circa un terzo dellaproduzione, specialmente per lepiccole realtà, prevale la vendita di-retta. Quindi c’è ancora molto dafare e da investire in termini di co-noscenza delle Dop e Igp al-l’estero, perché anche se nonsono certificazioni di qualità,devo dire che la maggior partedei consorzi ha disciplinari re-strittivi che prevedono non solol’origine e il percorso di lavora-zione del prodotto ma anche ana-lisi organolettiche, e quindi difatto certificano una qualità ine-ludibile del prodotto stesso».

La vostra associazione anno-vera 360 soci. Quali iniziative cisono in programma nei prossimimesi?«L’evento principale sarà “Giroliod’Italia 2012”, un itinerario che vadal sud al nord alla scoperta delleeccellenze produttive olivicole at-traverso 17 tappe regionali che ini-zieranno a metà ottobre e siconcluderanno prima delle festenatalizie. La scorsa edizione, che ilpresidente della Repubblica hapremiato con la medaglia d’ar-gento per l’alto valore culturale,era dedicato all’Unità d’Italia.Quest’anno il tema sarà il paesag-gio olivicolo, un tema a noi parti-colarmente caro anche in relazionealle recenti modifiche in seno allanuova bozza della futura Pac

2014-20. Queste modifiche infattivanno verso un riconoscimento aiproduttori per il mantenimentodegli ecosistemi produttivi e dellebiodiversità ambientali con produ-zioni e piante legate all’ecosistemaagricolo del territorio di prove-nienza. A supporto di ciò stiamoattivando dei progetti anche in-sieme agli altri partner di Reco-med, la Rete città dell’olio delMediterraneo che conta 14 Paesi,con l’impegno ad attivare un per-corso di riconoscimento del pae-saggio olivicolo quale Patrimonioimmateriale dell’umanità Unesco,al fine investire sul manteni-mento di questa cultura millena-ria facendo elevare e apprezzare ilvalore culturale, paesaggistico,ambientale e produttivo di questosplendido prodotto».

Avete in programma progettidedicati alle scuole per la promo-zione della cultura dell’olivo edell’olio di oliva di qualità? «Continuiamo le nostre attività sulsettore dell’educazione con il pro-getto “Bimboil” per le scuole ele-mentari che, patrocinato dalMinistero delle politiche agricole,che quest’anno ha avuto anche ilmonitoraggio del Miur con l’im-pegno a sviluppare la progettualitàanche per tutte le scuole italiane enon solo quelle delle nostre cittàdell’olio».

• La concentrazione della superficieolivetata è maggiore nel Mezzogiornocon il 78,9% del totale nazionale

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GLI OLI DOP E IGP ITALIANI

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Gusto • 108 Maggio 2012

dell’assaggio

L’importanza

L’EDUCAZIONE AL GUSTO FACILITA LA CAPACITÀ DI RICONOSCERE E APPREZZARE LA VERA QUALITÀ. A SOSTENERLO

È LUIGI CARICATO, PRIMO OLEOLOGO D’ITALIA E IDEATORE DELL’OLIO OFFICINA FOOD FESTIVAL

� di Nicolò Mulas Marcello �

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OLIO ITALIANOLuigi Caricato

109 • GustoMaggio 2012

Solo grazie all’assaggio si hala conferma che l’olio ex-travergine di oliva chestiamo consumando è

davvero di qualità. «C’è una carat-teristica – spiega Luigi Caricato,scrittore, oleologo e giornalista –che viene percepita immediata-mente dai nostri sensi e che ri-manda a qualcosa di piacevole. Lanota rancida o ossidata non do-vrebbe piacere, ma non sempre ècosì». Per questo motivo, spiegaCaricato, quando non si conoscebene un prodotto si può avereanche una percezione sbagliata.C’è per esempio chi predilige olimarcatamente dolci, ottenuti daolive mature, di qualità oggettiva-mente inferiore. Non tutti dunqueapprezzano le note amare e pic-canti di un olio, confondendolespesso per difetti, quando invecesono elementi di pregio. Ecco,possiamo con certezza dire che laqualità di un olio extravergine dioliva resta un concetto moltocomplesso da interpretare. Lo sinota dagli andamenti degli acqui-sti, dove si punta in genere alprezzo più basso, al sottocosto. Inogni caso, la qualità è resa ogget-tiva da alcuni parametri chimico-fisici cui si fa riferimento nelclassificare un olio dal punto divista merceologico».

Quali sono le voci presentisull’etichetta a cui occorre darela massima attenzione per esserecerti di consumare un olio diqualità?«Io vado in controtendenza ri-spetto a quanto sostengono inmolti. L’etichetta non aiuta il con-sumatore, può solo orientarlo, manon è uno strumento compiuta-mente efficace. Chi vuole truffareevidentemente realizzerà etichetteperfette, ineccepibili. L’etichetta

tuttavia resta un utile sistema didifesa a posteriori, perché quandosi effettuano i controlli, l’olio chesi trova all’interno di una bottigliadovrà obbligatoriamente corri-spondere a quanto scritto sull’eti-chetta. Per il resto, l’etichetta nongarantisce sulla qualità. La qualitàandrebbe riconosciuta all’assaggio.Per questo io da molti anni stoproponendo un nuovo approcciocommerciale con gli oli di oliva.Chiedo ai vari punti vendita diproporre l’olio in assaggio, propriocome già avviene nelle profume-rie, dove è possibile provare e an-nusare le varie essenze. In talmodo sarà possibile scegliere infunzione di ciò che piace e non inragione di un prezzo apparente-mente più conveniente».

L’olio extravergine d’olivaitaliano potrà avere una fama si-mile a quella del nostro vino nelmondo?«L’olio italiano è stato di granlunga più apprezzato rispetto alvino. Nell’immaginario resta an-cora un solido punto di riferi-mento. Soprattutto all’estero.L’unica pecca è che se ne producepoco, di extravergine e, altra peccaancor più grave, è che non si stainvestendo più nell’olivicoltura enella ricerca. Le istituzioni nazio-nali hanno sprecato nel corso deglianni tanto danaro pubblico,elargendolo a persone o agruppi sbagliati, quando invecegli olivicoltori veri non hannobeneficiato dei tanti aiuti cheinvece sono stati utilizzati almeglio da Paesi più dinamicicome la Spagna».

A fine gennaio si è svoltal’edizione di Olio Officina FoodFestival 2012. È possibile stilareun bilancio di questa manifesta-

zione ideata da lei? «È un bilancio estremamente posi-tivo. Aspiravo a Olio OfficinaFood Festival da almeno un de-cennio. Finalmente i tempi sonoarrivati. La prima edizione è stataun successo, per le novità che haapportato, anche in termini cultu-rali, con la presenza di varie figureprofessionali intervenute: oleologi,cuochi, nutrizionisti, biochimici,pediatri, narratori, economisti, an-tropologi, musicisti, poeti, attori,ma anche semplici consumatori epoi grande spazio ai bambini e auna visione olistica dell’olio. Ilprogetto del festival, il cui pros-simo appuntamento è per il 25 e26 gennaio 2013 a Milano, vedel’olio porsi in stretta relazione conil cibo. Pensare all’applicazionepratica dell’olio significa proiet-tarlo in avanti, non fermarsi più aun impiego generico, dettatodalla consuetudine, ma vederloin relazione con altre materieprime attraverso le varie modifi-cazioni del gusto nell’incontrotra le varie molecole. L’olio vaconcepito oltre il ruolo di purocondimento. L’olio è ingre-diente, se ne utilizza in quantitàmodica, ma ha in compenso unalto effetto condente».

Luigi Caricato,

oleologo e

giornalista,

è autore di diversi

volumi sull’olio

extravergine d’oliva

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Gusto • 110 Maggio 2012

Un olioche giunge

dalla storia

COGLIERE LA GENUINITÀ,I SEGRETI E I PRODOTTIDI UNA TERRA DALLA STORIAMILLENARIA. TRA OLIVIMONUMENTALI E PERCORSIGASTRONOMICI INCONTRIAMOL’ANTICA MASSERIA BRANCATINELLA MARINA DI OSTUNI

j di Nicoletta Bucciarellii

OLIO ITALIANOMasseria Brancati

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111 • GustoMaggio 2012

Fu Lucio Giunio Mode-rato Columella, famosoagronomo romanomorto nel 70 dopo Cri-

sto, uno dei primi a descriverenel De Re Rustica l’immenso oli-veto che si trova a nord di Brindisi.Oggi quello stesso uliveto è candi-dato a ricevere il riconoscimentoUnesco come Patrimonio Mon-diale dell’Umanità. Proprio nelcuore della piana degli olivi pluri-secolari di Ostuni sorge l’AnticaMasseria Brancati. Il corpo di fab-brica risalente all’XI-XII secolo,svetta tre le chiome degli olivi mo-numentali. Tra le attività principalidella masseria, la produzione diolio extravergine d’oliva monova-rietale biologico. «La masseriaBrancati –spiega il titolare Cor-rado Rodio- è stata la primaazienda in Puglia a realizzare olioextravergine di oliva la cui traccia-bilità è certificata da un soggettoterzo. L’olio è ottenuto solo dapiante censite appartenenti allacultivar Ogliarola salentina che inquesta parte di Puglia si identificacon gli olivi secolari utilizzando lamenzione speciale “da oliveti seco-lari di Puglia”». Una varietà che veniva coltivatagià nel periodo messapico. «Tra lemille piante presenti in azienda cisono ancora esemplari produttividi quel periodo e molti altri delperiodo romano. Tra le varietà,spicca “La Salentina”, già citata da

Columella, oggi Ogliarola Salen-tina. L’olio di queste varietà è unfruttato medio, fresco, di coloregiallo dorato con delicati riflessiverdi. All’olfatto è deciso e ampio,con sentori fruttati cui si associanotoni balsamici. Al gusto è avvol-gente, amaro e piccante presenti inmodo equilibrato. Un olio che bensi sposa su quasi tutti i piatti, inparticolare su verdure lesse e gri-gliate, legumi, antipasti di mare,primi piatti con molluschi, pescialla brace, coniglio al forno, pol-lame arrosto, formaggi caprini epiatti di carne rossa».Per abbracciare tutti i gusti,l’azienda produce anche l’olio mo-novarietale di Cima di Melfi, unfruttato leggero indicato per pescee piatti delicati, e un fruttato in-tenso monovarietale di Coratina.«Quest’ultimo è amaro e piccante,ideale su piatti saporiti e robusti».Gli oliveti della masseria Brancatisono gestiti con metodi da agricol-tura biologica. «Le piante monu-mentali inserite tra i prati verdihanno conservato l’aspetto paesag-gistico tradizionale con massimo40-50 piante a ettaro e senza alcuninfittimento. Le 1000 piante mo-numentali sono state censite nel-l’ambito del progetto LifeCentolimed con il fine di valutarel’importanza degli oliveti tradizio-nali e sostenere la biodiversità fau-nistica e floristica». Incollaborazione con il Parco Regio-

nale delle Dune Costiere la masse-ria organizza inoltre minicorsi dieducazione all'assaggio di oli. «Alladegustazione segue lavisita guidata all’oliveto monu-mentale, al frantoio ipogeo e ai lo-cali storici della masseria.Un’attività organizzata da tre annisettimanalmente con il fine di pro-muovere l’olio degli Olivi secolaridi Puglia». Da alcuni anni la mas-seria ha inoltre realizzato un pic-colo Bed and Breakfast utilizzandole vecchie stanze dei massai restau-rate. «La posizione strategica dellamasseria fa si che in pochi minutisi possa raggiungere il paese, lespiagge e il Parco delle Dune Co-stiere. A poca distanza inoltre sitrovano le località più affascinati diPuglia come Locorotondo, Albero-bello, Castellana, MartinaFranca, Lecce e altre». La masseriaBrancati fa parte del bioitinerariodella via Traiana, percorso turi-stico-gastronomico legato ai prin-cipi della sostenibilità. «Abbiamoottenuto il marchio di sostenibilitàdel sistema delle aree protette dellaprovincia di Brindisi per la ge-stione sostenibile dei servizi diospitalità rurale e facciamo partedella Strada del Parco degli Olivisecolari. –Conclude Rodio-. Cer-chiamo di fondere così professio-nalità, ospitalità, passione e amoreper la terra, per tutelare un paesag-gio agrario tra i più antichi e sug-gestivi del Mediterraneo».

In apertura frantoio ipogeo

di epoca romana (foto

di Marcello Carozzo) e olivo

monumentale (foto di Giulia

Rodio). Sopra ingresso

della masseria fortificata (foto

di Giulia Rodio), punto vendita

aziendale (foto di Marcello

Carozzo).

L’Antica Masseria Brancati

si trova a Ostuni (BR)

www.masseriabrancati.com

[email protected]

d

Page 110: Gusto052012

Maggio 2012

Fruttato

intenso

dal gusto deciso

Oro verde, re delladieta mediterranea,elisir di lunga vita.Ha collezionato nu-

merosi epiteti l’olio extraverginedi oliva nei millenni del suo uso eancora oggi è uno degli ingre-dienti fondamentali, soprattuttoper la cucina pugliese. Comespiega Giovanni Somma del-l’omonimo frantoio di Bitetto, inprovincia di Bari: «La bontà del-l’olio pugliese si rivela anche inpiatti semplici, come la bru-schetta, che sa arricchire con il suosapore fruttato aromatico. Per chivive da queste parti, però, l’olio èimportantissimo per condire orec-chiette e cime di rapa, piatto seco-lare ma tuttora attuale. È ancheottimo per esaltare una pietanza

salutare che oggi si sta risco-prendo: cicorielle e fave». La caratteristica principaledell’olio prodotto nelle terrebaresi è la cultivar. «Nel no-stro territorio sono presentioliveti di Coratina e Oglia-rola Barese. Da questeolive si ottiene un extra-vergine con caratteristi-

che differenti: fruttato intenso edal gusto deciso quello di Cora-tina, delicato e gradevole con sen-tore di mandorla quello diOgliarola. Il nostro frantoio faun’accurata selezione delle due va-rietà ed esegue lavorazione omo-genea, in modo da ottenere unolio completo e perfetto sotto iparametri organolettici e senso-riali. Prestiamo inoltre particolareattenzione alla frangitura che ef-fettuiamo con molazze, più lenta edelicata, o con frangitore a mar-telli e rulli, immediata e violenta».Le nuove tecnologie, da oltrevent’anni hanno portato grandiinnovazioni in questo settore. Tut-tavia, solo un aspetto può mante-nere alto il valore della tradizione:l’esperienza pluridecennale che siacquista grazie ai segreti e ai valoritramandati da padre in figlio.«Solo grazie al connubio tra espe-rienza, passione e innovazione, ilnostro olio potrà rimanere unprodotto alimentare d’eccellenza».

Il frantoio oleario Giovanni Somma

si trova a Bitetto (BA)

www.frantoiosomma.it

d

j di Luca Cavera i

L’EXTRAVERGINE DI OLIVAESALTA LA CUCINAPUGLIESE. GIOVANNISOMMA SPIEGALE DIFFERENZE TRAGLI OLIVETI DI CORATINAE OGLIAROLA BARESE

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Page 112: Gusto052012

j di Luca Cavera i

PAOLA E GIACOMO ASCIANORACCONTANO

UN OLIO BAGNATODAI RAGGI DEL SOLE.

CHE SI INTRECCIACON I MAESTOSI TRONCHI

DEI GIGANTIDEL MEDITERRANEO

OLIO ITALIANOPaola e Giacomo Asciano

Da olivi

millenari

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115 • GustoMaggio 2012

amaro e fruttato. Con i nostri tretipi di olio cerchiamo di soddisfarepiù palati e al contempo di diffon-dere una cultura dell’olio che an-cora manca». La caratteristicacomune è l’elemento fruttato, chegli Asciano ottengono anticipandola raccolta delle olive rispetto almomento di piena maturazione.«Così facendo – dice Giacomo –abbiamo una minore resa quantita-tiva, che però va a tutto vantaggiodelle caratteristiche organolettichedel prodotto finito. Noi produ-ciamo un Fruttato Amaro, unFruttato Amabile e un FruttatoDolce. Il primo è un olio piccante,frutto di una raccolta particolar-mente precoce di olive Coratina.Di colorazione verde intensa, odoredi erba fresca e primavera, va usatosolo a crudo, su particolari pietanzee – bruschette, verdure – e semprein quantità molto ridotte, date lealte percezioni che se ne ottengonoe la sua forza, quasi aggressiva».L’Amabile, come suggerisce ilnome, è un olio che invece siadatta a qualsiasi pietanza e palato,che si può versare anche sul cotto ela carne. Il Fruttato Dolce è, poi,

una sorta di gioiello, comedimostra il suo colore giallooro. «Otteniamo quest’olio– spiega Paola – esclusiva-mente da una varietà dipiante che caratterizza il no-stro territorio, la cosiddettaOgliarola Salentina. Sonopiante monumentali e ultra-secolari, alcune hanno supe-rato i tremila anni di età,ma ciò che è spettacolare èche sono ancora produttive.Al colore giallo dell’olio si

La campagna del Salento ècostellata di creature silen-ziose e fuori dal comune.Sono olivi venerandi per

età, che però ogni anno sanno dareun olio dal gusto giovane e dolce.Che è ogni volta nuovo e ognivolta antico, poiché porta con sé ilsapore delle tradizioni di questaterra, che da tempo immemorabileha legato la propria cucina alla cul-tura dell’olio extravergine di oliva.A queste piante si dedicano Gia-como e Paola Asciano, fratelli cherappresentano la quarta genera-zione di una famiglia che ha sceltola vita agricola, oltre alla passioneanche tanto lavoro e da 18 annil’agricoltura biologica, offrendoolio e accoglienza nella loro masse-ria-agriturismo e nel nuovo risto-rante. Racconta Paola: «Coltivandodirettamente , producendo e im-bottigliando nel nostro frantoio,garantiamo la completa tracciabi-lità della filiera – che è cortissima.Dagli olivi che coltiviamo, estra-iamo tre qualità di olio che distin-guiamo per varietà, periodo diraccolta e caratteristiche, guar-dando all’equilibrio fra piccante,

accompagna un gusto molto deli-cato e leggero – perché la piantanon lascia staccare il suo frutto finoa che questo non ha raggiunto lapiena maturazione – che ne fa unolio per tutte le pietanze e adatto –per chi vuole concederselo – anchealle fritture». La qualità elevata diquesti oli della famiglia Asciano,oltre che dalla cura di queste piantedal valore incalcolabile, dipendeanche dal metodo di lavorazione espremitura, che permette di conser-varne inalterate le caratteristiche or-ganolettiche. «Le nostre olive – diceGiacomo – vengono raccolte mec-canicamente e trasformate nelle do-dici ore successive alla raccolta,dopo un’attenta selezione visiva.Durante il processo di spremituranon si superano mai i 21 °C, conmulini che ruotano “lentamente”rispetto ai ritmi delle normali lavo-razioni. Tutto ciò permette unafrantumazione delicata dell’olivache non disperde i profumi e gliaromi del frutto appena raccolto.Infine, prima di essere imbotti-gliato, anziché filtrato, l’olio vienelasciato sedimentare natural-mente». Tutti questi accorgimentisono un modo, per i fratelliAsciano, di dimostrare l’amore e ilrispetto per la natura e il territorio.Conclude Paola: «Abbiamo comeobiettivo il rispetto dell’ambiente.Per questo usiamo gli scarti di po-tatura e il nocciolino per riscaldaregli ambienti e l’acqua sanitariadell’agriturismo, risparmiando cosìsui consumi energetici. Inoltre ab-biamo un sistema di irrigazione in-terrato che monitora la radice esomministra l’acqua solo quando ènecessario alla pianta». d

Giacomo e Paola Asciano,

titolari de La Masseria

Asciano-Agriturismo.

L’azienda si trova

in contrada

Lardagnano Nuovo, S.P. 21

presso Ostuni (BR)

www.agriturismoasciano.itwww.olioasciano.it

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Gusto • 116 Maggio 2012

Dalle antiche mole dipietra lavica alle mo-derne macchine conl’estrazione a freddo,

per ottenere un olio extraverginedi oliva di alta qualità per il qualeè stata riconosciuta la denomina-zione di origine protetta “MonteEtna”. L’azienda Consoli, selezio-nando la materia prima per luogodi produzione – altitudine, ter-reno vulcanico o terre bianche – eper metodo di conduzione delfondo agricolo, ha diversificato inquattro linee la produzione di olioextravergine. Inoltre, ha avviato la

produzione di conserve alimentari,iniziando con olive da tavola al na-turale, pâté di olive e pesto di pi-stacchio. La famiglia Consoli daoltre mezzo secolo gestiscel’azienda omonima, come spiegaPasquale Consoli: «Siamo attentiall’ambiente e alle nuove tecnolo-gie: per la conduzione dell’aziendaabbiamo scelto di utilizzare energiada fonti rinnovabili, fotovoltaico ecombustibile da bio masse pro-dotte in sede». Sulla linea di unarigorosa politica della qualità,l’azienda collabora con l’Universitàdi Catania, in particolare con la

Prof.ssa Cinzia Caggia, per lo stu-dio microbiologico dei parametridi fermentazione nella produzionedi olive da tavola al naturale. «Laricerca, che si svolge pressol’azienda, applica i risultati acqui-siti da un progetto finanziato dallaRegione Sicilia e prevede l’im-piego di ceppi selezionati, isolati,caratterizzati e depositati presso illaboratorio di Microbiologia deglialimenti. Il monitoraggio e la veri-fica della fermentazione hanno loscopo di aumentare le garanzie disicurezza del prodotto finito».Per la salvaguardia dell’ambiente,

j di Luca Cavera i

PESTO DI PISTACCHIO, PÂTÉ DI OLIVE, OLIVE DA TAVOLAE UN EXTRAVERGINE ETNEO CHE ESALTA I SAPORIE NON LI COPRE. A DESCRIVERLO PASQUALE CONSOLI

L’oliodel vulcano

L’azienda

Consoli Pasquale

& fratelli ha sede

ad Adrano (CT)

www.olioconsoli.it

Page 115: Gusto052012

117 • GustoMaggio 2012

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OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA DOPMONTE ETNA CONSOLI

· Olive utilizzate: Nocellara Etnea 95%, Moresca e Ogliarola5% circa

· Colore: leggermente velato opalescente

· Caratteristiche organolettiche: all’olfatto, spiccato aromadi fruttato leggero di erba appena falciata e pomodoro verde.In bocca, sensazione di pulito e freschezza dovuto al fruttocompletamente sano, si conferma il pomodoro e una sensa-zione piacevole di mandorla dolce

· Tecnica di produzione: estrazione a freddo per centrifuga-zione a due fasi

· Organismo di controllo: Agroqualità Spa

Bonina del dipartimento diScienze del Farmaco è già stata av-viata una collaborazione scientificafinalizzata al recupero dei polife-noli dalle acque di vegetazione, ap-plicabile nel campo farmaceutico ecosmetico. «Per queste tre azioni,oggi abbiamo in atto uncampo dimostrativo finanziatocon la Misura 124 del PSRSicilia 2007/2013. Abbiamoanche investito nella ricercadi nuove tecnologie diproduzione per miglio-rare la qualità dell’olio ex-travergine di olivainstallando un nuovo im-pianto a ciclo continuo diultima generazione chepermette l’estrazionedell’olio a freddo tramiteforza centrifuga a duefasi, con temperaturamonitorata che non su-pera mai i 27°». Questiinvestimenti hanno per-messo al prodotto della

Consoli di ottenere importanti ri-conoscimenti, ultimo dei quali,nel 2012, la Sirena d’Oro di Sor-rento con menzione di merito. «Noi consideriamo l’olio un ali-mento e un condimento e cre-diamo che tale debba restare. Il

suo ruolo è quello di esaltareil sapore della portata, mai dicoprirla.Un buon olio rispetta il piatto

che accompagna, cosìcome il buon produttorerispetta il territorio delquale raccoglie i frutti. Ac-canto al Dop Monte Etna,produciamo un extraver-gine da agricoltura biolo-gica. È un olio dall’odorefruttato, leggero, di erbe dicampo e carciofo, che inbocca suscita una sensa-zione di pulito e fre-schezza, dovuta al fruttocompletamente sano, e dileggero amaro portato dalcarciofo».

da diversi anni l’azienda ha intra-preso un rapporto di collabora-zione con le Università di Messinae di Catania alla ricerca di nuovetecniche per il recupero e la valo-rizzazione dei sottoprodotti e/oscarti dei frantoi olearie. «Abbiamoin programma interventi che sifondano sulle competenze del-l’Università degli Studi di Messina,nella persona del Prof. VincenzoChiofalo, e sono rivolti al settoredella mangimistica per la creazionedi prodotti innovativi derivantidalla standardizzazione e dalla in-dividuazione di alcuni elementi diinteresse nutrizionale per il com-parto zootecnico. L’investimento èfinalizzato all’utilizzo anche dei re-sidui della lavorazione delle olive alfine di ridurre le problematiche diimpatto ambientale, costruendoun prodotto che da rifiuto diventaalimento ricco di sostanze antiossi-danti per il circuito animale».Con l’Università di Catania, inparticolare con il Prof. Francesco

OLIO ITALIANOPasquale Consoli

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Gusto • 118 Maggio 2012

ANNA MARIA TORRESANIE SILVANO FELISIRISCOPRONOIL GRIGNANO. CULTIVARDEL VAL DI MEZZANECHE DÀ UN OLIOCON SENTORI DI AGRUMI

Unicitàextravergine

j di Luca Cavera i

Nonostante una storiafatta di alterne vi-cende, a causa dellasua produzione ab-

bondante di olive alla quale dicontro corrisponde una scarsaresa al momento della spremi-tura, il Grignano è una cultivarche negli ultimi anni sta ricon-quistando favore, grazie anche auna maggiore attenzione allaqualità e alla particolarità, piutto-sto che alla quantità. Pianta autoctona del veroneseorientale e dalla Valpolicella, l’ex-travergine che se ne estrae sta fi-nalmente estendendo la propria

fama, anche al di fuori del terri-torio di origine, grazie al caratte-ristico sentore agrumato che lorende un olio unico e apprezzato.Fra i suoi ri-scopritori si collo-cano Anna Maria Torresani e Sil-vano Felisi, dell’azienda agricola aconduzione familiare Terrebian-che – della rete Terra Madre –che si trova ai piedi della Lessi-nia, con le colture disposte inparte sui terreni vulcanici di SanBriccio e in gran parte su terreniprevalentemente calcarei – da quiil nome della località. «La parti-colarità del Grignano – spiegaAnna Maria – è il suo sentore

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119 • GustoMaggio 2012

L’azienda agricola

Terrebianche si trova

a Mezzane di Sotto (VR)

www.terrebianche.net

agrumato, presente soltanto suquesta qualità, e la delicatezzacon la quale si esprime. A questasi aggiunge la pulizia che lascia inbocca, dato che perde immedia-tamente la parte untuosa e lasciaesclusivamente l’aroma. Per que-ste sue caratteristiche, è un olioche va impiegato in piccole quan-tità, con le quali riesce tuttavia aesaltare i cibi sui quali viene ver-sato. Inoltre, la sua notevolequantità di vitamine antiossidantine fa un olio nutraceutico».La lavorazione del fondo delleTerrebianche si svolge nel mas-

viene svolta solo da me e AnnaMaria, per la raccolta viene coin-volta tutta la famiglia». L’azienda agricola non produceperò soltanto un extravergine dialta qualità. Agli uliveti si affian-cano le piante da frutto e l’orto,oltre alle viti, per la trasforma-zione in Valpolicella, Amarone eRecioto. «Con i prodotti dellanostra terra – racconta AnnaMaria – prepariamo delle confet-ture e delle conserve, elaboratepresso il nostro laboratorio. Perquanto riguarda il dolce, ab-biamo confetture di susine selva-tiche, di ciliegie di qualitàDurone, di pere cotogne e di al-bicocche. Fra le conserve salateovviamente le olive hanno unruolo di primo piano, con olive alnaturale in salamoia, olive denoc-ciolate insaporite con erbe offici-nali, pâté d’olive nere. Ma nonmancano le zucchine e le melan-zane conservate in olio extraver-gine di oliva, i peperoni gialli erossi conservati in acqua di cot-tura, i peperoni farciti con salsadi tonno e capperi e la misticanzadi pomodori verdi con cipolle epeperoni». d

simo rispetto della natura ed ècurata direttamente da AnnaMaria e Silvano. Come quest’ul-timo spiega: «La qualità e l’eccel-lenza è dovuta a tante piccoleparticolarità: potature e concima-zione bilanciate, tecniche di rac-colta ed estrazione. Inoltrecontribuisce anche la minuziosaconservazione in cella a tempera-tura controllata e in piccoli con-tenitori di vetro scuro. Questapianta ha un tempo di matura-zione molto breve, che dura ap-pena una decina di giorni. Perquesto se la cura delle piante

OLIO ITALIANOAnna Maria Torresani e Silvano Felisi

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Maggio 2012

torno un bosco di meravigliosiulivi secolari incastonati nelle lu-nette di muretti a secco che ser-vono a contenere il terreno».Nella Masseria Lamiola Piccola èpossibile ricevere un gusto eun’accoglienza tipica. «Qui è dicasa la cordialità, il calore, la con-vivialità della gente del sud. Danoi si possono gustare i prodottitipici del territorio, preparati se-condo la tradizione tramandatacidai nonni». Puglia, terra ricca di sapori e ge-nuinità. «All'insegna dell’autenti-cità – continua Caterina -produciamo sott'oli e sott'aceti,confetture, passate di ortaggi varie non per ultimo il meravigliosoolio extra vergine di oliva dei no-stri ulivi secolari. Tutti prodottifatti rigorosamente a mano e coningredienti che provengono dalla

TRA BOSCHI DI ULIVI SECOLARI E MURETTI A SECCOÈ INCORNICIATA LA MASSERIA LAMIOLA PICCOLA.UN MICROCOSMO DI SAPORI E CONVIVIALITÀ

Nella città

bianca j di Nicoletta Bucciarellii

Detta anche CittàBianca, per il suo ca-ratteristico centro sto-rico un tempo

interamente dipinto con calcebianca, Ostuni si trova a poca di-stanza dalla costa adriatica nel-l’Alto Salento. È in questa zonache incontriamo la Masseria La-miola Piccola.«La Masseria – spiega Caterina Pe-trella, che insieme al marito Leo-nardo gestisce l’attività - è statafondata nel 1600 e nasce origina-riamente come "trappeto di mon-talto". Un frantoio ipogeoesistente tutt'ora, scavato in unagrotta naturale ai piedi delle col-line al centro di un suggestivo eincantevole paesaggio di tre co-muni, Ostuni, Cisternino e Fa-sano da dove si può ammiraretutta la valle fino al mare. Tutt’in-

SPECIALITÀ PUGLIESICaterina Petrella

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121 • GustoMaggio 2012

d

nostra masseria. Gli ospiti pos-sono assaggiarli nel ristorante ocomprarli direttamente nello spac-cio. In questo periodo ad esempioil piatto tipico che viene servitosono le orecchiette alla crema dibasilico con pomodorino fresco ecacio ricotta di capra (delnonno)».Mettere la tradizione in tavola si-gnifica riscoprire i vecchi sapori e iprodotti di un tempo che con ilpassare degli anni si stavano viavia perdendo. «Fortunatamente –spiega Caterina - questo non si èancora verificato grazie ai ricordi eagli insegnamenti degli anzianiche li custodiscono gelosamente.Sta a noi saperli proteggere, tra-

mandare e farli co-noscere anche allagente che viene atrovarci da tutto ilmondo».I menu della Masseria sono ac-compagnati da delizie enologichelocali. «Il vino del posto più dif-fuso è sicuramente il Negroamaro,ma anche il Primitivo sta riscuo-tendo molto successo. Il Negroa-maro ha delle caratteristiche piùmorbide e lo serviamo insiemealla carrellata di antipasti, compo-sta di verdurine grigliate, formaggie salumi tipici, frittatine, trippa diagnello, grano scottato e la tipicapurea di fave con peperoni e cico-rie. Come primo proponiamo un

assaggio di laganari salsiccia e me-lanzane e per secondo del coniglioal rosmarino con patate al fornomentre per dessert i dolci prepa-rati in masseria».Il territorio di Ostuni fa da cor-nice perfetta alle delizie della mas-seria. «Il legame con il territorioper noi è molto forte. Per questopartecipiamo attivamente alle ini-ziative di carattere e interesse turi-stico che si svolgono localmente inmodo da far conoscere la nostraterra in tutto il mondo».

La Masseria

Lamiola Piccola

si trova ad Ostuni (BR)

www.lamiolapiccola.com

In questo periodo il piatto tipicoè rappresentato dalle orecchiettealla crema di basilicocon pomodorino frescoe cacio ricotta di capra

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Maggio 2012

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d

Tradizioni

salentine

Asud della penisola salen-tina si erge una zonacollinare denominataSerre Salentine. Rocce

dure, che i contadini del luogo de-nominano “cozzi mari”, cioè rocceamare; l’unica coltivazione infattipossibile nella terra che ricopre lerocce è l’olivo. È proprio alle pen-dici delle Serre Salentine, precisa-mente a Caprarica di Lecce, chesorge l’antica Masseria Stali. Unindirizzo prevalentemente olivi-colo, con 30.000 piante, affiancatodal cerealicolo e orticolo. «La mas-seria, - spiega il titolare PantaleoPiccinno- è stata recentemente ri-strutturata con rispetto dell’archi-tettura rurale ed è diventata unvalido esempio di ricezione agritu-ristica». Circondata dalla campagna, laMasseria Stali non è solo un acco-gliente agriturismo, ma un luogodove poter vivere diverse espe-rienze. «Siamo una masseria didat-tica, frantoio oleario e prelibatoristorante. All’arrivo nell’agrituri-smo gli ospiti sono avvolti dalla

j di Nicoletta Bucciarelli i

fragranza delle pizze e del pane digrano duro e farro, cotti nel fornoa legna, accompagnati a originaliantipasti a base di verdure. Nellenostre ricette vengono utilizzatitutti ingredienti a Km zero, rigoro-samente di stagione, molti deiquali coltivati in azienda. Tra gliantipasti i nostri patè di olive el’olio bio Natura vengono affian-cati ai prodotti e alle spezie del-l’orto. I primi sono a base di pastafatta in casa. I secondi, tra cui ta-gliate o grigliate miste con carnilocali come coniglio, pollo, gal-letto e faraona, sono accompagnatida gustose patate Sieglinde. Perchiudere frutta, dolci della masse-ria e un sorso di rosolio». Di fiancoall’attività del ristorante spiccaquella della masseria didattica.«Nella masseria, si possono riper-correre le filiere “dall’oliva all’olio”e dal “grano al pane” e usufruire diun’aula didattica con supporto diaudiovisivi e di docenti qualificati.A conclusione del ciclo didatticoviene offerta poi una ricca degusta-zione guidata».

LA FILOSOFIADEL CHILOMETRO ZEROCARATTERIZZA TUTTII PRODOTTI CHE POSSONOESSERE GUSTATI NELLAMASSERIA STALI.TRA CUCINA SANAE RISPETTO DELLATRADIZIONE SALENTINA

La Masseria Stali si trova a Caprarica di Lecce (LE)

www.masseriastali.it

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DALLA PIÙ ANTICA ACETAIAMODENESE LE INIZIATIVE

PER DIFFONDERELA CULTURA DELL’USO

DELL’ACETO BALSAMICO.UN UNIVERSO ANCORADA SCOPRIRE. NE PARLA

CLAUDIO STEFANI GIUSTI

il balsamicodegli antenatij di Luca Caverai

IL BALSAMICO DI MODENA Claudio Stefani Giusti

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125 • GustoMaggio 2012

proprietà dell’aceto balsamico, spa-ziando dai vegetali alle carni, finoalle crudità e ai dolci. Come spiegaClaudio Stefani Giusti, ammini-stratore delegato del Gran Depo-sito Aceto Balsamico GiuseppeGiusti, l’acetaia che promuovel’iniziativa: «Luca Marchini è unochef che lavora molto sulla rein-venzione degli ingredienti tradizio-nali per l’elaborazione di creazioninuove e originali e ha studiatoquesto menu proprio a partire dainostri aceti balsamici, soprattuttosuggerendo abbinamenti incon-sueti però di gran gusto. Moltospesso, infatti, si aggiunge qualchegoccia di aceto balsamico a piattipensati a partire da altri percorsi,mentre noi pensiamo che questoprodotto possa offrire molto di piùse inserito in un contesto prepa-rato per accoglierlo».

Avete già organizzatoaltre iniziative simili per ladiffusione di una culturadell’uso dell’aceto balsa-mico di Modena? Conquali risultati?«In più occasioni ci è capi-tato di constatare che fuoridal territorio emiliano, inpochi sanno sfruttare al me-glio le qualità del nostroaceto. Nella maggior partedei casi il suo impiego si li-mita al condimento per leinsalate o all’abbinamento alparmigiano reggiano o allefragole. Noi crediamo in-vece che gli accostamenti e

le sperimentazioni possibili rap-presentino una vera e propria cul-tura gastronomica ancora pocoesplorata. Recentemente, in occa-sione dell’evento Formaggi invilla, a Mogliano Veneto, vicinoTreviso, abbiamo tenuto un semi-nario di degustazione di formaggiinsieme ai nostri balsamici che hariscosso molto interesse, svelandopossibilità di accostamento straor-dinarie con moltissimi formaggi:dal cacio cavallo al gorgonzoladolce, dalla burrata allo strac-chino. Anche internet fa la suaparte. Infatti, sul nostro sito e suyoutube sono disponibili i videodi questo e altri eventi, allo scopodi diffondere queste nuove possi-bilità di utilizzo».

Oltre a queste occasioni, chehanno certamente molta visibi- •

La qualità dell’aceto balsa-mico di Modena è ormaitanto celebre, in Italia enel mondo, da non avere

bisogno di argomentazioni. È suf-ficiente provarlo per averne la mi-sura. Ciò che non è ancorasufficientemente diffusa è la cul-tura del suo uso e le infinite occa-sioni in cui questo aceto può dareun contributo ai piatti più diversi,senza con questo limitarsi alla sem-plice funzione di condimento. Perquesto motivo, la più antica ace-taia modenese – fondata nel 1605– ha scelto i giorni dal 7 al 10maggio del Cibus di Parma perpromuovere un’iniziativa in colla-borazione con lo chef Luca Mar-chini – stellato Michelin e chef delristorante “L’erba del re” di Mo-dena. Quest’ultimo presenterà unmenu completo elaborato sulle

Claudio Stefani Giusti,

amministratore delegato

del Gran Deposito

Aceto Balsamico

Giuseppe Giusti Srl,

il più antico produttore

di aceto balsamico

di Modena

www.giusti.it

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Gusto • 126 Maggio 2012

lità fra gli addetti ai lavori, inche modo cercate di diffonderequesta cultura fra i consumatori?«Sul fronte dell’uso e consumoprivato, nel 2011, abbiamo rice-vuto un importante riconosci-mento da “Altro Consumo”, larivista della maggiore associazioneitaliana di consumatori, che hanominato Giusti miglior AcetoBalsamico di Modena Igp. Al dilà di questo premio, quello checonta molto, oggi, nella diffu-sione di un prodotto è il passapa-rola in Internet. Per questo,sempre con l’obiettivo di diffon-dere una cultura del “come siusa”, collaboriamo con numerosefood blogger alle quali doniamouno dei nostri balsamici affinchésperimentino nuovi piatti e ne ri-

portino poi i risultati sui loroblog, da “giallozafferano” a tantialtri. Abbiamo riscontrato subitoun grande interesse per l’iniziativae crediamo che questo sia uno deicanali importanti anche per tra-smettere ai consumatori le com-petenze per scegliere fra le moltequalità di balsamico disponibili».

A questo proposito, quali sonoi fattori che determinano la riu-scita di un grande aceto balsa-mico?«“La perfezione degli Aceti Balsa-mici dipende unicamente da trecondizioni, dalle uve, dalla qualitàdelle botti e dal tempo che l’acetovi trascorre”, diceva il nostro ante-nato Giuseppe Giusti nel 1863.Dal 1605, anno della fondazione

Conserviamo una collezione di oltre seicento botti,di queste le più antiche risalgono al 1600 e sono tuttorautilizzate per la produzione

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127 • Gusto

IL BALSAMICO DI MODENAClaudio Stefani Giusti

dell’acetaia, per diciassette genera-zioni la nostra famiglia ha semprerispettato queste regole. Scegliendole migliori uve si ottengono imosti che devono poi invecchiarein botti di diversa grandezza e didiversa età, in base alla qualità diaceto balsamico che si vuole otte-nere. Gli aceti più pregiati nasconocol metodo dei “travasi e rincalzi”.Anno dopo anno si preleva dallabotte più piccola della batteria –composta da cinque o sette botti-celle – una piccola quantità di pro-dotto. La botte da cui è stato fattoil prelievo verrà poi rincalzata uti-lizzando l’aceto contenuto nellaprecedente, a sua volta rincalzatadalla terza, e così via fino all’ul-tima, che accoglie la mistura frescadei mosti cotti dell’annata».

Quanto è importante la fatturadella botte?«I nostri antenati ci hanno inse-gnato a fare un grande balsamico,ma soprattutto ci hanno trasmesso

un patrimonio materiale inestima-bile, che è costituito dalle botti.Noi conserviamo una collezione dioltre seicento botti, di queste lepiù antiche risalgono addirittura al1600 e sono tuttora utilizzate perla produzione. Gli aceti balsamiciche in questi quattro secoli vihanno soggiornato hanno lasciatonelle botti aromi e sapori che illegno continua ancora a restituireai nuovi aceti, dandogli quello chenoi chiamiamo il “bouquet di casaGiusti”».

Com’è possibile riassumere edescrivere le caratteristiche diquesto bouquet?«Il nostro aceto balsamico hauna vellutata densità al palato,intensità e persistenza di saporie aromi e un giusto equilibrioagrodolce. In realtà, poi, ogniaceto balsamico ha delle suespecificità che è possibile com-prendere appieno soltanto conl’assaggio, anche per farsi gui-

ACETO BALSAMICO DI MODENA“RICCARDO GIUSTI” 3 MEDAGLIE D’ORO

· Produzione: Ottenuto da uve tardive, lenta cottura dei mosti e invecchiamentoin barili dell’antica acetaia

· Caratteristiche: Balsamico estremamente denso, naturalmente dolce, corposoe morbido al palato, rivela spessore e dolcezza

· Abbinamenti: Grigliate di carne, pesce e crostacei, frutta di stagione, dessert

· Riconoscimenti: Primo classificato alla degustazione organizzatada Der Feinschmecker nel 2009; medaglia d’Oro come Best Vinegar al concorsoSofi Awards organizzato da Speciality Food nel 2008

Maggio 2012

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Gusto • 128 Maggio 2012

dare nella scelta gastronomica enegli abbinamenti culinari piùadatti».

Nel tempo il vostro prodottoha conquistato numerosi ricono-scimenti. Quali sono quelli piùimportanti per voi e quali quellipiù recenti?«La nostra famiglia, in quattro-cento anni di storia, si è vista rico-noscere importanti meriti per laqualità dei suoi aceti balsamici.Dalle 14 medaglie d’oro delleesposizioni internazionali del

1800, allo Stemma del Re d’Italianel 1929, fino ai premi di oggi.Pensiamo solo al punteggio mas-simo dal 2006 al 2011 ottenuto alSuperior Taste Award, organizzatoa Bruxelles in collaborazione conle dodici più prestigiose associa-

zioni di cuochi e sommelier euro-pei; il riconoscimento come “Mi-glior balsamico” nel 2009, siasecondo la rivista gastronomicabelga “Gastromania”, sia “DerFeinschmecker”, la più qualificatarivista tedesca di cibo e vino ita-lian. Infine, anche nel 2008 ab-biamo ricevuto questo attestato aiSofi Awards di New York».

Dunque il vostro prodotto èapprezzato anche all’estero.Quali sono i paesi maggior-mente interessati all’aceto balsa-mico di Modena?«Tradizionalmente l’aceto balsa-mico è molto amato negli StatiUniti, in Germania e in Europa ingenerale, oltre che in Australia,Nuova Zelanda e Giappone, paesinei quali il prodotto è già moltoconosciuto e che hanno culture ga-stronomiche molto aperte verso lealtre cucine. Ci sono anche nuovimercati che iniziano a dimostrarsimolto interessanti, fra questi laRussia, i mercati del Sud Est asia-tico (Hong Kong, Taiwan) e poi,naturalmente, il Medio Oriente(Dubai ed Emirati Arabi). Piùlenta è la penetrazione in CinaIndia e Brasile, paesi dove si privi-legiano i prodotti locali».

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IL BALSAMICO DI MODENA Claudio Stefani Giusti

I nostri aceti hanno una vellutata densitàal palato, intensità e persistenza di saporie un giusto equilibrio agrodolce

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Gusto • 130 Maggio 2012

� di Mario Cervi �

Una “ tedesca”che fa amare

il vino italiano

“Sono una tedesca”dice di sé Pia Do-nata Berlucchi. Vo-lendo con questa

definizione esprimere unmodo di essere, di vivere, dipensare che è ispirato a rigore,a metodo, a tenacia. Poi magaricapita d’incontrare dei tedeschiche sono arruffoni e approssi-mativi. Lei non lo è di sicuro.

Ispira sicurezza e consapevo-lezza del suo ruolo: che èquello del boss - così la chiamala figlia Tilli che con lei lavorain maniera “pasïonaria” e bur-rascosa, classico fra madre e fi-glia - d’una azienda vinicolaammirata nel mondo comefiore all’occhiello dell’agricol-tura italiana. Una di quelletante e non abbastanza lodatepepite d’oro che, in mezzo amolto fango, l’imprenditoria dicasa nostra può vantare.M’è piaciuto d’approfondireun po’ discorrendo con Pia levicende di questo marchio fa-miliare profondamente radi-cato nelle terre di Franciacorta:con sede a Borgonato di CorteFranca, così chiamato per il re-moto passaggio dei Franchi. Èstraordinario come in tantearee della nostra lacerata e bel-lissima penisola il nobile pro-fumo della storia s’intrecci aquello non meno nobile deivini. Pia racconta bene, con un

piglio risoluto e con un lin-guaggio diretto ed efficace. E’ riuscita a tratteggiare, a miouso e beneficio, le vicended’una dinastia che oggi comeoggi è anche un clan impor-tante, capace d’affiancare inno-vazioni moderne alla solidatradizione del passato.La madre di Pia, Antonia, erauna milanese colta in un’epocadi donne incolte. Sapeva di greco e di latino, edera stata, al liceo Parini, com-pagna di Luchino Visconti. Untipo o tipaccio, lui, di ragazzoindisciplinato, che amava sci-volare lungo le ringhiere anzi-ché scendere le scale, e chetutto sommato risultava piut-tosto antipatico. Dunque An-tonia “venne a Brescia con isuoi vent’anni e con un piano-forte a coda”, dopo aver cono-sciuto e sposato un uomo cheaveva vent’anni più di lei e chelei chiamava con orgoglio edinfinito amore “il re delle

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131 • GustoMaggio 2012

Mario CerviI RITRATTI DI...

acque” perché costruiva dighenella nostra Lombardia.Sennonché Antonia rimase ve-dova a 42 anni, con cinquefigli (Pia aveva sette anni,Francesco, il fratello maggioreventuno). E con nessunissimapratica d’affari. Questa giovanesignora intellettuale seppe di-ventare una buona amministra-trice, si vede che è un dono difamiglia.I 70 ettari di vigne che i Ber-lucchi avevano e hanno furonoe sono il nocciolo duro delleloro fortune (tanti altri noccioliduri furono da tanti altri sper-perati). I Berlucchi ebbero in-vece l’intelligenza di adeguarsiai tempi, e alle mutazioni epo-cali sopravvenute in una agri-coltura che, se non siaggiornava, rischiava di moriredi vecchiaia.Tra le “rivoluzioni” agricole vifu la scomparsa della mezza-dria. I “padroni”, che un tempopotevano permettersi il lusso diaffidare ai mezzadri la gestionedella terra e limitarsi ad incas-sare il frutto della gestionestessa, dovettero imparare a la-vorare in proprio. Il che richie-deva dedizione, immaginazionetenacia. Un identikit che sem-bra fatto su misura per la PiaBerlucchi d’oggi. Peraltro lon-tana, negli anni della giovi-nezza, dall’idea di diventare ungiorno nientemeno che ammi-nistratore delegato d’unaazienda importante per il fattu-

rato e per il prestigio.La Pia d’allora voleva diventaremedico, ed in questa aspira-zione metteva la passione chemette in tutte le cose (non po-tendolo diventare in prima per-sona sposò un medico, che, siadetto per inciso è di Lecce).Nessuno dunque potrebbe ad-debitarle schizzinosità nordiste.Spiega infatti che ama molto ilsud, ma all’occorrenza ne ba-stona senza fare sconti le ne-ghittosità e il vittimismo. Conil marito ha avuto una pro-fonda intesa proprio perchéhanno non solo origini magusti opposti. Lui per il mare,lei per la neve, lei per la musicaclassica, lui…francamente nonso. Dalla medicina la distolsel’esigenza di dare una manonell’impresa di famiglia. Allasua maniera metodica e impla-cabile cominciò ad addentrarsinei segreti di un prodotto, ilvino di qualità, che è insiemenatura, commercio, arte, gusto.Riuscì ad armonizzare i suoi ta-lenti con quelli dei fratelli efinì per diventare, con la sualoquela avvincente e la suagrinta travolgente, la portavocee l’immagine dei Berlucchi. Ifratelli quando parlano di leicon altri sono prodighi di lodie di ammirazione, ma - rac-conta Pia - negli incontri fami-liari hanno il mugugno facile.Da quasi tedeschi con la quasitedesca. Hanno grandi oriz-zonti imprenditoriali e cultu-

rali, questi Berlucchi. Al pro-getto di marketing della SdaBocconi hanno dato il motto“Portate il cuore”. Per il lanciodel loro Franciacorta Pas Dose’millesimato, cullato e vezzeg-giato come un neonato umano,hanno tirato in ballo Hemin-gway, Brecht, Collodi.Pia apprezza il buon vino. Mane beve poco, afferma, perchéle provoca spesso l’emicrania.Oppure, sospetto io, per esseresempre lucidissima e fare quelloche le piace fare, a modo suo.Questa personificazione delsuccesso femminile non è fem-minista, non gradisce le asso-ciazioni femminili e le quoterosa: il valore, sentenzia, nonha sesso. Concordo. Aggiun-gendo che il valore non ha età.Ho conosciuto imbecilli di ven-t’anni rimasti coerentementetali fino alla più tarda età, epersone intelligenti il cui cer-vello non è stato infiacchito daltempo. Nonostante questo dif-ficile periodo di vacche magrePia Berlucchi è ottimista per idestini d’Italia. Confida nellerisorse della nostra gente dallemolte vite e - mi sembra -anche nello “stellone” che datempo immemorabile assistequesta nostra nave ingoverna-bile ed inaffondabile.Diamo il meglio nei momentidrammatici, ricorda. Toccato ilfondo ci sarà il colpo di renidella ripresa. Spero che abbiaragione. d

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Gusto • 132 Maggio 2012

VERSA IL VINO!ECCELLENTE MARZEMINO!COSÌ MOZART NEL DONGIOVANNI CELEBRAVAIL MARZEMINO, VITIGNOCINQUECENTESCO CHEANCORA OGGI SI PUÒTROVARE SUL MONTENETTO, CULLA DEI VINIBRESCIANI

Sulle note

di Mozartj di Francesco Bevilacqua i

Il Monte Netto, custode diuna tradizione secolare nellacoltura della vite, favorita dauna conformazione del ter-

reno e da un microclima partico-larmente indicati, è un altopianocostituito da materiali limo-argil-losi che, come un’isola, si erge nelmezzo della pianura a circa 10chilometri a sud di Brescia. Que-sta lieve altura si contraddistinguedalla piana circostante per unamaggiore ventilazione e minoreumidità. La zona di produzioneCapriano del Colle Doc è intera-mente sottoposta a tutela ambien-tale nell’ambito del Parco

Agricolo Regionale del MonteNetto. Lì, dal 1970, è attiva laCantina San Michele della fami-glia Danesi, che produce cercandodi valorizzare al massimo le pecu-liarità di questo territorio: «Siamoconvinti che questa zona abbiaancora molte interessanti sorpreseda riservarci, ma, come in ogniluogo vinicolo, i tempi per tirarefuori le potenzialità del terroir

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133 • Gusto

Nella pagina accanto

Mario Danesi

della Cantina

San Michele. La Cantina

San Michele si trova a

Capriano del Colle (BS)

www.vinisanmichele.it

d

sono lunghi. Crediamo che lastrada dell’espressività sia quellagiusta. Abbiamo deciso di concen-trarci sulla ricerca di piacevolezzae bevibilità, anche nelle riserve,differenziando i prodotti per ren-derli apprezzabili anche dal consu-matore medio: solo facilitandoglila comprensione del vino infatti,diverrà consapevole del grande va-lore di questo alimento», così af-ferma Mario Danesi.Sono numerosi i documenti, inparticolare gli scritti del celebreagronomo rinascimentale Ago-stino Gallo, che visse in questoterritorio, che testimoniano la pre-senza del Marzemino sul MonteNetto nel XVI secolo. «Recente-mente – racconta Danesi – pressol’Università di Milano è stato con-

dotto uno studio sulla varietà delMarzemino, che ha cercato di ca-ratterizzare alcuni biotipi rilevatisul Monte Netto per completare ilquadro ampelografico nazionale evalorizzare l’adattamento del viti-gno al pedoclima. I cloni di Mar-zemino individuati sul MonteNetto producono vini di minorepotenza alcolica, più acidi, colo-rati e strutturati, caratteristichecorrelate alla produzione di vinimoderni». La San Michele, in linea con lospirito della ricerca e ricercandouno stretto legame con il territo-rio, ha piantato nel 2005 un vi-gneto policlonale di Marzemino,massima espressione della va-rietà, per valorizzare i ceppi lo-cali. «La scelta di questo

investimento è stata realizzatacon determinazione e ci ha per-messo di dimostrare che il Mar-zemino rappresenta, fra le varietàcoltivate sul Monte Netto, lamassima espressione sia peridentità sia per qualità intrinsecadel prodotto. Il Monte Netto èuna zona che vanta una forte vo-cazione alla produzione di vinirossi di qualità; per questo, negliultimi trent’anni, qui sono statepiantumate anche altre varietàrosse tradizionalmente coltivatein altre zone. Oltre ai rossi, sonoottimi anche i risultati ottenutidai vini bianchi, in particolare iltrebbiano». Questo impegno si è concretizzatonell’introduzione in gamma delSarai, un vino in purezza ottenutoda uve Marzemino, che rappre-senta l’espressione ideale del terri-torio. L'interpretazione più elevatadel Marzemino da parte della SanMichele è l'"M", Marzemino inpurezza proveniente da lungo ap-passimento.

· Zona di produzione: Capriano del Colle DOC

· Affinamento e fermentazione: Fermentazione a temperatura controllataper 10-15 giorni. Lavorazione in vasche d’acciaio e affinamento in vasche dicemento

· Caratteristiche: Marzemino in purezza, espressione ideale di questoterritorio, che racconta di fragranze profonde, ricchezza al palato, una notadi misurata dolcezza e fruttuosità a tutta prova

· Gastronomia: Grandi salumi, tartare di carne, zuppe di pesce

SARAI SAN MICHELE

DI CANTINA IN CANTINAMario Danesi

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Gusto • 134 Maggio 2012

PER OSVALDO VEGLIO E MARCO MARCHISIO IL VINOÈ SOPRATTUTTO PROFUMO. LA LORO CURA PER I TRALCIINTERPRETA I MIGLIORI ROSSI E BIANCHI PIEMONTESI

Fra le Langhe

j di Luca Caverai

Ènelle Langhe, nella loca-lità di Valle Talloria,presso Diano d’Alba, inprovincia di Cuneo, che

ha attechito la tradizione vitivini-cola della famiglia Veglio e del-l’omonima cantina, la cuifondazione risale agli ultimi rin-tocchi dell’Ottocento. Questa sto-ria centenaria ha avuto cometeatro i ventidue ettari coltivati avigneti che si trovano su tre co-muni: Diano d’Alba, Serralunga

d’Alba e Montelupo Albese. Comeracconta Osvaldo Veglio, enologoe amministratore della cantina:«Abbiamo naturalmente puntatosui vitigni autoctoni, con i cinqueettari delle colline di Serralungad’Alba, terre particolarmente vo-cate e dedicate al Nebbiolo da Ba-rolo. Abbiamo poi dato spazioanche al Barbera, al Dolcetto, alloChardonnay e al Moscato, oltre adue cru: il Barolo “Vigina”, e ilDolcetto di Diano. Dopo una pi-

giatura soffice, una fermentazionein botti di acciaio, l’invecchia-mento di due anni in botti di ro-vere da cinquemila litri el’affinamento in bottiglia per circasei mesi – per un periodo com-plessivo di invecchiamento mi-nimo di tre anni e sei mesi, nelbicchiere, il Barolo “Vigna ’d Vi-gina” si caratterizza per un corpoarmonico, un bouquet delicato eintenso, fruttato e speziato. Conla sua personalità ama frequentare

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135 • Gusto

DI CANTINA IN CANTINAOsvaldo Veglio e Marco Marchisio

Osvaldo Veglio

e Marco Marchisio, titolari

della cantina Veglio

di Valle Talloria (CN)

www.vegliomichelinoefiglio.com

d

piatti importanti di carne rossa eselvaggina». Marco Marchisio, enologo e ad-detto alla produzione descrive in-vece il blend Baric: «Questo è unvino esclusivo della nostra azienda,ottenuto da un taglio di uve Neb-biolo e Dolcetto. Questa miscelane fa un vino importante però allostesso tempo fresco al palato, cheservito a temperatura ambientepuò accompagnare tutto il pasto».Con particolare cura vengono se-guite tutte le fasi della vinifica-zione, a partire dalla raccolta.«Nella nostra cantina – aggiungeVeglio – sottoponiamo l’uva a unapressatura soffice. Mentre i rossivengono vinificati all’esterno, lavo-riamo i bianchi all’interno. Per noiil vino è soprattutto profumo equindi in entrambi i casi l’atten-zione per questo aspetto è mas-sima, controlliamo costantementele temperature per evitare bruschisbalzi. La stabilizzazione naturaledel colore con le bucce a contatto

con il vino, poi, è un altro dei pas-saggi fondamentali». Da appena un anno la cantina Ve-glio ha avviato anche la produ-zione di uno spumante charmant,con una base di Sauvignon centoper cento, battezzato “Re dellanotte”. «È un vino – spiega Mar-chisio – che si caratterizza per unaspumantizzazione difficile, che di-pende molto dalla capacità del vi-ticoltore di catturare il momento

migliore per la raccolta. Siamo giàriusciti a presentarlo al Vin Expo2011 di Bordeaux e a riscontraremolto successo fra gli addetti ai la-vori francesi».Grazie a una produzione di qua-lità e quantità – circa 150milabottiglie l’anno – e alla partecipa-zione agli eventi più importantidel settore wine, la cantina Veglioè riuscita a radicare la sua capa-cità di esportazione in numerosipaesi. «I nostri vini – concludeVeglio – sono venduti per il 90per cento all’estero, soprattutto inCanada, Stati Uniti, Danimarca,Francia, Belgio, Svizzera, Irlanda,Polonia, Albania, Brasile e inEstremo Oriente, dove Giap-pone, Cina, Corea del Sud eHong Kong sono le nazioni dipunta. Per il mercato estero, oltread agire direttamente, ci avval-liamo della collaborazione di duebroker, Sebastiano Ramello e Si-mone Monforte».

BAROLO

· Vitigno: Nebbiolo

· Caratteristiche: Corpo armonico, bouquet delicato e intenso,fruttato e speziato

· Abbinamenti: Piatti importanti di carne rossa e selvaggina;ottima chiusura per un pasto importante

· Gradazione: 13% - 14% vol.

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Gusto • 136 Maggio 2012

DI CANTINA IN CANTINA Giovanni Petrelli

Nel nome

di Don Pepè

modoro nei quali si lasciaa macerare la carne in-sieme al vino».La grande passione per igrappoli e i calici, espressaprima negli studi di agra-ria ed enologia, si è poirealizzata nella pratica,concretizzando un’esi-genza che Petrelli ha sem-pre sentito comenaturale: quella di dedi-care la propria vita alla viticol-tura. «Tutte le fasi dellaproduzione passano attraverso lemie mani, dalla cura della vitealla raccolta, fino alla spremiturae alla lavorazione in cantina. Èquesto il modo in cui amo lavo-rare la terra e “fotografare” la no-stra identità viticola delCopertino Doc con i grandi viniche proponiamo che attirano quianche molti appassionati dalNord Europa». d

«DAL GRAPPOLO ALLA BOTTIGLIA, TUTTO PASSADALLE NOSTRE MANI». È QUESTA, PER GIOVANNI PETRELLI,LA SUMMA DELLA PASSIONE PER LA VITICOLTURA

Giovanni Petrelli, titolare

della cantina Petrelli

di Carmiano (LE)

www.cantinapetrelli.com

j di Luca Cavera i

Tra la valle dellaCupa e lo Ionio,fra i tralci e gli uli-veti della terra sa-

lentina, a Carmiano,Giovanni Petrelli ha nutritola sua passione per la viticol-tura, ereditando i quindici et-tari dell’azienda agricola di

famiglia dedicata fino aglianni Settanta alla colti-vazione del tabacco eoggi, per tredici ettari,ricoperta di vigneti. Ac-canto a un buon Primi-tivo e al Tre Archi – unNegroamaro in purezza–, Petrelli, che segue inprima persona tutte lefasi del processo dalgrappolo alla bottiglia,ha battezzato uno deivini della propria can-tina con l’affettuosonome di Don Pepè.

«Questo era il nome con il qualeera conosciuto mio padre qui inzona. Era un uomo forte, sia dalpunto di vista fisico che per carat-tere e ho voluto trasferire nel vinoqueste caratteristiche. Il DonPepè è così un vino piuttosto ro-busto, però allo stesso tempo deli-cato e dolce, armonico. Questovino, che poi è diventato il pro-dotto principale della nostra can-tina, è ottenuto da Negroamaro,Malvasia Nera e da una piccolapercentuale di Montepulcianoche gli dà una nota violacea. Tra-scorre diciotto mesi in barrique inlegno americano dove acquistaprofumi particolari che lo ren-dono unico e ideale per l’accosta-mento alla cucina pugliese. Inparticolare ama incontrare la cac-ciagione e le carni al sugo, le clas-siche grigliate, ma anche iformaggi stagionati e la pasta fattain casa e condita con sughi di po-

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Gusto • 138 Maggio 2012

j di Manlio Teodoro i

A SAN PANCRAZIO,L’ULTIMA VENDEMMIA HADATO UN NEGROAMAROPARTICOLARMENTEBUONO. TOMMASOCONTE PRESENTA I VINIDEL BRINDISINO

Un’ottima

annata

«La vendemmia 2011ha donato al Sa-lento uve sane econtraddistinte da

un’elevata gradazione zuccherina.Ne è stato ottenuto così un vinorobusto, dai profumi e dagliaromi fortemente caratteristici,certamente una delle migliori an-nate del Negroamaro dell’ultimodecennio». L’avvocato TommasoConte, in qualità di presidentedella cooperativa Cantine SanPancrazio – sita nell’omonima lo-calità in provincia di Brindisi chericade nella zona a denominazionedi origine protetta Salice Salentino– presenta così i risultati dell’ul-tima annata di uve a bacca nera.Nella cooperativa, si vinifica pre-valentemente a partire da vitignidi varietà Negroamaro, che conminime percentuali di Malvasiadanno i Rossi “Rivo di Liandro”Salice Doc, “Rivo di Liandro” Sa-lice Doc Riserva, il Rosato “Rosal-bòre” e il Rosso IGP Salento“Campo Appio”. I nomi per la

maggior parte di queste etichettesono stati scelti prendendo ispira-zione dai più suggestivi siti archeo-logici locali, come appunto Rivo diLiandro, Campo Appio e Serra Pe-tr’Alba.

Oltre al Negroamaro, qualisono le cultivar che rappresen-tano meglio il vostro territorio?«Alla nostra cooperativa fanno rife-rimento circa 800 viticoltori i cuivigneti si estendono per oltre milleettari. Il Negroamaro è certamenteil vitigno che predomina, anchegrazie al successo che ha ottenutonegli ultimi anni – all’estero oltreche in Italia –, soprattutto perquanto riguarda i rosati che hannoconquistato anche i menu di pesce.Tuttavia, la posizione al centro delMediterraneo e il clima favorevolealla coltivazione della vite, rendonoSan Pancrazio una terra favorevoleanche per la coltivazione dellaMalvasia Nera di Lecce, del Mon-tepulciano, del Primitivo e di viti-gni nuovi per questa zona, come il

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139 • GustoMaggio 2012

NEGROAMARO IGT SALENTO“CAMPO APPIO” 2010

d

vostra cantina?«Il sistema di allevamento delle vitiè il classico alberello pugliese, alquale si sono affiancate nuove ti-pologie di impianto – come laspalliera con cordone speronato,che consente di mantenere basse lerese di uva per ettaro, a tutto van-taggio della qualità del vino pro-dotto. Dopo la raccolta, poi,sottoponiamo le uve a un’accurataselezione, prima di avviarle a un si-stema di vinificazione tradizionalecoadiuvato da moderne tecnicheche garantiscono la genuinità deiprodotti: vini profumati, benstrutturati con una pregevole edelevata alcolicità naturale, cheamano sposarsi con la cucina sa-lentina e con primi ricchi e se-condi di carne e cacciagione».

Quale valore assume la coope-rativa nella promozione e valo-rizzazione dei vini del Salento?«La cooperativa rappresenta unpunto di forza per il territorio e la

promozione dei suoi prodotti, per-ché riesce ad armonizzare le esi-genze dello sviluppo economicocon la salvaguardia della culturalocale e con la qualità e la genui-nità delle produzioni. Se tutti iprodotti esistenti sul mercato sonogenuini fino a prova contraria, ilvino cooperativo è ineluttabil-mente genuino, poiché i sistemiproduttivi di un’azienda apparte-nente a centinaia di viticoltori nonsono soggetti a interessi particolarie individuali che potrebbero in-fluire negativamente sulle buoneregole della vinificazione».

Cabernet Sauvignon, il Lambruscoe il Merlot. Vengono poi pure ap-prezzate le vinificazioni di spu-manti, sia in versione Dolce cheBrut, e le grappe ottenute da Ne-groamaro e Malvasia. Anche il no-stro rosato Doc "Rosalbore" èmolto apprezzato. In questi giorniha anche ottenuto un importantericonoscimento al primo Con-corso Enologico Nazionale dei viniRosati d'Italia».

Qual è il sistema di lavorazionedelle uve che contraddistingue la

· Uvaggio: Negroamaro in purezza

· Maturazione: In acciaio per 6 mesi e altri 6 mesi in barrique; affinamento in bottigliaper 3 mesi

· Caratteristiche: Rosso cupo; profumo intenso di frutti rossi di bosco, liquirizia, vani-glia, tostatura; gusto pieno, caldo, vellutato e speziato, persistente, con tannini morbidisostenuti da una buona acidità

· Abbinamenti: Ideale per accompagnare arrosti, selvaggina, formaggi stagionati

· Gradazione alcolica: 13,50% vol.

In apertura, al centro,

Tommaso Conte,

presidente della coopera-

tiva produttori agricoli

di San Pancrazio

Salentino (BR) nel corso

della premiazione

“La Selezione del Sindaco”

in Campidoglio, a Roma.

Con lui, a sinistra,

l’assessore

Salvatore Scazzi

www.cantinasanpancrazio.it

DI CANTINA IN CANTINATommaso Conte

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Gusto • 140 Maggio 2012

DI CANTINA IN CANTINA Giuseppe Ferrero

Il rosso granato

dal profumo etereo

vorate dopo una rigorosa selezionein vigna e un accurato dirada-mento dei grappoli. La vendem-mia è effettuata manualmente, eanche pigiatura, fermentazione emacerazione avvengono seguendotecniche completamente artigia-nali». Il vino, dal colore rosso gra-nato, dal profumo etereo ampio epersistente e dal sapore asciutto,austero, caldo, gradevolmente aci-dulo con tannini importanti ten-denti al dolce, matura almeno dueanni in botti di legno e si affina inbottiglia per 12 mesi prima di es-sere mandato al consumo. «La nostra è una produzione dinicchia che si aggira intorno ai100 ettolitri l’anno. Dei 14 ettaridi terreno, 8,5 sono dedicati allacoltivazione di uve di Nebbioloda Barolo che rappresenta sicura-mente la parte maggiore della no-stra produzione, anche se siamopreparati a crescere ulteriormentee a realizzare quantitativi mag-giori». Tutti i vigneti sono di pro- d

DA UVE SELEZIONATE E TECNICHE RIGOROSAMENTEARTIGIANALI, NASCE UNA PRODUZIONE SPECIALE, CHE TROVALA SUA MASSIMA ESPRESSIONE NEL BAROLO DOCG.L’ESPERIENZA DI GIUSEPPE FERRERO

L’azienda agricola

Ferrero Bruno ha sede

a Barolo (CN). I suoi vini

sono acquistabili in sede

o direttamente online

www.ferrerodabarolo.it

j di Lucrezia Gennari i

Una produzione di nic-chia, speciale, cheracchiude nei suoivini la tradizione tra-

mandata in cinque generazioni dioperosi vignaioli. Punta di dia-mante della produzione del-l’azienda agricola Ferrero Bruno èil Barolo Docg: «Questo vino, digrande struttura ed eleganza, pro-viene da uve di Nebbiolo da Ba-rolo 100 per cento in purezza –afferma Giuseppe Ferrero, titolaredell’azienda -. Le uve vengono la-

prietà dell’azienda e sono ubicatinelle posizioni più soleggiatelungo la strada panoramica che daBarolo porta a Novello. I terrenisono composti da marne com-patte ricche di preziosi elementiminerali assai utili alla longevità ealla eleganza dei vini prodotti. «Ilmetodo di allevamento delle viti èil tradizionale Guyot ad archetto– spiega Ferrero -. Concimiamo ilsuolo esclusivamente con prodottiorganici e anche i trattamentidella vite sono assolutamentenaturali, a base di zolfo e polti-glia Bordolese». L’azienda di-spone anche di un’accoglientecantina che offre straordinariedegustazioni. Qui, oltre al Ba-rolo, si possono assaporare e ac-quistare direttamente anche lealtre etichette prodotte: BaroloChinato, Barbera d’Alba Doc,Langhe Nebbiolo Doc, Dol-cetto d’Alba Doc, Langhe RossoDoc e la Grappa da Vinaccia diNebbiolo.

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Gusto • 142 Maggio 2012

Da una “esotica” efruttata Pale Ale auna Stout con in-tenso profumo di

caffè, fino a una forte DoubleBlanche all’interno della quale sipuò ritrovare anche un pizzicodi Emilia. Questa varietà è pos-sibile solo grazie a un approccioalla produzione di birra vivace einnovativo, che da un lato si la-scia contaminare volentieri daisapori tipici del territorio, men-tre dall’altro ricerca sapori e pro-fumi sempre nuovi. «La filosofiache sin dall’inizio ha contraddi-stinto il birrificio è stata quelladella passione per un certo tipodi birre, di stile inglese, ameri-cano e in parte anche belga,unita alla volontà di realizzareprodotti con una forte improntae grande personalità». È conquesto spirito che, nell’ottobredel 2008, a Fidenza, Bruno Ca-rilli ha avviato l’esperienza delBirrificio Toccalmatto: «Tuttonasce dalla mia passione per le

birre, soprattutto quelle di ispi-razione anglosassone e belga.Dopo aver lavorato per anni nel-l’industria alimentare, in parti-colare nell'industria birraria,anche con ruoli manageriali, hodeciso di coltivare la mia pas-sione. Una vera e propria sceltadi vita che mi ha premiato congrandi soddisfazioni e numerosiriconoscimenti, dalle cinquestelle nella guida alle birre d’Ita-lia di Slow Food alle diverse Me-daglie d’Oro conquistateall’International Beer Challenge,fino alla soddisfazione di esserepresenti nei più importanti lo-cali europei, come il MoederLambic di Bruxelles». L’origina-lità della produzione è dovuta aun intenso lavoro sugli ingre-dienti, che da un lato fa ricorsoa prodotti legati al territorio,piuttosto che varietà di luppoloparticolari, mentre dall’altro ri-volge grande attenzione a inno-vazione e originalità, chetraspare anche dalle etichette

NEL TERRITORIOPARMENSE, CON CUIINTRATTIENE UN FORTELEGAME, UN BIRRIFICIOARTIGIANALE PRODUCEBIRRE DI ISPIRAZIONEANGLOSASSONE E BELGASPERIMENTANDOSOLUZIONISEMPRE NUOVE

j di Francesco Bevilacqua i

Una birraa cinque stelle

LA BIRRA ARTIGIANALEBruno Carilli

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molto fantasiose, che comuni-cano le peculiarità di un pro-dotto allegro, vivace, innovativoe caratteriale.

In che modo vi legate al ter-ritorio?«Ci troviamo nel parmense, unadelle culle della gastronomia ita-liana. La nostra produzione pre-vede quindi anchecontaminazione con prodotti ti-pici del nostro Paese, come ilvino. L’esempio più significativoin proposito è rappresentato daJadis, una birra di 6,5°, unaforte Double Blanche in cui uti-lizziamo una piccola percentualedi mosto di uva fortana, tipicadella bassa parmense, che le con-ferisce caratteristiche note difrutti di bosco rossi. È una birrada abbinare ai prodotti tipici delnostro territorio, come il cula-tello e lo strolghino, piccolo sa-lame ottenuto dalle rifilaturemagre del culatello e del fioccodi prosciutto».

Qual è la differenza con lebirre convenzionali?«Chiaramente l’originalità deiprodotti e il loro carattere. Lenostre birre non sono “in stile”ma hanno una forte impronta,sia quelle di ispirazione belgache, soprattutto, quelle di ispira-zione anglosassone. Per esempio,siamo stati i primi in Italia a la-vorare in maniera molto decisasulle luppolature. Siamo famosiper l’utilizzo che ne facciamo,cercando di selezionare dei lup-poli e impiegarli in maniera ap-propriata per avere delle notearomatiche originali».

Qual è il prodotto più inno-vativo?

Bruno Carilli, fondatore

del Birrificio Toccalmatto

di Fidenza (PR)

www.birratoccalmatto.it

d

«A livello mondiale, sta avendogrande successo anche in Belgio,la Zona Cesarini, una birra di6,6° che presenta peculiarità as-solutamente inedite. Abbiamoselezionato luppoli con caratteri-stiche aromatiche particolari,che richiamano la frutta tropi-cale e la frutta gialla. In questomodo nasce una birra che unisceuna grande beverinità all’amaroe a queste note di mango, fruttodella passione, agrumi e pesca,che la rendono molto gradevole.Infatti, pur essendo una specia-lità, in questo momento è il pro-dotto più venduto. Il carattere diquesta birra risiede proprio nel-l’innovazione e nella sperimenta-zione da cui è scaturita».

Per la Double Blanche Jadis utilizziamouna piccola percentuale di mosto di uva fortana,tipica della bassa parmense

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Gusto • 144 Maggio 2012

LIQUORI E AMARI Emanuele De Gaetani

Elisirdel Salento

Trasmettere i profumi in-confondibili della mac-chia mediterranea checaratterizza l’immenso

patrimonio naturale del Salento,attraverso la produzione di liquorie infusi alcolici ottenuti ancora inmaniera artigianale, sulla base diricette tramandate da generazioni.È questo l’obiettivo del Liquorifi-cio Essentiae del Salento, comeracconta il suo titolare, EmanueleDe Gaetani. «Fino a qualche annofa producevamo liquori in quan-tità limitata, che offrivamo agliospiti della nostra Trattoria Pizzeriae B&B “Scoglio di Pirro”. Il liquo-rificio è nato solo nel 2007, persoddisfare in maniera adeguata lerichieste sempre più numeroseprovenienti dalla clientela, for-mata soprattutto da turisti, desi-derosi di ripartire con un ricordoenogastronomico della nostrasplendida terra». I sapori, i colori e il profumo deglielisir prodotti nella solare cittadinadi Ugento, dove si trova il Liquori-ficio, sono infatti il risultato del-l’unione di diverse tipologie dierbe e agrumi, senza l’aggiunta dicoloranti, additivi chimici o con-servanti. «La procedura che se- d

MATERIE PRIME NATURALI,LAVORATE ANCORA INMANIERA ARTIGIANALE,PER OTTENERE LIQUORI EAMARI GENUINI E DI ALTAQUALITÀ. LA PAROLAA EMANUELE DE GAETANI

Nella foto in alto Emanuele De Gaetani. Il Liquorificio Essentiae del Salento

si trova a Ugento (LE)

www.essentiaedelsalento.it www.scogliodipirro.it

j di Diego Bandini i

guiamo è la stessa utilizzata nei se-coli scorsi, influenzata ancora dairitmi della natura», spiega De Gae-tani. «Per ricavare l’estratto natu-rale utilizziamo l’infusione alcolicadi frutti ed erbe della macchia me-diterranea e agrumi esclusivamentesalentini, raccolti nei periodi dimassima maturazione. La stagiona-tura viene effettuata ancora albuio, e il filtraggio avviene conpanni di lino. Il tutto seguendo unrigoroso protocollo della durata dicirca due mesi». Tra i prodotti meritano una cita-zione particolare l’“Ulia”, unamaro a base di foglie di olivo,scorze di arance amare e limoni,che ha riscosso un grande successo,e il digestivo di “Scarcioppula”.«Quest’ultimo è il risultato dell’ori-ginale connubio tra le proprietàamare del carciofo e il gusto fra-grante delle scorze di pompelmo. Inostri liquori non si trovano sugliscaffali della grande distribuzione.Serviamo infatti una clientela sele-zionata e attenta ai prodotti di altaqualità, grazie anche al positivopassaparola di chi, dopo aver assag-giato i nostri elisir, rimane conqui-stato dalla loro unicità egenuinità».

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L’INSOLITA GUIDAGiovanni Masotti

Vodka,caviale

e tanto cafféGIOVANNI MASOTTI PASSEGGIA PER MOSCA

RIVELANDO I SEGRETI CULINARI DELLA CAPITALE DEL LUSSO E DEL DIVERTIMENTO. «DA PROVARE IL BORSH, LA ZUPPA

DI BARBABIETOLE ROSSE»

� di Elisa Fiocchi �

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L’INSOLITA GUIDAGiovanni Masotti

147 • GustoMaggio 2012

Non esiste risvegliosenza un buonespresso, almenonella casa e nell’uf-

ficio di Mosca del giornalistatelevisivo Giovanni Masotti,che non rinuncia mai alla mac-chinetta fai da te, rigorosa-mente made in Italy: «Facciocolazione con caffé, caffé e an-cora caffé, qualche biscottopossibilmente non straripantedi zucchero e quando qui famolto freddo mi concedo ilmiele». A raccontare la vita diun italiano in terra russa, è unodei corrispondenti esteri dellaRai, già noto al grande pub-blico dopo l’esperienza comecapo responsabile della sede diLondra, che ha lasciato nel2011 per traslocare a Mosca.Qui, il clima rigido per seimesi l’anno e le due ore di fusoorario in avanti rispetto al BelPaese paiono nulla se parago-nate alle stranezze della cucinarussa, che alla pasta asciuttapreferisce la zuppa, «cosa danon dire nemmeno a un ita-liano». In ogni caso, tra portatedi carne e patate, si ritrovanoanche delle somiglianze e piattisquisiti della cucina povera cheil palato di Masotti ha impa-rato molto presto ad apprez-zare, oltre a posti incantati

dove si cena rivivendo epochepassate e discoteche in cui gliamanti della notte ballano suitavoli: «E perchè no, anche sulbancone del bar».

Dovendo spiegare inpoche parole la tradizione cu-linaria russa a un italiano,che cosa è necessario saperesu ingredienti e abitudini delposto?«Gli ingredienti fondamentalidella cucina russa sono carne epatate. È una cucina fatta so-prattutto di zuppe, insalate,patate cotte in tutte le manieree di un mucchio di carne, so-prattutto di vitello e di agnello.L’insalata è un antipasto, nonun contorno perchè i russi con-siderano contorni solo le (so-lite) patate e il riso. La zuppa,invece, sostituisce un po’ la no-stra pasta. Il piatto base chenon può mai mancare, tuttavia,è la carne».

E il pesce?«Ha una storia a parte, se neconsumano tipologie diverse aseconda delle regioni in cui cisi trova. La Russia è enorme ele situazioni climatiche e cultu-rali sono ben diverse a Mosca,rispetto ad esempio alla remotaVladivostok, da cui la capitale •

Giovanni Masotti, corrispondente Rai da Mosca

è separata da nove fusi orari. Inalcune regioni, come la Kam-chatka, che è una grande peni-sola, ci sono giganteschi egustosissimi granchi; in altre,come la siberiana Yakuzia, unpesce essicato estremamentegrasso; in altre ancora, si puòtrovare dell’ottimo pesce difiume. Il salmone si trova unpo’ dappertutto, ma non si puòdire che i russi, largamente af-fetti da colesterolo, lo preferi-

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L’INSOLITA GUIDAGiovanni Masotti

Gusto • 148 Maggio 2012

scano alla carne, che spadro-neggia. La zuppa di pesce chia-mata ukha è molto popolarema sicuramente molto diversadalle più ricche italiche zuppe,in quanto è fatta con un unicotipo di pesce bollito».

Esistono alcune somi-glianze tra la cucina italiana equella russa?«È molto differente, eppurequalche piatto in comune esi-ste: ad esempio il cosciotto diagnello è molto amato, come inItalia, e il casatiello è un dolcepasquale anche in Russia e sichiama kulich. Ma le similaritàfiniscono presto: la cucinarussa si rivela molto meno varia

e indubbiamente più pesante diquella italiana. Grassi e caloriea volontà, anche come naturaledifesa dal gelo pungente».

Quali specialità gastrono-miche ha sperimentato aMosca, cosa le piace e cosano?«Ho provato il borsch, la zuppanazionale con le barbabietolerosse e l’ho trovata moltobuona. E l’insalata olivier, cheè molto più appetitosa diquella che si trova in Italia conil nome di insalata russa. È ot-tima anche la beefstrogonoff ealcuni piatti della cucina piùpovera, come la kartoshka ri-piena e i blini, deliziose crepe

salate ripiene di formaggi, pro-sciutti o, nella versione piùprelibata, di caviale. Ciò chenon mi piace? Tutto quello chenon cito, ed è un bel po’!».

Per gustare una cena ti-pica, in quale ristorante invi-terebbe i suoi ospiti?«Senza dubbio consiglierei ilPushkin caffè. È il ristorantepiù rinomato per la cucinarussa, ma non solo. È un localeaffascinante, con un’ambienta-zione del diciannovesimo se-colo. I camerieri ti accolgonocome fossero padroni di casa eti recitano poesie, o dannoconsigli sui piatti. Tutti sonoabbigliati e parlano come per-

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L’INSOLITA GUIDAGiovanni Masotti

149 • GustoMaggio 2012

sonaggi del 1800 russo. Ognivolta che entro al Pushkin di-mentico lo stress giornaliero,ma ci vado poco, il lavoro dicorrispondente è pesante e ledue ore di fuso orario in più ri-spetto all’Italia incidonomolto, in peggio».

Parlando di vita notturna:quali sono i locali più famosia Mosca e quali sono i cock-tail da degustare?«Mosca è la capitale del diverti-mento e del lusso, natural-mente per quelli che se lopossono permettere. I russiamano tirar tardi, fino all’alba,e ogni settimana vengono inau-gurati nuovi locali. Con mia

sorpresa, ho scoperto che è unadinamica pr italiana, ChiaraPascarella, che parla il russo be-nissimo, a curare l’immaginedei locali più esclusivi diMosca: lei mi invita sempreogni volta che viene inauguratoun nuovo locale, ma io nonposso andarci quasi mai. Idisco club prediletti dagli oli-garchi sono il Soho e il PremierLounge, dove l’età media delcliente è molto più alta rispettoa quanto accade in Italia. Ilnuovo trend sono i bar: tra idue più noti c’è senz’altro ilBarbados Bar, in Pushkinskaya,e il Bazaar Bar, in 1905, en-trambi frequentati da ricchirussi, che si divertono tanto a

ballare sui tavoli e sul bancone.I cocktail migliori? Sono natu-ralmente quelli a base di vodkache però io non bevo mai,mentre non esistono vini dav-vero buoni o amari».

Quando rientra in Italia,quali prodotti tipici portacon sé dalla Russia?«Il caviale e la vodka sono i re-gali più frequenti che mi portoin valigia. Ma attenzione, men-tre la vodka è possibile trovarlaper ogni tasca, mezzo chilo dicaviale nero, senza arrivare allequalità più elevate, costa me-diamente tra i 350 e i 400euro. Non si può certo portarea casa ogni volta!».

Il Pushkin caffè è il ristorante piùrinomato, un locale affascinante,con un’ambientazione del XIX secolo

d

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Gusto • 150 Maggio 2012

È SOPRATTUTTO IL CONNUBIO DEI PRODOTTI TIPICI DELLACOSTIERA AMALFITANA A DETERMINARE IL SUCCESSO DELLECREAZIONI DI SALVATORE DE RISO. BASTI PENSARE ALLA SUA

TORTA RICOTTA E PERE

� di Francesca Druidi �

La mia terra racchiusa

nei dolci

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ARTE PASTICCERASalvatore De Riso

151 • GustoMaggio 2012

Una pasticceria cheprende le mosse dallavalorizzazione di unterritorio, la Co-

stiera Amalfitana, e più in ge-nerale di una regione, laCampania, dotata di materieprime e prodotti eccellenti. Seè vero che il piccolo schermotelevisivo, grazie a programmipopolari come “La prova delcuoco” di Antonella Clerici, hacontribuito a rendere celebri ilsuo nome e le sue specialità intutta Italia, è altrettanto veroche il segreto del successo diSalvatore De Riso risiede in unefficace mix di passione, com-petenza e scelta dei migliori in-gredienti. Dalla sua pasticceriasul lungomare di Minori, inprovincia di Salerno, e soprat-tutto, dal suo laboratorio arti-gianale a Tramonti, nasconoprelibatezze - babà, torte, dolcidelle feste - che conoscono

sempre maggiore fortuna ancheoltre confine.

Come si sviluppa la suapredilezione per i sapori, i co-lori e i profumi della sua terra?«Sono “nato” come pasticcerenel 1988; mi sono presto resoconto che era importante realiz-zare qualcosa di diverso dai dolciche tutti producevano. Ho ini-ziato a creare specialità tecnica-mente più moderne, presentatein maniera meno convenzionale,senza però mettere mai da partela tradizione e il prodotto tipicodella mia terra, la CostieraAmalfitana, dove ho a portata dimano tantissimi ingredienti.Dopo il primo successo del pro-fiteroles al limone, ho capito chequesta era la strada da seguire.In ogni creazione c’è sempre unpo’ di costiera, di Salerno. Poi,certo, mi sono allargato anche alresto della Campania con le

mele Annurca, le albicocche delVesuvio, e all’Italia, impiegandoad esempio i fichi bianchi diCarmignano o le pere di Ferrara.Cerco di utilizzare sempre il mi-glior prodotto che riesco a tro-vare sul mercato».

Come si muove in questosenso?«Giro molto, cerco di infor-marmi, sono associato all’Acca-demia delle 5T che promuoveprodotti italiani di qualità, legatial territorio, che si distinguonoper tradizione o per tipicità,anche con produzioni di nic-chia. Ad esempio, per la sceltadegli oli, sono partito dall’Eno-teca italiana di Siena che mi hafornito una lunga lista dei mi-gliori oli del Paese. Poi ho fattouna cernita di questi prodotti ela mia scelta è caduta sull’olioDop salernitano, più dolce,meno amaro e piccante, ideale

Il maestro

pasticcere Salvatore

De Riso

Una delle mie più grossesoddisfazioni è quella di

aver creato unaproduzione dolciaria

totalmente artigianale,riuscendo a esportarla

nel mondo

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ARTE PASTICCERASalvatore De Riso

Gusto • 152 Maggio 2012

per le mie crea-zioni. Questo lavoro di ricercavale per tutti i prodotti. Cercodi reperire i migliori, facendomiarrivare le campionature perprovarli direttamente».

Quali sono le sue ultimecreazioni?«Mi sto dedicando a una nuovalinea di dolci al bicchiere di se-mifreddi all’italiana. Spessosento erroneamente definire se-mifreddi dolci da credenza soloperché abbattuti o congelati. Hovoluto ritornare su questa spe-cialità, molto leggera, spumosa,che viene servita alla tempera-

tura di circa menoquindici gradi. A

questa si affianca unanuova serie di monopor-

zioni anche al cioccolato inabbinamento ad amarene emandorle. E poi un dolce ai treformaggi con un cuore di lam-poni, che si chiama “Sentimentodi Sal”: è uno dei dolci che pre-ferisco, per questo motivo me losono dedicato».

Progetti per il futuro?«Ho ricevuto molte gratificazionia livello lavorativo, ma non mifermo. Vado avanti nel lavoro enella ricerca, con un occhio al-l’aspetto estetico, rendendo idolci ancora più belli, oltre chebuoni. Una delle più grosse sod-disfazioni è quella di aver creatouna produzione dolciaria total-mente artigianale - il mio labora-torio a Tramonti conta oggi 32persone - con ottime materieprime, riuscendo a esportarla nel

mondo con la catena del freddo.È stata una grande sfida. Recente-mente, mi sono venute a trovaredue principesse dall’Arabia Sau-dita che avevano avuto modo diassaggiare i miei prodotti. Hannovisitato il laboratorio e hanno vo-luto sapere in che modo le tortepotessero arrivare così buone finoa casa loro. Alla fine, hanno rea-lizzato un primo ordine di 1.500torte destinate all’Arabia Sau-dita».

In quali paesi, in partico-lare, esporta i suoi prodotti?«Abbiamo clienti a Tokyo, Lon-dra, Parigi. A San Pietroburgo cisono tre punti di vendita a mar-chio Sal De Riso, dove vanno perla maggiore anche i prodotti salatiche produciamo sempre noi, so-prattutto i primi piatti. In Italia,punti vendita importanti solo lo-calizzati a Roma e Napoli, aiquali si affiancano altri negozi e iristoranti che riforniamo».

Ho iniziato a crearespecialità tecnicamente

più moderne, senza peròmettere da parte la

tradizione e il prodottotipico della mia terra

d

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ARTE PASTICCERAGianluca Fusto

Gusto • 154 Maggio 2012

CREATIVITÀ, TECNICA E SENSIBILITÀ, EQUILIBRIORIGOROSO DELLE FORME PER RESTITUIRE LE GRANDI

POTENZIALITÀ DELLA MATERIA PRIMA, ESALTANDONE ILGUSTO. SONO TUTTI GLI INGREDIENTI DELL’ALTA

PASTICCERIA SECONDO GIANLUCA FUSTO

L’ingrediente

perfetto

A destra,

il maitre patissier

Gianluca Fusto

Èl’ingrediente che co-manda, con la sua strut-tura, il suo colore, il suoprofumo. Gianluca

Fusto è un maitre patissier al ser-vizio dell’ingrediente, rispetto alquale s’inchinano le tecniche direalizzazione e di composizionedel piatto. Classe 1975, Fusto hagià maturato notevoli esperienzeprofessionali tra Milano, suacittà natale, Parigi e Stati Uniti,lavorando poi come formatoreper l’École du Grand ChocolatValrhona. Instancabile viaggia-tore e scopritore del gusto, haaperto, dal 2008, la GianlucaFusto Consulting, con cui forni-sce consulenza, formazione e as-sistenza per tutti i comparti delsettore, pasticceria da ristora-zione, d’albergo, da laboratorio ecioccolateria. Il congresso Iden-tità golose 2012 lo ha nominato

“Pasticcere dell’anno”.

Lo studio e il rispetto dellamateria prima sono alla basedella sua concezione di alta pa-sticceria. Come si declinano ef-fettivamente questi aspetti?«Tutto nasce dalla ricerca dell’in-grediente, che deve rispettare lastagionalità e la zona geograficanella quale mi trovo a preparareil dolce. Nei paesi asiatici prefe-risco utilizzare la frutta esotica inabbinamento a cioccolato, spezieed erbe aromatiche, mentre inEuropa prediligo la frutta euro-pea. Per quanto riguarda l’abbi-namento degli ingredienti, partoda una regola personale che puòessere definita la regola del tre:tre ingredienti, tre strutture, treconsistenze, tre temperature didegustazione diverse. In base aquesto modello, è sempre pre-

sente un ingrediente principe, acui se ne affiancano altri due.Uno può essere fruttato-acidulo,per conferire freschezza al piatto,mentre l’altro può essere speziatoo erbaceo per veicolare le sensa-zioni del territorio. Successiva-mente, vengono decise lericettazioni più adatte per met-tere in valore la struttura dell’in-grediente. In questo periodo èreperibile frutta molto buona,che cerco di mantenere cruda, abassa temperatura oppure dimettere in valore attraverso sor-betti, granite e ghiaccioli».

La sua pasticceria è statadefinita geometrica. Come in-tervengono altri fattori comel’estetica o l’emotività?«Questi due aspetti intervengonoin due fasi diverse. La parte emo-tiva agisce nel momento in cui si

� di Francesca Druidi �

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ARTE PASTICCERAGianluca Fusto

155 • GustoMaggio 2012

va a trasformare i prodotti. Cer-chi di fissare al massimo, nellatrasformazione dei cibi, tuttequelle che possono essere le sen-sazioni, quindi tatto, udito, sa-pori, aromi, sensazioni termiche;aspetti che vengono studiati nellacreazione e nel dressaggio delpiatto. L’aspetto estetico è predi-sposto in un secondo momento,in base alla tipologia di piatto esoprattutto in base alla tipologiadi ricettazione che ho scelto, ri-spetto alla quale mi posso per-mettere una presentazionepiuttosto che un’altra. A seguitodi questa prima presentazione,vengono scelte le forme piùadatte per le decorazioni. Solita-mente, quasi tutte le mie decora-zioni sono realizzate incioccolato, che identifica il mioingrediente feticcio ormai da di-ciannove anni».

Cosa ancora non sappiamodel cioccolato?«Per me il cioccolato è un ingre-diente che funziona a 360 gradi.Può identificare l’ingredienteprincipe, può andare a definire laparte aromatica del piatto op-pure può essere impiegato inaltri modi, come ad esempiocioccolato bianco o burro dicacao a livello di struttura. Inbase alla tipologia di ingredientiche decido di impiegare, allacomposizione e all’idea delpiatto, scelgo di volta in volta imiei riferimenti. In ogni miacreazione c’è il cioccolato o unsuo derivato. È, per quanto miriguarda, la materia perfetta».

Lei unisce spesso il dolce alsalato. Esiste un limite agli ac-costamenti che possono essererealizzati?

«Se entrambi gli elementi ven-gono studiati con buon gusto,attenzione e soprattutto rispetto,non esiste limite. L’importante ènon esagerare mai».

Quali tra gli ingredienti cheha conosciuto in giro per ilmondo l’ha colpita maggior-mente?«Innanzitutto il tè verde machta,tè non fermentato in polveregiapponese, e poi la radice delwasabi fresco, uno degli ingre-dienti oggi più interessanti. Inquesto periodo sono particolar-mente favorevole alla culturamedio-orientale e asiatica. Amol’utilizzo di mieli, datteri, le-mongrass e radici varie. Questa èpoi la stagione più bella, perchéla frutta assume colori intensi evivaci. È il momento miglioreper la pasticceria».

d

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ARTE PASTICCERAGianluca Fusto

Gusto • 156 Maggio 2012

SEMPLICEMENTEARAGUANI ENOCCIOLA

Ingredienti

1800g Pasta frolla alle mandorlePetra:374g burro 82% M.G, 8g sale fino,315g zucchero a velo, 105g farina dimandorla sicilia Aquolina, 175g uovointero, 210g farina Petra 5, 613 gfarina Petra1800g Ganache Araguani classicaper Entremets:923g panna 35% M.G. UHT, 154gzucchero invertito Sosa, 723g coper-tura Araguani 72%1000 g Cremoso al pralinato:400g panna 35% M.G. UHT, 600gpralinato fruttato mandorla/nocciola50%.Semplicemente Araguani e Nocciola:1800g pasta frolla alle mandorlePetra; 1800g Ganache; Araguaniclassica per Entremets, 1000g cre-moso al pralinato; 300g amarenecandite AgrimontanaQS Decori al cioccolato FondenteRotondo 40mmQS Fogli oro 24 carati Alimentare

Preparazione

1800g Pasta frolla alle mandorlePetra: Ammorbidire il burro a 25°C.Aggiungervi lo zucchero a velo e leuova in una planetaria munita di fo-glia. Amalgamare senza aggiungerebolle d’aria. Unire la farina di man

dorla. Legare il tutto con la primaquantità di farina (180g.). Terminare l'impasto con la restante farina. Conservare in frigorifero a +4C almeno3 ore quindi stendere il tutto a 2,5mm.Cuocere in forno ventilato a 160°cvalvola aperta. Il tempo di cottura va-rierà in base alla dimensione, al-tezza, forma e tipologia del forno.Astuzia: attenzione a non inglobaredell’aria durante la lavorazione, ondeevitare deformazioni in cottura. È im-portante amalgamare correttamentei 180g di farina in modo da legarel’umidità all’interno dell'impasto.Questo impasto può essere utilizzatosia come uno stroisel che steso ditipo una frolla normale. Se i fogli difrolla vengono stesi e congelati siaiuteranno le fibre presenti in Petraad avere una miglior estensibilità nelfoderare. Nota: per preservare i fondi dall’umi-dità si consiglia di impermeabilizzarliancora caldi, con del burro di cacaosciolto a 55°C.

1800g Ganache Araguani classicaper Entremets: Portare a bollore lapanna con lo zucchero invertito.Sciogliere il cioccolato al di sopra di35°C. Unire la panna quasi bollentepoco per volta sul cioccolato, frizio-nare energicamente in modo da av-viare un principio di emulsione. Sinoterà che al principio avremo una

struttura separata e grassa e infineaggiungendo il liquido e frizionandoritorneremo ad avere una struttura omogenea ed elastica. Simile ad una maionese. Dressare quindi la gana-che all’interno della crostata sopra i35°c.

1000g Cremoso al pralinato: Por-tare a bollore la panna. Versarla sulpralinato e aspettare qualche se-condo in modo che i grassi ammor-bidiscano. Mixare energicamente inmodo da ottenere un’emulsione. Sirealizza una prima rapida separa-zione tra la fase lipidica e acquosa.Continuare l'emulsione attraverso ilfrizionamento. Affinare il tutto attra-verso il mixer. Stabilizzare l’emul-sione aggiungendo lentamente larimanente panna fino ad ottenereuna consistenza molto elastica e lu-cida, segno di un’emulsione riuscita.

Semplicemente Araguani e Nocciola: Dressare la ganache a40/45°C, nel fondo della frolla cottain bianco, ben dorata. Con l’aiuto diun sac à poche munito di bocchettadel 12 liscia dressare dei fiocchetti.Far cristallizzare almeno 30 minuti.Porre in superficie quindi le amarenedecorate con la foglia d’oro. Mettere i decori in cioccolato e unlogo maison.Si consiglia di degustare a tempera-tura ambiente 14/15°C.

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ARTE PASTICCERAIginio Massari

Gusto • 158 Maggio 2012

L’Ambasciatoredell’arte

bianca

Èil decano dei professio-nisti dell’arte bianca,Iginio Massari, fonda-tore e presidente onora-

rio dell’Accademia maestripasticceri italiani. Vincitore dimolti concorsi in patria e oltreconfine, nonché autore di nume-rose pubblicazioni. Dal suo stu-dio-laboratorio di “PasticceriaVeneto“, a Brescia, non cessaperò di guardare con passione erinnovato entusiasmo alle futuresfide che l’arte pasticcera è prontaa offrirgli. «Ogni uomo cerca dimigliorarsi costantemente. Leidee nascono e non è sufficienteche nascano, devono concretiz-zarsi. L’evoluzione alimentare èsolo agli albori, non esiste ancoraun’identità per cui si possa atte-stare con certezza che questa ali-mentazione durerà nel tempo, è

un cambiamento continuo»spiega Massari.

In quale direzione?«Difficile prevederlo. Ciò che fa-ceva bene ieri fa male oggi, e do-mani potrebbe affermarsi ilcontrario. Io cerco di essere il“diavolo” della situazione, prepa-rando cose sempre più buone af-finché a vincere sia la debolezzaumana, la gola in questo caso».

C’è in questo momento unambito che le interessa partico-larmente esplorare?«Per mia natura sono votato allacuriosità, che si dirige verso tuttociò che è alimentare, bevande in-cluse. Il mio campo privilegiato ènaturalmente il dolce, m’inte-resso però anche al salato perchéfa sempre parte del nostro grande

mondo. I confini e i paletti nonsorgono in modo spontaneo,siamo noi a imporli. Io amo scar-dinare questi limiti e queste im-posizioni».

A proposito di confini, ha an-cora senso distinguere la pastic-ceria tradizionale da quellamoderna?«Ritengo che non si possa creareinnovazione se non si conoscebene quella che è la tradizione.Facile, infatti, scivolare pensandodi proporre novità che, invece,rientrano ancora nel tradizionale.I nostri padri non avevano po-tuto sviluppare l’aspetto scienti-fico. Noi l’abbiamomaggiormente codificato, ma iprincipi base che hanno saputodelineare sono tuttora validi.Anzi, penso che oggi il mondo

IN PASTICCERIA MANGIARE NON RAPPRESENTAUNA NECESSITÀ PER LA SOPRAVVIVENZA, MA PIUTTOSTO UN PIACERE. CHE RICHIEDE QUALITÀ, MAESTRIA E CURA

DEI DETTAGLI. INVENTIVA MA ANCHE TECNICA. NE PARLA IGINIO MASSARI

� di Francesca Druidi�

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159 • GustoMaggio 2012

scientifico e quello della praticaalimentare dovrebbero avvici-narsi di più».

Quali sono gli elementi checaratterizzano, nel bene e nelmale, la pasticceria italiana?«Vantiamo straordinari prodottidel territorio, però non sappiamopromuoverli con la giusta effica-cia. A livello di commercializza-zione dei prodotti, sui mercatiinternazionali è la Francia a farela voce grossa. Ci lamentiamo,ma non facciamo molto per mi-gliorare la situazione. Inoltre, latradizione dolciaria italiana si ba-sava sui principi di semplicità edi cura dei dettagli. Aspetti che,negli anni, sono andati via viaperdendosi. Ad esempio, la tipi-cità del dolce italiano si rintrac-ciava anche nella godibilità

aromatica tratta dai distillati.Oggi questo elemento è sottova-lutato, portando all’inevitabileperdita di una parte della morbi-dezza e della gradevolezza gene-rale del prodotto».

È anche un problema di for-mazione?«Oggi in Italia non è previsto unpercorso di studi obbligatorio perchi voglia fare questo lavoro. InFrancia è attivo il Mof, acronimodi “Meilleurs ouvriers de France”,che individua le eccellenze tra gliartigiani di oltre duecento disci-pline diverse, tra cui anche la pa-sticceria, operando unaseverissima selezione, tale che avolte il titolo non viene neppureassegnato. In Italia, mancandoschemi di promozione per miglio-rarsi, gli elementi validi rischiano

di essere isole a sé stanti».

Per questo, ha fondato l’Acca-demia maestri pasticceri italianied è attivo in numerose inizia-tive formative?«Sì, ho fondato l’Accademia pro-prio per il recupero dei professio-nisti validi, una priorità assoluta».

Il dolce che più la rappre-senta?«Innanzitutto i dolci da forno cherispecchiano la tradizione quali ilievitati: pandoro, panettone, co-lomba. E poi i cannoncini e ibignè, i preferiti dei bambini. Tre di loro mi hanno mandatoun’e-mail, scrivendomi che la mia sfoglia è la più buona del-l’universo. Ho ricevuto 400 riconoscimenti, ma questo è stato il più bello». d

Iginio Massari,

fondatore e

presidente onorario

dell’Accademia

maestri pasticceri

italiani

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ARTE PASTICCERALuca Montersino

Gusto • 160 Maggio 2012

È LA PASTICCERIA SECONDO LO CHEF LUCAMONTERSINO, CHE HA INTRODOTTO IL CONCETTO DIWELFARE NELL’ARTE DOLCIARIA, TRAMITE L’ATTENZIONE

AI VALORI NUTRIZIONALI E CALORICI. SENZARINUNCIARE MAI ALLA BONTÀ DEL PRODOTTO

Buona,sana e anche

salata

Nella pagina

seguente, lo chef

pasticcere Luca

Montersino

Mangiare un dolceche appaghi il pa-lato, non compro-mettendo linea o

salute. Parrebbe la condizioneideale per tutti i golosi, maanche per quanti oggi soffronodi intolleranze alimentari più o meno gravi. Non è un sogno,ma è la strada intrapresa daLuca Montersino, pasticcerepiemontese di fama ormai internazionale, che ha dato vita alla sua pasticceria “Golosi di salute”.

Quali sono i fondamentidella sua visione gastrono-mica?«La mia pasticceria prendecorpo dall’idea di creare degliottimi dolci anche dal punto divista salutistico. Si è soliti, in-fatti, associare il dolce a un ali-mento che fa ingrassare oppureche non giova alla salute. Iocerco di proporre dei dolci chenon solo non fanno male, mache anzi contribuiscono al be-nessere della persona. Semprenel rispetto della bontà. Nes-

suna creazione, dopo le necessa-rie prove, lascia il laboratorio senon ha superato la prova delgusto».

A rivestire grande impor-tanza sono la selezione e lascelta degli ingredienti. «Sì, la pasticceria è costituita dapochi ingredienti, farina, latti-cini, uova. Il nostro obiettivo èquello di cercare di variare il piùpossibile gli ingredienti per va-riare, di conseguenza, anchel’alimentazione. Puntando a una

� di Francesca Druidi �

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161 • GustoMaggio 2012

pasticceria sì golosa, ma piùsana e leggera. Abbiamo dettostop a conservanti, grassi vege-tali idrogenati, oli raffinati emargarine industriali. Utiliz-ziamo, ad esempio, panna disoia, zucchero d’uva, fruttosio,zucchero di mela, malto, olioextravergine di oliva e olio diriso. E poi ancora cereali qualifarro e kamut, alternativi alla fa-rina tradizionale. Siamo, adogni modo, aperti anche anuovi ingredienti, purché sani.Ne abbiamo, inoltre, creato uno

ex novo per le nostre ricette: ilBurrolì».

Con che cosa viene preparato?«Burrolì è un grasso vegetalenon idrogenato che costituisceuna sana alternativa al burro ealla margarina, perché non con-tiene latticini, uova, colesterolo,glutine e zuccheri aggiunti.Prima del Burrolì non esistevain commercio un prodotto contali caratteristiche. È compostoda burro di cacao, olio extraver-

gine d’oliva e olio di riso. Sitratta di un ingrediente real-mente prezioso, grazie al qualesiamo riusciti a dare una svoltaalla pasticceria, in quanto con-sente di preparare dolci saluti-stici e buoni».

Ha, inoltre, sviluppato il“cornetto wellness” in collabo-razione con Chiara Manzi,ideatrice di Cucina wellness,nell’ambito di un progetto cheunisce chef e medici.«Sì, è un cornetto certificato da •

ARTE PASTICCERALuca Montersino

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Gusto • 162 Maggio 2012

nutrizionisti ricco di fibre e diantiossidanti, con la metà deigrassi saturi rispetto ai tradizio-nali cornetti da colazione. Èpreparato con la farina integrale(ad alto contenuto di fibra, vita-mine e minerali) e senza uova,con il Burrolì, ricco di Omega3, olio di lino e succo di barba-bietola».

Come sceglie gli ingredientidelle sue creazioni?«A volte emergono come risultatodelle mie prove; in altre occasioni

sono materie prime richieste di-rettamente dai clienti o in qual-che modo sollecitate da una lorocuriosità. Spesso sono gli stessifornitori che ti avvisano di nuoviprodotti in commercio, magaribiologici. Mi è stata, ad esempio, di recenteproposta la crusca d’avena. M’im-pegnerò nell’ideazione di qualchericetta per valutarne l’utilizzo. Unaltro prodotto nuovo che stiamoattualmente provando è la Stevia,una pianta di origine sudameri-cana il cui potere dolcificante è di

• gran lunga superiore a quellodello zucchero normale, con lanotevole differenza che non hacalorie».

Ha di recente pubblicato illibro “Piccola pasticceria sa-lata”. Come si è sviluppataquesta riflessione sull’altra fac-cia della moneta rappresentatadalla pasticceria? «Tutto risale a qualche anno fa,quando ero direttore dell’Isti-tuto Etoile, una scuola rivoltaanche a quei professionisti - pa-sticceri e cuochi - che necessi-

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163 • GustoMaggio 2012

d

DACQUOISE ALLE NOCIE GORGONZOLA

Ingredienti

Per la dacquoise alle noci:400 gr. uova albume, 140 gr. maltitolo, 140gr. inulina, 200 gr. mandorle in farina, 200gr. noci in farina, 100 gr. farina 180 w, 100gr. inulina, 16 gr. sale

Per la crema di gorgonzola:500 gr. panna al 35% di materia grassa,240 gr. burro, 500 gr. formaggio gorgon-zola,16 gr. gelatina in polvere, 100 gr. porri

Per la decorazione:100 gr. noci in granella, 200 gr. sedano,20 gr. maggiorana

Per la dacquoise: Montare gli albumi con ilmaltitolo e l’inulina fino a ottenere unamassa soffice e stabile. Miscelate tutte lefarine e dopo averle setacciate unitele deli-catamente, dal basso verso l’alto, allamassa di albumi. Stendete l’impasto sullacarta da forno allo spessore di 1 cm. Spol-verizzate con la granella di noci e infornatea 180°C con valvola aperta per 10 minuticirca. A fine cottura abbattete immediata-mente in modo da mantenere la giustaumidità.Per la crema di gorgonzola: Fate soffrig-gere il porro tritato con una parte di burrodella ricetta, quindi bagnate con un bic-chiere di acqua e lasciate cuocere a fuocobasso fino a far evaporare del tutto l’acqua.Unite a questo punto la panna, il resto delburro e il gorgonzola. Pastorizzate il tuttofino a 85°C, quindi frullate unendo la gela-tina reidratata in 5 volte il suo peso d’ac-qua. Aggiustate di sale e pepe, senecessario.Per la composizione finale: Mettete sulfondo di un quadro d’acciaio la dacquoise,versatevi sopra la crema di gorgonzola,mettete un altro foglio di dacquoise e an-cora crema di gorgonzola. Terminate con ladacquoise. Abbattere negativamente. Ta-gliare il prodotto ancora congelato a qua-dratini, gelatinare con gelatina kappa edecorare con un ricciolo di sedano e unafogliolina di maggiorana.

La mia pasticceriaprende corpo

dall’idea di crearedegli ottimi dolci

anche dal punto divista salutistico

tano di un aggiornamento. Eranata, in particolare, l’esigenza dimettere a punto un corsonuovo, che non proponesse lesolite ricette della pasticceria sa-lata quali vol-au-vent, tramez-zini e tartine. Lo scopo eraallora quello di suggerire unalinea alternativa, trasformandola pasticceria dolce nel mondosalato, adottando le medesimetecniche, forme, colori. “Checosa posso preparare di salato,traendo ispirazione dalla pastic-ceria dolce?” Mi sono chiesto.

Ho così lavorato su bignè, pastafrolla, creme salate, mousse. Hofatto diverse prove, delineandoalmeno 30 ricette per realizzareil corso, che è andato particolar-mente bene. Da qui poi l’ideadi farne un libro, per il quale hopredisposto altre 60 ricette perarrivare alle circa 90 del vo-lume, nel quale ho cercato dioffrire un modello di pasticceriasalata diversa dal consueto, as-sociando sempre il piacere el’appagamento del gusto conl’equilibrio alimentare».

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Gusto • 164 Maggio 2012

j di Guido Puopolo i

BISCOTTI BUONI COME QUELLI FATTI IN CASA,GRAZIE ALL’USO DI INGREDIENTI SEMPLICI E GENUINI.È QUESTO IL SEGRETO DI UNA RICETTA CHE, COMERACCONTA ILARIA ORLANDINI, È ANCORA LA STESSADI CINQUANT’ANNI FA

Come

una volta

DOLCI RICETTEIlaria Orlandini

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165 • GustoMaggio 2012

tanti hanno provato a copiare lanostra ricetta, ma senza successo». L’azienda ha fatto della genuinità ilsuo tratto distintivo, perché, comesottolinea la signora Orlandini,«per noi la semplicità è un mar-chio di fabbrica, e su questo puntonon siamo disposti a scendere acompromessi. Non utilizziamoOgm, ma neanche oli o grassi ani-mali e idrogenati, coloranti, con-servanti e aromi. Anche in unmomento in cui siamo costretti afare i conti con un aumento espo-nenziale dei costi delle materieprime, crediamo infatti che unascelta di questo tipo rappresentiuna garanzia in primo luogo per iconsumatori. E i numeri ci stannodando ragione». Negli anni il Biscottificio Orlan-dini, anche per rispondere alla cre-scente richiesta proveniente dalmercato, ha provveduto ad am-pliare la sua gamma di prodotti,che attualmente comprende, oltrealla ciambellina classica, quella in-tegrale, quella con le gocce di cioc-colato e l’ultima nata al cacao. «Inostri biscotti rappresentano la so-

luzione ideale non sol-tanto per unacolazione sana e nu-triente, ma sono per-fetti peraccompagnare ognimomento dellagiornata. C’è chi,ad esempio, amagustarli intinti nelvino bianco, chinella macedonia, echi invece preferi-sce “arricchirli”con marmellata,

Per tutti quegli italiani chela mattina amano ancorafare colazione tra le muradomestiche, inzuppare un

buon biscotto in una tazza di latteo di tè caldo è quasi un rito, unpiacere a cui difficilmente poter ri-nunciare. Lo sa bene Ilaria Orlan-dini, che alla guida delBiscottificio Orlandini, insieme almarito, continua a portare avantiuna tradizione inaugurata oltrecinquant’anni fa all’interno di unpiccolo forno della provincia reg-giana da suo padre Vito. «Oggiproduciamo circa quaranta quin-tali di biscotti al giorno, con unciclo di lavoro quasi completa-mente automatizzato. Al di là diquesto, però, il sapore, la forma e icolori sono rimasti gli stessi deiprodotti che si possono trovare nelforno sotto casa», afferma orgo-gliosa Ilaria, a cui si deve anchel’origine del nome del biscotto cheha fatto la fortuna dell’azienda,vale a dire la Ciambellina Ilaria.«Nelle nostre lavorazioni utiliz-ziamo esclusivamente ingredientigenuini e di prima scelta. La mar-garina è vegetale, mentrele uova, fresche, ven-gono ancora sgusciate amano, una per una,proprio come unavolta. E poi gli ingre-dienti prendono va-lore dal modo incui li amalga-miamo, perché ilsegreto della friabi-lità della Ciambel-lina Ilaria è daricercare proprionell’impasto. In

panna e crema di cioccolata».Nato come piccolo forno di quar-tiere, come detto, il BiscottificioOrlandini nel tempo è stato ingrado di affermarsi come una re-altà di primissimo piano nel suosettore di riferimento. Oggi i pro-dotti che escono dallo stabilimentodi Reggio Emilia vengono distri-buiti praticamente in tutta Italia,senza dimenticare la collaborazioneinstaurata con la Clinica Mobile, lastruttura sanitaria creata dal dottorClaudio Costa che da diversi annisegue i piloti di Moto Gp e di Su-perbike in giro per il mondo. «Lacopertura di quasi tutto il territo-rio nazionale è possibile soprat-tutto perché la Ciambellina èentrata nei circuiti della grande di-stribuzione organizzata», spiegaIlaria. «Sempre più spesso, però, cicapita di ricevere richieste prove-nienti da consumatori che, abi-tando in quelle regioni in cuiancora non siamo presenti, si rivol-gono direttamente a noi pur dinon rimanere senza biscotti. Unagrande soddisfazione, a testimo-nianza di come la Ciambellina Ila-ria sia davvero entrata a far partedella vita di tante persone che, gra-zie al nostro lavoro, possono cosìriscoprire sapori e profumi tipicidei biscotti fatti in casa».

Il Biscottificio Orlandini

si trova a Reggio Emilia

[email protected]

d

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UNA GUSTOSA VARIANTE DEL TORRONE CLASSICOALLE MANDORLE È IL PANNARDONE. UN ESEMPIODI NUOVO TORRONE D’IRPINIA PRODOTTODA NINO ED ESTER NARDONE

Gusto • 166 Maggio 2012

DOLCI RICETTENino ed Ester Nardone

Tra miele e nocciole

gusto con metodi moderni – af-ferma Nino Nardone che, insiemealla figlia Ester, conduce l’azienda–; in famiglia si tramanda l’origi-naria ricetta da tre generazioni, manon perdiamo di vista le esigenzedel mercato, creando di volta involta nuovi prodotti dai packaginginnovativi destinati alla rete ven-dita di tutta Italia e all’esporta-zione verso alcuni stati europeiquali Austria, Inghilterra, Svizzera,fino al mercato d’oltreoceano».In cima alla lista delle prelibatezzeNardone più gettonate, «il pro-dotto della tradizione familiare è ilPannardone – disponibile anchecome Pannardini mono porzione–, gustosa variante del torroneclassico alle mandorle, farcito conpan di spagna imbevuto di liquoree ricoperto di puro cioccolatoextra fondente con solo burro dicacao proveniente da una delle in-dustrie più importanti del Belgio».I tanti prodotti Nardone parlanochiaro sul valore della tradizionema anche sullo slancio verso la no-vità. «Poniamo estrema attenzione d

Nino ed Ester Nardone

dell’Industria Dolciaria

Nardone Srl

di Dentecane (AV)

www.torronenardone.it

[email protected]

j di Giulio Conti i

Tra le prelibatezze tipichedell’area avellinese della“verde Irpinia”, il mielee le nocciole assicurano

ai maestri torronai della zona sa-pori ricchi di genuinità e dolcezza.Non a caso, a Dentecane, il tor-rone d’Irpinia prodotto dal-l’azienda Nardone segue unatradizione familiare avviata agliinizi del secolo scorso per giungereoggi a una varietà produttiva chelega l’artigianalità del fare un buontorrone con la modernità dellemacchine addette. Il ciclo di pro-duzione è complesso e articolato,ma la fase più importante che dàl’impronta dell’alta qualità del pro-dotto è la cottura dell’impasto di12 ore che avviene lentamente abagnomaria. «L’obiettivo princi-pale è quello di mantenere l’antico

nella scelta delle materie prime enella creazione di nuovi sapori –afferma Ester –. Possiamo dire conorgoglio che oggi siamo un’aziendadolciaria a tutti gli effetti inquanto nel nostro laboratorio nonsi lavorano soltanto prodotti da ri-correnza quali torroni o uova pa-squali, ma anche una vasta gammadi prodotti continuativi quali ilcroccante di mandorle nocciole earachidi adatto per essere consu-mato da persone di tutte le età, perla semplicità degli ingredienti concui è composto, zucchero e fruttasecca». Da non dimenticare poi«“Le Gioie”, cioccolatini al gian-duia ripieni di crema alla nocciola,biscotti al cioccolato, mandorle olimoncello, croccantini in miniporzioni ideali per essere accompa-gnati a un buon caffè espresso ecirca 25 tipi di torroncino».

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Gusto • 168 Maggio 2012

DOLCI RICETTEGiuseppe Sforza

Tesori Pugliesi

di Barletta, propone nel suo labo-ratorio dolciario e sulle quali hascelto di porre il marchio “SforzaPasticceri dal 1965”, per rendereonore alle diverse generazioni dimaestri del dolce della famigliaimpegnati nell’opera dolciaria.«Nel nostro territorio non man-cano spunti e ingredienti chepossano dare stimolo alla fantasiadi un pasticcere. La vicinanza diTrani e del suo famoso Moscato,per esempio, ci ha ispirato nellacreazione di dolci monoporzioniche uniscono moscato e frutti dibosco o moscato e cacao». O an-cora, accanto ai panettoni natalizie alle colombe pasquali tradizio-

d

LA RICCHEZZA DELLE MATERIE PRIME PUGLIESI BEN SI ESPRIMENEI DOLCI TIPICI DELLA REGIONE. IL PASTICCEREGIUSEPPE SFORZA NE FA UN FLORILEGIO

Il laboratorio dolciario

Sforza Pasticceri si trova

a Barletta

www.sforzapasticceri.it

j di Luca Cavera i

Volendo compilareun’antologia dei tesoridella pasticceria pu-gliese è impossibile

non richiamare alla mente le car-tellate, sfoglie fritte, chiuse suloro stesse a mo’ di rosa e passatenel vincotto. E non si possono di-menticare i molti dolci alle man-dorle, frutto secco assai presentenella cucina di tutti i migliori pa-sticceri della regione. Ma sonomolte altre le materie prime locali– dall’olio extravergine al latte e aivini e gli agrumi – che con la lorogenuinità contribuiscono a creareprelibatezze come quelle che Giu-seppe Sforza, giovane pasticcere

nali o con amarene intere, realiz-zati anche con olio extraverginedi oliva in sostituzione al burro,viene proposta una novità: il panmorbido al mandarino. «Un sof-fice impasto lievitato, che innaf-fiamo con un leggero liquore almandarino da noi preparato fa-cendo macerare le bucce degliagrumi in una soluzione alcolica.Il dolce viene alla fine ricopertodi puro cioccolato bianco e filettidi mandorle tostate». L’arte pa-sticcera è in continua evoluzione;di conseguenza, la PasticceriaSforza unisce alle ricette tradizio-nali – tra queste un’assortita pa-sticceria secca di mandorle –nuove specialità: la “mandorlatapugliese”, una tortina realizzatacon un morbido impasto dimandorle pugliesi.«La nostra produzione, è desti-nata soprattutto alla vendita al-l’ingrosso, incluse le salericevimento. Infatti, allestiamobuffet di dolci e realizziamo tortemonumentali personalizzate perogni evento e occasione, tortemoderne e mini cake».

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Gusto • 170 Maggio 2012

DOLCI RICETTECapuzzo

IL TOCCO FRUTTATO CHE ESALTADI FRESCHEZZA SEMIFREDDI,GELATI, SORBETTI E CROSTATE.SCOPRIAMO COME ARRICCHIREIL DOLCE DI GUSTO E COLORE

La fruttache esalta

il dessert

j di Manlio Teodoro i

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171 • GustoMaggio 2012

Preparare dolci golosi, sor-betti e crostate, arricchireyogurt e decorare semi-freddi e gelati, dando un

tocco di colore e freschezza. L’in-grediente che riassume in sé e sadare entrambe le caratteristiche èla frutta, intera o a pezzi. «Se, perragioni di tempo o per l’indisponi-bilità della stagione, non possiamoarricchire il nostro dessert condella frutta fresca, abbiamo co-munque la possibilità di variare,rispetto alle solite conserve, conprodotti pieni di vera frutta e daibouquet caratteristici, capaci didare a ogni ricetta un gusto frescoe naturale che rispetti la naturalitàdel frutto esaltando i sapori dicreme, pasta frolla e gelati». È que-sta la proposta della dirigenza dellaCapuzzo, azienda che produceun’ampia gamma di ingredienti abase di frutta e verdura che si pre-stano a molteplici applicazioni.«Per garantire un prodotto sempre

pronto all’uso e che però conservitutta la specificità del frutto odell’ortaggio appena raccolto, lematerie prime che lavoriamo sonosempre trattate fresche e al giustogrado di maturazione, senza pas-saggi intermedi di conservazione –non è sufficiente infatti avere a di-sposizione materie prime di qua-lità se non se ne conservanointatte le proprietà fino alla finedel ciclo di trasformazione. Nellapreparazione delle nostre puree difrutta, invece, vengono effettuati illavaggio e un’accurata cernita ma-nuale dei frutti, alla quale segueuna lavorazione meccanica dellapolpa, per un risultato cremoso euniforme. La semplice combina-zione di due o più frutti dà ori-gine alle molteplici varianti digusto che diamo ai nostri prodottie che incontrano le esigenze delconsumatore attento alla praticitàperò anche al proprio benessere eche sceglie, oltre alle puree, anche

d

gli snack di frutta.Come quelli allamela, croccantissimi,con il caratteristico sa-pore dolce e acidulo».La quasi totalità dei raccoltiutilizzati dalla Capuzzo pro-viene da frutteti nazionali diamarene, frutti di bosco, mele,pere, mirtilli, ciliegie, albicocche,pesche, prugne, fragole, agrumi,ma anche radicchio rosso di Ve-rona, carote, olive. «Soltanto unapiccola parte delle materie primeche lavoriamo proviene dall’esteroed è limitata esclusivamente aifrutti esotici, come banana, ananase avocado. Per gli approvvigiona-menti cerchiamo di raggiungeredirettamente gli agricoltori o lecooperative, in modo da verificareanche i sistemi di coltivazione eraccolta del prodotto. In seguito,ogni prodotto viene testato dal no-stro laboratorio secondo i para-metri qualitativi caratteristici deivari frutti di riferimento. Un’at-tenzione particolare e puntualeviene rivolta alle materie primedestinate all’alimentazione infan-tile e alla filiera biologica. Perquesti affidiamo a laboratori spe-cializzati il compito di verificaregli aspetti chimico-fisici e micro-biologici riguardanti l’eventualepresenza di contaminanti indesi-derati come pesticidi, metalli pe-santi, microrganismi patogeni emicotossine».

La Capuzzo Srl

ha sede a Roveredo

di Guà (VR)

www.capuzzo.com

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Gusto • 172 Maggio 2012

L’atmosfera rilassantedi una pasticceriacalda e accogliente.Uno spaccato delle

ridenti cittadine parmensi. E,in mano, un dolce dal gustoclassico e naturale con cuiconcedersi un momento dipausa e una vera delizia. Chirifiuterebbe di trascorrere unamanciata di minuti della gior-nata in questo modo? Nes-suno. E quelli della PasticceriaCapetta di Fontanellato, inprovincia di Parma, lo sannobene in quanto, ormai da varianni, mettono a disposizioneun locale con centoventi postia sedere dove assaporare e de-gustare la genuinità, la bontàe i sapori impareggiabili deiprodotti dell’alta pasticceria

tradizionale. «Tra i nostriprodotti più apprezzati –commenta Emanuele Ca-petta, titolare dell’omonimapasticceria – c’è sicuramentela Setteveli, che abbiamo por-tato anche al Campionatoitaliano del nostro settore. Èun dolce che conquista i pa-lati perché è realizzato concioccolato con il 70 per centodi cacao di alta qualità, vantaun cuore di nocciola ed è ri-vestito con un’accattivanteglassa al cioccolato».

Quali sono gli ingredientibase dei prodotti della Pa-sticceria Capetta?«Burro, farina e uova. Utiliz-ziamo solo ingredienti freschie di alta qualità, ma soprat-

BURRO, FARINA, UOVA, LATTE E ZUCCHERO FRESCHI.QUESTI GLI INGREDIENTI PER REALIZZARE DOLCI, TORTE,GELATI E SALATI DAL GUSTO GENUINO. LO CONFERMAIL PASTICCERE EMANUELE CAPETTA

j di Emanuela Caruso i

Dolci delizie

DOLCI RICETTEPasticceria Capetta

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173 • GustoMaggio 2012

tutto ingredienti genuini e na-turali, privi di addensanti,emulsionanti, conservanti eadditivi vari, ovvero di tuttociò che provoca allergie e pro-blemi di digestione. Inoltre, ciserviamo unicamente di mate-riali prodotti da noi, trala-sciando l’uso di semilavorati esemifiniti, che non sono ingrado di garantire la bontà ela freschezza del dolce finito».

Produzione di brioches,pasticceria fresca e mignon,

pasticceria secca, gastrono-mia salata, pralineria, cioc-colateria. Quali altreproduzioni oltre a questerappresentano il fulcrodell’attività della vostra pa-sticceria?

«Volendo offrire la possibilitàdi scegliere il prodotto mi-gliore per assaporare la dol-cezza e la genuinità dei nostripreparati, ci siamo specializ-zati anche nella gelateria enella realizzazione di torte damatrimonio. Prepariamo ungelato naturale al 100 percento, fatto come quello diuna volta, con latte, panna,uova, zucchero e nessun altroingrediente. Per le torte nu-ziali, le più richieste sonoquelle a molti piani, all’inglesee all’americana, ovvero glas-sate, rivestite e decorate».

La Pasticceria Capettadona la possibilità di rima-nere estasiati dal sapore didolci e salati anche ai celiaci.

«Tutti i nostri prodotti, com-preso il gelato, vengono realiz-zati anche nella versione perceliaci, quindi senza glutine.È una produzione iniziata dapoco, ma che sta già riscuo-tendo un notevole successo eche è destinata ad aumentare,poiché in Emilia Romagnasono molto poche le pasticce-rie che offrono alimenti delgenere».

Per concludere, quali sonoi dolci più richiesti?«Il cannoncino, fatto conpasta sfoglia e crema pastic-cera, il bignè classico concrema al cioccolato, il cannolosiciliano, il babà, la cassata, lasfogliatella napoletana e ilmuffin».

La Pasticceria Capetta

si trova a Fontanellato (PR)

[email protected]

d

Pensiamo a soddisfarela voglia di buono, di gustosoe di dolce di chiunque entrinella nostra pasticceria,anche dei celiaci

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Gusto • 174 Maggio 2012

DALLA NATURA Francesco Simeone

Il segreto è

“naturale”

Fuji, Red Delicious, Royal Gala eJonagold, la gialla Golden Deli-cious e la verde Granny Smith –ma anche derivati come il “cottodi succo di mele”, le marmellate egli aceti dal marchio La Murgina. «Le condizioni climatiche e leproprietà delle nostre terre nonsembravano prestarsi alla coltiva-zione delle mele che, per crescerebene e offrire frutti gustosi e nu-tritivi, necessitano di molta acqua– racconta Simeone –; eppurenon abbiamo dovuto attendere

molto per scoprire cheproprio la terra dellaValle d’Itria avrebbe ap-portato alle nostre meleaddirittura 2 gradi zuc-cherini in più rispetto aicontenuti delle meletrentine». Una diffe-renza, dunque, non dapoco se si considera che«rispetto a molti altriprodotti simili disponi- d

DALLE FUJI ALLE GRANNY SMITH, DALLE ROYAL GALAALLE GOLDEN, LE MELE LA MURGINA SONO IL FULCRODI UNA PRODUZIONE ALTAMENTE DIVERSIFICATA,DAL SEGRETO “NATURALE”

Alcuni dei prodotti

La Murgina, azienda sita

a Martina Franca (TA)

www.melamurgina.it

[email protected]

j di Giulio Conti i

Rosse, gialle, verdi. Conforma tondeggiante oirregolare. Con bucciaruvida o croccante. Le

tante varietà di mele vengono col-tivate nelle regioni settentrionali,soprattutto in Trentino AltoAdige. Eppure in Puglia, oltrevent’anni fa, Francesco Simeonetrasformava i terreni acquisiti inVal d’Itria da vigneti a meleti perimmettere poco dopo sul mercatonon solo le più gustose varietà del“frutto di Biancaneve” – le rosse

bili sul mercato, i nostri succhidi mele, con o senza polpa, noncontengono zuccheri aggiuntivi.La quantità di zucchero conte-nuto nelle mele è il segreto “na-turale” che le rende dolci,gustose e buone da mangiare,da bere e da gustare come mar-mellata». Come ogni coltura però, anche imeleti producono scarti che, aLa Murgina, vengono utilizzatiper ottimizzare e diversificare laproduzione. «Gli scarti del ma-gazzino inutilizzabili per la pro-duzione di derivati di mele,rappresentano parte dell’alimen-tazione dei maiali del nostropiccolo allevamento – spiega Si-meone – destinati alla vendita aldettaglio di carni fresche nellastagione invernale e alla produ-zione di salami dolci e piccanti,pancette arrotolate e pancettetese e del famoso capocollo diMartina Franca».

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Gusto • 176 Maggio 2012

I PRODOTTI DA FORNO CONTINUANO A FAR PARTEDELLA DIETA DEGLI ITALIANI. PERÒ CAMBIANO FORMA E VARIETÀ.NE PARLIAMO CON ANDREA E CLAUDIO GAIBAZZI

Piacere

di pane j di Luca Cavera i

Claudio Gaibazzi, Presidente del gruppo Tagliavini spa di Noceto

(PR) e Andrea Gaibazzi Presidente di Gmg Partners spa,

a cui fa capo la catena di Redipane bakery-café

www.tagliavini.com www.redipane.it www.gmgpartners.it

La fragranza del pane chesi sposa ed esalta mine-stre, insalate, salumi eformaggi in una risco-

perta di profumi e sapori antichi.Affondare il coltello in una cro-stata e sentire la croccantezza dellapasta frolla, mentre la marmellataavvolge la lama. Questi piaceri siripropongono nelle più svariateoccasioni e, grazie a un contestoche ne esalta le sensazioni, creanoun’oasi sensoriale anche durante labreve parentesi di una pausapranzo. È questa la formula che fada denominatore comune ai pro-

dotti da forno della catena di ba-kery-café Redipane. Come spiegaAndrea Gaibazzi, presidente delgruppo GMG Partners, cui facapo il marchio Redipane, e colle-gata alla capo gruppo TagliaviniSpa, presieduta dal padre Claudio:«All’interno di un solo locale tro-viamo tutta la vita di un prodotto,che assume mille forme da gu-stare, toccare, odorare e che offretante immagini e stimoli per in-ventare nuovi connubi, nuoveconvivenze di sapori. Così il panediventa pizza e sandwich, con isuoi colori e aromi, spezie e salse.

PRODOTTI GENUINIAndrea e Claudio Gaibazzi

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E si accompagna alla dolcezza delletorte e alla morbidezza dei pastic-cini serviti con caffè e cappuccino,tè e tisane».

Il consumo del pane è mutatonegli ultimi anni. Quali sono inuovi gusti del consumatore?Claudio Gaibazzi: «Il consumatoresi sta abituando a scegliere tra unavarietà molto più ampia di tipolo-gie di prodotti. Per questo oggi èimportante proporre minori quan-tità e una possibilità di scelta mag-giore. Oggi raramente siacquistano grandi quantità di paneper il consumo domestico, ancheperché il momento del pranzo incasa è pressoché scomparso all’in-terno delle famiglie italiane, men-tre è sempre più frequente ilconsumo di un pasto veloce fuoricasa. La ricerca della rapidità, però,non esclude la contemporanea ri-chiesta di genuinità e salubrità».

Come interpreta questa ri-

chiesta il vostro concetto dibakery-café?Andrea Gaibazzi: «La filosofia delbakery-café si basa sull’idea evoca-tiva del nostro background cultu-rale ed enogastronomico, che èquello del consumo del pane ap-pena cotto dal fornaio: un’imma-gine che si accompagna a ricordimultisensoriali di assoluto piacere.Organizzare un brunch o unapausa pranzo all’interno di un ba-kery-café, consumare una sempli-cissima focaccina genovese con lamortadella o col cotto permette dirivivere questo momento e di dar-gli un significato forte».

Quanto è stato importantenella creazione di questa atmo-sfera lo studio dell’interior de-sign?A. G.: «Abbiamo cercato di dareun sapore autentico anche a que-sto. Per la realizzazione del format,abbiamo collaborato con un im-portante semiologo che ci ha indi-

rizzato per la scelta di tutti i trattidistintivi. Dal lettering alle cromie,che orientano e condizionano iltipo di consumo: per esempio igialli e i rossi sono eccitanti, men-tre il marrone e l’ocra rilassano.Abbiamo così raggiunto quello chevolevamo trasmettere, cioè far vi-vere un’esperienza di consumo conun equilibrio fra la qualità del pro-dotto e il valore del contesto».

Come viene garantita la sele-zione uniforme della qualitàdelle materie prime in tutti ipunti della catena?C. G.: «L’enorme valore aggiuntodel nostro progetto è la sua replica-bilità. Dal nostro osservatorio pri-vilegiato siamo riusciti aindividuare chi e dove realizza i •

Il pane, la pizza e i sandwichincontrano la dolcezza delle tortee la morbidezza dei pasticcini serviticon caffè e tè

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Maggio 2012

migliori prodotti bakery, dalle ba-guette alle focacce liguri fino almiglior pane di Altamura, solo percitarne alcuni. Alle materie primedei migliori fornitori abbiamounito la nostra alta tecnologia diproduzione: mantenimento, fini-tura e cottura del prodotto daforno. La profonda conoscenza siadel prodotto che delle tecnologie,ci ha permesso di supportare losviluppo del sistema, adeguando eproducendo forni e attrezzaturespecifiche per il massimo soddisfa-cimento dell’obbiettivo del cliente.Ergonomia ed efficienza sono oggiingredienti fondamentali che solograzie all’integrazione sinergica traqueste due strutture si è riusciti araggiungere. Forni elettrici a bas-sissimo consumo – Tagliavini è

leader mondiale in questo seg-mento dal 1985 – e soluzioni Re-tail di elevato impatto estetico efunzionale sono la componente sucui qualsiasi concept si basa. Inquesto modo, la qualità del pro-dotto e le caratteristiche di croc-cantezza e sapore sono le stesse intutti i bakery-café. Perciò noi vei-coliamo anche una cultura di pro-dotto. Per esempio, la nostrabaguette è fatta ancora con i lievitiliquidi, un processo che pochissimiconoscono in Italia – e infatti ilnostro fornitore di materia prima èfrancese».

Quali sono le novità gastrono-miche che prossimamente pro-porrete nei vostri bakery-café?A. G.: «Recentemente abbiamo av-

viato una collaborazionecon Alma, l’Accademia in-ternazionale di alta cucina ealta pasticceria di Colorno(PR). Con loro abbiamodefinito una logica di ri-cerca e sviluppo nell’areadolci e abbiamo messo apunto, per quest’area, al-cuni prodotti da forno chesappiano incarnare le carat-teristiche delle ricette au-tentiche. Quello da cui

d

siamo partiti, soprattutto, è la ri-cerca della “sensazione”, non soloal gusto o all’olfatto, ma anche allavista e al tatto, per comunicare im-mediatamente la genuinità delprodotto. I primi frutti di questaricerca saranno proposti già neiprossimi mesi».

Quali sono le prossime localitàin cui saranno aperti dei puntivendita Redipane?A. G.: «Nel corso del 2012 inten-diamo consolidare la nostra pre-senza in Emilia Romagna, dovesvilupperemo altri due o tre puntivendita. Inoltre, inizieremo final-mente lo sviluppo in Lombardia,con due punti vendita. Abbiamoanche un obiettivo ambizioso maconcreto, che è quello di esportareil nostro modello di bakery-caféanche all’estero. New York e HongKong sono i due obiettivi princi-pali. In questi paesi esiste una forterichiesta di sapore italiano e cre-diamo che il miglior modo di pro-porlo sia di portare anche in questerealtà così lontane l’ambiente raffi-nato e accogliente, orientato a unostile di vita giovane e informale, maallo stesso tempo colto e raffinato,tipico di una società moderna,multietnica ed ecologista».

Ai migliori fornitoridi materia prima abbiamounito la nostra tecnologiaper la finitura e la cotturadel prodotto da forno

Gusto • 178

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Maggio 2012

Cotto su pietra e legno d’Olivo

È così che è organizzato il forno alegna Vignola di Cisternino che,da piccolo locale, avviato venticin-que anni fa, si è trasformato in unanuova struttura di oltre cinque-cento metri quadrati, in cui grandeattenzione è dedicata alla gestionedegli spazi e agli innovativi mac-chinari installati. Viene perfezionata la produzionetradizionale e sperimentata la no-vità con risultati eccellenti. «Taleprecisione nella lavorazione – rac-conta la proprietaria MargheritaVignola –, va accostata all’opera diun personale altamente qualificatoe con anni di esperienza inazienda. Il tutto, in un ambientesano e collaborativo».A questo si aggiunge l’impiego dimaterie prime controllate: «Ci ser-viamo solo delle migliori farine, di

d

UN FORNO TRADIZIONALE, DOVE ANTICHE RICETTE E MATERIEPRIME DI QUALITÀ, SONO IL SEGRETO DELLA PRODUZIONEDI PANE E DOLCI. SENZA ESCLUDERE UN TOCCO DI MODERNITÀ

Il forno a legna Vignola

si trova a Cisternino (BR)

www.panificiovignola.it

j di Amedeo Longhii

Antichità e modernità pos-sono convivere in diversiambiti. In un panificio,questa dicotomia si so-

stanzia nelle metodologie e nelleapparecchiature: l’antico attraversouna produzione che segue ricettetradizionali, rigorosamente lavoratea mano e con l’utilizzo di un fornoin pietra alimentato con legna daalberi d’olivo. Il moderno, invece,si concretizza nelle nuove apparec-chiature di lavorazione di alcuniprodotti e nel confezionamento.

lievito naturale, di olio extravergined’oliva e di vino bianco locale. Ab-biamo bandito l’utilizzo di conser-vanti e oli vegetali. Ogni faseproduttiva è monitorata attraversocontrolli continui». Il risultato fi-nale? Prestigiosi prodotti da fornorigorosamente rispettosi della tradi-zione artigianale pugliese. Fra que-sti possiamo trovare frise e frisellinecondite, tarallini lavorati a mano econditi con vari tipi di spezie: se-samo, finocchio, pepe, peperon-cino, pizzaiola e cipolla; a questi siaggiunge tutta la produzione dellapanetteria. «Produciamo anche di-versi dolci – conclude MargheritaVignola –, come i fagottini allamarmellata, i biscotti da latte e datè, i dolcetti di pasta frolla e quellicon la pasta di mandorle e le presti-giose trecce con le mandorle».

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Gusto • 182 Maggio 2012

d

Dalla farina

di grano arso

di questo grano arso, che per se-coli è stato considerato il granodei poveri, le orecchiette scureimpastate con la sua farina sonodiventate oggi un prodotto ap-prezzato e ricercato. Come spiegaAngelo Raffaele Dicuonzo, tito-lare del pastificio artigianale IlBolognese, fondato nel 1967 aBarletta: «Le orecchiette scuresono un prodotto di nicchia asso-lutamente artigianale e con carat-teristiche organolettiche uniche.L’orecchietta ha un retrogusto diaffumicato, leggermente amaro-gnolo, ma piacevole. Con questapasta è possibile riproporre vec-chie ricette che hanno una tradi-zione secolare, ritrovandone ilgusto antico delle origini. Comele orecchiette scure con pomo-doro fresco e ricotta marzotica,

UNA RICETTA PUGLIESE CHE HA ALL’ORIGINE UNA TRADIZIONEPOVERA E SECOLARE. ANGELO RAFFAELE DICUONZOHA RISCOPERTO LE ORECCHIETTE SCURE

Il pastificio Il Bolognese

ha sede a Barletta

[email protected]

j di Luca Cavera i

All’epoca in cui il territo-rio pugliese era ancoradiviso in grosse pro-prietà feudali, dopo la

mietitura del grano, si usava la-sciare ai mezzadri tutto ciò che re-stava sui campi. Per ricavare piùfacilmente il grano dalle spighesparse, i contadini le bruciavanoottenendone così dei chicchi to-stati con i quali si faceva poi la fa-rina. Nonostante le origini umili

oppure con funghi cardoncelli epomodori ciliegino, o ancora confunghi cardoncelli e salsiccia dimaiale locale». La particolaritàdelle orecchiette scure, il cuigrano arso oggi viene ottenutocon una tostatura simile a quelladel caffè, ha permesso a Dicuonzodi avviarne anche l’esportazioneverso gli Stati Uniti. Con questafarina non si fanno però soltantole orecchiette, bensì anche focaccee pizze particolari. «La lavora-zione artigianale ci permette didare alla pasta rugosità e consi-stenza in cottura. Oltre alle orec-chiette di grano arso, il nostropastificio è specializzato nella pro-duzione di altre ricette di nicchia,come le cosiddette “foglie diulivo” e la pasta di farina di farroo di ceci».

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Maggio 2012

PRODOTTI GENUINIDomenico Potenza

Le sagne

’ncannulate

La Puglia, nonostantesia ormai una regione“di moda”, apprezzataper la sua cucina tipi-

camente mediterranea e fre-quentatissima meta di vacanze,riesce a conservare ancora loca-lismi culinari inesplorati. Se lefamose orecchiette pugliesisono in realtà una pasta tipica eoriginaria del barese, a Lecce sitrova un tipo di tagliatella chesarà vano cercare oltre i din-torni del leccese. Si tratta dellesagne ritorte, o ’ncannulate.Queste condividono con leorecchiette lo stesso tipo di im-pasto, ma hanno forma com-pletamente diversa. Comespiega Domenico Potenza: «Lasagna è una tagliatella che vieneritorta a mano. Nel suo impa-sto non si mettono uova e que-sto, grazie anche all’impiego diuna semola di grano duro diAltamura, ne fa un tipo dipasta molto digeribile e leggera,adatta a incontrare i condi-menti pugliesi, in genere ab-bondanti e corposi». Domenicogestisce il pastificio La Madia d

ALLA SCOPERTADI LOCALISMI CULINARIANCORA INESPLORATI.FRA LE SPIAGGEE LE MURGE PUGLIESI,DOMENICO POTENZARACCONTALA TAGLIATELLA TIPICADEL LECCESE

j di Luca Cavera i

di Taviano, fondato dallamadre, la signora Gianna Pa-rigi, anima di un’impresa cheha scelto di non interrompere latradizione della pasta artigia-nale e di mantenere come unicoobiettivo l’alta qualità e la fre-schezza della pasta fatta amano, un lavoro che in pochifanno ancora con il dovutoamore. «Un prodotto artigia-nale è ogni volta qualcosa di di-verso, perché non ammetteriproduzioni fedeli. La pastache produciamo non si giudicasolo per la bontà, bensì per lastoria che racconta. La qualità èfatta anche da cose che non sivedono e non si sentono. Lesagne sono diverse l’una dall’al-tra perché le mani che le ritor-cono lo fanno secondo l’animodel momento. E così in un mo-mento di frenesia saranno piùritorte, meno in un momentoallegro. La pasta potrà esserepiù morbida o più dura se c’èscirocco o tramontana. Ogninostro prodotto racconta anchequeste storie, che sono storie dipassione».

Il pastificio La Madia si trova a Taviano (LE)

[email protected]

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Maggio 2012

L’esperienza

del mugnaio

si avvicina alla pianura e più ilgrano è di qualità. Al grano emi-liano noi aggiungiamo anche unapercentuale di grano francese, cheè uno dei migliori europei.Quando dobbiamo ottenere unafarina molto forte aggiungiamo ilmanitoba, un grano che provienedal Nord America. Le nostre mi-scele, però, non prevedono mail’aggiunta né di additivi né di glu-tine che sono spesso causa di aller-gie e intolleranze alimentari – gliadditivi possono anche migliorarel’aspetto del prodotto finito, maalterano il gusto del prodotto». Sotto l’insegna della qualità edella genuinità, c’è però anchespazio per l’innovazione. «Il no-stro è un piccolo molino, nonper questo abbiamo rinunciatoalle tecnologie. In Emilia Roma-gna siamo stati fra i primi amontare la macchina che auto-matizza il bagno del grano primadella molitura. Recentemente,poi, abbiamo installato i pannellifotovoltaici, per dare il nostrocontributo al rispetto dell’am-biente».

d

UN IMPASTO DI BISCOTTIVUOLE UNA FARINADEBOLE. FORTE QUELLODI UNA PIZZA. ROBERTOBELFORTI SPIEGA COMESCEGLIERE IL GRANOPER AVERE IL MEGLIODA OGNI PRODOTTO

Il molino Belforti ha sede nel comune di Castell’Arquato (PC)

[email protected]

j di Luca Cavera i

La selezione del grano mi-gliore e la miscela sa-piente delle farine sono idue ingredienti più im-

portanti per creare un dolce, unapasta, una pizza o del pane sapo-riti. Come spiega Roberto Bel-forti: «Non tutti i tipi di granohanno le stesse caratteristiche ecosì, per esempio, la farina perpreparare dei biscotti, non può es-sere la stessa adatta per un altroprodotto. Ogni lavorazione ri-chiede una qualità diversa e le di-verse qualità si ottengono conmiscele ottimali di grani diversi.L’impasto di un biscotto richiedeuna farina molto debole, quindibisogna usare un grano povero diproteine e glutine. Al contrario, lafarina che serve per preparare lapizza o il pane va rafforzata». Roberto Belforti è il titolare delmolino in cui la sua famiglia la-vora da tre generazioni e che sorgenel borgo medievale di Castell’Ar-quato, in provincia di Piacenza. Èdai campi nei dintorni e dai paesilimitrofi che arriva il grano che fi-nisce nelle macine Belforti. «Più ci

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Maggio 2012

PRODOTTI GENUINIRoberto Mazzola

LA DIVERSIFICAZIONE,ANCHE IN CAMPOALIMENTARE, È UNA SCELTAVINCENTE. L’ANALISI DELTITOLARE DELLA HYGEIA,ROBERTO MAZZOLA, CHECON LA SUA AZIENDAPRODUCE ESTRATTIAROMATIZZANTI E OGNITIPO DI PREPARATI

Preparati

“su misura”j di Matteo Rossii

L’industria alimentare èuniversalmente rico-nosciuta come unadelle eccellenze del

sistema produttivo italiano.Anche oggi, nonostante una si-tuazione di incertezza e di dif-ficoltà dovuta alla crisieconomica in atto e alla conse-guente contrazione dei con-sumi, non mancano, per glioperatori del settore, le oppor-tunità di crescita e sviluppo.Ciò che conta, dunque, è saper

cogliere le nuove tendenze delmercato, e attrezzarsi di conse-guenza. Proprio quello che hafatto Roberto Mazzola, titolaredell’Hygeia di Cividate Ca-muno, società presente sulmercato fin dal 1936 e specia-lizzata nella produzione diestratti aromatizzanti, preparatiper brodo, budini e minestronidisidratati. In questi ultimianni, infatti, l’azienda ha intra-preso un’attività di terzista,mettendo il suo know how e lesue attrezzature al servizio dinumerose realtà del settore che,così facendo, hanno oggi lapossibilità di richiedere pro-dotti “su misura”, pronti peressere commercializzati. «Puòsuccedere che le aziende nondispongano degli strumentiadatti per ottenere particolaritipologie di prodotti, o che losviluppo di un determinatoprogetto sia troppo oneroso dasostenere», spiega Mazzola. «Ilservizio fornito da Hygeia sipropone di ovviare a questa la-cuna. In pratica ci occupiamo,

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189 • GustoMaggio 2012

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La Hygeia Srl

ha la sua sede a

Cividate Camuno (BS)

[email protected]

per conto del committente,dell’intero ciclo produttivo,dalla scelta delle materie primefino al confezionamento. L’uti-lizzo di materie prime di qua-lità è fondamentale. Abbiamouna rete consolidata di forni-tori, anche all’estero: l’origano,ad esempio, lo importiamo di-rettamente dalla Turchia, cosìcome il rosmarino dal Ma-rocco. I singoli prodotti ven-gono poi trattati e lavoratisulla base delle specifiche esi-genze dei clienti. Al termine diquesto processo consegniamoai nostri partner, tra cui anno-veriamo alcuni dei marchi piùimportanti del settore, un pro-dotto finito, pronto per essereimmesso all’interno degli ap-positi canali distributivi».La forza di Hygea, sottolineaMazzola, è da ricercare nellagrande varietà di macchinari adisposizione dell’azienda, chele permettono di svolgere qual-siasi tipo di lavorazione. «Ab-biamo quattro mulini diversi,macchine per la tostatura e la

vagliatura, due essiccatoi sot-tovuoto e uno rotante per es-siccare i prodotti senzaalterarne il sapore, oltre a mi-scelatrici e impastatrici di di-verse capacità, in grado ditrattare materiali liquidi e inpolvere. Negli ultimi anni cisiamo dotati di dosatori, con-fezionatrici e astucciatrici au-tomatiche di varie tipologie,per confezionare spezie, erbearomatiche e preparati perbrodo, così come salse, risottie condimenti vari». Anche ilpossesso di tutte le più impor-tanti certificazioni è una testi-monianza dell’elevato livelloqualitativo raggiunto dal-l’azienda bresciana, come con-ferma lo stesso Mazzola.«Grazie alla certificazioneBRC-IFS possiamo serviregrosse catene alimentari, so-prattutto all’estero, tanto cheal momento siamo presenti inSvezia, Danimarca, Portogallo,Francia e Germania. Il “Certi-ficato Biologico”, invece, cipermette di trattare prodotti

provenienti da agricoltura bio-logica, mentre con il Bollo Ceesiamo autorizzati a eseguire la-vorazioni sottovuoto di for-maggi, carni, speck e pancette.In questo modo dal prodottofresco possiamo ottenere ilprodotto completamente disi-dratato, da utilizzare come in-grediente per primi piatti erisotti pronti». Certo il momento generalenon è dei migliori, ma nono-stante tutto Mazzola si dimo-stra fiducioso: «Il mercato è inuna fase di stallo, ma credoesistano i margini per conti-nuare a operare con successo,come fatto finora. Riponiamograndi aspettative sui prodotti“gluten free”, sempre più ri-chiesti dai consumatori. Neiprossimi mesi intendiamo svi-luppare una linea dedicataproprio a questi alimenti, certiche, puntando sull’innova-zione e sull’aggiornamentotecnologico, potremo racco-gliere nuove e importanti sod-disfazioni».

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Maggio 2012Gusto • 190

PRODOTTI GENUINILeonardo Bianco

PASTA FRESCA, VINO, OLIO EXTRA VERGINED’OLIVA E ALIMENTI SURGELATI, PRODOTTIATTRAVERSO MATERIE PRIME GENUINEE NATURALI, CON L’OBIETTIVODI VALORIZZARE LE ECCELLENZE ALIMENTARIPUGLIESI. LA STORIA DI SOAVE, SOAVEGELE DELL’AZIENDA AGRICOLA TIBERIORACCONTATA DA LEONARDO BIANCO

La Pugliain tavola j di Diego Bandini i

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191 • GustoMaggio 2012

d

Èla straordinaria ricchezzadei prodotti offerti dallaterra pugliese il filo con-duttore che lega l’attività

di Soave e Soavegel, due aziendeche, pur operando in ambiti diffe-renti, vantano una storia comunee, soprattutto, una lunga e rino-mata tradizione nel settore alimen-tare. Fondata nel lontano 1935 daDomenico Bianco, Soave è oggiuna realtà leader nella produzionedi pasta fresca di semola e di for-maggi tipici regionali, mentre Soa-vegel, nata nel 1975 grazieall’intuizione del figlio di Dome-nico, Leonardo Bianco, è specializ-zata nella produzione di piattipronti, finger food e specialità ga-stronomiche surgelate. «La gente èmolto attenta a quello che mangiae, nonostante la crisi gli italiani, al-meno in campo alimentare, conti-nuano a prediligere e a ricercare laqualità», afferma Bianco. «Per que-sto i nostri prodotti sono ottenutiesclusivamente attraverso materieprime genuine e rigorosamente se-lezionate, capaci di valorizzare i sa-pori della nostra regione». Proprio questa peculiarità, unita-mente a una marcata propensione

alla ricerca e allo sviluppo tecnolo-gico, ha permesso al gruppo di af-fermarsi, negli anni, non soltantonel panorama nazionale ma anchea livello internazionale, grazie aun’offerta variegata pensata per in-tercettare i cambiamenti nelle abi-tudini alimentari della societàmoderna. «Per quel che riguarda isurgelati, al momento stiamo otte-nendo riscontri molto positivi daiprodotti da forno, mentre a brevelanceremo una nuova linea di pro-dotti privi di grassi idrogenati.Anche la pasta fresca regionale,però, è molto apprezzata dai con-sumatori», sottolinea Bianco, re-centemente premiato con l’ambita“Galatea Salentina” per il contri-buto dato allo sviluppo imprendi-toriale della Puglia. «La nostrapasta, infatti, è il frutto di un pro-cesso profondamente innovativo,tecnologicamente definibile come“lenta lavorazione a freddo”. Que-sto processo – spiega Bianco - ri-duce al minimo gli shock termiciresponsabili del danneggiamentodella struttura del glutine, che intal modo resta “forte”, trattenendogli amidi e le parti nobili delle ma-terie prime. Il risultato è un pro-

dotto genuino e tradizionale, cheesalta il profumo, la fragranza, lacallosità e la tenuta di cottura diquello che è un alimento impre-scindibile nella dieta mediterra-nea». Nel 2003 Leonardo Bianco,oggi affiancato nel suo lavoro daifigli Domenico, Nicola e Mas-simo, ha avviato un nuovo pro-getto imprenditoriale, rilevandol’Azienda Agricola “Tiberio”, unatenuta che si sviluppa su una su-perficie di oltre 70 ettari, preva-lentemente coltivati a vigneto euliveto. «Dai nostri vigneti rica-viamo uva da vino, nelle varie qua-lità di Primitivo, Negramaro,Malvasia Bianca, Chardonnay eFiano. Gli oliveti producono in-vece olive delle varietà Leccino,Coratine e Cellina di Nardò, dallequali otteniamo un olio veramenteeccezionale, l’olio extravergined’oliva Tiberio», specifica Bianco.Esempio di quell’imprenditoriavincente che ha saputo farsi stradapur tra mille difficoltà, Bianco è dasempre in prima linea per cercaredi creare le condizioni necessarie afavorire una maggior collabora-zione tra gli attori del mondo in-dustriale locale, soprattutto incampo alimentare. «Dobbiamo la-vorare per fare sistema, per pro-muovere e portare il “prodottoPuglia” in giro per il mondo. Certonon sarà facile, ma credo che solocosì avremo la forza di raggiungereanche nuovi mercati, creando svi-luppo e ricchezza per il territorio eper la sua intera popolazione».

In apertura,

Leonardo Bianco.

L’azienda Agricola Tiberio

si trova a Francavilla

Fontana (BR).

La sua produzione di olio

e vino è acquistabile

anche online

www.agricolatiberio.it

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Maggio 2012

La lievitazione

naturale

La biga è un particolareimpasto che, minimiz-zando l’utilizzo del lievitodi birra, permette di rea-

lizzare un prodotto con un sapore,un’acidità e una croccantezza otti-mali. «La prepariamo dalle di-ciotto alle ventiquattrore prima –spiega Francesco Ricchiuto, cheporta avanti insieme alla famigliaFornoPronto – e la conserviamoin celle a temperatura controllata». L’azienda nasce da una tradizionefamiliare ultratrentennale di pani-ficatori: «Il nostro punto fermo èla volontà di conservare e mante-nere le tradizioni artigianali nelprocesso produttivo, medianteimpasti a lievitazione naturale»,prosegue Ricchiuto. E il segreto ri-siede proprio nella lievitazionelenta: «L’utilizzo del lievito madree i giusti tempi di lievitazione do-nano al pane migliori caratteristi-che organolettiche dal punto divista del gusto, dell’odore e del-l’aroma, ma soprattutto ci consen-

tono di non aggiungere conser-vanti ed emulsionanti per preser-vare il prodotto nell’arco dellagiornata». La tradizione incontra l’innova-zione: «Il pane appena cottoviene subito abbattuto con mo-derne tecnologie che consentonoin pochi minuti di portare ilcuore del prodotto a -18°. Que-sto ci permette di portare lashelf life fino a 12 mesi la-sciando inalterato il “flavour”del pane e rendendolo più sicurodal punto di vista igienico-sani-tario, impedendo che si forminomuffe e batteri».FornoPronto propone un’ampiagamma di prodotti parzialmentecotti e surgelati tipo baguette,ciabatte, pani conditi alle olive,alla cipolla, al sesamo e unampio assortimento di focacce.Questi prodotti sono semplici eveloci da preparare e consen-tono, in pochi minuti, di sfor-nare molte specialità.

Momenti di lavorazione

del pane presso

la FornoPronto Srl

di Tricase (LE)

www.fornopronto.it

d

j di Amedeo Longhi i

LA PANIFICAZIONE TRADIZIONALE INCONTRA LE MODERNETECNICHE DI SURGELAZIONE. FRANCESCO RICCHIUTORACCONTA LA SUA ESPERIENZA

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CIBUS Franco Boni

Gusto • 194 Maggio 2012

EXPORT, BIOLOGICO, SOSTENIBILITÀ, TRADIZIONIGASTRONOMICHE. SONO QUESTI ALCUNI DEI CONCETTICHIAVE INTORNO AI QUALI COSTRUIRE IL RILANCIO DELSETTORE DELL’ALIMENTAZIONE. LA PAROLA A FRANCO BONI

� di Francesco Bevilacqua�

l’alimentare

fa quadrato

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CIBUS Franco Boni

195 • GustoMaggio 2012

Quella che sta attra-versando il settorealimentazione, ita-liano e non solo, è

una fase particolarmente deli-cata. Da un lato, infatti, stiamoassistendo a un radicale muta-mento degli stili di vita e diconsumo, che stanno andandonella direzione della salubrità edella sostenibilità ambientale.Dall’altro, la prolungata reces-sione sta sconvolgendo i mer-cati, compreso quelloalimentare, e si presenta l’ur-gente necessità di studiare dellesoluzioni che permettano ai sog-getti in difficoltà, siano essi pro-duttori o consumatori, dimantenere aperti i canali di ac-cesso a un bene fondamentale:il cibo. In questo senso, unatappa di primaria importanza èrappresentata da Cibus, dal 7 al

10 maggio presso Fiere diParma, come spiega il presi-dente del polo fieristico emi-liano Franco Boni.

Può fornire qualche datoche possa rendere l’idea del-l’impegno che Cibus rappre-senta per Fiere di Parma, alivello di risorse messe incampo, investimenti e pianifi-cazione?«L’obiettivo principale del-l’agroalimentare italiano è laconquista dei mercati esteri; perquesto motivo, Cibus ha rad-doppiato gli sforzi per assicurarel’arrivo di buyers e operatori daiPaesi maggiormente interessatial food made in Italy. Il Cibusexport desk sta diventandoquasi un istituto permanente,dove le aziende alimentari svi-luppano relazioni con i retailer

Franco Boni,

presidente di Fiere

di Parma

stranieri. Possiamo dire, per-tanto, che Fiere di Parma ha rea-lizzato un investimento notevolesull’incoming, ma anche sul-l’ammodernamento della strut-tura. I visitatori hanno trovatoquest’anno 120mila metri qua-drati di quartiere fieristico,completamente ristrutturato edotato di ampi parcheggi, circa2.300 aziende espositrici e tantenovità. Oggi Fiere di Parma èuno dei poli fieristici più grandiin Italia e il più verde d’Europa,grazie a un impianto fotovol-taico che copre tutti i padiglionie che è in grado di generare 7megawatt, contribuendo an-nualmente alla riduzione dellacarbon footprint per ben 3.600tonnellate di CO2».

Con quali iniziative coin-volgete il territorio parmense,

L’obiettivo di “CibusinCittà”è avvicinare i cittadini e i

visitatori alla fiera, altrimenti riservata ai soli

operatori professionali

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CIBUS Franco Boni

Gusto • 196 Maggio 2012

da sempre ricco di tradizionigastronomiche e alimentari?«Il fuori salone di Cibus sichiama “CibusInCittà”, giuntoalla sua terza edizione, organiz-zato da Fiere di Parma con ilpatrocinio e la collaborazionedel Comune di Parma. Que-st’anno la kermesse è iniziatavenerdì 4 maggio, in anticiporispetto alla manifestazione fie-ristica e prevede degustazioni diprodotti, eventi interattivi e for-mativi, attività ludiche e cultu-rali, seminari nutrizionali ealtro ancora nelle strade diParma, con l’obiettivo di por-tare ai cittadini e ai visitatori unpezzo della grande fiera alimen-tare italiana, altrimenti riservataai soli operatori professionali.Quest’anno CibusInCittà ha or-ganizzato anche un evento spe-ciale: un triangolare di calcioallo Stadio Tardini di Parma conle squadre rappresentative del-l’industria alimentare, dellagrande distribuzione e della for-mazione Mediaset Stars».

A cosa è dovuta la deci-sione di dedicare ampio spazioal biologico e che riscontro viaspettate da parte di produt-

tori e visitatori?«Il nostro paese è un importanteproduttore ed esportatore diprodotti alimentari biologici,anche se i consumi interni, sep-pur in crescita, sono ancorabassi. Abbiamo pensato di dedi-care una particolare attenzionealle aziende e ai prodotti biolo-gici, valorizzandole con un mar-chio identificativo che favoriscala visibilità nei confronti deinumerosi buyer organic nazio-nali ed esteri che saranno pre-senti in fiera. Sono circa 350 leaziende italiane produttrici dibiologico o che hanno nel loroportafoglio prodotti e referenzeorganic, presenti a Cibus 2012.Inoltre, l’8 maggio si è tenutauna conferenza sul biologicocome scelta di vita e come op-portunità per il settore alimen-tare italiano; l’evento èorganizzato da SaporBio, checollabora con Fiere di Parma.Una parte delle aziende esposi-trici del biologico si troverannonell’area SaporBio, il progettoideato dal conduttore televisivoMarco Columbro, dedito alladivulgazione degli stili di vitaeco-sostenibili e dell’alimenta-zione biologica». d

Cibus ha raddoppiatogli sforzi per assicurarel’arrivo di buyers e operatoridai Paesi maggiormenteinteressati al food madein Italy

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CIBUSFilippo Ferrua Magliani

Gusto • 198 Maggio 2012

LE RECENTI RISOLUZIONI GOVERNATIVE, FRA CUI LAPREVISIONE DELL’INTRODUZIONE DELLA “FOOD TAX” E

DELL’AUMENTO DELL’IVA, RISCHIANO DI ASSESTARE IL COLPODI GRAZIA AL SETTORE ALIMENTARE. INTERVIENE FILIPPO

FERRUA MAGLIANI

� di Francesco Bevilacqua�

da Federalimentare

un appello al governo

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CIBUSFilippo Ferrua Magliani

199 • GustoMaggio 2012

La “food tax” è una tassadi scopo che il Ministrodella Salute Renato Bal-duzzi vorrebbe inserire

nel Patto 2013-2015 per la sa-lute e che graverebbe sul cosid-detto “cibo spazzatura”, snack emerendine ricchi di grassi, zuc-cheri e sodio. In un momento digrave flessione dei consumi, e inattesa dell’aumento Iva previstoper il prossimo ottobre, questaulteriore misura potrebbe esserefatale per la salute finanziaria diproduttori e consumatori. È di questa idea il presidente di Federalimentare, Filippo Ferrua Magliani che, analiz-zando i valori che il settore ali-mentare ha fatto segnare negliultimi mesi, sottolinea come un ripensamento del governo sia fondamentale per evitaregravi conseguenze sul piano non solo economico ma anchesociale».

Può riassumere brevementegli ultimi dati disponibili rela-tivi ai consumi nel settore ali-mentare, pronosticando quelliper l’anno in corso?«Il 2011 si è chiuso con un datoallarmante: la produzione ha se-gnato un calo dell’1,7 per cento.Questa situazione si è verificatasolo tre volte dal dopoguerra, ri-sentendo soprattutto di una di-minuzione dei consumialimentari che in termini reali,tra il 2008 e il 2011, è stata paria ben 8 punti percentuali. Aquesti pesanti profili involutiviva associato un altro fenomeno:la spesa low cost delle famiglie.Non a caso, il valore aggiuntodell’industria alimentare è scesoin termini reali di circa 4 puntinegli ultimi anni, mentre l’inci-denza dei discount, nell’uni-verso dei canali distributivinazionali, è fortemente cre-sciuta. Insomma, il mercato è

più “magro” che mai, in terminidi quantità e di qualità. Le pre-visioni per il 2012 indicano unulteriore assestamento verso ilbasso delle vendite. Il previstocalo del Pil e il forte drenaggiodi capacità di acquisto recatodalle recenti misure governative,aggravato dallo specifico effettoIva sui prezzi, comporteràun’ulteriore erosione delle ven-

Filippo Ferrua

Magliani, presidente

di Federalimentare

Rivolgeremo un appelloforte e chiaro al governo:

evitare in tutti i modi ilprevisto aumento Iva diottobre e abbandonarel’idea di una food tax

Page 198: Gusto052012

CIBUSFilippo Ferrua Magliani

Gusto • 200 Maggio 2012

dite di circa 2 punti percen-tuali, analoga a quella del2011».

Come valuta l’iniziativadella food tax? Ritiene che siapossibile conciliare la ridu-zione del potere d’acquistodegli italiani con un’alimenta-zione salutare e consapevole?«Francamente una tassa del ge-nere mi sembra ingiusta, pernon dire odiosa, ingiustificata epericolosa. Ingiusta, perché an-drebbe a colpire soprattutto lefamiglie più deboli, per le qualila spesa alimentare ha ancorauna notevole incidenza sul por-tafoglio. Ingiustificata, perchégran parte dei nutrizionisti con-corda nel dire che non esistono

di per sé cibi buoni o cattivi,ma solo un sano e corretto stiledi vita in cui l’apporto caloricoè bilanciato dal movimentoquotidiano. Pericolosa perché,oltre al danno d’immagine peril nostro made in Italy, inaspri-rebbe ulteriormente la contra-zione dei consumi alimentari ecomprometterebbe lo sforzoquasi decennale dell’industriaalimentare per andare incontroalle nuove esigenze nutrizionalidegli italiani. Da quantoemerge dalle ultime rilevazioni,inoltre, di fronte alla crisi le fa-miglie stanno disattendendo ilmodello alimentare italiano.Spendere meno, in questo caso,non vuol dire spendere meglio.Anzi, tutt’altro».

Qual è il messaggio cheavete portato al Cibus, in par-ticolare in merito alle inizia-tive per rilanciare i consumialimentari? «Federalimentare ha rivolto unappello forte e chiaro al governo:evitare in tutti i modi il previstoaumento dell’Iva a ottobre, ab-bandonare l’idea di una food tax,allentare la morsa fiscale sui citta-dini e concedere un po’ di respiroal mercato interno. Diversa-mente, le conseguenze potreb-bero essere imprevedibili. Ogni grande stravolgimento dellastoria è stato innescato da unacrisi alimentare, non bisogna sot-tovalutare i segnali che ci arri-vano dall’ormai costante calo dei consumi».

Il valore aggiuntodell’industria

alimentare è sceso intermini reali di circa 4

punti negli ultimi anni,mentre l’incidenza deidiscount è fortemente

cresciuta

d

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Gusto • 202 Maggio 2012

Controlli mirati

sugli alimentij di Guido Puopolo i

LA QUALITÀ DEI PRODOTTI CHE ARRIVANOSULLE NOSTRE TAVOLE DIPENDE ANCHE E SOPRATTUTTODAI CONTROLLI EFFETTUATI A MONTE DELLA FILIERA.IL PUNTO DI MONICA CARRAGLIA

QUALITÀ CERTIFICATAMonica Carraglia

Page 201: Gusto052012

203 • GustoMaggio 2012

l’esperienza maturata dalla dotto-ressa Carraglia e dai suoi collabora-tori, nel tempo ha ampliato il suoraggio d’azione, affermandosicome un laboratorio specializzatonella realizzazione di analisi chimi-che e microbiologiche dei prodottizootecnici, degli alimenti e delleacque, a supporto non soltantodelle aziende agroalimentari, maanche di enti pubblici e privati.Fondamentale, in questo senso, èla costante attenzione prestata allaricerca e all’innovazione tecnolo-gica. Biolab è stata una delle primeaziende in Italia ad applicare unprotocollo americano, studiato dalGlobal Organization for MastitisControl and Milk Quality, per va-lutare e monitorare la presenza dibatteri patogeni e ambientali re-sponsabili delle mastiti bovinenegli allevamenti. «Le mastiti dellemucche rappresentano una seriaminaccia per gli allevatori, vistoche possono provocare una ridu-zione del latte prodotto anche del70 per cento. Le cure, inoltre,sono molto costose, e spesso, pro-prio per questi motivi, la preven-zione rappresenta l’arma migliore adisposizione», spiega Caraglia. «Aquesto proposito - prosegue la dot-toressa - abbiamo da poco ulti-mato un interessantissimoprogetto, in collaborazione conl’Ausl Lombardia, finalizzato acomprendere la reale diffusione,tra le aziende locali, di un’algamolto aggressiva, conosciuta con ilnome di Prototheca, responsabiledi una nuova forma di mastite. Al

Per le aziende operanti nelsettore agroalimentare, inparticolar modo nel com-parto lattiero caseario, ga-

rantire la sicurezza dei prodotti èdiventata un’esigenza imprescindi-bile, anche in virtù di una sensibi-lità crescente della popolazione aquesti temi. «Negli ultimi annisono stati fatti passi avanti impor-tanti sotto questo punto di vista,anche a livello legislativo, con l’ela-borazione di un insieme di normeche forniscono dettagliate lineeguida per i produttori», affermaMonica Carraglia, titolare del la-boratorio Biolab di Soragna (PR).«È però indispensabile che leaziende proseguano sulla stradatracciata, investendo in primisnella formazione del personale ad-detto al monitoraggio della filiera,perché solo grazie a controlli pre-cisi e scrupolosi il prodotto finalepotrà essere davvero all’altezzadelle aspettative dei consumatori».Situato nel cuore della Food Valleyitaliana, infatti, Biolab, grazie al-

momento, infatti,non esistono trat-tamenti farmacolo-gici efficaci percurare la mastite daPrototheca, el’unica soluzione èl’isolamento deicapi infetti. Ab-biamo quindi stilato un appositoprotocollo, cercando di capire inche misura la Prototheca incidasulla salute degli animali, e indivi-duando le migliori soluzioni possi-bili per prevenire e ridurre lamalattia». A testimonianza dell’alto livello diefficienza raggiunto da Biolab,molte delle analisi effettuate dallaboratorio parmense sono certifi-cate da Accredia, l’Ente Unico na-zionale di accreditamento.«Questo rappresenta senza dubbioun valore aggiunto importanteper il nostro lavoro», afferma Car-raglia. «La certificazione rilasciatada Accredia garantisce non sol-tanto l’uniformità delle proce-dure, ma è anche il giustoriconoscimento alla nostra profes-sionalità. Ci sottoponiamo a con-trolli e verifiche costanti, cosìcome a un continuo aggiorna-mento relativamente alle proble-matiche connesse al mondodell’agricoltura, dell’allevamentoe della trasformazione dei pro-dotti agroalimentari, conl’obiettivo di offrire sempre unservizio capace di rispondere inmaniera adeguata alle esigenzedi chi si rivolge a noi». d

Monica Carraglia, titolare

della Biolab di Soragna

[email protected]

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Gusto • 204 Maggio 2012

“Rilegare”la tradizione

TECNOLOGIA E TRADIZIONETorquato Rabitti

Page 203: Gusto052012

L’Emilia è terra digrandi salumi. Mentreil legame con la terra,l’aria e i luoghi nei

quali i suini crescono è rimastoimmutato nei secoli, alcune fasidel lavoro di produzione sonostate rese più semplici dalla tec-nologia, che ha rivolto il suosguardo alla tradizione per indi-viduare soluzioni che semplifi-cassero il lavoro senza tradirel’autenticità del prodotto. Se peresempio un tempo la legaturadel prosciutto si eseguiva amano, con ago e corda, cucendoi lembi di cotenna come fosseroquelli di un vestito, adesso sonodisponibili strumenti che facili-tano l’opera del norcino. Una delle aziende locali che hasviluppato queste macchine è laGraft System di San Martino inRio, in provincia di ReggioEmilia, fondata da Torquato Ra-bitti, che spiega: «La nostra le-gatrice pneumatica è il frutto diun’esperienza che ha unito latradizione e la facilità d’im-piego: la macchina è stata stu-diata per chi vuole un prodottomoderno e facile da usare senzaper questo perdere, il contattocon il passato. Per facilitarne

l’utilizzo è stato applicato un re-golatore di flusso, che permetteall’operatore di decidere conquale velocità far correre lacorda in base al prodotto che staconfezionando. Si possono uti-lizzare corde di qualsiasi diame-tro senza problemi diinceppamenti o di strappi». Un’altra innovazione creatadall’azienda di Rabitti è la pi-stola graffatrice. Questa, in-sieme alle speciali graffette inmateriale plastico, permette dichiudere efficacemente i pro-sciutti. «La progettazione diquesta graffatrice è stata com-pletamente subordinata aquanto previsto dalle normativedi sicurezza, ponendo atten-zione a impedire spari acciden-tali e curando la tecnologia diposizionamento, in modo chel’operatore riesca a identificareesattamente il punto di sparo,per economizzare al massimo ilconsumo di colpi e chiudere almeglio il prosciutto». Per soddisfare le esigenze deicommittenti della filiera delprosciutto crudo – orientati al-l’affidabilità dei prodotti, all’ele-vato standard qualitativo eall’adempienza alle normative

205 • GustoMaggio 2012

igienico-sanitarie – l’azienda siimpegna sia nella ricerca tecnolo-gica che in quella dei materiali.«La scelta dei materiali è fonda-mentale: le graffette non si de-vono rompere né si devonosganciare dal prodotto quandoquesto viene pressato. Inoltre,ogni graffetta deve resistere effi-cacemente al colpo che riceve almomento dello sparo, che èequivalente a una forza di quasi400 chilogrammi. Per questo ab-biamo scelto materiali speciali,senza una ricerca minuziosa suimateriali più adatti, non sa-remmo riusciti a eliminare dalprocesso produttivo le eventualirotture dovute allo stress da urto.Inoltre, la durata delle parti mec-caniche è molto lunga e questo sitraduce in un notevole risparmioper quanto riguarda la ricambi-stica. Tuttavia, i vantaggi del-l’inox non si limitano agli aspettifisico-meccanici, ma permettonoanche di rientrare negli standardimposti dalle norme sanitarie:questo acciaio è quasi inattacca-bile dei germi e per la sua igie-nizzazione e per eliminare tutti iresidui di lavorazione è suffi-ciente lavare la macchina sottoacqua corrente calda».

LA TECNOLOGIA HA SEMPLIFICATO LA LABORIOSAPRODUZIONE DEI GRANDI SALUMI EMILIANI. TORQUATO RABITTISPIEGA COME SI SONO INCONTRATI L’INNOVAZIONEE UN MESTIERE ANTICO

La sede della

Graft System si trova a

San Martino in Rio (RE)

www.graftsystem.it

d

j di Valerio Germanico i

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Gusto • 206 Maggio 2012

TECNOLOGIA E TRADIZIONEAntonio Gelmini

Tecnologie

per il Grana

“Occhio di tigre”, presentata inoccasione del Cibus Tec 2011.«Questa macchina – spiega Gel-mini – ha contribuito a comple-tare la nostra gamma di prodottidestinati alla lavorazione dei for-maggi a pasta dura e semidura,unendosi alle macchine per laporzionatura e la riduzione delleforme in stick, cubetti e scaglie.La nostra tecnologia ci ha per-messo di diventare partner dellaquasi totalità delle aziende chenel nostro territorio – la cosid-detta food valley – lavorano ilGrana».

A quali esigenze la vostragrattugia ha dato una solu-zione?«Le criticità maggiori, per leaziende, erano quelle dell’ottimiz-zazione degli sfridi di produ-zione, attraverso il recupero deglistessi, e di una lavorazione chegarantisse igienizzazione e pulizia d

UNA MACCHINA PER LA LAVORAZIONE DEI FORMAGGIDA GRATTUGIARE. ANTONIO GELMINI SPIEGA QUALI SONOLE ESIGENZE ATTUALI DELL’INDUSTRIA CASEARIADEI FORMAGGI A PASTA DURA E SEMIDURA

Antonio Gelmini, titolare

della Gelmini Srl

che ha sede

a Langhirano (PR)

www.gelminimacchine.com

j di Manlio Teodoro i

Èstato guardando ai cam-biamenti nelle abitudinidi consumo dei for-maggi, da una parte, e,

dall’altra, alle esigenze produttivedelle aziende casearie, che Anto-nio Gelmini – titolare dell’omo-nima azienda che progetta ecostruisce macchinari per la lavo-razione industriale di salumi eformaggi – ha ideato la grattugia

nell’ambiente di lavoro, versatilitàe il minimo ingombro. Inoltre, lanostra macchina ha eliminato unpassaggio, evitando l’impiego delsetaccio e avviando direttamenteil prodotto alla macchina confe-zionatrice. Inoltre, è possibile ot-tenere miscele di formaggi, anchefra prodotti con paste diverse».

La vostra azienda prima pro-duceva macchine per la lavora-zione dei prosciutti. Com’èavvenuto il passaggio al casea-rio?«Dopo aver costatato una fles-sione nel settore delle carni, ab-biamo concentrato le nostrerisorse in quello dei formaggi,prima con macchine per il taglioproporzionato e in seguito conl’ideazione di soluzioni per la mo-noporzione e la realizzazione diforme più vicine ai consumi con-temporanei, come gli stick e ilformaggio a cubetti».

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Maggio 2012

DA UNA FORMULA A BASE DI ACQUA,UNA LAVORAZIONE DELLA PLASTICACHE PERMETTE DI REALIZZARE VASSOI,CONFEZIONI E CARTONI IDONEIE CERTIFICATI PER IL PACKAGINGALIMENTARE. A SPIEGARLASONO GIUSEPPE E MICHELE NERIDELLA ENNEGI PLASTIECO

Una plastica

più sicura

per gli alimenti

j di Manlio Teodoroi

Michele e Giuseppe Neri della Ennegi Plastieco, con sede a Campegine (RE)

[email protected]

Q uando si acqui-stano dei dolci odei prodotti di pa-sticceria questivengono adagiatisu dei caratteristici

vassoi colorati d’oro. Infatti, i co-lori di panna, creme, cioccolato efrutta si sposano per amore con ildorato lucido che fa loro da ele-gante pista, anticipando con que-sto spettacolo il momento in cui siassaporano i sapori delicati e dolcidelle paste. Se è esperienza comuneportare a casa i propri dolci prefe-riti su questi vassoi, in pochi certa-mente sanno come nascono e qualiaccorgimenti tecnici vengono presiper garantire che il materiale appli-cato al cartone sia adatto a ospitaregli alimenti. A spiegare questiaspetti sono Giuseppe e MicheleNeri, titolari dell’azienda EnnegiPlastieco di Campegine, in provin-cia di Reggio Emilia, che fra le sueattività realizza la plastificazione diquesti vassoi. «Il cartone per i vas-soi, ma anche quello per le scatoleusate in pasticceria, viene da noilavorato con una colla a base diacqua – spiega Giuseppe Neri -.Questa permette di ottenere un

PACKAGING ALIMENTAREGiuseppe e Michele Neri

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prodotto plastificato assoluta-mente sicuro e idoneo all’impiegoa contatto con i cibi. La cosa piùimportante quindi è l’uso dellacolla a base di acqua. Al contrario,altri tipi di collanti possono conte-nere isocianati, che sono irritanti etossici». Sfruttando la stessa tec-nica della plastificazione con collaa base di acqua, l’azienda accoppiafilm plastici su carta chiamata Po-lyart impiegata soprattutto per lefasce dei salumi, prodotti significa-tivi nel territorio di riferimentodella Ennegi Plastieco, che lavoraprincipalmente fra le province diReggio Emilia, Parma e Mantova.«La nostra azienda ha sempre pun-tato alle soluzioni più ecologicheapplicabili al settore grafico – sot-

tolinea Michele Neri -. Il nostroimpegno è quello di garantire la si-curezza del prodotto, soprattuttodi fronte all’invasione di prodottiesteri sui quali esistono poche cer-tezze, tanto sul tipo di lavorazionequanto sulle materie utilizzate. Findalla fondazione, nel 1993, ab-biamo avviato la lavorazione conun impianto Tecnomac con collaall’acqua, al quale successivamenteè stata affiancata una plastificatriceTecnomac Dry termosaldante checonsente di utilizzare il film conun adesivo a secco – quindi senzail bisogno di spalmare la colla».Negli anni successivi, grazie allanotevole esperienza accumulatanel tempo, l’azienda ha installatoun altro impianto Ecosystem di

ultimissima generazione. Anchequesto sfrutta la colla all’acquaed esegue un taglio termico alettura laser che permette di la-vorare tutti i materiali presentisul mercato. «Oltre alla plastifi-cazione lucida e opaca, accop-piamo tutti i tipi di poliestere dicolore oro e argento, che si pos-sono sovrastampare in offset Uv ostampa a caldo (in oro, argento evari colori) su supporti di cartaanche molto leggera, sia bipatinataopaca sia monopatinata. Inoltre,accoppiamo film poliestere distoffa bianca – un materiale parti-colarmente piacevole al tatto – e aragnatela bianca, su carta e car-tone, che a loro volta possono es-sere sovrastampati in Uv Offset oimpressi a caldo. Entrambi questimateriali sono indicati a nostro av-viso per confezioni in cartone,come ad esempio quelle dei vini edei liquori, per rendere una scatolapregiata e piacevole alla vista. In-fine, accoppiamo tutti i tipi difilm olografici esistenti sul mer-cato, sia trasparenti sia metalliz-zati in argento, anche di altospessore e con tacche di lettura(shime line)».

La nostra lavorazione completamenteecologica e inodore ci permettedi ottenere prodotti sicuri e certificatia contatto con cibi

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Gusto • 210 Maggio 2012

L’incontro di due gastronomie

chef, è del "tacco d'Italia" e haispirato la nostra ricerca del pro-dotto di qualità, genuino, in unconnubio di sapori di terra e dimare. L’incontro di due tradizionigastronomiche che sembrano di-verse fra loro dà vita a pietanzeuniche e ricercate».

Quali sono i piatti proposti? «Aggiorniamo il nostro menù al-meno 4 volte all'anno, solitamentecon l’alternarsi delle stagioni. Inostri piatti forti in questo pe-riodo sono i calamari "imbuttu-nati" con ricotta vaccina,Canestrato pugliese accompa-gnato da peperoncini ripieni ditonno e capperi, le "sagne 'ncan-nullate" (una pasta fatta in casa aforma di tagliatella arricciata) coni fagiolini selvatici finissimi, i cjal-sons con petina d'oca affumicata eformaggio morbido d'asino conspolverata di ricotta friulana e d

SIMONE BIANCHINI DESCRIVE L’INCONTROTRA LA GASTRONOMIA PORDENONESEE QUELLA DEL SALENTO

A fianco il direttore

dell’hotel Patriarca

e ristorante La Piramide

di San Vito Al Tagliamento

Simone Bianchini.

Foto di Betty Menossi

www.hotelpatriarca.it

j di Simona Langone i

Nel meraviglioso conte-sto medievale di SanVito al Tagliamento,dove lo sguardo è ra-

pito dal fascino dell’antico Ca-stello, dalle torri murarie, dalDuomo e l’antico teatro Arrigonisi adagia l’Hotel Patriarca. SimoneBianchini parla del fiore all’oc-chiello dell’attività, il ristorante laPiramide.

A quale cucina tipica si ispira ilvostro chef? «Ai nostri commensali propo-niamo una cucina tipica friulana esalentina. Mia moglie, Cristina,

gocce di burro fuso. Inoltre ser-viamo la scaloppata di pettod'anatra all'aceto di mele eagrumi».

Può suggerire una ricetta?«Il nostro piatto d'eccellenza èun semifreddo a forma di pic-cola piramide, ispirata dalla pi-ramide stilizzata che abbiamonella nostra terrazza estiva, dacui prende il nome il ristorante.È fatta con ricotta di capra, fichisecchi, mandorle pralinate ecioccolato fuso».

A quale vino suggerisce diabbinarlo? «Suggeriamo un Ucelut che èun vino fruttato, autoctono,antichissimo. Nasce come vinoda dessert ma non è eccessiva-mente dolce e proveniene dauna piccola area Doc, delleGrave Friulane».

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