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guida normativa alla cooperazione sociale aggiornata al 31.10.2015

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guida normativa

alla cooperazione

sociale

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Soggetto attuatoreLegacoop Veneto - Via Ulloa, 5 - 30175 Marghera Venezia

Progetto realizzato con la compartecipazione di Camera di Commercio Venezia Rovigo Delta Lagunare

CuratoreDott. Loris Cervato (Legacoop Veneto - Responsabile Settore Sociale)Via Ulloa, 5 - 30175 - Marghera

Con la collaborazione della dott.ssa Giorgia BrovazzoVia Bembo, 2 - 30170 - Mestre

EditoreGenesiDesign.com

GraficaMaurizio Ercole

Prima edizione novembre 2015ISBN 978-88-96049-70-9

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Indicep.

7 Introduzione9 Legge n. 381/1991: disciplina delle cooperative sociali14 Legge n. 104/1992: assistenza, integrazione sociale e diritti delle persone

handicappate17 Circolare Ministero Lavoro n. 116/1992: primi chiarimenti Legge n. 381/9119 Circolare INPS n. 296/1992: adempimenti contributivi cooperative sociali b)24 Circolare INPS n. 109/1993: calcolo percentuale persone svantaggiate25 Circolare INPS n. 95/1994: percentuale invalidità persone svantaggiate27 Circolare INPS n. 188/1994: calcolo percentuale persone svantaggiate28 Circolare Ministero Lavoro n. 153/1996: cooperative sociali ad oggetto plurimo29 Decreto legislativo n. 460/1997: disciplina delle ONLUS40 Decreto legislativo n. 112/1998: conferimento funzioni e compiti

amministrativi dello Stato alle Regioni e agli enti locali42 Circolare Ministero Finanze n. 127/1998: ONLUS e cooperative sociali43 Circolare INPS n. 89/1999: oggetto plurimo45 Legge n. 68/99: norme per il diritto al lavoro dei disabili63 Legge n. 45/1999: interventi per la lotta alla droga67 Circolare Ministero Lavoro n. 4/2000: convenzioni con cooperative sociali e

disabili liberi professionisti68 Circolare Ministero Lavoro n. 41/2000: cooperative sociali e obblighi Legge

n. 68/9974 Decreto Presidente Repubblica n. 333/2000: convenzioni tra datori di lavoro

privati e cooperative sociali76 Legge n. 193/2000: norme per favorire l’attività lavorativa dei detenuti79 Legge n. 328/2000: sistema integrato di interventi e servizi sociali91 Decreto Presidente Consiglio Ministri 2001: sistemi di affidamento dei servizi

alla persona95 Legge n. 142/2001: posizione del socio lavoratore96 Circolare INPS n. 134/2002: benefici contributivi per l’impiego di persone

detenute o internate101 Decreto legislativo n. 276/2003: cooperative sociali e inserimento lavorativo

di disabili103 Decreto legislativo n. 6/2003: cooperative sociali e mutualità prevalente104 Decreto legislativo n. 155/2006: disciplina dell’impresa sociale112 Decreto legislativo n. 163/2006: codice dei contratti pubblici115 Parere Commissione Centrale Cooperative 2007: cooperative sociali e

commercio equo-solidale117 Decreto Ministero Pubblica Istruzione: cooperative sociali e scuole paritarie122 Decreto legislativo n. 81/2008: cooperative sociali e sicurezza nei luoghi di lavoro

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123 Interpello Ministero Lavoro n. 4/2008: accertamento percentuale 30% soggetti svantaggiati

125 Nota INPS 2008: percentuale lavoratori svantaggiati124 Determinazione Autorità Vigilanza Contratti Pubblici n. 2/2008: appalti

riservati131 Interpello Agenzia Entrate n. 27/2009: trattamento iva trasporto scolastico134 Risoluzione Agenzia Entrate n. 80/2009: trattamento fiscale cooperativa

sociale e di produzione e lavoro136 Interpello Ministero Lavoro n. 42/2009: oggetto plurimo e percentuale

soggetti svantaggiati137 Risoluzione Agenzia Entrate n. 103/2009: trattamento iva servizio informa

giovani139 Decreto legge n. 4/2010: beni confiscati alla criminalità organizzata146 Comunicato Autorità Vigilanza Contratti Pubblici 2010: affidamenti diretti

cooperative sociali147 Decreto Ministero Lavoro 2011: cooperative sociali e sicurezza luoghi di lavoro149 Determinazione Autorità Vigilanza Contratti Pubblici n. 4/2011: tracciabilità e

cooperative sociali150 Decreto legge n. 95/2012: procedure pubbliche e affidamenti diretti151 Decreto Ministero Giustizia n. 148/2014: sgravi fiscali e contributivi per

assunzione detenuti156 Interpello Ministero Lavoro n. 17/2015: calcolo soggetti svantaggiati158 Circolare INPS n. 79/2015: cooperative sociali e fondo di solidarietà residuale160 Legge n. 141/2015: disposizioni in materia di agricoltura sociale165 Legge Regionale n. 23/2006: norme per la promozione e lo sviluppo della

cooperazione sociale

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Introduzione

Il presente lavoro costituisce la raccolta della normativa che è stata pubblicata negli anni a partire dal 1991, anno della promulgazione della Legge n. 381 che disciplina le cooperative sociali.Rappresenta anche una forma di tributo alla suddetta Legge, che ha determinato la crescita e lo sviluppo della cooperazione sociale, e che a quasi venticinque anni dalla sua entrata in vigore mantiene ancora saldi i principi giuridici e i contenuti sostanziali, tali da considerarla una legge Speciale, in tutti i sensi.Il presente volume raccoglie in un unico testo tutti i provvedimenti successivi al 1991, siano essi leggi, decreti legislativi, circolari ministeriali, determinazioni e interpelli, e che riguardano le cooperative sociali, sia di tipo A che di tipo B e i loro consorzi.In questo testo sono pertanto raggruppati ed illustrati le normative nazionali, le cir-colari interpretative e i provvedimenti che interessano la cooperazione sociale e la Legge 381, con l’integrazione della Legge Regionale del Veneto n. 23 del 2006, attuativa della stessa.L’ordine che è stato seguito è quello cronologico ed il lavoro è aggiornato al 31 otto-bre 2015; la metodologia utilizzata prevede l’inserimento nel volume dell’intero testo normativo, laddove lo richieda la comprensione della norma, oppure dello stralcio del provvedimento, qualora gli altri articoli del medesimo non fossero di pertinenza.E’ stato omesso di inserire la legislazione che riguarda la cooperazione in generale, proprio per creare una guida agevole e incentrata sulla normativa relativa alla coo-perazione sociale.Ad integrazione della legislazione nazionale, è stata inserita la norma regionale del Veneto che disciplina la cooperazione sociale e che declina giuridicamente le possibili attività e i rapporti con gli enti pubblici sul territorio locale.La presente guida, che giunge a cinque di anni distanza dal precedente lavoro, vuo-le essere uno strumento utile e agevole per i Presidenti, gli amministratori, i soci, i consulenti, i rappresentanti istituzionali e per tutti coloro che vogliono avvicinarsi e conoscere sotto un profilo tecnico questo mondo ricco di idee e progetti socialmente importanti.

Loris CervatoResponsabile Settore Sociale

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Legge 8 novembre 1991, n. 381Disciplina delle cooperative socialiARt. 1. DEFINIzIONE

1. Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso: a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi; b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di

servizi - finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. 2. Si applicano alle cooperative sociali, in quanto compatibili con la presente legge, le

norme relative al settore in cui le cooperative stesse operano. 3. La denominazione sociale, comunque formata, deve contenere l’indicazione di

“cooperativa sociale”.

ARt. 2. SOCI VOLONtARI

1. Oltre ai soci previsti dalla normativa vigente, gli statuti delle cooperative sociali possono prevedere la presenza di soci volontari che prestino la loro attività gratuitamente.

2. I soci volontari sono iscritti in un’apposita sezione del libro dei soci. Il loro numero non può superare la metà del numero complessivo dei soci.

3. Ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato ed autonomo, ad eccezione delle norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto, determina l’importo della retribuzione da assumere a base del calcolo dei premi e delle prestazioni relative.

4. Ai soci volontari può essere corrisposto soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, sulla base di parametri stabiliti dalla cooperativa sociale per la totalità dei soci.

5. Nella gestione dei servizi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), da effettuarsi in applicazione dei contratti stipulati con amministrazioni pubbliche, le prestazioni dei soci volontari possono essere utilizzate in misura complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori professionali previsti dalle disposizioni vigenti. Le prestazioni dei soci volontari non concorrono alla determinazione dei costi di servizio, fatta eccezione per gli oneri connessi all’applicazione dei commi 3 e 4.

ARt. 3. OBBLIGhI E DIVIEtI

1. Alle cooperative sociali si applicano le clausole relative ai requisiti mutualistici di cui all’articolo 26 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, ratificato, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 1951, n. 302, e

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successive modificazioni. 2. Ogni modificazione statutaria diretta ad eliminare il carattere di cooperativa

sociale comporta la cancellazione dalla “sezione cooperazione sociale” prevista dal secondo comma dell’articolo 13 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, come modificato dall’articolo 6, comma 1, lettera c), della presente legge, nonché la cancellazione dall’albo regionale di cui all’articolo 9, comma 1, della presente legge.

3. Per le cooperative sociali le ispezioni ordinarie previste dall’articolo 2 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, debbono aver luogo almeno una volta all’anno.

ARt. 4. PERSONE SVANtAGGIAtE

1. Nelle cooperative che svolgono le attività di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Si considerano inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, con il Ministro dell’interno e con il Ministro per gli affari sociali, sentita la commissione centrale per le cooperative istituita dall’articolo 18 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni.

2. Le persone svantaggiate di cui al comma 1 devono costituire almeno il trenta per cento dei lavoratori della cooperativa e, compatibilmente con il loro stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa. La condizione di persona svantaggiata deve risultare da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione, fatto salvo il diritto alla riservatezza.

3. Le aliquote complessive della contribuzione per l’assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale dovute dalle cooperative sociali, relativamente alla retribuzione corrisposta alle persone svantaggiate di cui al presente articolo, con l’eccezione delle persone di cui al comma 3-bis, sono ridotte a zero.

3-bis. Le aliquote di cui al comma 3, dovute dalle cooperative sociali relativamente alle retribuzioni corrisposte alle persone detenute o internate negli istituti penitenziari, agli ex degenti di ospedali psichiatrici giudiziari e alle persone condannate e internate ammesse al lavoro esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono ridotte nella misura percentuale individuata ogni due anni con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Gli sgravi contributivi di cui al presente comma si applicano per un periodo successivo alla cessazione dello stato di detenzione di diciotto mesi per

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i detenuti ed internati che hanno beneficiato di misure alternative alla detenzione o del lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di ventiquattro mesi per i detenuti ed internati che non ne hanno beneficiato.

ARt. 5. CONVENzIONI

1. Gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, possono stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono le attività di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), ovvero con analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato al netto dell’IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all’articolo 4, comma 1. Le convenzioni di cui al presente comma sono stipulate previo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza.

2. Per la stipula delle convenzioni di cui al comma 1 le cooperative sociali debbono risultare iscritte all’albo regionale di cui all’articolo 9, comma 1. Gli analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea debbono essere in possesso di requisiti equivalenti a quelli richiesti per l’iscrizione a tale albo e risultare iscritti nelle liste regionali di cui al comma 3, ovvero dare dimostrazione con idonea documentazione del possesso dei requisiti stessi.

3. Le regioni rendono noti annualmente, attraverso la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, i requisiti e le condizioni richiesti per la stipula delle convenzioni ai sensi del comma 1, nonché le liste regionali degli organismi che ne abbiano dimostrato il possesso alle competenti autorità regionali.

4. Per le forniture di beni o servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, il cui importo stimato al netto dell’IVA sia pari o superiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, gli enti pubblici compresi quelli economici, nonché le società di capitali a partecipazione pubblica, nei bandi di gara di appalto e nei capitolati d’onere possono inserire, fra le condizioni di esecuzione, l’obbligo di eseguire il contratto con l’impiego delle persone svantaggiate di cui all’articolo 4, comma 1, e con l’adozione di specifici programmi di recupero e inserimento lavorativo. La verifica della capacità di adempiere agli obblighi suddetti, da condursi in base alla presente legge, non può intervenire nel corso delle procedure di gara e comunque prima dell’aggiudicazione dell’appalto.

ARt. 6. MODIFIChE AL DECREtO LEGISLAtIVO DEL CAPO PROVVISORIO DELLO StAtO 14 DICEMBRE 1947, N. 1577

1. Al citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, sono apportate le seguenti modificazioni:

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a) all’articolo 10, è aggiunto, in fine, il seguente comma: “Se l’ispezione riguarda cooperative sociali, una copia del verbale deve essere trasmessa, a cura del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, entro quaranta giorni dalla data del verbale stesso, alla regione nel cui territorio la cooperativa ha sede legale”;

b) all’articolo 11, è aggiunto, in fine, il seguente comma: “Per le cooperative sociali i provvedimenti di cui al secondo comma sono disposti previo parere dell’organo competente in materia di cooperazione della regione nel cui territorio la cooperativa ha sede legale”;

c) al secondo comma dell’articolo 13, sono aggiunte, in fine, le parole: “Sezione cooperazione sociale”;

d) all’articolo 13, è aggiunto, in fine, il seguente comma: “Oltre che nella sezione per esse specificamente prevista, le cooperative sociali sono iscritte nella sezione cui direttamente afferisce l’attività da esse svolta”.

ARt. 7. REGIME tRIBUtARIO

1. Ai trasferimenti di beni per successione o donazione a favore delle cooperative sociali si applicano le disposizioni dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 637.

2. Le cooperative sociali godono della riduzione ad un quarto delle imposte catastali ed ipotecarie, dovute a seguito della stipula di contratti di mutuo, di acquisto o di locazione, relativi ad immobili destinati all’esercizio dell’attività sociale.

3. Alla tabella A, parte II, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, è aggiunto il seguente numero: “41bis) prestazioni di carattere socio-sanitario ed educativo rese da cooperative

sociali”.

ARt. 8. CONSORzI

1. Le disposizioni di cui alle presente legge si applicano ai consorzi costituiti come società cooperative aventi la base sociale formata in misura non inferiore al settanta per cento da cooperative sociali.

ARt. 9. NORMAtIVA REGIONALE

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni emanano le norme di attuazione. A tal fine istituiscono l’albo regionale delle cooperative sociali e determinano le modalità di raccordo con l’attività dei servizi socio-sanitari, nonché con le attività di formazione professionale e di sviluppo della occupazione.

2. Le regioni adottano convenzioni-tipo per i rapporti tra le cooperative sociali e le amministrazioni pubbliche che operano nell’ambito della regione, prevedendo, in particolare, i requisiti di professionalità degli operatori e l’applicazione delle norme contrattuali vigenti.

3. Le regioni emanano altresì norme volte alla promozione, al sostegno e allo

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sviluppo della cooperazione sociale. Gli oneri derivanti dalle misure di sostegno disposte dalle regioni sono posti a carico delle ordinarie disponibilità delle regioni medesime.

ARt. 10. PARtECIPAzIONE ALLE COOPERAtIVE SOCIALI DELLE PERSONE ESERCENtI AttIVItà DI ASSIStENzA E DI CONSULENzA

1. Alle cooperative istituite ai sensi della presente legge non si applicano le disposizioni di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1815.

ARt. 11. PARtECIPAzIONE DELLE PERSONE GIURIDIChE

1. Possono essere ammesse come soci delle cooperative sociali persone giuridiche pubbliche o private nei cui statuti sia previsto il finanziamento e lo sviluppo delle attività di tali cooperative.

ARt. 12. DISCIPLINA tRANSItORIA

1. Le cooperative sociali già costituite alla data di entrata in vigore della presente legge devono uniformarsi entro due anni da tale data alle disposizioni in essa previste.

2. Le deliberazioni di modifica per adeguare gli atti costitutivi alle norme della presente legge, possono, in deroga alle disposizioni di cui agli articoli 2365 e 2375, secondo comma, del codice civile, essere adottate con le modalità e la maggioranza dell’assemblea ordinaria stabilite dall’atto costitutivo.

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Legge 5 febbraio 1992, n. 104Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

ARtt. 1 / 9 Omissis

ARt. 10. INtERVENtI A FAVORE DI PERSONE CON hANDICAP IN SItUAzIONE DI GRAVItà

1. I comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali, nell’ambito delle competenze in materia di servizi sociali loro attribuite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, possono realiz-zare con le proprie ordinarie risorse di bilancio, assicurando comunque il diritto alla integrazione sociale e scolastica secondo le modalità stabilite dalla presente legge e nel rispetto delle priorità degli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, comunità alloggio e centri socio-riabilitativi per persone con handicap in situazione di gravità.

1-bis. Gli enti di cui al comma 1 possono organizzare servizi e prestazioni per la tutela e l’integrazione sociale dei soggetti di cui al presente articolo per i quali venga meno il sostegno del nucleo familiare.

2. Le strutture di cui alla lettera l) e le attività di cui alla lettera m) del comma 1 dell’articolo 8 sono realizzate d’intesa con il gruppo di lavoro per l’integrazione scolastica di cui all’articolo 15 e con gli organi collegiali della scuola.

3. Gli enti di cui al comma 1 possono contribuire, mediante appositi finanziamenti, previo parere della regione sulla congruità dell’iniziativa rispetto ai programmi regionali, alla realizzazione e al sostegno di comunità-alloggio e centri socio-ri-abilitativi per persone handicappate in situazione di gravità, promossi da enti, associazioni, fondazioni, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB), società cooperative e organizzazioni di volontariato iscritte negli albi regionali.

4. Gli interventi di cui al comma 1 e 3 del presente articolo possono essere realizzati anche mediante le convenzioni di cui all’articolo 38.

5. Per la collocazione topografica, l’organizzazione e il funzionamento, le comunità-alloggio e i centri socio-riabilitativi devono essere idonei a perseguire una costante socializzazione dei soggetti ospiti, anche mediante iniziative dirette a coinvolgere i servizi pubblici e il volontariato.

6. L’approvazione dei progetti edilizi presentati da soggetti pubblici o privati concer-nenti immobili da destinare alle comunità alloggi ed ai centri socio-riabilitativi di cui ai commi 1 e 3, con vincolo di destinazione almeno ventennale all’uso effettivo dell’immobile per gli scopi di cui alla presente legge, ove localizzati in aree vinco-late o a diversa specifica destinazione, fatte salve le norme previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni, e dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, costituisce variante del piano regolatore. Il venir meno dell’uso effettivo per gli

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scopi di cui alla presente legge prima del ventesimo anno comporta il ripristino della originaria destinazione urbanistica dell’area.

ARtt. 11 / 17 Omissis

ARt. 18. INtEGRAzIONE LAVORAtIVA

1. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplinano l’istituzione e la tenuta dell’albo regionale degli enti, istituzioni, coo-perative sociali, di lavoro, di servizi, e dei centri di lavoro guidato, associazioni ed organizzazioni di volontariato che svolgono attività idonee a favorire l’inserimento e l’integrazione lavorativa di persone handicappate.

2. Requisiti per l’iscrizione all’albo di cui al comma 1, oltre a quelli previsti dalle leggi regionali, sono: a) avere personalità giuridica di diritto pubblico o privato o natura di associazione,

con i requisiti di cui al capo II del titolo II del libro I del codice civile;b) garantire idonei livelli di prestazioni, di qualificazione del personale e di effi-

cienza operativa. 3. Le regioni disciplinano le modalità di revisione ed aggiornamento biennale dell’albo

di cui al comma 1. 4. I rapporti dei comuni, dei consorzi tra comuni e tra comuni e province, delle co-

munità montane e delle unità sanitarie locali con gli organismi di cui al comma 1 sono regolati da convenzioni conformi allo schema tipo approvato con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità e con il Ministro per gli affari sociali, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

5. L’iscrizione all’albo di cui al comma 1 è condizione necessaria per accedere alle convenzioni di cui all’articolo 38.

6. Le regioni possono provvedere con proprie leggi: a) a disciplinare le agevolazioni alle singole persone handicappate per recarsi al

posto di lavoro e per l’avvio e lo svolgimento di attività lavorative autonome;b) a disciplinare gli incentivi, le agevolazioni e i contributi ai datori di lavoro anche

ai fini dell’adattamento del posto di lavoro per l’assunzione delle persone han-dicappate.

ARtt. 19 / 37 Omissis

ARt. 38. CONVENzIONI

1. Per fornire i servizi di cui alla presente legge, i comuni, anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali per la parte di loro competenza, si avvalgono delle strutture e dei servizi di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Possono inoltre avvalersi dell’opera di associazioni riconosciute e non riconosciute, di istituzioni private di assistenza non aventi scopo di lucro e di cooperative, sempreché siano idonee per i livelli delle

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prestazioni, per la qualificazione del personale e per l’efficienza organizzativa ed operativa, mediante la conclusione di apposite convenzioni.

2. I comuni, anche consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane, rilevata la presenza di associazioni in favore di persone handicappate, che intendano costituire cooperative di servizi o comunità-alloggio o centri socio-riabilitativi senza fini di lucro, possono erogare contributi che consentano di realizzare tali iniziative per i fini previsti dal comma 1, lettere h), i) e l) dell’articolo 8, previo controllo dell’adeguatezza dei progetti e delle iniziative, in rapporto alle necessità dei soggetti ospiti, secondo i principi della presente legge.

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Circolare Ministero del Lavoro n. 116/1992 Legge 8.11.1991 n. 381 - Chiarimenti

Per una corretta applicazione della legge 8 novembre 1991, n. 381 (disciplina delle cooperative sociali), pubblicata sulla G.U. n. 283 del 3 dicembre 1991, in merito alla quale sono stati avanzati vari quesiti interpretativi, si ritiene opportuno fornire i seguenti chiarimenti: 1. L’art. 1 della legge in oggetto opera una netta distinzione tra le cooperative -

entrambe appartenenti alla tipologia “sociale” - che svolgono attività di gestione di servizi socio-sanitari ed educativi (comma I, lett. a) e quelle volte - attraverso attività in settori di tipo diverso dei quali viene data un’elencazione da intendersi come esemplificativa e non tassativa - all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate (comma I, lett. b). Da tale distinzione, come anche dal tenore delle altre norme della legge, in particolare quelle contenute negli artt. 4 e 5 che riconoscono un regime speciale alle cooperative sociali di cui al comma 1, lettera b), si evince che ciascuna cooperativa sociale può operare nell’uno o nell’altro campo ma non in entrambi, per cui l’atto costitutivo e lo statuto debbono espressamente indicare in quale di essi la società intenda operare. Questo trova applicazione sia per le cooperative di nuova costituzione sia per quelle già costituite all’entrata in vigore della legge: queste ultime sono tenute pertanto a rivedere lo statuto al fine di renderlo operativo specificando l’oggetto dell’attività sociale che deve rientrare alternativamente o nella tipologia sub a) o in quella sub b); così le cooperative con oggetto sociale plurimo dovranno operare una scelta di inquadramento.

2. Si rammenta che la denominazione sociale voluta dalla legge (art. comma 3) deve contenere l’indicazione di “cooperativa sociale”, non avendo valore nessuna altra dicitura, anche se di contenuto analogo.

3. Le agevolazioni contributive di cui all’art. 4, comma 3, della legge sono riservate esclusivamente alle cooperative di cui al comma 1, lettera b), dell’art. I (cooperative finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate). Di tali agevolazioni non beneficiano, pertanto, le cooperative di cui alla lettera a) dello stesso articolo (cooperative di gestione di servizi socio-sanitari ed educativi). Nell’esenzione dal pagamento di contributi per l’assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale (art. 4, comma 3 - cooperative di inserimento lavorativo di persone svantaggiate) va ricompresa anche la quota a carico del lavoratore.

4. Circa i servizi socio-sanitari ed educativi che possono essere gestiti dalle cooperative sociali di cui all’art. 1, lettera a), si osserva che gli stessi debbono essere finalizzati alla promozione umana e alla integrazione sociale dei cittadini, come interesse generale della comunità. In concreto si ritiene che questa funzione sia svolta da quei servizi sociali ed assistenziali, scolastici di base e di formazione professionale, sanitari di base e ad elevata integrazione socio-sanitaria, tutti di rilevanza costituzionale (art. 32 comma I, art. 34, art. 35, comma 2, art. 38 della Costituzione). Ne consegue che questi possono essere i settori di attività delle cooperative sociali. Riguardo invece i destinatari dei servizi dovrà trattarsi di persone bisognose di intervento sociale. tale intervento trova la sua origine in

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motivazioni connesse sia all’età sia alla condizione personale o familiare sia alla condizione sociale.

5. Le persone svantaggiate interessate all’inserimento lavorativo devono appartenere alle categorie indicate all’articolo 4: invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazione di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione. La condizione di appartenenza alle suddette categorie deve risultare da documentazione proveniente dalle competenti autorità. In questa prima fase di applicazione della legge viene presa in considerazione come soglia minima di invalidità quella del 45%, stabilita per il collocamento obbligatorio (legge 2 aprile 1968 n. 482; D.L. 23 novembre 1988 n. 509). Considerato, però, che la legge intende favorire l’avviamento al lavoro di coloro che si trovano in situazioni di più grave svantaggio, rispetto alla generalità degli invalidi per i quali la disciplina del collocamento obbligatorio già appresta una sufficiente tutela, appare opportuno dare priorità ai casi più evidenti di svantaggio, cioè ai soggetti che pur avendo una residua capacità lavorativa presentano percentuali di invalidità superiori (oltre il 45%). In caso di persone caratterizzate da menomazioni temporanee, in condizioni di trattamento riabilitativo, la documentazione dovrà constatare il perdurare della condizione di soggetto svantaggiato, condizione che dovrebbe venir meno con la fine del trattamento.

6. Le persone svantaggiate, ai sensi dell’art. 4, secondo comma, debbono costituire almeno il trenta per cento di coloro che lavorano nella cooperativa e, compatibilmente con il loro stato, debbono essere soci della stessa; questa percentuale, cioè, deve calcolarsi in relazione al numero complessivo dei lavoratori, siano essi soci o dipendenti della cooperativa, esclusi i soci volontari.

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Circolare n. 296 del 29 dicembre 1992INPS - Direzione Centrale Contributi

La legge 8 novembre 1991, n. 381 (G.U. - Serie Generale n. 283 del 3.12.1991) ha introdotto disposizioni che disciplinano le Cooperative sociali, dettando, altresì, norme aventi riflessi nel campo della contribuzione previdenziale ed assistenziale. Sull’argomento, il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale - Direzione Ge-nerale della Cooperazione - ha diramato in data 9.10.1992 la circolare n. 116/92, fornendo chiarimenti sugli aspetti della legge che avevano formato oggetto di vari quesiti. Con la presente circolare si impartiscono le istruzioni dirette a regolare gli adempimenti contributivi degli organismi cooperativi interessati, con riserva di inte-grarle, sulla base anche delle ulteriori chiarificazioni che potranno intervenire in sede ministeriale, al fine di sciogliere altri eventuali dubbi che potranno determinarsi in sede applicativa.

1. CENNI SULLE COOPERAtIVE SOCIALI. DEFINIzIONE E REGOLAMENtAzIONE

L’art. 1 della legge qualifica quelle che hanno lo scopo di perseguire della comunità alla promozione umana sociale dei cittadini attraverso: a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all’inserimento di persone svantaggiate. Sui tratti che connotano le due diverse tipologie si rinvia alle delucidazioni contenute nella citata circolare ministeriale. Alle cooperative sociali, la cui denominazione so-ciale deve contenere l’indicazione di “cooperativa sociale”, si applicano, in quanto compatibili con la legge in esame, norme relative al settore in cui le stesse operano. Esse sono iscritte nell’Albo prefettizio, oltre che nella sezione cui afferisce l’attività svolta, nella “sezione cooperazione sociale” prevista dal secondo comma dell’art. 13 del D.L. del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, come modifi-cato dall’art. 6, comma 1, lettera c) della stessa legge n. 381/91; è prevista, inoltre, l’iscrizione di esse nell’Albo regionale delle cooperative sociali la cui istituzione è prescritta 9 della legge n. 381/91. Della cooperativa sociale possono far parte anche soci volontari, purché il loro nume-ro non superi la metà del numero complessivo dei soci (art. 2 della legge). Ai soci volontari, che prestano la loro attività gratuitamente, non si applicano i con-tratti collettivi e le norme in materia di lavoro subordinato ed autonomo, ad ecce-zione di quelle relative all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ed alle malattie professionali.

2. ARt. 4. DELLA LEGGE N. 381/1991. ESONERO DALLA CONtRIBUzIONE PREVIDENzIALE ED ASSIStENzIALE

L’art. 4, comma 3, prevede la riduzione a zero aliquote complessive dell’assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale dovute dalle cooperative sociali, relati-

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vamente alle persone svantaggiate contemplate dallo stesso articolo. In merito alla portata di tale agevolazione si chiarisce quanto appresso.

2.1. AMBItO DI APPLICAzIONE DELL’ESONERO Ex ARt. 4

L’art. 4, comma 1, agli effetti delle agevolazioni contributive, prende in considerazio-ne le persone svantaggiate inserite nelle cooperative di cui alla lettera b) dello stesso comma. L’esonero contributivo, che comprende anche la quota a carico del lavorato-re, si applica, quindi, dalla data di decorrenza dell’iscrizione nell’apposita sezione del Registro Prefettizio, ai soci svantaggiati delle cooperative finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, caratteristica che deve emergere specifica-mente dall’oggetto sociale definito dallo statuto in alternativa a quello di gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, che determina l’appartenenza dell’organismo cooperativo alla categoria sub lettera a) dell’art. 1. I soci di quest’ultima categoria non sono, quindi, interessati dall’esonero contri-

butivo in epigrafe.

2.2. IDENtIFICAzIONE DELLE PERSONE SVANtAGGIAtE

L’art. 4, comma 2, pone, come condizione per l’applicazione delle agevolazioni con-tributive, che almeno il trenta per cento della cooperati va sia costituito da persone svantaggiate. Agli effetti del computo del predetto numero occorre riferimento al numero complessivo dei “lavoratori”, soci e non soci, esclusi i soci volontari. Le persone svantaggiate verranno considerate tali sulla base dei criteri appresso indi-cati, tenendo presente che la condizione di persona svantaggiata e di appartenenza alle categorie indicate nella legge deve espressamente risultare da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione, fatto salvo il diritto alla riservatezza.

2.2.1. INVALIDI FISICI, PSIChICI O SENSORIALI

Nulla dettando la norma in merito al grado di invalidità, sarà assunta come soglia di invalidità, quella stabilita per l’avviamento obbligatorio al lavoro dalla legge 2.4.1968, n. 482 e dal Decreto Legislativo 23.11.1988, n. 509, ossia un grado di invalidità su-periore (sul punto specifico cfr. circolare n. 116/92, del Ministero del Lavoro). La condizione di invalido fisico, psichico o sensoriale e di persona svantaggiata dovrà risultare da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione competen-te e cioè dalle unità Sanitarie Locali previo accertamento sanitario delle commissioni mediche operanti presso le stesse (legge 15.10.1990, n. 295 e D.M. 5.8.1991, n. 387 in G.U. n. 286 del 6.12.1991). Occorre inoltre tenere presente che l’art. 19 della legge 5.2.1992, n. 104 (G.U. 17.2.1992, n. 39 legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) ha esteso l’applicazione delle disposizioni della citata legge 2.4.1968, n. 482, e successive modificazioni, a coloro che sono affetti da minora-zione psichica, i quali abbiano una capacità lavorativa che ne consente l’impiego in mansioni compatibili. Ai fini dell’avviamento al lavoro, la valutazione della persona

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handicappata tiene conto della capacità lavorativa e relazionale dell’individuo e non solo della minorazione fisica o psichica e la capacità lavorativa è accertata dalle com-missioni mediche predette integrate ai sensi dello stesso articolo da uno specialista nelle discipline neurologiche, psichiatriche o psicologiche.

2.2.2. Ex DEGENtI DI IStItUtI PSIChIAtRICI, DI SOGGEttI IN tRAttAMENtO PSIChIAtRICO, DI ALCOLIStI, DI tOSSICODIPENDENtI

La condizione di ex degente di istituti psichiatrici, di soggetto in trattamento psichia-trico, di alcolista, di tossicodipendente e della loro situazione di persone svantaggiate dovrà risultare dalla documentazione proveniente dalle strutture del Servizio Sani-tario Nazionale da cui risulti la condizione di persona svantaggiata e la categoria di appartenenza.

2.2.3. MINORI IN Età LAVORAtIVA IN SItUAzIONI DI DIFFICOLtà FAMILIARE

Verranno considerati tali i minori che dalla documentazione rilasciata da Pubblica Amministrazione competente risultino persone svantaggiate in quanto versino in condizioni di difficoltà familiare.

2.2.4. CONDANNAtI AMMESSI ALLE MISURE ALtERNAtIVE ALLA DEtENzIONE PREVIStE DAGLI ARtt. 47, 47-BIS, 47-tER E 48 DELLA LEGGE 26.7.1975, N. 354 COME MODIFICAtI DALLA LEGGE 10.10.1986, N. 663

L’appartenenza alle categorie in epigrafe e la condizione di persona svantaggiata do-vrà risultare dalla documentazione proveniente dalla competente Amministrazione della Giustizia.

2.2.5. ALtRE CAtEGORIE

Altre figure di persone svantaggiate possono essere indicate con decreto del Presi-dente del Consiglio dei Ministri. 3. Esenzione contributiva e retribuzione imponibileCome già detto, per i soci che risultino persone svantaggiate la norma prescrive l’ab-battimento totale delle aliquote relative alla contribuzione previdenziale ed assisten-ziale. Il Ministero del Lavoro ha precisato che l’esenzione si applica anche alla quota contributiva a carico del lavoratore. La retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi teoricamente dovuti per i soci svantaggiati e da accreditare a favore degli stessi è quella ad essi corrisposta determinata negli elementi imponibili definiti dall’art. 12 della legge 30.5.1969, n. 153 e successive modifiche ed integrazioni. Le retribuzioni stesse non vanno adeguate ai minimali. Per le categorie e settori per i quali sono stabilite retribuzioni convenzionali come, ad esempio, per i soci delle cooperative regolate dal D.P.R. 30.4.1970, n. 602, qualora le retribuzioni corrisposte risultino superiori a quelle convenzionali, verranno assunte ai fini predetti le retribu-

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zioni convenzionali previste per i soci non appartenenti a categorie svantaggiate. Nel caso in cui le retribuzioni effettive risultino inferiori a quelle convenzionali saranno riconosciute le retribuzioni effettive. Per le cooperative ex D.P.R. 602/1970 resta ferma la possibilità dell’opzione per la retribuzione effettiva, ai fini dell’assicurazione I. V. S., ai sensi dell’art. 6, ultimo comma, del D.P.R. medesimo. In ogni caso, anche per le persone svantaggiate destinatarie dell’esonero contribu-tivo, agli effetti dell’accredito dei contributi obbligatori trova applicazione il limite retributivo di cui all’art. 7, comma 1, primo periodo, della legge 11.11.1983, n. 638, modificato dall’art. 1, comma 2, della legge 7.12.1989, n. 389.

4. ADEMPIMENtI CONtRIBUtIVI ED AMMINIStRAtIVI DELLE COOPERAtIVE SOCIALI

Agli effetti dell’applicazione dell’art. 4, comma 3, le cooperative sociali interessate, in aggiunta all’ordinaria documentazione di cui è già prevista la presentazione ai fini dell’iscrizione delle cooperative, devono produrre alla competente Sede dell’INPS: copia dello Statuto e dell’atto costitutivo da cui risultino la denominazione di coo-perativa sociale e l’oggetto dell’attività sociale che deve rendere identificabile l’ap-partenenza dell’organismo cooperativo alla categoria di cui alla lettera b) dell’art. 1;certificato di iscrizione nell’Albo regionale cooperative sociali non appena sarà stato istituito;dichiarazione del legale rappresentante della cooperativa attestante la sussistenza in via generale delle condizioni per fruire dell’esonero contributivo per le persone svantaggiate socie della cooperativa ed in particolare:

·· numero complessivo dei lavoratori della cooperativa, soci e dipendenti, esclusi i soci volontari;

·· numero e nominativi dei soci da considerare persone svantaggiate;·· possesso da parte della Cooperativa della documentazione proveniente dalla

competente pubblica amministrazione comprovante la condizione di persone svantaggiate dei soci per i quali si intende applicare l’agevolazione contributiva e l’appartenenza di ciascuno di essi ad una delle categorie indicate nella legge;

·· impegno della cooperativa a comunicare le variazioni e circostanze che possano incidere sulle condizioni che danno titolo all’esonero contributivo.

Le Sedi, inoltre, provvederanno in occasione della classificazione o riclassificazione della cooperativa od in qualsiasi altro momento a verificare mediante diretti accer-tamenti la sussistenza delle condizioni per l’accesso della stessa alle agevolazioni previste dalla legge. Alle cooperative cui spettano tali agevolazioni sarà attribuito il codice di autorizzazio-ne di nuova istituzione “5V” avente il significato di “Azienda avente titolo alle age-volazioni contributive di cui all’art. 4, comma 3 della L. 8 novembre 1991, n. 381”. Per la compilazione della denuncia contributiva mensile di mod. DM10/2 le coope-rative si atterranno alle seguenti modalità: determineranno i contributi teoricamente dovuti per i lavoratori svantaggiati in base

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all’intera aliquota contributiva (sia la quota a carico del datore di lavoro che quella a carico del lavoratore prevista per il settore di appartenenza), senza operare alcuna riduzione; i dati relativi saranno esposti nel mod. DM10/2 utilizzando il codice tipo contribuzione di nuova istituzione “19”, avente il significato di “lavoratori svantag-giati art. 4 L. 381/91” ai quali si applica l’esonero totale dei contributi previdenziali e assistenziali. In particolare, le cooperative esporranno i dati in uno dei righi in bianco dei quadri “B-C” del mod. DM10/2, riportando:

·· nella casella “COD” i codici: 119 preceduto dalla dicitura “op. svantag.”, per gli operai; 219 preceduto dalla dicitura “imp. svantag.”, per gli impiegati;

·· nella casella “n. dipend.” Il numero dei lavoratori svantaggiati;·· nella casella “retribuzioni” l’ammontare delle retribuzioni complessive corrispo-

ste a tali lavoratori; per le categorie e settori per i quali sono stabilite retribuzioni convenzionali andranno indicate le retribuzioni minori tra quelle convenzionali e quelle effettive; per i soci di cooperative ex D.P.R. 602/1970, le quali hanno op-tato per la retribuzione effettiva ai fini dell’assicurazione I. V. S., ai sensi dell’art. 6, ultimo comma, del D.P.R. medesimo, saranno indicate le retribuzioni effettive;

·· nella casella “n. giornate” il numero delle retribuite;·· nella casella “somme a debito del datore di lavoro” l’importo dei contributi come

sopra determinato;

calcoleranno l’importo pari al 100% dei contributi previdenziali e assistenziali com-presa la quota a carico del lavoratore e lo esporranno in uno dei righi in bianco del quadro “D” del mod. DM10/2, preceduto dalla dicitura “Esonero art. 4 L. 381/91” e dal codice di nuova istituzione “L190”. Qualora, per eventi che ne comportino la necessità, i datori di lavoro debbano espor-re nei quadri “E - C” del mod. DM10/2 i dati relativi alla contribuzione previdenziale separatamente da quelli relativi alla contribuzione assistenziale, questi ultimi dati, per i lavoratori svantaggiati devono essere esposti unitamente a quelli degli altri dipen-denti per i quali detta contribuzione viene esposta separatamente, mentre saranno esposti con i codici “119” e “219” i contributi previdenziali. Per quanto concerne la denuncia annuale delle retribuzioni di mod. O1/M, i la-voratori in questione saranno evidenziati con il codice tipo contribuzione “19” da riportare nella casella “tipo rapp.”. Nelle caselle relative alle competenze andranno riportate le retribuzioni determinate secondo i criteri indicati alla lettera a).

Il Direttore Generale Billia

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Circolare n. 109INPS - Direzione Centrale Contributi

Roma, 11 maggio 1993 Oggetto: Legge 8.11.1991, n. 381. Disciplina delle cooperative sociali.

Facendo seguito alla circolare n. 296 del 29.12.1992 e al successivo messaggio n. 42591 dell’1.2.1993, si comunica che il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ha esaminato il problema relativo alla base di calcolo cui riferirsi per il computo del 30 per cento dei lavoratori svantaggiati inseriti nelle Cooperative sociali di cui all’art. 1, lett. b) della legge 8 novembre 1991, n. 381, al fine della determinazione dei soggetti destinatari dell’esonero contributivo previsto dall’art. 4, comma 3, della legge stessa. Al riguardo, il Ministero ha argomentato che lo spirito e la lettera della normativa in parola intendono favorire l’avviamento e l’integrazione lavorativa di coloro i quali si trovano in situazioni di svantaggio rispetto alla generalità dei lavoratori, sia con pro-mozione di attività volte a soddisfare direttamente tale obiettivo, sia con interventi di natura fiscale e contributiva finalizzati a sostenere le imprese cooperative operanti in questa ottica e per questi scopi. Coerentemente con quanto sopra, la circolare ministeriale n. 116/92 del 9.10.1992 ha esplicitato che la percentuale dei soggetti svantaggiati, impiegati a vario titolo nella cooperativa, “deve calcolarsi in relazione al numero complessivo dei lavoratori, siano essi soci o dipendenti della cooperativa, esclusi i soci volontari”. La circolare precisa altresì che questa percentuale rappresenta una condizione mi-nima perché una cooperativa possa essere definita sociale. Inoltre - rileva ancora il Ministero - dalla lettura del 2 comma del sopra richiamato art. 4 si desume che il legislatore non ha inteso limitare la base di calcolo ai soli soci ma in una prospettiva di maggior favore, date le finalità solidaristiche e promozionali della norma stessa, con-siderare tutta la compagine lavoratrice quale parametro di riferimento, prevedendo, altresì, per le persone svantaggiate la possibilità di essere socie, ma “compatibilmen-te con il loro stato soggettivo”. Sulla base delle indicazioni ministeriali, si deve, quindi, concludere, per lo specifico problema, che, ai fini del verificarsi della condizione per cui il 30% dei lavoratori delle cooperative di cui alla lettera b dell’art. 1 della legge sia costituito da persone svantaggiate, va tenuto conto anche dei lavoratori “svantaggiati” che non siano soci ma dipendenti della cooperativa; anche a questi ultimi si applica, quindi, il beneficio del totale abbattimento della contribuzione. Peraltro, in relazione a norme statutarie che prevedano l’esclusione di persone svan-taggiate dalla condizione di socio, si evidenzia la necessità che tale circostanza sia oggetto di segnalazione agli Ispettorati del Lavoro affinché ne verifichino il fonda-mento e, se del caso, sollecitino le modifiche dello statuto al fine di renderlo coerente con le norme vigenti.

Il Direttore Generale F. To Manzara

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Circolare n. 95INPS - Direzione Centrale Per I Contributi

Roma, 22 Marzo 1994 Oggetto: Legge 8.11.1991, n. 381. Cooperative sociali.

Con circolare n. 296 del 29.12.1992, sulla scorta delle indicazioni del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, è stato precisato (punto 2. 2. 1) che tra i soggetti rientranti nella categoria delle persone svantaggiate di cui all’art. 4 della legge n. 381/1991 sono da annoverare, tra gli altri, gli invalidi fisici, psichici con grado di invalidità superiore al 45%, soglia stabilita per l’avviamento al lavoro ai sensi della legge 2.4.1968, n. 482 e dell’art. 7 del Decreto Legislativo 23.11.1988, n. 509. Sull’argomento, il predetto Ministero con lettera del 21.2.1994 n. 6/PS/50239 - Di-rezione Generale della Previdenza e Assistenza Sociale ha fornito, peraltro, le ulteriori precisazioni che di seguito testualmente si riportano. “In base a quanto disposto dal citato articolo 7 per l’iscrizione degli invalidi civili negli elenchi degli Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, ai fini dell’as-sunzione obbligatoria, come noto, è richiesta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%. Lo stesso articolo al comma 2 stabilisce, però, che gli invalidi civili con invalidità inferiore a detta percentuale, già iscritti nelle liste per il collocamen-to obbligatorio o che hanno presentato domanda di iscrizione antecedentemente all’emanazione della legge richiamata, conservano tale diritto per un periodo di do-dici mesi dalla data del decreto relativo alla nuova tabella indicativa delle percentuali di invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti (Ministero della Sanità 5.2.1992) (Supplemento ordinario G.U. n. 47 del 26.2.1992). Premesso quanto sopra si precisa che questo diritto è da intendersi esteso anche ai soci e non soci, operanti presso le cooperative sociali, che siano invalidi civili con menomazione superiore al 33% ma inferiore al 46% e che si trovino nelle condizioni previste dal decreto legislativo sopra richiamato. A parere della scrivente, in accordo con la Direzione Generale della Cooperazione pure competente in materia, inoltre, questi soggetti mantengono, dopo l’avvenuto inserimento nella cooperativa sociale, la qualifica di persone svantaggiate ai fini del computo del 30% degli addetti appartenenti a tale categoria richiesto dal comma 2 dell’art. 4 della citata legge 381/91. Questo orientamento discende dalla necessità di non indebolire, con indirizzi restrittivi e penalizzanti, sia la compagine sociale delle cooperative in parola che lo sviluppo più efficace dei programmi volti all’inserimento occupazionale in fase di realizzazione, data la delicata funzione socio-economica da esse svolte nel campo della integrazione lavorativa dei soggetti in difficoltà. Va da sè, però, che ai lavoratori, aspiranti soci e non soci, che si iscrivono ex novo al collocamento obbligatorio, saranno da applicarsi le norme vigenti in materia di calcolo percentuale della invalidità per l’assunzione obbligatoria (D.L. n. 509/88). Per ciò che attiene invece il mantenimento dei benefici previsti dal 3 comma dell’art. 4 della legge 381/91 a favore dei disabili con invalidità superiore al 33%, ma infe-

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riore al 46%, dopo il periodo di 12 mesi previsto dal decreto legislativo n. 509/1988, in considerazione che i lavoratori di che trattasi sono stati inseriti nella cooperativa di solidarietà sociale sulla base della qualifica di invalido civile posseduta, e ciò fino alla scadenza derivante dall’entrata in vigore del decreto del Ministro della Sanità 5 febbraio 1992, si esprime l’avviso che il beneficio della riduzione a zero della con-tribuzione previsto dal 3 comma dell’art. 4 della citata legge 381 debba rimanere immutato sin quando il lavoratore in questione operi nella struttura solidaristica”. Le Sedi vorranno attenersi, per quanto di competenza, alle sopra riportate indicazioni ministeriali.

Il Direttore Generale F. F. Trizzino

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Circolare n. 188INPS - Direzione Centrale Contributi

Roma, 17 giugno 1994 Oggetto: Legge 8 novembre 1991, n. 381 Disciplina delle Cooperative sociali

Facendo seguito alla circolare n. 109 del 11 maggio 1993, si comunica che il Ministe-ro del Lavoro e della Previdenza Sociale - Direzione Generale della Cooperazione, per quanto concerne il calcolo cui riferirsi per il computo del 30 per cento dei lavoratori svantaggiati (art. 4, comma 2) inseriti nelle cooperative sociali di cui all’art. 1, lett. B) della legge 8 novembre 1991, n. 381, con lettera del 19 maggio 1994, n. 360, ha ulteriormente precisato che si deve far riferimento al numero complessivo dei lavoratori costituenti la base sociale, ovverosia soci e dipendenti, con esclusione dei soci volontari. Ciò significa che le persone cosiddette svantaggiate non concorrono alla determi-nazione del numero complessivo dei lavoratori in parola cui ci si deve riferire per la determinazione dell’aliquota delle stesse. Secondo il Ministero, il criterio di cui sopra, già presente nella legge n. 482/68 per il calcolo percentuale dei soggetti obbligatoriamente assumibili dalle imprese pubbliche e private, è valido anche nel caso delle cooperative sociali, in quanto un diverso orientamento costituirebbe una ingiustificata penalizzazione per le medesime ed il venir meno delle finalità solidari-stiche della legge in questione.

Il Direttore Generale F. F. Trizzino

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Circolare Ministero del lavoro 153/96Oggetto: Legge381/91: disposizioni relative all’interpretazione dell’art. 1.

L’art. 1 della legge 381/91 prevede, come noto, che le cooperative sociali possono perseguire gli scopi statutari attraverso: a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi -

finalizzate all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. In questi anni di applicazione della normativa, si è avuto modo di constatare come la complessità delle problematiche oggetto di intervento e l’evoluzione dei bisogni e degli stati di svantaggio abbia indotto molte cooperative sociali a formulare progetti tesi a raggiungere la promozione umana e l’integrazione sociale mediante lo svolgimento coordinato di attività di cui ai punti a) e b) dell’art. 1 della legge in oggetto. Dalle statistiche in possesso degli uffici risulta che tale modalità di estrinsecazione delle finalità primarie delle cooperative sociali va espandendosi anche là dove la normativa regionale non contempla la separazione tra le tipologie di attività secondo quanto previsto dalla circolare ministeriale n. 116/92. In considerazione di ciò e del fatto che molte aree di bisogno e di svantaggio per la loro peculiarità comportano, indubbiamente, interventi funzionalmente collegati, atteso inoltre che il nuovo testo dell’art. 5 della legge 381/91 introdotto dalla legge 6/2/96 n. 52 (Legge comunitaria 1994) all’art. 20 elimina lo status di soggetto privilegiato nelle forniture e negli appalti e che la fiscalizzazione degli oneri sociali viene rapportata ai sensi dell’art. 4 della legge in esame direttamente alla persona qualificata quale svantaggiata, si può ritenere superata la preclusione alla costituzione di cooperative sociali ad oggetto plurimo di cui al punto 1) della circolare n. 116/92.

Pertanto si ritiene possibile che, accanto alle cooperative sociali che esercitano rispet-tivamente le attività di cui al punto a) o b) dell’art. 1 della legge 381/91, possano operare cooperative sociali impegnate in entrambe le attività, solo a condizione che: 1) le tipologie di svantaggio e/o le aree di intervento esplicitamente indicate nell’oggetto

sociale siano tali da postulare attività coordinate per l’efficace raggiungimento delle finalità attribuite alle cooperative sociali (art. 1 legge 381/91). Il collegamento funzionale tra le attività di tipo a) e b) deve risultare chiaramente indicato nello statuto sociale;

2) l’organizzazione amministrativa delle cooperative sociali consenta la netta separazione delle gestioni relative alle attività esercitate ai fini della corretta applicazione delle agevolazioni concesse dalla vigente normativa.

È pertanto ammessa l’iscrizione delle cooperative in esame nel registro prefettizio nella sezione cui direttamente afferisce l’attività svolta e nella sezione “cooperative sociali”, sia sub a) che sub b). Analoga iscrizione è possibile negli albi regionali. La verifica delle condizioni necessarie per queste cooperative sociali e demandata agli organi di vigilanza competenti. Le Regioni potranno altresì esprimere il proprio pa-rere in ordine al permanere della condizione indicata al punto 1) al ricevimento del verbale di ispezione trasmesso ai sensi dell’art. 6 comma 1 lettere a) e b) della legge 381/91.

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Decreto Legislativo 4 dicembre 1997, n. 460Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale

ARtt. 1. / 9. Omissis

ARt. 10. ORGANIzzAzIONI NON LUCRAtIVE DI UtILItà SOCIALE

1. Sono organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) le associazioni, i co-mitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui statuti o atti costitutivi, redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, prevedono espressamente: a) lo svolgimento di attività in uno o più dei seguenti settori:

1) assistenza sociale e socio-sanitaria; 2) assistenza sanitaria; 3) beneficenza; 4) istruzione; 5) formazione; 6) sport dilettantistico; 7) tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico di

cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409;

8) tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;

9) promozione della cultura e dell’arte; 10) tutela dei diritti civili; 11) ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da

fondazioni ovvero da esse affidata ad università, enti di ricerca ed altre fondazioni che la svolgono direttamente, in ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento governativo emanato ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

11-bis) cooperazione allo sviluppo e solidarietà internazionale. b) l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale; c) il divieto di svolgere attività diverse da quelle menzionate alla lettera a) ad

eccezione di quelle ad esse direttamente connesse; d) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché

fondi, riserve o capitale durante la vita dell’organizzazione, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima ed unitaria struttura;

e) l’obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse;

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f) l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale o a fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

g) l’obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale; h) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte

a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;

i) l’uso, nella denominazione ed in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione “organizzazione non lucrativa di utilità sociale” o dell’acronimo “ONLUS”.

2. Si intende che vengono perseguite finalità di solidarietà sociale quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi relative alle attività statutarie nei settori dell’assisten-za sanitaria, dell’istruzione, della formazione, dello sport dilettantistico, della promo-zione della cultura e dell’arte e della tutela dei diritti civili non sono rese nei confronti di soci, associati o partecipanti, nonché degli altri soggetti indicati alla lettera a) del comma 6, ma dirette ad arrecare benefici a: a) persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche,

sociali o familiari; b) componenti collettività estere, limitatamente agli aiuti umanitari.

2-bis. Si considera attività di beneficenza, ai sensi del comma 1, lettera a), numero 3), anche la concessione di erogazioni gratuite in denaro con utilizzo di somme provenienti dalla gestione patrimoniale o da donazioni appositamente raccolte, a favore di enti senza scopo di lucro che operano prevalentemente nei settori di cui al medesimo comma 1, lettera a), per la realizzazione diretta di progetti di utilità sociale.

3. Le finalità di solidarietà sociale s’intendono realizzate anche quando tra i beneficiari delle attività statutarie dell’organizzazione vi siano i propri soci, associati o partecipanti o gli altri soggetti indicati alla lettera a) del comma 6, se costoro si trovano nelle condizioni di svantaggio di cui alla lettera a) del comma 2.

4. A prescindere dalle condizioni previste ai commi 2 e 3, si considerano comunque inerenti a finalità di solidarietà sociale le attività statutarie istituzionali svolte nei settori della assistenza sociale e sociosanitaria, della beneficenza, della tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, della tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22,

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della ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni ovvero da esse affidate ad università, enti di ricerca ed altre fondazioni che la svolgono direttamente, in ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento governativo emanato ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, nonché le attività di promozione della cultura e dell’arte per le quali sono riconosciuti apporti economici da parte dell’amministrazione centrale dello Stato.

5. Si considerano direttamente connesse a quelle istituzionali le attività statutarie di assistenza sanitaria, istruzione, formazione, sport dilettantistico, promozione della cultura e dell’arte e tutela dei diritti civili, di cui ai numeri 2), 4), 5), 6), 9) e 10) del comma 1, lettera a), svolte in assenza delle condizioni previste ai commi 2 e 3, nonché le attività accessorie per natura a quelle statutarie istituzionali, in quanto integrative delle stesse. L’esercizio delle attività connesse è consentito a condizione che, in ciascun esercizio e nell’ambito di ciascuno dei settori elencati alla lettera a) del comma 1, le stesse non siano prevalenti rispetto a quelle istituzionali e che i relativi proventi non superino il 66 per cento delle spese complessive dell’organizzazione.

6. Si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione: a) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi a soci, associati o partecipanti, ai

fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, effettuate a condizioni più favorevoli in ragione della loro qualità. Sono fatti salvi, nel caso delle attività svolte nei settori di cui ai numeri 7) e 8) della lettera a) del comma 1, i vantaggi accordati a soci, associati o partecipanti ed ai soggetti che effettuano erogazioni liberali, ed ai loro familiari, aventi significato puramente onorifico e valore economico modico;

b) l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;

c) la corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali annui superiori al compenso massimo previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1994, n. 645, e dal decreto-legge 21 giugno 1995, n. 239, convertito dalla legge 3 agosto 1995, n. 336, e successive modificazioni e integrazioni, per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni;

d) la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di 4 punti al tasso ufficiale di sconto;

e) la corresponsione ai lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20 per cento rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche.

7. Le disposizioni di cui alla lettera h) del comma 1 non si applicano alle fondazioni, e quelle di cui alle lettere h) ed i) del medesimo comma 1 non si applicano agli

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enti riconosciuti dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese.

8. Sono in ogni caso considerati ONLUS, nel rispetto della loro struttura e delle loro finalità, gli organismi di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, iscritti nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome di trento e di Bolzano, le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381. Sono fatte salve le previsioni di maggior favore relative agli organismi di volontariato, alle organizzazioni non governative e alle cooperative sociali di cui, rispettivamente, alle citate leggi n. 266 del 1991, n. 49 del 1987 e n. 381 del 1991 nonché i consorzi di cui all’articolo 8 della predetta legge n. 381 del 1991 che abbiano la base sociale formata per il cento per cento da cooperative sociali.

9. Gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese e le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, sono considerati ONLUS limitatamente all’esercizio delle attività elencate alla lettera a) del comma 1; fatta eccezione per la prescrizione di cui alla lettera c) del comma 1, agli stessi enti e associazioni si applicano le disposizioni anche agevolative del presente decreto, a condizione che per tali attività siano tenute separatamente le scritture contabili previste all’articolo 20-bis del decreto del Presidente delle Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall’articolo 25, comma 1.

10. Non si considerano in ogni caso ONLUS gli enti pubblici, le società commerciali diverse da quelle cooperative, gli enti conferenti di cui alla legge 30 luglio 1990, n. 218, i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria.

ARt. 11. ANAGRAFE DELLE ONLUS E DECADENzA DALLE AGEVOLAzIONI

1. è istituita presso il Ministero delle finanze l’anagrafe unica delle ONLUS. Fatte salve le disposizioni contemplate nel regolamento di attuazione dell’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, in materia di istituzione del registro delle imprese, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, i soggetti che intraprendono l’esercizio delle attività previste all’articolo 10, ne danno comunicazione entro trenta giorni alla direzione regionale delle entrate del Ministero delle finanze nel cui ambito territoriale si trova il loro domicilio fiscale, in conformità ad apposito modello approvato con decreto del Ministro delle finanze. La predetta comunicazione è effettuata entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto da parte dei soggetti che, alla predetta data, già svolgono le attività previste all’articolo 10. Alla medesima direzione deve essere altresì comunicata ogni successiva modifica che comporti la perdita della qualifica di ONLUS.

2. L’effettuazione delle comunicazioni di cui al comma 1 è condizione necessaria per beneficiare delle agevolazioni previste dal presente decreto.

3. Con uno o più decreti del Ministro delle finanze da emanarsi, entro sei mesi dalla

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data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità di esercizio del controllo relativo alla sussistenza dei requisiti formali per l’uso della denominazione di ONLUS, nonché i casi di decadenza totale o parziale dalle agevolazioni previste dal presente decreto e ogni altra disposizione necessaria per l’attuazione dello stesso.

ARt. 12. AGEVOLAzIONI AI FINI DELLE IMPOStE SUI REDDItI

1. Nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presiden-te della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo l’articolo 111-bis, introdotto dall’articolo 6, comma 1, del presente decreto, è inserito il seguente: “Art. 111-ter (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale). 1. Per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), ad eccezione

delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale.

2. I proventi derivanti dall’esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile.”.

ARt. 13. EROGAzIONI LIBERALI

1. Al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 13-bis sono apportate le seguenti modificazioni:

1) nel comma 1, relativo alle detrazioni d’imposta per oneri sostenuti, dopo la lettera i), è aggiunta, in fine, la seguente:

“i-bis) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 4 milioni di lire, a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), nonché i contributi associativi, per importo non superiore a 2 milioni e 500 mila lire, versati dai soci alle società di mutuo soccorso che operano esclusivamente nei settori di cui all’articolo 1 della legge 15 aprile 1886, n. 3818, al fine di assicurare ai soci un sussidio nei casi di malattia, di impotenza al lavoro o di vecchiaia, ovvero, in caso di decesso, un aiuto alle loro famiglie. La detrazione è consentita a condizione che il versamento di tali erogazioni e contributi sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e secondo ulteriori modalità idonee a consentire all’Amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabilite con decreto del Ministro delle finanze da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.”;

2) nel comma 3, relativo alla detrazione proporzionale, in capo ai singoli soci di società semplice, afferente gli oneri sostenuti dalla società medesima, le parole: “Per gli oneri di cui alle lettere a), g), h) e i)” sono sostituite con le seguenti: “Per gli oneri di cui alle lettere a), g), h), i) ed i-bis)”;b) nell’articolo 65, comma 2, relativo agli oneri di utilità sociale deducibili ai fini

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della determinazione del reddito d’impresa, dopo la lettera c-quinquies), sono aggiunte, in fine, le seguenti:

“c-sexies) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 4 milioni o al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato, a favore delle ONLUS;

c-septies) le spese relative all’impiego di lavoratori dipendenti, assunti a tempo indeterminato, utilizzati per prestazioni di servizi erogate a favore di ONLUS, nel limite del cinque per mille dell’ammontare complessivo delle spese per prestazioni di lavoro dipendente, così come risultano dalla dichiarazione dei redditi.”;

c) nell’articolo 110-bis, comma 1, relativo alle detrazioni d’imposta per oneri sostenuti da enti non commerciali, le parole: “oneri indicati alle lettere a), g), h) e i) del comma 1 dell’articolo 13-bis” sono sostituite dalle seguenti: “oneri indicati alle lettere a), g), h), i) ed i-bis) del comma 1 dell’articolo 13-bis”;

d) nell’articolo 113, comma 2-bis, relativo alle detrazioni d’imposta per oneri sostenuti da società ed enti commerciali non residenti, le parole: “oneri indicati alle lettere a), g), h) e i) del comma 1 dell’articolo 13-bis” sono sostituite dalle seguenti: “oneri indicati alle lettere a), g), h), i) ed i-bis) del comma 1 dell’articolo 13-bis”;

e) nell’articolo 114, comma 1-bis, relativo alle detrazioni d’imposta per oneri sostenuti dagli enti non commerciali non residenti, le parole: “oneri indicati alle lettere a), g), h) e i) del comma 1 dell’articolo 13-bis” sono sostituite dalle seguenti: “oneri indicati alle lettere a), g), h), i) ed i-bis) del comma 1 dell’articolo 13-bis”.

2. Le derrate alimentari e i prodotti farmaceutici, alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, che, in alternativa alla usuale eliminazione dal circuito commerciale, vengono ceduti gratuitamente alle ONLUS, non si considerano destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ai sensi dell’articolo 53, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

3. I beni non di lusso alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, diversi da quelli di cui al comma 2, che presentino imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che pur non modificandone l’idoneità di utilizzo non ne consentono la commercializzazione o la vendita, rendendone necessaria l’esclusione dal mercato o la distruzione, qualora siano ceduti gratuitamente alle ONLUS, per un importo corrispondente al costo specifico sostenuto per la produzione o l’acquisto complessivamente non superiore al 5 per cento del reddito d’impresa dichiarato, non si considerano destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ai sensi dell’articolo 85, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. I predetti beni si considerano distrutti agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto.

4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 si applicano a condizione che delle singole cessioni sia data preventiva comunicazione, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, al competente ufficio delle entrate e che la ONLUS beneficiaria, in apposita dichiarazione da conservare agli atti dell’impresa cedente, attesti il proprio impegno ad utilizzare direttamente i beni in conformità alle finalità

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istituzionali e, a pena di decadenza dei benefici fiscali previsti dal presente decreto, realizzi l’effettivo utilizzo diretto; entro il quindicesimo giorno del mese successivo, il cedente deve annotare nei registri previsti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto ovvero in apposito prospetto, che tiene luogo degli stessi, la qualità e la quantità dei beni ceduti gratuitamente in ciascun mese. Per le cessioni di beni facilmente deperibili e di modico valore si è esonerati dall’obbligo della comunicazione preventiva. Con decreto del Ministro delle finanze, da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, possono essere stabilite ulteriori condizioni cui subordinare l’applicazione delle richiamate disposizioni.

5. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali a favore di organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, prevista dall’articolo 10, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che per le medesime erogazioni il soggetto erogante non usufruisca delle detrazioni d’imposta di cui all’articolo 13-bis, comma 1, lettera i-bis), del medesimo testo unico.

6. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali previste all’articolo 65, comma 2, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che per le medesime erogazioni liberali il soggetto erogante non usufruisca delle deduzioni previste dalla lettera c-sexies) del medesimo articolo 65, comma 2.

7. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali previste all’articolo 114, comma 2-bis, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che per le medesime erogazioni liberali il soggetto erogante non usufruisca delle detrazioni d’imposta previste dal comma 1-bis, del medesimo articolo 114.

ARt. 14. DISPOSIzIONI RELAtIVE ALL’IMPOStA SUL VALORE AGGIUNtO

1. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, sono apportate le seguenti modificazioni: a) nell’articolo 3, terzo comma, primo periodo, relativo alla individuazione dei

soggetti beneficiari di operazioni di divulgazione pubblicitaria che non sono considerate prestazioni di servizi, dopo le parole: “solidarietà sociale,” sono inserite le seguenti: “nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS),”;

b) all’articolo 10, primo comma, relativo alle operazioni esenti dall’imposta, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) nel numero 12), dopo le parole: “studio o ricerca scientifica” sono aggiunte, in fine, le seguenti: “e alle ONLUS”;

2) nel numero 15), dopo le parole: “effettuate da imprese autorizzate” sono

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aggiunte, in fine, le seguenti: “e da ONLUS”;3) nel numero 19), dopo le parole: “società di mutuo soccorso con personalità

giuridica” sono inserite le seguenti: “e da ONLUS”;4) nel numero 20), dopo le parole: “rese da istituti o scuole riconosciute da pubbliche

amministrazioni” sono inserite le seguenti: “e da ONLUS”;5) nel numero 27-ter), dopo le parole: “o da enti aventi finalità di assistenza sociale”

sono inserite le seguenti: “e da ONLUS”;c) nell’articolo 19-ter, relativo alla detrazione per gli enti non commerciali, nel

secondo comma, le parole: “di cui all’articolo 20” sono sostituite dalle seguenti: “di cui agli articoli 20 e 20-bis”.

ARt. 15. CERtIFICAzIONE DEI CORRISPEttIVI AI FINI DELL’IMPOStA SUL VALORE AGGIUNtO

1. Fermi restando gli obblighi previsti dal titolo secondo del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le ONLUS, limitatamente alle operazioni riconducibili alle attività istituzionali, non sono soggette all’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante ricevuta o scontrino fiscale.

ARt. 16. DISPOSIzIONI IN MAtERIA DI RItENUtE ALLA FONtE

1. Sui contributi corrisposti alle ONLUS dagli enti pubblici non si applica la ritenuta di cui all’articolo 28, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

2. Sui redditi di capitale di cui all’articolo 41 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, corrisposti alle ONLUS, le ritenute alla fonte sono effettuate a titolo di imposta e non si applica l’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239, recante modificazioni al regime fiscale degli interessi, premi e altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati.

ARt. 17. ESENzIONI DALL’IMPOStA DI BOLLO

1. Nella tabella allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, relativa agli atti, documenti e registri esenti dall’imposta di bollo in modo assoluto, dopo l’articolo 27, è aggiunto, in fine, il seguente: “Art. 27-bis - 1. Atti, documenti, istanze, contratti, nonché copie anche se dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni e attestazioni poste in essere o richiesti da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS).”

ARt. 18. ESENzIONI DALLE tASSE SULLE CONCESSIONI GOVERNAtIVE

1. Nel decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, recante disciplina delle tasse sulle concessioni governative, dopo l’articolo 13, è inserito il seguente: “Art. 13-bis (Esenzioni). - 1. Gli atti e i provvedimenti concernenti le

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organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) sono esenti dalle tasse sulle concessioni governative.”.

ARt. 19. ESENzIONI DALL’IMPOStA SULLE SUCCESSIONI E DONAzIONI

1. Nell’articolo 3, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, relativo ai trasferimenti non soggetti all’imposta, dopo le parole: “altre finalità di pubblica utilità” sono aggiunte, in fine, le seguenti: “, nonché quelli a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)”.

ARt. 20. ESENzIONI DALL’IMPOStA SULL’INCREMENtO DI VALORE DEGLI IMMOBILI E DALLA RELAtIVA IMPOStA SOStItUtIVA

1. Nell’articolo 25, primo comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, recante disciplina dell’imposta sull’incremento di valore degli immobili, relativo all’esenzione dall’imposta degli incrementi di valore di immobili acquistati a titolo gratuito, dopo le parole: “pubblica utilità”, sono inserite le seguenti: “, nonché da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)”.

2. L’imposta sostitutiva di quella comunale sull’incremento di valore degli immobili di cui all’articolo 11, comma 3, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, non è dovuta dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

ARt. 21. ESENzIONI IN MAtERIA DI tRIBUtI LOCALI

1. I comuni, le province, le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano possono deliberare nei confronti delle ONLUS la riduzione o l’esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti.

ARt. 22. AGEVOLAzIONI IN MAtERIA DI IMPOStA DI REGIStRO

1. Alla tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni: a) nell’articolo 1, concernente il trattamento degli atti traslativi a titolo oneroso

della proprietà di beni immobili e degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, dopo il settimo periodo, è aggiunto, in fine, il seguente: “Se il trasferimento avviene a favore di organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-quater): lire 250.000.”; nel medesimo articolo, dopo la nota II-ter), è aggiunta, in fine, la seguente: “II-quater). A condizione che la ONLUS dichiari nell’atto che intende utilizzare direttamente i beni per lo svolgimento della propria attività e che realizzi l’effettivo utilizzo diretto entro 2 anni dall’acquisto. In caso di

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dichiarazione mendace o di mancata effettiva utilizzazione per lo svolgimento della propria attività è dovuta l’imposta nella misura ordinaria nonché una sanzione amministrativa pari al 30 per cento della stessa imposta.”;

b) dopo l’articolo 11 è aggiunto, in fine, il seguente: “Art. 11-bis - 1. Atti costitutivi e modifiche statutarie concernenti le organizzazioni non lucrative di utilità sociale: lire 250.000.”

ARt. 23. ESENzIONI DALL’IMPOStA SUGLI SPEttACOLI

1. L’imposta sugli spettacoli non è dovuta per le attività spettacolistiche indicate nella tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, svolte occasionalmente dalle ONLUS nonché dagli enti associativi di cui all’articolo 111, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall’articolo 5, comma 1, lettera a), in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione.

2. L’esenzione spetta a condizione che dell’attività richiamata al comma 1 sia data comunicazione, prima dell’inizio di ciascuna manifestazione, all’ufficio accertatore territorialmente competente. Con decreto del Ministro delle finanze, da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, potranno essere stabiliti condizioni e limiti affinché l’esercizio delle attività di cui al comma 1 possa considerarsi occasionale.

ARt. 24. AGEVOLAzIONI PER LE LOttERIE, tOMBOLE, PESChE E BANChI DI BENEFICENzA

1. Nell’articolo 40, primo comma del regio decreto-legge 19 ottobre 1938, n. 1933, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 1939, n. 973, recante riforma delle leggi sul lotto pubblico, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al numero 1), relativo alla autorizzazione a promuovere lotterie, dopo le parole:

“enti morali,” sono inserite le seguenti: “organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS),”;

b) al numero 2), relativo alla autorizzazione a promuovere tombole, dopo le parole: “enti morali,” è inserita la seguente: “ONLUS,”;

c) al numero 3), relativo alla autorizzazione a promuovere pesche o banchi di beneficenza, dopo le parole: “enti morali,” è inserita la seguente: “ONLUS,”.

ARt. 25. DISPOSIzIONI IN MAtERIA DI SCRIttURE CONtABILI E OBBLIGhI FORMALI DELLE ORGANIzzAzIONI NON LUCRAtIVE DI UtILItà SOCIALE

1. Nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo l’articolo 20, è inserito il seguente: “Art. 20-bis (Scritture contabili delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale). - 1. Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) diverse dalle società cooperative, a pena di decadenza di benefici fiscali per esse previsti, devono:

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a) in relazione all’attività complessivamente svolta, redigere scritture contabili cronologiche e sistematiche atte ad esprimere con compiutezza ed analiticità le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione, e rappresentare adeguatamente in apposito documento, da redigere entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale, la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della organizzazione, distinguendo le attività direttamente connesse da quelle istituzionali, con obbligo di conservare le stesse scritture e la relativa documentazione per un periodo non inferiore a quello indicato dall’articolo 22;

b) in relazione alle attività direttamente connesse tenere le scritture contabili previste dalle disposizioni di cui agli articoli 14, 15, 16 e 18; nell’ipotesi in cui l’ammontare annuale dei ricavi non sia superiore a lire 30 milioni, relativamente alle attività di prestazione di servizi, ovvero a lire 50 milioni negli altri casi, gli adempimenti contabili possono essere assolti secondo le disposizioni di cui al comma 166 dell’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

2. Gli obblighi di cui al comma 1, lettera a), si considerano assolti qualora la contabilità consti del libro giornale e del libro degli inventari, tenuti in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 2216 e 2217 del codice civile.

3. I soggetti richiamati al comma 1 che nell’esercizio delle attività istituzionali e connesse non abbiano conseguito in un anno proventi di ammontare superiore a lire 100 milioni, modificato annualmente secondo le modalità previste dall’articolo 1, comma 3, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, possono tenere per l’anno successivo, in luogo delle scritture contabili previste al primo comma, lettera a), il rendiconto delle entrate e delle spese complessive, nei termini e nei modi di cui all’articolo 20.

4. In luogo delle scritture contabili previste al comma 1, lettera a), le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri istituiti dalle regioni e dalle provincie autonome di trento e di Bolzano ai sensi dell’articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, possono tenere il rendiconto nei termini e nei modi di cui all’articolo 20.

5. Qualora i proventi superino per due anni consecutivi l’ammontare di due miliardi di lire, modificato annualmente secondo le modalità previste dall’articolo 1, comma 3, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, il bilancio deve recare una relazione di controllo sottoscritta da uno o più revisori iscritti nel registro dei revisori contabili.”.

2. Ai soggetti di cui all’articolo 10, comma 9, le disposizioni del comma 1 si applicano limitatamente alle attività richiamate allo stesso articolo 10, comma 1, lettera a).

ARt. 26. NORMA DI RINVIO

1. Alle ONLUS si applicano, ove compatibili, le disposizioni relative agli enti non commerciali e, in particolare, le norme di cui agli articoli 2 e 9 del presente decreto.

Art. 27. Abuso della denominazione di organizzazione non lucrativa di utilità sociale

1. L’uso nella denominazione e in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione

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rivolta al pubblico delle parole “organizzazione non lucrativa di utilità sociale”, ovvero di altre parole o locuzioni, anche in lingua straniera, idonee a trarre in inganno è vietato a soggetti diversi dalle ONLUS.

ARt. 28. SANzIONI E RESPONSABILItà DEI RAPPRESENtANtI LEGALI E DEGLI AMMINIStRAtORI

1. Indipendentemente da ogni altra sanzione prevista dalle leggi tributarie: a) i rappresentanti legali e i membri degli organi amministrativi delle ONLUS, che

si avvalgono dei benefici di cui al presente decreto in assenza dei requisiti di cui all’articolo 10, ovvero violano le disposizioni statutarie di cui alle lettere c) e d) del comma 1 del medesimo articolo sono puniti con la sanzione amministrativa da lire 2 milioni a lire 12 milioni;b) i soggetti di cui alla lettera a) sono puniti con la sanzione amministrativa da lire

200 mila a lire 2 milioni qualora omettono di inviare le comunicazioni previste all’articolo 11, comma 1;

c) chiunque contravviene al disposto dell’articolo 27, è punito con la sanzione amministrativa da lire 600 mila a lire 6 milioni.

2. Le sanzioni previste dal comma 1 sono irrogate, ai sensi dell’articolo 54, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dall’ufficio delle entrate nel cui ambito territoriale si trova il domicilio fiscale della ONLUS.

3. I rappresentanti legali ed i membri degli organi amministrativi delle organizzazioni che hanno indebitamente fruito dei benefici previsti dal presente decreto legislativo, conseguendo o consentendo a terzi indebiti risparmi d’imposta, sono obbligati in solido con il soggetto passivo o con il soggetto inadempiente delle imposte dovute, delle relative sanzioni e degli interessi maturati.

ARt. 29. tItOLI DI SOLIDARIEtà

1. Per l’emissione di titoli da denominarsi “di solidarietà” è riconosciuta come costo fiscalmente deducibile dal reddito d’impresa la differenza tra il tasso effettivamente praticato ed il tasso di riferimento determinato con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro delle finanze, purché i fondi raccolti, oggetto di gestione separata, siano destinati a finanziamento delle ONLUS.

2. Con lo stesso decreto di cui al comma 1 sono stabiliti i soggetti abilitati all’emissione dei predetti titoli, le condizioni, i limiti, compresi quelli massimi relativi ai tassi effettivamente praticati e ogni altra disposizione necessaria per l’attuazione del presente articolo.

ARt. 30. ENtRAtA IN VIGORE

1. Le disposizioni del presente decreto entrano in vigore il 1 gennaio 1998 e, relativamente alle imposte sui redditi, si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 1997.

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Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle re-gioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59

Omissis

ARt. 132. tRASFERIMENtO ALLE REGIONI

1. Le regioni adottano, ai sensi dell’articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro sei mesi dall’emanazione del presente decreto legislativo, la legge di puntuale individuazione delle funzioni trasferite o delegate ai comuni ed agli enti locali e di quelle mantenute in capo alle regioni stesse. In particolare la legge regionale conferisce ai comuni ed agli altri enti locali le funzioni ed i compiti amministrativi concernenti i servizi sociali relativi a: a) i minori, inclusi i minori a rischio di attività criminose;b) i giovani;c) gli anziani;d) la famiglia;e) i portatori di handicap, i non vedenti e gli audiolesi;f) i tossicodipendenti e alcooldipendenti;g) gli invalidi civili, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 130 del presente

decreto legislativo. 2. Sono trasferiti alle regioni, che provvederanno al successivo conferimento alle

province, ai comuni ed agli altri enti locali nell’ambito delle rispettive competenze, le funzioni e i compiti relativi alla promozione ed al coordinamento operativo dei soggetti e delle strutture che agiscono nell’ambito dei “servizi sociali”, con particolare riguardo a: a) la cooperazione sociale;b) le istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza (IPAB);c) il volontariato.

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Circolare n. 127/E del 19 maggio 1998 Ministero Delle Finanze - Dipartimento delle Entrate

“Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus). Adempimenti da parte delle organizzazioni di volontariato, delle organizzazioni non governative e delle coope-rative sociali di cui all’art. 10, comma 8, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460”

Pervengono presso questa Direzione Centrale richieste di chiarimenti da parte di organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, iscritte nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome ai sensi dell’art. 6 della mede-sima legge, di organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49 e di cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, riguardo alle seguenti questioni relative all’applicazione del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460: 1) necessità di produrre, da parte di tali enti, il modello di comunicazione previsto

dall’art. 11 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460; 2) necessità di modificare il proprio statuto inserendo nella denominazione la

locuzione “organizzazione non lucrativa di utilità sociale” o l’acronimo “ONLUS”. Riguardo alla questione esposta al punto n. 1), si fa presente che nelle istruzioni al modello di comunicazione delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, appro-vato con decreto del Ministro delle Finanze del 19 gennaio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 gennaio 1998, n. 17, è stato chiarito che non sono tenuti ad effettuare la comunicazione di cui all’art. 11 del decreto legislativo n. 460 del 1997 i seguenti enti considerati “in ogni caso” ONLUS dall’art. 10, comma 8 dell’anzidet-to decreto legislativo: - le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, iscritte nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome di trento e Bolzano ai sensi dell’art. 6 della medesima legge; - le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49; - le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 38, iscritte nella “sezione cooperazione sociale” del registro prefettizio di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni. Per quanto concerne la problematica esposta al punto n. 2), si ritiene che le orga-nizzazioni di volontariato, le organizzazioni non governative e le cooperative sociali sopra citate, in quanto considerate “in ogni caso” Organizzazioni non lucrative di utilità sociale ai sensi dell’art. 10, comma 8, del decreto legislativo n. 460 del 4 dicembre 1997, non sono tenute ad adeguare i propri statuti o atti costitutivi alle disposizioni del citato art. 10, comma 1 del decreto legislativo n. 460 del 1997, ivi, compresa la prescrizione contenuta nella lett. i) dello stesso comma, concernente l’uso della denominazione della locuzione “organizzazione non lucrativa di utilità sociale” o dell’acronimo “ONLUS”.

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Circolare 15.04.1999, n. 89Istituto Nazionale Previdenza Sociale

Rapporti speciali di lavoro - cooperative - cooperative sociali ad oggetto plurimo - salari convenzionali - residenti - obbligo assicurativo

Oggetto: Chiarimenti sulle cooperative

Sommario: Chiarimenti in ordine alle cooperative sociali, ad oggetto plurimo, sui salari convenzionali e sull’obbligo assicurativo nei confronti dei presidenti di coope-rativa. Legge dell’8.11.1991 n. 381

Cooperative sociali ad oggetto plurimo. La legge n. 381/1991, ha regolamentato le cooperative sociali intendendo per tali quelle che hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla pro-mozione umana e alla integrazione sociale dei cittadini attraverso:

·· la gestione di servizi socio sanitari; ·· lo svolgimento di attività diverse (agricole, industriali, commerciali o di servizi)

finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

Alle cooperative sociali si applicano, in quanto compatibili con la legge n. 381/1991, le norme del settore in cui le cooperative stesse operano. La materia è regolata anche dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i lavo-ratori delle cooperative del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo e di inse-rimento lavorativo. Il Ministero del Lavoro, con la circolare 8.11.1996, n. 153 (all. n. 1), pur non facendo cadere la distinzione fra cooperative sociali di tipo a) e quelle di tipo b), ha ritenuto possibile definire cooperative sociali anche quelle i cui statuti prevedano il possibile e contemporaneo svolgimento di attività ricomprese sia nella lettera a) che in quella b) dell’art. 1 della legge n. 381/1991, superando la preclusione alla costituzione delle cooperative sociali ad oggetto plurimo (punto 1 della circolare n. 116 del 9.10.1992 della stesso Ministero). Dette cooperative debbono essere iscritte nel registro prefettizio, oltre che nella se-zione cui afferisce l’attività svolta, anche nella sezione cooperative sociali sia sub a) che sub b). Devono, altresì, avere due gestioni nettamente separate, tali da consentire il control-lo sulla corretta applicazione delle agevolazioni previste dalla vigente normativa sulle due diverse fattispecie e pertanto, per l’assolvimento degli adempimenti contributivi vanno, attribuiti due numeri di matricola. Nei fatti la circolare di cui trattasi consente la costituzione di un’unica cooperativa impegnata in entrambe le attività che rimangono, però, distinte per l’applicazione delle agevolazioni concesse dalla normativa vigente.

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Salari convenzionali. La legge (art. 49 R. D.L. 4.10.1935 n. 1827 e art. 6 D.L. 14. 4.1939, n. 636, nel testo modificato dalla legge 4. 4.1952, n. 218), prevede la possibilità di istituire, per particolari categorie di lavoratori, apposite tabelle di salari medi cui deve riferirsi la contribuzione. Il compito di fissare le retribuzioni medie spetta al Ministero del Lavoro, che vi prov-vede con decreto, sentite le competenti organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro. Gli stessi decreti possono anche fissare, sempre per determinate categorie e gruppi di lavoratori, i periodi medi di attività lavorativa. La norma è stata successivamente confermata dall’art. 6, sub art. 2 della legge 4. 4.1952, n. 218 e nell’art. 35 del t. U. sugli assegni familiari, 30. 5.1955, n. 797, che costituiscono le fonti legali che legittimano i DD. MM. Per i lavoratori soci di cooperative operanti nell’area socio assistenziale ed educativa, con decreto del Ministero del Lavoro, possono essere determinati, per provincia, il salario medio giornaliero ed il periodo di occupazione media mensile ai fini contri-butivi. Sono ricompresi nell’ambito di applicazione dei decreti ministeriali in questione tutti i lavoratori soci, comprese le figure professionali (assistenti tutelari, infermieri pro-fessionali, fisioterapisti...), i quali, all’interno di una struttura (domicilio, casa di ripo-so, ecc.) esplicano tutte quelle mansioni, sia pure diversificate, che nel loro insieme concorrono alla erogazione di ogni genere di servizi assistenziali rivolti alle persone ivi raccolte. Unica condizione è che, allo stato della normativa, l’attività dei lavoratori soci sia riconducibile nell’ambito del rapporto subordinato. Si precisa che le cooperative sociali di tipo a) non rientrano nel campo di applicazione del D.P.R. 30. 4.1970 n. 602 e, pertanto, ove siano stati determinati il salario medio giornaliero ed il periodo di occupazione media mensile, non è possibile effettuare gli adempimenti contributivi sulle retribuzioni di fatto e, nel caso in cui i salari non siano stati fissati, non è possibile fare riferimento a quelli ex art. 4 del medesimo D.P.R..

Obbligo assicurativo nei confronti dei presidenti di cooperativa. Nei confronti dei presidenti di cooperative la cui nomina comporta in maniera con-creta e sostanziale la posizione di “ lavoratori “, sia per quanto attiene alla normale attività prestata per conto delle cooperative da essi rappresentate sia per quanto riguarda il trattamento economico e la ripartizione degli utili, che non devono diffe-renziarsi da quello degli altri soci lavoratori subordinati sono state sempre applicate dall’Istituto, sulla base di direttive ministeriali, le norme relative ai lavoratori, alle medesime condizioni e limiti. I presidenti delle società cooperative sono soggetti agli obblighi assicurativi come i la-voratori subordinati al verificarsi delle condizioni suddette e ciò costituisce eccezione rispetto ai presidenti delle altre forme societarie non cooperative.

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Legge 12 marzo 1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”

CAPO I. DIRIttO AL LAVORO DEI DISABILI

ARt. 1. COLLOCAMENtO DEI DISABILI

1. La presente legge ha come finalità la promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Essa si applica: a) alle persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o

sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile in conformità alla tabella indicativa delle percentuali di invalidità per minorazioni e malattie invalidanti approvata, ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509, dal Ministero della sanità sulla base della classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dalla Organizzazione mondiale della sanità;

b) alle persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento, accertata dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL) in base alle disposizioni vigenti;

c) alle persone non vedenti o sordomute, di cui alle leggi 27 maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e 26 maggio 1970, n. 381, e successive modificazioni;

d) alle persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni.

2. Agli effetti della presente legge si intendono per non vedenti coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione. Si intendono per sordomuti coloro che sono colpiti da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata.

3. Restano ferme le norme per i centralinisti telefonici non vedenti di cui alle leggi 14 luglio 1957, n. 594, e successive modificazioni, 28 luglio 1960, n. 778, 5 marzo 1965, n. 155, 11 aprile 1967, n. 231, 3 giugno 1971, n. 397, e 29 marzo 1985, n. 113, le norme per i massaggiatori e massofisioterapisti non vedenti di cui alle leggi 21 luglio 1961, n. 686, e 19 maggio 1971, n. 403, le norme per i terapisti della riabilitazione non vedenti di cui alla legge 11 gennaio 1994, n. 29, e le norme per gli insegnanti non vedenti di cui all’articolo 61 della legge 20 maggio 1982, n. 270. Per l’assunzione obbligatoria dei sordomuti restano altresì ferme le disposizioni di cui agli articoli 6 e 7 della legge 13 marzo 1958, n. 308.

4. L’accertamento delle condizioni di disabilità di cui al presente articolo, che danno

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diritto di accedere al sistema per l’inserimento lavorativo dei disabili, è effettuato dalle commissioni di cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, secondo i criteri indicati nell’atto di indirizzo e coordinamento emanato dal Presidente del Consiglio dei ministri entro centoventi giorni dalla data di cui all’articolo 23, comma 1. Con il medesimo atto vengono stabiliti i criteri e le modalità per l’effettuazione delle visite sanitarie di controllo della permanenza dello stato invalidante. (L’atto di indirizzo è stato approvato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 gennaio 2000)

5. In considerazione dei criteri adottati, ai sensi del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, per la valutazione e la verifica della residua capacità lavorativa derivante da infortunio sul lavoro e malattia professionale, ai fini dell’accertamento delle condizioni di disabilità è ritenuta sufficiente la presentazione di certificazione rilasciata dall’INAIL.

6. Per i soggetti di cui al comma 1, lettera d), l’accertamento delle condizioni di disabilità che danno diritto di accedere al sistema per l’inserimento lavorativo dei disabili continua ad essere effettuato ai sensi delle disposizioni del testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni.

7. I datori di lavoro, pubblici e privati, sono tenuti a garantire la conservazione del posto di lavoro a quei soggetti che, non essendo disabili al momento dell’assunzione, abbiano acquisito per infortunio sul lavoro o malattia professionale eventuali disabilità.

ARt. 2. COLLOCAMENtO MIRAtO

1. Per collocamento mirato dei disabili si intende quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione.

ARt. 3. ASSUNzIONI OBBLIGAtORIE. QUOtE DI RISERVA

1. I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui all’articolo 1 nella seguente misura: a) sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.

2. Per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti l’obbligo di cui al comma 1 si applica solo in caso di nuove assunzioni.

3. Per i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della

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riabilitazione, la quota di riserva si computa esclusivamente con riferimento al personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative e l’obbligo di cui al comma 1 insorge solo in caso di nuova assunzione.

4. Per i servizi di polizia, della protezione civile, il collocamento dei disabili è previsto nei soli servizi amministrativi.

5. Gli obblighi di assunzione di cui al presente articolo sono sospesi nei confronti delle imprese che versano in una delle situazioni previste dagli articoli 1 e 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, ovvero dall’articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863; gli obblighi sono sospesi per la durata dei programmi contenuti nella relativa richiesta di intervento, in proporzione all’attività lavorativa effettivamente sospesa e per il singolo ambito provinciale. Gli obblighi sono sospesi inoltre per la durata della procedura di mobilità disciplinata dagli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, e, nel caso in cui la procedura si concluda con almeno cinque licenziamenti, per il periodo in cui permane il diritto di precedenza all’assunzione previsto dall’articolo 8, comma 1, della stessa legge.

6. Agli enti pubblici economici si applica la disciplina prevista per i datori di lavoro privati.

7. Nella quota di riserva sono computati i lavoratori che vengono assunti ai sensi della legge 21 luglio 1961, n. 686, e successive modificazioni, nonché della legge 29 marzo 1985, n. 113, e della legge 11 gennaio 1994, n. 29.

ARt. 4. CRItERI DI COMPUtO DELLA QUOtA DI RISERVA

1. Agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, sono computati di norma tra i dipendenti tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato. Ai medesimi effetti, non sono computabili: i lavoratori occupati ai sensi della presente legge, i lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata fino a sei mesi, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i lavoratori assunti con contratto di inserimento, i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore, i lavoratori assunti per attività da svolgersi all’estero per la durata di tale attività, i soggetti impegnati in lavori socialmente utili assunti ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, i lavoratori a domicilio, i lavoratori che aderiscono al programma di emersione, ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni. Restano salve le ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore. Per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale si applicano le norme contenute nell’articolo 18, comma secondo, della legge 20 maggio 1970, n. 300, come sostituito dall’articolo 1 della legge 11 maggio 1990, n. 108.

2. Nel computo le frazioni percentuali superiori allo 0,50 sono considerate unità. 3. I lavoratori disabili dipendenti occupati a domicilio o con modalità di telelavoro, ai

quali l’imprenditore affida una quantità di lavoro, anche mediante la predisposizione di accomodamenti ragionevoli ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, lettera (i), della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità

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adottata dall’Assemblea generale il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva dalla legge 3 marzo 2009, n. 18 atta a procurare loro una prestazione continuativa corrispondente all’orario normale di lavoro in conformità alla disciplina di cui all’articolo 11, secondo comma, della legge 18 dicembre 1973, n. 877, e a quella stabilita dal contratto collettivo nazionale applicato ai lavoratori dell’azienda che occupa il disabile a domicilio o attraverso il telelavoro, sono computati ai fini della copertura della quota di riserva.

4. I lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia non possono essere computati nella quota di riserva di cui all’articolo 3 se hanno subito una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60 per cento o, comunque, se sono divenuti inabili a causa dell’inadempimento da parte del datore di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Per i predetti lavoratori l’infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori. Nel caso di destinazione a mansioni inferiori essi hanno diritto alla conservazione del più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Qualora per i predetti lavoratori non sia possibile l’assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori, gli stessi vengono avviati, dagli uffici competenti di cui all’articolo 6, comma 1, presso altra azienda, in attività compatibili con le residue capacità lavorative, senza inserimento nella graduatoria di cui all’articolo 8.

5. Le disposizioni di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 738, si applicano anche al personale militare e della protezione civile.

6. Qualora si renda necessaria, ai fini dell’inserimento mirato, una adeguata riqualificazione professionale, le regioni possono autorizzare, con oneri a proprio carico, lo svolgimento delle relative attività presso la stessa azienda che effettua l’assunzione oppure affidarne lo svolgimento, mediante convenzioni, alle associazioni nazionali di promozione, tutela e rappresentanza, di cui all’articolo 115 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni, che abbiano le adeguate competenze tecniche, risorse e disponibilità, agli istituti di formazione che di tali associazioni siano emanazione, purché in possesso dei requisiti previsti dalla legge 21 dicembre 1978, n. 845, nonché ai soggetti di cui all’articolo 18 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Ai fini del finanziamento delle attività di riqualificazione professionale e della corrispondente assistenza economica ai mutilati ed invalidi del lavoro, l’addizionale di cui al primo comma dell’articolo 181 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, detratte le spese per l’assegno di incollocabilità previsto dall’articolo 180 dello stesso testo unico, per l’assegno speciale di cui alla legge 5 maggio 1976, n. 248, e per il fondo per l’addestramento professionale dei lavoratori, di cui all’articolo 62 della legge 29 aprile 1949, n. 264, è attribuita alle regioni, secondo parametri predisposti dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata “Conferenza unificata”.

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ARt. 5. ESCLUSIONI, ESONERI PARzIALI E CONtRIBUtI ESONERAtIVI

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui all’articolo 23, comma 1, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia, che esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto, e la Conferenza unificata, sono individuate le mansioni che, in relazione all’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti pubblici non economici, non consentono l’occupazione di lavoratori disabili o la consentono in misura ridotta. Il predetto decreto determina altresì la misura della eventuale riduzione.

2. I datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore del trasporto aereo, marittimo e terrestre non sono tenuti, per quanto concerne il personale viaggiante e navigante, all’osservanza dell’obbligo di cui all’articolo 3. Non sono inoltre tenuti all’osservanza dell’obbligo di cui all’articolo 3 i datori di lavoro del settore edile per quanto concerne il personale di cantiere e gli addetti al trasporto del settore. Indipendentemente dall’inquadramento previdenziale dei lavoratori è considerato personale di cantiere anche quello direttamente operante nei montaggi industriali o impiantistici e nelle relative opere di manutenzione svolte in cantiere. Sono altresì esentati dal predetto obbligo i datori di lavoro pubblici e privati del solo settore degli impianti a fune, in relazione al personale direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell’attività di trasporto. Per consentire al comparto dell’autotrasporto nazionale di evolvere verso modalità di servizio più evolute e competitive e per favorire un maggiore grado di sicurezza nella circolazione stradale di mezzi, ai sensi del comma 1 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 454, i datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore dell’autotrasporto non sono tenuti, per quanto concerne il personale viaggiante, all’osservanza dell’obbligo di cui all’articolo 3. Fermo restando l’obbligo del versamento del contributo di cui al comma 3 al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili, per le aziende che occupano addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60 per cento, la procedura di esonero prevista dal presente articolo è sostituita da un’autocertificazione del datore di lavoro che attesta l’esclusione dei lavoratori interessati dalla base di computo.

3. I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici che, per le speciali condizioni della loro attività, non possono occupare l’intera percentuale dei disabili, possono, a domanda, essere parzialmente esonerati dall’obbligo dell’assunzione, alla condizione che versino al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili di cui all’articolo 14 un contributo esonerativo per ciascuna unità non assunta, nella misura di lire 25.000 per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore disabile non occupato.

4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui all’articolo 23, comma 1, sentita la Conferenza unificata e sentite altresì le Commissioni parlamentari competenti per materia, che esprimono il loro parere con le modalità di cui al comma 1, sono disciplinati i procedimenti relativi agli esoneri parziali dagli obblighi occupazionali, nonché

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i criteri e le modalità per la loro concessione, che avviene solo in presenza di adeguata motivazione.

5. In caso di omissione totale o parziale del versamento dei contributi di cui al presente articolo, la somma dovuta può essere maggiorata, a titolo di sanzione amministrativa, dal 5 per cento al 24 per cento su base annua. La riscossione è disciplinata secondo i criteri previsti al comma 7.

6. Gli importi dei contributi e della maggiorazione di cui al presente articolo sono adeguati ogni cinque anni con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Conferenza unificata.

7. Le regioni, entro centoventi giorni dalla data di cui all’articolo 23, comma 1, determinano i criteri e le modalità relativi al pagamento, alla riscossione e al versamento, al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili di cui all’articolo 14, delle somme di cui al presente articolo.

8. Gli obblighi di cui agli articoli 3 e 18 devono essere rispettati a livello nazionale. Ai fini del rispetto degli obblighi ivi previsti, i datori di lavoro privati che occupano personale in diverse unità produttive e i datori di lavoro privati di imprese che sono parte di un gruppo ai sensi dell’articolo 31 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 possono assumere in una unità produttiva o, ferme restando le aliquote d’obbligo di ciascuna impresa, in una impresa del gruppo avente sede in Italia, un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento mirato superiore a quello prescritto, portando in via automatica le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti nelle altre unità produttive o nelle altre imprese del gruppo aventi sede in Italia.

8-bis. I datori di lavoro privati che si avvalgono della facoltà di cui al comma 8 trasmettono in via telematica a ciascuno dei servizi competenti delle province in cui insistono le unità produttive della stessa azienda e le sedi delle diverse imprese del gruppo di cui all’articolo 31 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, il prospetto di cui all’articolo 9, comma 6, dal quale risulta l’adempimento dell’obbligo a livello nazionale sulla base dei dati riferiti a ciascuna unità produttiva ovvero a ciascuna impresa appartenente al gruppo.

8-ter. I datori di lavoro pubblici possono essere autorizzati, su loro motivata richiesta, ad assumere in una unità produttiva un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio superiore a quello prescritto, portando le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti in altre unità produttive della medesima regione.

8-quater. Sono o restano abrogate tutte le norme incompatibili con le disposizioni di cui ai commi 8, 8-bis e 8-ter.

8-quinquies. Al fine di evitare abusi nel ricorso all’istituto dell’esonero dagli obblighi di cui all’articolo 3 e di garantire il rispetto delle quote di riserva, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da emanare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono ridefiniti i procedimenti relativi agli esoneri, i criteri e le modalità per la loro concessione e sono stabilite norme volte al potenziamento delle attività di controllo.

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CAPO II. SERVIzI DEL COLLOCAMENtO OBBLIGAtORIO

ARt. 6. SERVIzI PER L’INSERIMENtO LAVORAtIVO DEI DISABILI E MODIFIChE AL DECREtO LEGISLAtIVO 23 DICEMBRE 1997, N. 469

1. Gli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, di seguito denominati “uffici competenti”, provvedono, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio, secondo le specifiche competenze loro attribuite, alla programmazione, all’attuazione, alla verifica degli interventi volti a favorire l’inserimento dei soggetti di cui alla presente legge nonché all’avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all’attuazione del collocamento mirato. I medesimi organismi sono tenuti a comunicare, anche in via telematica, con cadenza almeno mensile, alla competente Direzione territoriale del lavoro, il mancato rispetto degli obblighi di cui all’articolo 3, nonché il ricorso agli esoneri, ai fini della attivazione degli eventuali accertamenti.

2. All’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, sono apportate le seguenti modificazioni: a) le parole: “maggiormente rappresentative” sono sostituite dalle seguenti:

“comparativamente più rappresentative”; b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “Nell’ambito di tale organismo è previsto

un comitato tecnico composto da funzionari ed esperti del settore sociale e medico-legale e degli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell’articolo 4 del presente decreto, con particolare riferimento alla materia delle inabilità, con compiti relativi alla valutazione delle residue capacità lavorative, alla definizione degli strumenti e delle prestazioni atti all’inserimento e alla predisposizione dei controlli periodici sulla permanenza delle condizioni di inabilità. Agli oneri per il funzionamento del comitato tecnico si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa per il funzionamento della commissione di cui al comma 1”.

CAPO III. AVVIAMENtO AL LAVORO

ARt. 7. MODALItà DELLE ASSUNzIONI OBBLIGAtORIE

1. Ai fini dell’adempimento dell’obbligo previsto dall’articolo 3 i datori di lavoro assumono i lavoratori facendone richiesta di avviamento agli uffici competenti ovvero attraverso la stipula di convenzioni ai sensi dell’articolo 11. Le richieste sono nominative per: a) le assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano da 15 a 35

dipendenti, nonché i partiti politici, le organizzazioni sindacali e sociali e gli enti da essi promossi;

b) il 50 per cento delle assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano da 36 a 50 dipendenti;

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c) il 60 per cento delle assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano più di 50 dipendenti.

2. I datori di lavoro pubblici effettuano le assunzioni in conformità a quanto previsto dall’articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dall’articolo 22, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, salva l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 11 della presente legge. Per le assunzioni di cui all’articolo 36, comma 1, lettera a), del predetto decreto legislativo n. 29 del 1993, e successive modificazioni, i lavoratori disabili iscritti nell’elenco di cui all’articolo 8, comma 2, della presente legge hanno diritto alla riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d’obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso.

3. La Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, che esercitano le funzioni di vigilanza sul sistema creditizio e in materia valutaria, procedono alle assunzioni di cui alla presente legge mediante pubblica selezione, effettuata anche su base nazionale.

ARt. 8. ELENChI E GRADUAtORIE

1. Le persone di cui al comma 1 dell’articolo 1, che risultano disoccupate e aspirano ad una occupazione conforme alle proprie capacità lavorative, si iscrivono nell’apposito elenco tenuto dagli uffici competenti; per ogni persona, l’organismo di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall’articolo 6 della presente legge, annota in una apposita scheda le capacità lavorative, le abilità, le competenze e le inclinazioni, nonché la natura e il grado della minorazione e analizza le caratteristiche dei posti da assegnare ai lavoratori disabili, favorendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Gli uffici competenti provvedono al collocamento delle persone di cui al primo periodo del presente comma alle dipendenze dei datori di lavoro.

2. Presso gli uffici competenti è istituito un elenco, con unica graduatoria, dei disabili che risultano disoccupati; l’elenco e la graduatoria sono pubblici e vengono formati applicando i criteri di cui al comma 4. Dagli elementi che concorrono alla formazione della graduatoria sono escluse le prestazioni a carattere risarcitorio percepite in conseguenza della perdita della capacità lavorativa.

3. Gli elenchi e le schede di cui ai commi 1 e 2 sono formati nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 7 e 22 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni.

4. Le regioni definiscono le modalità di valutazione degli elementi che concorrono alla formazione della graduatoria di cui al comma 2 sulla base dei criteri indicati dall’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 1, comma 4.

5. I lavoratori disabili, licenziati per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, mantengono la posizione in graduatoria acquisita all’atto dell’inserimento nell’azienda.

ARt. 9. RIChIEStE DI AVVIAMENtO

1. I datori di lavoro devono presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione

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entro sessanta giorni dal momento in cui sono obbligati all’assunzione dei lavoratori disabili.

2. In caso di impossibilità di avviare lavoratori con la qualifica richiesta, o con altra concordata con il datore di lavoro, gli uffici competenti avviano lavoratori di qualifiche simili, secondo l’ordine di graduatoria e previo addestramento o tirocinio da svolgere anche attraverso le modalità previste dall’articolo 12.

3. La richiesta di avviamento al lavoro si intende presentata anche attraverso l’invio agli uffici competenti dei prospetti informativi di cui al comma 6 da parte dei datori di lavoro.

4. I disabili psichici vengono avviati su richiesta nominativa mediante le convenzioni di cui all’articolo 11. I datori di lavoro che effettuano le assunzioni ai sensi del presente comma hanno diritto alle agevolazioni di cui all’articolo 13.

5. Gli uffici competenti possono determinare procedure e modalità di avviamento mediante chiamata con avviso pubblico e con graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro; la chiamata per avviso pubblico può essere definita anche per singoli ambiti territoriali e per specifici settori.

6. I datori di lavoro pubblici e privati, soggetti alle disposizioni della presente legge sono tenuti ad inviare in via telematica agli uffici competenti un prospetto informativo dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero e i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva di cui all’articolo 3, nonché i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori di cui all’articolo 1. Se, rispetto all’ultimo prospetto inviato, non avvengono cambiamenti nella situazione occupazionale tali da modificare l’obbligo o da incidere sul computo della quota di riserva, il datore di lavoro non è tenuto ad inviare il prospetto. Al fine di assicurare l’unitarietà e l’omogeneità del sistema informativo lavoro, il modulo per l’invio del prospetto informativo, nonché la periodicità e le modalità di trasferimento dei dati sono definiti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e previa intesa con la Conferenza unificata. I prospetti sono pubblici. Gli uffici competenti, al fine di rendere effettivo il diritto di accesso ai predetti documenti amministrativi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, dispongono la loro consultazione nelle proprie sedi, negli spazi disponibili aperti al pubblico. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano, è definito il modello unico di prospetto di cui al presente comma.

7. Ove l’inserimento richieda misure particolari, il datore di lavoro può fare richiesta di collocamento mirato agli uffici competenti, ai sensi degli articoli 5 e 17 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, nel caso in cui non sia stata stipulata una convenzione d’integrazione lavorativa di cui all’articolo 11, comma 4, della presente legge.

8. Qualora l’azienda rifiuti l’assunzione del lavoratore invalido ai sensi del presente articolo, la direzione provinciale del lavoro redige un verbale che trasmette agli uffici competenti ed all’autorità giudiziaria.

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ARt. 10. RAPPORtO DI LAVORO DEI DISABILI OBBLIGAtORIAMENtE ASSUNtI

1. Ai lavoratori assunti a norma della presente legge si applica il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi.

2. Il datore di lavoro non può chiedere al disabile una prestazione non compatibile con le sue minorazioni.

3. Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l’azienda. Qualora si riscontri una condizione di aggravamento che, sulla base dei criteri definiti dall’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 1, comma 4, sia incompatibile con la prosecuzione dell’attività lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione dell’organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l’incompatibilità persista. Durante tale periodo il lavoratore può essere impiegato in tirocinio formativo. Gli accertamenti sono effettuati dalla commissione di cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, integrata a norma dell’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 1, comma 4, della presente legge, che valuta sentito anche l’organismo di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall’articolo 6 della presente legge. La richiesta di accertamento e il periodo necessario per il suo compimento non costituiscono causa di sospensione del rapporto di lavoro. Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda.

4. Il recesso di cui all’articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero il licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, esercitato nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, sono annullabili qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva prevista all’articolo 3 della presente legge.

5. In caso di risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione, nel termine di dieci giorni, agli uffici competenti, al fine della sostituzione del lavoratore con altro avente diritto all’avviamento obbligatorio.

6. La direzione provinciale del lavoro, sentiti gli uffici competenti, dispone la decadenza dal diritto all’indennità di disoccupazione ordinaria e la cancellazione dalle liste di collocamento per un periodo di sei mesi del lavoratore che per due volte consecutive, senza giustificato motivo, non risponda alla convocazione ovvero rifiuti il posto di lavoro offerto corrispondente ai suoi requisiti professionali e alle disponibilità dichiarate all’atto della iscrizione o reiscrizione nelle predette liste.

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CAPO IV. CONVENzIONI E INCENtIVI

ARt. 11. CONVENzIONI E CONVENzIONI DI INtEGRAzIONE LAVORAtIVA

1. Al fine di favorire l’inserimento lavorativo dei disabili, gli uffici competenti, sentito l’organismo di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall’articolo 6 della presente legge, possono stipulare con il datore di lavoro convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali di cui alla presente legge.

2. Nella convenzione sono stabiliti i tempi e le modalità delle assunzioni che il datore di lavoro si impegna ad effettuare. tra le modalità che possono essere convenute vi sono anche la facoltà della scelta nominativa, lo svolgimento di tirocini con finalità formative o di orientamento, l’assunzione con contratto di lavoro a termine, lo svolgimento di periodi di prova più ampi di quelli previsti dal contratto collettivo, purché l’esito negativo della prova, qualora sia riferibile alla menomazione da cui è affetto il soggetto, non costituisca motivo di risoluzione del rapporto di lavoro.

3. La convenzione può essere stipulata anche con datori di lavoro che non sono obbligati alle assunzioni ai sensi della presente legge.

4. Gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro convenzioni di integrazione lavorativa per l’avviamento di disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario.

5. Gli uffici competenti promuovono ed attuano ogni iniziativa utile a favorire l’inserimento lavorativo dei disabili anche attraverso convenzioni con le cooperative sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e con i consorzi di cui all’articolo 8 della stessa legge, nonché con le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali di cui all’articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, e comunque con gli organismi di cui agli articoli 17 e 18 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con altri soggetti pubblici e privati idonei a contribuire alla realizzazione degli obiettivi della presente legge.

6. L’organismo di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall’articolo 6 della presente legge, può proporre l’adozione di deroghe ai limiti di età e di durata dei contratti di formazione-lavoro e di apprendistato, per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 3 ed al primo periodo del comma 6 dell’articolo 16 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451. tali deroghe devono essere giustificate da specifici progetti di inserimento mirato. 7. Oltre a quanto previsto al comma 2, le convenzioni di integrazione lavorativa devono: a) indicare dettagliatamente le mansioni attribuite al lavoratore disabile e le

modalità del loro svolgimento;b) prevedere le forme di sostegno, di consulenza e di tutoraggio da parte degli

appositi servizi regionali o dei centri di orientamento professionale e degli organismi di cui all’articolo 18 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di favorire l’adattamento al lavoro del disabile;

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c) prevedere verifiche periodiche sull’andamento del percorso formativo inerente la convenzione di integrazione lavorativa, da parte degli enti pubblici incaricati delle attività di sorveglianza e controllo.

ARt. 12. CONVENzIONI DI INSERIMENtO LAVORAtIVO tEMPORANEO CON FINALItà FORMAtIVE

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 9, 11 e 12-bis, gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di cui all’articolo 3, le cooperative sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, le imprese sociali di cui al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, i disabili liberi professionisti, anche se operanti con ditta individuale, nonché con i datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo di assunzione previsto dalla presente legge, di seguito denominati soggetti ospitanti, apposite convenzioni finalizzate all’inserimento temporaneo dei disabili appartenenti alle categorie di cui all’articolo 1 presso i soggetti ospitanti, ai quali i datori di lavoro si impegnano ad affidare commesse di lavoro. tali convenzioni, non ripetibili per lo stesso soggetto, salvo diversa valutazione del comitato tecnico di cui al comma 3 dell’articolo 6 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall’articolo 6 della presente legge, non possono riguardare più di un lavoratore disabile, se il datore di lavoro occupa meno di 50 dipendenti, ovvero più del 30 per cento dei lavoratori disabili da assumere ai sensi dell’articolo 3, se il datore di lavoro occupa più di 50 dipendenti.

2. La convenzione è subordinata alla sussistenza dei seguenti requisiti:a) contestuale assunzione a tempo indeterminato del disabile da parte del datore

di lavoro;b) computabilità ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 3 attraverso

l’assunzione di cui alla lettera a);c) impiego del disabile presso i soggetti ospitanti di cui al comma 1 con oneri

retributivi, previdenziali e assistenziali a carico di questi ultimi, per tutta la durata della convenzione, che non può eccedere i dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi da parte degli uffici competenti;

d) indicazione nella convenzione dei seguenti elementi:1) l’ammontare delle commesse che il datore di lavoro si impegna ad affidare

ai soggetti ospitanti; tale ammontare non deve essere inferiore a quello che consente ai soggetti ospitanti di applicare la parte normativa e retributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro, ivi compresi gli oneri previdenziali e assistenziali, e di svolgere le funzioni finalizzate all’inserimento lavorativo dei disabili;

2) i nominativi dei soggetti da inserire ai sensi del comma 1;3) la descrizione del piano personalizzato di inserimento lavorativo.

3. Alle convenzioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 11, comma 7.

4. Gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di cui all’articolo 3 e con le cooperative sociali di cui all’articolo 1, comma

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1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, apposite convenzioni finalizzate all’inserimento lavorativo temporaneo dei detenuti disabili.

ARt. 12-BIS. CONVENzIONI DI INSERIMENtO LAVORAtIVO

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 9, 11 e 12 gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati tenuti all’obbligo di assunzione di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), di seguito denominati soggetti conferenti, e i soggetti di cui al comma 4 del presente articolo, di seguito denominati soggetti destinatari, apposite convenzioni finalizzate all’assunzione da parte dei soggetti destinatari medesimi di persone disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario, ai quali i soggetti conferenti si impegnano ad affidare commesse di lavoro. Sono fatte salve le convenzioni in essere ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

2. La stipula della convenzione è ammessa esclusivamente a copertura dell’aliquota d’obbligo e, in ogni caso, nei limiti del 10 per cento della quota di riserva di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), con arrotondamento all’unità più vicina.

3. Requisiti per la stipula della convenzione sono:a) individuazione delle persone disabili da inserire con tale tipologia di convenzione,

previo loro consenso, effettuata dagli uffici competenti, sentito l’organismo di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall’articolo 6 della presente legge, e definizione di un piano personalizzato di inserimento lavorativo;

b) durata non inferiore a tre anni;c) determinazione del valore della commessa di lavoro non inferiore alla copertura,

per ciascuna annualità e per ogni unità di personale assunta, dei costi derivanti dall’applicazione della parte normativa e retributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro, nonché dei costi previsti nel piano personalizzato di inserimento lavorativo. È consentito il conferimento di più commesse di lavoro;

d) conferimento della commessa di lavoro e contestuale assunzione delle persone disabili da parte del soggetto destinatario.

4. Possono stipulare le convenzioni di cui al comma 1 le cooperative sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, e loro consorzi; le imprese sociali di cui all’articolo 2, comma 2, lettere a) e b), del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155; i datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo di assunzione di cui all’articolo 3, comma 1. tali soggetti devono essere in possesso dei seguenti requisiti:a) non avere in corso procedure concorsuali;b) essere in regola con gli adempimenti di cui al decreto legislativo 19 settembre

1994, n. 626, e successive modificazioni;c) essere dotati di locali idonei;d) non avere proceduto nei dodici mesi precedenti l’avviamento lavorativo del

disabile a risoluzioni del rapporto di lavoro, escluse quelle per giusta causa e giustificato motivo soggettivo;

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e) avere nell’organico almeno un lavoratore dipendente che possa svolgere le funzioni di tutor.

5. Alla scadenza della convenzione, salvo il ricorso ad altri istituti previsti dalla presente legge, il datore di lavoro committente, previa valutazione degli uffici competenti, può:a) rinnovare la convenzione una sola volta per un periodo non inferiore a due

anni;b) assumere il lavoratore disabile dedotto in convenzione con contratto a tempo

indeterminato mediante chiamata nominativa, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, lettera c); in tal caso il datore di lavoro potrà accedere al Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili, di cui all’articolo 13, comma 4, nei limiti delle disponibilità ivi previste, con diritto di prelazione nell’assegnazione delle risorse.

6. La verifica degli adempimenti degli obblighi assunti in convenzione viene effettuata dai servizi incaricati delle attività di sorveglianza e controllo e irrogazione di sanzioni amministrative in caso di inadempimento.

7. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentita la Conferenza unificata, saranno definiti modalità e criteri di attuazione di quanto previsto nel presente articolo.

ARt. 13. INCENtIVI ALLE ASSUNzIONI

1. Nel rispetto delle disposizioni del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, e successive modifiche e integrazioni, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. L 337 del 13 dicembre 2002, le regioni e le province autonome possono concedere un contributo all’assunzione, a valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 4 e nei limiti delle disponibilità ivi indicate: a) nella misura non superiore al 60 per cento del costo salariale, per ogni lavoratore

disabile che, assunto attraverso le convenzioni di cui all’articolo 11 con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, abbia una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79 per cento o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni, ovvero con handicap intellettivo e psichico, indipendentemente dalle percentuali di invalidità;

b) nella misura non superiore al 25 per cento del costo salariale, per ogni lavoratore disabile che, assunto attraverso le convenzioni di cui all’articolo 11 con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, abbia una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67 per cento e il 79 per cento o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di cui alle tabelle citate nella lettera a);

c) in ogni caso l’ammontare lordo del contributo all’assunzione deve essere calcolato sul totale del costo salariale annuo da corrispondere al lavoratore;

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d) per il rimborso forfetario parziale delle spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro per renderlo adeguato alle possibilità operative dei disabili con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento o per l’apprestamento di tecnologie di telelavoro ovvero per la rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi modo l’integrazione lavorativa del disabile.

2. Possono essere ammesse ai contributi di cui al comma 1 le assunzioni a tempo indeterminato. Le assunzioni devono essere realizzate nell’anno antecedente all’emanazione del provvedimento di riparto di cui al comma 4. La concessione del contributo è subordinata alla verifica, da parte degli uffici competenti, della permanenza del rapporto di lavoro o, qualora previsto, dell’esperimento del periodo di prova con esito positivo.

3. Gli incentivi di cui al comma 1 sono estesi anche ai datori di lavoro privati che, pur non essendo soggetti agli obblighi della presente legge, hanno proceduto all’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori disabili con le modalità di cui al comma 2.

4. Per le finalità di cui al presente articolo è istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, per il cui finanziamento è autorizzata la spesa di lire 40 miliardi per l’anno 1999 e seguenti, euro 37 milioni per l’anno 2007 ed euro 42 milioni a decorrere dall’anno 2008, annualmente ripartito fra le regioni e le province autonome proporzionalmente alle richieste presentate e ritenute ammissibili secondo le modalità e i criteri definiti nel decreto di cui al comma 5.

5. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, sono definiti i criteri e le modalità per la ripartizione delle disponibilità del Fondo di cui al comma 4.

6. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede mediante corrispondente utilizzo dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 29-quater del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, e successive modifiche e integrazioni. Le somme non impegnate nell’esercizio di competenza possono esserlo in quelli successivi.

7. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

8. Le regioni e le province autonome disciplinano, nel rispetto delle disposizioni introdotte con il decreto di cui al comma 5, i procedimenti per la concessione dei contributi di cui al comma 1.

9. Le regioni e le province autonome, tenuto conto di quanto previsto all’articolo 10 del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, comunicano annualmente, con relazione, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale un resoconto delle assunzioni finanziate con le risorse del Fondo di cui al comma 4 e sulla durata della permanenza nel posto di lavoro.

10. Il Governo, ogni due anni, procede ad una verifica degli effetti delle disposizioni del presente articolo e ad una valutazione dell’adeguatezza delle risorse finanziarie ivi previste.

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ARt. 14. FONDO REGIONALE PER L’OCCUPAzIONE DEI DISABILI

1. Le regioni istituiscono il Fondo regionale per l’occupazione dei disabili, di seguito denominato “Fondo”, da destinare al finanziamento dei programmi regionali di inserimento lavorativo e dei relativi servizi.

2. Le modalità di funzionamento e gli organi amministrativi del Fondo sono determinati con legge regionale, in modo tale che sia assicurata una rappresentanza paritetica dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei disabili.

3. Al Fondo sono destinati gli importi derivanti dalla irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla presente legge ed i contributi versati dai datori di lavoro ai sensi della presente legge, nonché il contributo di fondazioni, enti di natura privata e soggetti comunque interessati.

4. Il Fondo eroga:a) contributi agli enti indicati nella presente legge, che svolgano attività rivolta al

sostegno e all’integrazione lavorativa dei disabili;b) contributi aggiuntivi rispetto a quelli previsti dall’articolo 13, comma 1, lettera

c);c) ogni altra provvidenza in attuazione delle finalità della presente legge.

CAPO V. SANzIONI E DISPOSIzIONI FINALI E tRANSItORIE

ARt. 15. SANzIONI

1. Le imprese private e gli enti pubblici economici che non adempiano agli obblighi di cui all’articolo 9, comma 6, sono soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di lire 1.000.000 per ritardato invio del prospetto, maggiorata di lire 50.000 per ogni giorno di ulterioreritardo. 2. Le sanzioni amministrative previste dalla presente legge sono disposte dalle direzioni provinciali del lavoro e i relativi introiti sono destinati al Fondo di cui all’articolo 14.

3. Ai responsabili, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, di inadempienze di pubbliche amministrazioni alle disposizioni della presente legge, si applicano le sanzioni penali, amministrative e disciplinari previste dalle norme sul pubblico impiego.

4. trascorsi sessanta giorni dalla data in cui insorge l’obbligo di assumere soggetti appartenenti alle categorie di cui all’articolo 1, per ogni giorno lavorativo durante il quale risulti non coperta, per cause imputabili al datore di lavoro, la quota dell’obbligo di cui all’articolo 3, il datore di lavoro stesso è tenuto al versamento, a titolo di sanzione amministrativa, al Fondo di cui all’articolo 14, di una somma pari a lire 100.000 al giorno per ciascun lavoratore disabile che risulta non occupato nella medesima giornata.

5. Le somme di cui ai commi 1 e 4 sono adeguate ogni cinque anni con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale.

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ARt. 16. CONCORSI PRESSO LE PUBBLIChE AMMINIStRAzIONI

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 3, comma 4, e 5, comma 1, i disabili possono partecipare a tutti i concorsi per il pubblico impiego, da qualsiasi amministrazione pubblica siano banditi. A tal fine i bandi di concorso prevedono speciali modalità di svolgimento delle prove di esame per consentire ai soggetti suddetti di concorrere in effettive condizioni di parità con gli altri.

2. I disabili che abbiano conseguito le idoneità nei concorsi pubblici possono essere assunti, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 3, anche oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso.

3. Salvi i requisiti di idoneità specifica per singole funzioni, sono abrogate le norme che richiedono il requisito della sana e robusta costituzione fisica nei bandi di concorso per il pubblico impiego.

ARt. 17. OBBLIGO DI CERtIFICAzIONE

1. Le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della presente legge, pena l’esclusione.

ARt. 18. DISPOSIzIONI tRANSItORIE E FINALI

1. I soggetti già assunti ai sensi delle norme sul collocamento obbligatorio sono mantenuti in servizio anche se superano il numero di unità da occupare in base alle aliquote stabilite dalla presente legge e sono computati ai fini dell’adempimento dell’obbligo stabilito dalla stessa. 2. In attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell’aggravarsi dell’invalidità riportata per tali cause, nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati, il cui status è riconosciuto ai sensi della legge 26 dicembre 1981, n. 763, è attribuita in favore di tali soggetti una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di cinquanta dipendenti, pari a un punto percentuale e determinata secondo la disciplina di cui all’articolo 3, commi 3, 4 e 6, e all’articolo 4, commi 1, 2 e 3, della presente legge. La predetta quota è pari ad un’unità per i datori di lavoro, pubblici e privati, che occupano da cinquantuno a centocinquanta dipendenti. Le assunzioni sono effettuate con le modalità di cui all’articolo 7, comma 1. Il regolamento di cui all’articolo 20 stabilisce le relative norme di attuazione. 3. Per un periodo di ventiquattro mesi a decorrere dalla data di cui all’articolo 23, comma 1, gli invalidi del lavoro ed i soggetti di cui all’articolo 4, comma 5,

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che alla medesima data risultino iscritti nelle liste di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482, e successive modificazioni, sono avviati al lavoro dagli uffici competenti senza necessità di inserimento nella graduatoria di cui all’articolo 8, comma 2. Ai medesimi soggetti si applicano le disposizioni dell’articolo 4, comma 6.

ARt. 19. REGIONI A StAtUtO SPECIALE E PROVINCE AUtONOME

1. Sono fatte salve le competenze legislative nelle materie di cui alla presente legge delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di trento e di Bolzano.

ARt. 20. REGOLAMENtO DI ESECUzIONE

1. Entro centoventi giorni dalla data di cui all’articolo 23, comma 1, sono emanate, sentita la Conferenza unificata, norme di esecuzione, aventi carattere generale, cui le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano si conformano, nell’ambito delle rispettive competenze, ai fini dell’attuazione delle disposizioni della presente legge.

ARt. 21. RELAzIONE AL PARLAMENtO

1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ogni due anni, entro il 30 giugno, presenta al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, sulla base dei dati che le regioni annualmente, entro il mese di marzo, sono tenute ad inviare al Ministro.

ARt. 22. ABROGAzIONI

1. Sono abrogati: a) la legge 2 aprile 1968, n. 482, e successive modificazioni;b) l’articolo 12 della legge 13 agosto 1980, n. 466;c) l’articolo 13 della legge 26 dicembre 1981, n. 763;d) l’articolo 9 del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con

modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79;e) l’articolo 9 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con

modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638;f) l’articolo 14 della legge 20 ottobre 1990, n. 302.

ARt. 23. ENtRAtA IN VIGORE

1. Le disposizioni di cui agli articoli 1, comma 4, 5, commi 1, 4 e 7, 6, 9, comma 6, secondo periodo, 13, comma 8, 18, comma 3, e 20 entrano in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

2. Le restanti disposizioni della presente legge entrano in vigore dopo trecento giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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Legge 18 febbraio 1999, n. 45Disposizioni per il Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga e in materia di personale dei Servizi per le tossicodipendenze

Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 53 del 5 marzo 1999

ARt. 1. MODIFIChE AL tEStO UNICO APPROVAtO CON DECREtO DEL PRESIDENtE DELLA REPUBBLICA 9 OttOBRE 1990, N. 309

1. All’articolo 1 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, di seguito denominato “testo unico sulle tossicodipendenze”, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 6, sono soppresse le parole: “, anche con l’eventuale apporto di esperti,”;b) il comma 7 è sostituito dal seguente:

“7. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali è istituito un Osservatorio permanente che verifica l’andamento del fenomeno della tossicodipendenza, secondo le previsioni del comma 8. Il Ministro per la solidarietà sociale disciplina, con proprio decreto, l’organizzazione e il funzionamento dell’Osservatorio, in modo da assicurare lo svolgimento delle funzioni previste dall’articolo 127, comma 2. Il Comitato si avvale dell’Osservatorio permanente.”;

c) al comma 8, lettera a), sono aggiunte, in fine, le parole: “e sul rapporto tra le caratteristiche del mercato del lavoro e delle attività lavorative e l’assunzione di sostanze stupefacenti e psicotrope”;

d) al comma 8, lettera c), dopo le parole: “risultati conseguiti,” sono inserite le seguenti: “in particolare per quanto riguarda la somministrazione di metadone,”;

e) il comma 13 è sostituito dal seguente: “13. Le campagne informative nazionali sono realizzate attraverso i mezzi di comunicazione radiotelevisivi pubblici e privati, attraverso la stampa quotidiana e periodica nonché attraverso pubbliche affissioni e servizi telefonici e telematici di informazione e di consulenza e sono finanziate nella misura massima di lire 10 miliardi annue a valere sulla quota del Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga destinata agli interventi previsti dall’articolo 127. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per la solidarietà sociale da lui delegato determina, con proprio decreto, in deroga alle norme sulla pubblicità delle Amministrazioni pubbliche, la distribuzione delle risorse finanziarie tra stampa quotidiana e periodica, emittenti radiofoniche e televisive nazionali e locali nonché a favore di iniziative mirate di comunicazione da sviluppare sul territorio nazionale.”;

f) il comma 14 è abrogato. 2. L’articolo 127 del testo unico sulle tossicodipendenze è sostituito dal seguente:

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“Art. 127. - (Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga). - 1. Il decreto del Ministro per la solidarietà sociale di cui all’articolo 59, comma 46, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in sede di ripartizione del Fondo per le politiche sociali, individua, nell’ambito della quota destinata al Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga, le risorse destinate al finanziamento dei progetti triennali finalizzati alla prevenzione e al recupero dalle tossicodipendenze e dall’alcoldipendenza correlata, secondo le modalità stabilite dal presente articolo. Le dotazioni del Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga individuate ai sensi del presente comma non possono essere inferiori a quelle dell’anno precedente, salvo in presenza di dati statistici inequivocabili che documentino la diminuzione dell’incidenza della tossicodipendenza”.

2. La quota del Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga di cui al comma 1 è ripartita tra le regioni in misura pari al 75 per cento delle sue disponibilità. Alla ripartizione si provvede annualmente con decreto del Ministro per la solidarietà sociale tenuto conto, per ciascuna regione, del numero degli abitanti e della diffusione delle tossicodipendenze, sulla base dei dati raccolti dall’Osservatorio permanente, ai sensi dell’articolo 1, comma 7.

3. Le province, i comuni e i loro consorzi, le comunità montane, le aziende unità sanitarie locali, gli enti di cui agli articoli 115 e 116, le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, le cooperative sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e loro consorzi, possono presentare alle regioni progetti finalizzati alla prevenzione e al recupero dalle tossicodipendenze e dall’alcoldipendenza correlata e al reinserimento lavorativo dei tossicodipendenti, da finanziare a valere sulle disponibilità del Fondo nazionale di cui al comma 1, nei limiti delle risorse assegnate a ciascuna regione.

4. Le regioni, sentiti gli enti locali, ai sensi dell’articolo 3, comma 6, della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché le organizzazioni rappresentative degli enti ausiliari, delle organizzazioni del volontariato e delle cooperative sociali che operano sul territorio, come previsto dall’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 7 del presente articolo, stabiliscono le modalità, i criteri e i termini per la presentazione delle domande, nonché la procedura per la erogazione dei finanziamenti, dispongono i controlli sulla destinazione dei finanziamenti assegnati e prevedono strumenti di verifica dell’efficacia degli interventi realizzati, con particolare riferimento ai progetti volti alla riduzione del danno nei quali siano utilizzati i farmaci sostitutivi. Le regioni provvedono altresì ad inviare una relazione al Ministro per la solidarietà sociale sugli interventi realizzati ai sensi del presente testo unico, anche ai fini previsti dall’articolo 131.

5. Il 25 per cento delle disponibilità del Fondo nazionale di cui al comma 1 è destinato al finanziamento dei progetti finalizzati alla prevenzione e al recupero dalle tossicodipendenze e dall’alcoldipendenza correlata promossi e coordinati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali, d’intesa con i Ministeri dell’interno, di grazia e giustizia, della difesa, della pubblica istruzione, della sanità e del lavoro e della previdenza sociale. I progetti presentati ai sensi del presente comma sono finalizzati: a) alla promozione di programmi sperimentali di prevenzione sul territorio

nazionale;

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b) alla realizzazione di iniziative di razionalizzazione dei sistemi di rilevazione e di valutazione dei dati;

c) alla elaborazione di efficaci collegamenti con le iniziative assunte dall’Unione europea;

d) allo sviluppo di iniziative di informazione e di sensibilizzazione;e) alla formazione del personale nei settori di specifica competenza;f) alla realizzazione di programmi di educazione alla salute;g) al trasferimento dei dati tra amministrazioni centrali e locali.

6. Per la valutazione e la verifica delle spese connesse ai progetti di cui al comma 5 possono essere disposte le visite ispettive previste dall’articolo 65, commi 5 e 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni.

7. Con atto di indirizzo e coordinamento deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sentite la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e la Consulta degli esperti e degli operatori sociali di cui all’articolo 132, sono stabiliti i criteri generali per la valutazione e il finanziamento dei progetti di cui al comma 3. tali criteri devono rispettare le seguenti finalità: a) realizzazione di progetti integrati sul territorio di prevenzione primaria,

secondaria e terziaria, compresi quelli volti alla riduzione del danno purché finalizzati al recupero psico-fisico della persona;

b) promozione di progetti personalizzati adeguati al reinserimento lavorativo dei tossicodipendenti;

c) diffusione sul territorio di servizi sociali e sanitari di primo intervento, come le unità di strada, i servizi a bassa soglia ed i servizi di consulenza e di orientamento telefonico;

d) individuazione di indicatori per la verifica della qualità degli interventi e dei risultati relativi al recupero dei tossicodipendenti;

e) in particolare, trasferimento dei dati tra assessorati alle politiche sociali, responsabili dei centri di ascolto, responsabili degli istituti scolastici e amministrazioni centrali;

f) trasferimento e trasmissione dei dati tra i soggetti che operano nel settore della tossicodipendenza a livello regionale;

g) realizzazione coordinata di programmi e di progetti sulle tossicodipendenze e sull’alcoldipendenza correlata, orientati alla strutturazione di sistemi territoriali di intervento a rete;

h) educazione alla salute. 8. I progetti di cui alle lettere a) e c) del comma 7 non possono prevedere la

somministrazione delle sostanze stupefacenti incluse nelle tabelle I e II di cui all’articolo 14 e delle sostanze non inserite nella farmacopea ufficiale, fatto salvo l’uso del metadone, limitatamente ai progetti e ai servizi interamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali e purché i dosaggi somministrati e la durata del trattamento abbiano la esclusiva finalità clinico-terapeutica di avviare gli utenti a successivi programmi riabilitativi.

9. Il Ministro della sanità, d’intesa con il Ministro per la solidarietà sociale, promuove,

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sentite le competenti Commissioni parlamentari, l’elaborazione di linee guida per la verifica dei progetti di riduzione del danno di cui al comma 7, lettera a).

10. Qualora le regioni non provvedano entro la chiusura di ciascun anno finanziario ad adottare i provvedimenti di cui al comma 4 e all’impegno contabile delle quote del Fondo nazionale di cui al comma 1 ad esse assegnate, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

11. Per l’esame istruttorio dei progetti presentati dalle amministrazioni indicate al comma 5 e per l’attività di supporto tecnico-scientifico al Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga, è istituita, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, una commissione presieduta da un esperto o da un dirigente generale in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri designato dal Ministro per la solidarietà sociale e composta da nove esperti nei campi della prevenzione e del recupero dalle tossicodipendenze, nei seguenti settori: sanitario-infettivologico, farmaco-tossicologico, psicologico, sociale, sociologico, riabilitativo, pedagogico, giuridico e della comunicazione. All’ufficio di segreteria della commissione è preposto un funzionario della carriera direttiva dei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri. Gli oneri per il funzionamento della commissione sono valutati in lire 200 milioni annue.

12. L’organizzazione e il funzionamento del Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. L’attuazione amministrativa delle decisioni del Comitato è coordinata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali attraverso un’apposita conferenza dei dirigenti generali delle amministrazioni interessate, disciplinata con il medesimo decreto”.

3. L’articolo 131 del testo unico sulle tossicodipendenze è sostituito dal seguente: “Art. 131. - (Relazione al Parlamento). - 1. Il Ministro per la solidarietà sociale, anche sulla base dei dati allo scopo acquisiti dalle regioni, presenta entro il 30 giugno di ciascun anno una relazione al Parlamento sui dati relativi allo stato delle tossicodipendenze in Italia, sulle strategie e sugli obiettivi raggiunti, sugli indirizzi che saranno seguiti nonché sull’attività relativa alla erogazione dei contributi finalizzati al sostegno delle attività di prevenzione, riabilitazione, reinserimento e recupero dei tossicodipendenti”.

4. L’articolo 132 del testo unico sulle tossicodipendenze è sostituito dal seguente: “Art. 132. - (Consulta degli esperti e degli operatori sociali). - 1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali è istituita la Consulta degli esperti e degli operatori sociali sulle tossicodipendenze composta da 70 membri.

2. La Consulta è nominata con decreto del Ministro per la solidarietà sociale tra gli esperti di comprovata professionalità e gli operatori dei servizi pubblici e del privato sociale ed è convocata periodicamente dallo stesso Ministro in seduta plenaria o in sessioni di lavoro per argomenti al fine di esaminare temi e problemi connessi alla prevenzione e al recupero dalle tossicodipendenze e contribuire alle decisioni del Comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga.

3. Gli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo, pari a lire 400 milioni annue, sono a carico del Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga di cui all’articolo 127”.

Omissis

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Circolare n. 4Disciplina generale del collocamento obbligatorioMinistero del Lavoro e della Previdenza Sociale - Direzione Generale per l’impiego

17 gennaio 2000Oggetto: Iniziali indicazioni per l’attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68, recan-te: “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”.

Omissis

CONVENzIONI CON COOPERAtIVE SOCIALI E DISABILI LIBERI PROFESSIONIStI

L’articolo 12 della legge n. 68 regola le convenzioni tra datore di lavoro, servizio per l’impie-go e cooperative sociali o disabili liberi professionisti. L’istituto si configura come una atipica forma di distacco del lavoratore disabile, assunto a tempo indeterminato presso il datore di lavoro contestualmente alla stipula della convenzione ed assegnato ad attività svolte presso la cooperativa sociale o il professionista, cui il datore di lavoro stesso affida commesse di lavoro; a ciò fa riscontro l’accollo degli oneri retributivi, previdenziali e assistenziali (nonché, deve ritenersi, di quelli derivanti dall’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) riferiti al disabile da parte della cooperativa sociale o del professionista, oneri, tuttavia, il cui ammontare complessivo deve essere coperto dall’importo della commessa. Nel rinviare al regolamento di esecuzione per gli aspetti di dettaglio, si ritiene comunque utile richiamare l’attenzione sulla necessità di individuare, per comprensibili esigenze di tu-tela del disabile, i requisiti che offrono garanzia di serietà della cooperativa o del professio-nista disabile presso cui si effettua il distacco; potrebbe considerarsi utile, a tal fine, verificare l’iscrizione da almeno un anno nei rispettivi albi e, per le cooperative, che le stesse dimostri-no di svolgere altre attività oltre a quelle oggetto della commessa. La legge fissa in 24 mesi la durata massima della convenzione; ciò non sembrerebbe precludere, tuttavia, la possibili-tà di riproporre il medesimo strumento convenzionale per lo stesso disabile qualora, su con-forme parere del Comitato tecnico (richiesto dal comma 1 del citato articolo 12), insediato presso le nuove Commissioni provinciali, si renda opportuno un prolungamento del per-corso formativo del disabile impiegato. Ad ulteriore garanzia del perseguimento dell’obiet-tivo dell’inserimento mirato, si ravvisa inoltre l’opportunità che il percorso formativo del disabile sia disegnato e svolto tenuto conto delle professionalità da questi già possedute e soprattutto in funzione delle mansioni che al medesimo saranno assegnate al momento del rientro presso il datore di lavoro che lo ha assunto. Per altro verso, sembra corretto rimet-tere alla convenzione la determinazione dei contenuti del rapporto di lavoro che rientrino nella disponibilità delle parti, secondo quanto previsto dal contratto collettivo applicabile. Infine, risulta essenziale il coinvolgimento dell’INPS nella fase della stipula della convenzio-ne (per la corretta determinazione degli oneri previdenziali afferenti al rapporto di lavoro).

Omissis

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Circolare n. 41/2000Ministero del Lavoro

Oggetto: Assunzioni obbligatorie. Ulteriori indicazioni per l’applicazione della legge 12 marzo 1999, n. 68. Integrazione delle circolari n. 4/2000 e 36/2000

Il presente atto completa ed integra gli orientamenti ed i principi fissati con la prece-dente circolare n. 4 del 17 gennaio 2000, che si conferma e alla quale si rinvia, così come si ribadisce la validità delle precedenti circolari applicative in materia: circolari n. 77 del 24.11.1999 (iniziali indicazioni per l’attuazione della legge n. 68), n. 17 del 24.3.2000 (regime sanzionatorio) e n. 36 del 6.6.2000 (richiesta di avviamento e compensazione territoriale). L’intervento attuale intende offrire soluzione alle nume-rose problematiche emerse in esito alla prima fase di pratica applicazione della legge n. 68 del 1999. Preliminarmente, si precisa che la predetta disciplina trova applica-zione nei confronti dei datori di lavoro privati, ai quali sono pienamente equiparati gli enti pubblici economici, e dei datori di lavoro pubblici; le disposizioni della legge che si rivolgono genericamente ai datori di lavoro, sono destinate sia ai datori di lavoro privati che ai datori di lavoro pubblici.

DAtORI DI LAVORO ChE OCCUPANO DA 15 A 35 DIPENDENtI

Ad integrazione di quanto stabilito con la circolare n. 4/2000 sull’argomento, si pre-cisa che i datori di lavoro i quali, per effetto di nuove assunzioni, raggiungono un livello di organico di non più di 15 dipendenti non sono tenuti all’assolvimento degli obblighi di cui alla legge n. 68/99 fino a quando non effettuano una successiva nuova assunzione dalla quale cominciano a decorrere i dodici mesi già previsti per le nuove assunzioni. tenuto conto che l’obbligo di assunzione del lavoratore disabile scatta dopo dodici mesi dalla effettuazione di una nuova assunzione e che la presentazione dei prospet-ti, che vale anche come richiesta di avviamento, non può che ricondursi temporal-mente al momento in cui tale obbligo diviene attuale, si ravvisa la necessità che il datore di lavoro provveda a dare comunicazione al competente servizio dell’avve-nuta nuova assunzione per consentire allo stesso una preventiva presa d’atto ai fini del monitoraggio della situazione di sussistenza dell’obbligo. Al riguardo, si torna a precisare che dal compiersi del termine dei dodici mesi dalla prima nuova assunzio-ne, decorrono i sessanta giorni per la presentazione della richiesta di avviamento al lavoro del disabile. Premesso che, come precisato nella circolare n. 4/2000, non sono da considerarsi nuove assunzioni quelle effettuate per la sostituzione dei lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, si chiarisce che la sostituzione può avvenire anche per mansioni diverse da quelle svolte dal lavoratore sostituito; in tal caso, non si configura comunque un potenziamento effettivo delle attività. Inoltre, si ritiene di non dover considerare nuove assunzioni quelle dei lavoratori assunti con contratto di formazio-

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ne e lavoro e di apprendistato, almeno fino al momento della loro trasformazione a tempo indeterminato; per quanto riguarda, invece, i contratti a termine, non saranno considerati nuove assunzioni quelli di durata inferiore o pari a nove mesi, in armonia con quanto previsto dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 68, per i contratti a tempo determinato esclusi dalla base di computo. Per quanto concerne le trasformazioni a tempo indeterminato, avvenute dopo l’en-trata in vigore della legge n. 68, dei contratti a termine, di apprendistato, di forma-zione e lavoro e di reinserimento instaurati sotto il precedente regime normativo, si ritiene, per tale ragione, che esse non debbano essere classificate come nuove assunzioni; peraltro, essendo le stesse rilevanti ai fini dell’aggiornamento della base di computo, qualora le stesse trasformazioni non siano state segnalate nel prospetto informativo poiché intervenute successivamente, si avrà cura di menzionarle nel pro-spetto immediatamente successivo. Infine, l’obbligo di assunzione del disabile viene meno nel caso in cui, in esito ad una nuova assunzione cui fanno seguito, repentinamente, le dimissioni del nuovo assun-to o la cessazione dal servizio di altro dipendente, venga immediatamente ripristinato il precedente organico e non si dia luogo a sostituzione entro un congruo termine, che potrebbe individuarsi in 60 giorni dalle predette cessazioni, conformemente a quanto disposto dalla circolare n. 4 per gli inserimenti lavorativi che non sono consi-derati nuove assunzioni.

CONtRAttO A tEMPO PARzIALE

Ai fini della determinazione del calcolo della quota di riserva (cioè della individuazio-ne della base di computo) i contratti a tempo parziale si computano in proporzione all’orario svolto riferito alle ore lavorative ordinarie effettuate nell’azienda, con arro-tondamento alla unità della frazione di orario superiore alla metà di quello normale. Pertanto, il calcolo aritmetico verrà effettuato sommando le ore di tutti i contratti part time e rapportando la somma così ottenuta al totale delle ore prestate a tempo pieno, in base al contratto collettivo di lavoro della categoria, con il successivo arrotondamen-to ad unità delle frazioni superiori al 50%. Per quanto riguarda, invece, il computo dei lavoratori disabili occupati part-time a copertura della quota di riserva, dovrà considerarsi singolarmente l’orario prestato da ciascun lavoratore, rapportato al normale orario a tempo pieno, con arrotondamento ad unità qualora l’orario prestato sia superiore al 50 per cento dell’orario ordinario.

CERtIFICAzIONE OttEMPERANzA (ARt. 17)

La circolare n. 4/2000 dettava prime indicazioni per il periodo antecedente alla sca-denza del 31 marzo, data entro la quale i datori di lavoro dovevano presentare i prospetti informativi, stabilendo, in quella circostanza, che la semplice presentazione del prospetto costituisse condizione sufficiente per ottenere la certificazione di ot-temperanza, per non pregiudicare, nella fase di prima applicazione, i diritti dei datori di lavoro interessati alla partecipazione alle gare d’appalto. Superata tale scadenza, è ora necessario che gli uffici competenti effettuino con immediatezza le opportune

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verifiche sulle certificazioni a tale titolo rilasciate, ponendo in essere i conseguenti adempimenti previsti per l’avviamento, qualora si siano riscontrate scoperture. Allo stato, la certificazione di cui all’art. 17 potrà essere rilasciata - su richiesta del datore di lavoro interessato - oltre che ovviamente in presenza di una totale copertu-ra della aliquota d’obbligo, in tutti i casi in cui il datore di lavoro a fronte di ciascuna scopertura abbia individuato e sottoposto al servizio lo strumento che intende attiva-re per assolvere compiutamente l’obbligo (assunzione numerica o nominativa, pro-posta di convenzione, richiesta di autorizzazione all’esonero), fermo restando che la sussistenza di situazioni che giustificano la sospensione temporanea degli obblighi o lo spostamento territoriale su determinate sedi (compensazione) o la graduazione nel tempo delle assunzioni nel caso di trasformazione della natura giuridica da pubblica in privata (autorizzazione alla gradualità), costituiscono fattispecie che consentono ugualmente di ottenere la certificazione. Per quanto detto, non è possibile individuare un periodo di validità della certificazione, essendo lo stesso funzionale alla situazione concreta in cui versa il datore di lavoro richiedente. Se è vero, infatti, che essa, in linea di principio, ha valenza per tutto il periodo in cui si mantiene costante la situazione di copertura ovvero per la durata delle circostanze che hanno determinato la sospensione o l’esenzione dagli obblighi, è anche vero che le menzionate condizioni sono suscettibili di mutamenti in funzione delle dinamiche aziendali nonché di cause esterne. Pertanto è nell’interesse dello stesso datore di lavoro richiedere la certificazione ogni qual volta sia necessaria per la partecipazione a gare pubbliche, a prescindere dall’av-venuta presentazione dei prospetti negli ordinari termini di scadenza. La certificazione dovrà quindi recare una data non anteriore a quella di pubblicazione del bando. Infine, deve precisarsi che se è senz’altro valida, anche per le gare di appalto in am-bito provinciale la certificazione di ottemperanza rilasciata a livello nazionale, doven-dosi riconoscere alle disposizioni dell’art. 17 della legge 68 una valenza generale, ciò significa che al datore di lavoro è richiesto l’assolvimento dell’obbligo complessivo nella misura di cui all’art. 3, anche se in talune sedi, per motivi legati alle esigenze organizzative aziendali, può risultare scoperto al momento dell’accertamento. Si ribadisce, inoltre, la posizione già assunta da questa Amministrazione, precisando che i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti e che non hanno effettuato nuove assunzioni dopo il 18 gennaio 2000, se intendono partecipare a gare di appalto non sono tenuti a richiedere la certificazione agli uffici, poiché non soggetti agli obblighi derivanti dalla legge 68/99. A maggior ragione ciò vale per le imprese che occupano meno di 15 dipendenti. Peraltro, per motivi di linearità dell’azione amministrativa e, ad ulteriore garanzia di trasparenza nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione, si ritiene opportuno prevedere che i datori di lavoro in questione autocertifichino, mediante il legale rap-presentante, la loro condizione di non assoggettabilità agli obblighi di assunzione obbligatoria, adempimento che si ritiene del tutto sufficiente, tenuto conto delle onerose assunzioni di responsabilità che da esso discendono.

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AUtORIzzAzIONE ALL’ESONERO PARzIALE CONCESSO AI SENSI DELLA LEGGE 482/68

Come già chiarito con circolare n. 4/2000 le forme di esenzione totali o parziali dagli obblighi di assunzione, tra le quali gli esoneri, conservano al momento la loro validità per un periodo che sarà determinato nel regolamento di esecuzione, ferma restando l’eventuale scadenza già fissata. tale misura trae motivo dall’opportunità di consentire in tale periodo una revisione dei contenuti dell’autorizzazione già conces-sa, al fine di renderla compatibile con i nuovi contenuti della riforma. Ciò premesso, continuando l’autorizzazione suddetta ad operare secondo il pregresso sistema non è applicabile l’attuale regime di esonero e, conseguentemente, non può pretendersi il versamento del contributo esonerativo di cui all’art 5, comma 4, della legge n. 68.

INVALIDItà CONtRAttA DURANtE IL RAPPORtO DI LAVORO

Si ritiene che sia possibile il riconoscimento come disabile di un lavoratore invalido, non assunto dalle liste di collocamento obbligatorio, attraverso l’attivazione della procedura prevista dalla l. 68/99 e dall’atto di indirizzo e coordinamento successivamente emana-to (visita medica di accertamento ad istanza del lavoratore, da parte della Commissione sanitaria integrata di cui alla l. 104/91 e successiva redazione della scheda professio-nale da parte del Comitato tecnico per la verifica della compatibilità delle mansioni cui è adibito). Occorre inoltre precisare che i lavoratori che si sono invalidati nel corso del rapporto di lavoro per infortunio sul lavoro o malattia professionale, ai quali la legge n. 68 riconosce il diritto alla conservazione del posto, devono aver acquisito una invalidità pari o superiore al 33%.

BASE DI COMPUtO

Nel ribadire quanto previsto nella circolare n. 4/2000 in materia di esclusioni dalla base di computo, si precisa tuttavia che sono parimenti esclusi dalla base di computo - ai fini della determinazione dell’organico sul quale individuare la fascia di apparte-nenza in relazione al successivo calcolo della quota d’obbligo da coprire - i soggetti assunti ai sensi delle normative in materia di assunzioni obbligatorie.

FONDO NAzIONALE DISABILI: tERMINI DI PRESENtAzIONE DEI PROGRAMMI PER L’ANNO 2000

Ai fini di una più chiara interpretazione del combinato disposto dalle norme inserite nel decreto n. 91/2000, si precisa che il termine per la presentazione dei programmi diretti ad ottenere misure agevolative da parte dei datori di lavoro interessati è fissato al 30 giugno sia per l’anno in corso che per gli anni successivi, come disposto dall’art. 4, commi 1 e 2 del citato decreto. Oltre tale termine potranno comunque essere ammessi alle agevolazioni i programmi pervenuti tardivamente, qualora sussistano disponibilità di somme residue, a seguito della ripartizione degli accantonamenti del Fondo, che per l’anno 2000 è stata effettuata, come prescritto dal citato decreto,

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entro il 31 maggio. A decorrere dal 2001, la ripartizione stessa, che sarà determinata in funzione della entità e della qualità delle iniziative intraprese in ciascuna regione in favore dell’inserimento lavorativo dei disabili, avverrà entro il 1° marzo di ciascun anno.

COOPERAtIVE SOCIALI

Appare opportuno fornire talune indicazioni sul regime cui sono assoggettabili le co-operative sociali in funzione degli adempimenti connessi agli obblighi della legge n. 68 del 1999. Ciò per la particolare connotazione di tali enti, che proprio sul versante delle politiche socio-lavorative di inserimento hanno affermato il proprio ruolo. Per quanto attiene alla determinazione della base di computo, per le cooperative sociali disciplinate dalla legge n. 381 del 1991 trova applicazione la disciplina dell’ar-ticolo 3, comma 3, della legge n. 68, espressamente rivolta alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, categoria cui le cooperative sociali stesse appartengono, a norma della legge n. 460 del 1997. Per quanto riguarda, in particolare, le cooperati-ve sociali di cui all’articolo 1, lettera b), della citata legge n. 381, si evidenzia che le stesse, pur svolgendo attività diverse da quelle di carattere socio-assistenziale, sono finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. tra queste sono natu-ralmente ricompresi non solo lavoratori disabili, ma anche altre categorie in condizio-ne di disagio sociale, in quanto tali non destinatari delle disposizioni della legge n. 68 del 1999 e dunque non esclusi, in linea di principio, dalla base di computo ai fini della determinazione della quota di riserva. tuttavia, i predetti lavoratori sono assunti per il perseguimento delle finalità previste dalla cooperativa medesima, in quanto nella loro attività si sostanzia la natura stessa dell’ente; ciò posto, può correttamente argo-mentarsi che i lavoratori svantaggiati che prestano attività lavorativa nelle cooperati-ve sociali di tipo b) non sono inseribili, per definizione, tra il personale impiegato nei servizi tecnico-esecutivi e amministrativi, che il citato articolo 3, comma 3, individua quale nucleo di riferimento ai fini della individuazione della base di computo. A tale proposito, si precisa che il personale tecnico-esecutivo si intende distinto da quello che esercita funzioni amministrative e che pertanto i requisiti previsti dalla legge non devono sussistere in forma cumulativa. Per la valutazione delle attività la-vorative da considerarsi tali, dovrà farsi esclusivo riferimento alle norme contrattuali e regolamentari applicabili. Resta fermo che il personale disabile, in possesso del grado di disabilità minimo per l’accesso al collocamento obbligatorio, al suddetto titolo in servizio presso le coo-perative sociali, ben può essere dedotto a copertura della quota di riserva e, conse-guentemente, non computato nell’organico, qualora si attivi per lo stesso la ordinaria procedura di accertamento della invalidità. Analogamente, non sono inclusi nella base di computo i lavoratori svantaggiati che siano anche soci della cooperativa, in linea con quanto disposto nell’articolo 4, com-ma 1. Al riguardo, si evidenzia che il riferimento della citata disposizione deve in-tendersi esteso, stante la ratio legislativa e coerentemente con le finalità sottese al disposto normativo, a tutti i soci di cooperative di lavoro (anche ai soci che siano lavoratori dipendenti) e non solo a quelli delle cooperative di produzione e lavoro,

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in quanto iscritte nell’apposita sezione del registro prefettizio; sembra infatti indu-bitabile che il legislatore abbia utilizzato una terminologia atecnica, sostanzialmen-te volendo ricomprendere utilmente, nella base numerica di calcolo, unicamente i lavoratori con contratto di lavoro subordinato, che effettivamente, nel caso delle cooperative, offrono la reale percezione dell’organico nel suo assetto stabilizzato, a prescindere dal dato formale dell’iscrizione in un’apposita sezione del menzionato registro prefettizio. Merita inoltre uno specifico approfondimento un ulteriore aspetto, legato alla stipula delle convenzioni ai sensi dell’articolo 12 della legge n. 68, tra datore di lavoro, co-operativa sociale o disabile libero professionista e servizio per l’impiego, che è quello della individuazione del contratto collettivo di lavoro applicabile in tale modalità di impiego. Si ritiene che, in via di principio, debba applicarsi il contratto del datore di lavoro che assume il lavoratore disabile per distaccarlo presso la cooperativa, coe-rentemente con la disciplina legislativa che impone la contestualità tra stipula della convenzione e assunzione a tempo indeterminato del lavoratore disabile da parte del datore di lavoro stesso. E’ tuttavia evidente che, per quanto attiene al regime di orario, delle assenze e dei riposi, al potere direttivo e disciplinare, all’osservanza degli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro e a tutte le altre componenti del rapporto di lavoro connesse alla pratica utilizzazione del lavoratore disabile, lo stesso sarà soggetto di diritti e di doveri nei confronti della cooperativa che temporaneamente lo utilizza. Alla predetta direttiva relativa al contratto applicabile potrà derogarsi mediante espli-cita previsione con apposita clausola inserita nella convenzione, controfirmata, oltre che dalle parti stipulanti, anche dal lavoratore disabile che deve manifestare espres-samente il proprio assenso.

Il Ministro Cesare Salvi

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Decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 2000, N. 333Regolamento di esecuzione per l’attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68, recante norme per il diritto al lavoro dei disabili

Omissis

ARt. 10. CONVENzIONI tRA DAtORI DI LAVORO PRIVAtI, COOPERAtIVE SO-CIALI O DISABILI LIBERI PROFESSIONIStI E SERVIzIO COMPEtENtE

1. Ai sensi dell’articolo 12 della legge n.68 del 1999, i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di cui all’articolo 3 della citata legge, nonché le cooperative sociali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b) della legge 8 novembre 1991, n.381, ed i disabili liberi professionisti, interessati alla stipula delle convenzioni di cui al medesimo articolo 12, comunicano al servizio competente per il territorio per il quale si intende stipulare la convenzione la propria disponibilità ad avvalersi di tale strumento, fornendo altresì ogni utile informazione, appositamente documentata, atta a dimostrare la loro idoneità al raggiungimento degli scopi previsti dalla legge e il possesso dei requisiti di cui al comma 2.

2. Al momento della comunicazione di cui al comma 1, il disabile libero professionista deve essere iscritto al relativo albo professionale da almeno un anno. Alla medesima data, le cooperative sociali di cui al citato comma 1 devono essere iscritte all’albo regionale di cui all’articolo 9, comma 1, della citata legge n.381 del 1991 da almeno un anno, e devono avere in corso di svolgimento altre attività oltre a quelle oggetto della commessa. Il datore di lavoro privato che stipula la convenzione è tenuto contestualmente ad assumere il lavoratore disabile a tempo indeterminato a copertura dell’aliquota d’obbligo di cui all’articolo 3 della legge n.68 del 1999.

3. Le convenzioni di cui all’articolo 12 della legge n.68 del 1999 hanno durata non superiore a 12 mesi, prorogabili di ulteriori 12 mesi da parte dei servizi competenti. Oltre tale termine, il datore di lavoro privato che ha assunto il disabile può stipulare con i medesimi soggetti ed anche per lo stesso lavoratore, in tal caso su conforme parere del Comitato tecnico di cui all’articolo 6, comma 2, lettera b) della citata legge n.68 del 1999, una nuova convenzione avente ad oggetto un percorso formativo adeguato alle ulteriori esigenze formative del disabile.

4. Ferma restando la titolarità del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato che assume il disabile, la cooperativa sociale e il disabile libero professionista ed il lavoratore disabile impiegato con la convenzione assumono reciprocamente tutti i diritti e gli obblighi, ivi compresi quelli di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, derivanti dal rapporto di lavoro in base alla disciplina normativa e al contratto collettivo applicabile. Gli esiti del percorso formativo personalizzato sono comunicati dalla cooperativa sociale

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o dal disabile libero professionista al predetto datore di lavoro privato, con le modalità individuate nella convenzione.

5. Nella convenzione sono altresì disciplinate le modalità della prestazione lavorativa svolta dal disabile che rientrano nella disponibilità delle parti, ai sensi di quanto previsto dal contratto collettivo applicabile. I contenuti e le finalità della formazione personalizzata per il disabile, che può svolgersi anche in attività diverse da quelle oggetto della commessa, devono essere orientate all’acquisizione, da parte del disabile, di professionalità equivalenti a quella possedute nonché adeguate alle mansioni che il disabile stesso è chiamato a svolgere presso il datore di lavoro privato che lo ha assunto, al termine della convenzione.

6. L’eventuale recesso di uno dei soggetti contraenti prima della scadenza naturale della convenzione comporta la contestuale acquisizione della piena responsabilità del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato nei confronti del lavoratore disabile assunto e la contestuale immissione in servizio di quest’ultimo.

7. I servizi sottopongono lo schema di convenzione ai competenti uffici dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS). Le regioni possono stipulare apposite convenzioni-quadro con il predetto istituto al fine di definire preventivamente termini e modalità di versamento dei predetti contributi da parte delle cooperative sociali e dei disabili liberi professionisti.

8. Il servizio che stipula la convenzione effettua verifiche periodiche sul corretto funzionamento della convenzione stessa.

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Legge 22 giugno 2000, n. 193Norme per favorire l’attività lavorativa dei detenuti

ARt. 1.

1. Nell’articolo 4, comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 381, recante disciplina delle cooperative sociali, le parole: «si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione previste dagli articoli 47, 47-bis, 47-ter e 48 della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificati dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663.» sono sostituite dalle seguenti: «si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni.».

2. Nell’articolo 4 della legge 8 novembre 1991, n. 381, il comma 3 è sostituito dai seguenti:

3. Le aliquote complessive della contribuzione per l’assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale dovute dalle cooperative sociali, relativamente alla retribuzione corrisposta alle persone svantaggiate di cui al presente articolo, con l’eccezione delle persone di cui al comma 3-bis, sono ridotte a zero.

3-bis. Le aliquote di cui al comma 3, dovute dalle cooperative sociali relativamente alle retribuzioni corrisposte alle persone detenute o internate negli istituti penitenziari, agli ex degenti di ospedali psichiatrici giudiziari e alle persone condannate e internate ammesse al lavoro esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono ridotte nella misura percentuale individuata ogni due anni con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Gli sgravi contributivi di cui al presente comma si applicano per un ulteriore periodo di sei mesi successivo alla cessazione dello stato di detenzione».

ARt. 2.

1. Le agevolazioni previste dall’articolo 4, comma 3-bis, della legge 8 novembre 1991, n. 381, introdotto dall’articolo 1, comma 2, della presente legge, sono estese anche alle aziende pubbliche o private che organizzino attività produttive o di servizi, all’interno degli istituti penitenziari, impiegando persone detenute o internate, limitatamente ai contributi dovuti per questi soggetti. Nelle convenzioni con l’amministrazione penitenziaria dovrà essere definito anche il trattamento retributivo, in misura non inferiore a quanto previsto dalla normativa vigente per il lavoro carcerario.

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ARt. 3.

1. Alle imprese che assumono, per un periodo di tempo non inferiore ai trenta giorni, lavoratori detenuti o internati, anche quelli ammessi al lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, o che svolgono effettivamente attività formative nei loro confronti, è concesso un credito di imposta mensile nella misura massima di settecento euro per ogni lavoratore assunto.

2. Alle imprese che assumono, per un periodo di tempo non inferiore ai trenta giorni, detenuti semiliberi provenienti dalla detenzione, o che svolgono effettivamente attività formative nei loro confronti, è concesso un credito d’imposta mensile nella misura massima di trecentocinquanta euro per ogni lavoratore assunto.

3. I crediti d’imposta di cui ai commi 1 e 2 sono utilizzabili esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, e si applicano per un periodo di diciotto mesi successivo alla cessazione dello stato di detenzione per i detenuti ed internati che hanno beneficiato di misure alternative alla detenzione o del lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di ventiquattro mesi per i detenuti ed internati che non ne hanno beneficiato.

ARt. 4.

1. Le modalità ed entità delle agevolazioni e degli sgravi di cui all’articolo 3 sono determinate annualmente, nei limiti delle risorse finanziarie di cui all’articolo 6, con apposito decreto del Ministro della giustizia da emanare, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro delle finanze, entro il 31 maggio di ogni anno. Lo schema di decreto è trasmesso alle Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari.

ARt. 5.

1. Nell’articolo 20 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, dopo il dodicesimo comma è inserito il seguente: «Le amministrazioni penitenziarie, centrali e periferiche, stipulano apposite convenzioni con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali interessati a fornire a detenuti o internati opportunità di lavoro. Le convenzioni disciplinano l’oggetto e le condizioni di svolgimento dell’attività lavorativa, la formazione e il trattamento retributivo, senza oneri a carico della finanza pubblica».

2. Nell’articolo 20 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, dopo il sedicesimo comma è inserito il seguente:«Agli effetti della presente legge, per la costituzione e lo svolgimento di rapporti di lavoro nonché per l’assunzione della qualità di socio nelle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, non si applicano le incapacità derivanti da condanne penali o civili».

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3. Il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, presenta ogni anno al Parlamento una relazione sui dati relativi allo svolgimento da parte dei detenuti di attività lavorative o di corsi di formazione professionale per qualifiche richieste da esigenze territoriali. La relazione contiene altresì una specifica valutazione sull’idoneità degli spazi destinati a tali finalità.

ARt. 6.

1. All’onere derivante dalla attuazione della presente legge, determinato nel limite massimo di lire 9.000 milioni annue a decorrere dal 2000, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno finanziario 2000, parzialmente utilizzando, per lire 4.000 milioni, l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia, e per lire 5.000 milioni l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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LEGGE 8 novembre 2000, n. 328Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

CAPO I. PRINCIPI GENERALI DEL SIStEMA INtEGRAtO DI INtERVENtI E SERVIzI SOCIALI

ARt. 1. PRINCIPI GENERALI E FINALItà

1. La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.

2. Ai sensi della presente legge, per “interventi e servizi sociali” si intendono tutte le attività previste dall’articolo 128 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

3. La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali.

4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

5. Alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata.

6. La presente legge promuove la partecipazione attiva dei cittadini, il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti per il raggiungimento dei fini istituzionali di cui al comma 1.

7. Le disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le province

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autonome di trento e di Bolzano provvedono, nell’ambito delle competenze loro attribuite, ad adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni contenute nella presente legge, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti.

Omissis

ARt. 3. PRINCIPI PER LA PROGRAMMAzIONE DEGLI INtERVENtI E DELLE RISORSE DEL SIStEMA INtEGRAtO DI INtERVENtI E SERVIzI SOCIALI

1. Per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria ed integrata, è adottato il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse, dell’operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonché della valutazione di impatto di genere.

2. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, provvedono, nell’ambito delle rispettive competenze, alla programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i seguenti principi: a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell’istruzione

nonché con le politiche attive di formazione, di avviamento e di reinserimento al lavoro;

b) concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi ed i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale nonché le aziende unità sanitarie locali per le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria comprese nei livelli essenziali del Servizio sanitario nazionale.

3. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, per le finalità della presente legge, possono avvalersi degli accordi previsti dall’articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, anche al fine di garantire un’adeguata partecipazione alle iniziative ed ai finanziamenti dell’Unione europea.

4. I comuni, le regioni e lo Stato promuovono azioni per favorire la pluralità di offerta dei servizi garantendo il diritto di scelta fra gli stessi servizi e per consentire, in via sperimentale, su richiesta degli interessati, l’eventuale scelta di servizi sociali in alternativa alle prestazioni economiche, ad esclusione di quelle di cui all’articolo 24, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), della presente legge, nonché delle pensioni sociali di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, e degli assegni erogati ai sensi dell’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

Omissis

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ARt. 5. RUOLO DEL tERzO SEttORE

1. Per favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà, gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19, promuovono azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti nel terzo settore anche attraverso politiche formative ed interventi per l’accesso agevolato al credito ed ai fondi dell’Unione europea.

2. Ai fini dell’affidamento dei servizi previsti dalla presente legge, gli enti pubblici, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 11, promuovono azioni per favorire la trasparenza e la semplificazione amministrativa nonché il ricorso a forme di aggiudicazione o negoziali che consentano ai soggetti operanti nel terzo settore la piena espressione della propria progettualità, avvalendosi di analisi e di verifiche che tengano conto della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni offerte e della qualificazione del personale.

3. Le regioni, secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 4, e sulla base di un atto di indirizzo e coordinamento del Governo, ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità previste dall’articolo 8, comma 2, della presente legge, adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti locali e terzo settore, con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona.

4. Le regioni disciplinano altresì, sulla base dei principi della presente legge e degli indirizzi assunti con le modalità previste al comma 3, le modalità per valorizzare l’apporto del volontariato nell’erogazione dei servizi.

CAPO II. ASSEttO IStItUzIONALE E ORGANIzzAzIONE DEL SIStEMA INtEGRAtO DI INtERVENtI E SERVIzI SOCIALI

ARt. 6. FUNzIONI DEI COMUNI

1. I comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione regionale. tali funzioni sono esercitate dai comuni adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini, secondo le modalità stabilite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, come da ultimo modificata dalla legge 3 agosto 1999, n. 265.

2. Ai comuni, oltre ai compiti già trasferiti a norma del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, ed alle funzioni attribuite ai sensi dell’articolo 132, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, spetta, nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19 e secondo la disciplina adottata dalle regioni, l’esercizio delle seguenti attività: a) programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi

sociali a rete, indicazione delle priorità e dei settori di innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali, con il coinvolgimento dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 5;

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b) erogazione dei servizi, delle prestazioni economiche diverse da quelle disciplinate dall’articolo 22, e dei titoli di cui all’articolo 17, nonché delle attività assistenziali già di competenza delle province, con le modalità stabilite dalla legge regionale di cui all’articolo 8, comma 5;

c) autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, secondo quanto stabilito ai sensi degli articoli 8, comma 3, lettera f), e 9, comma 1, lettera c);

d) partecipazione al procedimento per l’individuazione degli ambiti territoriali, di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a); e) definizione dei parametri di valutazione delle condizioni di cui all’articolo 2, comma 3, ai fini della determinazione dell’accesso prioritario alle prestazioni e ai servizi.

3. Nell’esercizio delle funzioni di cui ai commi 1 e 2 i comuni provvedono a: a) promuovere, nell’ambito del sistema locale dei servizi sociali a rete, risorse delle

collettività locali tramite forme innovative di collaborazione per lo sviluppo di interventi di auto-aiuto e per favorire la reciprocità tra cittadini nell’ambito della vita comunitaria;

b) coordinare programmi e attività degli enti che operano nell’ambito di competenza, secondo le modalità fissate dalla regione, tramite collegamenti operativi tra i servizi che realizzano attività volte all’integrazione sociale ed intese con le aziende unità sanitarie locali per le attività socio-sanitarie e per i piani di zona;

c) adottare strumenti per la semplificazione amministrativa e per il controllo di gestione atti a valutare l’efficienza, l’efficacia ed i risultati delle prestazioni, in base alla programmazione di cui al comma 2, lettera a);

d) effettuare forme di consultazione dei soggetti di cui all’articolo 1, commi 5 e 6, per valutare la qualità e l’efficacia dei servizi e formulare proposte ai fini della predisposizione dei programmi;

e) garantire ai cittadini i diritti di partecipazione al controllo di qualità dei servizi, secondo le modalità previste dagli statuti comunali.

4. Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all’eventuale integrazione economica.

Omissis

ARt. 8. FUNzIONI DELLE REGIONI

1. Le regioni esercitano le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali nonché di verifica della rispettiva attuazione a livello territoriale e disciplinano l’integrazione degli interventi stessi, con particolare riferimento all’attività sanitaria e socio-sanitaria ad elevata integrazione sanitaria di cui all’articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419.

2. Allo scopo di garantire il costante adeguamento alle esigenze delle comunità

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locali, le regioni programmano gli interventi sociali secondo le indicazioni di cui all’articolo 3, commi 2 e 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, promuovendo, nell’ambito delle rispettive competenze, modalità di collaborazione e azioni coordinate con gli enti locali, adottando strumenti e procedure di raccordo e di concertazione, anche permanenti, per dare luogo a forme di cooperazione. Le regioni provvedono altresì alla consultazione dei soggetti di cui agli articoli 1, commi 5 e 6, e 10 della presente legge.

3. Alle regioni, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, spetta in particolare l’esercizio delle seguenti funzioni: a) determinazione, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della

presente legge, tramite le forme di concertazione con gli enti locali interessati, degli ambiti territoriali, delle modalità e degli strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete. Nella determinazione degli ambiti territoriali, le regioni prevedono incentivi a favore dell’esercizio associato delle funzioni sociali in ambiti territoriali di norma coincidenti con i distretti sanitari già operanti per le prestazioni sanitarie, destinando allo scopo una quota delle complessive risorse regionali destinate agli interventi previsti dalla presente legge;

b) definizione di politiche integrate in materia di interventi sociali, ambiente, sanità, istituzioni scolastiche, avviamento al lavoro e reinserimento nelle attività lavorative, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni;

c) promozione e coordinamento delle azioni di assistenza tecnica per la istituzione e la gestione degli interventi sociali da parte degli enti locali; d) promozione della sperimentazione di modelli innovativi di servizi in grado di coordinare le risorse umane e finanziarie presenti a livello locale e di collegarsi altresì alle esperienze effettuate a livello europeo;

e) promozione di metodi e strumenti per il controllo di gestione atti a valutare l’efficacia e l’efficienza dei servizi ed i risultati delle azioni previste;

f) definizione, sulla base dei requisiti minimi fissati dallo Stato, dei criteri per l’autorizzazione, l’accreditamento e la vigilanza delle strutture e dei servizi a gestione pubblica o dei soggetti di cui all’articolo 1, commi 4 e 5;

g) istituzione, secondo le modalità definite con legge regionale, sulla base di indicatori oggettivi di qualità, di registri dei soggetti autorizzati all’esercizio delle attività disciplinate dalla presente legge;

h) definizione dei requisiti di qualità per la gestione dei servizi e per la erogazione delle prestazioni;

i) definizione dei criteri per la concessione dei titoli di cui all’articolo 17 da parte dei comuni, secondo i criteri generali adottati in sede nazionale;

l) definizione dei criteri per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni, sulla base dei criteri determinati ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera g);

m) predisposizione e finanziamento dei piani per la formazione e l’aggiornamento del personale addetto alle attività sociali;

n) determinazione dei criteri per la definizione delle tariffe che i comuni sono tenuti a corrispondere ai soggetti accreditati;

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o) esercizio dei poteri sostitutivi, secondo le modalità indicate dalla legge regionale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nei confronti degli enti locali inadempienti rispetto a quanto stabilito dagli articoli 6, comma 2, lettere a), b) e c), e 19.

4. Fermi restando i principi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le regioni disciplinano le procedure amministrative, le modalità per la presentazione dei reclami da parte degli utenti delle prestazioni sociali e l’eventuale istituzione di uffici di tutela degli utenti stessi che assicurino adeguate forme di indipendenza nei confronti degli enti erogatori.

5. La legge regionale di cui all’articolo 132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, disciplina il trasferimento ai comuni o agli enti locali delle funzioni indicate dal regio decreto - legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e dal decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67. Con la medesima legge, le regioni disciplinano, con le modalità stabilite dall’articolo 3 del citato decreto legislativo n. 112 del 1998, il trasferimento ai comuni e agli enti locali delle risorse umane, finanziarie e patrimoniali per assicurare la copertura degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni sociali trasferite utilizzate alla data di entrata in vigore della presente legge per l’esercizio delle funzioni stesse.

ARt. 9. FUNzIONI DELLO StAtO

1. Allo Stato spetta l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 129 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché dei poteri di indirizzo e coordinamento e di regolazione delle politiche sociali per i seguenti aspetti: a) determinazione dei principi e degli obiettivi della politica sociale attraverso il

Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali di cui all’articolo 18; b) individuazione dei livelli essenziali ed uniformi delle prestazioni, comprese le

funzioni in materia assistenziale, svolte per minori ed adulti dal Ministero della giustizia, all’interno del settore penale;

c) fissazione dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per l’autorizzazione all’esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale; previsione di requisiti specifici per le comunità di tipo familiare con sede nelle civili abitazioni;

d) determinazione dei requisiti e dei profili professionali in materia di professioni sociali, nonché dei requisiti di accesso e di durata dei percorsi formativi;

e) esercizio dei poteri sostitutivi in caso di riscontrata inadempienza delle regioni, ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dell’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;

f) ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali secondo i criteri stabiliti dall’articolo 20, comma 7.

2. Le competenze statali di cui al comma 1, lettere b) e c), del presente articolo sono esercitate sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; le restanti competenze sono esercitate secondo i criteri stabiliti dall’articolo 129, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

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Omissis

ARt. 11. AUtORIzzAzIONE E ACCREDItAMENtO

1. I servizi e le strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, sono autorizzati dai comuni. L’autorizzazione è rilasciata in conformità ai requisiti stabiliti dalla legge regionale, che recepisce e integra, in relazione alle esigenze locali, i requisiti minimi nazionali determinati ai sensi dell’articolo 9, comma 1, lettera c), con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri interessati e la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

2. I requisiti minimi nazionali trovano immediata applicazione per servizi e strutture di nuova istituzione; per i servizi e le strutture operanti alla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni provvedono a concedere autorizzazioni provvisorie, prevedendo l’adeguamento ai requisiti regionali e nazionali nel termine stabilito da ciascuna regione e in ogni caso non oltre il termine di cinque anni.

3. I comuni provvedono all’accreditamento, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera c), e corrispondono ai soggetti accreditati tariffe per le prestazioni erogate nell’ambito della programmazione regionale e locale sulla base delle determinazioni di cui all’articolo 8, comma 3, lettera n).

4. Le regioni, nell’ambito degli indirizzi definiti dal Piano nazionale ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera e), disciplinano le modalità per il rilascio da parte dei comuni ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, delle autorizzazioni alla erogazione di servizi sperimentali e innovativi, per un periodo massimo di tre anni, in deroga ai requisiti di cui al comma 1. Le regioni, con il medesimo provvedimento di cui al comma 1, definiscono gli strumenti per la verifica dei risultati.

ARt. 12. FIGURE PROFESSIONALI SOCIALI

1. Con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con i Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione e dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, sulla base dei criteri e dei parametri individuati dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ai sensi dell’articolo 129, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono definiti i profili professionali delle figure professionali sociali.

2. Con regolamento del Ministro per la solidarietà sociale, da emanare di concerto con i Ministri della sanità e dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti: a) le figure professionali di cui al comma 1 da formare con i corsi di laurea di cui

all’articolo 6 del regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei, adottato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;

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b) le figure professionali di cui al comma 1 da formare in corsi di formazione organizzati dalle regioni, nonché i criteri generali riguardanti i requisiti per l’accesso, la durata e l’ordinamento didattico dei medesimi corsi di formazione;

c) i criteri per il riconoscimento e la equiparazione dei profili professionali esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea di cui al comma 2, lettera a), sono definiti dall’università ai sensi dell’articolo 11 del citato regolamento adottato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509.

4. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 3-octies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall’articolo 3 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, relative ai profili professionali dell’area socio-sanitaria ad elevata integrazione socio-sanitaria.

5. Ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con decreto dei Ministri per la solidarietà sociale, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione pubblica, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate, per le figure professionali sociali, le modalità di accesso alla dirigenza, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

6. Le risorse economiche per finanziare le iniziative di cui al comma 2 sono reperite dalle amministrazioni responsabili delle attività formative negli stanziamenti previsti per i programmi di formazione, avvalendosi anche del concorso del Fondo sociale europeo e senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato.

ARt. 13. CARtA DEI SERVIzI SOCIALI

1. Al fine di tutelare le posizioni soggettive degli utenti, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, d’intesa con i Ministri interessati, è adottato lo schema generale di riferimento della carta dei servizi sociali. Entro sei mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ciascun ente erogatore di servizi adotta una carta dei servizi sociali ed è tenuto a darne adeguata pubblicità agli utenti.

2. Nella carta dei servizi sociali sono definiti i criteri per l’accesso ai servizi, le modalità del relativo funzionamento, le condizioni per facilitarne le valutazioni da parte degli utenti e dei soggetti che rappresentano i loro diritti, nonché le procedure per assicurare la tutela degli utenti. Al fine di tutelare le posizioni soggettive e di rendere immediatamente esigibili i diritti soggettivi riconosciuti, la carta dei servizi sociali, ferma restando la tutela per via giurisdizionale, prevede per gli utenti la possibilità di attivare ricorsi nei confronti dei responsabili preposti alla gestione dei servizi.

3. L’adozione della carta dei servizi sociali da parte degli erogatori delle prestazioni e dei servizi sociali costituisce requisito necessario ai fini dell’accreditamento.

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Omissis

CAPO IV. StRUMENtI PER FAVORIRE IL RIORDINO DEL SIStEMA INtEGRAtO DI INtERVENtI E SERVIzI SOCIALI

ARt. 19. PIANO DI zONA

1. I comuni associati, negli ambiti territoriali di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a), a tutela dei diritti della popolazione, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell’ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo 4, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cui all’articolo 18, comma 6, a definire il piano di zona, che individua: a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi

per la relativa realizzazione; b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e

professionali, i requisiti di qualità in relazione alle disposizioni regionali adottate ai sensi dell’articolo 8, comma 3, lettera h);

c) le forme di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo di cui all’articolo 21;

d) le modalità per garantire l’integrazione tra servizi e prestazioni; e) le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle

amministrazioni statali, con particolare riferimento all’amministrazione penitenziaria e della giustizia;

f) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell’ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità;

g) le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale e con i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4.

2. Il piano di zona, di norma adottato attraverso accordo di programma, ai sensi dell’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, è volto a: a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni

complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi;

b) qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concertazione di cui al comma 1, lettera g);

c) definire criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri soggetti firmatari dell’accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi;

d) prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.

3. All’accordo di programma di cui al comma 2, per assicurare l’adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie, partecipano i soggetti pubblici di cui al comma 1 nonché i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, e all’articolo 10,

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che attraverso l’accreditamento o specifiche forme di concertazione concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali previsto nel piano.

Omissis

CAPO V. INtERVENtI, SERVIzI ED EMOLUMENtI ECONOMICI DEL SIStEMA INtEGRAtO DI INtERVENtI E SERVIzI SOCIALI

SEzIONE I. DISPOSIzIONI GENERALI

ARt. 22. DEFINIzIONE DEL SIStEMA INtEGRAtO DI INtERVENtI E SERVIzI SOCIALI

1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l’efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte.

2. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione, nonché le disposizioni in materia di integrazione socio-sanitaria di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, gli interventi di seguito indicati costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto delle risorse ordinarie già destinate dagli enti locali alla spesa sociale: a) misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di

accompagnamento, con particolare riferimento alle persone senza fissa dimora; b) misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio

di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana;

c) interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;

d) misure per il sostegno delle responsabilità familiari, ai sensi dell’articolo 16, per favorire l’armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare;

e) misure di sostegno alle donne in difficoltà per assicurare i benefici disposti dal regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e dalla legge 10 dicembre 1925, n. 2277, e loro successive modificazioni, integrazioni e norme attuative;

f) interventi per la piena integrazione delle persone disabili ai sensi dell’articolo 14; realizzazione, per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dei centri socio-riabilitativi e delle comunità-alloggio di

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cui all’articolo 10 della citata legge n. 104 del 1992, e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delle prestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie;

g) interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, per l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, nonché per l’accoglienza e la socializzazione presso strutture residenziali e semiresidenziali per coloro che, in ragione della elevata fragilità personale o di limitazione dell’autonomia, non siano assistibili a domicilio;

h) prestazioni integrate di tipo socio-educativo per contrastare dipendenze da droghe, alcol e farmaci, favorendo interventi di natura preventiva, di recupero e reinserimento sociale;

i) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di auto-aiuto.

3. Gli interventi del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui al comma 2, lettera c), sono realizzati, in particolare, secondo le finalità delle leggi 4 maggio 1983, n. 184, 27 maggio 1991, n. 176, 15 febbraio 1996, n. 66, 28 agosto 1997, n. 285, 23 dicembre 1997, n. 451, 3 agosto 1998, n. 296, 31 dicembre 1998, n. 476, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, approvate con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, nonché della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per i minori disabili. Ai fini di cui all’articolo 11 e per favorire la deistituzionalizzazione, i servizi e le strutture a ciclo residenziale destinati all’accoglienza dei minori devono essere organizzati esclusivamente nella forma di strutture comunitarie di tipo familiare.

4. In relazione a quanto indicato al comma 2, le leggi regionali, secondo i modelli organizzativi adottati, prevedono per ogni ambito territoriale di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a), tenendo conto anche delle diverse esigenze delle aree urbane e rurali, comunque l’erogazione delle seguenti prestazioni: a) servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione e

consulenza al singolo e ai nuclei familiari; b) servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e

familiari; c) assistenza domiciliare; d) strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali; e) centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario.

Omissis

CAPO VI. DISPOSIzIONI FINALI

Omissis

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ARt. 28. INtERVENtI URGENtI PER LE SItUAzIONI DI POVERtà EStREMA

1. Allo scopo di garantire il potenziamento degli interventi volti ad assicurare i servizi destinati alle persone che versano in situazioni di povertà estrema e alle persone senza fissa dimora, il Fondo nazionale per le politiche sociali è incrementato di una somma pari a lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002.

2. Ai fini di cui al comma 1, gli enti locali, le organizzazioni di volontariato e gli organismi non lucrativi di utilità sociale nonché le IPAB possono presentare alle regioni, secondo le modalità e i termini definiti ai sensi del comma 3, progetti concernenti la realizzazione di centri e di servizi di pronta accoglienza, interventi socio-sanitari, servizi per l’accompagnamento e il reinserimento sociale.

3. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con atto di indirizzo e coordinamento deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti i criteri di riparto tra le regioni dei finanziamenti di cui al comma 1, i termini per la presentazione delle richieste di finanziamento dei progetti di cui al comma 2, i requisiti per l’accesso ai finanziamenti, i criteri generali di valutazione dei progetti, le modalità per il monitoraggio degli interventi realizzati, i comuni delle grandi aree urbane per i quali gli interventi di cui al presente articolo sono considerati prioritari.

4. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, pari a lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2001 e 2002 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

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Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 marzo 2001Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell’art. 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328

IL PRESIDENtE DEL CONSIGLIO DEI MINIStRI

Vista la legge 8 novembre 2000, n. 328: “Legge quadro per la realizzazione del siste-ma integrato di interventi e servizi sociali”; Visto in particolare l’art. 5, comma 3 della legge n. 328 del 2000 che prevede l’adozione di un atto di indirizzo e coordinamento del Governo sulla base del quale le regioni, secondo quanto previsto dall’art. 3, com-ma 4, della medesima legge, adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti locali e terzo settore, con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona; Visto l’art. 5, comma 4, della legge n. 328 del 2000 che prevede che le regioni disciplinino, sulla base degli indirizzi del Governo, le modalità per valo-rizzare l’apporto del volontariato nell’erogazione dei servizi;Vista la legge 11 agosto 1991, n. 266: “Legge-quadro sul volontariato”; Vista la legge 7 dicembre 2000, n. 383: “Disciplina delle associazioni di promozione socia-le”; Vista la legge 8 novembre 1991, n. 381: “Disciplina delle cooperative sociali”; Vista la legge 7 novembre 2000, n. 327: “Valutazione dei costi del lavoro e della sicurezza nelle gare di appalto”; Visto l’art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni; Visto l’art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Visto il parere della Conferenza unificata, di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella seduta dell’8 marzo 2001; Acquisita l’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di trento e Bolzano, ai sensi dell’art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, espressa nella seduta dell’8 marzo 2001; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 marzo 2001; Sulla proposta del Ministro per la solidarietà sociale;

Decreta:

ARt. 1. RUOLO DEI SOGGEttI DEL tERzO SEttORE NELLA PROGRAMMAzIONE PROGEttAzIONE E GEStIONE DEI SERVIzI ALLA PERSONA

1. Il presente provvedimento fornisce indirizzi per la regolazione dei rapporti tra comuni e loro forme associative con i soggetti del terzo settore ai fini dell’affidamento dei servizi previsti dalla legge n. 328 del 2000, nonché per la valorizzazione del loro ruolo nella attività di programmazione e progettazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

2. Le regioni, sulla base del presente provvedimento, adottano specifici indirizzi per: a) promuovere l’offerta, il miglioramento della qualità e l’innovazione dei

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servizi e degli interventi anche attraverso la definizione di specifici requisiti di qualità e il ruolo riconosciuto degli utenti e delle loro associazioni ed enti di tutela; b) favorire la pluralità di offerta dei servizi e delle prestazioni, nel rispetto dei principi di trasparenza e semplificazione amministrativa; c) favorire l’utilizzo di forme di aggiudicazione o negoziali che consentano la piena espressione della capacità progettuale ed organizzativa dei soggetti dei terzo settore; d) favorire forme di coprogettazione promosse dalle amministrazioni pubbliche interessate, che coinvolgano attivamente i soggetti del terzo settore per l’individuazione di progetti sperimentali ed innovativi al fine di affrontare specifiche problematiche sociali; e) definire adeguati processi di consultazione con i soggetti del terzo settore e con i loro organismi rappresentativi riconosciuti come parte sociale.

3. I comuni, ai fini dell’erogazione dei servizi e degli interventi, anche nell’ambito dei rapporti di cui al comma 1, predispongono, d’intesa con l’azienda USL nel caso di interventi socio-sanitari integrati, progetti individuali di assistenza ovvero l’erogazione di interventi nell’ambito di percorsi assistenziali attivi per l’integrazione o la reintegrazione sociale.

ARt. 2. I SOGGEttI DEL tERzO SEttORE

1. Ai fini del presente atto si considerano soggetti del terzo settore: le organizzazioni di volontariato, le associazioni e gli enti di promozione sociale, gli organismi della cooperazione, le cooperative sociali, le fondazioni, gli enti di patronato, altri soggetti privati non a scopo di lucro.

ARt. 3. LE ORGANIzzAzIONI DI VOLONtARIAtO

1. Le regioni e i comuni valorizzano l’apporto del volontariato nel sistema di interventi e servizi come espressione organizzata di solidarietà sociale, di autoaiuto e reciprocità nonché con riferimento ai servizi e alle prestazioni, anche di carattere promozionale, complementari a servizi che richiedono una organizzazione complessa ed altre attività compatibili, ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266, con la natura e le finalità del volontariato. Gli enti pubblici stabiliscono forme di collaborazione con le organizzazioni di volontariato avvalendosi dello strumento della convenzione di cui alla legge n. 266/1991.

ARt. 4. SELEzIONE DEI SOGGEttI DEL tERzO SEttORE

1. I comuni, ai fini della preselezione dei soggetti presso cui acquistare o ai quali affidare l’erogazione di servizi di cui ai successivi articoli 5 e 6, fermo restando quanto stabilito dall’art. 11 della legge n. 328 del 2000, valutano i seguenti elementi: a) la formazione, la qualificazione e l’esperienza professionale degli operatori coinvolti; b) l’esperienza maturata nei settori e nei servizi di riferimento.

2. I comuni procedono all’aggiudicazione dei servizi di cui al comma 1 sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tenendo conto in particolare dei se-guenti elementi qualitativi: a) le modalità adottate per il contenimento del turn over

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degli operatori; b) gli strumenti di qualificazione organizzativa del lavoro; c) la cono-scenza degli specifici problemi sociali del territorio e delle risorse sociali della comu-nità; d) il rispetto dei trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva e delle norme in materia di previdenza e assistenza. 3. I comuni, ai fini delle aggiudi-cazioni di cui al comma 2, non devono procedere all’affidamento dei servizi con il metodo del massimo ribasso.

ARt. 5. ACQUIStO DI SERVIzI E PREStAzIONI

1. I comuni, al fine di realizzare il sistema integrato di interventi e servizi sociali garantendone i livelli essenziali, possono acquistare servizi e interventi organizzati dai soggetti del terzo settore.

2. Le regioni disciplinano le modalità per l’acquisto da parte dei comuni dei servizi ed interventi organizzati dai soggetti del terzo settore definendo in particolare: a) le modalità per garantire una adeguata pubblicità del presumibile fabbisogno di servizi in un determinato arco temporale; b) le modalità per l’istituzione dell’elenco dei fornitori di servizi autorizzati ai sensi dell’art. 11 della legge n. 328 del 2000, che si dichiarano disponibili ad offrire i servizi richiesti secondo tariffe e caratteristiche qualitative concordate; c) i criteri per l’eventuale selezione dei soggetti fornitori sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 4.

3. Oggetto dell’acquisto o dell’affidamento di cui all’art. 6, deve essere l’organizzazione complessiva del servizio o della prestazione, con assoluta esclusione delle mere prestazioni di manodopera che possono essere acquisite esclusivamente nelle forme previste dalla legge n. 196 del 1997.

4. I comuni stipulano convenzioni con i fornitori iscritti nell’elenco di cui al comma 2, anche acquisendo la disponibilità del fornitore alla erogazione di servizi e interventi a favore di cittadini in possesso dei titoli di cui all’art. 17 della legge n. 328 del 2000.

ARt. 6. AFFIDAMENtO DELLA GEStIONE DEI SERVIzI

1. Le regioni adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra comuni e soggetti del terzo settore nell’affidamento dei servizi alla persona di cui alla legge n. 328 del 2000 tenuto conto delle norme nazionali e comunitarie che disciplinano le procedure di affidamento dei servizi da parte della pubblica amministrazione.

2. Nel rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza dell’azione della pubblica amministrazione e di libera concorrenza tra i privati nel rapportarsi ad essa, sono da privilegiare le procedure di aggiudicazione ristrette e negoziate. In tale ambito le procedure ristrette permettono di valutare e valorizzare diversi elementi di qualità che il comune intende ottenere dal servizio appaltato.

3. I comuni, nell’affidamento per la gestione dei servizi, utilizzano il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tenuto conto anche di quanto previsto all’art. 4.

4. I contratti previsti dal presente articolo prevedono forme e modalità per la verifica degli adempimenti oggetto del contratto ivi compreso il mantenimento dei livelli

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qualitativi concordati ed i provvedimenti da adottare in caso di mancato rispetto.

ARt. 7. IStRUttORIE PUBBLIChE PER LA COPROGEttAzIONE CON I SOGGEttI DEL tERzO SEttORE

1. Al fine di affrontare specifiche problematiche sociali, valorizzando e coinvolgendo attivamente i soggetti del terzo settore, i comuni possono indire istruttorie pubbliche per la coprogettazione di interventi innovativi e sperimentali su cui i soggetti del terzo settore esprimono disponibilità a collaborare con il comune per la realizzazione degli obiettivi. Le regioni possono adottare indirizzi per definire le modalità di indizione e funzionamento delle istruttorie pubbliche nonché per la individuazione delle forme di sostegno.

ARt. 8. PROMOzIONE E QUALIFICAzIONE DEL tERzO SEttORE

1. Le regioni e i comuni predispongono, di concerto con gli organismi rappresentativi del terzo settore, azioni di promozione, sostegno e qualificazione dei soggetti del terzo settore mediante politiche formative, fiscali e interventi per l’accesso agevolato al credito e ai fondi europei, avvalendosi anche delle realtà e delle competenze da loro espresse.

ARt. 9. NORME FINALI E tRANSItORIE

1. In attesa della adozione delle norme statali e regionali in materia di autorizzazione e accreditamento, previste dalla legge n. 328 del 2000, le regioni definiscono, nell’ambito degli indirizzi di attuazione del presente provvedimento, le condizioni minime e le modalità per l’instaurazione di rapporti economici tra i comuni e i soggetti del terzo settore.

2. Le disposizioni del presente provvedimento si applicano anche ai soggetti ai quali i comuni delegano l’esercizio delle proprie funzioni, nonché ai soggetti costituiti per l’esercizio delle stesse. 3. Le regioni adottano indirizzi al fine di rendere applicabili le norme del presente provvedimento anche ai servizi ed interventi socio sanitari.

4. Le disposizioni di cui agli articoli 4, 5 e 6 del presente decreto si applicano, in quanto compatibili, ai rapporti con altri soggetti erogatori.

5. Le regioni a statuto speciale e le province autonome provvedono alle finalità del presente atto di indirizzo nell’ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti. Il presente decreto, previa registrazione da parte della Corte dei conti, sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 30 marzo 2001

Il Presidente del Consiglio dei Ministri AmatoIl Ministro per la solidarietà sociale Turco

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Legge 3 Aprile 2001, n. 142Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con partico-lare riferimento alla posizione del socio lavoratore

Omissis

ARt. 6 (REGOLAMENtO INtERNO)

1. Entro il 31 dicembre 2003, le cooperative di cui all’articolo 1 definiscono un regolamento, approvato dall’assemblea, sulla tipologia dei rapporti che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori. Il regolamento deve essere depositato entro trenta giorni dall’approvazione presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. Il regolamento deve contenere in ogni caso: a) il richiamo ai contratti collettivi applicabili, per ciò che attiene ai soci lavoratori

con rapporto di lavoro subordinato;b) le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci, in

relazione all’organizzazione aziendale della cooperativa e ai profili professionali dei soci stessi, anche nei casi di tipologie diverse da quella del lavoro subordinato;

c) il richiamo espresso alle normative di legge vigenti per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato;

d) l’attribuzione all’assemblea della facoltà di deliberare, all’occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i livelli occupazionali e siano altresì previsti: la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi di cui al comma 2, lettera b), dell’articolo 3; il divieto, per l’intera durata del piano, di distribuzione di eventuali utili;

e) l’attribuzione all’assemblea della facoltà di deliberare, nell’ambito del piano di crisi aziendale di cui alla lettera d), forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacita finanziarie;

f) al fine di promuovere nuova imprenditorialità, nelle cooperative di nuova costituzione, la facoltà per l’assemblea della cooperativa di deliberare un piano d’avviamento alle condizioni e secondo le modalità stabilite in accordi collettivi tra le associazioni nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.

2. Salvo quanto previsto alle lettere d), e) ed f) del comma 1, nonché all’articolo 3, comma 2-bis, il regolamento non può contenere disposizioni derogatorie in pejus rispetto al solo trattamento economico minimo di cui all’articolo 3, comma 1. Nel caso in cui violi la disposizione di cui al primo periodo, la clausola è nulla.

2-bis. Le cooperative di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, possono definire accordi territoriali con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative per rendere compatibile l’applicazione del contratto collettivo di lavoro nazionale di riferimento all’attività svolta. tale accordo deve essere depositato presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio.

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Circolare n. 134 del 25 luglio 2002INPS - Direzione Centrale delle Entrate ContributiveDirezione Centrale Finanza, Contabilità e Bilancio

Oggetto: Legge 22 giugno 2000, n. 193. Benefici contributivi per l’impiego intra moenia di persone detenute o internate. Istruzioni contabili. Variazioni al piano dei conti. Sommario: Disposizioni operative per la fruizione dei benefici previsti dal D.M. 9 no-vembre 2001 a favore delle cooperative sociali e/o delle azienda pubbliche e private che, all’interno delle carceri, impiegano persone detenute o internate.

Premessa

Nella G.U. n. 119 del 23 maggio 2002 è stato pubblicato il Decreto interministe-riale Giustizia - Finanze 9 novembre 2001, contenente disposizioni attuative per la concessione delle agevolazioni contributive previste dalla legge 22 giugno 2000, n. 193 a beneficio delle cooperative sociali e delle aziende, pubbliche e private, che, organizzando attività di servizio o produttive all’interno degli istituti penitenziari, im-piegano persone detenute o internate.

1. QUADRO DI RIFERIMENtO

La legge n. 193/2000 si inserisce nell’ambito delle politiche atte a promuovere lo svolgimento di attività di lavoro da parte di detenuti. Il provvedimento legislativo, infatti, oltre a concretizzare la disposizione dell’articolo 27 della Costituzione - che prescrive una funzione anche rieducativa e di reinserimento sociale della pena - pre-vede la concessione di sgravi contributivi e fiscali per le imprese che affidano ai de-tenuti prestazioni lavorative. La determinazione dei predetti benefici era, tuttavia, subordinata all’emanazione di un apposito decreto interministeriale che ne stabilisse le misure (art. 1, c. 3-bis). Il decreto 9 novembre 2001, attua le agevolazioni previste nel citato intervento legi-slativo.

2. CENNI SUL LAVORO IN CARCERE

Prima di soffermarsi sulle agevolazioni previste dalla legge n. 193/2000, occorre preliminarmente considerare che, in ambito carcerario, il lavoro può essere svolto sia all’interno che all’esterno degli stabilimenti penitenziari. In particolare si definisce la-voro all’esterno quello che, svolgendosi fuori dalla cinta muraria anche presso impre-se pubbliche o private, comporta l’uscita del detenuto dal complesso penitenziario. La distinzione assume rilievo ai fini della concessione delle agevolazioni previste dalla legge. Mentre, infatti, per le Cooperative sociali i benefici trovano applicazione a prescindere dal luogo nel quale le persone detenute o internate svolgono l’attività

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lavorativa, le aziende pubbliche e private che organizzano attività di servizio o pro-duttive intra moenia, sono ammesse alle agevolazioni limitatamente alle persone im-pegnate nelle attività lavorative che si svolgono all’interno degli istituti penitenziari.

3. CONtENUtO DELLA NORMA E BENEFICIARI

3. 1. COOPERAtIVE SOCIALI

L’articolo 1 della legge n. 193/2000 si propone di incentivare le offerte di lavoro pro-venienti dalle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381. Il comma 1, infatti, ampliando le previsioni dell’articolo 4 della legge n. 381 del 1991 - che individua i soggetti svantaggiati destinatari delle agevolazioni previste dalla legge stessa - vi include gli ex-degenti di istituti psichiatrici giudiziari e i detenuti e internati negli istituti penitenziari. Il secondo comma, inoltre, modifica il comma 3 del già citato articolo 4, aggiungen-dovi il comma 3-bis, in forza del quale le aliquote contributive dovute sulle retri-buzioni corrisposte dalle cooperative sociali alle persone detenute o internate negli istituti penitenziari, agli ex degenti di ospedali psichiatrici giudiziari e alle persone condannate e internate ammesse al lavoro esterno ai sensi dell’articolo 21 della leg-ge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, vengano corrisposte in misura ridotta, determinata, ogni due anni, con apposito decreto. Il medesimo comma pre-vede altresì che il beneficio si applichi anche nei sei mesi successivi alla cessazione dello stato di detenzione. Si rammenta da ultimo che le cooperative sociali, qualora impieghino persone am-messe alle misure alternative che in precedenza siano stati occupati come detenuti, internati o ammessi al lavoro esterno ex art. 21 della legge n. 354/1975, usufruiranno dell’abbattimento totale delle aliquote contributive, assistenziali e previdenziali pre-visto per le “persone svantaggiate” dall’art. 4, c. 3, della citata legge n. 381/1991 (circolare n. 296 del 29 dicembre 1992).

3. 2 AzIENDE PUBBLIChE E PRIVAtE

Le agevolazioni contributive, introdotte dall’articolo 1 della legge n. 193/2000, sono estese anche alle aziende pubbliche e private che, organizzando attività intramurarie di servizio o di produzione, impieghino persone detenute o internate (articolo 2). In particolare la norma prevede che tra aziende ed amministrazione penitenziaria siano stipulate delle convenzioni (vedi punto successivo) le quali prevedano la definizione del trattamento retributivo da corrispondere al personale impiegato nelle attività la-vorative. Si osserva, infine, che anche nei riguardi delle aziende pubbliche e private opera l’esten-sione del beneficio nei sei mesi successivi alla cessazione dello stato di detenzione.

4. DEStINAtARI

Le agevolazioni si rivolgono alle persone detenute o internate negli istituti peniten-

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ziari, agli ex degenti di ospedali psichiatrici giudiziari e alle persone condannate e internate ammesse al lavoro esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Al fine di fornire a detenuti o internati opportunità di lavoro, soccorre l’articolo 5 della legge n. 193/2000, il quale, modificando l’articolo 20 della sopraccitata legge n. 354/1975, prevede che le amministrazioni penitenziarie, centrali e periferiche, stipulino apposite convenzioni con cooperative sociali o soggetti pubblici o privati interessati. Nelle convenzioni sono disciplinati l’oggetto, le condizioni di svolgimento dell’attività lavorativa, la formazione ed il trattamento retributivo. Quest’ultimo, peraltro, è sta-bilito in misura non inferiore a quanto previsto dalla normativa vigente per il lavoro carcerario. Il secondo comma dell’articolo 5 prevede, infine, per la costituzione e lo svolgimento dei rapporti di lavoro, nonché per favorire l’associazione in cooperative sociali ex leg-ge n. 381/1991, l’inapplicabilità delle incapacità derivanti da condanne penali e civili.

5. OGGEttO DEL BENEFICIO

L’agevolazione è costituita da una riduzione delle aliquote contributive dovute dalle cooperative e/o dalle aziende pubbliche o private, relativamente alle retribuzioni corrisposte alle persone detenute o internate. Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1 del decreto 9 novembre 2001, lo sgravio è stabilito, per ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002, nella misura dell’80% della contribuzione complessivamente dovuta (quota a carico del datore di lavoro e quota lavoratore). Per il finanziamento del beneficio contributivo sono destinati complessivamente 5 miliardi di lire (€ 2. 582. 284,50).

6. CONDIzIONI PER L’ACCESSO AL BENEFICIO

Le cooperative e/o le aziende pubbliche e private destinatarie delle agevolazioni provvederanno a presentare alla competente Sede dell’Istituto copia della conven-zione stipulata ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 354/1975, come modificato dall’articolo 5 della legge n. 193/2000. Le Cooperative sociali che non intrattengono rapporti con l’Istituto, ai fini della costi-tuzione della posizione contributiva, produrranno la citata convenzione unitamente alla documentazione prevista al punto 4 della circolare n. 296 del 29 dicembre 1992. Le aziende pubbliche e private che, per l’esercizio di attività produttive o di servizi all’interno degli istituti penitenziari, impiegano personale detenuto o internato pro-durranno copia della dichiarazione di assunzione fornita loro dalla Direzione peniten-ziaria. Stante la particolare delicatezza della materia, si sottolinea la necessità che, sia a livello centrale che periferico, venga realizzata ogni possibile sinergia con le compe-tenti strutture del Ministero della Giustizia, nel rispetto della vigente normativa posta a tutela della privacy.

7. CODIFICA AzIENDE. MODALItà OPERAtIVE

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Le posizioni contributive relative alle Cooperative sociali e/o alle imprese pubbliche e private ammesse ai benefici in questione, dovranno essere contrassegnate con il codice di autorizzazione “4 V” che, a decorrere dal “luglio 2000” (periodo di paga in corso alla data di entrata in vigore della legge), assume il nuovo significato di “Azienda ammessa ai benefici ex legge n. 193/2000”. Stante l’arco temporale di spettanza del beneficio che, come sopra precisato, può trovare applicazione anche nei sei mesi successivi alla cessazione dello stato di deten-zione, il suddetto codice dovrà essere gestito con l’utilizzo dell’apposito scadenzario di Sede. Ai fini della compilazione delle denunce contributive di modello DM 10/2, le aziende si atterranno alle seguenti modalità: calcoleranno mensilmente i contributi previdenziali complessivamente dovuti per i lavoratori in questione in base alle norme comuni e li esporranno in uno dei righi in bianco dei quadri “B-C” del mod. DM 10/2 facendoli precedere dal codice “tipo contribuzione” di nuova istituzione “79” avente il significato di “lavoratori ammessi ai benefici ex legge n. 193/2000 “;determineranno l’importo del beneficio nella misura complessivamente spettante (80% compresa la quota del lavoratore) e lo esporranno in uno dei righi in bianco del quadro “D” del mod. DM 10/2, facendolo precedere dalla dicitura “Rid. ex legge n: 193/2000” e dal codice di nuova istituzione “L 240”.

7. 1. REGOLARIzzAzIONE DEI PERIODI PREGRESSI

Le cooperative sociali e/o le imprese pubbliche e private ammesse ai benefici in que-stione da “luglio 2000” (periodo di paga in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 193/2000) in poi, potranno recuperare le agevolazioni contributive relative ai periodi già scaduti. A tal fine, le stesse si atterranno alle seguenti modalità: determineranno l’ammontare del beneficio contributivo complessivamente spettante per i periodi scaduti;riporteranno il relativo importo in uno dei righi in bianco del quadro “D” del mod. DM 10/2, facendolo precedere dalla dicitura “Arr. agevolaz. ex legge n. 193/2000” e dal codice di nuova istituzione “L 250”.Il beneficio, come più volte precisato, si estende anche alla contribuzione a carico del lavoratore. All’atto del recupero delle agevolazioni relative a periodi pregressi, pertanto, le aziende avranno cura di restituire ai lavoratori la quota di contribuzione oggetto dello sgravio e precedentemente trattenuta. Le operazioni di conguaglio do-vranno essere effettuate entro il giorno 16 del terzo mese successivo all’emanazione della presente circolare.

8. MODALItà DI COMPILAzIONE DEI MODELLI CUD E 770

Ai fini della compilazione dei modd. CUD e 770 (Parte C - Dati previdenziali e as-sistenziali I. N. P. S.), i datori di lavoro, ferme restando le modalità previste per la generalità dei lavoratori, dovranno riportare nel punto “tipo rapporto” il codice “79”

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(lavoratori ammessi ai benefici ex legge n. 193/2000).

9. IStRUzIONI CONtABILI

Gli sgravi contributivi in argomento, evidenziati dai datori di lavoro nei modelli DM 10/2 con i codici “L 240” e “L 250” secondo le modalità previste ai precedenti punti 7 e 7. 1. dovranno essere imputati al conto GA W 37/24, se afferenti a periodi di competenza degli anni precedenti, ovvero al conto GA W 37/64, se relativi a periodi di competenza dell’anno in corso. Per la movimentabilità dei suddetti conti, nei casi di acquisizione manuale delle re-gistrazioni contabili, si richiamano le disposizioni contenute nel messaggio n. 00543 del 4.5.1994 (utilizzazione del codice utente “1” e del codice documento “95”.

VARIAzIONI AL PIANO DEI CONtI

tipo variazione: 1Codice conto: GAW 37/24Denominazione completa: Sgravi di oneri contributivi a favore di cooperative sociali e aziende pubbliche o private che assumono persone detenute o internate ai sensi della legge n. 193/2000, di competenza degli anni precedentiDenominazione abbreviata: Sgr. Ctr. a Coop. e Az. per detenuti L. 193/2000 - A. P. tipo variazione: 1Codice conto: GAW 37/64Denominazione completa: Sgravi di oneri contributivi a favore di cooperative sociali e aziende pubbliche o private che assumono persone detenute o internate ai sensi della legge n. 193/2000, di competenza dell’anno in corsoDenominazione abbreviata: Sgr. Ctr. a Coop. e Az. per detenuti L. 193/2000 - A. C.

Roma, 25 luglio 2002Il Direttore Generale Trizzino

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Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30

Omissis

ARt. 14. COOPERAtIVE SOCIALI E INSERIMENtO LAVORAtIVO DEI LAVORAtORI SVANtAGGIAtI

1. Al fine di favorire l’inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati e dei lavoratori disabili, i servizi di cui all’articolo 6, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68, sentito l’organismo di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, così come modificato dall’articolo 6 della legge 12 marzo 1999, n. 68, stipulano con le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale e con le associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela delle cooperative di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e con i consorzi di cui all’articolo 8 della stessa legge, convenzioni quadro su base territoriale, che devono essere validate da parte delle regioni, sentiti gli organismi di concertazione di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni ed integrazioni, aventi ad oggetto il conferimento di commesse di lavoro alle cooperative sociali medesime da parte delle imprese associate o aderenti.

2. La convenzione quadro disciplina i seguenti aspetti: a) le modalità di adesione da parte delle imprese interessate;b) i criteri di individuazione dei lavoratori svantaggiati da inserire al lavoro in

cooperativa; l’individuazione dei disabili sarà curata dai servizi di cui all’articolo 6, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68;

c) le modalità di attestazione del valore complessivo del lavoro annualmente conferito da ciascuna impresa e la correlazione con il numero dei lavoratori svantaggiati inseriti al lavoro in cooperativa;

d) la determinazione del coefficiente di calcolo del valore unitario delle commesse, ai fini del computo di cui al comma 3, secondo criteri di congruità con i costi del lavoro derivati dai contratti collettivi di categoria applicati dalle cooperative sociali;

e) la promozione e lo sviluppo delle commesse di lavoro a favore delle cooperative sociali;

f) l’eventuale costituzione, anche nell’ambito dell’agenzia sociale di cui all’articolo 13 di una struttura tecnico-operativa senza scopo di lucro a supporto delle attività previste dalla convenzione;

g) i limiti di percentuali massime di copertura della quota d’obbligo da realizzare con lo strumento della convenzione.

3. Allorché l’inserimento lavorativo nelle cooperative sociali, realizzato in virtù dei

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commi 1 e 2, riguardi i lavoratori disabili, che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario, in base alla esclusiva valutazione dei servizi di cui all’articolo 6, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68, lo stesso si considera utile ai fini della copertura della quota di riserva, di cui all’articolo 3 della stessa legge cui sono tenute le imprese conferenti. Il numero delle coperture per ciascuna impresa è dato dall’ammontare annuo delle commesse dalla stessa conferite diviso per il coefficiente di cui al comma 2, lettera d), e nei limiti di percentuali massime stabilite con le convenzioni quadro di cui al comma 1. tali limiti percentuali non hanno effetto nei confronti delle imprese che occupano da 15 a 35 dipendenti. La congruità della computabilità dei lavoratori inseriti in cooperativa sociale sarà verificata dalla Commissione provinciale del lavoro.

4. L’applicazione delle disposizioni di cui al comma 3 è subordinata all’adempimento degli obblighi di assunzione di lavoratori disabili ai fini della copertura della restante quota d’obbligo a loro carico determinata ai sensi dell’articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68.

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Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366 Omissis

ARt. 8. NUOVA DISCIPLINA DELLE SOCIEtà COOPERAtIVE

Il titolo VI del Libro V del codice civile è sostituito dal seguente:

Art. 2513 Criteri per la definizione della prevalenzaGli amministratori e i sindaci documentano la condizione di prevalenza di cui al pre-cedente articolo nella nota integrativa al bilancio, evidenziando contabilmente i se-guenti parametri: a) i ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci sono superiori

al cinquanta per cento del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni ai sensi dell’articolo 2425, comma 1, punto A1, del codice civile;

b) il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all’articolo 2425, comma 1, punto B9, del codice civile;

c) il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci è rispettivamente superiore al cinquanta per cento del totale dei costi dei servizi di cui all’articolo 2425, comma 1, punto B7, del codice civile ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite, di cui all’articolo 2425, comma 1, punto B6, del codice civile.

Quando si realizzano contestualmente più tipi di scambio mutualistico, la condizione di prevalenza è documentata facendo riferimento alla media ponderata delle percen-tuali delle lettere precedenti.

ARt. 9. NORME DI AttUAzIONE E tRANSItORIE

Art. 111 octies Le cooperative sociali che rispettino le norme di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381 sono considerate, indipendentemente dai requisiti di cui allo articolo 2513, coo-perative a mutualità prevalente.

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Decreto Legislativo 24 marzo 2006, n. 155 Disciplina dell’impresa sociale, a norma della legge 13 giugno 2005, n. 118

ARt. 1. NOzIONE

1. Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private, ivi compresi gli enti di cui al libro V del codice civile, che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale, e che hanno i requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4.

2. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e le organizzazioni i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci, associati o partecipi non acquisiscono la qualifica di impresa sociale.

3. Agli enti ecclesiastici e agli enti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese si applicano le norme di cui al presente decreto limitatamente allo svolgimento delle attività elencate all’articolo 2, a condizione che per tali attività adottino un regolamento, in forma di scrittura privata autenticata, che recepisca le norme del presente decreto. Per tali attività devono essere tenute separatamente le scritture contabili previste dall’articolo 10. Il regolamento deve contenere i requisiti che sono richiesti dal presente decreto per gli atti costitutivi.

ARt. 2. UtILItà SOCIALE

1. Si considerano beni e servizi di utilità sociale quelli prodotti o scambiati nei seguenti settori: a) assistenza sociale, ai sensi della legge 8 novembre 2000, n. 328, recante legge

quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali;b) assistenza sanitaria, per l’erogazione delle prestazioni di cui al decreto del

Presidente del Consiglio dei Ministri in data 29 novembre 2001, recante «Definizione dei livelli essenziali di assistenza», e successive modificazioni, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell’8 febbraio 2002;

c) assistenza socio-sanitaria, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 febbraio 2001, recante «Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001;

d) educazione, istruzione e formazione, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, recante delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale;

e) tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ai sensi della legge 15 dicembre 2004, n.

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308, recante delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione, con esclusione delle attività, esercitate abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;

f) valorizzazione del patrimonio culturale, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

g) turismo sociale, di cui all’articolo 7, comma 10, della legge 29 marzo 2001, n. 135, recante riforma della legislazione nazionale del turismo;

h) formazione universitaria e post-universitaria;i) ricerca ed erogazione di servizi culturali;l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione

scolastica ed al successo scolastico e formativo;m) servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in misura superiore

al settanta per cento da organizzazioni che esercitano un’impresa sociale;m-bis) cooperazione allo sviluppo.

2. Indipendentemente dall’esercizio della attività di impresa nei settori di cui al comma 1, possono acquisire la qualifica di impresa sociale le organizzazioni che esercitano attività di impresa, al fine dell’inserimento lavorativo di soggetti che siano: a) lavoratori svantaggiati ai sensi dell’articolo 2, primo paragrafo 1, lettera f),

punti i), ix) e x), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, 5 dicembre 2002, della Commissione relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione;

b) lavoratori disabili ai sensi dell’articolo 2, primo paragrafo 1, lettera g), del citato regolamento (CE) n. 2204/2002.

3. Per attività principale ai sensi dell’articolo 1, comma 1, si intende quella per la quale i relativi ricavi sono superiori al settanta per cento dei ricavi complessivi dell’organizzazione che esercita l’impresa sociale. Con decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono definiti i criteri quantitativi e temporali per il computo della percentuale del settanta per cento dei ricavi complessivi dell’impresa.

4. I lavoratori di cui al comma 2 devono essere in misura non inferiore al trenta per cento dei lavoratori impiegati a qualunque titolo nell’impresa; la relativa situazione deve essere attestata ai sensi della normativa vigente.

5. Per gli enti di cui all’articolo 1, comma 3, le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui al presente articolo.

ARt. 3. ASSENzA DELLO SCOPO DI LUCRO

1. L’organizzazione che esercita un’impresa sociale destina gli utili e gli avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio.

2. A tale fine è vietata la distribuzione, anche in forma indiretta, di utili e avanzi di gestione, comunque denominati, nonché fondi e riserve in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori. Si considera distribuzione indiretta di utili: a) la corresponsione agli amministratori di compensi superiori a quelli previsti

nelle imprese che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni, salvo

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comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ed, in ogni caso, con un incremento massimo del venti per cento;

b) la corresponsione ai lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori a quelli previsti dai contratti o accordi collettivi per le medesime qualifiche, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche professionalità;

c) la remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, superiori di cinque punti percentuali al tasso ufficiale di riferimento.

ARt. 4. StRUttURA PROPRIEtARIA E DISCIPLINA DEI GRUPPI

1. All’attività di direzione e controllo di un’impresa sociale si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui al capo Ix del titolo V del libro V e l’articolo 2545-septies del codice civile. Si considera, in ogni caso, esercitare attività di direzione e controllo il soggetto che, per previsioni statutarie o per qualsiasi altra ragione, abbia la facoltà di nomina della maggioranza degli organi di amministrazione. 2. I gruppi di imprese sociali sono tenuti a depositare l’accordo di partecipazione presso il registro delle imprese. I gruppi di imprese sociali sono inoltre tenuti a redigere e depositare i documenti contabili ed il bilancio sociale in forma consolidata, secondo le linee guida di cui all’articolo 10.

3. Le imprese private con finalità lucrative e le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non possono esercitare attività di direzione e detenere il controllo di un’impresa sociale.

4. Nel caso di decisione assunta con il voto o l’influenza determinante dei soggetti di cui al comma 3, il relativo atto è annullabile e può essere impugnato in conformità delle norme del codice civile entro il termine di 180 giorni. La legittimazione ad impugnare spetta anche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

ARt. 5. COStItUzIONE

1. L’organizzazione che esercita un’impresa sociale deve essere costituita con atto pubblico. Oltre a quanto specificamente previsto per ciascun tipo di organizzazione, secondo la normativa applicabile a ciascuna di esse, gli atti costitutivi devono esplicitare il carattere sociale dell’impresa in conformità alle norme del presente decreto ed in particolare indicare: a) l’oggetto sociale, con particolare riferimento alle disposizioni di cui all’articolo 2;b) l’assenza di scopo di lucro, di cui all’articolo 3.

2. Gli atti costitutivi, le loro modificazioni e gli altri fatti relativi all’impresa devono essere depositati entro trenta giorni a cura del notaio o degli amministratori presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede legale, per l’iscrizione in apposita sezione. Si applica l’articolo 31, comma 2, della legge 24 novembre 2000, n. 340.

3. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini di cui all’articolo 16, accede

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anche in via telematica agli atti depositati presso l’ufficio del registro delle imprese. 4. Gli enti di cui all’articolo 1, comma 3, sono tenuti al deposito del solo regolamento e delle sue modificazioni.

5. Con decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono definiti gli atti che devono essere depositati e le procedure di cui al presente articolo.

ARt. 6. RESPONSABILItà PAtRIMONIALE

1. Salvo quanto già disposto in tema di responsabilità limitata per le diverse forme giuridiche previste dal libro V del codice civile, nelle organizzazioni che esercitano un’impresa sociale il cui patrimonio è superiore a ventimila euro, dal momento della iscrizione nella apposita sezione del registro delle imprese, delle obbligazioni assunte risponde soltanto l’organizzazione con il suo patrimonio.

2. Quando risulta che, in conseguenza di perdite, il patrimonio è diminuito di oltre un terzo rispetto all’importo di cui al comma 1, delle obbligazioni assunte rispondono personalmente e solidalmente anche coloro che hanno agito in nome e per conto dell’impresa.

3. La disposizione di cui al presente articolo non si applica agli enti di cui all’articolo 1, comma 3.

ARt. 7. DENOMINAzIONE

1. Nella denominazione è obbligatorio l’uso della locuzione: «impresa sociale». 2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli enti di cui all’articolo 1,

comma 3. 3. L’uso della locuzione: «impresa sociale» ovvero di altre parole o locuzioni idonee

a trarre in inganno è vietato a soggetti diversi dalle organizzazioni che esercitano un’impresa sociale.

ARt. 8. CARIChE SOCIALI

1. Negli enti associativi, la nomina della maggioranza dei componenti delle cariche sociali non può essere riservata a soggetti esterni alla organizzazione che esercita l’impresa sociale, salvo quanto specificamente previsto per ogni tipo di ente dalle norme legali e statutarie e compatibilmente con la sua natura.

2. Non possono rivestire cariche sociali soggetti nominati dagli enti di cui all’articolo 4, comma 3.

3. L’atto costitutivo deve prevedere specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza per coloro che assumono cariche sociali.

ARt. 9. AMMISSIONE ED ESCLUSIONE

1. Le modalità di ammissione ed esclusione dei soci, nonché la disciplina del rapporto sociale sono regolate secondo il principio di non discriminazione, compatibilmente

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con la forma giuridica dell’ente. 2. Gli atti costitutivi devono prevedere la facoltà dell’istante che dei provvedimenti di

diniego di ammissione o di esclusione possa essere investita l’assemblea dei soci.

ARt. 10. SCRIttURE CONtABILI

1. L’organizzazione che esercita l’impresa sociale deve, in ogni caso, tenere il libro giornale e il libro degli inventari, in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 2216 e 2217 del codice civile, nonché redigere e depositare presso il registro delle imprese un apposito documento che rappresenti adeguatamente la situazione patrimoniale ed economica dell’impresa.

2. L’organizzazione che esercita l’impresa sociale deve, inoltre, redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio sociale, secondo linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, in modo da rappresentare l’osservanza delle finalità sociali da parte dell’impresa sociale.

3. Per gli enti di cui all’articolo 1, comma 3, le disposizioni di cui al presente articolo si applicano limitatamente alle attività indicate nel regolamento.

ARt. 11. ORGANI DI CONtROLLO

1. Ove non sia diversamente stabilito dalla legge, gli atti costitutivi devono prevedere, nel caso del superamento di due dei limiti indicati nel primo comma dell’articolo 2435-bis del codice civile ridotti della metà, la nomina di uno o più sindaci, che vigilano sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile.

2. I sindaci esercitano anche compiti di monitoraggio dell’osservanza delle finalità sociali da parte dell’impresa, avuto particolare riguardo alle disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 6, 8, 9, 10, 12 e 14. Del monitoraggio deve essere data risultanza in sede di redazione del bilancio sociale di cui all’articolo 10, comma 2.

3. I sindaci possono in qualsiasi momento procedere ad atti di ispezione e di controllo; a tale fine, possono chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento ai gruppi di imprese sociali, sull’andamento delle operazioni o su determinati affari.

4. Nel caso in cui l’impresa sociale superi per due esercizi consecutivi due dei limiti indicati nel primo comma dell’articolo 2435-bis del codice civile, il controllo contabile è esercitato da uno o più revisori contabili iscritti nel registro istituito presso il Ministero della giustizia o dai sindaci. Nel caso in cui il controllo contabile sia esercitato dai sindaci, essi devono essere iscritti all’albo dei revisori contabili iscritti nel registro istituito presso il Ministero della giustizia.

ARt. 12. COINVOLGIMENtO DEI LAVORAtORI E DEI DEStINAtARI DELLE AttIVItà

1. Ferma restando la normativa in vigore, nei regolamenti aziendali o negli atti costitutivi devono essere previste forme di coinvolgimento dei lavoratori e dei

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destinatari delle attività. 2. Per coinvolgimento deve intendersi qualsiasi meccanismo, ivi comprese

l’informazione, la consultazione o la partecipazione, mediante il quale lavoratori e destinatari delle attività possono esercitare un’influenza sulle decisioni che devono essere adottate nell’ambito dell’impresa, almeno in relazione alle questioni che incidano direttamente sulle condizioni di lavoro e sulla qualità dei beni e dei servizi prodotti o scambiati.

ARt. 13. tRASFORMAzIONE, FUSIONE, SCISSIONE E CESSIONE D’AzIENDA E DEVOLUzIONE DEL PAtRIMONIO

1. Per le organizzazioni che esercitano un’impresa sociale, la trasformazione, la fusione e la scissione devono essere realizzate in modo da preservare l’assenza di scopo di lucro di cui all’articolo 3 dei soggetti risultanti dagli atti posti in essere; la cessione d’azienda deve essere realizzata in modo da preservare il perseguimento delle finalità di interesse generale di cui all’articolo 2 da parte del cessionario. Per gli enti di cui di cui all’articolo 1, comma 3, la disposizione di cui al presente comma si applica limitatamente alle attività indicate nel regolamento.

2. Gli atti di cui al comma 1 devono essere posti in essere in conformità a linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

3. Salvo quanto previsto in tema di cooperative, in caso di cessazione dell’impresa, il patrimonio residuo è devoluto ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale, associazioni, comitati, fondazioni ed enti ecclesiastici, secondo le norme statutarie. La disposizione di cui al presente comma non si applica agli enti di cui all’articolo 1, comma 3.

4. Gli organi di amministrazione notificano, con atto scritto di data certa, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali l’intenzione di procedere ad uno degli atti di cui al comma 1, allegando la documentazione necessaria alla valutazione di conformità alle linee guida di cui al comma 2, ovvero la denominazione dei beneficiari della devoluzione del patrimonio.

5. L’efficacia degli atti è subordinata all’autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, che si intende concessa decorsi novanta giorni dalla ricezione della notificazione.

6. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano quando il beneficiario dell’atto è un’altra organizzazione che esercita un’impresa sociale.

ARt. 14. LAVORO NELL’IMPRESA SOCIALE

1. Ai lavoratori dell’impresa sociale non può essere corrisposto un trattamento economico e normativo inferiore a quello previsto dai contratti e accordi collettivi applicabili.

2. Salva la specifica disciplina per gli enti di cui all’articolo 1, comma 3, è ammessa la prestazione di attività di volontariato, nei limiti del cinquanta per cento dei

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lavoratori a qualunque titolo impiegati nell’impresa sociale. Si applicano gli articoli 2, 4 e 17 della legge 11 agosto 1991, n. 266.

3. I lavoratori dell’impresa sociale, a qualunque titolo prestino la loro opera, hanno i diritti di informazione, consultazione e partecipazione nei termini e con le modalità specificate nei regolamenti aziendali o concordati dagli organi di amministrazione dell’impresa sociale con loro rappresentanti. Degli esiti del coinvolgimento deve essere fatta menzione nel bilancio sociale di cui all’articolo 10, comma 2.

ARt. 15. PROCEDURE CONCORSUALI

1. In caso di insolvenza, le organizzazioni che esercitano un’impresa sociale sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa, di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. La disposizione di cui al presente comma non si applica agli enti di cui all’articolo 1, comma 3.

2. Alla devoluzione del patrimonio residuo al termine della procedura concorsuale si applica l’articolo 13, comma 3.

ARt. 16. FUNzIONI DI MONItORAGGIO E RICERCA

1. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali promuove attività di raccordo degli uffici competenti, coinvolgendo anche altre amministrazioni dello Stato, l’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e le parti sociali, le agenzie tecniche e gli enti di ricerca di cui normalmente si avvale o che siano soggetti alla sua vigilanza, e le parti sociali, al fine di sviluppare azioni di sistema e svolgere attività di monitoraggio e ricerca.

2. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, avvalendosi delle proprie strutture territoriali, esercita le funzioni ispettive, al fine di verificare il rispetto delle disposizioni del presente decreto da parte delle imprese sociali.

3. In caso di accertata violazione delle norme di cui al presente decreto o di gravi inadempienze delle norme a tutela dei lavoratori, gli uffici competenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, assunte le opportune informazioni, diffidano gli organi direttivi dell’impresa sociale a regolarizzare i comportamenti illegittimi entro un congruo termine, decorso inutilmente il quale, applicano le sanzioni di cui al comma 4.

4. In caso di accertata violazione delle norme di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4, o di mancata ottemperanza alla intimazione di cui al comma 3, gli uffici competenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dispongono la perdita della qualifica di impresa sociale. Il provvedimento è trasmesso ai fini della cancellazione dell’impresa sociale dall’apposita sezione del registro delle imprese. Si applica l’articolo 13, comma 3.

5. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali svolge i propri compiti e assume le determinazioni di cui al presente articolo sentita l’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

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ARt. 17. NORME DI COORDINAMENtO

1. Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e gli enti non commerciali di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, che acquisiscono anche la qualifica di impresa sociale, continuano ad applicare le disposizioni tributarie previste dal medesimo decreto legislativo n. 460 del 1997, subordinatamente al rispetto dei requisiti soggettivi e delle altre condizioni ivi previsti.

2. All’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 dopo la parola: «strumentali» sono inserite le seguenti: «, delle imprese sociali».

3. Le cooperative sociali ed i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, i cui statuti rispettino le disposizioni di cui agli articoli 10, comma 2, e 12, acquisiscono la qualifica di impresa sociale. Alle cooperative sociali ed i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, che rispettino le disposizioni di cui al periodo precedente, le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nel rispetto della normativa specifica delle cooperative.

4. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai soli fini di cui al comma 3, le cooperative sociali ed i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria.

ARt. 18. DISPOSIzIONE DI CARAttERE FINANzIARIO

1. All’attuazione del presente decreto le amministrazioni competenti provvedono avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

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Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE

Omissis

ARt. 2. PRINCIPI

1. L’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice.

1-bis. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti devono, ove possibile ed economicamente conveniente, suddividere gli appalti in lotti funzionali. Nella determina a contrarre le stazioni appaltanti indicano la motivazione circa la mancata suddivisione dell’appalto in lotti. I criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese.

1-ter. La realizzazione delle grandi infrastrutture, ivi comprese quelle disciplinate dalla parte II, titolo III, capo IV, nonché delle connesse opere integrative o compensative, deve garantire modalità di coinvolgimento delle piccole e medie imprese.

2. Il principio di economicità può essere subordinato, entro i limiti in cui sia espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell’ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile.

3. Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, le procedure di affidamento e le altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si espletano nel rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni.

4. Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, l’attività contrattuale dei soggetti di cui all’articolo 1 si svolge nel rispetto, altresì, delle disposizioni stabilite dal codice civile.

Omissis

ARt. 20. APPALtI DI SERVIzI ELENCAtI NELL’ALLEGAtO II B

1. L’aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell’allegato II B è disciplinata esclusivamente dall’articolo 68 (specifiche tecniche), dall’articolo 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento), dall’articolo 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati).

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2. Gli appalti di servizi elencati nell’allegato II A sono soggetti alle disposizioni del presente codice.

Omissis

ARt. 27. PRINCIPI RELAtIVI AI CONtRAttI ESCLUSI

1. L’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto. L’affidamento dei contratti di finanziamento, comunque stipulati, dai concessionari di lavori pubblici che sono amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori avviene nel rispetto dei principi di cui al presente comma e deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti.

2. Si applica altresì l’articolo 2, commi 2, 3 e 4. 3. Le amministrazioni aggiudicatrici stabiliscono se è ammesso o meno il subappalto,

e, in caso affermativo, le relative condizioni di ammissibilità. Se le amministrazioni aggiudicatrici consentono il subappalto, si applica l’articolo 118.

Omissis

ARt. 52. APPALtI RISERVAtI

1. Fatte salve le norme vigenti sulle cooperative sociali e sulle imprese sociali, le stazioni appaltanti possono riservare la partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, in relazione a singoli appalti, o in considerazione dell’oggetto di determinati appalti, a laboratori protetti nel rispetto della normativa vigente, o riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando la maggioranza dei lavoratori interessati è composta di disabili i quali, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali. Il bando di gara menziona la presente disposizione.

Omissis

ARt. 69. CONDIzIONI PARtICOLARI DI ESECUzIONE DEL CONtRAttO PRESCRIttE NEL BANDO O NELL’INVItO

1. Le stazioni appaltanti possono esigere condizioni particolari per l’esecuzione del contratto, purch è siano compatibili con il diritto comunitario e, tra l’altro, con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, e purché siano precisate nel bando di gara, o nell’invito in caso di procedure senza bando, o nel capitolato d’oneri.

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2. Dette condizioni possono attenere, in particolare, a esigenze sociali o ambientali. 3. La stazione appaltante che prevede tali condizioni particolari può comunicarle

all’Autorità, che si pronuncia entro trenta giorni sulla compatibilità con il diritto comunitario. Decorso tale termine, il bando può essere pubblicato e gli inviti possono essere spediti.

4. In sede di offerta gli operatori economici dichiarano di accettare le condizioni particolari, per l’ipotesi in cui risulteranno aggiudicatari.

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Commissione Centrale per le CooperativeDirezione Generale per gli Enti Cooperativi

Oggetto: Attività di commercio equo-solidale

Esaminato nella seduta del 9/05/2007 il quesito in merito all’applicazione del dispo-sto dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge n. 381/91, alla fattispecie della società cooperativa “Equazione” con sede in Novi Ligure (AL);Udita la relazione del Dott. Fausto Medaglia in merito;Visto l’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 381/91, che qualifica le coope-rative sociali di tipo A quelle aventi lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso: la gestione di servizi sociosanitari ed educativi;Atteso che da qualche tempo è stata manifestata la necessità di inquadrare giuri-dicamente lo svolgimento delle attività di commercio equo e solidale da parte di cooperative sociali di tipo a);Considerato che il fenomeno sta assumendo una portata rilevante e che, quindi, si pone la necessità di fornire indicazioni al fine di facilitare, soprattutto agli organi pre-posti alla vigilanza, la distinzione tra cooperativa sociale di tipo a) che opera anche nel settore del commercio equo e solidale e la cooperativa che, invece, pur svolgendo l’attività nel settore in parola, non può essere considerata sociale;Rilevato che la finalità di promozione ed integrazione sociale dei cittadini per le co-operative sociali di tipo a) può essere raggiunta attraverso la gestione di servizi so-ciosanitari ed educativi anche utilizzando, strumentalmente, l’attività del commercio equo e solidale ovvero lo strumento commerciale della vendita di beni ad un fine non esclusivamente economico ma sociale ed educativo, valorizzato dalla sua specificità distintiva in quanto privilegiante aspetti di solidarietà non lucrativa;Atteso che l’attività istituzionale di queste cooperative, pertanto, deve essere priori-tariamente diretta alla valorizzazione del commercio equo e solidale nella sua valenza sociale ed educativa attraverso: attività di promozione, sensibilizzazione e informazione sul commercio equo e soli-dale;interventi ed eventi formativi e consulenziali nelle scuole e nel territorio, sui problemi sociali dei Paesi da cui provengono i prodotti organizzazione di attività culturali, mo-stre, convegni ed incontri per la promozione di forme organizzate di cittadinanza attiva e responsabile;Atteso, altresì, che in questi casi, nella nota integrativa allegata al bilancio e nella relazione sulla gestione, ex articoli 2423, 2427, 2428 e 2545 del codice civile, oltre alla rappresentazione economica dell’attività, vanno integrate tutte quelle informa-zioni necessarie a dimostrare la scelta precipua di operare un’attività commerciale strumentale agli scopi della cooperativa sociale di tipo a);Visto che la nota integrativa è destinata ad accogliere dati e notizie, non squisita-mente numerici, fornendo la corretta chiave di lettura di questi ultimi e a completare l’informazione che già viene fornita negli altri documenti contabili;

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Considerato che nella relazione sulla gestione e nella nota integrativa vanno indicati i criteri seguiti nella gestione sociale per il conseguimento dello scopo mutualistico e, in ragione della specificità delle azioni poste in essere, è necessario rendere conto del valore della mutualità esterna prodotta sia attraverso l’attività commerciale della vendita dei prodotti, sia delle attività educative, di sensibilizzazione e di informazio-ne;Rilevata, quindi, la necessità di esprimere un parere volto a stabilire entro quali limiti di prevalenza l’attività di commercializzazione svolta a fini “equi e solidali” non eluda il disposto di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a) della legge 381/91, qualificante lo scopo delle cooperative sociali di tipo a);

Esprime il seguente parere:è fondamentale che le cooperative sociali di tipo a) dimostrino che la loro attività è prevalentemente rivolta a scopi sociali ed educativi e non meramente a finalità commerciali (pur se eque e solidali). L’attività commerciale deve avere carattere stru-mentale rispetto a quelle sociali ed educative e tale vacazione deve essere dimostrata attraverso la relazione sulla gestione di cui all’articolo 2545 c. c. e la nota integrativa di cui all’articolo 2427 c. c..

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Decreto 21 Maggio 2007Ministero della Pubblica IstruzioneDefinizione dei criteri e parametri per l’assegnazione dei contributi alle scuole paritarie per l’anno scolastico 2007/2008

Il Ministro della Pubblica IstruzioneVisto l’art. 12 della legge n. 241/1990; Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modifiche e variazioni; Vista la legge 10 marzo 2000, n. 62 recante “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio”, che istituisce il si-stema nazionale di istruzione; Vista la circolare del Ministero dell’istruzione università e ricerca, dipartimento dei servizi nel territorio del 18 marzo 2003, n. 31; Visto il decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito con modificazioni dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, ed in particolare l’art. 1-bis, comma 5; Vista la legge 17 luglio 2006, di conversione del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, istitutiva del Ministero della pubblica istruzione; Vista la legge 27 dicembre 2006, n. 296 concernente disposizioni per la formazione del bilancio annuale pluriennale dello Stato; Visto il decreto ministe-riale 29 dicembre 2006 del Ministro dell’economia e delle finanze, avente ad oggetto «Ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base relative al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2007»; Visto il comma 636 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 in base al quale occorre definire per l’anno 2007, i criteri e i parametri per l’assegnazione dei contributi alle scuole paritarie; Considerato che con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 l’obbligo di istruzione è stato innalzato sino al secondo anno della scuola secondaria; Considerata l’opportunità di mantenere un adeguato grado di continuità nelle modalità di finanziamento delle scuole paritarie ai fini di mantenere il servizio da esse svolto nell’ambito del sistema nazionale di istruzione; Decreta:

ARt. 1. FUNzIONE PUBBLICA DELLE SCUOLE PARItARIE

Il presente decreto definisce i criteri e i parametri per l’assegnazione dei contributi alle scuole paritarie per l’anno scolastico 2007/2008. I contributi sono erogati al fine di sostenere la funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie nell’ambito del sistema nazionale di istruzione. tali contributi sono destinati alle scuole dell’infanzia, prima-rie e secondarie di primo e secondo grado, in possesso del riconoscimento di parità nell’anno scolastico 2007/2008. Sono fatte salve le norme relative alle regioni e alle province a statuto speciale.

ARt. 2. PIANO ANNUALE DI RIPARtO

Con apposito decreto del direttore della direzione generale competente sono ripar-titi gli stanziamenti per le scuole non statali iscritti nel bilancio del Ministero della pubblica istruzione, secondo quanto disposto dal presente decreto ministeriale. tali stanziamenti sono assegnati alle scuole paritarie con il seguente ordine di priorità:

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scuole dell’infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di primo e secondo grado. La ripartizione di cui al precedente comma dovrà comunque assicurare la necessaria continuità rispetto ai contributi erogati negli anni scolastici precedenti.

ARt. 3. SCUOLE PARItARIE SENzA FINI DI LUCRO

I contributi di cui ai successivi articoli 4, 6 e 7 sono erogati in via prioritaria alle scuole paritarie che svolgono il servizio scolastico senza fini di lucro e che comunque non sono legate a società aventi fini di lucro o da queste controllate. Ai fini del preceden-te comma, si intendono scuole paritarie senza fini di lucro quelle gestite da soggetti giuridici senza fini di lucro ovvero: associazioni riconosciute di cui agli articoli 14 e ss. del codice civile; associazioni non riconosciute di cui agli articoli 36 e ss. del codice civile, il cui atto costitutivo e/o statuto risulti da scrittura privata registrata o da atto pubblico; fondazioni di cui agli articoli 14 e ss. del codice civile; enti ecclesiastici di confessioni religiose con cui lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese; altre istitu-zioni di carattere privato di cui all’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361/2000; imprese sociali di cui al decreto legislativo n. 155/2006; enti pubblici; cooperative a mutualità prevalente di cui agli articoli 2511 e ss. del codice civile; co-operative sociali di cui alla legge n. 381/1991. L’appartenenza ad una delle predette tipologie di soggetti giuridici senza fini di lucro e l’assenza dei legami di cui al primo comma devono essere autocertificate o documentate dai soggetti interessati.

ARt. 4. SCUOLE DELL’INFANzIA PARItARIE

Le risorse disponibili a livello nazionale per le scuole dell’infanzia paritarie sono ripar-tite come segue: a) il 20% è ripartito fra tutte le scuole funzionanti sul territorio nazionale;b) l’80% è ripartito fra tutte le sezioni funzionanti sul territorio nazionale. Le risorse di cui alla precedente voce a) sono ripartite assegnando a ciascuna scuola dell’infanzia paritaria un contributo fisso, uguale su tutto il territorio nazionale, as-segnato in base al rapporto tra le risorse complessivamente assegnate ed il numero delle scuole dell’infanzia paritarie funzionanti. Ai fini dell’assegnazione dei contributi di cui al presente articolo vengono considerate le scuole paritarie con almeno una sezione con un minimo di 8 alunni effettivamente iscritti e frequentanti, fatte salve situazioni del tutto eccezionali per rilevanza sociale o territoriale, attestate dal direttore generale dell’ufficio scolastico regionale competente per territorio. Le risorse di cui alla precedente voce b) sono ripartite assegnando, per ciascuna sezione effettivamente funzionante di scuola dell’infanzia paritaria gestita da soggetti senza fini di lucro, un contributo fisso, uguale su tutto il territorio nazionale. Il contributo è corrisposto per le sezioni effettivamente costituite e funzionanti, con un minimo di 15 alunni, fatta eccezione per le scuole a sezione unica.

ARt. 5. SCUOLE PRIMARIE PARItARIE CONVENzIONAtE

Alle scuole primarie paritarie con convenzioni di parifica o convenzionate ai sensi

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della legge n. 27/2006 è riconosciuto un contributo di 19. 367 euro per ciascuna delle classi convenzionate. tale contributo è ridotto proporzionalmente nel caso in cui gli alunni frequentanti le classi convenzionate siano in numero inferiore alla me-dia degli alunni frequentanti le scuole primarie della provincia nella quale opera la scuola. Alle scuole primarie paritarie con convenzioni di parifica o convenzionate ex legge n. 27/2006 è altresì riconosciuto il contributo annuale sopra indicato riferito a 24 ore settimanali di sostegno di alunni certificati in base alla legge n. 104/1992. tale contributo è parametrato in relazione al numero di ore di sostegno riconosciute dal Gruppo di lavoro provinciale sull’handicap e previste in convenzione.

ARt. 6. SCUOLE SECONDARIE DI I GRADO PARItARIE

A ciascuna scuola paritaria secondaria di I grado viene assegnato un contributo di 2. 500 euro. Viene inoltre assegnato un contributo di 1.000 euro per ciascuna classe di scuola paritaria secondaria di I grado in base ad una apposita graduatoria predisposta a livello nazionale fino all’esaurimento delle risorse disponibili, in ragione dei seguenti criteri: numero di studenti;numero di studenti certificati con handicap;numero di studenti privi della cittadinanza italiana;Ai fini dell’assegnazione dei contributi di cui trattasi le scuole gestite da sogget-ti senza fini di lucro precedono in graduatoria le altre. Ai fini dell’inclusione nella predetta graduatoria tutte le scuole devono essere costituite da corsi completi e da classi funzionanti con un minimo di 8 alunni effettivamente iscritti e frequentanti. Si prescinde dal requisito del corso completo nel caso di scuole che abbiano ricevuto il riconoscimento della parità scolastica con la sola classe prima e che nella progressiva attivazione delle classi successive non siano ancora pervenute alla ultimazione del corso. Il direttore della direzione generale competente con proprio decreto stabilirà i termini e le modalità di presentazione delle domande, di redazione della graduatoria e di erogazione dei contributi.

ARt. 7. SCUOLE SECONDARIE DI II GRADO PARItARIE

A ciascuna scuola paritaria secondaria di II grado viene assegnato, fino all’esauri-mento delle risorse disponibili, un contributo di 4.000 euro a scuola e di 2.000 euro a classe, relativamente alle sole classi prime e seconde, in base ad una apposita gra-duatoria predisposta a livello nazionale in ragione dei seguenti criteri, riferiti alle sole classi prime e seconde: numero di studenti;numero di studenti certificati con handicap;numero di studenti privi della cittadinanza italiana. Ai fini dell’assegnazione dei contributi di cui trattasi le scuole gestite da sogget-ti senza fini di lucro precedono in graduatoria le altre. Ai fini dell’inclusione nella predetta graduatoria tutte le scuole devono essere costituite da corsi completi e da classi funzionanti con un minimo di 8 alunni effettivamente iscritti e frequentanti. Si

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prescinde dal requisito del corso completo nel caso di scuole che abbiano ricevuto il riconoscimento della parità scolastica con la sola classe prima e che nella progressiva attivazione delle classi successive non siano ancora pervenute alla ultimazione del corso. Il direttore della direzione generale competente con proprio decreto stabilirà i termini e le modalità di presentazione delle domande, di redazione della graduatoria e di erogazione dei contributi.

ARt. 8. CONtRIBUtI PER L’INSERIMENtO DELL’hANDICAP NELLA SCUOLA PARItARIA

Alle scuole paritarie di ogni ordine e grado, con esclusione di quelle primarie con con-venzioni di parifica o convenzionate, ex legge n. 27/2006, che accolgono studenti certificati per handicap in base alla legge n. 104/1992, effettivamente iscritti e fre-quentanti, è assegnato un contributo annuale per ogni alunno certificato, determinato a livello nazionale sulla base dei dati comunicati entro il mese di novembre di ciascun anno dagli Uffici scolastici regionali, che provvede-ranno all’acquisizione delle certi-ficazioni ed alla verifica della loro rispondenza ai parametri previsti dalla medesima legge, secondo successive disposizioni che saranno impartite dal direttore della dire-zione generale competente. Il contributo potrà essere differenziato per i diversi gradi di istruzione. Il contributo di cui al presente articolo, previsto per le scuole primarie, è erogato anche alle scuole primarie con convenzioni di parifica convenzionate ex legge n. 27/2006 relativamente agli eventuali alunni certificati per i quali non è erogato il contributo di cui all’art. 5, comma 3 del presente decreto.

ARt. 9. ANAGRAFE

È costituita, all’interno del sistema di rilevazione informatizzata operante presso il Ministero della pubblica istruzione, l’Anagrafe nazionale delle scuole paritarie. I con-tributi di cui al presente decreto verranno erogati sulla base dei dati rilevati dall’ana-grafe delle scuole paritarie. Le dichiarazioni e le autocertificazioni da acquisire all’anagrafe relative a ciascuna scuola paritaria devono essere rese dal Gestore della scuola o da persona da quest’ultimo delegata. Le dichiarazioni e le autocertificazioni rese all’anagrafe dai Gestori o delle persone da questi delegate non sono sostitutive della documentazione che la normativa vigente prevede debba essere comunque inviata agli Uffici scolastici regionali. Sulle dichiarazioni e sulle autocertificazioni rese all’anagrafe dai Gestori o dalle persone da questi delegate gli Uffici scolastici regio-nali esercitano la prescritta vigilanza.

ARt. 10. CESSAzIONE DI EFFICACIA DI PRECEDENtI DISPOSIzIONI

A far data dalla conclusione dell’anno scolastico di pubblicazione del presente decre-to cessano di avere efficacia il decreto ministeriale 10 luglio 1991, n. 210, il decreto ministeriale 8 ottobre 2001, n. 147, il decreto ministeriale 9 novembre 2001, n. 161, il decreto ministeriale 11 febbraio 2005, n. 27 e tutte le altre disposizioni in materia

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di erogazione dei contributi alle scuole non statali dell’infanzia, primarie e secondarie di primo e secondo grado.

ARt. 11. DIChIARAzIONI MENDACI

Le dichiarazioni di cui al presente decreto sono rese sotto responsabilità del gestore della scuola paritaria. Dichiarazioni mendaci, oltre alle previste sanzioni di legge, costituiscono motivo di revoca del contributo assegnato con obbligo di restituzione e di inammissibilità all’erogazione dei contributi per il successivo anno scolastico Il presente decreto sarà sottoposto ai controlli di legge. Il Ministro: Fioroni

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Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro

Omissis

ARt. 3. CAMPO DI APPLICAzIONE

Omissis

3-bis. Nei riguardi delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e delle organizzazioni di volontariato della protezione civile, ivi compresi i volontari della Croce Rossa Italiana e del Corpo Nazionale soccorso alpino e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco, le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle particolari modalità di svolgimento delle rispettive attività, individuate entro il 31 dicembre 2010 con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Dipartimento della protezione civile e il Ministero dell’interno, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.

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Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Direzione Generale per l’Attività Ispettiva

Roma, 3 marzo 2008 Al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del LavoroInterpello N. 4/2008

Oggetto: art. 9, D. Lgs. n. 124/2004 - Cooperative sociali di tipo b) - accertamento della percentuale del 30% dei soggetti svantaggiati presenti in cooperativa, agevo-lazione contributiva dei soggetti svantaggiati.

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha avanzato richiesta di interpello per conoscere il parere di questa Direzione in merito alle modalità tempo-rali di determinazione della percentuale minima del 30% dei soggetti svantaggiati presenti in una cooperativa sociale di tipo b). L’interpellante, in particolare, richiede se ai fini del rispetto del suddetto parametro percentuale sia legittimo, in sede di accertamento, tenere conto dell’andamento al-meno annuale di detta percentuale. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale per la tutela delle Condizioni di Lavoro, si osserva quanto segue. Nessuna disposizione normativa né amministrativa chiarisce lo specifico aspetto rela-tivo alla sussistenza necessariamente permanente del predetto requisito percentuale; detta questione si pone particolarmente evidente nelle ipotesi in cui, a fronte di determinate esigenze produttive, la percentuale richiamata non risulti soddisfatta nell’ambito di un determinato periodo, fermo restando il rispetto della percentuale come media in un arco temporale più ampio. Come è noto, la sussistenza della richiamata condizione è particolarmente rilevante, in quanto conferisce alla Cooperativa sociale la possibilità di accesso a benefici fiscali e ad altre peculiari agevolazioni, come la totale esenzione contributiva e la possibilità di stipulare Convenzioni con Enti pubblici per attività diverse da quelle socio-sanitarie ed educative (rispettivamente ex artt. 4, comma 3 e art. 5, L. n. 381/1991). Ciò premesso, è necessario verificare se sia possibile individuare, almeno sul piano dei principi generali, una soluzione coerente al quadro ordinamentale in materia. In primo luogo è opportuno rilevare che l’art. 22 del D. Lgs C. p. S 14 dicembre 1947, n. 1577, prevede che il venir meno del numero minimo legale di soci non comporta l’immediata messa in liquidazione della Società, in quanto consente la reintegrazione del numero minimo legale entro il termine di un anno. Del resto, che sussista una certa oscillazione nella dimensione quantitativa dell’or-ganico della cooperativa è assolutamente fisiologico e segno di vitalità dell’impresa sul mercato. A tal proposito è sufficiente far riferimento all’art. 37 del CCNL il quale, con riguardo alla disciplina contrattuale relativa alle procedure di cambio gestione, con particolare riferimento ai contratti di appalto, prevede l’acquisizione del perso-nale già occupato nelle medesime mansioni da parte dell’appaltatore subentrante: ciò implica che il rispetto del limite percentuale del 30%, ove inteso in senso rigido,

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comporterebbe la irragionevole conseguenza della mancata possibilità di conserva-zione del rapporto di lavoro dei lavoratori interessati o l’obbligo di assumere altro personale svantaggiato, ancorché non necessario, al fine di ristabilire il predetto rap-porto percentuale. È da rilevare, inoltre, che molte Regioni hanno disciplinato tale aspetto della nor-mativa, prevedendo un periodo entro il quale è possibile il mantenimento di una percentuale inferiore al 30% senza che da ciò consegua lo scioglimento della Società, purché la percentuale venga comunque ristabilita prima della scadenza del previsto periodo (ad esempio, per l’Emilia Romagna e il Lazio, tale periodo è definito in 6 mesi, rispettivamente in virtù delle disposizioni di cui agli artt. 4, comma 2, L. R. Emilia Romagna n. 7 del 4 febbraio 1994 e art. 6, comma 4, L. R. Lazio n. 24 del 27 giugno 1996; per l’Umbria, detto periodo è definito in un anno dalla disposizione di cui all’art. 5, comma 1, lett. c) dalla L. R. Umbria n. 12 del 2 novembre 1993). Infine, anche l’ordinamento statale, relativamente ai profili dimensionali delle azien-de, assume come parametro generale la media annuale dei lavoratori in forza, così come si evince da ultimo nell’ambito della disciplina sul tFR, come interpretata e chiarita dall’INPS, con circolare n. 70/2007. Detto parametro annuo, peraltro, ri-specchia le più recenti normative comunitarie e nazionali, che pongono il medesimo quale unità di misura del lavoro dipendente, ai fini della verifica del requisito di PMI (c.d.ULA unità di lavoro-anno).

Alla luce delle argomentazioni sopra riportate ed al fine di individuare una soluzione interpretativa alla problematica in esame, quanto più aderente al quadro normativo e alla ratio legis sottostante la disciplina delle cooperative c. d. di tipo b), appare decisamente ragionevole il riferimento ad un “arco temporale”, per la valutazione del rispetto del limite minimo del 30% di persone svantaggiate, qualora a fronte di determinati eventi a carattere produttivo non sia rispettato il mantenimento costante della percentuale richiamata, arco temporale che, in assenza di una diversa previsio-ne della legislazione regionale, non sembra comunque possa eccedere i dodici mesi.

Il Direttore Generale ad interim F. To Massimo Pianese

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INPS Istituto Nazionale Previdenza Sociale Direzione centrale delle Entrate Contributive Area interventi a sostegno dell’occupazione

Roma, 24 aprile 2008Alla direzione regionale INPS per il Veneto Oggetto: cooperative sociali ex lege n. 381/1991 Percentuale persone svantaggiateRiferimento: nota trasmessa via fax in data 7 aprile 2008

In relazione ai quesiti trasmessi con la nota in riferimento, si fa presente quanto segue. L’art. 4, c. 2, della legge n. 381/1991 afferma che “le persone svantaggiate devono costituire almeno il trenta per cento dei lavoratori della cooperativa e, compatibil-mente con il loro stato soggettivo, essere sode della cooperativa stessa”. Al riguardo, le circolari n. 296/1992 e n. 109/1993 hanno esplicitato che la norma fa riferimento al numero complessivo dei lavoratori soci e non soci, esclusi I soci volontari. Succes-sivamente, la circolare n. 188/1994 ha inteso escludere dalla base di calcolo, d’in-tesa con il Ministero del Lavoro e allo scopo di “favorire” è il raggiungimento della percentuale minima del 30%, anche i lavoratori svantaggiati stessi. Con riferimento all’esempio prospettato nel quesito, occorre riconoscere che la base per il calcolo del 30%, calcolata secondo i criteri sopra descritti, risulterebbe effettivamente pari a zero, in quanto gli unici lavoratori della cooperativa sono infatti lavoratori svantag-giati. Ad ogni modo, anche alla luce di uno specifico chiarimento fornito in passato all’Istituto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, deve concludersi che pure in una situazione così particolare sussista la natura di cooperativa sodale. Con riferi-mento al secondo quesito posto, si conferma che i Consorzi costituiti con le caratte-ristiche richieste dall’art. 8 della legge n. 381/1991 sono assimilati alle cooperative sociali e, di conseguenza, trovano applicazione nei loro confronti tutte le disposizioni di cui alla citata legge. Infine, sulla terza ed ultima questione sollevata, si segnala una recente risposta ad interpello del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, nella quale si afferma che il riscontro della percentuale minima del 30% di lavoratori svantaggiati presso la cooperativa sociale deve necessariamente intendersi in termini di media riferita ad un determinato arco temporale. tale periodo, in particolare, può ritenersi di durata pari a quello previsto dalla legislazione regionale per ristabilire obbligatoriamente la suddetta percentuale minima di lavoratori svantaggiati o, in assenza di previsione di legge, comunque non superiore a dodici mesi.Nella Regione Veneto, pertanto, il rispetto della percentuale minima del 30% di la-voratori svantaggiati - fermo restando l’obbligo di ripristino sopra menzionato- deve essere verificato in riferimento ai 12 mesi precedenti.

Il direttore centrale Ziccheddu

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Determinazione 23 gennaio 2008 Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture

Indicazioni operative sugli appalti riservati - Articolo 52 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni ed integrazioni. (Determinazione n. 2/2008).

Il Consiglio considerato in fatto. Il presente atto di determinazione si propone di fornire alcune linee di indirizzo per la corretta applicazione delle norme che consentono di attribuire rilievo, nel settore degli appalti, agli aspetti sociali e/o ambientali. Al riguardo, la Commissione eu-ropea, con distinte comunicazioni interpretative («Gli appalti pubblici nell’Unione europea» dell’11 marzo 1998, seguita dalle due comunicazioni del 2001 sugli aspetti ambientali e sociali), aveva fornito indicazioni in materia. Le direttive n. 17/2004 e n. 18/2004 hanno poi previsto disposizioni specifiche sulla possibilità di tenere in considerazione, nell’affidamento e/o nell’esecuzione di contratti pubblici, criteri sociali e ambientali. Nel recepire le suddette direttive, quindi, il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ha in primo luogo stabilito, all’art. 2, recante i «Principi», che «il principio di economicità può essere subordinato, entro i limiti in cui sia espres-samente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell’ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile». Esso ha inoltre inserito, nella parte relativa ai «requisiti dei partecipanti alle procedure di affidamento», dedicata quindi ai profili soggettivi della procedura di appalto, l’art. 52 sugli appalti riservati, che attribuisce alle stazioni appaltanti la facoltà di riservare la partecipazione, in relazione a singoli appalti, o in considerazione dell’oggetto di determinati appalti, a laboratori protetti, oppure riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti, quando la maggioranza dei lavoratori interessati è composta di disabili. Appare opportuno chiarire alcuni aspetti attinenti le predette disposizioni, ai fini della loro corretta ap-plicazione. L’art. 52, infatti, contempla l’istituto dei laboratori protetti e l’istituto dei programmi di lavoro protetti, non definiti a livello normativo, ed esige un coordi-namento con la legislazione nazionale vigente relativa alle cooperative sociali e alle imprese sociali, la quale è espressamente fatta salva dalla medesima disposizione del codice dei contratti. Data la rilevanza delle questioni prospettate, l’Autorità ha proceduto ad effettuare apposite audizioni con i rappresentanti delle associazioni delle cooperative e delle imprese e con i ministeri interessati, nonché con l’ANCI e l’UPI. tutti i partecipanti alle audizioni hanno rilevato l’importanza delle tematiche in questione ed hanno espresso altresì l’esigenza di un atto di indirizzo dell’Autorità che dia indicazioni utili alle stazioni appaltanti ed alle imprese. Ritenuto in diritto - Appalti riservati (art. 52, decreto legislativo n. 163/2006). L’art. 52 del decreto legislativo n. 163/2006 prevede che le stazioni appaltanti possa-no riservare la partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici,

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a laboratori protetti nel rispetto della normativa vigente, o riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando la maggioranza dei lavoratori interessati è composta di disabili i quali, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali. Al fine di potersi avvalere della disposizione in parola, le stazioni appaltanti devono rendere nota la propria intenzione dandone indicazione nel bando di gara (i modelli di bando soprasoglia contengono la specificazione nel caso in cui la stazione appal-tante intenda riservare l’appalto). Con l’art. 52 il legislatore ha inteso perseguire le esigenze sociali di cui all’art. 2, com-ma 2, del decreto legislativo n. 163/2006 introducendo una deroga alle condizioni normali di concorrenza in favore di soggetti giuridici e di programmi che promuovo-no l’integrazione o la reintegrazione dei disabili nel mercato del lavoro. Il persegui-mento di un obiettivo di tipo sociale attraverso lo strumento dell’appalto pubblico avviene, quindi, nel caso dell’art. 52, attraverso la creazione di una riserva di parte-cipazione operante sia sotto il profilo soggettivo (laboratori protetti) che oggettivo (programmi protetti), in entrambi i casi caratterizzata dall’impiego maggioritario di disabili. Detta riserva consente di salvaguardare la posizione degli stessi ponendoli al di fuori di meccanismi esclusivamente concorrenziali. Come premesso, sia i laboratori protetti che i programmi protetti sono istituti che la normativa nazionale vigente non prevede. Entrambi fanno la loro comparsa per la prima volta, a livello comunitario, nella Re-lazione del Parlamento Europeo sulla proposta di direttiva relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, di servizi e di lavori, del 29 ottobre 2001 e, sulla base di quanto ivi previsto e confermato in atti comunitari successivi, sono entrambi caratterizzati dall’impiego di oltre la metà di lavoratori disabili, da intendersi quali portatori di handicap con esclusione, pertanto, delle altre categorie svantaggiate per motivi diversi dalla disabilità. La disciplina nazionale di recepimento di numerosi Paesi europei, quali Francia, Re-gno Unito, Spagna e Irlanda, che, al contrario dell’Italia, prevedono nei loro ordina-menti gli istituti di che trattasi, si conforma alla previsione del legislatore comunitario facendo chiaramente riferimento alla necessità che, ai fini della riserva, venga sempre integrata la condizione dell’impiego della maggioranza di lavoratori disabili. In Italia, tenuto conto dell’attuale lacuna normativa, occorre definire le condizioni oggettive che devono ricorrere ai fini dell’identificazione dei laboratori protetti. Allo scopo, si ritiene che, affinché la norma non rimanga una semplice enunciazione e sia effettivamente applicata, debbano essere cumulativamente posseduti dal sog-getto che intende essere riconosciuto quale laboratorio protetto ai fini dell’art. 52 i seguenti requisiti: a) essere un soggetto giuridico, costituito nel rispetto della vigente normativa, che

eserciti in via stabile e principale un’attività economica organizzata;b) prevedere nei documenti sociali, tra le finalità dell’ente, quella dell’inserimento

lavorativo delle persone disabili;c) avere nel proprio ambito una maggioranza di lavoratori disabili che, in ragione

della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali.

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Per quanto attiene il requisito sub c), si ritiene che per disabili debbano intendersi le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, i por-tatori di handicap intellettivo e le persone non vedenti e sordomute (legge 12 marzo 1999, n. 68). Per ciò che concerne il coordinamento con la vigente normativa in materia di coope-rative sociali e imprese sociali, la clausola di salvaguardia posta all’inizio dell’art. 52 («Fatte salve le norme vigenti sulle cooperative sociali e sulle imprese sociali») sta ad indicare che le due discipline - quella dell’art. 52 del decreto legislativo n. 163/2006 e quella della legge n. 381/1991 e successive modificazioni ed integrazioni si muo-vono in ambiti distinti. Si deve infatti considerare che le cooperative sociali di cui all’art. 1, lettera b), della legge n. 381/1991 e successive modificazioni ed integrazioni svolgono attività fina-lizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate e devono possedere un organico costituito almeno per il 30% da persone disagiate (invalidi fisici, psichici e sensoriali, ex degenti di istituti psichiatrici, tossicodipendenti, alcolisti, i lavoratori minorili in situazioni di difficoltà familiare). Inoltre, l’art. 5 della richiamata legge n. 381/1991 e successive modificazioni ed integrazioni prevede, al comma 1, che gli enti pubblici, compresi quelli economici e le società a partecipazione pubblica pos-sono stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono attività diverse agricole, industriali, commerciali o di servizi (escluso la fornitura di beni e servizi socio-sanitari ed educativi) finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate anche in deroga alla disciplina in materia di contratti sottosoglia della pubblica amministrazio-ne e, al comma 4, che nei bandi di gara di appalto e nei capitolati d’oneri relativi a forniture di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, gli enti pubblici, compresi quelli economici e le società a partecipazione pubblica, possono inserire, fra le condizioni di esecuzione, l’obbligo di eseguire il contratto con l’impiego delle persone svantaggiate. Pur essendo entrambe le disposizioni (art. 52 del decreto legislativo n. 163/2006 e legge n. 381/1991 e successive modificazioni ed integrazioni) finalizzate al persegui-mento di fini sociali, tuttavia dall’analisi della normativa emerge che le due figure la-boratorio protetto e cooperativa sociale non coincidono, in quanto i requisiti richiesti per il riconoscimento della figura del laboratorio protetto non corrispondono a quelli normativamente previsti in capo alle cooperative sociali, sia per quanto riguarda le categorie di persone individuate (persone svantaggiate e non solo disabili) sia per quanto attiene alla percentuale minima di organico che deve essere costituita da dette persone svantaggiate. Ciò, tuttavia, non comporta che le cooperative sociali di cui all’art. 1, lettera b), della legge n. 381/1991 e successive modificazioni ed integrazioni non possano essere riconosciute come laboratori protetti, ma anzi, data l’autonomia degli ambiti di appli-cazione, ne deriva che esse, come d’altronde ogni altro soggetto giuridico, possono accreditarsi quali laboratori protetti, e quindi avvalersi della riserva di cui all’art. 52, a condizione che possiedano i requisiti sopra individuati. In tal caso, la partecipazione alla gara per detti soggetti avverrà in applicazione del citato decreto legislativo n. 163/2006. Per quanto concerne la riserva a favore dei programmi di lavoro protetto, essa non

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si fonda sulla qualifica soggettiva dei partecipanti alla gara ma sul ricorso, da parte delle imprese partecipanti, nella fase esecutiva dell’appalto, all’impiego, in numero maggioritario, di lavoratori disabili che, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali. In tali casi, pertanto, la partecipazione alla gara deve intendersi riservata ai soggetti di cui all’art. 34 del decreto legislativo n. 163/2006, anche privi dei requisiti necessari ai fini del riconoscimento come laboratori protetti, che si avvalgono, ai fini dell’ese-cuzione dello specifico appalto, di piani che vedono coinvolti una maggioranza di lavoratori disabili, anche sulla base di accordi conclusi con soggetti operanti nel set-tore sociale. La disciplina di cui all’art. 52, data la collocazione nella Parte II - titolo I del decreto legislativo n. 163/2006, si applica agli appalti di valore superiore alla soglia di rilievo comunitario, nonché, in mancanza di espressa previsione contraria, anche agli ap-palti sottosoglia. Infine, un’ultima attenta valutazione va dedicata ai requisiti richiesti per la parteci-pazione alla gara. L’espresso richiamo, contenuto nell’art. 52, al rispetto della normativa vigente deve intendersi riferito al rispetto dei requisiti di ordine generale e di ordine speciale richie-sti per la partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica. Come previsto nell’art. 2, comma 2, del decreto legislativo n. 163/2006, infatti, al perseguimento di obiet-tivi di tipo sociale può essere subordinato il solo principio dell’economicità ma non anche, evidentemente, i principi di affidabilità morale e professionale dell’operatore economico o la qualità delle forniture, delle prestazioni e delle opere. Pertanto, ai soggetti che si avvalgono della riserva di cui all’art. 52 deve essere richiesto il posses-so dei requisiti generali di partecipazione e di quelli speciali previsti in ragione della tipologia dell’appalto. tuttavia, nella definizione dei requisiti di partecipazione, le stazioni appaltanti do-vranno attenersi al rispetto del principio di proporzionalità che, nel caso di specie, dovrà essere declinato sia con riferimento all’oggetto dell’appalto e alle sue caratte-ristiche specifiche sia con riferimento all’obiettivo sociale che si è inteso perseguire con l’introduzione della riserva. In particolare, le stazioni appaltanti devono: specificare nel bando di partecipazione il possesso dei requisiti di ordine generale, i requisiti di idoneità professionale, la capacità economica, finanziaria, tecnica e pro-fessionale di cui agli articoli 38-42 del decreto legislativo n. 163/2006; specificare nel bando di gara il criterio di selezione delle offerte (prezzo più basso o offerta economi-camente più vantaggiosa) e la modalità di verifica delle offerte anormalmente basse di cui agli articoli 81-84 e 86-88 del decreto legislativo n. 163/2006; disporre le specifiche tecniche relative all’appalto conformemente alle previsioni del codice dei contratti (art. 68). Per quanto riguarda la capacità economica e finanziaria, occorre precisare che la cifra d’affari deve essere proporzionale all’importo posto a base di gara. Particolare cura, inoltre, dovrà essere posta nella predisposizione del capitolato d’oneri con riferimen-to agli «oneri ed obblighi speciali», quali, a titolo esemplificativo, le modalità ed i tempi di utilizzo del personale disabile per l’intera durata del contratto.

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In base a quanto sopra considerato

Il Consiglio con riferimento agli appalti riservati (art. 52), è dell’avviso che: a) possono essere riconosciuti laboratori protetti ai sensi dell’art. 52 del decreto

legislativo n. 163/2006 e successive modificazioni ed integrazioni i soggetti che possiedono cumulativamente i seguenti requisiti: 1. essere un soggetto giuridico, costituito nel rispetto della vigente normativa, che

esercita in via stabile e principale un’attività economica organizzata;2. prevedere nei documenti sociali, tra le finalità dell’ente, quella dell’inserimento

lavorativo delle persone disabili;3. avere nel proprio ambito una maggioranza di lavoratori disabili che, in ragione

della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali;

b) possono avvalersi della riserva a favore dei programmi di lavoro protetti anche soggetti giuridici diversi dai laboratori protetti che ricorrono, per l’esecuzione dello specifico appalto, all’impiego, in numero maggioritario, di lavoratori disabili che, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali, anche sulla base di accordi conclusi con soggetti operanti nel settore sociale;

c) il ricorso alle procedure di cui all’art. 52 del codice richiede: la pubblicazione del bando con la finalità di rendere noto l’appalto ai soggetti interessati;la previsione dei requisiti di partecipazione (di ordine generale e di ordine speciale) in maniera analoga agli appalti non riservati nel rispetto del principio di proporzionalità.

Roma, 23 gennaio 2008Il Presidente relatore: Giampaolino

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Agenzia delle EntrateDirezione Centrale Normativa e ContenziosoRoma, 30 gennaio 2009 Interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000 - trattamento IVA applicabile al servizio di trasporto scolastico effettuato da una cooperativa sociale nei confronti di alcuni comuni. - n. 127-novies), parte terza, della tabella A allegata al DPR n. 633 del 1972

QUESItO RISOLUzIONE N. 27/E

La “ALFA”, società cooperativa a r. l., nell’ambito della propria attività riferisce di ef-fettuare il servizio di trasporto degli alunni delle scuole materne, elementari e medie (c. d. servizio trasporto scolastico) con mezzi (c. d. scuolabus) rispondenti alle carat-teristiche previste dalla normativa in materia di trasporto scolastico. Il servizio viene eseguito dalla cooperativa ALFA, su incarico affidato da diversi co-muni, ubicati nella regione..., mediante contratti di appalto o convenzioni, con mezzi di trasporto idonei e con personale addetto tenuto a controllare che i bambini siano regolarmente seduti durante il viaggio e che non arrechino danno a se stessi e ai loro compagni e ad assistere i bambini nelle operazioni di salita e discesa dai mezzi e nel tragitto dello scuolabus fino alla struttura scolastica. I predetti comuni, ai sensi della L. R. della regione..., sono tenuti ad organizzare il servizio di trasporto scolastico a favore degli alunni della scuola materna e dell’obbli-go provenienti da località, frazioni o comuni diversi da quello ove ha sede la scuola frequentata, sempre che sussistano obiettive difficoltà di accesso alla stessa. La cooperativa ALFA chiede di conoscere se le prestazioni di servizio di trasporto scolastico da essa rese siano da assoggettare all’aliquota IVA del 10 per cento ai sensi del punto 127-novies), parte terza, della tabella A, allegata al D.P.R. n. 633, ovvero all’aliquota del 4 per cento stabilita dal numero 41-bis), parte seconda della stessa tabella A, per le prestazioni educative.

SOLUzIONE INtERPREtAtIVA PROSPEttAtA DAL CONtRIBUENtE

La società cooperativa interpellante ritiene che al servizio di trasporto da essa reso possa applicarsi l’aliquota ridotta del 4 per cento prevista dal numero 41-bis), parte seconda, della tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 otto-bre 1972, n. 633. Secondo la cooperativa interpellante sussisterebbero, infatti, nel caso di specie le condizioni per annoverare il servizio di trasporto scolastico tra le “prestazioni edu-cative“ contenute nel richiamato numero 41-bis), ciò in quanto lo stesso viene reso esclusivamente nei confronti di soggetti minori d’età e rappresenta un servizio indi-spensabile e necessario per consentire la formazione educativa dei minori e pertanto strettamente funzionale all’attuazione e allo sviluppo del diritto all’istruzione.

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PARERE DELL’AGENzIA DELLE ENtRAtE

Il numero 41-bis), parte seconda, della tabella A allegata al citato D.P.R. n. 633 del 1972, dispone che alle “prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzio-ne di contratti di appalto e di convenzioni in generale” si applica l’aliquota IVA del 4 per cento. La norma prevede l’applicabilità dell’aliquota del 4 per cento qualora ricorrano le seguenti condizioni: 1) il soggetto che effettua le prestazioni deve essere una società cooperativa o un

consorzio di cooperative;2) destinatari del servizio devono essere gli anziani, gli inabili adulti, i tossicodipendenti

e i malati di AIDS, gli handicappati psicofisici e i minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza;

3) le prestazioni di servizi rese devono essere quelle socio-assistenziali, educative e di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili.

Relativamente alla tipologia di prestazioni destinatarie dell’aliquota agevolata e in particolare alle prestazioni educative, si osserva che la chiara formulazione della nor-ma non consente di ricondurre nell’ambito dell’attività educativa quelle prestazioni che, se pur ad essa collegate, sono funzionalmente e strutturalmente diverse. In particolare, il servizio di trasporto, ancorché reso ai medesimi destinatari delle prestazioni educative, ossia agli alunni appartenenti alla scuola materna e alla scuola dell’obbligo ed effettuato con accompagnatori a cui viene delegato il compito di controllare e assistere gli alunni, costituisce attività autonoma e distinta e non può essere configurabile come prestazione educativa ai fini dell’applicabilità della norma recata dal richiamato n. 41-bis), parte seconda, della menzionata tabella A allegata del D.P.R. n. 633 del 1972. Ciò premesso, la scrivente, conformemente al parere della Direzione regionale, ritie-ne che il servizio di trasporto scolastico oggetto del quesito non possa beneficiare dell’aliquota del 4 per cento. Si ritiene, invece, che le prestazioni di trasporto scolastico di cui trattasi siano da as-soggettare al tributo nella misura del 10 per cento, ai sensi del numero 127-novies), parte terza, della tabella A allagata al D.P.R. n. 633 del 1972, il quale prevede, tra l’altro, l’applicazione dell’aliquota IVA del 10 per cento “alle prestazioni di trasporto di persone e dei rispettivi bagagli al seguito...” (cf. r. risoluzione n. 51 del 29 maggio 1998). Pertanto, nel caso prospettato ai corrispettivi versati dai comuni, a fronte dell’effet-tuazione del servizio di trasporto scolastico, si rende applicabile l’aliquota agevolata del 10 per cento ai sensi del richiamato numero 127-novies), parte terza, della tabel-la A allegata al D.P.R. n. 633 del 1972.

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Le Direzioni Regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dagli uffici. Direzione Centrale Normativa e Contenzioso

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Risoluzione n. 80/E Agenzia delle Entrate

Oggetto: Interpello articolo 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. - trattamento fiscale delle cooperative sociali e delle cooperative di produzione e lavoro - Articolo 11 del DPR n. 601 del 29 settembre 1973

Con l’interpello specificato in oggetto, concernente l’interpretazione dell’art. 11 del DPR 29 settembre 1973, n. 601, è stato esposto il seguente

QUESItO

La società cooperativa ALFA riferisce di essere una cooperativa sociale che esercita l’attività di telesoccorso e assistenza domiciliare agli anziani. Considerato che il rapporto tra l’ammontare delle retribuzioni corrisposte ai soci la-voratori e il totale dei costi è superiore al 50 per cento, il contribuente chiede il trat-tamento fiscale ai fini IRES e IRAP da riservare al reddito prodotto dalla cooperativa in esame.

SOLUzIONE INtERPREtAtIVA PROSPEttAtA DAL CONtRIBUENtE

Roma, 25 marzo 2009

L’istante “in riferimento al DPR 601 del 29.01.1973 art. 11 che prevede che, se il rapporto di composizione (come sopra indicato) non è inferiore al 50%, i redditi prodotti dalle società cooperative sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dall’imposta locale sui redditi”, ritiene di “non assoggettare il reddito prodotto dalla cooperativa né all’IRES né all’IRAP”.

PARERE DELL’AGENzIA DELLE ENtRAtE

In via preliminare, si evidenzia che le cooperative sociali e loro consorzi beneficiano, tra l’altro, dell’esenzione piena dalle imposte sul reddito prevista dall’articolo 12 della legge n. 904 del 1977 in relazione alle somme destinate a riserve indivisibili e, ricor-rendone i presupposti, delle esenzioni previste dal titolo III del DPR n. 601 del 1973 (cfr. circolare n. 34/E del 15 luglio 2005). tra le agevolazioni stabilite nel citato titolo III del DPR n. 601 del 1973 rientra quella contenuta nell’articolo 11 in base alla quale “i redditi conseguiti dalle società coo-perative di produzione e lavoro e loro consorzi sono esenti dalla imposta sul reddito delle persone giuridiche e dalla imposta locale sui redditi se l’ammontare delle retri-buzioni effettivamente corrisposte ai soci che prestano la loro opera con carattere di continuità (...) non è inferiore al cinquanta per cento dell’ammontare complessivo di tutti gli altri costi tranne quelli relativi alle materie prime e sussidiarie”. tale norma, applicabile esclusivamente alle cooperative di produzione e lavoro, deve

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essere coordinata con le limitazioni stabilite nel comma 462 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, secondo cui le cooperative di produzione e lavoro che presentano un ammontare di retribuzioni corrisposte ai soci non inferiore al 50% del totale degli altri costi escluse materie prime e sussidiarie, beneficiano dell’esenzione da IRES rela-tivamente alla quota parte di reddito corrispondente all’IRAP iscritta a conto econo-mico (cfr. circolare n. 34/E del 15 luglio 2005). La disposizione contenuta nel citato comma 462 non si applica però alle cooperative sociali, in quanto il successivo comma 463 della legge n. 311 stabilisce che “le pre-visioni di cui ai commi da 460 a 462 non si applicano alle cooperative sociali e loro consorzi di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381”. Nel caso in esame, la società è una cooperativa sociale che, in conformità alla legge 8 novembre 1991, n. 381, persegue scopi coincidenti con l’interesse generale alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini. Al riguardo, occorre evidenziare che la semplice qualifica di cooperativa sociale non è sufficiente per beneficiare dell’esenzione prevista al citato articolo 11, considerato che la norma fa espressamente riferimento alla categoria delle cooperative di produ-zione e lavoro. In altri termini, la cooperativa sociale può beneficiare dell’esenzione in esame a con-dizione che rientri anche tra quelle di produzione e lavoro, ossia tra le “cooperative nelle quali il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività la-vorative da parte del socio, sulla base di previsioni di regolamento che definiscono l’organizzazione del lavoro dei soci” (cfr. legge 3 aprile 2001, n. 142). In tale ipotesi, la presenza contemporanea dei requisiti previsti dalla legge n. 381 del 1991 per le cooperative sociali e dalla legge n. 142 del 2001 per le cooperative di produzione e lavoro, determina l’applicazione dell’agevolazione di cui all’articolo 11 del DPR n. 601 del 1973, senza che operino peraltro le limitazioni introdotte dal citato comma 462 delle legge n. 311 del 2004. In definitiva, la società cooperativa sociale può beneficiare dell’integrale esenzione da IRES, ai sensi del menzionato articolo 11 del D.P.R. n. 601 del 1973, sempre che presenti contemporaneamente: i requisiti per essere considerata cooperativa di produzione e lavoro; un ammontare di retribuzioni corrisposte ai soci non inferiore al 50% del totale degli altri costi escluse materie prime e sussidiarie. Si evidenzia, infine, che l’agevolazione stabilita nell’articolo 11 in esame è applicabile esclusivamente ai fini IRES (avendo tale imposta sostituito l’IRPEG con il decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344) e non anche ai fini IRAP, posto che l’esenzione dall’imposta locale sui redditi contenuta nello stesso articolo 11 non può essere inte-sa come un’esenzione dall’imposta sulle attività produttive (cfr. risoluzione n. 130/E del 26 settembre 2005). Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dagli uffici.

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Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali Direzione Generale per l’Attività Ispettiva

Roma, 15 maggio 2009 Al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro

INtERPELLO N. 42/2009

Oggetto: art. 9, D. Lgs. n. 124/2004 - cooperative sociali aventi oggetto plurimo - accertamento della percentuale del 30% dei soggetti svantaggiati presenti in co-operativa. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha proposto istanza di interpello alla scrivente Direzione generale per sapere se “nel caso di cooperative sociali ad oggetto plurimo il conteggio dei lavoratori subordinati e soci lavoratori di cooperativa per la determinazione della quota del 30% dei lavoratori disabili deve essere effettuato esclusivamente sui lavoratori subordinati e soci lavoratori di coo-perativa operanti nella tipologia B oppure sul totale dei lavoratori e soci lavoratori della cooperativa sociale”. In proposito, sentito il parere della Direzione generale per le Politiche Previdenziali, si rappresenta quanto segue. Preliminarmente va osservato che l’art. 1 della L. n. 381/1991 prevede che le coope-rative sociali possano perseguire i propri scopi statutari attraverso: a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi; b) lo svolgimento di attività diverse, finalizzate all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. Come già precisato con la circolare n. 153 dell’8 novembre 1996, tali attività pos-sono essere svolte anche congiuntamente, a condizione che la cooperativa sociale risulti iscritta in entrambe le sezioni dell’albo informatico; inoltre, ai fini della corretta applicazione delle agevolazioni concesse dalla vigente normativa, l’organizzazione amministrativa della cooperativa deve consentire la netta separazione delle gestioni relative alle diverse attività esercitate. Sotto il profilo previdenziale, infatti, le due attività sopra indicate sono soggette a regimi contributivi e benefici differenti, che comportano la necessaria apertura di due distinte posizioni contributive (cfr. INPS circ. n. 89/1999). Di conseguenza, ai fini della fruizione delle agevolazioni previste per l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, si ritiene corretto calcolare la percentuale di lavo-ratori svantaggiati in rapporto al solo personale impiegato nell’attività di “tipo B”, escludendo invece il personale impiegato nell’attività socio-sanitaria ed educativa di “tipo A”, facendo riferimento alle due distinte posizioni contributive aperte all’INPS.

Il Direttore Generale F. To Paolo Pennesi

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Agenzia delle EntrateDirezione Centrale Normativa e Contenzioso

Roma, 21 aprile 2009 Istanza di interpello, ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 - trattamento IVA applicabile al servizio informa giovani/lavoro. N. 41-bis), parte seconda della tabella A allegata al DPR n. 633 del 1972 e art. 10, n. 20) del DPR n. 633 del 1972.

RISOLUzIONE N. 103/E

Con l’interpello specificato in oggetto, concernente l’interpretazione delle disposizio-ni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è stato esposto il seguente

QUESItO

La “ALFA Società Cooperativa Sociale” fa presente di svolgere, per conto di un co-mune, il “servizio informagiovani/lavoro” e che detto servizio viene effettuato nei confronti di utenti generici di ogni età tra i quali anche soggetti minori e svantaggiati. Ciò premesso, la società istante chiede di conoscere se i corrispettivi relativi al pre-detto servizio possano o meno beneficiare dell’aliquota IVA nella misura del 4 per cento, ai sensi del numero 41-bis), parte seconda della tabella A, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 del 1972, o dell’esenzione di cui all’articolo 10, n. 20), del medesimo D.P.R. n. 633.

SOLUzIONE INtERPREtAtIVA PROSPEttAtA DAL CONtRIBUENtE

L’interpellante, in quanto cooperativa sociale, ritiene che i corrispettivi per la gestione del servizio “informagiovani/lavoro” possano fruire dell’aliquota del 4 per cento, ai sensi del numero 41-bis), parte seconda della tabella A allegata al D.P.R. n. 633. La società cooperativa istante ritiene, altresì, che lo stesso servizio possa essere in-quadrato tra le prestazioni di carattere educativo, esenti da IVA ai sensi dell’articolo 10, n. 20), del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972.

PARERE DELL’AGENzIA DELLE ENtRAtE

Il servizio informagiovani/lavoro, è un servizio di accoglienza e informazione, con-sistente nella raccolta di informazioni, nella consultazione di materiali relativi alla ricerca di lavoro, nell’attività di consulenza ed orientamento. Le norme di cui la cooperativa sociale istante chiede l’applicazione sono quelle recate del numero 41-bis), parte seconda della tabella A allegata al citato D.P.R. n. 633 del 1972 o, in via alternativa, la disposizione dell’articolo 10, n. 20) dello stesso D.P.R. n. 633.

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Il numero 41-bis) prevede l’applicazione dell’aliquota IVA nella misura del 4 per cen-to per le prestazioni “rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale” ove si verifichino congiuntamente le seguenti condizioni: le prestazioni devono essere effettuate “in favore degli anziani e inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza”; le prestazioni di servizi rese devono essere quelle “socioassistenziali, educative e di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese”. Le anzidette condizioni non risultano soddisfatte nel caso di specie. Il servizio informagiovani/lavoro, infatti, non è effettuato nei confronti dei destinatari indicati nella disposizione di cui al richiamato n. 41-bis), parte seconda della tabella A, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, in quanto esso viene reso, come riferito dalla cooperativa istante, nei confronti di utenti di ogni età, ancorché fra questi possono annoverarsi minori e soggetti svantaggiati. Peraltro, le prestazioni rese dalla cooperativa istante in quanto si configurano come prestazioni aventi carattere essenzialmente informativo, di consulenza ed orienta-mento, non sono riconducibili fra quelle elencate al n. 41bis) in argomento e in particolare fra quelle educative alle quali si riferisce l’istante. Le caratteristiche delle prestazioni oggetto dell’istanza di interpello sopra descritte escludono, altresì, la loro riconducibilità tra quelle di cui all’articolo 10, n. 20), del D.P.R. n. 633 del 1972. Detta disposizione prevede, infatti, l’esenzione dall’IVA per “le prestazioni educa-tive dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da ONLUS, (...)”. Pertanto, conformemente al parere formulato dalla Direzione regionale, si ritiene che il corrispettivo relativo al servizio informagiovani/lavoro non possa beneficiare dell’aliquota ridotta di cui al richiamato numero 41-bis), parte seconda della tabella A allegata al citato D.P.R. n. 633 del 1972 né dell’ esenzione dall’IVA recata dall’ar-ticolo 10, numero 20), del medesimo D.P.R. n. 633.

Le Direzioni Regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dagli uffici.

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Testo Coordinato del DL 4 febbraio 2010, n. 4 Istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata

Omissis

ARt. 5 DISPOSIzIONI SULL’AttIVItà DELL’AGENzIA E RAPPORtI CON L’AUtORItà GIUDIzIARIA

1. Alla legge 31 maggio 1965, n. 575, sono apportate le seguenti modificazioni: (0a) all’articolo 2-ter, quinto comma, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per i beni immobili sequestrati in quota indivisa, o gravati da diritti reali di godimento o di garanzia, i titolari dei diritti stessi possono intervenire nel procedimento con le mede-sime modalità al fine dell’accertamento di tali diritti, nonché della loro buona fede e dell’inconsapevole affidamento nella loro acquisizione. Con la decisione di confisca, il tribunale può, con il consenso dell’amministrazione interessata, determinare la som-ma spettante per la liberazione degli immobili dai gravami ai soggetti per i quali siano state accertate le predette condizioni. Si applicano le disposizioni per gli indennizzi relativi alle espropriazioni per pubblica utilità. Le disposizioni di cui al terzo e quarto periodo trovano applicazione nei limiti delle risorse disponibili per tale finalità a legi-slazione vigente»; a) l’articolo 2-sexies è sostituito dal seguente:

ARt. 2-SExIES.

1. Con il provvedimento con il quale dispone il sequestro previsto dagli articoli precedenti il tribunale nomina il giudice delegato alla procedura e un amministratore.

2. L’amministratore è scelto tra gli iscritti nell’Albo nazionale degli amministratori giudiziari. L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata promuove le intese con l’autorità giudiziaria per assicurare, attraverso criteri di trasparenza, la rotazione degli incarichi degli amministratori, la corrispondenza tra i profili professionali e i beni sequestrati, nonché la pubblicità dei compensi percepiti, secondo modalità stabilite con decreto di natura non regolamentare emanato dal Ministro dell’interno e dal Ministro della giustizia.

3. Non possono essere nominate le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con esse conviventi, nè le persone condannate ad una pena che importi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione. Le stesse persone non possono, altresì, svolgere le funzioni di ausiliario o di collaboratore dell’amministratore giudiziario.

4. Il giudice delegato può adottare, nei confronti della persona sottoposta alla procedura e della sua famiglia, i provvedimenti indicati nell’articolo 47 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, quando ricorrano

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le condizioni ivi previste. Egli può altresì autorizzare l’amministratore a farsi coadiuvare, sotto la sua responsabilità, da tecnici o da altre persone retribuite.

5. Fino al decreto di confisca di primo grado l’Agenzia coadiuva l’amministratore giudiziario sotto la direzione del giudice delegato. A tal fine l’Agenzia propone al tribunale l’adozione di tutti i provvedimenti necessari per la migliore utilizzazione del bene in vista della sua destinazione o assegnazione. L’Agenzia può chiedere al tribunale la revoca o la modifica dei provvedimenti di amministrazione adottati dal giudice delegato quando ritenga che essi possono recare pregiudizio alla destinazione o all’assegnazione del bene.

6. All’Agenzia sono comunicati per via telematica i provvedimenti di modifica o revoca del sequestro e quelli di autorizzazione al compimento di atti di amministrazione straordinaria.

7. Dopo il decreto di confisca di primo grado, l’amministrazione dei beni è conferita all’Agenzia, la quale può avvalersi di uno o più coadiutori. L’Agenzia comunica al tribunale il provvedimento di conferimento dell’incarico. L’incarico ha durata annuale, salvo che non intervenga revoca espressa, ed è rinnovabile tacitamente.

L’incarico può essere conferito all’amministratore giudiziario designato dal tribunale. In caso di mancato conferimento dell’incarico all’amministratore già nominato, il tribunale provvede agli adempimenti di cui all’articolo 2-octies e all’approvazione di un conto provvisorio. L’Agenzia può farsi coadiuvare, sotto la propria responsabilità, da tecnici o da altre persone retribuite secondo le modalità previste per l’amministratore giudiziario.

8. L’amministratore viene immesso nel possesso dei beni sequestrati, ove occorre, per mezzo della polizia giudiziaria. L’amministratore ha il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati anche nel corso dell’intero procedimento, anche al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni medesimi.

9. Entro sei mesi dal decreto di confisca di primo grado, al fine di facilitare le richieste di utilizzo da parte degli aventi diritto, l’Agenzia pubblica nel proprio sito internet l’elenco dei beni immobili oggetto del provvedimento.

10. Nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto aziende, costituite ai sensi degli articoli 2555 e seguenti del codice civile, il tribunale nomina un amministratore giudiziario scelto nella sezione di esperti in gestione aziendale dell’Albo nazionale degli amministratori giudiziari. Egli deve presentare al tribunale, entro sei mesi dalla nomina, una relazione particolareggiata sullo stato e sulla consistenza dei beni aziendali sequestrati, nonché sullo stato dell’attività aziendale. Il tribunale, sentiti l’amministratore giudiziario e il pubblico ministero, ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell’impresa, approva il programma con decreto motivato e impartisce le direttive per la gestione dell’impresa.

11. L’amministratore, con la frequenza stabilita dal giudice delegato, presenta relazioni periodiche sull’amministrazione, che trasmette anche all’Agenzia.

12. L’amministratore giudiziario provvede agli atti di ordinaria amministrazione funzionali all’attività economica dell’azienda. Il giudice delegato, tenuto conto dell’attività economica svolta dall’azienda, della forza lavoro da essa occupata, della sua capacità produttiva e del suo mercato di riferimento, può indicare il limite

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di valore entro il quale gli atti si ritengono di ordinaria amministrazione. 13. Si osservano per la gestione dell’azienda le disposizioni di cui all’articolo 2-octies,

in quanto applicabili. 14. Le procedure esecutive, gli atti di pignoramento e i provvedimenti cautelari in

corso da parte della società Equitalia Spa o di altri concessionari di riscossione pubblica sono sospesi nelle ipotesi di sequestro di aziende o società disposto ai sensi della presente legge con nomina di un amministratore giudiziario. È conseguentemente sospeso il decorso dei relativi termini di prescrizione.

15. Nelle ipotesi di confisca dei beni, aziende o società sequestrati, i crediti erariali si estinguono per confusione ai sensi dell’articolo 1253 del codice civile»; b) l’articolo 2-septies è sostituito dal seguente:

ARt. 2-SEPtIES.

1. L’amministratore non può stare in giudizio, n è contrarre mutui, stipulare transazioni, compromessi, fidejussioni, concedere ipoteche, alienare immobili e compiere altri atti di straordinaria amministrazione anche a tutela dei diritti dei terzi senza autorizzazione scritta del giudice delegato. Nei casi in cui l’amministrazione è affidata all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, la stessa richiede al giudice delegato il nulla osta al compimento degli atti di cui al primo periodo.

2. L’amministratore deve presentare al giudice delegato e all’Agenzia, entro un mese dalla nomina, una relazione particolareggiata sullo stato e sulla consistenza dei beni sequestrati e successivamente, con la frequenza stabilita dal giudice, una relazione periodica sull’amministrazione, esibendo, se richiesto, i documenti giustificativi; deve altresì segnalare al giudice delegato l’esistenza di altri beni, che potrebbero formare Oggetto di sequestro, di cui sia venuto a conoscenza nel corso della sua gestione.

3. L’amministratore deve adempiere con diligenza ai compiti del proprio ufficio e, in caso di inosservanza dei suoi doveri o di incapacità, può in ogni tempo essere revocato, previa audizione, dal tribunale, su proposta del giudice delegato o dell’Agenzia, o d’ufficio.

4. Nel caso di trasferimento fuori della residenza, all’amministratore spetta il trattamento previsto dalle disposizioni vigenti per il dirigente superiore»; c) l’articolo 2-octies è sostituito dal seguente:

ARt. 2-OCtIES.

1. Le spese necessarie o utili per la conservazione e l’amministrazione dei beni sono sostenute dall’amministratore o dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata mediante prelevamento dalle somme riscosse a qualunque titolo ovvero sequestrate o comunque nella disponibilità del procedimento.

2. Se dalla gestione dei beni sequestrati non è ricavabile denaro sufficiente per il pagamento delle spese di cui al comma 1, le stesse sono anticipate dallo Stato,

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con diritto al recupero nei confronti del titolare del bene in caso di revoca del sequestro.

3. Nel caso sia disposta la confisca dei beni, le somme per il pagamento dei compensi spettanti all’amministratore giudiziario o all’Agenzia, per il rimborso delle spese sostenute per i coadiutori e quelle di cui al comma 4 dell’articolo 2-septies sono inserite nel conto della gestione; qualora le disponibilità del predetto conto non siano sufficienti per provvedere al pagamento delle anzidette spese, le somme occorrenti sono anticipate, in tutto o in parte, dallo Stato, senza diritto a recupero. Se il sequestro è revocato, le somme suddette sono poste a carico dello Stato.

4. La determinazione dell’ammontare del compenso, la liquidazione dello stesso e del trattamento di cui al comma 4 dell’articolo 2-septies, nonché il rimborso delle spese di cui al comma 3 del presente articolo, sono disposti con decreto motivato del tribunale, su relazione del giudice delegato, tenuto conto del valore commerciale del patrimonio amministrato, dell’opera prestata, dei risultati ottenuti, della sollecitudine con la quale furono condotte le operazioni di amministrazione, delle tariffe professionali o locali e degli usi.

5. Le liquidazioni e i rimborsi di cui al comma 4 sono fatti prima della redazione del conto finale. In relazione alla durata dell’amministrazione e per gli altri giustificati motivi il tribunale concede, su richiesta dell’amministratore e sentito il giudice delegato, acconti sul compenso finale. Il tribunale dispone in merito agli adempimenti richiesti entro cinque giorni dal ricevimento della richiesta.

6. I provvedimenti di liquidazione o di rimborso sono comunicati all’amministratore mediante avviso di deposito del decreto in cancelleria e all’Agenzia per via telematica.

7. Entro venti giorni dalla comunicazione dell’avviso, l’amministratore o l’Agenzia può proporre ricorso avverso il provvedimento che ha disposto la liquidazione o il rimborso. La corte d’appello decide sul ricorso in camera di consiglio, previa audizione del ricorrente, entro quindici giorni dal deposito del ricorso»; d) all’articolo 2-nonies:

1) al comma 1, secondo periodo, le parole da: «del territorio» fino a: «nella provincia» sono sostituite dalle seguenti: «dell’Agenzia del demanio competente per territorio in relazione al luogo»; 1.) al comma 1, secondo periodo, dopo la parola: «nonché» sono inserite le seguenti: «all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e», dopo la parola: «prefetto» sono inserite le seguenti: «territorialmente competente» e le parole «e al Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno» sono soppresse;

2) il comma 2 è sostituito dal seguente: 2. Dopo la confisca, l’amministratore di cui all’articolo 2-sexies, se confermato, prosegue la propria attività sotto la direzione dell’Agenzia. L’amministratore può essere revocato in ogni tempo, ai sensi dell’articolo 2-septies, sino all’esaurimento delle operazioni di liquidazione, o sino a quando è data attuazione al provvedimento di cui al comma 1 dell’articolo

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2-decies; 3) al comma 3, le parole: «L’amministratore» sono sostituite dalle seguenti:

«L’Agenzia» e le parole: «del competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze» sono sostituite dalle seguenti: «dell’Agenzia del demanio competente per territorio»;

e) all’articolo 2-decies: 1) i commi 1 e 2 sono sostituti dai seguenti:

1. La destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali è effettuata con delibera del Consiglio direttivo dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, sulla base della stima del valore risultante dalla relazione di cui all’articolo 2-septies, comma 2, e da altri atti giudiziari, salvo che sia ritenuta necessaria dall’Agenzia una nuova stima.2. L’Agenzia provvede entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1 dell’articolo 2-nonies, prorogabili di ulteriori novanta giorni in caso di operazioni particolarmente complesse, all’adozione del provvedimento di destinazione. Anche prima dell’adozione del provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il secondo comma dell’articolo 823 del codice civile.;

2.) il comma 3 è abrogato; f) all’articolo 2-undecies:

1) al comma 1: 1.1) nell’alinea, le parole: «L’amministratore» sono sostituite dalle seguenti:

«L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata»;

1.2) alla lettera b), il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Se la procedura di vendita è antieconomica l’Agenzia dispone la cessione gratuita o la distruzione del bene.»;

2) al comma 2, la lettera b), è sostituita dalla seguente: b) trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del

comune ove l’immobile è sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali provvedono a formare un apposito elenco dei beni confiscati ad essi trasferiti, che viene periodicamente aggiornato.

L’elenco, reso pubblico con adeguate forme e in modo permanente, deve contenere i dati concernenti la consistenza, la destinazione e l’utilizzazione dei beni nonché, in caso di assegnazione a terzi, idati identificativi del concessionario e gli estremi, l’oggetto e la durata dell’atto di concessione. Gli enti territoriali, anche consorziandosi o attraverso associazioni, possono amministrare direttamente il bene o, sulla base di apposita convenzione, assegnarlo in concessione, a titolo gratuito e nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità e parità di trattamento, a comunità, anche giovanili, ad enti, ad associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, ad organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, a cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al testo unico delle leggi

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in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché alle associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni. La convenzione disciplina la durata, l’uso del bene, le modalità di controllo sulla sua utilizzazione, le cause di risoluzione del rapporto e le modalità del rinnovo. I beni non assegnati possono essere utilizzati dagli enti territoriali per finalità di lucro e i relativi proventi devono essere reimpiegati esclusivamente per finalità sociali. Se entro un anno l’ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, l’Agenzia dispone la revoca del trasferimento ovvero la nomina di un commissario con poteri sostitutivi»;

3) al comma 2, lettera c), in fine, è aggiunto il seguente periodo: «Se entro un anno l’ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, l’Agenzia dispone la revoca del trasferimento ovvero la nomina di un commissario con poteri sostitutivi.»;)

4) il comma 2-bis è sostituito dal seguente: 2-bis. I beni di cui al comma 2, di cui non sia possibile effettuare la destinazione

o il trasferimento per le finalità di pubblico interesse ivi contemplate, sono destinati con provvedimento dell’Agenzia alla vendita, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura civile. L’avviso di vendita è pubblicato nel sito internet dell’Agenzia, e dell’avvenuta pubblicazione viene data altresì notizia nei siti internet dell’Agenzia del demanio e della prefettura-ufficio territoriale del Governo della provincia interessata. La vendita è effettuata per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima formulata ai sensi dell’articolo 2-decies, comma 1. Qualora, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di vendita, non pervengano all’Agenzia proposte di acquisto per il corrispettivo indicato al terzo periodo, il prezzo minimo della vendita non può, comunque, essere determinato in misura inferiore all’80 per cento del valore della suddetta stima. Fatto salvo il disposto dei commi 2-ter e 2-quater del presente articolo, la vendita è effettuata agli enti pubblici aventi tra le altre finalità istituzionali anche quella dell’investimento nel settore immobiliare, alle associazioni di categoria che assicurano maggiori garanzie e utilità per il perseguimento dell’interesse pubblico e alle fondazioni bancarie. I beni immobili acquistati non possono essere alienati, nemmeno parzialmente, per cinque anni dalla data di trascrizione del contratto di vendita e quelli diversi dai fabbricati sono assoggettati alla stessa disciplina prevista per questi ultimi dall’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191. L’Agenzia richiede al prefetto della provincia interessata un parere obbligatorio, da esprimere sentito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, e ogni informazione utile affinché i beni non siano acquistati, anche per interposta persona, dai soggetti ai quali furono confiscati, da soggetti altrimenti riconducibili alla criminalità organizzata ovvero utilizzando proventi di natura illecita»;

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4-bis) al comma 2-quater, le parole: «Gli enti locali ove sono ubicati i beni destinati alla vendita ai sensi del comma 2-bis» sono sostituite dalle seguenti: «Gli enti territoriali» e le parole: «ai sensi del comma 4» sono soppresse;)

5) al comma 3: 5.1) all’alinea, le parole: «e destinati» sono sostituite dalle seguenti: «e destinati,

con provvedimento dell’Agenzia che ne disciplina le modalità operative»; 5.1-bis) alla lettera a), le parole: «previa valutazione del competente ufficio del

territorio del Ministero delle finanze,» sono soppresse;) 5.2) alla lettera b), le parole: «del competente ufficio del territorio del Ministero

delle finanze» sono sostituite dalle seguenti: «eseguita dall’Agenzia» e le parole: «da parte del Ministero delle finanze» sono sostituite dalle seguenti: «da parte dell’Agenzia»;

6) al primo periodo del comma 3-bis: 6.1) le parole: «I beni mobili iscritti in pubblici registri» sono sostituite dalle

seguenti: «I beni mobili, anche iscritti in pubblici registri»; 6.2) dopo le parole: «essere affidati» sono inserite le seguenti: «all’Agenzia o»; 6-bis) il secondo periodo del comma 3-bis è soppresso; 7) il comma 4 è abrogato; 8) al comma 6, le parole: «L’amministrazione delle finanze» sono sostituite dalle

seguenti: «L’Agenzia» e le parole da: «del competente» fino a: «medesimo Ministero» sono sostituite dalle seguenti: «dell’Agenzia del demanio competente per territorio»;)

g) all’articolo 2-duodecies, comma 4, le parole: «dei beni sequestrati e confiscati.» sono sostituite dalle seguenti: «dei beni sequestrati e confiscati, nonché la trasmissione dei medesimi dati all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.». 2) All’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con

modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, il comma 4-bis è sostituito dal seguente:

4-bis) (Le disposizioni in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati previste dagli articoli 2-quater e da 2-sexies a 2-duodecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, si applicano ai casi di sequestro e confisca previsti dai commi da 1 a 4 del presente articolo, nonché agli altri casi di sequestro e confisca di beni, adottati nei procedimenti relativi ai delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale. In tali casi l’Agenzia coadiuva l’autorità giudiziaria nell’amministrazione e nella custodia dei beni sequestrati sino al provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare e, successivamente a tale provvedimento, amministra i beni medesimi.) Le medesime disposizioni si applicano, in quanto compatibili, anche ai casi di sequestro e confisca di cui ai commi da 1 a 4 del presente articolo per delitti diversi da quelli di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale. In tali casi il tribunale nomina un amministratore. Restano comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno.».

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Comunicato del 27 luglio 2010Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture

trasmissione dei dati relativi ad affidamenti a Cooperative sociali, ex articolo 5 della legge n. 381/1991 (10A09246) (GU Serie Generale n. 177 del 31-7-2010)

Il PresidenteVisto l’art. 7, comma 8, del decreto legislativo n. 163/2006 che prevede che le sta-zioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a comunicare all’Osservatorio per contratti di importo superiore alla soglia dei 150.000 euro dati informativi sui contratti pubblici; Visto il Comunicato del Presidente del 4 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Uffi-ciale n. 94 del 21 aprile 2008 con il quale si definiscono le modalità telematiche per la trasmissione dei dati dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di importo superiore alla soglia dei 150.000 euro; Viste le istruzioni relative alle contribuzioni dovute, ai sensi dell’art. 1, comma 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, di soggetti pubblici e privati in vigore dal 1° maggio 2010; Visto l’art. 5 della legge n. 381/91 che prevede la possibilità per i soggetti aggiudi-catori di stipulare convenzioni con le cooperative sociali di cui all’art. 1, comma 1, lett. b (cooperative che svolgono attività agricole, industriali, commerciali o di servizi diverse dalla gestione di servizi socio-sanitari ed educativi e finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate) anche in deroga alla disciplina in materia di con-tratti della pubblica amministrazione; Considerato che le disposizioni sulle comunicazioni di dati all’Osservatorio sono pre-ordinate al rispetto dei principi fondamentali di matrice comunitaria in materia di contratti pubblici tra i quali quelli di trasparenza, correttezza, parità di trattamento e non discriminazione; Ritenuto che la deroga prevista dall’art. 5, legge n. 381/1991, deve considerarsi rife-rita alle procedure di affidamento, ma non ai suddetti principi comunitari;

Comunica che le stazioni appaltanti che procedono ad affidamenti ai sensi dell’art 5, della legge n. 381/1991, sono tenute ad effettuare le comunicazioni all’Osservatorio dei contratti pubblici, con le seguenti modalità: convenzioni di importo superiore alla soglia dei 150.000 euro: secondo quanto spe-cificato nel Comunicato del Presidente del 4 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 21 aprile 2008; convenzioni di importo inferiore alla soglia dei 150.000 euro: limitatamente alla sola acquisizione del codice CIG, fino a quando non verranno rese note con ulteriori comunicazioni le relative modalità di trasmissione dei dati.Che non possono essere stipulate convenzioni ai sensi dell’art. 5, comma 1, legge n. 381/1991 per la fornitura di servizi socio-sanitari ed educativi (art. 1, comma 1, lett. a).

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Decreto 13 aprile 2011(G.U. n. 159 del 11-7-2011) Ministero del Lavoro e delle Politiche SocialiDisposizioni in attuazione dell’articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106, in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. (11A09513)

Il Direttore Generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche e il Capo Dipartimento della prevenzione e della comunicazione del Ministero della salute di concerto con il Capo Dipartimento della Protezione civile e il Capo Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell’interno decretano:

ARt. 1. DEFINIzIONI

1. Ai fini e per gli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto, si intende per: a) «organizzazione di volontariato della protezione civile»: ogni organismo

liberamente costituito, senza fini di lucro, ivi inclusi i gruppi comunali e intercomunali di protezione civile, che svolge o promuove, avvalendosi prevalentemente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti, attività di previsione, prevenzione e soccorso in vista o in occasione di eventi di cui all’art. 2 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, ivi comprese le attività di cui alla legge 21 novembre 2000, n. 353, e all’art. 5-bis, comma 5 del decreto-legge 7 settembre 2001, n, 343, convertito con modificazioni dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, nonché attività di formazione e addestramento, nelle stesse materie;

b) «formazione»: processo educativo attraverso il quale trasferire conoscenze e procedure utili all’acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza delle attività operative, all’identificazione e alla eliminazione, o, ove impossibile, alla riduzione e alla gestione dei rischi;

c) «informazione»: complesso di attività dirette a fornire conoscenze utili all’identificazione, alla eliminazione, o, ove impossibile, alla riduzione e alla gestione dei rischi nello svolgimento delle attività operative; d) «addestramento»: complesso di attività dirette a far apprendere l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, dispositivi, anche di protezione individuale, nonché le misure e le procedure di intervento;

e) «controllo sanitario»: insieme degli accertamenti medici basilari individuati anche da disposizioni delle regioni e province autonome, emanate specificatamente per il volontariato oggetto del presente decreto, finalizzati alla ricognizione delle condizioni di salute, quale misura generale di prevenzione nell’ambito

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delle attività di controllo sanitario nello specifico settore, fatto salvo quanto specificato al successivo art. 5 in materia di sorveglianza sanitaria.

ARt. 2. CAMPO DI APPLICAzIONE

Omissis

3. Le norme in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al decreto legislativo n. 81/2008 sono applicate nei riguardi delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, tenendo conto delle peculiari esigenze relative alle prestazioni che si svolgono in luoghi diversi dalle sedi di lavoro e alle attività che sono realizzate da persone con disabilità.

Omissis

ARt. 7. DISPOSIzIONI RELAtIVE ALLE COOPERAtIVE SOCIALI

l. Le disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui al decreto legislativo n. 81/2008 si applicano nei confronti del lavoratore o del socio lavoratore delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, che svolga la propria attività al di fuori delle sedi di lavoro tenendo conto dei rischi normalmente presenti, sulla base dell’esperienza, nelle attività di cui all’art. 1, lettere a) e b), della legge 8 novembre 1991, n. 381. Ove il lavoratore o il socio lavoratore svolga la propria prestazione nell’ambito dell’organizzazione di un altro datore di lavoro, questi è tenuto a fornire al lavoratore o al socio lavoratore adeguate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti in cui egli è chiamato ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

2. Ove le attività di cui al comma precedente siano svolte da soggetti che abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, o a lavoratori con handicap intellettivo e psichico, le attività di formazione, informazione e addestramento sono programmate e realizzate compatibilmente con il loro stato soggettivo.

3. Le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, assicurano che i volontari ricevano formazione, informazione e addestramento in relazione alle attività loro richieste.

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Determinazione n. 4 del 7 luglio 2011VCP Autorità Vigilanza Contratti PubbliciLinee guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari ai sensi dell’articolo 3 della Legge 13 agosto 2010, n. 136

Omissis

4.6. EROGAzIONI E LIBERALItà A FAVORE DI SOGGEttI INDIGENtI

Per assenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi di applicazione dell’art. 3 della legge n. 136/2010, la tracciabilità non si applica all’erogazione diretta, a titolo in-dividuale, di contributi da parte della pubblica amministrazione a soggetti indigenti o, comunque, a persone in condizioni di bisogno economico e fragilità personale e sociale ovvero, ancora, erogati per la realizzazione di progetti educativi. Deve, peraltro, tenersi distinto, da tale ipotesi, l’appalto eventualmente aggiudicato ad operatori economici per la gestione del processo di erogazione e rendicontazione dei contributi ovvero l’appalto o la concessione aggiudicati per l’erogazione delle prestazioni, a prescindere dal nomen juris attribuito alla fattispecie. A titolo esemplificativo, è pienamente soggetto agli obblighi di tracciabilità l’affida-mento del servizio di realizzazione, erogazione, monitoraggio e rendicontazione di voucher sociali. Parimenti, sono sottoposti a tracciabilità gli appalti affidati, ex art. 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381, alle cooperative che svolgono le attività di cui all’art. 1, comma 1, lettera b), della medesima legge (attività finalizzate all’inserimen-to lavorativo di persone svantaggiate).

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Decreto-Legge 6 luglio 2012, n. 95Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini

Omissis

ARt. 4. RIDUzIONE DI SPESE, MESSA IN LIQUIDAzIONE E PRIVAtIzzAzIONE DI SOCIEtà PUBBLIChE

Commi 1-6 omissis

7. Al fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori e i soggetti aggiudicatori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel rispetto dell’articolo 2, comma 1 del citato decreto acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo. è ammessa l’acquisizione in via diretta di beni e servizi tramite convenzioni realizzate ai sensi dell’articolo 30 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, dell’articolo 7 della legge 11 agosto 1991, n. 266, dell’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell’articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381. Sono altresì ammesse le convenzioni siglate con le organizzazioni non governative per le acquisizioni di beni e servizi realizzate negli ambiti di attività previsti dalla legge 26 febbraio 1987, n. 49, e relativi regolamenti di attuazione.

8. A decorrere dal 1° gennaio 2014 l’affidamento diretto può avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house. Sono fatti salvi gli affidamenti in essere fino alla scadenza naturale e comunque fino al 31 dicembre 2014. Sono altresì fatte salve le acquisizioni in via diretta di beni e servizi il cui valore complessivo sia pari o inferiore a 200.000 euro in favore delle associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, degli enti di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, delle associazioni sportive dilettantistiche di cui all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, delle organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, e delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381.

8-bis. I commi 7 e 8 non si applicano alle procedure previste dall’articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381.

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Decreto 24 luglio 2014, n. 148Ministero della GiustiziaRegolamento recante sgravi fiscali e contributivi a favore di imprese che assumono lavoratori detenuti Il Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’economia e delle Finanze d il Ministro del Lavoro E Delle Politiche Sociali adotta il seguente regolamento:

tItOLO I. CREDItO DI IMPOStA

ARt. 1. CREDItO DI IMPOStA PER ASSUNzIONI DI DEtENUtI O DI INtERNAtI

1. Alle imprese che assumono, per un periodo non inferiore a trenta giorni, lavoratori detenuti o internati, anche ammessi al lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, è concesso un credito di imposta per ogni lavoratore assunto, e nei limiti del costo per esso sostenuto, nella misura di euro 700 mensili, in misura proporzionale alle giornate di lavoro prestate, per l’ anno 2013 e nella misura di euro 520 mensili per gli anni a decorrere dal 2014 fino all’adozione di un nuovo decreto ministeriale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 22 giugno 2000, n. 193. Per i crediti di imposta maturati precedentemente al 1° gennaio 2013 e non ancora utilizzati in compensazione, si applicano le disposizioni regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento.

2. Alle imprese che assumono per un periodo non inferiore a trenta giorni, lavoratori semiliberi provenienti dalla detenzione o internati semiliberi è concesso un credito di imposta per ogni lavoratore assunto, e nei limiti del costo per esso sostenuto, nella misura di euro 350 mensili, in misura proporzionale alle giornate di lavoro prestate, a decorrere dal 1° gennaio 2013. Dal 1° gennaio 2014 e fino all’adozione di un nuovo decreto ministeriale, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 22 giugno 2000, n. 193, il credito di imposta è concesso nella misura di euro 300.

3. Per i lavoratori di cui ai commi 1 e 2 assunti con contratto di lavoro a tempo parziale, il credito d’imposta spetta in misura proporzionale alle ore prestate.

4. La presente disposizione si applica, alle stesse condizioni, anche ai rapporti di lavoro già instaurati alla data del 1° gennaio 2013 e che proseguono per un periodo non inferiore a trenta giorni successivamente al 1° gennaio 2013.

ARt. 2. CREDItO DI IMPOStA PER AttIVItà DI FORMAzIONE

1. Il credito d’imposta di cui all’articolo 1 spetta per i medesimi importi previsti per ciascuna tipologia di assunzioni alle imprese che: a) svolgono attività di formazione nei confronti di detenuti o internati, anche

ammessi al lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975,

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n. 354, o di detenuti o internati ammessi alla semilibertà, a condizione che detta attività comporti, al termine del periodo di formazione, l’immediata assunzione dei detenuti o internati formati per un periodo minimo corrispondente al triplo del periodo di formazione, per il quale hanno fruito del beneficio;

b) svolgono attività di formazione mirata a fornire professionalità ai detenuti o agli internati da impiegare in attività lavorative gestite in proprio dall’Amministrazione penitenziaria.

2. Non si applicano le agevolazioni previste dal comma 1 alle imprese che hanno stipulato convenzioni con enti locali aventi per oggetto attività formativa.

ARt. 3. CONDIzIONI PER ACCEDERE AL CREDItO DI IMPOStA

1. Le agevolazioni di cui all’articolo 1 spettano a condizione che i soggetti beneficiari: a) assumano i detenuti o gli internati, anche ammessi al lavoro esterno ai sensi

dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, ovvero alla semilibertà, con contratto di lavoro subordinato per un periodo non inferiore a trenta giorni;

b) corrispondano un trattamento economico non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di lavoro.

2. Potranno fruire delle agevolazioni di cui agli articoli 1 e 2 le imprese che hanno stipulato apposita convenzione con la Direzione dell’Istituto penitenziario ove sono ristretti i lavoratori assunti.

ARt. 4. CESSAzIONE DELLO StAtO DEtENtIVO DEL LAVORAtORE ASSUNtO

1. Il credito d’imposta di cui all’articolo 1 spetta anche per i diciotto mesi successivi alla cessazione dello stato detentivo del lavoratore assunto per i detenuti ed internati che hanno beneficiato della semilibertà o del lavoro esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, a condizione che l’assunzione sia avvenuta mentre il lavoratore era in regime di semilibertà o ammesso al lavoro all’esterno. Nel caso di detenuti ed internati che non hanno beneficiato della semilibertà o del lavoro esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, il credito di imposta di cui all’articolo 1 spetta per un periodo di ventiquattro mesi successivo alla cessazione dello stato detentivo del lavoratore assunto, a condizione che il rapporto di lavoro sia iniziato mentre il soggetto era ristretto.

ARt. 5. UtILIzzAzIONE DEL CREDItO DI IMPOStA

1. Il credito d’imposta non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive e non assume rilievo ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi e delle spese generali, ai sensi degli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

2. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

3. Il credito di imposta è indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di

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imposta in riferimento al quale è concesso. 4. Le agevolazioni di cui agli articoli 1 e 2 sono cumulabili con altri benefici, concessi

a fronte dei medesimi costi ammissibili, in misura comunque non superiore al costo sostenuto per il lavoratore assunto o per la sua formazione.

5. Le agevolazioni sono fruite nel rispetto del limite annuale di euro 250.000 previsto dall’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per i crediti d’imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi.

6. Per i crediti di imposta maturati precedentemente al 2013 e non ancora utilizzati in compensazione e per quelli maturati in relazione ai costi sostenuti negli anni 2013 e 2014 continuano ad applicarsi le disposizioni regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento.

7. A decorrere dall’anno 2015 l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta ai sensi del comma 2 avviene esclusivamente presentando il modello F24 attraverso i sistemi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, secondo modalità e termini definiti con provvedimento del Direttore della medesima Agenzia. Non sono accettate operazioni di versamento eseguite con modalità differenti.

ARt. 6. PROCEDIMENtO DI ACCESSO AL CREDItO DI IMPOStA

1. A decorrere dall’anno 2015 i soggetti che intendono fruire del credito di imposta devono presentare, entro il 31 ottobre dell’anno precedente a quello per cui si chiede la fruizione del beneficio, una istanza, relativa sia alle assunzioni già effettuate che a quelle che si prevede di effettuare, presso l’istituto penitenziario con il quale hanno stipulato la convenzione di cui all’articolo 3, comma 2, che indichi i detenuti o internati lavoranti all’interno dell’istituto, i detenuti o internati ammessi al lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 legge 26 luglio 1975, n. 354, ovvero i semiliberi, quantificando l’ammontare del credito d’imposta che intendono fruire per l’anno successivo. L’Istituto penitenziario provvede a trasmettere le istanze ricevute al competente Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria.

2. Le istanze di cui al comma 1 sono trasmesse a cura dei Provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria entro i quindici giorni successivi alla scadenza del termine di presentazione delle stesse di cui al comma 1. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria entro i successivi trenta giorni determina l’importo massimo dell’agevolazione complessivamente spettante a ciascun soggetto beneficiario per l’anno successivo dandone tempestiva comunicazione agli interessati, anche mediante pubblicazione sul sito internet del Ministero della giustizia. Nel caso in cui gli importi complessivamente richiesti eccedano le risorse stanziate, l’accoglimento delle istanze è effettuato rideterminando gli importi fruibili in misura proporzionale alle risorse stesse.

3. Le agevolazioni sono fruite con le modalità di cui all’articolo 5, comma 7, a seguito della avvenuta comunicazione di cui al precedente comma 2, nei limiti dell’importo del credito d’imposta complessivamente concesso e dell’importo maturato mensilmente sulla base dell’effettivo sostenimento dei costi relativi

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al personale che rientra tra le categorie agevolabili. L’utilizzo in compensazione del credito d’imposta per un importo superiore a quello concesso determinerà lo scarto delle relative operazioni di versamento.

4. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ai fini di cui al comma 3, trasmette con modalità telematica all’Agenzia delle entrate i dati dei soggetti ammessi a fruire del credito d’imposta e degli importi a ciascuno spettanti, nonché le eventuali revoche anche parziali. L’Agenzia delle entrate, anche per le compensazioni relative agli anni 2013 e 2014, trasmette al Ministero della giustizia, con le medesime modalità, i dati relativi ai crediti utilizzati in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

5. Le modalità e i termini di trasmissione dei dati di cui al comma 4 sono stabilite con provvedimenti adottati d’intesa tra gli uffici dirigenziali delle amministrazioni interessate.

6. In caso di accertata indebita fruizione totale o parziale del contributo per il verificarsi del mancato rispetto delle condizioni o dei requisiti previsti dalla norma, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, oltre a revocare il credito d’imposta concesso, procede contestualmente, ai sensi dell’articolo 1, comma 6, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge, fatte salve le eventuali responsabilità di ordine civile, penale ed amministrativo.

7. Fino alla entrata in funzione del procedimento di cui all’articolo 5, comma 7, per l’utilizzo dei crediti di imposta già maturati e non ancora utilizzati in compensazione, continuano ad applicarsi le disposizioni regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento e le relative direttive del Ministero della giustizia che prevedono le modalità di attribuzione del beneficio. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e l’Agenzia delle entrate concorderanno le modalità con le quali monitorare i crediti maturati nel corso del 2013 e del 2014 non utilizzati entro lo stesso anno.

ARt. 7. RISORSE DISPONIBILI

1. Per l’anno 2013 il credito d’imposta di cui agli articoli 1 e 2 è concesso fino a concorrenza dell’importo complessivo di euro 12. 602. 828,00.

2. Le risorse destinate all’agevolazione fiscale in argomento sono trasferite dal Ministero della giustizia sulla contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate-fondi di bilancio» per consentire la regolazione contabile delle compensazioni effettuate.

3. Per gli anni a decorrere dal 2014 e fino all’adozione di un nuovo decreto ministeriale il credito d’imposta, di cui agli articoli 1 e 2, è concesso fino a concorrenza dell’importo complessivo di euro 6. 102. 828,00. L’importo delle risorse di cui al comma 1, eventualmente non utilizzate nell’anno 2013, dovrà essere comunque versato sulla contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - fondi di bilancio» per reintegrare detta contabilità speciale delle somme utilizzate negli anni precedenti dall’Agenzia delle entrate ai fini della lordizzazione dei

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predetti crediti d’imposta, in eccedenza rispetto a quanto versato dal Ministero della giustizia alla contabilità speciale medesima.

tItOLO II. SGRAVI CONtRIBUtIVI

ARt. 8. CRItERI PER LA CONCESSIONE DEGLI SGRAVI CONtRIBUtIVI

1. Le aliquote complessive della contribuzione per l’assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale dovute dai soggetti beneficiari relativamente alla retribuzione corrisposta ai detenuti o internati, agli ex degenti degli ospedali psichiatrici giudiziari e ai condannati ed internati ammessi al lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono ridotte nella misura del 95 per cento per gli anni a decorrere dal 2013 e fino all’adozione di un nuovo decreto ministeriale ai sensi dell’articolo 4, comma 3-bis della legge 8 novembre 1991, n. 381, per quanto attiene alle quote a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori.

2. Gli sgravi contributivi di cui al comma 1 si applicano anche per i diciotto mesi successivi alla cessazione dello stato detentivo del lavoratore assunto per i detenuti ed internati che hanno beneficiato della semilibertà o del lavoro esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, a condizione che l’assunzione sia avvenuta mentre il lavoratore era ammesso alla semilibertà o al lavoro all’esterno. Nel caso di detenuti ed internati che non hanno beneficiato della semilibertà o del lavoro esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, gli sgravi contributivi di cui al comma 1 si applicano per un periodo di ventiquattro mesi successivo alla cessazione dello stato detentivo del lavoratore assunto, a condizione che l’assunzione sia avvenuta mentre il lavoratore era ristretto.

3. Per l’anno 2013 l’agevolazione contributiva di cui al comma 1 è concessa fino alla concorrenza di euro 8.045. 284,00.

4. Per gli anni a decorrere dal 2014 fino all’adozione di un nuovo decreto ministeriale l’agevolazione contributiva è concessa fino alla concorrenza di euro 4.045. 284,00.

5. Il rimborso all’Istituto nazionale della previdenza sociale degli oneri derivanti dalla riduzione di cui al comma 1 è effettuato sulla base di apposita rendicontazione. Le agevolazioni contributive di cui al presente articolo sono riconosciute dall’INPS in base all’ordine cronologico di presentazione delle domande da parte dei datori di lavoro a cui l’Istituto attribuisce un numero di protocollo informatico, ai fini del rispetto delle risorse stanziate. L’INPS provvede al monitoraggio delle minori entrate derivanti dal presente articolo fornendo i relativi elementi al Ministero dell’economia e delle finanze e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana e avrà effetto dal giorno successivo alla sua pubblicazione. è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.

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Interpello N. 17/2015Ministero Lavoro e Politiche Sociali Direzione generale per l’Attività Ispettiva

Roma, 20 luglio 2015

Oggetto: art. 9, D. Lgs. n. 124/2004 - cooperative sociali di tipo b) - modalità di calcolo dei soggetti svantaggiati di cui all’art. 4, L. n. 381/1991.

L’Associazione generale cooperative italiane, Confcooperative e Legacoop hanno avanzato istanza di interpello al fine di ottenere chiarimenti da questa Direzione generale in ordine alle modalità di computo da seguire per la corretta determinazione della percentuale mini-ma del 30% dei soggetti svantaggiati ex art. 4 della L. n. 381/1991, recante la disciplina delle cooperative sociali. In particolare, l’istante chiede se il suddetto calcolo debba essere effettuato per “te-ste” ovvero in base alle ore lavorate dai soggetti che svolgono l’attività presso le cooperative in questione. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale per la tutela delle Condizioni di Lavoro e delle Relazioni Industriali e dell’Ufficio legislativo, si rappresenta quanto segue. Al fine di fornire la soluzione alla problematica sollevata, occorre muovere dalla lettu-ra dell’art. 4, comma 2, L. n. 381/1991, ai sensi del quale “le persone svantaggiate” indicate al comma 1 della medesima norma “devono costituire almeno il trenta per cento dei lavoratori della cooperativa” nonché, compatibilmente con il loro stato soggettivo, assumere la qualità di socio della cooperativa stessa. La rilevanza dell’accertamento del suddetto requisito, come già chiarito da questo Ministero nella risposta ad interpello n. 4/2008, risiede nella circostanza che solo laddove si riscontri il raggiungimento di tale percentuale minima la cooperativa so-ciale di tipo b) potrà fruire di alcuni benefici fiscali e di altre peculiari trattamenti, tra i quali la totale esenzione contributiva prevista dal disposto di cui al comma 3 del medesimo articolo. Nel citato interpello sono state fornite indicazioni in merito alla individuazione del para-metro temporale di riferimento per il calcolo della percentuale del 30% ed è stato preci-sato come tale limite debba essere inteso quale “media annuale dei lavoratori in forza”, salvo diversa previsione da parte della legislazione regionale (anche in conformità alle più recenti normative comunitarie e nazionali che si riferiscono al “parametro annuo” per la verifica del requisito di PMI). Ciò premesso, per quanto attiene alla diversa questione dei criteri di computo per la corretta determinazione della percentuale in argomento, oggetto dell’istanza pro-posta, va osservato che l’art. 4, comma 2 della L. n. 381/1991, utilizza le locuzioni “persone svantaggiate” e “lavoratori della cooperativa” ai fini della individuazione della percentuale stessa, non richiamando in alcun modo criteri afferenti all’orario di lavoro effettivamente svolto dai soggetti disagiati. La ratio della legge, del resto, risiede nel creare opportunità lavorative per quelle

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persone che, proprio a causa della loro condizione di disagio psichico, fisico e sociale, trovano difficoltà all’inserimento nel mercato del lavoro, anche e soprattutto laddove si richieda loro una prestazione lavorativa a tempo pieno. Per le ragioni sopra indicate, in risposta al quesito avanzato, si ritiene che la determi-nazione del 30% dei soggetti svantaggiati vada effettuata per “teste” e non in base alle ore effettivamente svolte dai lavoratori stessi.

Il Direttore Generale F. To Danilo Papa

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Circolare n. 79INPS - Direzione Centrale Entrate

Roma, 16/04/2015

Fondo di solidarietà residuale ex articolo 3, comma 19, Legge n. 92/2012 2012, n. 92. Ulteriori chiarimenti in merito alla definizione dell’ambito applicazione.

1. PREMESSA Come noto, il decreto ministeriale n. 79141 del 7 febbraio 2014, istitutivo del Fondo di solidarietà residuale non identifica espressamente i settori in cui devono operare le imprese rientranti nell’ambito di applicazione del medesimo Fondo residuale ma - ri-chiamando le disposizioni dell’articolo 3, comma 19 della Legge n. 92/2012 - individua quali destinatari delle tutele assicurate dal Fondo in oggetto i lavoratori dipendenti da imprese appartenenti ai settori non rientranti nel campo di applicazione della normativa in materia d’integrazione salariale, per i quali non siano stipulati, accordi collettivi volti all’attivazione di un Fondo di cui al precedente comma 4, ovvero ai sensi del comma 14. In considerazione di quanto sopra sottolineato, si fa presente che sono pervenute all’Istituto richieste di chiarimento in ordine alla corretta individuazione dell’ambito di applicazione del Fondo di cui si tratta. Pertanto, con la presente circolare, si for-niscono precisazioni in merito alle tipologie di imprese per le quali è stato istituito il Fondo di solidarietà residuale e si dettano ulteriori indicazioni sull’assolvimento del relativo obbligo contributivo. tali disposizioni sono integrative delle indicazioni dettate - in relazione alle caratteri-stiche del suddetto Fondo ed alla relativa disciplina di finanziamento - con circolare n. 100 del 2 settembre 2014 e con successivi messaggi n. 6897 dell’8 settembre 2014 e n. 8673 del 12 novembre 2014.

Omissis

5. LAVORAtORI SVANtAGGIAtI DELLE COOPERAtIVE SOCIALI DI tIPO B) Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con risposta ad interpello n. 5 del 6 marzo 2015 ha chiarito che “le cooperative sociali di tipo b) di cui alla L. n. 381/1991 beneficiano di un regime speciale per i lavoratori svantaggiati sancito dall’articolo 4, comma 3, della medesima Legge, ai sensi del quale le aliquote complessive della contribuzione per l’assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale (...) re-lativamente alla retribuzione corrisposta alle persone svantaggiate, con l’eccezione delle persone di cui al comma 3 bis, sono ridotte a zero. Le cooperative sociali, dunque, sono esentate per i lavoratori svantaggiati, con l’eccezione delle persone di cui al comma 3 bis (detenuti, internati ecc.), da ogni forma di contribuzione per l’assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale, quale ad es. contribuzione ASPI, contribuzione CIGO/CIGS, pur risultando obbligate ai suddetti versamenti con

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riferimento ai lavoratori non svantaggiati”. Pertanto, il Ministero vigilante ha precisato che, ai sensi dell’articolo 4, comma 3, L. n. 381/1991, nell’ambito delle cooperative sociali di tipo b) non risulti dovuto il versamento del contributo ordinario pari allo 0,50% di finanziamento del Fondo di solidarietà residuale di cui all’articolo 3, comma 19, Legge n. 92/2012 - di cui due terzi a carico del datore di lavoro e un terzo a carico del lavoratore - relativamente alla retribuzione corrisposta ai lavoratori svantaggiati, pur nel contestuale manteni-mento del diritto di accesso alla prestazione garantita dal Fondo residuale. Pertanto, le imprese identificate con c. a. 5V non dovranno versare la contribuzionedi finanzia-mento del Fondo di solidarietà residuale in corrispondenza dei codici tipo contribu-zione “19”, avente il significato di “Lavoratori soci svantaggiati di cooperative sociali ex articolo 4, comma 3, della Legge 8/11/1991 n. 381, ai quali si applica l’esonero totale dei contributi previdenziali e assistenziali”, e tipo contribuzione “29”, avente il significato di “lavoratori non soci svantaggiati, dipendenti da cooperative sociali, ex articolo 4, comma 3, della Legge 8/11/1991, n. 381, ai quali si applica l’esonero totale dei contributi previdenziali e assistenziali”. Le Strutture territoriali provvederanno all’annullamento di eventuali note di rettifica attive risultanti non dovute.

Il Direttore Generale Cioffi

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Legge 18 agosto 2015, n. 141 Disposizioni in materia di agricoltura sociale

ARt. 1. FINALItà

1. La presente legge, nel rispetto dei principi previsti dall’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e delle competenze regionali, promuove l’agricoltura sociale, quale aspetto della multifunzionalità delle imprese agricole finalizzato allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento socio-lavorativo, allo scopo di facilitare l’accesso adeguato e uniforme alle prestazioni essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate.

ARt. 2. DEFINIzIONI

1. Ai fini della presente legge, per agricoltura sociale si intendono le attività esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, in forma singola o associata, e dalle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, nei limiti fissati dal comma 4 del presente articolo, dirette a realizzare: a) inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori

svantaggiati, definiti ai sensi dell’articolo 2, numeri 3) e 4), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, di persone svantaggiate di cui all’articolo 4 della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, e di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale;

b) prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana;

c) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante;

d) progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica.

2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono definiti i requisiti minimi e le modalità relativi alle attività di cui al comma 1.

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3. Le attività di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, esercitate dall’imprenditore agricolo, costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile.

4. Le attività di cui al comma 1 sono esercitate altresì dalle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, il cui fatturato derivante dall’esercizio delle attività agricole svolte sia prevalente; nel caso in cui il suddetto fatturato sia superiore al 30 per cento di quello complessivo, le medesime cooperative sociali sono considerate operatori dell’agricoltura sociale, ai fini della presente legge, in misura corrispondente al fatturato agricolo.

5. Le attività di cui al comma 1 possono essere svolte in associazione con le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, con le imprese sociali di cui al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, con le associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale previsto dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383, nonché con i soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, della legge 8 novembre 2000, n. 328, ferme restando la disciplina e le agevolazioni applicabili a ciascuno dei soggetti richiamati in base alla normativa vigente.

6. Le attività di cui al comma 1 sono realizzate, ove previsto dalla normativa di settore, in collaborazione con i servizi socio-sanitari e con gli enti pubblici competenti per territorio. Gli enti pubblici competenti per territorio, nel quadro della programmazione delle proprie funzioni inerenti alle attività e sociali, promuovono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, politiche integrate tra imprese, produttori agricoli e istituzioni locali al fine di sviluppare l’agricoltura sociale.

ARt. 3. RICONOSCIMENtO DEGLI OPERAtORI

1. Al fine di favorire l’integrazione delle attività di agricoltura sociale nella programmazione della rete locale delle prestazioni e dei servizi di cui all’articolo 2, comma 1, le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano, nell’ambito delle proprie attribuzioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adeguano, qualora necessario, le proprie disposizioni in materia al fine di consentire il riconoscimento degli operatori dell’agricoltura sociale da parte degli enti preposti alla gestione dei servizi e delle prestazioni di cui al medesimo articolo 2, comma 1, e di rendere pubblici i nominativi degli operatori riconosciuti. Le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano stabiliscono altresi’ le modalita’ per il riconoscimento provvisorio degli operatori che alla data di entrata in vigore della presente legge già svolgono attività di agricoltura sociale da almeno due anni, fissando un termine non inferiore a un anno per l’adeguamento ai prescritti requisiti. Il monitoraggio e la valutazione dei servizi e delle prestazioni avvengono secondo le disposizioni previste dal soggetto competente per il riconoscimento, in coerenza con le linee guida definite ai sensi dell’articolo 7. Dal riconoscimento degli operatori di cui al primo e al secondo periodo del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

ARt. 4. DISPOSIzIONI IN MAtERIA DI ORGANIzzAzIONI DI PRODUttORI

1. Gli operatori dell’agricoltura sociale possono costituire organizzazioni di produttori

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di cui al decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, per prodotti dell’agricoltura sociale, in coerenza con il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, e con le norme nazionali di applicazione.

ARt. 5. LOCALI PER L’ESERCIzIO DELLE AttIVItà DI AGRICOLtURA SOCIALE

1. I fabbricati o le porzioni di fabbricati rurali già esistenti nel fondo, destinati dagli imprenditori agricoli all’esercizio delle attività di cui all’articolo 2, mantengono il riconoscimento della ruralità a tutti gli effetti, nel rispetto delle previsioni degli strumenti urbanistici.

2. Le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano possono promuovere il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso degli imprenditori agricoli ai fini dell’esercizio di attività di agricoltura sociale, nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche, nonché delle caratteristiche paesaggistico-ambientali dei luoghi.

ARt. 6. INtERVENtI DI SOStEGNO

1. Le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere possono prevedere, nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 1, quarto periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, nelle gare concernenti i relativi servizi di fornitura, criteri di priorità per l’inserimento di prodotti agroalimentari provenienti da operatori dell’agricoltura sociale.

2. I comuni definiscono modalità idonee di presenza e di valorizzazione dei prodotti provenienti dall’agricoltura sociale nelle aree pubbliche ai sensi dell’articolo 28 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e successive modificazioni.

3. Nell’ambito delle operazioni di alienazione e locazione dei terreni demaniali agricoli e di quelli appartenenti agli enti pubblici territoriali e non territoriali, di cui all’articolo 66 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e successive modificazioni, sono previsti criteri di priorità per favorire l’insediamento e lo sviluppo delle attività di agricoltura sociale, anche utilizzando i beni e i terreni confiscati ai sensi del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

4. All’articolo 48, comma 3, lettera c), del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo le parole: «della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni» sono inserite le seguenti: «, e agli operatori dell’agricoltura sociale riconosciuti ai sensi delle disposizioni vigenti».

5. Con apposito decreto, il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano, definisce requisiti e criteri per l’accesso ad ulteriori agevolazioni e interventi di sostegno per

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le attività di cui all’articolo 2, nell’ambito delle risorse previste dalla legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

6. Nella predisposizione dei piani regionali di sviluppo rurale, le regioni possono promuovere la realizzazione di programmi finalizzati allo sviluppo della multifunzionalità delle imprese agricole e basati su pratiche di progettazione integrata territoriale e di sviluppo dell’agricoltura sociale. A tale fine le regioni promuovono tavoli regionali e distrettuali di partenariato tra i soggetti interessati alla realizzazione di programmi di agricoltura sociale.

ARt. 7. IStItUzIONE DELL’OSSERVAtORIO SULL’AGRICOLtURA SOCIALE

1. Presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è istituito l’Osservatorio sull’agricoltura sociale, di seguito denominato «Osservatorio», al quale sono attribuiti i seguenti compiti: a) definizione di linee guida per l’attività delle istituzioni pubbliche in materia

di agricoltura sociale, con particolare riferimento a criteri omogenei per il riconoscimento delle imprese e per il monitoraggio e la valutazione delle attività di agricoltura sociale, alla semplificazione delle procedure amministrative, alla predisposizione di strumenti di assistenza tecnica, di formazione e di sostegno per le imprese, alla definizione di percorsi formativi riconosciuti, all’inquadramento di modelli efficaci, alla messa a punto di contratti tipo tra imprese e pubblica amministrazione;

b) monitoraggio ed elaborazione delle informazioni sulla presenza e sullo sviluppo delle attività di agricoltura sociale nel territorio nazionale, anche al fine di facilitare la diffusione delle buone pratiche;

c) raccolta e valutazione coordinata delle ricerche concernenti l’efficacia delle pratiche di agricoltura sociale e loro inserimento nella rete dei servizi territoriali;

d) proposta di iniziative finalizzate al coordinamento e alla migliore integrazione dell’agricoltura sociale nelle politiche di coesione e di sviluppo rurale;

e) proposta di azioni di comunicazione e di animazione territoriale finalizzate al supporto delle iniziative delle regioni e degli enti locali.

2. L’Osservatorio cura il coordinamento della sua attività con quella degli analoghi organismi istituiti presso le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano in materia di agricoltura sociale.

3. L’Osservatorio è nominato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ed è composto da: a) cinque rappresentanti delle amministrazioni dello Stato, designati rispettivamente

dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dal Ministro della salute e dal Ministro della giustizia;

b) cinque rappresentanti delle regioni e delle province autonome di trento e di Bolzano, designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano;

c) due rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, designati dalle organizzazioni medesime;

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d) due rappresentanti delle reti nazionali di agricoltura sociale, designati dalle reti medesime;

e) due rappresentanti delle organizzazioni del terzo settore maggiormente rappresentative a livello nazionale, designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano e individuati nell’ambito degli operatori già attivi nel territorio nel settore dell’agricoltura sociale;

f) due rappresentanti delle associazioni di promozione sociale con riferimenti statutari all’ambito agricolo iscritte nel registro nazionale previsto dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383, designati dall’Osservatorio nazionale dell’associazionismo di cui all’articolo 11 della medesima legge n. 383 del 2000;

g) due rappresentanti delle organizzazioni della cooperazione, designati dalle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo maggiormente rappresentative.

4. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali provvede, con proprio decreto da adottare entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di trento e di Bolzano, alla definizione delle modalità di organizzazione e di funzionamento dell’Osservatorio. Al funzionamento dell’Osservatorio si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La partecipazione all’Osservatorio non dà luogo alla corresponsione di compensi, gettoni, emolumenti, indennità o rimborsi di spese comunque denominati.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

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Legge regionale 3 novembre 2006, n. 23 (BUR n. 96/2006)Norme per la promozione e lo sviluppo della cooperazione sociale

CAPO I. DISPOSIzIONI GENERALI

ARt. 1. FINALItà

1. La Regione del Veneto riconosce il rilevante valore e la finalità pubblica della cooperazione sociale nel perseguimento della promozione umana e dell’integrazione sociale dei cittadini nell’interesse generale della comunità.

2. In particolare, la presente legge: a) rafforza ed incentiva la promozione, il sostegno e lo sviluppo delle cooperative

sociali e dei consorzi disciplinati dalla legge 8 novembre 1991, n. 381 “Disciplina delle cooperative sociali” e successive modificazioni;

b) disciplina l’Albo regionale delle cooperative sociali;c) prevede le forme di partecipazione della cooperazione sociale alla

programmazione, organizzazione e gestione del sistema integrato di interventi e servizi alla persona, disciplinando le modalità di raccordo delle attività delle cooperative sociali con quelle delle pubbliche amministrazioni aventi contenuto sociale, socio-assistenziale, socio-educativo, socio-sanitario e sanitario, nonché con le attività di formazione professionale, di sviluppo dell’occupazione e delle politiche attive del lavoro, con particolare riferimento all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate e delle altre persone deboli di cui all’articolo 3;

d) individua i criteri e le modalità di affidamento, di convenzionamento e di conferimento dei servizi alle cooperative sociali;

e) definisce le misure di promozione, sostegno, qualificazione e sviluppo della cooperazione sociale.

ARt. 2. DEFINIzIONE DI COOPERAtIVE SOCIALI

1. Le cooperative sociali in possesso dei requisiti di cui al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155 “Disciplina dell’impresa sociale, a norma della legge. 13 giugno 2005, n. 118” sono imprese sociali; esse operano senza fine di lucro, con lo scopo di perseguire, nell’ambito delle finalità previste dall’articolo 1, l’interesse generale della comunità, la promozione umana e l’integrazione sociale delle persone attraverso: a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi anche con riferimento agli

ambiti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c); b) la gestione di attività finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone

svantaggiate e delle altre persone deboli, nei settori agricoli, industriali, commerciali o di servizi.

2. Sono considerati servizi di cui alla lettera a) del comma 1 anche le attività svolte

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dalle strutture che nell’ambito di programmi individuali riabilitativi, educativi e formativi, temporalmente definiti e concertati con i servizi sociali pubblici, organizzano attività lavorative finalizzate al recupero sociale delle persone svantaggiate e deboli; la gestione di tali servizi consiste nella organizzazione complessiva e coordinata dei diversi fattori materiali, immateriali e umani che concorrono alla prestazione di un servizio, con esclusione delle mere forniture di manodopera.

3. Le disposizioni della presente legge si applicano in quanto compatibili ai consorzi costituiti come società cooperative di cui all’articolo 8 della legge n. 381/1991.

ARt. 3. PERSONE SVANtAGGIAtE E DEBOLI

1. Ai fini delle presente legge si considerano persone svantaggiate i soggetti di cui all’articolo 4 della legge n. 381/1991, e successive modificazioni. Le persone svantaggiate devono costituire almeno il trenta per cento dei lavoratori delle cooperative sociali e, compatibilmente con il loro stato soggettivo, possono essere socie della cooperativa stessa; la condizione di persona svantaggiata risulta da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione competente che ne determina la durata.

2. Ai fini delle presente legge si considerano persone deboli i soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera f), del regolamento CE n. 2204/2002 del 5 dicembre 2002 “Regolamento della Commissione relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione” nonché i soggetti che versano nelle situazioni di fragilità sociale evidenziate nell’articolo 22 della legge 8 novembre 2000, n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”.

ARt. 4. BASE SOCIALE

1. La cooperativa sociale è un’impresa collaborativa di cui fanno parte diversi soggetti e dove sono rappresentati e trovano collocazione molteplici gruppi e portatori di interessi.

2. Oltre alle tipologie di socio previste dalla normativa vigente, gli statuti della cooperativa sociale possono prevedere la presenza di soci fruitori e di soci volontari.

3. I soci fruitori sono utenti o loro familiari che godono a vario titolo, direttamente o indirettamente, dei servizi prestati dalla cooperativa sociale.

4. I soci volontari prestano la loro attività gratuitamente e il loro numero non può superare la metà del numero complessivo dei soci. Può essere corrisposto loro solo il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, sulla base di parametri stabiliti dalla cooperativa sociale per la totalità dei soci.

5. Ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato e autonomo, ad eccezione delle norme in materia di assicurazione contro infortuni e malattie professionali, nonché per la responsabilità civile verso terzi. Nella gestione dei servizi e delle attività di cui all’articolo 2, da effettuarsi in applicazione di contratti stipulati con le pubbliche amministrazioni,

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le prestazioni dei soci volontari sono utilizzate in misura complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri d’impiego di operatori professionali previsti dalle disposizioni vigenti.

6. Per ogni categoria di socio prevista dallo statuto è predisposta un’apposita sezione del libro dei soci.

CAPO II. ALBO REGIONALE DELLE COOPERAtIVE SOCIALI

ARt. 5. ALBO REGIONALE DELLE COOPERAtIVE SOCIALI

1. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, istituisce l’Albo regionale delle cooperative sociali, di seguito denominato Albo.

2. L’Albo si articola nelle seguenti sezioni: a) sezione A: nella quale sono iscritte le cooperative sociali di cui all’articolo 2,

comma 1, lettera a);b) sezione B: nella quale sono iscritte le cooperative sociali di cui all’articolo 2,

comma 1, lettera b);c) sezione C: nella quale sono iscritti i consorzi di cui all’articolo 8 della legge n.

381/1991.

ARt. 6. ISCRIzIONE E CANCELLAzIONE DALL’ALBO

1. L’iscrizione all’Albo è disposta dal dirigente della struttura regionale competente in materia di servizi sociali, sentita la commissione regionale della cooperazione sociale di cui all’ articolo 21.

2. L’iscrizione all’Albo è condizione: a) per l’affidamento e per il convenzionamento dei servizi di cui all’articolo 10;b) per la concessione della titolarità del servizio di cui all’articolo 11;c) per la fruizione di benefici e l’utilizzo di forme di collaborazione previsti dalla

vigente normativa statale e regionale a favore delle cooperative sociali;d) per la stipula di convenzioni quadro su base territoriale di cui all’articolo 14

del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30”;

e) per accedere alle convenzioni di cui all’articolo 38 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, qualora le cooperative sociali svolgano attività idonee a favorire l’inserimento e l’integrazione sociali e lavorative di persone disabili;

f) per assicurare i compiti di assistenza e prevenzione di cui all’articolo 114 del decreto de Presidente della repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 “testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza” e successive modificazioni.

3. Le cooperative sociali possono ottenere l’iscrizione ad entrambe le sezioni di cui

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all’articolo 5, comma 2, lettere a) e b), qualora in possesso dei requisiti previsti dalla vigente normativa.

4. Possono chiedere l’iscrizione all’Albo esclusivamente le cooperative sociali che hanno sede legale nel territorio regionale.

5. La Giunta regionale, in conformità alla normativa vigente, stabilisce, sentita la commissione regionale della cooperazione sociale di cui all’articolo 21, modalità, termini e requisiti per l’iscrizione all’Albo entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

6. La cancellazione dall’Albo è disposta dal dirigente della struttura regionale competente in materia di servizi sociali, sentita la commissione regionale della cooperazione sociale di cui all’ articolo 21, nei casi in cui: a) venuto meno anche uno dei requisiti necessari all’ iscrizione, la cooperativa

sociale, diffidata a regolarizzare, non ottemperi agli adempimenti richiesti entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla diffida;

b) la cooperativa sociale sia stata sciolta, risulti inattiva da più di ventiquattro mesi o sia stata cancellata dall’Albo delle società cooperative di cui al decreto del Ministero delle attività produttive 23 giugno 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 luglio 2004, n. 162, o comunque non sia più in grado di continuare ad esercitare la propria attività;

c) non sia stata effettuata entro l’anno, per cause imputabili alla cooperativa sociale, l’ispezione ordinaria di cui all’articolo 3, comma 3, della legge n. 381/1991;

d) nelle cooperative sociali che gestiscono le attività di cui all’ articolo 2, comma 1, lettera b), la percentuale di persone svantaggiate di cui all’articolo 3, comma 1, scenda al di sotto del limite del trenta per cento dei lavoratori della cooperativa stessa per un periodo superiore a dodici mesi;

e) il numero dei soci volontari supera il limite del cinquanta per cento;f) la cooperativa sociale non rispetta le disposizioni previste dall’articolo 6

della legge 3 aprile 2001, n. 142 “Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore” e successive modificazioni.

7. Il provvedimento di cancellazione è comunicato a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno alla cooperativa sociale nonché alla direzione provinciale del lavoro e alla camera di commercio territorialmente competenti ed è pubblicato per estratto nel Bollettino ufficiale della Regione del Veneto.

8. La cancellazione dall’Albo comporta la risoluzione dei rapporti con gli enti pubblici per la gestione dei servizi e delle attività di cui all’articolo 2, comma 1, nonché la perdita dei benefici contributivi e degli altri vantaggi previsti dalla presente legge.

ARt. 7. RICORSO

1. Avverso il provvedimento di diniego di iscrizione o di cancellazione dall’Albo è ammesso ricorso amministrativo al Presidente della Giunta regionale entro trenta giorni dalla data di ricevimento dei relativi provvedimenti.

2. Il Presidente della Giunta regionale decide entro novanta giorni dal ricevimento

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del ricorso, su conforme parere della Giunta regionale sentita la commissione regionale della cooperazione sociale di cui all’articolo 21; trascorsi novanta giorni, in mancanza di una decisione del Presidente della Giunta, il ricorso si intende respinto.

3. La presentazione del ricorso sospende l’esecutività del provvedimento di cancellazione fino alla decisione del ric

CAPO III. LA COOPERAzIONE SOCIALE NEL SIStEMA INtEGRAtO DEI SERVIzI ALLA PERSONA

ARt. 8. PARtECIPAzIONE DELLA COOPERAzIONE SOCIALE NEL SIStEMA INtEGRAtO DEI SERVIzI ALLA PERSONA

1. La Regione riconosce alla cooperazione sociale un ruolo attivo nella programmazione, nell’organizzazione del sistema integrato dei servizi alla persona, nella gestione e nell’offerta dei servizi nonché nella verifica dei risultati delle prestazioni realizzate.

2. La Regione e gli enti locali favoriscono la partecipazione della cooperazione sociale all’esercizio della funzione sociale pubblica, mediante la promozione di azioni volte a favorirne le capacità progettuali ed imprenditoriali, il sostegno ed il coinvolgimento delle cooperative sociali nel sistema integrato di interventi e servizi alla persona, fornendo concreti modelli per disciplinare i rapporti nella sussidiarietà.

ARt. 9. RACCORDO tRA PROGRAMMAzIONE REGIONALE E COOPERAzIONE SOCIALE

1. La Regione, nell’ambito dei propri atti, piani e interventi di programmazione delle attività sociali, socio-assistenziali, socio-educative, socio-sanitarie e sanitarie, individua strumenti atti a definire le modalità di partecipazione delle cooperative sociali per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo, promovendo il raccordo e la collaborazione tra servizi pubblici e cooperazione sociale.

2. Nell’ambito della programmazione e nei relativi provvedimenti attuativi in materia di formazione, gli organi regionali competenti prevedono strumenti volti a favorire: a) la realizzazione di uno stretto raccordo tra le strutture formative e le cooperative

sociali riguardo alla formazione di base ed all’aggiornamento degli operatori, anche attraverso l’individuazione, la definizione ed il sostegno di nuovi profili professionali nell’ambito delle attività di inserimento lavorativo delle persone svantaggiate e delle altre persone deboli;

b) lo sviluppo, attraverso le cooperative sociali, di specifiche iniziative formative a favore delle persone svantaggiate e delle altre persone deboli, prioritariamente per le attività realizzate mediante il ricorso a finanziamenti comunitari;

c) autonome iniziative delle cooperative sociali per la qualificazione professionale del proprio personale e per la qualificazione manageriale degli amministratori, riconoscendo e sostenendo, in particolare, le attività formative svolte in forma consorziata.

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3. La Regione riconosce la cooperazione sociale quale soggetto privilegiato per l’attuazione di politiche attive del lavoro finalizzate alla creazione di nuova occupazione e alla promozione di uno sviluppo occupazionale in grado di coniugare efficienza, solidarietà e coesione sociale; in particolare, possono essere previste all’interno dei piani regionali di politica del lavoro, forme di interventi volte a: a) sviluppare nuova occupazione nel settore dei servizi alla persona;b) sviluppare nuova occupazione a favore delle fasce deboli del mercato del lavoro;c) favorire l’affidamento alle cooperative sociali della fornitura di beni e servizi da

parte di pubbliche amministrazioni;d) promuovere nell’ambito della Regione lo sviluppo imprenditoriale della

cooperazione sociale. 4. Nell’ambito delle possibilità offerte dalla normativa vigente, i competenti organi

regionali prevedono interventi specifici volti a riconoscere l’attività di formazione sul lavoro svolta dalle cooperative sociali di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b).

CAPO IV. AFFIDAMENtO DEI SERVIzI

ARt. 10. AFFIDAMENtO DEI SERVIzI E CONVENzIONI

1. La Giunta regionale, nel rispetto dei principi e della normativa statale e comunitaria prevista per gli appalti di servizi in materia socio-sanitaria e in materia di servizi alla persona, disciplina, sentita la commissione regionale della cooperazione sociale di cui all’articolo 21, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, le modalità di affidamento dei servizi alle cooperative sociali definendo, in particolare, le procedure per l’affidamento dei servizi, per il convenzionamento diretto nonché le convenzioni-tipo di cui all’articolo 9, comma 2, della legge n. 381/1991, cui debbono uniformarsi i contratti tra cooperative sociali, enti pubblici e società a partecipazione pubblica regionali.

2. Le convenzioni-tipo di cui al comma 1, in conformità ai principi della presente legge, riguardano: a) la gestione dei servizi alla persona;b) la fornitura di beni e servizi di cui all’articolo 5 della legge n. 381/1991. c) l’esecuzione di lavori, in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente

in materia di appalti.

ARt. 11. CONCESSIONE DELLA tItOLARItà DEI SERVIzI E ACCORDI PROCEDIMENtALI

1. La Regione, in attuazione del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118 della Costituzione e con riferimento all’articolo 5 della legge n. 328/2000, all’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” e successive modificazioni e all’articolo 30 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive

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2004/17/CE e 2004/18/CE” promuove e sostiene il conferimento della titolarità del servizio alle cooperative sociali mediante il ricorso agli istituti disciplinati dalle predette disposizioni normative.

2. La Giunta regionale, nel rispetto dei principi e della normativa statale e comunitaria prevista per gli appalti di servizi in materia socio-sanitaria e in materia di servizi alla persona, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sentita la commissione regionale della cooperazione sociale di cui all’articolo 21, definisce gli schemi-tipo e le norme procedurali di evidenza pubblica per il conferimento della titolarità dei servizi mediante concessione ovvero attraverso lo strumento degli accordi procedimentali, da inserire nei piani di zona di cui all’articolo 8, comma 2, della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56 “Norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 “Riordino della disciplina in materia sanitaria”, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517” e negli altri atti locali di programmazione e regolamentazione delle attività dei servizi alla persona al fine di valorizzare compiutamente i rapporti nella sussidiarietà tra cooperative sociali e pubblica amministrazione.

ARt. 12. CRItERI DI VALUtAzIONE PER LA SCELtA DEL CONtRAENtE

1. Per l’affidamento dei servizi e per il conferimento della titolarità degli stessi ai sensi degli articoli 10 e 11 nella scelta dei contraenti, l’offerta presentata viene valutata prendendo a riferimento elementi oggettivi diversi dal solo criterio del massimo ribasso.

2. Per i servizi alla persona e per la fornitura di beni e servizi socio-sanitari, assistenziali ed educativi, elementi oggettivi sono: a) il radicamento costante nel territorio e il legame organico con la comunità locale

di appartenenza finalizzato alla costruzione di rapporti con i cittadini, con i gruppi sociali e con le istituzioni;

b) la partecipazione dei vari portatori di interessi nella base sociale e nel governo della cooperativa sociale;

c) la previsione puntuale nello statuto del servizio oggetto dell’affidamento o del conferimento;

d) la solidità di bilancio dell’impresa;e) il possesso degli standard funzionali previsti dalle normative nazionali e regionali

di settore;f) il rispetto delle norme contrattuali di settore;g) la capacità progettuale, organizzativa ed innovativa;h) la qualificazione professionale degli operatori;i) la valutazione comparata costi/qualità desunta da corrispondenti servizi pubblici o

privati. 3. Per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli di cui al comma 2, oltre agli

elementi ivi previsti, è elemento oggettivo il progetto di inserimento delle persone svantaggiate di cui all’articolo 3 che contiene: a) gli elementi in grado di testimoniare l’organico radicamento territoriale del

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progetto stesso;b) il numero delle persone svantaggiate impegnate;c) la tipologia dello svantaggio in relazione alla prestazione lavorativa richiesta;d) il ruolo e il profilo professionale di riferimento;e) la presenza di piani individualizzati contenenti obiettivi a medio e lungo termine;f) il numero e la qualifica delle eventuali figure di sostegno.

ARt. 13. RISERVA DI PARtECIPAzIONE ALLE PROCEDURE DI AGGIUDICAzIONE

1. Gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, qualora la maggioranza dei lavoratori interessati sia composta di persone svantaggiate o deboli di cui all’articolo 3, che in ragione della natura del loro svantaggio o della gravità del loro disagio, non sono in grado di esercitare un’attività professionale in condizioni normali, possono riservare la partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici in relazione a singoli appalti o in considerazione dell’oggetto di determinati appalti, o riservarne l’esecuzione, nel contesto di programmi di lavoro protetti, a cooperative sociali che svolgono le attività di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), ovvero ad analoghi organismi aventi sede negli stati membri della Comunità europea.

2. Possono stipulare gli appalti riservati di cui al comma 1 le cooperative sociali iscritte all’Albo e gli analoghi organismi aventi sede negli stati membri della Comunità europea, in possesso di requisiti equivalenti a quelli richiesti per l’iscrizione all’Albo e iscritti nelle liste regionali di cui all’articolo 5, comma 3, della legge n. 381/1991.

ARt. 14. DURAtA E CORRISPEttIVI

1. Al fine di garantire attraverso la continuità del servizio un adeguato livello qualitativo delle attività e un efficace processo di programmazione, i contratti relativi alla fornitura di beni e servizi caratterizzati da prestazioni ricorrenti hanno, di norma, durata pluriennale.

2. La Giunta regionale indica i criteri per la determinazione dei corrispettivi, dei prezzi e delle tariffe praticati dalle cooperative sociali; a tali fini la Giunta regionale costituisce, anche in funzione di un’attività di vigilanza, presso la struttura regionale competente in materia di servizi sociali, un Osservatorio regionale con il compito di curare la pubblicazione dei prezzi e delle tariffe praticate, quale riferimento per le pubbliche amministrazioni.

ARt. 15. VERIFICA DEI CONtRAttI

1. Negli affidamenti dei servizi, nel conferimento della titolarità degli stessi e nelle convenzioni ai sensi degli articoli 10 e 11 sono previste forme di valutazione e di verifica della qualità delle prestazioni anche mediante il coinvolgimento diretto degli utenti e la promozione di indagini finalizzate a misurare il grado di soddisfazione dei bisogni.

2. La struttura regionale competente in materia di servizi sociali e i comuni possono

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effettuare verifiche sui servizi oggetto di affidamento e di conferimento secondo le modalità e nel rispetto della normativa regionale vigente e dei requisiti e degli standard di cui alla legge regionale 16 agosto 2002, n. 22 “Autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e sociali”.

CAPO V. Interventi a sostegno della cooperazione sociale

ARt. 16. CONtRIBUtI A FAVORE DI COOPERAtIVE SOCIALI

1. La Regione, in applicazione delle finalità e dei principi della presente legge, concede annualmente alle cooperative sociali contributi per la promozione del settore e il sostegno di singole iniziative, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.

2. In particolare, gli interventi di sostegno sono finalizzati: a) all’ammodernamento funzionale e produttivo mediante acquisto, costruzione,

ristrutturazione e/o ampliamento di immobili e di beni strumentali direttamente impiegati ed attinenti all’attività svolta in coerenza con gli scopi statutari;

b) alle innovazioni tecnologiche nei cicli produttivi e nei servizi; c) ai processi di riqualificazione tecnico-professionale del personale direttamente

impiegato nell’attività propria della cooperativa sociale, anche in relazione a nuove disposizioni normative in materia di profili professionali, mediante appositi progetti formativi, da realizzare con enti ed organismi accreditati ai sensi della legge regionale 9 agosto 2002, n. 19 “Istituzione dell’elenco regionale degli organismi di formazione accreditati”;

d) alla promozione commerciale, al supporto all’esportazione e al marketing;e) all’attivazione di processi per l’avvio o il miglioramento del sistema di qualità

nelle produzioni e nei servizi;f) all’integrazione consortile ed all’associazione tra cooperative sociali per la

realizzazione di adeguate strutture ed attrezzature di gestione e dei servizi in forma consortile;

g) alle iniziative di sostegno alla fase di avvio delle cooperative sociali; h) alla concessione di mutui agevolati per programmi di investimento e sviluppo.

3. La Regione può, altresì, concedere alle cooperative sociali agevolazioni fiscali su base regionale relativamente ai tributi di propria pertinenza.

ARt. 17. INtERVENtI A FAVORE DELLE COOPERAtIVE SOCIALI DI INSERIMENtO LAVORAtIVO

1. La Regione, in osservanza della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, può sostenere le cooperative sociali che svolgono attività a favore delle nuove categorie di persone deboli di cui all’articolo 3, comma 2, con interventi contributivi corrispondenti al cinquanta per cento degli oneri previdenziali versati per i nuovi lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato.

2. Al fine di favorire la continuità lavorativa dei cittadini per i quali sia venuta meno la situazione di svantaggio riconosciuta ai sensi dell’articolo 3, comma 1, la Regione

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può intervenire, per un massimo di due anni, con un contributo corrispondente al cinquanta per cento degli oneri previdenziali versati per detti lavoratori, da erogarsi alle cooperative sociali che li assumano con rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

3. La Giunta regionale costituisce l’Osservatorio regionale sulla cooperazione sociale di inserimento lavorativo ed emana le direttive di attuazione che ne regolano la composizione, i compiti e le risorse economiche atte a consentirne il funzionamento.

ARt. 18. INtERVENtI A FAVORE DELLE ORGANIzzAzIONI DI RAPPRESENtANzA

1. Al fine di sostenere e sviluppare l’attività progettuale delle organizzazioni regionali di rappresentanza del movimento della cooperazione sociale giuridicamente riconosciute e operanti in ambito nazionale con sede legale in Veneto, sono annualmente concessi in loro favore contributi per specifici progetti, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.

ARt. 19. INtERVENtI FINANzIARI

1. Viene istituito presso la Regione un fondo per l’innovazione al fine di sostenere progetti presentati dalle cooperative sociali, di carattere sperimentale e innovativo di servizi o metodologie d’intervento che propongono nuove risposte ai bisogni sociali emergenti, soprattutto a favore delle categorie più svantaggiate della popolazione.

2. La Regione, ferma restando la disciplina prevista per le organizzazioni di volontariato, promuove la collaborazione con le fondazioni di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 “Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all’articolo 11, comma 1, del D. Lgs. 20 novembre 1990, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 461” con sede legale nel Veneto, al fine di prevedere la costituzione del fondo di cui al comma 1.

3. La Regione può altresì intervenire per favorire lo sviluppo delle cooperative sociali, con i mezzi finanziari di cui all’articolo 13 della legge regionale 18 novembre 2005, n. 17 “Normativa sulla cooperazione nella Regione del Veneto”.

4. La Regione, al fine di ampliare e migliorare il sistema delle garanzie e per rendere più agevole l’accesso al credito da parte delle cooperative sociali, sostiene l’attività dei consorzi fidi attraverso l’incremento del patrimonio sociale in relazione all’entità degli incrementi dello stesso e alle garanzie prestate nell’ultimo anno, al fine di agevolare l’acquisizione di materie prime, la costituzione di nuove cooperative sociali, l’acquisto di attrezzature, lo sviluppo di servizi inter-cooperativi.

5. La Giunta regionale è autorizzata a stipulare convenzioni con i consorzi fidi, oltre che con istituti di credito bancario, per l’erogazione di contributi finalizzati a sostenere le cooperative sociali mediante interventi: a) per l’abbattimento dei tassi di interesse ordinari nel credito di esercizio;b) per agevolare l’accesso al credito a breve e medio termine;

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c) per garanzie su depositi cauzionale e/o fideiussioni bancarie o assicurative richiesti da enti pubblici o soggetti privati per la partecipazione a gare d’appalto o comunque per l’affidamento di servizi.

6. La Giunta regionale, sentita la commissione regionale della cooperazione sociale di cui all’articolo 21, definisce entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge i criteri e le disposizioni di attuazione del presente articolo.

ARt. 20. DISPOSIzIONI AttUAtIVE DEGLI INtERVENtI

1. Possono usufruire dei contributi previsti dagli articoli 16, 17, le cooperative sociali che risultano regolarmente iscritte all’Albo e che hanno realizzato nel triennio precedente la domanda di finanziamento almeno il 50,1 per cento del fatturato medio nel territorio regionale.

2. I contributi possono essere assegnati anche a beneficiari che usufruiscono di altri contributi nazionali, regionali e locali, purché riferiti a tipologie di spesa diverse da quelle previste dalla presente legge.

3. La Giunta regionale può disporre ispezioni amministrative e contabili presso i soggetti beneficiari per la verifica della corretta destinazione dei fondi e può revocare o chiedere la restituzione dei contributi già erogati, nel caso in cui la loro utilizzazione risulti non conforme alle norme della presente legge.

4. La Giunta regionale, sentita la commissione regionale della cooperazione sociale di cui all’articolo 21, emana le direttive di attuazione delle disposizioni di cui al presente capo, fissando le modalità e le procedure per la concessione dei contributi ed individuando le priorità tra gli interventi di promozione, nonché la ripartizione percentuale dei fondi a disposizione e la determinazione dei criteri di assegnazione.

CAPO VI. COMMISSIONE REGIONALE DELLA COOPERAzIONE SOCIALE

ARt. 21. COMMISSIONE REGIONALE DELLA COOPERAzIONE SOCIALE

1. È istituita la commissione regionale della cooperazione sociale della quale fanno parte: a) l’Assessore regionale alle politiche sociali, che la presiede, o un suo delegato;b) il dirigente della struttura regionale competente in materia di servizi sociali o

un suo delegato;c) il direttore dell’ufficio regionale del Ministero del lavoro o un suo delegato; d) quattro rappresentanti, e i rispettivi sostituti in caso di impedimento, designati

dalle associazioni di cooperative sociali maggiormente rappresentative in ambito regionale;

e) un rappresentante dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci). 2. Alle sedute possono partecipare, su invito del presidente, dirigenti delle strutture

regionali competenti in ambito socio-sanitario, di lavoro e di formazione professionale, altri esperti nelle materie all’esame della commissione e dirigenti di strutture statali competenti in materia di cooperazione.

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3. La segreteria della commissione è assicurata da un funzionario della struttura regionale competente in materia di servizi sociali.

ARt. 22. FUNzIONAMENtO DELLA COMMISSIONE REGIONALE DELLA COOPERAzIONE SOCIALE

1. La Giunta regionale, entro novanta giorni dal suo insediamento, provvede alla costituzione della commissione regionale della cooperazione sociale.

2. I componenti della commissione possono essere riconfermati e restano in carica per l’intera durata della legislatura e fino alla costituzione della nuova commissione.

3. Le sedute della commissione sono valide con la presenza di almeno la metà più uno dei componenti; le deliberazioni si assumono a maggioranza dei presenti e, in caso di parità dei voti, prevale il voto del presidente.

4. La partecipazione alle sedute è gratuita; è ammesso il rimborso delle sole spese sostenute, ai sensi dell’articolo 187 della legge regionale 10 giugno 1991, n. 12 “Organizzazione amministrativa e ordinamento del personale della regione” e successive modificazioni.

ARt. 23. COMPItI DELLA COMMISSIONE REGIONALE DELLA COOPERAzIONE SOCIALE

1. La commissione regionale della cooperazione sociale è organo consultivo della Giunta regionale e provvede, tra l’altro, ad esprimere parere: a) sui provvedimenti programmatori nei settori di intervento delle cooperative

sociali;b) sulle domande di iscrizione all’Albo, sulla rispondenza dell’attività della

cooperativa sociale alle finalità previste dall’articolo 1 e sul mantenimento dei requisiti;

c) sui provvedimenti di cancellazione dall’Albo;d) sui ricorsi al Presidente della Giunta regionale di cui all’articolo 7; e) sulle deliberazioni della Giunta regionale in materia di cooperazione sociale;f) sulle linee di intervento e sul riparto dei contributi regionali di cui al Capo V;g) su ogni altra questione in materia di cooperazione sociale, ove richiesto dagli

organi regionali. 2. La commissione esprime il proprio parere entro trenta giorni dalla richiesta;

trascorso inutilmente tale termine si prescinde dal parere. 3. La commissione annualmente presenta una relazione sull’attività svolta alla Giunta

regionale che la trasmette al Consiglio regionale.

CAPO VII. DISPOSIzIONI FINALI

ARt. 24. NORMA FINANzIARIA

1. Alle spese d’investimento derivanti dall’attuazione della presente legge, quantificate in euro 700.000,00 per ciascuno degli esercizi 2006, 2007 e

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2008, si provvede per euro 630.000,00 mediante prelevamento delle risorse allocate sull’upb U0185 “Fondo speciale per le spese correnti”, partita n. 9 e per euro 70.000,00 mediante prelevamento delle risorse allocate sull’upb U0161 “Interventi di sostegno al terzo settore” del bilancio di previsione 2006 e pluriennale 2006-2008; contestualmente lo stanziamento dell’upb U0163 “Interventi strutturali a favore del terzo settore” viene incrementato di euro 700.000,00 per competenza e cassa nell’esercizio 2006 e per sola competenza nei due esercizi successivi.

2. Alle spese correnti derivanti dall’attuazione della presente legge, quantificate in euro 500.000,00 per ciascuno degli esercizi 2006, 2007 e 2008, si provvede mediante utilizzo delle risorse già allocate sull’upb U0161 “Interventi di sostegno al terzo settore” del bilancio di previsione 2006 e pluriennale 2006-2008.

ARt. 25. ABROGAzIONE E NORME tRANSItORIE

1. La legge regionale 5 luglio 1994, n. 24 “Norme in materia di cooperazione sociale” è abrogata.

2. Nelle more dell’approvazione dei provvedimenti della Giunta regionale di cui agli articoli 5, 6, 10, 11 e 14, continuano ad applicarsi le relative norme della legge regionale 5 luglio 1994, n. 24.

3. Fino all’istituzione dell’Albo di cui all’articolo 5 continuano a trovare applicazione le disposizioni relative all’albo regionale delle cooperative sociali istituito ai sensi dell’articolo 5 della legge regionale del 5 luglio 1994, n. 24.

4. In fase di prima applicazione la commissione regionale della cooperazione sociale di cui all’articolo 21 viene costituita entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge regionale e fino alla sua costituzione continuano a trovare applicazione le disposizioni relative commissione consultiva regionale sulla cooperazione sociale istituita ai sensi dell’articolo 17 della legge regionale del 5 luglio 1994, n. 24.

ARt. 26. DIChIARAzIONE D’URGENzA

1. La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione del Veneto. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione del Veneto.

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Finito di stampare nel mese di novembre 2015presso la tipografia PressUp di Viterbo

per conto della casa editrice Genesi Design di Mestre Venezia

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ISBN 978-88-96049-70-9

9 788896 049709www.genesidesign.comGENESIEDIZIONI

Legacoop Veneto ha inteso promuovere la ricerca e la raccolta di

tutta la legislazione amministrativa, fiscale e societaria, relativa

alla cooperazione sociale. Infatti dal 1991, data in cui è stata

promulgata la legge istitutiva delle cooperative sociali, ad oggi

il settore ha visto una proliferazione di provvedimenti normativi

e relative circolari interpretative. L’iniziativa di Legacoop Veneto

ha quindi l’obiettivo di unificare in un unico testo la produzione

normativa nazionale, integrata dalla Legge Regionale di attuazione,

e aggiornata con le più recenti circolari interpretative che

interessano direttamente la cooperazione sociale, per facilitare

l’imprenditore cooperativo e tutti coloro che vogliono avvicinarsi

ad essa, ad orientarsi nelle disposizioni giuridiche