guida [breve] capodimonte

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guida [breve]

il museo di capodimonte

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redazione maria sapio

art directorenrica d’aguanno

impaginazione francesca aletto

arte’m è un marchio registratoprismi editrice politecnica napoli srl

certificazioni qualità ISO 9001: 2008etica SA 8000: 2008www.arte-m.net

stampato in italiaprinted in italy© copyright 2012 byprismieditrice politecnica napoli srltutti i diritti riservati all rights reserved

referenze fotografichearchivio fotografico soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di napoli, luciano basagniresponsabile coordinamentofernanda capobianco© copyright per le immagini ministero per i beni e le attività culturali

ringraziamentiornella agrilloumberto bileangela cerasuolobrigitte dapràlucio fiorilepaola giustisergio liguorimariaserena mormonemarina santuccimariella utili

un ringraziamento speciale a fabrizio vonalinda martino

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6 Presentazione Fabrizio Vona

9 Il Museo di Capodimonte

12 Il Bosco di Capodimonte 18 piano terra e piano ammezzato 19 L’Auditorium, la sala Sol LeWitt, la sala Causa 21 I manifesti Mele 24 Il Gabinetto dei disegni e delle stampe 30 L’Ottocento ‘privato’

38 primo piano 39 La Galleria Farnese 56 La collezione Borgia 92 La Galleria delle cose rare

127 L’Appartamento reale141 La Galleria delle porcellane146 La collezione De Ciccio153 L’Armeria farnesiana e borbonica160 Il salone Camuccini, la “Gran Galleria”

166 secondo piano167 La Galleria delle arti a Napoli dal Duecento al Settecento218 La collezione d’Avalos

230 terzo piano231 La Galleria dell’Ottocento234 L’arte contemporanea238 La galleria fotografica

Sommario

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6 PRESENTAZIONE

Se c’è un topos che mantiene alta, dal 1738, la reputazione di questo angolo di universo, malgrado le alterne vicende della storia della città, questo è il Museo di Capodimonte, luogo straordinario in cui convivono bellezza della natura e opere d’arte inestimabili. Le raccolte della residenza-museo, ‘cresciute’ intorno al nucleo della collezione Farnese, distribuite negli ambienti sontuosi della Reggia immersa in un polmone verde di oltre centoventi ettari, con panorama a trecentosessanta gradi sul cerchio magico del golfo, non hanno mai smesso, da allora, di conquistare artisti, manufatti, intere collezioni, sperimentazioni, dinastia dopo dinastia fino all’epilogo dell’Italia contemporanea: da Tiziano a Parmigianino ai Carracci, al celebre ‘cofanetto Farnese’ appartenuto al cardinale Alessandro; dalla raccolta del cardinale Borgia, acquistata dai Borbone nel 1817, alle acquisizioni di epoca post-unitaria, opere del valore della Crocifissione di Masaccio o del Ritratto di fra Luca Pacioli di Jacopo dei Barbari; al secondo piano, le testimonianze più significative dell’arte a Napoli dal Duecento all’Ottocento, Caravaggio, Ribera, Giordano, la scuola di Posillipo...; fino alla selezione di dipinti, sculture e invenzioni ‘contempo-ranei’, eseguiti espressamente per Capodimonte, site specific, nel corso degli ultimi decenni, da artisti di fama internazionale.Ma l’aspetto più inatteso di questa ‘eccellenza’, quello che più vale sottolineare, per contrasto con la condizione diffusa, e i pregiudizi, di refrattarietà alla organiz-zazione della stirpe di Partenope, è la qualità incontestabile ‘di sistema’ dell’offerta al pubblico, dalla fondazione del Museo fino all’ultimo esemplare allestimento:

Fabrizio Vona

Soprintendente per il Patrimonio Storico Artistico Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Napoli

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PRESENTAZIONE 7

per modernità delle scelte museogra-fiche, cura minuziosa della gestione quotidiana e dei dettagli poche realtà in Italia e nei grandi circuiti internazionali reggono il confronto con Capodimonte. Dimostrazione controcorrente di come si possa, con impegno, intelligenza, ge-nerosità, sopperire a carenza di risorse, di organico, di contesto.Ma... in materia di collegamento di que-sta isola felice al cosiddetto centro storico napoletano e di divulgazione aggiornata, professionale, innovativa di questo patri-monio formidabile, il percorso è ancora in larga misura da esplorare. Si parla tanto di comunicazione, nuove frontiere tecno-logiche, multimedialità vaghe.Pochi, una minoranza encomiabile per generosità e sobrietà, cercano di spe-rimentare tangibilmente l’intreccio di ‘pubblico’ e ‘privato’ che meglio corri-

sponda a nuovi percorsi di valorizzazione, a costi più misurati e rigorosi.È il senso di questa “guida breve”, accessi-bile altrettanto per linguaggio, nitidezza dell’iconografia, formato tascabile, prez-zo. Una sintesi su carta, e on-line, che parla a tutti, selezionando e documen-tando l’essenziale, perché il Museo possa riproporsi come luogo di collettività, di incontro, di identità che si rinnova nel confronto con la memoria e l’immagi-nazione, incubatore di valore e valori sostenibili, intuizioni, sogni originali. Una tessera preziosa, che incoraggia a proseguire nella trasformazione radi-cale di mentalità e pratiche, tra tutela, ricerca, restauro, servizi al pubblico, cui l’etica del mestiere, e l’entusiasmo per la sfida, ci chiama.

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8 TITOLO

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IL MUSEO DI CAPODIMONTE 9

L’avvento sul trono napoletano di Carlo di Borbone (1734-1759), figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese, è cruciale per la città: dopo circa due secoli di viceregno spagnolo (1503-1707) e trenta anni di dominazione austriaca (1707-1734) Napoli torna a essere capitale di un Regno indipendente. Il giovane sovrano dà avvio a un’opera di complessivo riassetto urbanistico. Sulla collina di Capodimonte, verde di boschi ricchi di selvaggina, circondati da panorami mozzafiato tra Vesuvio, San Martino e Posillipo, sede ideale per le cacce, Carlo commissiona a Antonio Medrano la sua reggia (1738). Immersa in un parco di oltre centoventi ettari – la riserva naturale più estesa della città, con masserie, stalle, serre – il palazzo è insieme residenza regale per i giorni di svago e sede espositiva delle collezioni preziose che il sovrano ha ereditato dalla madre Farnese, i granduchi di Parma e Piacenza. Nelle sale del ‘piano nobile’ viene allestita una delle collezioni europee più famose e prestigiose del tempo: opere d’arte impareggiabili e ‘antichità’ rare trasferite a Napoli dalle residenze Farnese di Parma, Piacenza, Colorno, Roma, dipinti celebri – Mantegna, Bellini, Raffaello, Tiziano, Carracci – grande statuaria classica romana – il celebre Ercole, la Flora, il gruppo del Toro Farnese, la collezione di gemme e cammei antichi. Mentre i dipinti sono collocati a Capodimonte, le opere classiche insieme ai reperti recuperati dagli scavi di Ercolano (dal 1738) e poi di Pompei confluiranno, con Ferdinando IV, nel Real Museo Borbonico, oggi Museo Archeologico Nazionale. Non è meno rilevante l’impegno del sovrano per la nascita di nuove manifatture: prende

Il Museo di Capodimonte

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10 IL MUSEO DI CAPODIMONTE

forma la fabbrica di porcellana di Capodi-monte, ospitata nei giardini della Reggia. Tale sarà il prestigio legato al successo dell’impresa che, in procinto di partire per la Spagna di cui eredita il trono (1759), il re ‘invita’ artigiani e tecnici che la ani-mano a seguirlo per esportare la fabbrica a Madrid. Gli impianti e i forni napoletani sono distrutti, ma una delle prime azioni del figlio Ferdinando, appena emancipa-to dalla tutela paterna, sarà inaugurare una nuova manifattura. Esempi raffinati delle fabbriche, carolina e ferdinandea, sono esposti nell’Appartamento reale e nella Galleria delle porcellane al primo piano del Museo.Lavori di ristrutturazione, di arredo e de-corazione si susseguono nel Settecento: con il ‘Decennio francese’ (1806-1815, Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, effetto delle conquiste napoleoniche) e poi con la restaurazione borbonica, il palazzo diviene teatro privilegiato della vita di corte e di eventi straordinari.Gioacchino Murat e Carolina Bonaparte ‘investono’ sulla residenza in collina, tanto che, per decisione di Murat (re di Napoli dal 1808 al 1815), il sistema di collegamento con il centro urbano viene trasformato in maniera più funzionale con la realizzazione del ‘corso Napoleo-ne’ (in proseguimento di via Santa Teresa degli Scalzi, oggi corso Amedeo d’Aosta nella parte finale). Il progetto (1807-1809,

di Nicola Leandro con Gioacchino Avelli-no e direzione di Bartolomeo Grasso) prevede un tracciato ampio e rettilineo che scavalca, con un ponte di concezio-ne innovativa, il vallone della Sanità. A chiusura prospettica la piazza ellittica del Tondo di Capodimonte. L’Unità d’I-talia segna una tappa importante per la vocazione museografica di Capodimon-te: il direttore amministrativo di Casa Savoia, Annibale Sacco, destina alcuni ambienti del ‘piano nobile’ a ‘galleria’ di pittori e scultori contemporanei, con ampliamenti successivi in seguito alle acquisizioni sabaude, segnando l’ingresso del ‘contemporaneo’ accanto alle collezioni ‘antiche’. Capodimonte consolida la vocazione di reggia-museo: fino al secondo conflitto mondiale è la residenza dei duchi d’Aosta mentre si ampliano le collezioni di dipinti e oggetti d’arte e d’arredo, trasferite a Capodimonte dalle antiche regge borbo-niche: farà sensazione, nel 1866, l’arrivo dal Palazzo reale di Portici dei pannelli in porcellana di Capodimonte che rive-stivano, da metà Settecento, le pareti del boudoir della regina Maria Amalia di Sassonia (moglie di Carlo), smontati e rimontati – nei dettagli più minuti, lampa-dario compreso – nell’ala nord della reggia, esempio tra i più raffinati del diffondersi della moda europea delle ‘cineserie’ tra le case regnanti del Settecento.

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IL MUSEO DI CAPODIMONTE 11

Nel maggio 1957, con l’arrivo delle col-lezioni d’arte medievale e moderna esposte in precedenza con le raccolte di ‘antichità’ farnesiane, pompeiane ed er-colanesi nel Museo Borbonico (ora Museo Archeologico Nazionale) nasce il “Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte”, punto d’arrivo – grazie alla passione e alla competenza di Bruno Molajoli, Ezio De Fe-lice, Raffaello Causa, Ferdinando Bologna, Oreste Ferrari – della eredità ottocentesca più illuminata del concetto di museo.Il riordino e l’ampliamento espositi-vo delle raccolte, avviati negli anni Novanta, imperniato sull’identità dei nuclei storici omogenei delle collezioni

(Farnese, Borbone, Borgia, postunitario, fino alle acquisizioni più recenti), sulla valorizzazione piena dell’appartamento reale e su un percorso ideale attra-verso la storia delle arti a Napoli, in successione cronologica, insieme al potenziamento dei servizi didattici e di accoglienza al pubblico, ha conquistato al Museo di Capodimonte centralità e prestigio consoni alla eredità formida-bile culturale e artistica che ha avuto in sorte: un’offerta con pochi eguali nel circuito dei grandi musei internazionali.

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12 IL BOSCO DI CAPODIMONTE

il bosco di capodimonte

1 porta grande 2 fabbricato palazzotti 3 reggia 4 casino dei principi 5 fabbricato colletta 6 porta colletta (in disuso) 7 scuderie 8 porta piccola 9 porta caccetta10 porta di mezzo11 chiesa di san gennaro12 fabbrica di porcellana 13 cellaio14 fagianeria15 capraia16 cisternone17 casino della regina18 porta miano19 eremo dei cappuccini20 cimitero dei cappuccini21 fontana di mezzo22 fabbricato vecchietta23 fabbricato san gennaro24 roccolo25 porta santa maria dei monti26 giardino torre27 fabbricato torre28 porta sul cavone di miano29 fabbricato cataneo30 grottino31 grotta di maria cristina di savoia32 vallone amendola33 vallone dei cervi34 vallone di san gennaro35 vallone di miano

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IL BOSCO DI CAPODIMONTE 13

Il bosco di Capodimonte

Testimonianza della passione per la caccia e per la botanica dei Borbone, il bosco che circonda la Reggia di Capodimonte – centoventi ettari di area verde popolati da quattrocento varietà di piante secolari (querce, lecci, olmi, castagni e tigli) – vie-ne sistemato dall’architetto Ferdinando Sanfelice nel 1742 in una sintesi originale tra visione prospettica di matrice illuminista e impianto scenografico di cultura tardo barocca. Rispecchia in pieno le qualità dei siti reali borbonici: intorno all’edificio principale il parco-riserva di caccia è un sistema economico-finanziario virtuoso con masse-rie organizzate e manifatture specifiche calibrate alle risorse peculiari del luogo. Il bosco è popolato da tordi, tortore, beccafichi, fagiani di importazione boema, lepri, conigli e cervi, per garantire gli svaghi venatori del re.L’ingresso principale al parco reale è la Porta di Mezzo, area ellittica da cui par-tono a ventaglio cinque vialoni attraversati da sentieri laterali ariosi, decorati da statue oggi in gran parte perdute. Tra le sculture superstiti, il Gigante, realizzato con frammenti di marmo antico, e le sculture dei Mesi – molto danneggiate – in origine presso l’aerea d’ingresso.Il viale centrale della struttura a raggiera – il viale ‘di Mezzo’ – misura circa cento-venticinque metri ed è caratterizzato dall’effetto ‘a cupola’ ottenuto con potature mirate che congiungono in alto i due filari laterali di lecci maestosi. Gli edifici del parco, in parte recuperati e riconvertiti a nuovi utilizzi, nascono come dimore di corte o sedi di manifatture o fabbriche agricole e zootecniche. La palazzi-

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14 IL BOSCO DI CAPODIMONTE

na ‘dei principi’, con accanto una piccola serra, nel 1826 è la residenza dei figli di Francesco I. La Real Fabbrica della por-cellana (1743), ristrutturata da Sanfelice, è la sede della più celebre tra le mani-fatture del Regno (oggi ospita l’Istituto professionale Caselli per la lavorazione della ceramica), con le aree di servizio sa-telliti, destinate a fagianeria, vaccheria e cellaio. La chiesa dedicata a San Gennaro (1745), fondata da Carlo di Borbone per la cura spirituale della comunità, numero-sa, degli abitanti del parco. Nel 1817-19 il figlio di Carlo, Ferdinando, commissiona in forme neogotiche l’eremo dei Cappuc-cini adempiendo, secondo la tradizione, a un voto per la riconquista del Regno dopo il decennio napoleonico; dal 1950 l’eremo è affidato all’ente privato ‘Ope-ra per la salute del fanciullo’. Il casino ‘della regina’, in origine piccolo padiglio-ne destinato al riposo durante la caccia, è un dono di Ferdinando II (prima del 1840) alla regina madre Maria Isabella. Gli edifici, come illustrano stampe sette-centesche, erano circondati da giardini, terrazze belvedere, orti e frutteti, con il tempo modificati e distrutti. Delle aree a carattere agricolo, parte del sistema di ‘giardini di delizie’ – eliminati durante le ristrutturazioni ottocentesche – che ornavano tutte le costruzioni del par-co, restano il giardino Torre, a cui si accede dall’ultimo tratto del viale di

Mezzo, antico agrumeto borbonico, e il ‘giardino segreto’ con piante da frutta rare, vivaio di ananas, gelsi. Nella mas-seria Torre (restaurata nel 1999), posta all’estremità nord-ovest del bosco, si di-stinguono ancora le parti destinate alle diverse colture, come il giardino ‘della Fruttiera’. Al suo interno, un sentiero delimitato da un doppio filare di agru-mi serve le zone al tempo riservate alle diverse colture fruttifere. Dal giardino della ‘Fruttiera’ si accede al casamento Torre, piccolo complesso rurale formato da un edificio con un torrino circolare, e al giardino ‘dei Fiori’, giardino ‘segreto’ murato ornato da un’esedra con alberi di pero e vasca circolare centrale, alla ‘vaseria’, al giardino ‘della Purpignera’, forse adibito alla riproduzione delle es-senze coltivate nella masseria, e infine al giardino ‘della Fruttiera’ di basso, probabilmente destinato a vivaio. Nel 2012 è stato avviato un progetto che prevede il recupero funzionale del giardino con la messa a coltura degli spazi. L’orto si estende su una superficie di circa duemila metri quadrati ed è un piccolo vivaio delle biodiversità locali, esempi virtuosi di agricoltura di piccola scala: la papaccella napoletana, il pomo-doro San Marzano e il fagiolo cannellino ‘dente di morto’ di Acerra, con tecniche e metodi di coltivazione tradizionali della culturale rurale campana, seguiti anco-

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16 IL BOSCO DI CAPODIMONTE

ra oggi dai pochi contadini sopravvissuti nell’area metropolitana, biologici e a basso impatto ambientale. Negli anni Trenta dell’Ottocento vengo-no impiantate nel parco specie esotiche, come la thuja e l’eucalipto, organizzate secondo i canoni della veduta paesag-gistica moderna, e il botanico Federico Dehnhardt ridisegna la spianata intorno al palazzo, esaltando a est la veduta del Vesuvio e a sud quella del golfo. Dopo l’Unità, si afferma nell’architettura del verde la moda orientale e si inseriscono le palme nei grandi prati che circondano la reggia. La sistemazione dell’area del giardino a mezzogiorno del palazzo ri-sale agli anni del regno di Umberto I di Savoia (1878-1900), quando sul pianoro si colloca la fontana del belvedere, con le sculture trasferite dal giardino Tor-re, e si realizzano i viali e il belvedere. L’area, non a caso, viene ‘battezzata’ la veduta di Napoli: il panorama, immen-so, dal colle di San Martino raggiunge punta Campanella, in un susseguirsi di azzurri tra cielo e mare.Un patrimonio naturale botanico e scenografico tra i più preziosi e affasci-nanti della città.

alla pagina precedenteBelvedere del parco

Statua del Gigante

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IL BOSCO DI CAPODIMONTE 17

Palazzina dei principi

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18 PIANO TERRA / PIANO AMMEZZATO

guardaroba

biglietteria, bookshope caffetteria

servizi

scalone esagonale

auditorium

sala sol lewitt

sala causa

piano ammezzato

gabinetto dei disegni e delle stampe

l’ottocento ‘privato’

manifesti mele

piano terra

piano terrapiano am

mezzato

guardaroba

biglietteria, bookshope caffetteria

servizi

scalone esagonale

auditorium

sala Sol LeWitt

disegni e stampe

sala causa

sezione ’800

manifesti m

ele

wc

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L’AUDITORIUM, LA SALA SOL LEWITT, LA SALA CAUSA 19

L’Auditorium, in rapporto con l’atrio del Museo e gli spazi contigui, è attrezzato per proiezioni, conferenze, traduzione simultanea e calibrato nell’acustica per poter ospitare esecuzioni musicali dal vivo. Alle pareti, a dichiarare la funzione di sala espositiva museale, due grandi ricami della collezione d’Avalos.La sezione didattica, dedicata ai visitatori più giovani, è organizzata in un grande ambiente al piano seminterrato, caratterizzato dallo spazio/installazione di arte contemporanea, White bands in a black room, ideato e realizzato nel 2002 da Sol LeWitt (Hartford 1928 - New York 2007). Un nucleo di spazi polivalenti: un sistema integrato per esposizioni, incontri, seminari, conferenze, concerti. Dal cortile sud del palazzo si accede all’area interrata del Museo di Capodimonte, di oltre settecen-to metri quadrati, la sala Causa: una soluzione organica, polifunzionale, per mostre temporanee di ampio respiro e grandi eventi, nel cuore delle fondamenta monu-mentali della Reggia, gestibile senza interferire con l’attività ordinaria del Museo.La dimensione di sistema globale – collezioni permanenti, spazi per eventi, servizi di accoglienza – di un monumento che ha saputo riconquistare un ruolo di primo rilievo nei grandi circuiti internazionali del turismo culturale.

L’Auditorium, la sala Sol LeWitt, la sala Causa

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I MANIFESTI MELE 21

La raccolta dei manifesti dei Grandi Magazzini Mele è entrata a far parte del pa-trimonio del Museo di Capodimonte grazie alla donazione degli eredi Mele nel 1988: trentadue manifesti della collezione esposti, dopo un restauro attento, al piano ammezzato dell’ala nord del palazzo, nelle sale adiacenti l’Auditorium. Una testimonianza importante della modernità del linguaggio figurativo napoletano tra Otto e Novecento e delle capacità imprenditoriali di una realtà commerciale all’avanguardia nell’Italia di inizio secolo: i fratelli Emiddio e Alfonso, imprenditori, forti di una conoscenza approfondita delle grandi organizzazioni commerciali inter-nazionali, nel 1889 inaugurano in via San Carlo a Napoli i Grandi Magazzini Italiani. Punto di forza del successo progressivo dei Magazzini è l’investimento costante nella pubblicità: dalle comunicazioni sulle pagine dei quotidiani, ai cataloghi commerciali, dai libretti illustrati distribuiti a Napoli e in altre città italiane nei luoghi di svago e di ritrovo a veri e propri gadget pubblicitari, calendari, ventagli e specchietti, fino a forme di réclame più innovative e spregiudicate, come le battute sui Magazzini Mele inserite da Eduardo Scarpetta nelle sue commedie. Alla comunicazione sono destinate cifre considerevoli: celebri e immediatamente riconoscibili sono i manifesti che i fratelli commissionano ogni anno all’Officina Grafica Ricordi, ideati da illustratori d’eccezione quali Franz Laskoff (1869-1918/21), Leopoldo Metlicovitz (1868-1944), Leonetto Cap-piello (1875-1942), Aleardo Villa (1865-1906), Achille Beltrame (1871-1945), Gian Emilio Malerba (1880-1926) e, soprattutto, Marcello Dudovich (1878-1962) che, dal 1901 al 1910, fissa il carattere distintivo del manifesto pubblicitario italiano tra i due secoli.

I manifesti Mele

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22 I MANIFESTI MELE

Gian Emilio Malerba (Milano 1880-1926)Apertura di stagione 1906

In una impaginazione mo-derna della composizione, una giovane donna sorri-dente, seduta in panchina, si sporge in avanti, consen-tendo all’illustratore di in-serire il logo Mele in alto a destra. Firmato.

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I MANIFESTI MELE 23

Franz Laskoff (Bromberg 1869-1918/21)Abiti per uomo1901

Il largo di Palazzo napoleta-no antistante il Palazzo rea-le (ora piazza del Plebiscito), animato da numerose figu-rine in movimento, è lo sfon-do inusuale del manifesto. Firmato.

Aleardo Villa(Ravello 1865 - Milano 1906)Novità per signora1903

L’iconografia scelta è l’in-terpretazione di una favola classica: un amorino nascon-de dietro la schiena la mela da donare alla più elegante delle tre signore, rivisitazione del mito di Paride che dona la mela d’oro alla dea da lui giu-dicata più bella tra Era, Atena e Afrodite.

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24 IL GABINETTO DEI DISEGNI E DELLE STAMPE

Dal cortile sud della reggia, dallo scalone esagonale, si accede alla sezione del Museo dedicata alla grafica, al piano ammezzato dell’ala meridionale del palazzo.Circa duemilacinquecento fogli e venticinquemila stampe straordinari, dal nucleo farnesiano – con i cartoni di Michelangelo per la Cappella Paolina e di Raffaello per la stanza di Eliodoro in Vaticano – ai disegni, acquistati in seguito, di autori emiliani, dai Carracci a Lanfranco (circa quattrocento fogli con studi preparatori per gli affreschi delle chiese napoletane) e Reni; fiorentini, Andrea del Sarto e Pontormo; genovesi, veneti, Tintoretto e Palma il giovane; romani e napoletani.Ancora: i capolavori della collezione del conte trentino Carlo Firmian, acquisita dai Borbone nel 1782, ricca di oltre ventimila stampe (Dürer, Stefano della Bella, Gio-van Battista Castiglione, Rembrandt), la collezione del cardinale Stefano Borgia, acquistata da Ferdinando I nel 1817 dal nipote del cardinale – ne fanno parte gli ottantasei tra disegni e acquerelli indiani, esposti già nel 1841 al Museo Borbonico – e le donazioni preziose, a partire dalla nascita del Museo di Capodimonte nel 1957, di collezionisti privati. Di particolare rilevanza tra le donazioni, la raccolta di Angelo e Mario Astarita (1970) composta da quattrocentodiciannove disegni, acquerelli e oli di esponenti della Scuola di Posillipo e – in particolare – Giacinto Gigante – docu-menti fondamentali per lo studio della pittura di paesaggio a Napoli nell’Ottocento. Da segnalare, tra gli acquisti recenti dello Stato per la raccolta grafica di Ca-podimonte, sessantaquattro fogli con studi e rilievi dell’architetto napoletano Federico Travaglini, attivo a Roma e Napoli nel primo Ottocento.

Il Gabinetto dei disegni e delle stampe

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IL GABINETTO DEI DISEGNI E DELLE STAMPE 25

La sezione dei disegni e delle stampe è collocata al piano ammezzato dal 1994, dopo il recupero e la ristrutturazione impiantistica e di sicurezza degli ambienti. Oltre delle sale di esposizione al pubblico, è dotata di deposito attrezzato dei materiali inventariati, della sala consultazione riservata agli studiosi e di un la-boratorio rilevante per gli interventi conservativi.Nel riassetto espositivo delle collezioni del Museo, avviate nel 1995, una sala della Galleria farnesiana al primo piano (il piano nobile) del palazzo [sala 4] è stata dedicata ai cartoni di Michelangelo e Raffaello, mentre lungo l’itinerario attraverso lo sviluppo delle arti a Napoli dal Duecento all’Ottocento, al secondo piano, tre sale [sale 81 e 83-84] sono state destinate all’esposizione ciclica, per motivi conservativi, dei disegni più rappresentativi.

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26 IL GABINETTO DEI DISEGNI E DELLE STAMPE

Jusepe de Ribera (Játiva 1591 - Napoli 1652)Testa grottesca1622collezione Firmian

Studio preparatorio per un’inci-sione ad acquaforte e bulino. L’at-tenzione alla singolarità dei linea-menti dei soggetti ritratti, spesso vicini al deforme e alla malattia, è caratteristica dell’artista: un reali-smo brutale, solidale con la realtà dei più umili.

Aniello Falcone(Napoli 1607-1656)Testa di guerriero e studio di elmo1640 ca.collezione borbonica

Probabile ritratto dal vero, è uno studio preparatorio per la testa di Barach nell’affresco di Deborah e Barach nella cappella Santagata nella chiesa di San Paolo Maggio-re a Napoli.

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IL GABINETTO DEI DISEGNI E DELLE STAMPE 27

Giovanni Lanfranco (Parma 1582 - Roma 1647)Santo certosino1637-39 ca.collezione borbonica

Appartiene alla serie dei disegni di studio per gli af-freschi nella Certosa di San Martino (1637-1639), parte di un folto numero di fogli che documentano l’attivi-tà di un protagonista della cultura barocca a Napoli.

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28 IL GABINETTO DEI DISEGNI E DELLE STAMPE

Rembrandt (Leida 1606 - Amsterdam 1669)Giuditta decapita Oloferne1650 ca.collezione Firmian

Condotto con tratti rapidi e sicu-ri, il disegno testimonia il proces-so di semplificazione delle forme e di sintesi espressiva maturato dell’artista dopo il 1650, sia nei di-segni che nella calcografia.

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IL GABINETTO DEI DISEGNI E DELLE STAMPE 29

Giacinto Gigante(Napoli 1806 - 1876)Santa Maria Donnaregina1865collezione Astarita

In parte acquerellato, ap-partiene alla serie di dise-gni dedicati al convento di Santa Maria Donnaregina a Napoli, eseguiti forse su incarico della badessa del convento.

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30 L’OTTOCENTO ‘PRIVATO’

Al piano ammezzato, il ‘piano matto’, dell’ala meridionale del palazzo, a fronte del Gabinetto dei disegni e delle stampe, è allestita la nuova Galleria dell’Ottocen-to (2012), con accesso dallo spettacolare scalone esagonale neoclassico.Nelle sette sale che compongono la sezione sono esposti dipinti di inizio secolo legati alla corrente neoclassica (Camuccini, sala 1), paesaggi celebri della Scuola di Posillipo (Pitloo, Gigante, i fratelli Palizzi, sale 2-3), opere del realismo della seconda metà dell’Ottocento (Gemito, Morelli, Cammarano, De Nittis, sala 4), testimonianze dell’affermarsi dell’orientalismo sul finire del secolo (sala 5), opere importanti (Toma, D’Orsi, Boldini, Balla, sala 7) acquisite al Museo con le donazio-ni generose di privati e artisti.In origine le sale sono gli spazi privati della corte Borbone: nel 1816 appartamento personale di Ferdinando I, mentre a metà secolo sono il “quartino ad uso di S.A.R. la Principessa D.a Carolina”, figlia di Francesco I e di Maria Isabella di Spagna, durante le visite a Napoli anche dopo il matrimonio, nel 1850, con Carlo Luigi dei Borbone di Spagna, conte di Montemolin. Con i Savoia, le stanze vengono destinate al ramo cadetto dei duchi di Aosta, fino al passaggio della Reggia al demanio dello Stato nel 1920. Negli anni Cinquanta del Novecento gli ambienti vengono adeguati alla funzione di uffici per la Soprintendenza, modificando in parte le strutture. L’intervento recente di recupero ha ripristinato la volumetria originaria dell’ala e valorizzato gli spazi con una sistemazione espositiva che recupera il fascino

L’Ottocento ‘privato’

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L’OTTOCENTO ‘PRIVATO’ 31

romantico ottocentesco. Un allestimento evocativo degli interni delle dimore aristocratiche del tempo – dalle finestre si ammirano scorci suggestivi del parco e dei cortili monumentali – propone dipinti di scuola napoletana e italiana dai primi decenni del XIX agli inizi del XX secolo (dal Neoclassicismo, al Biedermeier, all’eclettismo) e arredi di produzione napoletana realizzati, negli stessi anni, proprio per la reggia di Capodimonte, recuperati, restaurati e ricomposti con attenzione filologica. Dipinti, sculture, lampadari, oggetti d’arredo, tessuti e tendaggi dialogano in una dimensione raccolta, per ricreare l’atmosfera accogliente e raffinata di una residenza privata di corte.

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32 L’OTTOCENTO ‘PRIVATO’

Anton Smink Pitloo(Arnhem 1790 - Napoli 1837)I templi di Paestum1826 ca.

Paesaggio ripreso dal vero, proba-bilmente nel corso dei sopralluo-ghi a Paestum effettuati nel 1826. [sala 2]

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L’OTTOCENTO ‘PRIVATO’ 33

Giuseppe de Nittis(Barletta 1846 - Saint-Germain-en-Laye 1884)La traversata degli Appennini - Ricordo1867

Dipinto alla vigilia del primo viag-gio dell’artista a Parigi, è una inter-pretazione sintetica e personale del paesaggio. Firmato e datato. [sala 4]

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34 L’OTTOCENTO ‘PRIVATO’

Vincenzo Gemito(Napoli 1852-1929)Il giocatore 1868 ca.

Una delle prime opere di Gemito in adesione alla corrente figurati-va del realismo, ritratto veritiero di uno scugnizzo napoletano.La scultura è acquistata da Vitto-rio Emanuele II per Capodimonte nel 1870. [sala 4]

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L’OTTOCENTO ‘PRIVATO’ 35

Filippo Palizzi(Vasto 1818 - Napoli 1899)Studio per ‘Gita a Cava’1881

Studio per un dipinto del 1882, ora in collezione privata, che sulla de-stra mostra gli stessi personaggi che giocano a carte. Una fotogra-fia, ritrovata tra le carte di Palizzi, ha un’inquadratura simile e riporta l’indicazione dei nomi dei protago-nisti: amici pittori che l’artista in-contrava a Cava per studiare insie-me la pittura all’aperto, ritratti poi nella tela. Firmato e datato. [sala 4]

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36 L’OTTOCENTO ‘PRIVATO’

Gioacchino Toma(Galatina 1836 - Napoli 1891) Sotto il Vesuvio di mattina 1882

Veduta dal vero, alla pri-ma luce del mattino, ai piedi del Vesuvio. Un pa-ragone tra il fumo dello sbuffo della locomotiva a vapore che entra nell’in-quadratura da sinistra e il pennacchio del Vesuvio, in un confronto singolare tra natura e macchina. Firma-to e datato. Dono Toma (1961). [sala 7]

Gioacchino Toma(Galatina 1836 - Napoli 1891) Sotto il Vesuvio di sera1886

Replica dopo quattro anni dello stesso tema paesisti-co, identico ma osservato in altra ora del giorno. Firmato e datato. Dono Toma (1961). [sala 7]

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L’OTTOCENTO ‘PRIVATO’ 37

Giovanni Boldini(Ferrara 1842 - Parigi 1931)La passeggiata nel parco1880 ca.

Unione suggestiva tra ritratto femminile e paesaggio autunnale. Firmato. Parte della donazione di Alfonso Marino (1957). [sala 7]

Giacomo Balla(Torino 1871 - Roma 1958)La famiglia Carelli1901 ca.

Appartiene alla produzione che precede l’adesione al futurismo, dedicato in particolare ai ritratti. Balla, che doveva raffigurare solo la signora Carelli, coinvolge il ma-rito e la primogenita Libera per da-re maggiore dinamicità alla scena. Firmato. È un dono a Capodimonte delle sorelle Libera, Luce e Vera Ca-relli (1986). [sala 7]

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38 PRIMO PIANO

2 / 30 galleria farnese

7 collezione borgia

23, 31 / 60 appartamento reale

35, 36 galleria delle porcellane

39 / 40 collezione de ciccio

46 / 50 armeria farnesianae borbonica

52 salottino di porcellana

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LA GALLERIA FARNESE 39

La Galleria Farnese costituisce il nucleo centrale intorno al quale si sono sviluppate le collezioni di Capodimonte. Le raccolte farnesiane, dipinti, sculture, oggetti di arte decorativa, per lo più di artisti dell’Italia centro-settentrionale, collezionati o commis-sionati in circa due secoli a Roma, nella cerchia del papa Paolo III Farnese e del nipote Alessandro, e a Parma dove la famiglia si era stabilita nel corso del Seicento – eredità di Carlo di Borbone – si integrano poi nei secoli successivi con opere giunte a Capo-dimonte per acquisti dei Borbone (come la collezione Borgia acquisita nel 1817 e alla quale è dedicata la sala 7 del Museo), dei Savoia e dello Stato o per donazioni o lasciti.L’ordinamento del Museo propone una scansione degli spazi per centri di pro-venienza e nuclei collezionistici, in sequenza temporale, integrando i capolavori farnesiani con le opere affini di acquisizione successiva.Particolare rilevanza ha il nucleo delle opere di area emiliana: dalle Nozze mistiche di santa Caterina d’Alessandria di Correggio, un tempo nella collezione di Barbara Sanseverino e confiscata dai Farnese insieme alle raccolte d’arte di altri nobili do-po la congiura del 1612 contro i nuovi duchi, e i ritratti celebri di Galeazzo Sanvitale e dell’Antea del Parmigianino; ai capolavori giovanili di Annibale Carracci, attivo con il fratello e il cugino tra Ducato emiliano e Corte romana, come lo Sposalizio mistico di santa Caterina d’Alessandria, emblema della ‘nuova’ maniera che uni-sce all’ideale di classicità un vigoroso naturalismo, l’Ercole al bivio, un tempo sul soffitto del camerino del cardinale Odoardo in palazzo Farnese a Roma, insieme alle opere di Lanfranco – della cui produzione più avanzata si conservano numero-

La Galleria Farnese

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40 LA GALLERIA FARNESE

se pale d’altare – Domenichino, Albani, Guido Reni (alla cui assenza nelle colle-zioni si rimedia a inizi Ottocento, con l’acquisizione borbonica di Atalanta e Ippomene). Numerosi i dipinti di Barto-lomeo Schedoni, pittore attivo a lungo per i Farnese per i quali lavora in una sorta di esclusiva, tra i quali la Scena di elemosina, capolavoro dell’artista.La scuola toscana è presente con due tavole di Masolino da Panicale, parti del trittico eseguito per la chiesa romana di Santa Maria Maggiore con la collabora-zione di Masaccio, del quale è esposta la Crocifissione, acquistata agli inizi del Novecento, cimasa del polittico della chiesa del Carmine di Pisa, la Madonna con Bambino e angeli di Sandro Botti-celli, i frammenti, con l’Eterno Padre e la Vergine, di una pala eseguita dal giova-ne Raffaello, autore poi del ritratto del cardinale Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III [nella sala 2, dedicata ai protagonisti di Casa Farnese] e della Madonna del Divino Amore, della quale si conserva anche uno studio di Giovan Francesco Penni.Tra le opere venete imprescindibili, la Trasfigurazione di Giovanni Bellini, il Ritratto di fra Luca Pacioli di Jacopo de’ Barbari, la Madonna con Bambino e san Pietro martire di Lorenzo Lotto.Legati alla committenza Farnese sono i dipinti di Tiziano, patrimonio straordi-

nario con pochi confronti nelle raccolte museali italiane e straniere: i ritratti del papa Paolo III Farnese con i nipoti, di Pierluigi primo duca di Parma e la Danae sono espressione del rapporto di mecenatismo tra una grande famiglia rinascimentale e il più celebre artista del tempo.Nel 1549, il cardinale Alessandro Farnese commissiona a Marcello Venusti, allievo di Michelangelo, la copia del Giudizio universale della Sistina, allora da poco scoperta al pubblico: testimonianza pre-ziosa dell’originale prima dell’intervento moralizzatore della Controriforma che ‘veste’ i nudi michelangioleschi.Domenico Theotokopoulos, detto El Greco, è uno dei primi artisti ‘stranieri’ a lavorare per i Farnese, proveniente da Candia, si ferma a Venezia presso la bottega di Tiziano. Suoi sono il celebre El Soplòn (un ragazzo che accende una candela con un tizzone, studio magi-strale di effetti luministici) e il Ritratto del miniatore Giulio Clovio, ordinato da Fulvio Orsini, bibliotecario a Roma del cardinale Odoardo Farnese, poi erede della sua collezione. Tra le scuole eu-ropee (olandese, tedesca, spagnola, francese, fiamminga) importante è la presenza della pittura fiamminga, sia per il collezionismo appassionato del cardinale Alessandro Farnese e del suo successore il cardinale Odoardo che ar-

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LA GALLERIA FARNESE 41

ricchiscono la raccolta con opere di Gillis Mostaert, Peter De Witte, Herri met de Bles detto il Civetta, oltre al Ritratto di Carlo V di Bernart van Orley.L’interesse dei Farnese per l’arte fiam-minga si consolida quando Margherita d’Austria – figlia naturale di Carlo V e moglie (1538) del secondo duca di Parma, Ottavio – è nominata reggente dei Paesi Bassi (1559-1567). Tra i dipinti entrano nelle collezioni i Mercati di Beuckelaer, i quadretti erotici di Jan Sons con Amori degli dei, destinati probabilmente alla decorazione di un soffitto del Palazzo ducale di Parma, e allo stesso pittore è commissionata la enigmatica Cebetis Thebani Tabula.Il sequestro dei beni alle famiglie nobili parmensi coinvolte nella congiura del 1612 incrementa la presenza di artisti fiamminghi nelle collezioni farnesiane: in particolare, dalla raccolta di Giovan-ni Battista Masi, provengono i Sette peccati capitali di Jacques de Backer e, soprattutto, i due dipinti capitali di Pie-ter Bruegel il Vecchio, il Misantropo e la Parabola dei ciechi, acquistati da Cosimo Mansi, segretario del principe Alessan-dro Farnese, durante il soggiorno nelle Fiandre (1571 e il 1594). A questo nucleo si aggiunge nel 1693 il patrimonio d’arte della principessa Maria Maddalena, so-rella del duca Ranuccio, ereditato della madre Margherita de’ Medici (Luca di

Leyda, Jan Sons, Marten de Vos). Agli ultimi duchi di Parma spetta l’acqui-sizione di opere come il San Giorgio uccide il drago, da Pietro Paolo Rubens e la tavoletta con la Sacra conversazione, acquistata nel 1713 come opera di Dürer ma della bottega di Konrad Witz.I successivi incrementi delle raccolte di Capodimonte si devono soprattutto all’età borbonica, come il Paesaggio con la ninfa Egeria di Claude Lorrain, acqui-stato per i Borbone da Domenico Venuti, inviato a Roma nel tentativo di recupera-re il patrimonio artistico sequestrato dai francesi durante il decennio borbonico (1806-1815) e la Crocifissione di van Dyck, comprata per millecinquecento ducati. In tempi recenti, si segnalano tra gli ac-quisti dello Stato e le donazioni generose di collezionisti privati al Museo: Bernar-do Bellotto, Vaprio e Canonica verso sud della riva occidentale dell’Adda (dona-zione De Feo Leonardi 2004); Francesco Guardi, Il ponte di Rialto e Veduta dell’i-sola di San Giorgio Maggiore (donazione De Feo Leonardi 2004); Pierre Jacques Volaire, Veduta della Solfatara (acquisto 2005); il Gruppo presepiale ‘dell’elefante’ (donazione Catello 2005).

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42 LA GALLERIA FARNESE

Tiziano Vecellio(Pieve di Cadore 1489/90 - Venezia 1576)Paolo III con i nipoti1545-46

Il papa Paolo III, settantasettenne, è fra i nipoti Alessandro, nomina-to cardinale a quattordici anni, e Ottavio, futuro duca, i figli del pri-mogenito del pontefice Pier Luigi

Farnese, investito dal padre del du-cato di Parma e Piacenza nel 1545, e prosecutori della politica familiare sul versante ecclesiastico e secola-re. Pur incompiuto, per il mutare delle vicende politiche del tempo, il ritratto commissionato da Ales-sandro a Roma nel dicembre del 1545 è tra i capolavori realizzati da Tiziano per i Farnese. [sala 2]

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LA GALLERIA FARNESE 43

Tiziano Vecellio(Pieve di Cadore 1489/90 - Venezia 1576)Il cardinale Alessandro Farnese1545-46

Tiziano, abile indagatore del-la psicologia dei suoi com-mittenti, ritrae Alessandro Farnese (1520-1589), primo-genito di Pierluigi, conosciuto per le capacità diplomatiche e mecenatismo illuminato, non come un uomo di chiesa, ma come gentiluomo ele-gante, sottolineando il vezzo dei guanti. [sala 2]

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44 LA GALLERIA FARNESE

Tiziano Vecellio(Pieve di Cadore 1489/90 - Venezia 1576)Paolo III a capo scoperto1545-46

È il primo ritratto del papa realizza-to dipinto da Tiziano, punto di inizio del sodalizio artistico con i Farnese, eseguito a Bologna in occasione dell’incontro tra il papa e l’impera-tore Carlo V. [sala 2]

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LA GALLERIA FARNESE 45

Guglielmo della Porta(Porlezza? 1515 - Roma 1577)Busto di papa Paolo III 1546

Capolavoro della ritrattisti-ca, il pontefice, in età avan-zata, è ammantato di un pi-viale decorato da placchette raffiguranti il Passaggio del Mar Rosso e Mosè che riceve le tavole della legge e Allego-rie. Il panneggio è fermato da una fibbia decorata la-teralmente da due chimere alate e mascheroni, tradu-zione dall’antico di orefice-ria raffinata. Guglielmo del-la Porta, durante la lunga permanenza presso i Farne-se, è uno dei principali in-terpreti della politica auto-celebrativa del papa e della famiglia. È anche il restaura-tore delle opere antiche del-la collezione farnesiana: sua l’integrazione delle gambe al famoso Ercole Farnese, ini-zialmente disperse. [sala 2]

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46 LA GALLERIA FARNESE

Raffaello Sanzio(Urbino 1483 - Roma 1520)Alessandro Farnese futuro papa Paolo III1509-11

Il cardinale Farnese com-missiona il dipinto al “divi-no” Raffaello fra il 1509 e il 1511 quando, eletto vescovo di Parma, inizia la sua sca-lata al potere sotto la pro-tezione dei Medici, dando avvio anche a una politica di immagine per rafforzare il prestigio personale e del-la famiglia. [sala 2]

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LA GALLERIA FARNESE 47

Andrea del Sarto (Andrea d’Agnolo)(Firenze 1486-1530)Leone X con due cardinali1525

Copia dal celebre ritratto di Raffaello (Firenze, Galleria degli Uffizi), è ordinata in segreto da Ottaviano de’ Medici e inviata a Federico Gonzaga al posto dell’origi-nale che questi aveva chie-sto in dono a Clemente VII, accontentando il duca di Mantova, che non si accor-ge dell’inganno. [sala 2]

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LA GALLERIA FARNESE 49

Masaccio(Tommaso di Ser Giovanni di Mone Cassai)(San Giovanni Valdarno 1401 - Roma 1428)Crocifissione1426

Era la cuspide del polittico per la chiesa del Carmine di Pisa, smembrato alla fine del Cinquecento e oggi divi-so tra musei europei e ame-ricani. In base ai principi della prospettiva, la tavola, un tempo coronamento del complesso, offre una visio-ne scorciata violentemente dal basso, resa accorciando le gambe di Cristo e incas-sando la testa nelle spalle, suggerendo così anche l’u-manità pesante e dolorosa di un corpo abbandonato alla morte. Il dipinto non è parte della collezione Far-nese, ma è un acquisto del 1901. [sala 3]

Raffaello Sanzio (Urbino 1483 - Roma 1520)Mosè davanti al roveto ardente1514 ca.collezione Farnese

Frammento del cartone pre-paratorio utilizzato per il par-ticolare del Mosè per l’affre-sco nella volta della Stanza di Eliodoro in Vaticano. Appar-teneva in origine a Fulvio Or-sini, bibliotecario di casa Far-nese, che lo lascia in eredità al cardinale Odoardo. [sala 4]

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50 LA GALLERIA FARNESE

Giovan Francesco Penni (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528)Madonna del Divino Amore1518 ca.collezione Farnese

Studio preparatorio per il di-pinto su tavola con lo stesso soggetto [sala 9] di Raffaello e aiuti. [sala 4]

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LA GALLERIA FARNESE 51

Michelangelo Buonarroti (Caprese 1475 - Roma 1564)Gruppo di armigeri1546 ca.

Parte del cartone prepara-torio per le figure monu-mentali dei tre armigeri nell’affresco della Crocifis-sione di san Pietro nella cap-pella Paolina in Vaticano (1546-1550). Il disegno è stato restaura-to nel 1988. [sala 4]

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52 LA GALLERIA FARNESE

Masolino da Panicale(Tommaso di Cristoforo Fini)(Panicale in Valdarno 1383 - Firenze 1440)Fondazione della chiesa di Santa Maria Maggiore a RomaAssunzione della Vergine1428 ca.

Sono la parte centrale di un trittico a due facce separate (i cui sportelli laterali si conservano a Londra e a Filadelfia), commissionato a Ma-

solino e Masaccio nel 1428 da papa Martino V per la chiesa romana di Santa Maria Maggiore ad nives, ma portato a termine dal solo Masoli-no per la morte di Masaccio (1428). Le tavole raffigurano la fondazione della basilica sul perimetro indicato a papa Liberio da una nevicata mira-colosa di agosto e l’Assunzione della Vergine nei modi eleganti e preziosi di un recupero della pittura gotico-cortese del Trecento. [sala 5]

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LA GALLERIA FARNESE 53

Filippino Lippi(Prato 1457 ca. - Firenze 1504)Annunciazione e santi1472-83

La scena è immersa nella luce so-lare del paesaggio toscano, alla presenza dei santi Giovanni Bat-tista a sinistra e Andrea sulla de-stra. Sullo sfondo la veduta di Fi-renze, riconoscibili la cupola della chiesa di Santa Maria Novella e il campanile di Giotto. [sala 6]

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54 LA GALLERIA FARNESE

Raffaello Sanzio e collaboratore(Urbino 1483 - Roma 1520)Eterno Padre e la Vergine1500

Testimonianza importante della prima attività del giovane Raffael-lo, è la parte centrale del polittico per la chiesa di Sant’Agostino di Città di Castello, con Gloria del be-ato Nicola da Tolentino, commis-sionato a Raffaello e al suo col-laboratore Evangelista di Pian di

Meleto nel 1500 da Andrea Tom-maso Baronci. Entra nelle collezio-ni borboniche grazie all’acquisto di Domenico Venuti a Roma, inca-ricato di recuperare il patrimonio artistico borbonico razziato dai francesi durante il decennio na-poleonico (1806-1815). [sala 6]

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LA GALLERIA FARNESE 55

Sandro Botticelli (Alessandro Filipepi)(Firenze 1445-1510)Madonna con Bambino ed angeli1468-69

Capolavoro giovanile dell’artista, ispirato dalla lezione di Filippino Lippi e del Verrocchio. [sala 6]

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56 LA COLLEZIONE BORGIA

La collezione Borgia, esposta nella sala 7, in parte acquistata da Ferdinando I di Bor-bone nel 1817, è dedicata agli oggetti disparati che componevano la collezione del cardinale Stefano Borgia, dal 1770 segretario della Congregazione di Propaganda Fide. Grazie al suo incarico, il prelato manteneva contatti con le missioni cattoliche di tutto il mondo, da cui raccoglieva opere, manoscritti e documenti, testimonian-ze di popoli lontani: ‘rarità’ di valore artistico, storico ed etnologico provenienti da paesi europei, dall’Egitto, dall’Estremo Oriente, dall’America centrale.

La collezione Borgia

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LA COLLEZIONE BORGIA 57

Manifattura siriana o egiziana(primo quarto del XIII secolo)Globo celeste1225

È uno dei più antichi giunti a og-gi, composto da due emisferi su cui sono incisi i disegni delle qua-rantotto costellazioni visibili sulla volta terrestre, incrostate in rame, e le relative stelle, indicate da un punto in argento. Due iscrizioni, in arabo cufico, indicano la data dell’opera (il 622 dell’Egira, che corrisponde all’anno 1225) e il no-me del committente. [sala 7]

Manifattura di Siviglia?(XIII ca.)Astrolabio planisferico1200 ca.

Strumento per le misurazioni astro-nomiche utilizzato per la naviga-zione. Determina su una superficie piana la posizione del sole e delle stelle principali secondo la conce-zione tolemaica. [sala 7]

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58 LA COLLEZIONE BORGIA

Taddeo Gaddi(Firenze 1290-1366)Madonna con Bambino e santi Pietro, Paolo, Antonio Abate e Agostino1336

Piccolo altarolo da viaggio, oggetto di devozione pri-vata, che riprende il tema della famosa Madonna del 1310 (Firenze, Galleria degli Uffizi) di Giotto, maestro di Gaddi. [sala 7]

Manifattura francese(prima metà XVI secolo)Cartagloria1535 ca.

Esempio delle tabelle, poste al centro dell’altare, utilizza-te dal XVI secolo per aiutare la memoria del celebrante. Proviene dal monastero di Fontevrault, commissionata dalla badessa Luisa di Bor-bone di cui riporta lo stem-ma insieme a quelli della nipote Maddalena e di Carlo di Lorena. È composta da tre pannelli in seta con il ricamo in oro di passi della messa e, sul riquadro centrale, tre placchette in smalto che raf-figurano la Natività, la Croci-fissione e il Noli me tangere. [sala 7]

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LA GALLERIA FARNESE 59

Bartolomeo Vivarini(Murano 1432 ca.-post 1491)Madonna con Bambino e santi Agostino, Rocco, Ludovico da Tolosa, Nicola in alto: Domenico e Caterina d’Alessandria, Pietro e santa martire1465

Ricco di elementi decorativi, tipici della bottega dei Vivarini, testi-monia l’interesse del pittore per la cultura antiquaria di stampo padovano in temi classici quali il trono della Madonna e il festone a grappoli dell’arco. Proviene dal convento degli Osservanti di Bari (soppresso dai francesi nel 1813). Firmato e datato. [sala 8]

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60 LA GALLERIA FARNESE

Andrea Mantegna(Isola di Carturo 1431 - Mantova 1506)Sant’Eufemia1454

Prova della attività giovani-le di Andrea Mantegna, che firma l’opera sul cartiglio in basso. I festoni decorati-vi, memori della pittura del maestro padovano di Man-tegna, Francesco Squarcio-ne, ornano l’arco che inqua-dra con rigore prospettico la santa, lo scorcio dal bas-so aggiunge risalto monu-mentale alla figura. Provie-ne dalla cattedrale di Irsina, cittadina pugliese, è ceduta al cardinale Borgia nel 1765-66, quando la chiesa è de-molita per la costruzione della nuova cattedrale. La tavola è stata restaurata nel 2004. [sala 8]

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LA GALLERIA FARNESE 61

Andrea Mantegna(Isola di Carturo 1431 - Mantova 1506)Francesco Gonzaga1460-62

L’identificazione del fan-ciullo ritratto, secondoge-nito del duca di Mantova, nato nel 1444 e nominato cardinale nel 1461, si deve al confronto con il ritratto di Francesco nell’affresco per la Camera degli sposi nel Palazzo ducale di Man-tova. Era nella collezione del bibliotecario di casa Farnese, Fulvio Orsini, poi confluita nella raccolta di famiglia. [sala 8]

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62 LA GALLERIA FARNESE

Giovanni Bellini(Venezia 1432 ca.-1516)Trasfigurazione1478-79

Firmata sul cartiglio in basso, è un’opera capitale della pittura ve-neta, per il ruolo della luce, la re-sa umana dell’aspetto divino e lo studio del paesaggio, immerso in un’atmosfera cromatica chiara e diffusa. Negli edifici sullo sfondo si è proposto di identificare la chie-

sa di Sant’Apollinare in Classe e il mausoleo di Teodorico di Ravenna. Entra nelle collezioni Farnese nel 1644 e forse è identificabile con la Trasfigurazione un tempo nella cappella Fioccardo del duomo di Vicenza. [sala 8]

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LA GALLERIA FARNESE 63

Lorenzo Lotto(Venezia 1480 ca. - Loreto 1556)Bernardo de’ Rossi1505

Il ritratto dell’arcivescovo di Treviso era in origine ac-compagnato da una ‘co-perta’ – dipinto che serviva a coprire il soggetto princi-pale – con un’Allegoria, lo stemma del prelato e un’i-scrizione sul retro con la da-ta 1505 (ora a Washington, National Gallery, collezione Kress). [sala 8]

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64 LA GALLERIA FARNESE

Lorenzo Lotto(Venezia 1480 ca. - Loreto 1556)Madonna con Bambino e san Pietro martire1503

Prima opera certa dell’artista com-missionata dal vescovo Bernardo de’ Rossi, suo mecenate, in qualità di ex voto, dopo essere scampato ad una congiura. È firmato in bas-so a destra e un’iscrizione sul retro riporta la data 1503. Nel 1964, esa-mi radiografici hanno rivelato che al di sotto del san Giovannino, ag-giunta successiva, è una figura di profilo in preghiera, identificabile con il vescovo stesso. [sala 8]

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LA GALLERIA FARNESE 65

Jacopo de’ Barbari(Venezia? 1445 - 1515 ca.)Fra Luca Pacioli con un allievo (Guidobaldo da Montefeltro?)1495

Fra Luca Pacioli, frate francescano grande matematico e prospettico, è intento allo studio degli Elementi di Euclide. Sul tavolo il compasso, il goniometro, il gesso, la spugnetta, due solidi, il libro di Euclide e un altro volume, forse la Summa de Aritmetica, Geometria, Proportio-

ne, pubblicata da Pacioli a Venezia nel 1494. Accanto a lui un giovane probabilmente identificabile con Guidobaldo da Montefeltro, al qua-le era dedicata l’opera del france-scano. Enigmatico il significato del poliedro trasparente sospeso a un filo, con riflessa l’immagine di un edificio simile al Palazzo ducale di Urbino. Acquistato dallo Stato per Capodimonte nel 1903/4. L’iscri-zione sul cartiglio recita “Iaco.Bar.Vigen/nis 1495 P.”. [sala 8]

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66 LA GALLERIA FARNESE

Sebastiano del Piombo(Sebastiano Luciani)(Venezia 1485 - Roma 1547)Clemente VII 1526-27

Clemente VII è ritratto pri-ma del sacco di Roma del 1527 e quindi prima del voto di lasciare crescere la barba. I colori di ascen-denza veneta disegnano un corpo imponente di sti-le michelangiolesco, men-tre la capacità d’indagine analitica indica i rapporti dell’artista con altri espo-nenti della ‘maniera’ attivi a Roma, quali il Rosso ed il Parmigianino. Rimasto al pittore fino alla sua morte, il dipinto è acquistato da Fulvio Orsini, bibliotecario di casa Farnese, ed entra nella collezione della fami-glia nel 1600. [sala 9]

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LA GALLERIA FARNESE 67

Sebastiano del Piombo (Sebastiano Luciani)(Venezia 1485 - Roma 1547)Madonna del velo1533-35

Dipinta con la tecnica dell’o-lio su lavagna (a vista nella parte bassa della composi-zione) è ripresa, in contro-parte, dalla Madonna del Popolo di Raffaello, di cui i Farnese possedevano una copia, e che lo stesso del Piombo aveva replicato in-torno al 1520 per Clemente VII. Si data agli anni Trenta del Cinquecento, epoca in cui l’artista rientra a Roma e instaura un rapporto di committenza con papa Pa-olo III Farnese. La pienezza dei volumi e la spiritualità malinconica dell’opera rive-lano l’ascendente di Miche-langelo [sala 9]

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68 LA GALLERIA FARNESE

Giulio Romano(Giulio Pippi)(Roma 1490 ca. - Mantova 1546)Madonna della gatta1523 ca.

Eseguita su commissione di Federico Gonzaga, prima ancora del trasferimento dell’artista da Roma a Man-tova nel 1524, il dipinto nel Cinquecento è ricordato nel-la raccolta di Barbara Sanse-verino, nobildonna parmen-se coinvolta nella congiura del 1612 contro i Farnese e i cui beni, confiscati, entra-no a far parte delle colle-zioni ducali. Il gruppo della Madonna con il Bambino, sant’Anna, san Giovannino e san Giuseppe, che si avvici-na dallo sfondo, è raffigura-to in un interno domestico, descritto nei particolari ca-salinghi (il cestino da cucito e la gatta che dà il nome al dipinto ‘ritratta’ nell’angolo a destra) e nei dettagli di gu-sto antiquario (le decorazio-ni del camino e della culla). [sala 9]

Raffaello Sanzio e aiuti(Urbino 1483 - Roma 1520)Madonna del Divino Amore1518 ca.

Della composizione si con-serva uno studio di Giovan Francesco Penni [sala 4], collaboratore di Raffaello e probabilmente tra gli aiuti

nella realizzazione dell’ope-ra (forse per Lionello da Car-pi, ricordata da Vasari nella vita di Raffaello). La tavola è acquistata da Alessandro Farnese nel 1564. [sala 9]

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Marcello Venusti(Como 1512/15 - Roma 1579)Giudizio Universale(da Michelangelo)1550 ca.

Commissionata dal cardi-nale Alessandro Farnese nel 1549, è la copia del Giudizio affrescato da Michelange-lo nella Cappella Sistina, eseguita prima degli inter-venti sui nudi ordinati dal Concilio di Trento nel 1564. [sala 9]

Fra Bartolomeo(Bartolomeo della Porta) (Firenze 1472 - Pian di Mugnone 1517)Assunzione della Vergine con santi Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria1516

Esempio delle grandi pale d’altare prodotte dall’artista, caratterizzate dall’influenza di modelli da Raffaello e pose enfatiche e declamatorie. La tavola è dipinta per la chiesa di Santa Maria in Castello a Prato. [sala 10]

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72 LA GALLERIA FARNESE

Pontormo(Jacopo Carrucci)(Pontorme, Empoli, 1494 - Firenze 1556)Scena di sacrificio1520 ca.

Eseguito con la tecnica a grisaille a tempera grassa su tela poi appli-cata su tavola, raffigura una scena enigmatica interpretata come un sacrificio. La scritta sull’altare è tra-dotta “a te unico Dio” oppure “a te dio Sole”. [sala 10]

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LA GALLERIA FARNESE 73

Rosso Fiorentino(Giovanbattista di Jacopo)(Firenze 1495 ca. - Fontainebleau 1540)Ritratto di gentiluomo1527 ca.

Capolavoro della ritrattistica cin-quecentesca, raffigura un giovane elegante, in posa rigida, seduto su un tavolino coperto da un tappe-to prezioso. Era nella collezione di Fulvio Orsini, bibliotecario di casa Farnese a Roma, poi ereditata dal cardinale Odoardo. [sala 10]

Maso da San Friano(Tommaso Mazzuoli)(Firenze 1532 ca.-1571)Doppio ritratto maschile1556

Nei protagonisti si sono riconosciu-ti Ottavio Farnese, duca di Parma e Piacenza, e Francesco De Marchi, architetto militare milanese che la-vora per il duca nel 1551-52, raffigu-rati durante una lezione di disegno. Il dipinto sembra alludere all’e-ducazione culturale di un signore del Cinquecento, che non poteva prescindere dal disegno e dall’in-gegneria militare. Datato e firmato con il monogramma “TO”. [sala 10]

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74 LA GALLERIA FARNESE

El Greco(Domenico Theotokopoulos)(Candia 1541 - Toledo 1614)Giulio Clovio1570 ca.

Dopo il soggiorno veneziano, El Greco è a Roma nel 1570, in palazzo Farnese, grazie alla ‘presentazione’ di Giulio Clovio, miniaturista al ser-vizio del cardinale Alessandro, auto-re del famoso Libro d’ore (New York, Pierpont Morgan Library). Il ritratto, nella luce e nel paesaggio, denuncia l’attenzione dell’artista alla grande pittura veneta contemporanea.[sala 11]

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Tiziano Vecellio(Pieve di Cadore 1489/90 - Venezia 1576)Ritratto di giovinetta1545 ca.

Si è proposta l’identificazione del personaggio con Angela, giovane cortigiana romana amante del car-dinale Alessandro Farnese. Tiziano esegue il ritratto, collocato in una delle sale di palazzo Farnese, con attenzione particolare alla resa na-turale del volto. Durante la seconda guerra mon-diale il dipinto, ricoverato a Monte-cassino, è tra i quadri trafugati dai tedeschi: viene recuperato a fine guerra nella cava austriaca di Alt-Ausee, insieme alla Danae. [sala 11]

Tiziano Vecellio(Pieve di Cadore 1489/90 - Venezia 1576)Maddalena penitente1550 ca.

Tema ripreso più volte dall’artista, in questa versione il dipinto segue le linee definite del Concilio di Trento, smussando la sensualità insita nel soggetto e sottolineando i dettagli, come il teschio e il libro, legati al te-ma della penitenza. La tela è inviata a Alessandro Farnese nel 1567.[sala 11]

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76 LA GALLERIA FARNESE

Tiziano Vecellio(Pieve di Cadore 1489/90 - Venezia 1576)Danae1545-46

Dipinto per le stanze priva-te del cardinale Alessandro Farnese, raffigura l’episo-dio, tratto dalle Metamor-fosi di Ovidio, di Danae, figlia del re di Argo, sedot-ta da Giove sotto forma di pioggia d’oro. Il volto ritrat-to è probabilmente quel-lo della cortigiana Angela, amante del cardinale. Tiziano termina il dipinto, iniziato a Venezia, a Roma, nel suo studio a palazzo Belvedere in Vaticano, do-ve lo vede Michelangelo che ne loda il colorito ma ne critica la ‘mancanza’ di disegno.Nel 1815, l’erotismo e la sen-sualità provocante del nu-do fanno relegare il dipinto nel “Gabinetto dei quadri osceni” del Real Museo Bor-bonico. [sala 11]

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El Greco(Domenico Theotokopoulos) (Candia 1541 - Toledo 1614)El soplón (Ragazzo che accende una candela con un tizzone)1570-72 ca.

Il tema del fanciullo che sof-fia sul fuoco è desunto da un quadro di Antifilo (pittore greco del IV secolo a.C., con-temporaneo di Alessandro Magno) ricordato dalle fon-ti antiche per i giochi lumi-nistici mirabili. Il modello classico viene reinterpretato sulla base delle suggestioni della pittura veneta, per stu-diare gli effetti della luce su un volto illuminato da una fonte luminosa artificiale. Dipinto durante gli anni del soggiorno in palazzo Farne-se a Roma (1570-72). [sala 11]

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Palma il Vecchio (Jacopo Negretti)(Serina, Bergamo, 1480 ca. - Venezia 1528)Sacra conversazione e donatori1525 ca.

Proveniente dalla raccolta di Do-menico Barbaja, celebre impresario del Teatro di San Carlo, e acquista-to dai Borbone nel 1841, la tela è un esempio delle numerose Sacre con-versazioni di Palma il Vecchio, carat-terizzate dal dialogare sereno dei personaggi, dalle stesure cromati-che ampie e da un modello di bellez-za femminile sontuosa e opulenta, che garantiranno al pittore grande successo commerciale. [sala 11]

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80 LA GALLERIA FARNESE

Pordenone(Giovan Antonio de Sacchis)(Pordenone 1483 ca. - Ferrara 1539)Disputa sull’Immacolata concezione1529-30

Proviene dalla cappella Pal-lavicini della chiesa di Santa Maria Annunciata a Corte-maggiore, in Emilia, e raf-figura i quattro padri della Chiesa, Girolamo, Ambro-gio, Agostino e Gregorio, che discutono il dogma dell’Im-macolata. Molto ammirata dai Farnese, la tavola è citata in un inventario della colle-zione del 1644. [sala 11]

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Correggio (Antonio Allegri) (Correggio 1489-1534)La Zingarella(Madonna con Bambino)1515-16 ca.

La tavola, di ridotte dimen-sioni e probabilmente in-compiuta, raffigura un mo-mento del riposo durante la fuga in Egitto. Proviene dalla collezione di Ranuccio Far-nese. [sala 12]

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Correggio (Antonio Allegri) (Correggio 1489-1534)Sposalizio mistico di santa Caterina1517-18 ca.

La tavola era nella collezione di Barbara Sanseverino, se-questrata in seguito all’ade-sione della nobildonna alla

congiura parmense contro i Farnese (1612). L’artista, su-perati ormai gli esordi legati alla cultura di Mantegna e i legami con la cultura bolo-gnese e leonardesca, risente della lezione di Raffaello a Roma e della pittura manie-rista di Domenico Beccafu-mi. [sala 12]

Parmigianino(Francesco Mazzola)(Parma 1503 - Casalmaggiore 1540)Galeazzo Sanvitale1524

Risale agli anni in cui l’ar-tista è impegnato nella decorazione, con il mito di Atteone, di un ‘bagno’ della rocca Sanvitale di Fontanel-lato (1523-24). L’ambiguità spaziale della figura, sedu-ta frontalmente su una se-dia scorciata in diagonale, e gli effetti di luci che si ri-fraggono su corpi concavi e convessi rivelano la maniera inquieta e ormai matura di Parmigianino. Il dipinto, ac-quistato da Ottavio Farnese nel 1561, è firmato e datato sul retro. [sala 12]

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84 LA GALLERIA FARNESE

Parmigianino(Francesco Mazzola)(Parma 1503 - Casalmaggiore 1540)Sacra famiglia con san Giovannino1524-27 ca.

Dipinta probabilmente ne-gli anni 1525-27, quando, a Roma, Parmigianino – sot-to l’influenza del classici-smo di Raffaello – stringe rapporti con la ‘fronda’ in-quieta di Perin del Vaga e di Polidoro da Caravaggio. [sala 12]

Parmigianino(Francesco Mazzola)(Parma 1503 - Casalmaggiore 1540)Ritratto di giovane donna (Antea)1524-27/1530-35

Identificata con Antea, cor-tigiana amata dall’artista durante il suo soggiorno ro-mano, questa fanciulla enig-matica dall’aspetto virginale e dall’abbigliamento parti-colare, è una delle immagi-ni-simbolo del manierismo italiano. [sala 12]

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86 LA GALLERIA FARNESE

Parmigianino(Francesco Mazzola)(Parma 1503 - Casalmaggiore 1540)Lucrezia

Capolavoro dell’ultima attivi-tà del Parmigianino, raffigu-ra la nobile romana Lucrezia, disonorata dalla violenza di Tarquinio il Superbo, nel mo-mento in cui si trafigge il cuo-re con un pugnale. [sala 12]

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LA GALLERIA FARNESE 87

Girolamo Mazzola Bedoli(Viadana 1500 ca. - Parma 1569)Ritratto di un sarto1540-45 ca.

Il sarto, soggetto di estra-zione sociale ‘borghese’, è ritratto in maniera familia-re impreziosita dai tocchi di luce della barba, dal tessuto pregiato in primo piano e dal particolare degli stru-menti di lavoro messi in evi-denza. Dalla collezione San-vitale entra nella raccolta Farnese per le confische se-guite alla congiura del 1612. [sala 12]

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88 LA GALLERIA FARNESE

Sofonisba Anguissola(Cremona 1531 ca. - Palermo 1626)Autoritratto alla spinetta1555-59 ca.

Il dipinto era nella raccolta di Fulvio Orsini, bibliotecario di casa Farne-se, passata per eredità al cardinale Odoardo. La giovane pittrice, una delle poche di cui si conosce l’atti-vità, si raffigura in un ambiente do-mestico e quotidiano. [sala 12]

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Jacques de Backer(Anversa 1545 ca. - 1600 ca.)Lussuria1570-75

Fa parte della serie dei sette vi-zi capitali: avarizia, lussuria, ira, accidia, superbia, gola, invidia. A ognuno è dedicato un dipinto che sintetizza, nella scelta iconografi-ca, gli elementi distintivi del vizio. La raffigurazione allegorica è in primo piano, nel caso della Lussuria un uomo e una donna abbracciati, mentre nello sfondo sono illustrati episodi tratti dall’Antico e Nuovo Testamento. [sala 12]

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90 LA GALLERIA FARNESE

Jan Sons(’s Hertogenbosch 1548 ca. - Parma 1611)Cebetis Thebani Tabulaante 1587

Ispirata ai contenuti della Tabula Cebetis, trattato sulla vita umana del filosofo tebano Cebeto (I secolo a.C.). Accanto alla porta della vita, il filosofo indica il percorso a due viandanti all’interno di mura con-centriche che conducono, tra raffi-gurazioni di vizi e di virtù, a un colle su cui siede la personificazione della Saggezza. È ricordato nelle raccolte Farnese a Parma dal 1587. [sala 13]

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LA GALLERIA FARNESE 91

Jan Sons(’s Hertogenbosch 1548 ca. - Parma 1611)Bacco e Arianna1580-90 ca.

Fa parte di un ciclo di undici dipinti di soggetto mitologi-co che decoravano il soffitto di una delle residenze farne-siane di Parma, forse Palaz-zo ducale. Come altri pittori fiamminghi giunti a Roma alla fine del Cinquecento, l’artista integra al suo lin-guaggio nordico l’esperienza del manierismo romano, con suggestioni venete e par-mensi. [sala 13]

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92 LA GALLERIA DELLE COSE RARE

Nelle vetrine, con soluzioni di grande impatto visivo, è esposta parte significativa delle collezioni di miniature, bronzetti (celebri quelli del Giambologna), maioli-che, avori, cristalli, monete, pietre dure, medaglie e altri oggetti ‘di curiosità’ o di oreficeria (come il Cofanetto Farnese o la Diana cacciatrice) che fin dal Cinquecen-to, integravano le raccolte farnesiane, conosciute in tutta Europa.L’allestimento propone un esempio spettacolare di Wunderkammer, la ‘camera delle meraviglie’ che nelle raccolte antiche doveva stupire e affascinare i visitatori.

La Galleria delle cose rare

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LA GALLERIA DELLE COSE RARE 93

Johann Michael Maucher(Schwäbisch Gmünd 1645 - Würzburg 1700 ca.)Piatto da pompa Broccaseconda metà del XVII secolo

Testimonianza del gusto barocco per il curioso e il bizzarro, documen-tano l’adozione dell’avorio e del cor-no di cervo nell’intaglio, una tecnica diffusa tra gli intagliatori tedeschi e per la quale Johann Michael Mau-cher era particolarmente ricercato. [sala 14]

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94 LA GALLERIA DELLE COSE RARE

Francesco di Giorgio Martini(Siena 1439 - 1502)Davide1470-75

Tra le opere più interessanti della collezione di bronzetti farnesiani, propone un’iconografia insolita che fonde la visione medievale del Da-vide, rappresentato come profeta vecchio e barbuto, con quella rina-scimentale introdotta da Donatello che lo raffigura, in piedi o in posizio-ne di riposo, vincitore giovane ed eroico. [sala 14]

Giambologna (Jean de Boulogne) (Douai 1529 - Firenze 1608)Mercurio1578 ca.

Deriva da un bronzo di uguale sog-getto (Firenze, Museo del Bargello) ed è citato in una lettera inviata dallo scultore a Ottavio Farnese il 13 giugno del 1579. A testimoniare la fortuna del tema, un altro esem-plare (probabilmente quello ora a Vienna, Kunsthistorisches Mu-seum), era stato commissionato a Giambologna nel 1564 da Cosimo I de’ Medici come dono per l’impera-tore Massimiliano II. [sala 14]

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Manno di Bastiano Sbarri(Firenze, notizie fino al 1563)Giovanni Bernardi (Castelbolognese 1494 - Faenza 1553)Cofanetto Farnese1548-61

Capolavoro dell’oreficeria manierista, è commissio-nato nel 1548 dal cardina-le Alessandro Farnese per custodire libri e manoscrit-ti preziosi e poi donato a Maria di Portogallo in oc-casione delle sue nozze

con il nipote del cardinale, Alessandro, figlio del duca Ottavio Farnese. In argen-to dorato, con lapislazzu-li e smalto, è decorato da Manno di Bastiano Sbarri con una ornamentazione fitta a sbalzo e cesello, con erme, nudi e ghirlande che inquadrano gli ovali in cri-stallo di rocca di Giovanni Bernardi. Le sei placchet-te intagliate raffigurano la Battaglia delle Amazzoni e la Battaglia dei Centauri sul davanti; la Battaglia navale sulla sinistra; la Caccia al cin-

ghiale Calidonio e il Trionfo di Bacco sul retro; la Corsa di quadrighe nel circo sulla destra. Completano la deco-razione le divinità ai quattro angoli della cassetta e la fi-gura di Ercole sul coperchio. All’interno, la raffigurazione delle gesta di Alessandro Magno allude alle imprese di Alessandro Farnese. [sala 14]

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96 LA GALLERIA DELLE COSE RARE

Manifattura di Goa o CochinCoppa di Costantino di Braganza1558-65

Molto ricercato per le qualità afro-disiache che gli vengono attribuite, il corno di rinoceronte era spesso utilizzato come ‘coppa amatoria’. La coppa della collezione Farnese, decorata con scene amorose e figu-re di animali intagliate, è il dono di nozze a Maria di Portogallo da par-te dello zio, Costantino di Braganza, viceré portoghese in India, che la commissiona a un artigiano locale per questa occasione. [sala 14]

Officina di Castelli d’AbruzzoPiatti in maiolica blu lumeggiati in oro1574-89

Il servizio da tavola in maiolica blu (tipologia che era denominata “tur-chine”), con lumeggiature in oro e con lo stemma del cardinale Ales-sandro Farnese al centro dei piatti, è realizzato in più riprese dalle of-ficine di Castelli fra il 1574 e il 1589, anno di morte del cardinale. Il vasel-lame, di cui si conservano a Capodi-monte settantadue pezzi, è la prima testimonianza datata di maioliche con applicazioni in oro, tecnica co-nosciuta a Castelli e trasmessa di generazione in generazione fino al XVIII secolo. [sala 14]

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Giovan Bernardino Azzolino(Cefalù 1572 ca. - Napoli 1645)Anima dannatafine XVI-metà XVII secolo

La testa in cera, insieme alla raffigu-razione dell’Anima che spera, pro-segue la produzione tardo-cinque-centesca dei “Novissimi”, teste in cera che rappresentavano la morte, il giudizio, l’inferno e il paradiso.[sala 14]

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98 LA GALLERIA DELLE COSE RARE

Giovanni Bernardi (Castelbolognese 1494 - Faenza 1553)Augusto e la Sibilla1535 ca.

Insieme a altri cristalli, fa parte dell’altare privato di Paolo III e docu-menta la diffusione, nei primi decen-ni del Cinquecento, della leggenda cristiana dell’Ara Coeli, che traman-da la predizione della Sibilla Tibur-tina, consultata da Augusto, sulla nascita di un Bambino più grande di tutti gli dei romani. [sala 14]

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Jacob Miller il Vecchio(Augusta? 1548 - 1618)Diana cacciatrice sul cervo1610 ca.

È un ‘trofeo da tavola’ in argento dorato, decorazione ricercata per le tavole imbandite, utilizzato per servire vini pregiati. La macchina si

muove grazie al meccanismo inse-rito nella base, mentre la testa del cervo, smontabile, serve da coper-chio e da coppa. Opera dell’orafo di Augusta, siglato “J.M.”, è tra gli oggetti di oreficeria più raffinati prodotti dalla cultura tardo-manie-rista per le corti europee. [sala 14]

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100 LA GALLERIA FARNESE

Bernardino Luini(Dumenza 1484/5 ? - Milano 1531/32)Madonna con Bambino1520 ca.

Il morbido e luminoso mo-dellato e l’espressione ma-linconica del volto carat-terizzano le Madonne del pittore, molto apprezzate dalla critica ottocentesca per la somiglianza con gli esempi di Bramantino e, soprattutto, di Leonardo, di

cui Luini è fedele interprete. [sala 16]

Konrad Witz (bottega?)(Rotweil 1400/10 ca. - Ginevra o Basilea 1444/46)Sacra conversazione1446-48

Eseguito forse dalla bottega di Witz a Basilea, è conside-rato copia da un originale del maestro. Particolari sono la veduta prospettica defor-mata, come in uno specchio

convesso, e i colori luminosi dai toni caldi. È acquistato dai Farnese nel 1713 come opera di Dürer. [sala 17]

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LA GALLERIA FARNESE 101

Pieter Bruegel il Vecchio(Breda 1525 ca. - Bruxelles 1569)Misantropo1568

Illustra l’antico proverbio fiammingo trascritto in bas-so “poiché il mondo è tanto infido, io sono a lutto”. Il cer-chio racchiude l’immagine

enigmatica del misantropo che fugge il mondo ingan-natore da cui è derubato della borsa, secondo l’inter-pretazione classica del tema ripreso da Erasmo da Rotter-dam. Firmato e datato 1568, faceva parte della collezione di Cosimo Masi, segretario di Alessandro Farnese nelle Fiandre, e poi del figlio Gio-

vanni Battista, espropriato di tutti i beni per l’adesio-ne alla congiura parmense contro i Farnese (1612).[sala 17]

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102 LA GALLERIA FARNESE

Pieter Bruegel il Vecchio(Breda 1525 ca. - Bruxelles 1569)La parabola dei ciechi1568

Riprende la parabola neo-testamentaria (“E quando un cieco ne conduce un al-tro, tutti e due cadranno nel fosso”), tema vicino all’umanesimo di Erasmo da Rotterdam. Nello sfon-do è riconoscibile la chiesa del villaggio di Pede-Sainte-Anne vicino Bruxelles. Co-me il Misantropo, è firmato e datato. Faceva parte della collezione di Cosimo Masi, espropriata dai Farnese al figlio Giovanni Battista nel 1612. [sala 17]

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104 LA GALLERIA FARNESE

Joos van Cleve(Anversa 1485 ca.-1540/41)Adorazione dei magi1515 ca.

È un trittico ‘a chiusura’, con i pan-nelli laterali dipinti anche sul retro, è da collocare, come la Crocifissione esposta nella stessa sala, nella pie-na maturità dell’artista. La tavola è acquistata dai Borbone, forse dalla collezione dei Ruffo della Scaletta, nel 1802. [sala 17]

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Bernart van Orley(Bruxelles 1488 ca.-1542)Carlo V1516 ca.

Ritratto di Carlo d’Asbur-go, figlio di Filippo il Bello e Giovanna la Pazza, all’età di quindici o sedici anni, pri-ma dell’incoronazione a re di Spagna (1516).Il futuro protagonista delle sorti dell’Europa, eletto im-peratore nel 1519, fa sfoggio del prezioso collare del To-son d’oro. [sala 17]

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106 LA GALLERIA FARNESE

Joachim Beuckelaer(Anversa 1535 ca.-1574)Mercato in piazza1566

Nella serie di sei dipinti de-dicati ai mercati, che pro-vengono dalla collezione Farnese a Parma, l’artista adotta con poche varianti lo stesso impianto: in primo piano figure monumentali e una mostra esuberante del-le merci, sullo sfondo un pa-esaggio e in alcuni casi (qui è raffigurata la vocazione di san Matteo) un episodio

religioso. Le scene popolari sono un genere molto ri-cercato dai collezionisti del Cinquecento e, per rispon-dere alle richieste numero-se, Beuckelaer si specializ-za in mercati, campagne e interni di cucine, ricche di generi alimentari, stoviglie e animali che nel Seicento saranno i protagonisti del-la natura morta. Il dipinto è datato. [sala 18]

Annibale Carracci(Bologna 1560 - Roma 1609)Sposalizio mistico di santa Caterina1585 ca.

Eseguito a Parma attorno al 1585 per il duca Ranuccio Farnese che poi lo dona al fratello, il cardinale Odoar-do. Portato a Roma, secondo le fonti, dallo stesso Anniba-le nel 1595, costituisce per l’artista una prova delle sue doti di emulo di Correggio e Raffaello. [sala 19]

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108 LA GALLERIA FARNESE

Agostino Carracci(Bologna 1557 - Parma 1602)Arrigo Peloso, Pietro Matto e Amon Nano1598 ca.

Probabilmente realizzato a Roma, su committenza del cardinale Odo-ardo Farnese, rappresenta tre per-sonaggi della sua corte romana: il buffone Pietro, il nano Rodomonte e il selvaggio delle Canarie, Arrigo Gonzalez. L’artista riesce a rendere il rapporto fra gli uomini e i loro ani-mali con umanità e simpatia tali da trasformare il dipinto in una vivace scena ‘di genere’. Il quadro è destina-to al palazzo di famiglia in via Giulia. [sala 19]

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Ludovico Carracci(Bologna 1555-1619)Rinaldo e Armida1593

Il tema è tratto dalla Gerusa-lemme liberata di Torquato Tasso (XVI canto): Rinaldo, nel bosco delle Isole Fortu-nate, regge lo specchio alla maga Armida, mentre i suoi compagni, Carlo e Ubaldo, accompagnati da Cupido per riportarlo al campo cri-stiano, lo spiano. Il tono let-terario e narrativo e la grazia del soggetto fanno pensare a un’opera realizzata per la corte ducale di Parma, dove Ludovico si reca per lavorare alla decorazione del catafal-co di Alessandro Farnese. La tela è datata. [sala 19]

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110 LA GALLERIA FARNESE

Annibale Carracci(Bologna 1560 - Roma 1609)Ercole al bivio1596

È il dilemma di Ercole nella scelta fra la Virtù, che addita il sentiero aspro della gloria per raggiungere Pegaso, il cavallo alato che lo condurrà al cielo, e il Vizio, figura fem-minile voluttuosa di ispira-zione classica, che indica la ‘via piana’ del piacere terre-no, tra carte da gioco, ma-schere teatrali e strumenti musicali. Dipinto per il car-dinale Odoardo Farnese, è il centro del soffitto del “Ca-merino di Ercole” nel palazzo di famiglia a Roma. [sala 20]

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LA GALLERIA FARNESE 111

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112 LA GALLERIA FARNESE

Annibale Carracci(Bologna 1560 - Roma 1609)Pietà1599-1600

La composizione pirami-dale monumentale, insie-me al delicato abbandono del corpo di Cristo, mostra il recupero di un modello marmoreo eccellente: la Pietà di Michelangelo in Va-

ticano, la cui drammaticità è accentuata dallo scurirsi delle gamme cromatiche. La tela è commissionata dal cardinale Odoardo Farnese. [sala 20]

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LA GALLERIA FARNESE 113

Giovanni Lanfranco(Terenzo 1582 - Roma 1647)Assunzione della Maddalena1616-17 ca.

Faceva parte della decora-zione del soffitto del “ca-merino degli Eremiti”, co-stituita da nove riquadri, nel palazzetto di via Giulia. Il nudo della santa, realisti-co e pesante, sorretto da tre putti, si libra in una veduta paesistica suggestiva a volo d’uccello, dominata da forti contrasti tra luci e ombre e da tonalità cromatiche fred-de. [sala 20]

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114 LA GALLERIA FARNESE

Bartolomeo Schedoni(Formigine 1578 - Parma 1615)Carità1611

Tra i dipinti più celebri dell’ar-tista, al servizio del duca Ra-nuccio I Farnese, per il reali-smo crudo e i colori brillanti, dove la luce mette in eviden-za particolari e panneggi.[sala 21]

Domenichino(Domenico Zampieri)(Bologna 1581 - Napoli 1641)Angelo custode1615

Firmato e datato, il dipinto riprende il culto, nato con la Controriforma, dell’an-gelo custode. Realizzato per la cappella Vanni nella chiesa di San Francesco a Palermo, il levriero rampan-te sul fronte dell’altare è lo stemma della famiglia dei committenti. Donato a fine Settecento a re Ferdinando di Borbone e in seguito tra-sportato dai francesi a Ro-ma (1799) e decurtato nella parte superiore. Recupera-to, il ripristino è affidato al restauratore di corte Federi-co Anders. [sala 22]

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LA GALLERIA FARNESE 115

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L’APPARTAMENTO REALE 117

Camera da letto di Francesco I e Maria Isabella di Spagna1829-30

È una piccola alcova decora-ta in stile pompeiano, nasce da un progetto di Antonio Niccolini, con decorazioni pittoriche di Gennaro Biso-gni, Salvatore Giusti, Gen-naro Maldarelli. Al centro della stanza era in origine un’alcova con tappezzerie disegnate da Niccolini stes-so. [sala 23]

Real Opificio delle pietre dure di Napoli(1737-1861)Tavolino 1811-35

Il piano del tavolino, ornato da una scacchiera, poggia su due figure mitologiche, dei geni alati, ispirate all’antico.[sala 23]

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118 LA GALLERIA FARNESE

Pieter Paul Rubens (da)(Siegen 1577 - Anversa 1640)San Giorgio e il dragopost 1603

È una copia antica di un di-pinto di Rubens, databile intorno al 1602-1603 ed ese-guito durante i primi anni del soggiorno a Mantova. La tela proviene dalla collezio-ne Farnese. [sala 24]

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LA GALLERIA FARNESE 119

Antonie van Dyck(Anversa 1599 - Londra 1641)Crocifisso1621-32

Tra il 1621 e il 1632 van Dyck dipinge alcuni Crocifissi de-stinati alla devozione priva-ta, elaborando un modello di grande successo, replica-to più volte. I toni scuri del paesaggio e del cielo fanno da contrappunto alla figu-ra chiara di Cristo, mentre il panneggio del perizoma bianco contrasta con il rosso del sangue, particolare di re-alismo crudo. [sala 24]

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120 LA GALLERIA FARNESE

Guido Reni(Bologna 1575-1642)Atalanta e Ippomene1620-25 ca.

Vergine cacciatrice, avversa al ma-trimonio, Atalanta sfida alla corsa i pretendenti, sempre sconfitti e de-stinati alla morte: Ippomene lascia cadere i pomi d’oro del giardino delle Esperidi, ricevuti da Afrodite, e supera la fanciulla. Reni raffigura il momento culminante del mito narrato da Ovidio nelle Metamofosi.[sala 27]

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LA GALLERIA FARNESE 121

Guido Reni(Bologna 1575-1642)Le quattro stagioni1617-20

L’allegoria, dai colori raffinati e com-posizione elegante, è commissiona-ta da un “ricamatore” bolognese, nel 1617-20. Nel 1638 Reni riacquista il dipinto, per trecentocinquanta scudi, e lo rivende al doppio al car-dinale Bernardino Spada, il nipo-te Orazio poi lo dona (1672) a papa Clemente X. Infine è acquistato da Domenico Venuti per i Borbone nel 1802. Dal 1926 è trasferito come ar-redo alla Camera dei Deputati e tor-na definitivamente a Capodimonte nel 1999. [sala 27]

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122 LA GALLERIA FARNESE

Carlo Saraceni(Venezia 1580-1620)Caduta di Icaro1606-7 ca.

Fa parte di un gruppo di sei piccoli paesaggi dipinti su rame con scene mitologiche ispirate alle Metamorfosi di Ovidio (Volo di Icaro, Sep-pellimento di Icaro, Salama-ce e Ermafrodito, il Ratto di Ganimede, Arianna abban-donata) e realizzati duran-te il soggiorno romano, su

commissione dei Farnese, forse per un ambiente del palazzo di famiglia. La sce-na con la Caduta di Icaro è il momento cruciale del mito dell’architetto Dedalo e di suo figlio Icaro: fuggi-ti dal labirinto che Dedalo aveva costruito per Minos-se, e nel quale erano stati imprigionati, grazie alle ali che l’architetto aveva rea-lizzato con piume di uccello e cera, Dedalo assiste alla morte del figlio che si avvici-

na troppo al sole, causando lo scioglimento della cera. L’origine veneta del pittore si riflette nella predilezione per il dato naturale, reso con una indagine attenta degli effetti di luce e di atmosfe-ra, in rapporto anche col pa-esaggismo nordico di Adam Elsheimer, attivo a Roma nel 1600. [sala 29]

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LA GALLERIA FARNESE 123

Lorrain (Claude Gelleé) (Chamagne 1600 - Roma 1682)Paesaggio con la ninfa Egeria1669

La ninfa Egeria piange la morte del-lo sposo Numa Pompilio, primo mi-tico re di Roma, come narra Ovidio nelle Metamorfosi. Il mito latino è ambientato in una veduta della campagna romana, ricca di sugge-stioni elegiache e idilliche, che ri-corda il lago di Nemi e le colline di Marino, feudo dei Colonna, famiglia committente della tela (1669). Entra nelle collezioni borboniche con l’acquisto di Domenico Venuti nel 1800. [sala 29]

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124 LA GALLERIA FARNESE

Bernardo Bellotto(Venezia 1721 - Varsavia 1780)Vaprio e Canonica verso sud della riva occidentale dell’Adda1744 ca.

La tela appartiene al momento gio-vanile di Bellotto, quando, lascia-ta Venezia e terminato l’alunnato presso lo zio – Canaletto – e lo stu-dio di formazione a Roma, il pittore si dirige in Lombardia e in Piemonte, dove avrà incarichi di prestigio. Il di-pinto è dono al Museo di Bianca De Feo Leonardi e Antonino Leonardi (2004). [sala 29]

Francesco Guardi(Venezia 1712-1793)Il ponte di RialtoVeduta dell’isola di San Giorgio Maggiore1770-80 ca.

Il formato ridotto delle tele enfa-tizza la successione degli scorci e la luce atmosferica. Dono al Museo di Bianca De Feo Leonardi e Antonino Leonardi (2004). [sala 29]

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LA GALLERIA FARNESE 125

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126 LA GALLERIA FARNESE

Sebastiano Ricci(Belluno 1659 - Venezia 1734)La Vergine intercede per le anime del Purgatorio1730 ca.

La struttura compositiva ario-sa e la gamma cromatica, che sfuma in trasparenze madre-perlacee, sono caratteristiche del decorativismo brillante e raffinato dell’artista. [sala 30]

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L’appartamento reaLe 127

Le sale dedicate ai regnanti riprendono la ‘Gran galleria dei ritratti’ voluta da Ferdinando II di Borbone, per ‘raccontare’ la dinastia borbonica attraverso le effigi ufficiali dei sovrani: accanto alle due tele di Francisco Goya, con gli spagnoli Carlo IV e Maria Luisa, il ritratto di Ferdinando IV fanciullo di Anton Raphael Mengs; i ritratti equestri di Carlo di Borbone e di Maria Amalia di Sassonia di Francesco Liani, i dipinti di Angelica Kauffmann e di Giuseppe Cammarano con La famiglia di Ferdinando IV e La famiglia di Francesco I.Il salone da ballo consacra il talento teatrale di Niccolini, con motivi decorativi raffinati tratti dal repertorio ercolanese e pompeiano e con tappezzerie sontuose.Dipinti di artisti francesi e arredi provenienti dalle dimore reali di Francia testi-moniano, oltre ad ornare ulteriormente gli ambienti regali, il ‘decennio francese’ (1805-1815), quando la reggia diviene residenza abituale dei nuovi sovrani.Fulcro dell’appartamento reale, il Salottino di porcellana, ultima impresa della fabbrica di Capodimonte, riallestito nella reggia napoletana nel 1866. Ideato dal-lo scenografo di Corte Giovan Battista Natali, viene realizzato originariamente, sotto la direzione di Giuseppe Gricci tra 1757 e 1759, per gli appartamenti privati di Maria Amalia di Sassonia nella Reggia di Portici: un caleidoscopio di lastre di porcellana, fissate a supporti in legno, ispirate alla moda delle chinoseries, con festoni, cartigli e figurine con vesti all’orientale.

L’Appartamento reale

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128 L’appartamento reaLe

Sala della Culla Il nome ricorda la culla disegna-ta da Domenico Morelli e Ignazio Perricci donata nel 1869 dalla città di Napoli ai Savoia per la nascita di Vittorio Emanuele III, mentre negli inventari più antichi è chia-mata la gran galleria color cece. Il pavimento di epoca romana in marmo proviene da una villa di Ti-

berio a Capri: ritrovato nel 1788, è trasferito a Capodimonte nel 1877 dalla villa Favorita di Resina (Erco-lano), durante la direzione di An-nibale Sacco. [sala 31]

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L’appartamento reaLe 129

Real fabbrica della porcellana di Napoli(1771-1806)Orologio1796-1806

Realizzato per gli apparta-menti del Palazzo reale di Napoli, fa parte di una serie di quattro orologi (ma l’ulti-mo non viene assemblato) destinata agli appartamenti del principe ereditario Fran-cesco in occasione delle noz-

ze con Maria Clementina d’Austria (1797), e agli sposi regali si riferiscono le inizia-li FC sul retro della pendo-la. La cassa, forse eseguita a Roma, con marmi rari e bronzi cesellati e dorati, è in-quadrata da telamoni egizi, sostegno delle mensole su cui poggia a coronamento l’allegoria della Guerra tra vasi canopi egiziani. [sala 31]

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130 L’appartamento reaLe

Vincenzo Camuccini(Roma 1771-1844)Tolomeo Filadelfo nella biblioteca di Alessandria1811

Commissione di Napoleone Bona-parte per il salone centrale del pa-lazzo del Quirinale a Roma insieme al compagno – Carlo Magno ordina di fondare l’Università di Parigi – sono destinati a Capodimonte da Gioacchino Murat (sovrano di Na-

poli dal 1806 al 1815), nel 1867 so-no trasferiti a Palazzo reale per poi passare a Roma, in sottoconsegna alla Camera dei Deputati. Infine, nel 1997, restituiti a Capodimonte sono esposti nella sistemazione originaria. [sala 31]

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L’appartamento reaLe 131

Antonio Sebastiani(Caprarola ? - Napoli 1752)Carlo di Borbone in abiti da cacciatore1732-34

Il futuro re di Napoli è ri-tratto durante il soggiorno nel ducato di Parma o agli inizi del suo regno in abiti da caccia: vera passione del sovrano e tra i motivi della nascita della reggia di Capodimonte. Il pittore, a Napoli al segui-to di Carlo come pittore di corte, collabora alla deco-razione di Palazzo reale ed esegue numerosi ritratti ufficiali del re, produzione ‘seriale’ modesta da invia-re alle sedi diplomatiche del Regno. [sala 32]

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132 L’appartamento reaLe

Giovanni Paolo Panini(Piacenza 1691 ca. - Roma 1765)Carlo di Borbone in visita a Benedetto XIV nella coffee-house del QuirinaleCarlo di Borbone in visita alla basilica di San Pietro1746

Commissionati da Carlo di Borbone al pittore, celebre per le qualità di ‘cronista’ degli avvenimenti politici più importanti del tempo, per celebrare la visita a Ro-ma dopo la vittoria di Vel-letri sugli austriaci (1744) che suggella il potere po-litico del giovane sovrano. [sala 32]

Joseph Martinau(attivo a Londra tra il 1744 e il 1794)Orologio1755 ca.

Esemplare di qualità ecce-zionale, tra i più significa-tivi del rococò inglese, ha forma di un tempio cinese, e cassa in radica di moga-no. Di dimensioni notevoli, è decorato in bronzo dora-

to e figure mitologiche, tri-toni e nereidi, e fauna fan-tastica. Il coronamento a chinoiserie comprende una figura e un putto inseriti in un insieme di elementi fi-tomorfi. Forse appartenuto alla regina Maria Amalia, ricevuto in dono dai geni-tori, mostra sui fianchi, in-ciso su lastre di ottone sa-gomato, lo stemma reale di Polonia. [sala 32]

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L’appartamento reaLe 133

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134 L’appartamento reaLe

Antonio Joli(Modena 1700 ca. - Napoli 1777)

Partenza di Carlo per la Spagna vista da terraPartenza di Carlo per la Spagna vista dal mare1759

Illustrano la partenza di Carlo di Borbone per la Spagna in doppia prospet-tiva, da terra e da mare. Nel 1759, a seguito della morte

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L’appartamento reaLe 135

dei fratelli maggiori, Car-lo diventa re di Spagna e lascia il trono napoletano al figlio Ferdinando e, per celebrare l’evento, la corte napoletana commissiona i due dipinti al famoso pit-tore di vedute. I due temi sono più volte replicati su richiesta delle altre corti europee. [sala 33]

Anton Raphael Mengs(Aussig 1728 - Roma 1779)Ferdinando IV1759 ca.

Primo ritratto ufficiale di Ferdinando IV dopo l’ab-dicazione in suo favore di Carlo di Borbone divenu-to re di Spagna. Il pittore esegue anche un’altra ver-sione (1760) dello stesso ritratto, inviata ai genitori a Madrid. L’opera si distin-gue per la tecnica e per l’a-bilità del pittore nel creare un’immagine celebrativa, perfettamente conforme alle esigenze allora richie-ste al ritratto di Stato, del giovane monarca di nove anni, con le insegne reali in evidenza. [sala 33]

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136 L’appartamento reaLe

Artigiani realiPortantinaNapoli, seconda metà XVIII secolo

È decorata da scene galanti, attribuite a Giacinto Diano (Napoli 1696-1782), su uno sfondo dorato. Portantine e carrozze sontuose godono di particolare fortuna nel Settecento, e a Napoli sono famose per il gusto di orna-ti, lacche o pitture spesso affidate ad artisti di fama come Filippo Falciatore, Francesco De Mura, Fedele Fischetti o Francesco Soli-mena. [sala 33]

Antonio Joli(Modena 1700 ca. - Napoli 1777)Ferdinando IV a cavallo con la corte1760 ca.

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L’appartamento reaLe 137

Ferdinando IV, tra i dignitari di corte, esce a cavallo dalla Reggia per una passeggiata nel bosco. La residenza rea-le, ancora in costruzione, è raffigurata con finestroni, al piano ammezzato e al piano nobile, che saranno poi sostituiti da balconate e

circondata da una spianata e non ancora dai giardini. Sfondo scenografico della veduta è il panorama della città, ripresa fino alla collina di San Martino, e del golfo. [sala 33]

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138 L’appartamento reaLe

Francesco Liani(Fidenza 1712/14 - Napoli dopo 1780)Ritratto equestre di Carlo di Borbone1755-59 ca.

Con il compagno, che ritrae la re-gina Maria Amalia, è realizzato negli ultimi anni di regno di Carlo a Napoli. [sala 34]

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L’appartamento reaLe 139

Francisco Goya(Fuendetodos 1746 - Bordeaux 1828)Maria Luisa di ParmaCarlo IV1790 ca.

Probabilmente facevano parte della quadreria privata di Maria Isabella di Spagna, figlia di Carlo IV e di Ma-ria Luisa e moglie di Francesco I. Pit-tore di corte, Goya dipinge numero-si ritratti dei sovrani e della famiglia reale con un realismo impietoso, che ne evidenzia aspetto fisico e psi-cologico. [sala 34]

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140 La GaLLerIa DeLLe porCeLLane

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La GaLLerIa DeLLe porCeLLane 141

Le sale della Galleria delle porcellane espongono una selezione delle famose porcellane napoletane e della produzione europea, provenienti dalle collezioni borboniche. Le vetrine della parete a destra dell’ingresso alla sala sono dedicate allo spettacolare Servizio dell’oca, con in evidenza le stoviglie che riproducono ve-dute di Napoli e del Regno. Le vetrine a sinistra espongono le creazioni della Real Fabbrica di Napoli [sala 35] e delle più importanti manifatture europee [sala 36].

La Galleria delle porcellane

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142 La GaLLerIa DeLLe porCeLLane

Real fabbrica della porcellana di Napoli(1771-1806)Servizio dell’oca o Servizio delle vedute Rinfrescatoio e zuppiera ovale1793-95

Il servizio da tavola, eseguito per la famiglia reale, è una produzione grandiosa di vasellame imprezio-sito da miniature tratte da vedute di edifici e paesaggi napoletani, ri-presi dalle stampe coeve di artisti

napoletani e stranieri: il servizio fino a tutto l’Ottocento è ricorda-to come il “Servizio delle vedute Napolitane”. Le stoviglie, circa tre-centoquarantasette pezzi, sono completate da figure a tutto tondo riprese da prototipi antichi delle raccolte ercolanensi e farnesiane. Il puttino che strozza l’oca – in ci-ma al coperchio di alcune zuppiere – che dà il nome al servizio, è tratto da una scultura di età ellenistica conservata a Roma, nei Musei Ca-pitolini. [sale 35-36]

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La GaLLerIa DeLLe porCeLLane 143

Real fabbrica della porcellana di Napoli(1771-1806)Filippo Tagliolini(Fogliano di Cascia 1745 - Napoli 1809)Trionfo di Bacco e Sileno1804 ca.

È un centrotavola compo-sto da due pezzi: il gruppo superiore con Bacco e Sile-no, ripreso da una scultura antica conservata nel Set-tecento a villa Borghese, e quello inferiore con un fauno danzante, un sa-cerdote dionisiaco e una baccante con un leopardo (animale sacro a Apollo). Tema molto apprezzato, del biscuit sono realizzate varie repliche, di cui cin-que si conservano tra Ca-podimonte e il Museo di San Martino. [sala 35]

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144 La GaLLerIa DeLLe porCeLLane

Manifattura Imperiale di Vienna(1717-1864)Piatti1793-1801

Fanno parte di un déjeuner dono di Maria Carolina al marito Ferdi-nando, inviato da Vienna durante un soggiorno della regina (1800-1801), composto da pezzi realiz-zati in anni diversi. Le vedute che decorano le stoviglie, di Napoli e di Vienna, sono tratte da incisioni e dipinti di artisti del tempo ‘spe-cializzati’ in vedute. [sala 36]

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L’appartamento reaLe 145

Angelica Kauffman(Coira 1741 - Roma 1807)La famiglia di Ferdinando IV di Napoli1782-83

Eseguito durante un sog-giorno della pittrice tede-sca, ospitata a Napoli tra il 1782 e il 1783, ritrae Ferdi-nando IV e la regina Maria Carolina con i loro figli. La famiglia reale, in abiti civi-li e non di corte e in pose poco formali, è immersa in un paesaggio rigoglioso, a voler sottolineare un rap-porto simbolico di fecondi-

tà e armonia dei reali con la Campania felix di me-moria classica e il richiamo al passato è sottolineato dal grande vaso decorato ‘all’antica’, posto su un ba-samento. La composizio-ne e la disposizione delle figure ricorda opere dello stesso soggetto di artisti inglesi. [sala 37]

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146 La CoLLeZIone De CICCIo

Nel 1958, le collezioni del Museo di Capodimonte si ampliano con l’arrivo di circa milletrecento oggetti preziosi, dipinti, bronzetti, ceramiche, porcellane, donati dal collezionista Mario De Ciccio, appassionato di arte applicata. La raccolta, for-mata in circa cinquanta anni di ricerche e acquisti, comprende opere acquisite tra Palermo, città natale, e Napoli, dal 1906 patria d’adozione di De Ciccio, e sui mercati d’arte internazionali più qualificati.

La collezione De Ciccio

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La CoLLeZIone De CICCIo 147

Bottega di Orazio Fontana(Urbino 1560 ca.-1570)Rinfrescatoio1560-1570

Attiva a Urbino tra il 1560 e il 1570, la bottega dei Fon-tana realizza, al servizio dei della Rovere, signori del-la città, servizi da pompa, composti da grandi piatti da portata, bacili, brocche e rinfrescatoi con tipologia simile: tre anse su bacino a sezione circolare, con un decoro esuberante dipinto a grottesche e una scena, spesso tratta da disegni o dipinti del tempo, nella coppa. [sale 38-41]

Manifattura di Meissen(dal 1710- a oggi)Boccale1725-30 ca.

Sede della prima manifat-tura di porcellana a pasta dura – voluta da Augusto di Sassonia, padre di Maria Amalia, poi moglie di Carlo e regina di Napoli – la pro-duzione iniziale di Meissen si ispira ai pezzi orientali, in particolare giapponesi, collezionati dal sovrano, appassionato di oggetti in stile ‘cinese’. Il decoro con fregi e scene di vita cinese influenza tutte le manifat-ture di porcellana europee, fino alla metà del Settecen-to. [sale 38-41]

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148 La CoLLeZIone De CICCIo

Real fabbrica della porcellana di Capodimonte(1743-59)Venditrice di busti e vasellame1750-52

Fa parte della numerosa serie di statuine dedicata ai venditori am-bulanti che animavano le vie della città di Napoli con il loro aspetto

pittoresco e con le loro grida di richiamo. La serie, ideata dal ca-po modellatore della fabbrica di Capodimonte Giuseppe Gricci (Fi-renze ? - Madrid 1770), è chiama-ta dei “gridi” o “voci di Napoli” e contribuisce alla affermazione di Capodimonte come una delle più importanti fabbriche di porcella-na del Settecento. [sale 38-41]

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L’appartamento reaLe 149

Antonio Niccolini(San Miniato 1772 - Napoli 1850)Salone delle feste 1828 ca.

La decorazione della sala (1835-38), di Salvatore Giusti, allievo di Phi-lipp Hackert, su progetto di Anto-nio Niccolini, architetto e sceno-grafo di corte, è ispirata alle pitture antiche ‘riscoperte’ a Ercolano e a Pompei grazie agli scavi archeolo-gici promossi dai Borbone dal 1738.L’ambiente più sontuoso del pa-lazzo è l’espressione dell’appara-to decorativo ricco e spettacolare voluto da Ferdinando II per le sale di rappresentanza. Il pavimento a

motivi geometrici e in marmi sici-liani con intarsi di marmi bianchi, è disegnato dallo stesso Niccolini. Dell’arredo originario della sala fanno parte gli specchi, i lampa-dari in cristallo, i divani di gusto neoclassico con il motivo delle lance dorate incrociate, probabil-mente ancora ideati dall’architet-to. I tavoli a parete, realizzati nel 1838 dall’artigiano intagliatore Vincenzo Biangardi e dal doratore Giuseppe de Paola, provengono dall’antica “Galleria dei ritratti” della reggia. [sala 42]

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150 L’appartamento reaLe

Pierre-Jacques Volaire(Tolone 1729 - Napoli 1799)Veduta della Solfatara1774

L’artista, specializzato nelle ve-dute notturne del Vesuvio in eru-zione, si cimenta con la Solfatara, vicino Pozzuoli, uno dei quaranta vulcani che formano i Campi Fle-grei, illuminata dalla luce del pri-mo mattino, la più adatta a ren-dere la conformazione particolare del suolo vulcanico, con le fuma-role, i getti di fango bollente e le emissioni di gas sulfureo. La strut-tura sulla destra è la manifattura di allume voluta dal barone Bren-tano, imprenditore aristocratico. Il dipinto, firmato e datato, è ac-quistato dallo Stato per Capodi-monte nel 2005. [sala 43]

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L’appartamento reaLe 151

Real fabbrica della porcellana di Napoli(1771-1806)Manifattura Poulard Prad(1806-15)Carro dell’Aurora1798-1810

Il gruppo imponente, centrotavo-la scenografico, è opera degli ul-timi anni della produzione della Real fabbrica di Napoli, durante la direzione di Nicolas, e la successi-va gestione Poulard Prad. L’insie-me coniuga eleganza e leggiadria tutta settecentesca nelle ghirlan-de di fiori, nelle dodici fanciulle

danzanti (le Ore) e nei due puttini (l’Amore felice e l’Amore infelice) che precedono, guidate dall’Au-rora, il carro del Sole. Per alcune figure sono utilizzati gli stampi settecenteschi opera di Filippo Tagliolini, per altre modelli nuovi, di chiaro gusto impero. Tra le figu-re di stampo ‘moderno’, Carolina Murat, seduta sul cocchio a sosti-tuzione di Apollo, rivela una iera-ticità nitida derivata da Canova, lo scultore neoclassico per eccellen-za. [sala 43]

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152 L’appartamento reaLe

Manifattura napoletanaGruppo presepiale ‘dell’elefante’metà XVIII secolo

Negli inventari ottocenteschi della collezione Catello, da cui proviene, è indicato come gruppo dell’In-cantatore di serpenti. È composto da diciotto figure, quattro cani e accessori in argento e terracotta, secondo il gusto all’orientale rea-lizzate dai maggiori interpreti del-la scultura presepiale napoletana: Giuseppe Sanmartino (Georgiano con mantello riccamente ricama-to), Giuseppe Gori (Giovane donna orientale; Orientale mulatto con cappotto giallo oro), Lorenzo Mo-sca (Orientale con baffi e zucchet-to rosso), Giovan Battista Polidoro (Paggetto orientale con cappotto verde), Nicola Ingaldo (Moro con

cappotto azzurro e baule d’argento in filigrana) e Salvatore Di Franco (la Samaritana con gonna azzurra e cestino d’argento e l’Incantato-re di serpenti). L’Elefante è inseri-to in un secondo momento, per completare la scena con l’animale diventato famoso da quando, nel 1742, da Costantinopoli giunge, dono del sultano, un esemplare che dal parco di Portici veniva por-tato a passeggio per le vie della città. Il gruppo è dono di Marisa Catello (2005). [sala 44]

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L’armerIa FarneSIana e BorBonICa 153

Armature da torneo e da parata, finimenti in metallo prezioso, spade, armi, pi-stole e fucili: manufatti pregiati, circa quattromila pezzi, che documentano la ricchezza e la qualità raffinata della collezione di armi dei Farnese e dei Borbone esposta nelle sale dedicate all’Armeria farnesiana e borbonica [sale 46-50].

L’Armeria farnesiana e borbonica

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154 L’armerIa FarneSIana e BorBonICa

Pompeo della Cesa(Milano, documentato 1585-94)Armatura di Alessandro Farnese detta “del Giglio”1560 ca.

L’armaiolo milanese, attivo a Milano, ma considerato dai Farnese proprio arma-iolo di corte, produce per la famiglia dei duchi di Par-ma numerose armature da guerra e da giostra, ornate da ricche decorazioni inci-se all’acquaforte. L’arma-tura di Alessandro Farnese prende nome dal grande giglio che la decora insie-me all’emblema del Toson d’Oro, onorificenza ricevu-ta nel 1585. [sala 46]

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L’armerIa FarneSIana e BorBonICa 155

Manifattura milanesePietro Paolo Malfitano(attivo a Milano tra il 1550 e il 1567)Borgognotta e rotella1566 ca.

Ritenute parte della col-lezione farnesiana fino a studi recenti (2011), sono dono, nel 1800, del principe della Cattolica, Giuseppe Bonanno Branciforte, a Fer-dinando di Borbone, il “gio-co d’armi” (espressione che indicava genericamente un binomio copricapo e scu-do) è realizzato a Milano nel 1566 – nell’ambito di Pietro Paolo Malfitano, fra i più attivi lavoranti d’ar-mi a Milano tra il 1550 il 1567 – commissionato dalla Congregazione dei Cavalie-ri d’Armi di Palermo (prota-gonista della vittoria di Le-panto sui Turchi, 1571). I due pezzi, in acciaio sbalzato, cesellato e dorato, con toc-chi d’argento, hanno una decorazione ricchissima, con temi ripresi dalla storia romana: sul copricapo (la borgognotta) Marco Cur-zio e la Giustizia di Traiano, sullo scudo (la rotella) Ora-zio Coclite difende il ponte sul Tevere. [sala 46]

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Real fabbrica della porcellana di Capodimonte(1743-1759)Salottino di porcellana 1757-59

Proviene dal Palazzo reale di Porti-ci, ideato per le stanze della regina Maria Amalia, è trasferito a Capo-dimonte nel 1866, durante l’ammi-nistrazione di Annibale Sacco. È composto da lastre di porcellana

fissate con viti a un supporto in le-gno e decorate con festoni, trofei musicali, cartigli e scene animate da figurine ‘alla cinese’, mentre il soffitto è in stucco dipinto a imita-zione della porcellana. Il salottino è l’esempio più significativo del gu-sto per le cineserie, diffuso nel Set-tecento in tutta Europa. [sala 52]

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François Gérard(Roma 1770 - Parigi 1837)Gioacchino Murat1808 ca.

È una delle repliche del dipin-to di Gérard per la Galleria di Diana alle Tulieries, a Parigi. Il re di Napoli (1806-1815) è ritratto con l’uniforme di

grande ammiraglio di Fran-cia, abito di fattura raffinata e sontuosa, per sottolineare il rango e la carriera militare travolgente del cognato di Napoleone. [sala 54]

Manifattura di Sèvres(1740 a oggi)Vaso con Napoleone imperatore1810 ca.

La forma del vaso (detta a feseau) in porcellana, dipin-ta e dorata e con giunture e anse ricoperte di bronzo dorato, è ideata dall’archi-tetto Brongniart per cele-brare l’imperatore francese. La miniatura su fondo blu, firmata da “J. Georget”, è il ritratto ufficiale di Napole-one Bonaparte, ripreso dal

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Antonio Canova(Possagno 1757 - Venezia 1822)Letizia Ramolino Bonaparte1806 ca.

Il gesso ritrae la madre di Napoleone Bonaparte nelle vesti di matrona romana e deriva da un ritratto in mar-mo (Chatsworth, Devonshi-re Collection). Canova stes-so propone l’acquisto della

scultura, che giunge a Na-poli nel 1808 insieme con il Napoleone come Marte pa-cificatore, oggi nella gipso-teca dell’Accademia di Bel-le Arti di Napoli. Il gesso è trattato con una patinatura a cera che leviga le superfici con un effetto luministico straordinario. [sala 55]

dipinto di François Gérard (oggi conservato a Versail-les e di cui una replica è esposta a Capodimonte). È inviato in dono da Napoleo-ne alla sorella Carolina, mo-glie di Gioacchino Murat e regina di Napoli (1806-1815). Il vaso ha un compagno (esposto nella stessa sala), con la miniatura dell’impe-ratrice Maria Luisa su fondo verde chiaro e con simili de-corazioni in oro. [sala 54]

L’appartamento reaLe 159

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Conclusione degli ultimi lavori nella Reggia nel terzo cortile, voluti dai Savoia, è la sistemazione della Gran Galleria in angolo verso il bosco. Ambiente straordinario dell’appartamento storico, conserva ornamenti e arredi sontuosi di gusto neoclassico.I fregi a tempera della volta, come le grandi consolles di manifattura napoletana e la decorazione del camino monumentale in marmo, rispondono al fasto sontuoso richiesto da Ferdinando II per le sale di rappresentanza del palazzo.Dopo l’Unità, Annibale Sacco, responsabile dal 1860 delle collezioni reali, risi-stema la Gran Galleria di arte moderna con i dipinti di Hayez (Ulisse alla corte di Alcinoo), di Vincenzo Camuccini (Morte di Cesare e Uccisione di Virginia), di Paolo Falciano (Enea discioltosi dalla nube appare a Didone), di Pietro Benvenuti (Giuditta mostra al popolo la testa di Oloferne) e con sculture di gusto neoclassi-co. Al centro della sala, il tavolo commissionato da Carolina Murat che riutilizza mosaico e piedi antichi, dagli scavi di Ercolano. [sala 56]

Il salone Camuccini, la “Gran Galleria”

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IL SaLone CamUCCInI, La “Gran GaLLerIa” 161

Vincenzo Camuccini (Roma 1771-1844)Morte di Cesare1804 ca.

La Morte di Cesare e l’Ucci-sione di Virginia sono com-missionati da un aristocra-tico inglese tra il 1793 e il 1799 ma, terminati dopo la morte del committente e rifiutati dagli eredi, sono acquistati da Gioacchino Murat nel 1807 e l’anno successivo trasferiti al Pa-lazzo reale di Napoli e, dopo l’Unità, nel 1864 a Capodi-monte, nella Gran Galleria.Il tema della tela riflette l’adesione di Camuccini alla concezione eroica e

tragica della vita umana, con il recupero di esempi virtuosi dalla storia antica romana, in parallelo con l’arte rivoluzionaria di Jac-ques-Louis David. [sala 56]

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Manifattura Breguet di Parigi(dal 1775 ad oggi)Orologio con il ritratto di Francesco IOrologio con il ritratto di Maria Isabella1825-30

Realizzati durante il bre-ve regno di Francesco I di Borbone (1825-1830), testi-moniano la consuetudine della corte napoletana di ordinare gli orologi a Pari-gi, da dipingere poi a Na-poli con i ritratti dei reali. Gli orologi prodotti dalla manifattura parigina, fon-data dall’orologiaio sviz-zero Abraham-Louis Bre-guet nel 1775, erano molto apprezzati dalla corte na-poletana, come ricordano fonti documentarie.Le due miniature sono at-tribuite a Raffaele Giovine (Napoli, notizie dal 1819 al 1859), specializzato in par-ticolare nella decorazione di oggetti in porcellana, e ritraggono i sovrani in am-bienti arredati secondo il gusto del tempo, raffigu-rati con abilità minuziosa. [sala 58]

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Louis Lemasle(Parigi 1788-1870)Matrimonio della principessa Maria Carolina di Borbone col duca di Berry1822-23

Il matrimonio di Maria Carolina di Borbone con il duca di Berry è cele-brato a Napoli nella Cappella pala-tina di Palazzo reale il 16 aprile 1816 alla presenza di tutti i dignitari di corte e di artisti famosi (tra que-sti il violinista Niccolò Paganini, il musicista Giovanni Paisiello e il pittore Tito Angelini e lo stesso Le-

masle). Il dipinto a ricordo dell’av-venimento, datato 1822-23 sulla prima colonna a sinistra, è affidato al pittore francese, specializzato in reportage minuziosi di eventi mondani e cerimonie pubbliche della corte, murattiana prima e poi ferdinandea. [sala 59]

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L’appartamento reaLe 165

Cosimo Fanzago(Clusone 1591 - Napoli 1678)Francesco Balsinelli(prima metà XVII secolo)Ciborio1624

Esempio di architettura in miniatura, è disegna-to da Cosimo Fanzago nel 1619 e realizzato (1624) con l’ausilio dei suoi collabora-tori per la chiesa di Santa Patrizia a Napoli. Trionfo di marmi pregiati e pietre preziose, è un capolavoro unico dell’arte dell’intar-sio e del commesso mar-moreo napoletano del Sei-cento. [sala 60]

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62 sala degli arazzi d’avalos

arte contemporanea

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La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI 167

La Galleria delle arti a Napoli dal Duecento al Settecento

Le quarantaquattro sale del secondo piano della Reggia ospitano una sorta di compendio della civiltà figurativa, dalla metà del Duecento alla fine del Sette-cento; le opere di artisti napoletani e di altra provenienza e formazione, capaci di indirizzare le scelte della ‘scuola’ locale, e che ripercorrono le vicende delle arti nella capitale del Regno meridionale.Opere di maestri celeberrimi o ‘minori’, tavole, tele, arazzi e sculture – appar-tenenti, con stampe e disegni esposti a rotazione, alle collezioni storiche del Museo o provenienti dagli antichi monasteri soppressi, oppure donate da privati o acquistate in anni recenti – costituiscono la più vasta e straordinaria ‘mostra permanente’ sulla cultura artistica a Napoli, dal Gotico al Rinascimento, dal Na-turalismo al Barocco, al Neoclassicismo: dal San Ludovico di Tolosa di Simone Martini, al San Girolamo nello studio di Colantonio, al quattrocentesco Busto di Ferrante d’Aragona, dall’Andata al Calvario di Polidoro da Caravaggio al Cristo risorto di Giorgio Vasari o alle sculture di Giovanni da Nola; dalla Madonna del Rosario di Teodoro d’Errico all’Annunciazione di Francesco Curia.La Flagellazione di Michelangelo Merisi da Caravaggio, realizzata per la chiesa di San Domenico Maggiore, inaugura la grande stagione pittorica del Seicento napoletano: Battistello Caracciolo, Carlo Sellitto, Jusepe de Ribera, Massimo Stan-zione, Aniello Falcone, Bernardo Cavallino, Andrea Vaccaro, Mattia Preti, fino a Luca Giordano, che introduce con opere cruciali (San Francesco Saverio battezza gli indiani, l’Elemosina di san Tommaso da Villanova, la Madonna del Baldacchino) al

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Settecento di Francesco Solimena, Francesco De Mura, Gaspare Traversi.Le collezioni, negli ultimi anni, sono state incrementate da acquisti importanti, come l’Annunciazione di Roviale Spagnolo (2008), la Madonna con Bambino tra i santi Matteo e Giovanni evangelista di Andrea da Salerno (2010), il Ritratto virile di Girolamo Santacroce (2004), l’Ultima cena di Teodoro d’Errico (2002), la Strage degli innocenti di Micco Spadaro (2002), i Giochi di putti dinanzi alla statua di Bacco bambino di Bernardo Cavallino (2004), il Giudizio di Salomone attribuito a Bernardo Cavallino (donazione 2008), il Perseo taglia la testa di Medusa di Luca Giordano (2003), il Ritratto di Carlo III di Asburgo di Francesco Solimena (2005), la Sant’Agata visitata in carcere da san Pietro di Antonio de Bellis (2002), Cacciatori e villanelle di Giuseppe Bonito (2008), il Mendicante (2003) e il San Gerolamo pe-nitente ode la tromba del Giudizio (2008) di Gaspare Traversi, l’Ercole e Onfale e l’Ercole riconsegna Alcesti a Admeto di Fedele Fischetti (2003).

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La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI 169

Manifattura di Nottinghamprima metà XV secoloPolittico con storie della Passione

Realizzato in alabastro, pietra dut-tile e di facile lavorazione, provie-ne dalla chiesa napoletana di San Giovanni a Carbonara, chiesa pre-diletta degli ultimi sovrani angioi-ni e da Ladislao d’Angiò Durazzo (in chiesa è la macchina grandiosa del suo monumento funebre). La lavorazione particolare di gran-di dossali d’altare con storie della Passione o della vita della Vergine o dei santi, inserite in cornici lignee complesse dipinte e dorate, è dif-fusa in Inghilterra a partire dalla metà del Trecento e Nottingham ne è il principale centro di produ-zione. [sala 61]

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Manifattura fiamminga(XVI secolo)La battaglia di Pavia1528-31 ca.

La sala 62 è dedicata a sette arazzi che ‘raccontano’ gli episodi salien-ti della battaglia di Pavia (1525) tra l’esercito imperiale di Carlo V, al comando di don Ferrante d’Avalos, marchese di Pescara, e quello del re di Francia Francesco I, conclusa dal-la sconfitta e cattura del re francese.Tessuti dalle rinomate manifattu-re di Bruxelles tra il 1528 circa e il 1531, sono tratti da cartoni di Ber-nart van Orley e tessuti dall’araz-

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ziere fiammingo William Dermo-yen (che sigla il secondo e il sesto arazzo). Donati dall’imperatore agli Stati Generali di Bruxelles, nel 1571 passano nella collezione di Francesco Ferdinando d’Avalos. Documento sontuoso, spettaco-lare, della maestria delle botteghe del nord Europa, gli arazzi sono donati allo Stato, con l’intera rac-colta d’Avalos, nel 1862 da Alfonso d’Avalos. [sala 62]

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Giovanni da Taranto(documentato nel 1304)San Domenico inizio XIV secolo

In deposito dalla chiesa di San Pietro Martire a Napoli, raffigura il santo che conse-gna la Regola dell’Ordine e dodici storie della sua vita nei quadretti laterali, opera di un pittore meridionale di cultura bizantina, comun-que sensibile alle ‘novità’ dell’arte di Giotto. Proprie-tà del Fondo Edifici di Cul-to. [sala 63]

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Ignoto pittore campanoSanta Maria de Fluminefine XIII secolo

Acquistata nel 1879, la ta-vola proviene dalla chiesa del Rosario, vicino Amalfi, ma in origine era nella chie-sa di Santa Maria de Flumi-ne, presso il fiume Chiarito. Testimonia l’ambiente ar-tistico delle zone costiere, intriso di influenze medi-terranee, arabe e, in parti-colare, bizantine. [sala 63]

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Roberto di Oderisio(Napoli, documentato nel 1382)Madonna dell’umiltà

Opera della maturità del pittore formatosi alla bottega di Giotto (a Napoli dal 1328 al 1333), riprende gli affreschi della chiesa dell’In-coronata e del sepolcro di Roberto d’Angiò in Santa Chiara a Napo-li (tra il 1340 e il 1350). Proviene dal sepolcro di Giacomo d’Aquino (morto nel 1343) nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napo-li, e forse ne decorava la lunetta di fondo. L’iconografia è quella tipica

della Madonna dell’umiltà diffu-sasi alla corte papale di Avignone sugli esempi di Simone Martini: la Vergine, seduta per terra, allatta il Bambino. Nella parte bassa della tavola, gli stemmi dei d’Aquino e dei Sanseverino attestano la com-mittenza aristocratica. Proprietà del Fondo Edifici di Culto. [sala 64]

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Maestro delle tempere francescane(Napoli, attivo a fine XIV secolo)Madonna dell’umiltà con san Domenicometà XIV secolo

Proviene, come la tavola di Ro-berto di Oderisio con lo stesso soggetto [sala 64] dalla chiesa na-

poletana di San Domenico Mag-giore, con la stessa iconografia derivata dai prototipi diffusi a Avi-gnone. L’autore, di chiara forma-zione giottesca, prende il nome da quattro dipinti a tempera su tela in cui compaiono santi francesca-ni. Proprietà del Fondo Edifici di Culto. [sala 65]

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Niccolò di Tommaso(Firenze, documentato nella seconda metà XIV secolo)Sant’Antonio Abate e santi1371

Proviene dalla chiesa na-poletana di Sant’Antonio a Foria, fondata da Gio-vanna I d’Angiò e la pre-senza del giglio angioino, insegna araldica della casa reale, indica la committen-za della regina. La tavola è firmata e datata. [sala 65]

Simone Martini(Siena 1284 ca. - Avignone 1344)San Ludovico da Tolosa1317

Firmato sulla predella, la tavola di dimensioni note-voli, proviene dalla chiesa di San Lorenzo Maggiore a Napoli, realizzata su com-missione di Roberto d’An-giò, re di Napoli grazie alla rinuncia del fratello mag-giore Ludovico, frate fran-cescano e vescovo di To-losa, canonizzato nel 1317.

Il dipinto celebra il santo regale e sottolinea la sua rinuncia alla corona ter-rena, che il santo poggia sul capo di Roberto, per la corona celeste che por-tano gli angeli. Nella pre-della storie della vita del santo, i suoi funerali e un miracolo compiuto dopo la morte. Esaltazione del santo francescano e, attra-verso di lui, della dinastia angioina, è un capolavoro del senese Simone Marti-ni. [sala 66]

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Colantonio del Fiore(attivo a Napoli nel 1440-70 ca.)

San Francesco consegna la Regola ai Francescani e alle ClarisseSan Girolamo nello studio1444-46 ca.

Erano parte del polittico dipinto per la chiesa di San Lorenzo Maggiore a Napo-li, forse su commissione di Alfonso d’Aragona (re di Napoli dal 1442 al 1458) e

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in origine le tavole erano affiancate da pilastrini con beati francescani, dispersi già nel Settecento. Nel-le due opere si colgono le componenti della cultura di Colantonio: fiammingo-borgognona – lo studio di san Girolamo descritto con minuzia analitica – e iberi-ca – il fondo d’oro punzo-

nato e il pavimento in scor-cio, composto dalle tipiche mattonelle valenzane (ra-joletas) con lo stemma del re. [sala 67]

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Ignoto napoletano-fiammingoSan Michele arcangelo con i santi Girolamo e Giacomo della Marca e due donatorifine XV secolo

Dipinta da un artista fiammingo (o napoletano di cultura fiamminga), la tavola era nella chiesa napole-tana di Santa Maria la Nova, nella cappella Turbolo, famiglia dei do-natori ritratti accanto ai due santi. L’opera è trasferita al Real Museo Borbonico nel 1811-12. [sala 67]

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Maestro di San Severino(attivo nella seconda metà del XV secolo)Madonna con Bambino e santiSan Severino in trono e santi1472 ca.

Dalla chiesa napoletana dei Santi Severino e Sossio. Nel polittico san Severi-no appare due volte: nella tavola in basso a destra in veste di abate e, in quella centrale, in trono in abiti vescovili. In epoca baroc-ca fu eliminata la cornice, testimonianza fastosa del

gotico fiammeggiante, di cui ancora si intravedono le tracce sulla parte alta del-le tavole. Proprietà Fondo Edifici di Culto. [sala 67]

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182 La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI

Francesco Pagano(attivo nella seconda metà del XV secolo)Polittico di san Michele1492 ca.

È dedicato ai santi protet-tori dei sarti, san Michele arcangelo – raffigurato nel-la tela centrale vittorioso sul demonio e ai lati nelle sue apparizioni sul Garga-no e su Castel Sant’Angelo a Roma – e sant’Omobono, dalla Confraternita dei Sar-ti dell’oratorio di Sant’O-mobono a Napoli. [sala 68]

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La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI 183

Ignoto napoletano(attivo a Napoli nella seconda metà del XV secolo)Madonna con Bambino in trono San Giovanni Battista Santa Caterina di Alessandriafine XV secolo

Recuperato dopo un restau-ro attento, il trittico provie-ne dal ‘ritiro’ di Santa Maria della Purificazione (o Santa Maria della Presentazione al Tempio), detto ‘la Scor-ziata’ dal patronimico di famiglia di una delle fon-datrici. Le tavole, cronolo-gicamente precedenti la costruzione del ritiro (1580), in origine forse erano nella cappella del palazzo, famo-so per la ricchezza degli ar-redi, di Giulio De Scortiatis, vicino alla corte aragonese e in familiarità con lo stesso sovrano Alfonso II d’Arago-na. Nella composizione pro-spettica della Madonna in trono e nella resa raffinata e preziosa delle vesti delle figure femminili, l’ignoto

pittore mostra conoscenza approfondita della cultura di Masaccio, filtrata attra-verso una formazione um-bro-marchigiana. Il restau-ro ha riportato le tavole alle dimensioni primitive (tra fi-ne Cinquecento e inizio Sei-cento il trittico era stato ampliato in alto con una fascia con angioletti) e re-cuperato alla vista la spada di santa Caterina. [sala 68]

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La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI 185

Pinturicchio(Bernardino di Betto)(Perugia 1454 - Siena 1513)Assunzione della Vergineinizi XV secolo

Riprende la composizione e l’iconografia della tavola dipinta da Perugino per il duomo di Napoli su com-missione del cardinale Oli-viero Carafa. È richiesta, su modello della tavola della cattedrale, dal banchiere e mercante Paolo Tolosa per l’altare della cappel-la di famiglia nella chiesa

napoletana di Monteoli-veto. Il restauro recente ha permesso di restituire il dipinto, prima considerato di bottega, alla mano del maestro. [sala 69]

Guido Mazzoni(Modena 1450 ca.-1518)Busto di Ferrante II d’Aragona o di Alfonso d’Aragona, duca di Calabria1492-93 ca.

Il ritratto in bronzo, di cru-do realismo nei tratti del

volto e di esecuzione raf-finata nei particolari della veste di broccato e degli ornamenti, è assegnato all’artista modenese (atti-vo a Napoli tra il 1489 e il 1494) celebre per gruppi di sculture in terracotta dipinta dedicate a deposi-zioni e compianti. [sala 69]

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186 La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI

Matteo di Giovanni(Borgo San Sepolcro 1430 ca. - Siena 1495 ca.)Strage degli innocenti1472 ca.

La tavola, caratterizzata da dina-mismo estremo e drammatico, è probabilmente commissionata a Siena da Alfonso d’Aragona, du-ca di Calabria, per commemorare la strage perpetrata dai Turchi a Otranto nel 1480. Le reliquie dei martiri sono traslate a Napoli, per

volere del duca, e custodite con il dipinto nella chiesa di Santa Ca-terina a Formiello. Opera matura dell’artista, la data di esecuzione è ancora incerta, causa le diverse in-terpretazioni della data – segnata con la firma in basso al centro – letta 1468, 1488 o 1478. [sala 69]

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La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI 187

Giovan Filippo Criscuolo(Gaeta 1500 - Napoli 1584 ca.)Polittico con adorazione del Bambino e santi1545 ca.

Proviene dalla chiesa dell’An-nunciata di Aversa, l’autore è allievo e collaboratore di An-drea da Salerno, e alla mor-te del maestro ne porta a termine l’opera a Gaeta. Un cartiglio posto in basso sulla tavola centrale riporta la fir-ma e la data (forse rimaneg-giata). [sala 70]

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188 La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI

Andrea da Salerno(Andrea Sabatini)(Salerno 1489 ca. - Gaeta 1530)Madonna con Bambino tra i santi Matteo e Giovanni Evangelista1515 ca.

Importante testimonianza della ‘maniera moderna’ a Napoli, basata sull’inse-gnamento di Raffaello e con una interpretazione dei modelli di Leonardo mediati attraverso l’opera di Cesare da Sesto. La tavo-la è acquistata dallo Stato per Capodimonte nel 2010. [sala 70]

Andrea da Salerno(Andrea Sabatini)(Salerno 1489 ca. - Gaeta 1530)San Benedetto in cattedra1529-30

Opera del pittore meridio-nale più vicino alla manie-

ra di Raffaello, Andrea da Salerno ottiene numerose e importanti commissioni e crea una bottega di suc-cesso. [sala 70]

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La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI 189

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190 La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI

Cesare da Sesto(Sesto Calende? 1477 ca. - Milano 1523)Adorazione dei magi1516-19

Attivo tra Messina e Napo-li a partire dal 1513 fino alla fine del decennio, l’artista lombardo dipinge la tavo-la per la Congrega di San Niccolò dei Gentiluomini a Messina. Il dipinto, tra i

suoi più celebri, mostra un aggiornamento profondo sulla cultura leonardesca e romana, delle Stanze va-ticane di Raffaello e della volta Sistina di Michelan-gelo. [sala 70]

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La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI 191

Pseudo Bramantino(Pedro Fernández)(attivo in Spagna e Italia nella prima metà del XVI secolo)Polittico della visitazione1509-10 ca.

È dipinto per l’altare mag-giore della chiesa napole-tana di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli e in origine comprendeva an-che un registro centrale, perso, con la Madonna del-le Grazie e due santi.

Le fisionomie leonardesche e il rigore prospettico ap-preso da Bramante rivela-no la formazione dell’arti-sta, spagnolo di nascita ma di cultura italiana, a stretto contatto con la espressioni artistiche ‘moderne’ lom-barde. [sala 70]

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Polidoro da Caravaggio(Polidoro Caldara)(Caravaggio 1499/1500 - Messina 1543?)Andata al Calvario1534

La tavola è dipinta per la chie-sa dell’Annunziata dei Catalani a Messina, commissionata nel 1530

dal console della Confraternita. La libertà cromatica estrema e la ca-ratterizzazione particolare della scena – una processione dinamica e drammatica, interpretazione vio-lentemente espressiva della cultu-ra di Raffaello, maestro del pittore – fanno considerare l’opera già dai contemporanei, il capolavoro di Po-lidoro da Caravaggio. [sala 72]

192 La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI

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Marco Cardisco(attivo a Napoli tra il 1510/15 e il 1542 ca.)Disputa di sant’Agostino1532-33

Parte centrale di un retablo eseguito per l’altare mag-giore della chiesa di Sant’A-gostino alla Zecca a Napoli, poi rimosso e smembrato nel Settecento. La tavola è dipinta da Cardisco par-tendo da un disegno di Polidoro da Caravaggio, al quale in un primo momen-to era stata commissionata (1527). [sala 73]

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Giorgio Vasari(Arezzo 1511 - Firenze 1574)Presentazione al Tempio1544-45

Per la chiesa di Monteoliveto a Napoli, sostituiva la tavola dello stesso soggetto, di Le-onardo da Pistoia, colpevole di aver dato volti contem-poranei ai personaggi raffi-gurati, contravvenendo alle regole appena imposte nel campo della raffigurazione sacra dal concilio di Trento. La tavola, di forte connota-zione classicista ispirata alle stanze vaticane di Raffaello, è molto apprezzata e copia-ta più volte dai pittori locali. [sala 74]

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Marco Pino(Siena, documentato 1537 - Napoli? post 1579)Adorazione dei magi1567 ca.

Insieme al dipinto con l’Adorazio-ne dei pastori è parte della predel-la della cona per l’altare maggiore della chiesa del Gesù Vecchio a Napoli, commissionata al pittore dai Gesuiti. Mostra le caratteristi-che proprie dell’artista: le figure

dalla linea ‘serpentinata’ derivate da Michelangelo e la composizio-ne vivace sullo sfondo di un’archi-tettura classica. La tavola centrale della pala, con la Circoncisione, è in prestito temporaneo alla chie-sa di San Francesco di Paola dove è esposta. [sala 75]

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Giorgio Vasari(Arezzo 1511 - Firenze 1574)Dipinti per la sacrestia di San Giovanni a CarbonaraDecollazione del BattistaSan MatteoSacrificio di IsaccoCaino e Abele1545 ca.

Fanno parte della serie di almeno ventidue tavole, di cui sedici a Capodimon-te, due in Francia (Abramo e Melchidesec, Avignone, Museo Calvet; Ultima cena, Troyes, Musée des Beaux-Artes et Archeologie, date ai francesi in sostituzione

di quadri presi a Roma da Domenico Venuti nel depo-sito della chiesa di San Luigi dei Francesi) e quattro per-se, commissionate a Vasari nel settembre del 1545 per la sacrestia della chiesa na-poletana di San Giovanni a Carbonara. A Vasari è ri-chiesto anche il disegno di tutto l’arredo ligneo in cui inserire le tavole, soluzio-ne decorativa che rimanda a esempi ‘profani’ quali gli studioli, in cui cicli di dipin-ti dall’iconografia specifica sono collocati nei rivesti-menti in legno delle pare-ti. Le tavole sono trasferite nella Galleria borbonica di palazzo Francavilla nel 1802. [sala 75]

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Tiziano Vecellio(Pieve di Cadore 1489/90 - Venezia 1576)Annunciazione1557 ca.

La tela è commissionata da Cosimo Pinelli per la cap-pella della Vergine Annun-ciata della chiesa di San Domenico Maggiore a Na-poli, di cui aveva acquista-to il patronato. Tra i dipinti più ammirati dell’ultima fase del percorso artistico di Tiziano, caratterizzata dal processo di disfacimen-to lento della materia sotto l’azione della luce e dalla scomposizione progressiva del tessuto cromatico. La tela è firmata sull’inginoc-chiatoio. Proprietà del Fon-do Edifici di Culto. [sala 76]

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Francesco Curia(notizie 1588-1608)Annunciazione1596-97

Commissione del vescovo Giovan Francesco Dentice per la cappella di famiglia nella chiesa napoletana di Monteoliveto, la tela nel 1801, dopo la soppressione del monastero, passa nelle collezioni borboniche. Ca-polavoro del manierismo internazionale, testimonia la capacità del pittore di fondere in uno stile per-sonale la cultura artistica composita dell’Europa di fine Cinquecento. [sala 76]

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Teodoro d’Errico(Dirk Hendricksz Centen)(Amsterdam 1544 ca.-1618)Madonna del Rosario1578-79

La tavola è dipinta per il monastero di San Gaudio-so a Napoli e nei colori bril-lanti e luminosi, nella carica espressionistica e nell’atten-zione alla resa minuziosa dei dettagli rivela la formazio-ne fiamminga dell’artista, attivo a Napoli tra il 1573 e il 1608. [sala 76]

Scipione Pulzone(Gaeta 1550 ca. - Roma 1598)Annunciazione1587

Dipinta per la chiesa di San Domenico a Gaeta, la tela è testimonianza della cor-rente devozionale di stret-ta osservanza delle ‘regole’ fissate dal concilio di Trento sull’arte sacra. Il dipinto è firmato e datato sul carti-glio posto sulla base dell’in-ginocchiatoio. [sala 77]

Michelangelo Merisi da Caravaggio(Caravaggio 1571/72 - Porto Ercole 1610)Flagellazione1607/1609

In deposito dalla chiesa na-poletana di San Domenico Maggiore, proviene dalla

cappella de Franchis, dove è sostituita da una copia sei-centesca di Andrea Vacca-ro. La tela è commissionata all’artista, giunto a Napoli chiamato dai governatori del Pio Monte della Miseri-cordia, nel maggio 1607 ma è completata durante il secon-do tormentato soggiorno napoletano (1609-10) di Ca-ravaggio. Il linguaggio mo-derno dell’artista lombardo, assimilato e fatto proprio degli artisti napoletani più giovani, a partire dagli anni Venti del Seicento apre le porte alla stagione straordi-naria del naturalismo napo-letano. Proprietà del Fondo Edifici di Culto. [sala 78]

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Carlo Sellitto(Napoli 1581-1614)Santa Cecilia 1613

Proviene dalla chiesa di Santa Maria della Solitaria, nella cappella dei musici dedicata a Santa Cecilia. Formatosi in un ambiente di musicisti e compositori, Sellitto raffigura la santa protettrice dei musicisti colpita dalla luce che de-finisce lo spazio, risultato dell’influenza del linguag-gio caravaggesco. [sala 79]

Battistello (Giovan Battista Caracciolo)(Napoli 1578-1635)Cristo alla colonna1630 ca.

La forte componente cara-vaggesca è mitigata dalla ricerca di toni più morbidi e di un linguaggio forma-le personale, con una luce bronzea più avvolgente, ti-pica delle opere dell’artista. Il dipinto è stato acquistato per Capodimonte nel 1973. [sala 79]

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Artemisia Gentileschi(Roma 1593 - Londra 1652/53)Giuditta e Oloferne1612-13

Rispetto ai dipinti di questo soggetto del Cinquecento e del Seicento, che raffigura-no il momento della fuga delle donne dal campo ne-mico o Giuditta che mostra la testa di Oloferne, Artemi-sia, prendendo spunto dal dipinto di Caravaggio a pa-lazzo Barberini, ferma sulla tela il momento più dram-matico: l’eroina ebrea, ma-niche rimboccate e aiutata dall’ancella, decapita Olo-ferne. Nella Galleria degli Uffizi di Firenze è conserva-ta una versione successiva a quella napoletana dello stesso dipinto. [sala 87]

Simon Vouet(Parigi 1590-1649)Circoncisione1622

Firmata e datata dall’espo-nente di spicco dei cara-vaggeschi francesi a Roma, la pala è commissionata per la chiesa napoletana di Sant’Arcangelo a Se-gno e inviata da Roma. La

composizione è di grande effetto scenografico, le fi-gure sono inquadrate da partiti architettonici e da un tendaggio rosso son-tuoso, di ispirazione cara-vaggesca. [sala 88]

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206 La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI

Massimo Stanzione(Orta di Atella 1585 ca. - Napoli 1658 ca.)Sacrificio di Mosè1628-30

Opera della prima maturità, mani-festa nella composizione di respiro

ampio, ancora ricca di particola-ri naturalisti, l’influenza di Simon Vouet e della cerchia romana dei caravaggisti francesi e nordici. A fine Seicento il dipinto è nelle rac-colte del famoso mercante d’ar-te fiammingo Ferdinand Vande-neyden. [sala 89]

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Jusepe de Ribera(Játiva 1591 - Napoli 1652)San Girolamo e l’angelo del Giudizio1626

Dipinto per la chiesa napole-tana della Santissima Trinità delle Monache, per la quale Ribera aveva dipinto anche la Trinitas Terrestris [sala 90] e viene trasferito nelle rac-colte del Museo Borbonico nel 1813, a seguito della sop-pressione del monastero. Il santo, riconoscibile dai sim-boli che lo qualificano (il te-schio simbolo di penitenza, la pergamena che allude al-la traduzione della Bibbia, il manto rosso da cardinale e, sullo sfondo a sinistra, il leo-ne ammansito dalle cure del santo), è sorpreso dall’appa-rizione di un angelo caravag-gesco che suona la tromba del Giudizio. I particolari del teschio e dei libri sono ve-ri e propri brani di natura morta, ripresa dal vero, ma, rispetto al naturalismo te-nebroso delle opere giova-nili, i passaggi chiaroscurali si attenuano e i colori sono più brillanti, preludio alla maniera chiara e luminosa degli anni Trenta. Firmato e datato. [sala 90]

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208 La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI

Jusepe de Ribera(Játiva 1591 - Napoli 1652)Sileno ebbro1626

Apparteneva al mercante fiam-mingo Gaspare Roomer (1653), passato poi in eredità a Ferdinand Vandeneyden. Raffigura un bacca-nale – ripreso dal racconto nei Fasti di Ovidio – che, per la complessità dell’iconografia, ha suggerito in-

terpretazioni allegoriche diverse. Al centro della scena è raffigurato Sileno, figlio di Pan, ebbro per le ri-petute libagioni in onore di Bacco. Capolavoro della prima maturità di Ribera, ancora influenzato dall’e-sperienza caravaggesca. Firmato e datato sul cartiglio in basso a sini-stra, retto da un serpente. [sala 91]

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Maestro dell’Annuncio ai pastori(attivo nella prima metà del XVII secolo)Annuncio ai pastori1625 ca.

L’adesione al naturalismo caravag-gesco è evidente non solo nell’uso della luce, ma anche con la scelta delle figure rappresentate: veri contadini e pastori ‘ritratti’ dal ve-ro. È stato proposto di identificare l’artista con Bartolomeo Passante o con il pittore di origine spagnola Juan Do. La tela è donata al Museo nel 1884. [sala 91]

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210 La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI

Matthias Stomer(Amersfoort 1600 ca. - Sicilia post 1650)Adorazione dei pastori1637 ca.

Le scene a lume di candela sono un genere diffuso nella pittura olandese del Seicento e Stomer, che si specializza in questo tipo di composizione – studiato in parti-colare a Roma, dai caravaggeschi nordici – ottenendo effetti lumini-stici di grande suggestione. L’arti-

sta è a Napoli tra il 1633 e il 1637 e la tela appartiene alla produzione della fine del soggiorno napoleta-no, commissionata dai d’Avalos, collezione che è donata allo Stato nel 1862 e esposta a Capodimon-te. [sala 92]

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Andrea Vaccaro(Napoli 1604-1670)Trionfo di David1640-50

David, dopo aver sconfitto il gi-gante Golia, è festeggiato dalle donne di Israele. La tela mostra accordi cromatici raffinati, sui to-ni bruni e violacei, e un piacevole tono narrativo dell’episodio bibli-co che indicano l’influenza di Ber-nardo Cavallino e della tendenza

pittoricista che, da Roma, si dif-fonde a Napoli a partire dagli anni Quaranta. Entra nelle raccolte di Capodimonte nel 1955. [sala 93]

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Francesco Guarino(Sant’Agata Irpina 1611 - Gravina 1654)Sant’Agata1640 ca.

Tra le immagini più famo-se del Seicento napoleta-no risente dell’influenza di Stanzione e della nuova tendenza verso una mate-ria pittorica preziosa e ac-costamenti cromatici raf-finati. Il volto della santa, molto caratterizzato, è for-se il ritratto di una nobile napoletana. [sala 93]

Bernardo Cavallino(Napoli 1616-1656)Santa Cecilia in estasi1645

La tela, di grande eleganza formale e cromatismo raf-finato, proviene dalla chie-sa napoletana di Sant’An-tonio a Padova. Firmata e datata sul dorso del libro in basso a destra. [sala 94]

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Micco Spadaro(Domenico Gargiulo)(Napoli 1609-1675 ca.)Viviano Codazzi(Bergamo 1604 - Roma 1670)Villa con portico e baldacchino1641

È uno dei numerosi esempi di colla-borazione tra i due artisti: Viviano Codazzi è autore delle architetture, mentre Micco Spadaro dipinge le figurine, dalla caratteristica forma allungata che sembra derivare dal-le stampe di Callot, e il paesaggio, per un effetto compositivo quasi teatrale. [sala 95]

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Aniello Falcone(Napoli 1607-1656)Elemosina di santa Lucia1630 ca.

La santa si affaccia da un loggiato per offrire il suo sostegno ai po-veri. Il tema è raffigurato da Fal-cone come una scena di genere e testimonia la formazione natura-lista e l’interesse dell’artista per i bamboccianti romani. [sala 95]

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Giovan Battista Recco(Napoli 1634-ante 1660?)Natura morta con testa di caprone1650 ca.

Accurata descrizione ‘dal ve-ro’ di un interno di cucina. Gli oggetti illuminati da una luce naturale si disegnano in maniera netta sullo sfondo, descritti con maniera anali-tica e precisa. [sala 97]

Jusepe de Ribera(Játiva 1591 - Napoli 1652)Interno di cucina con testa di caprone1630 ca.

Su un piano poco profon-do emergono dall’ombra gli oggetti consueti di un interno di cucina e, posta a sgocciolare su un grande bacile di rame, la testa di caprone sanguinante. Il di-pinto, straordinariamente realistico, è stato di recen-te (Nicola Spinosa) restitu-ito alla mano di Ribera, che indaga gli oggetti attra-verso una luce ancora tut-ta caravaggesca. [sala 97]

216 La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI

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La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI 217

Paolo Porpora(Napoli 1617 - Napoli o Roma 1670/80)Fiori con coppa di cristallo1655 ca.

La definizione analitica dei particolari rivela il legame con la cultura naturalista inserita in un impianto compositivo fastoso, sot-tolineato dalla ricchezza cromatica e la sovrabbon-danza dei fiori. [sala 97]

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218 La CoLLeZIone D’aVaLoS

Nelle sale 98-101 è ricostruita parte della raccolta di Andrea d’Avalos principe di Montesarchio (donata allo Stato dagli eredi nel 1862), che nella seconda metà del Seicento seleziona e commissiona dipinti decorativi, come le nature morte, o dai temi sensuali, con soggetti tratti dalla storia, dalla mitologia o dalla letteratura.

La collezione d’Avalos

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La CoLLeZIone D’aVaLoS 219

Pacecco(Francesco De Rosa)(Napoli 1607-1656)Bagno di Diana

È tra le tele commissionate diret-tamente dai d’Avalos con soggetti tratti dalla storia, dalla mitologia o dalla letteratura e fa parte di una serie realizzata da Pacecco con temi ripresi dalla mitologia classica. Il bagno di Diana, sorpre-sa dal cacciatore Atteone che sarà punito con la morte, è lo spunto per un dipinto elegante e sen-suale, in cui i nudi femminili sono ispirati all’arte classica nella rilet-tura di Domenichino. [sala 100]

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220 La CoLLeZIone D’aVaLoS

Jusepe de Ribera(Játiva 1591 - Napoli 1652)Apollo e Marsia1637

Sulla tela è fissato il momento drammatico conclusivo della sfida musicale tra Marsia e Apollo: il dio scuoia il satiro per punirlo della sua superbia. Fa parte della colle-zione d’Avalos, è firmato e datato.[sala 100]

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La CoLLeZIone D’aVaLoS 221

Luca Giordano(Napoli 1634-1705)Apollo e Marsiafine 1650 ca.

La tela riprende, in controparte, il dipinto di Ribera, omaggio del na-poletano al grande maestro. Pro-viene dalla collezione del principe di Fondi, è acquistato dallo Stato nel 1879. [sala 100]

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222 La CoLLeZIone D’aVaLoS

Luca Giordano(Napoli 1634-1705)Perseo taglia la testa di Medusadopo 1660

Importante acquisizione di Capo-dimonte (acquisto 2003), la tela è stata datata a dopo il 1660, fa-se in cui Giordano è attento agli esempi di Rubens e di Tiziano. È

il momento cruciale del mito di Perseo e Medusa: l’eroe, guardan-do l’immagine riflessa nello scu-do magico donatogli da Minerva, può decapitare Medusa, la Gorgo-ne che pietrificava con lo sguardo chi osava fissarla direttamente. [sala 101]

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Mattia Preti(Taverna 1613 - La Valletta 1699)Ritorno del figliol prodigo1656

Dipinta insieme a altre quattro tele per Diomede Carafa, duca di Maddaloni, illustra la parabola ri-portata dal Vangelo di san Luca. Nel dipinto, molti gli elementi tipi-ci dell’artista: la scena monumen-tale, inquadrata da elementi archi-tettonici classici, e la ricerca di un effetto quasi teatrale. [sala 102]

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224 La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI

Mattia Preti(Taverna 1613 - La Valletta 1699)Bozzetto per gli affreschi per la peste del 16561656

Scampato alla violenta pe-ste che colpisce Napoli nel 1656 e che provoca la scom-parsa di un’intera genera-zione, Preti riceve l’incarico dagli ‘Eletti della città’ di affrescare le sette porte cit-tadine come ex voto, con un programma iconogra-fico preciso che prevede la presenza della Vergine con il Bambino con san Genna-ro e, alternati, gli altri santi protettori della città. Degli affreschi oggi sopravvive quello di porta San Genna-ro, in via Foria. [sala 102]

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La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI 225

Luca Giordano(Napoli 1634-1705)Madonna del Baldacchino1686 ca.

Destinata alla chiesa napo-letana di Santo Spirito di Pa-lazzo è un’opera luminosa e barocca, dalla composizione monumentale, che si con-fronta con la pittura sceno-grafica e teatrale di Pietro da Cortona. Entra nelle col-lezioni borboniche nel 1806, a seguito delle soppressioni monastiche. [sala 103]

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226 La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI

Francesco Solimena(Canale di Serino 1657 - Barra 1747)Enea e Didone1739-41 ca.

Il soggetto della tela mo-numentale e dai toni cro-matici sontuosi, dipinta per il palazzo Tarsia Spinelli a Napoli, è tratto dal primo libro dell’Eneide e raffigura l’incontro tra Didone, re-gina di Cartagine, e Enea, accompagnato dal figlio Ascanio nelle sembianze di Cupido, dio dell’amore.Nella composizione Solime-na riprende un suo dipinto dei primi decenni del Sette-cento (Didone accoglie Enea e Ascanio nelle sembianze di Cupido, Londra, National Gallery). [sala 104]

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La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI 227

Francesco Solimena(Canale di Serino 1657 - Barra 1747)Il principe di Tarsia1741 ca.

Ferdinando Vincenzo Spi-nelli, principe di Tarsia, è collezionista appassiona-to di opere d’arte e perso-naggio di spicco della cor-te. Solimena lo ritrae nelle vesti sontuose di cavaliere dell’Ordine di San Gennaro – onorificenza istituita da Carlo di Borbone nel 1738 – e

con il particolare esotico del paggetto moro. [sala 104]

Francesco Solimena(Canale di Serino 1657 - Barra 1747)Carlo III d’Asburgo1707 ca.

È il ritratto di Carlo d’Asbur-go, arciduca d’Austria e futu-ro imperatore (1711), realizza-to poco dopo l’entrata delle truppe imperiali a Napoli nel 1707, data che segna l’inizio del viceregno austriaco nel

Meridione (1707-1734). La committenza asburgica se-gna una svolta nella pittura di Solimena, che diviene più solenne e monumentale. La tela è acquistata per Capo-dimonte nel 2005. [sala 104]

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228 La GaLLerIa DeLLe artI a napoLI

Francesco De Mura(Napoli 1696-1782)Visione di san Benedetto 1738-46 ca.

Fa parte di una serie di tele preparatorie per la decora-zione della navata e della controfacciata della chiesa dei Santi Severino e Sossio a Napoli, realizzate tra il 1738 e il 1746 e che documenta-no l’evoluzione dello stile dell’artista, dall’influenza solimenesca alle soluzioni di gusto rocaille tra Arcadia e melodramma. [sala 104]

Gaspare Traversi(Napoli 1722 ca. - Roma 1770)Trattenimento musicale1745-50 ca.

Testimonianza dell’attività romana di Traversi, il dipin-to è una denuncia ironica dei costumi del nuovo ceto sociale borghese, del ten-tativo goffo di appropriarsi dello stile di vita dell’ari-stocrazia, in sintonia con il dibattito avviato in Inghil-terra da William Hogart in pittura e Jonathan Swift in letteratura. Acquistato dal-lo Stato per Capodimonte nel 1999. [sala 106]

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galleria dell’ottocento

arte contemporanea

terzo piano

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La GaLLerIa DeLL’ottoCento 231

Le opere dell’Ottocento appartengono al periodo tardo borbonico e postunita-rio, e segnalano il contributo degli artisti napoletani al rinnovarsi del linguaggio figurativo nazionale. Attraverso modalità espressive diverse, prevale, come in altri paesi europei, la tendenza ad approfondire le tematiche del realismo; l’esigenza di testimoniare la realtà nei singoli aspetti sociali, psicologici, storici e naturalistici, vede impegnati, ciascuno a misura del proprio temperamento, i protagonisti del tempo: Domenico Morelli esponente, in dipinti come I corpi dei martiri cristiani portati in cielo dagli angeli, Gli iconoclasti o I vespri siciliani, di una nuova sensibilità romantica sia nel linguaggio pittorico che nella scelta dei soggetti, ispirati agli ideali liberali; i fratelli Nicola e Filippo Palizzi, fautori di una pittura basata sullo studio dal vero della natura; Gioacchino Toma, orientato piuttosto ad un ‘realismo’ che guarda ai sentimenti; Francesco Paolo Michetti, concentrato, come Vincenzo Migliaro, a rappresentare gli aspetti caratteristici della vita popolare; Vincenzo Gemito partecipe, nei disegni come nelle sculture, al dramma della vita degli umili.

La Galleria dell’Ottocento

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232 La GaLLerIa DeLL’ottoCento

Domenico Morelli(Napoli 1823-1901) Gli iconoclasti1855

Considerato il ‘manifesto storico’ delle nuove ideo-logie liberali dopo i moti

rivoluzionari del 1848, il dipinto, firmato e datato, si ispira alla storia del bi-zantino Lazzaro, monaco pittore perseguitato per le accuse di idolatria mos-se al culto delle immagini sacre per ordine dell’impe-

ratore d’Oriente Leone III Isaurico. Nel volto del frate Morelli ritrae un giovane liberale angariato dalla po-lizia borbonica. Acquistato all’Esposizione Borbonica del 1855.

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Filippo Palizzi (Vasto 1818 - Napoli 1899)Uscita degli animali dall’arca1861

Esempio del ‘naturalismo’ di Palizzi che applica il suo metodo di studio dal vero degli animali, assunti a mo-delli dei dipinti. Il quadro conserva la cornice originale disegnata dal pittore che in-serisce la figura dell’eterno padre nella parte superiore, ampliando la composizione oltre il limite imposto dalla tela. Commissionato all’ar-tista da Vittorio Emanuele II nel 1861.

Francesco Saverio Altamura (Foggia 1822 - Napoli 1897)Il trionfo di Mario1864

Dipinto di storia, celebra la vittoria del generale ro-mano sui Cimbri, i ‘barba-ri’ invasori sconfitti nella pianura di Vercelli (i Campi Raudii) nel 101 a.C. Per offri-re una descrizione realistica

del paesaggio, l’artista visi-ta e ritrae dal vero i luoghi della battaglia. Il dipinto è commissionato da Vittorio Emanuele II nel 1864 per il palazzo di Capodimonte.

La GaLLerIa DeLL’ottoCento 233

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234 L’arte Contemporanea

La sezione dell’arte contemporanea documenta la ricerca e la sperimentazione internazionale: dai maestri italiani, Alfano (Camera), Burri (Grande Cretto Nero), Fabro (Nord, Sud, Est, Ovest giocano a Shanghai), Mattiacci (Segno Australe Croce del Sud), Merz (Onda d’urto), Paladino (Vasca), Spinosa (Tempo grigio, È nata una larva), Tatafiore (Composizione Astratta); ai protagonisti dell’avanguardia inter-nazionale: Kosuth (Modus Operandi), Kounellis (Senza titolo), LeWitt (White bands in a black room), Polke (Sfumato), Warhol, massimo esponente della Pop Art, che nel 1985 realizza le immagini serigrafate del Vesuvio in eruzione (Vesuvius).

L’arte contemporanea

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L’arte Contemporanea 235

Alberto Burri(Città di Castello 1915 - Nizza 1995)Grande Cretto Nero1978

Eseguita per Capodimonte, è do-nata dall’artista al Museo nel 1980.

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Andy Warhol(Pittsburgh 1928 - New York 1987)Vesuvius1985

Per la personale a Capodi-monte (1985) l’artista ren-de omaggio alla più famo-sa e ripetuta icona della città, protagonista assolu-to nella pittura di veduta napoletana.

236 L’arte Contemporanea

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238 La GaLLerIa FotoGraFICa

La sezione, aperta nel 1996, comprende cinquantadue scatti realizzati da Mimmo Jodice, tra il 1968 e il 1988, dedicati alla vicenda artistica napoletana (artisti e galleristi) in anni segnati da incontri e scambi tra protagonisti italiani e inter-nazionali.

La galleria fotografica

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finito di stamparenell’ottobre 2012

stampa born to print, napoliallestimentolegatoria s. tonti, mugnano

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www.polomusealenapoli.beniculturali.it/museo_cp/museo_cp.html