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GUERNICA Arte e libertà, come il fuoco di Prometeo, sono cose che uno deve rubare perché siano usate contro l’ordine prestabilito” Pablo Picasso La storia della celeberrima tela di Pablo Picasso (Malaga, 1895-Parigi, 1973) Guernica è una delle parabole più affascinanti della storia dell’arte del Novecento. L’opera ha avuto un’importanza storica, artistica, culturale ma anche sociale e politica ineguagliabile, diventando fin dall’Esposizione Internazionale di Parigi in cui fu presentata per la prima volta, un simbolo di tutte le guerre, l’immagine archetipica dell’homo hominis lupus. Fu subito evidente che il soggetto non era solo ciò che era avvenuto a Gernika pochi mesi prima e che la guerra rappresentata non era solo la Guerra civile spagnola. Il respiro di questa tela era molto più ampio, non circoscrivibile a un singolo episodio. Era una rappresentazione del dolore degli inermi causato dalle barbarie della guerra, della disperazione, un monito, una profezia di ciò che avrebbe sconvolto l’Europa intera pochi anni dopo. Nel 1937, secondo anno Della Guerra civile spagnola, Gernika era una delle poche città basche che ancora resisteva alla falangi franchiste. Anche se l’importanza politica e strategica della cittadina (che contava poche migliaia di abitanti)

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GUERNICA

Arte e libertà, come il fuoco di Prometeo, sono cose che uno deve rubare perché siano usate contro l’ordine prestabilito” Pablo Picasso La storia della celeberrima tela di Pablo Picasso (Malaga, 1895-Parigi, 1973) Guernica è una delle parabole più affascinanti della storia dell’arte del Novecento. L’opera ha avuto un’importanza storica, artistica, culturale ma anche sociale e politica ineguagliabile, diventando fin dall’Esposizione Internazionale di Parigi in cui fu presentata per la prima volta, un simbolo di tutte le guerre, l’immagine archetipica dell’homo hominis lupus. Fu subito evidente che il soggetto non era solo ciò che era avvenuto a Gernika pochi mesi prima e che la guerra rappresentata non era solo la Guerra civile spagnola. Il respiro di questa tela era molto più ampio, non circoscrivibile a un singolo episodio. Era una rappresentazione del dolore degli inermi causato dalle barbarie della guerra, della disperazione, un monito, una profezia di ciò che avrebbe sconvolto l’Europa intera pochi anni dopo. Nel 1937, secondo anno Della Guerra civile spagnola, Gernika era una delle poche città basche che ancora resisteva alla falangi franchiste. Anche se l’importanza politica e strategica della cittadina (che contava poche migliaia di abitanti) era ormai finita da tempo, essa aveva un’enorme rilievo simbolico. Vi si trovava infatti l’antico Parlamento e l’albero secolare che rappresentava l’orgoglio e l’autonomia del popolo basco. Proprio per questo fu scelta come bersaglio per un atto bellico inedito per l’Europa, prodromo dei tanti disastri delle guerre a venire. Vi erano già stati nei decenni precedenti numerosi bombardamenti ad opere delle potenze coloniali in Asia e Africa. Lo studioso Sven Lindqvist ne ha ripercorso la

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storia in Sei morto! Il secolo delle bombe. Ciò che caratterizza il bombardamento di Gernika è che ciò non era mai avvenuto in casa nostra. Come afferma Lindqvist, a Gernika eravamo stati noi stessi a morire. Nel pomeriggio del 26 aprile 1937, numerose incursioni aeree italiane e tedesche rasero al suolo la città. Un attacco contro la popolazione civile e contro un simbolo, che aveva l’evidente scopo di piegare la resistenza basca distruggendo il morale della popolazione. Le notizie cominciarono rapidamente a fare il giro del mondo. A Bilbao infatti, lontana pochi chilometri da Gernika e dal fronte, alloggiavano gli inviati dei maggiori giornali del mondo per seguire gli sviluppi della Guerra sul fronte basco. La sera stessa del 26 aprile si trovarono davanti alla macerie di Gernika. Nei giorni seguenti i principali quotidiani francesi, americani e inglesi ne parlano e pubblicano le fotografie della città devastata dal bombardamento. A Parigi la notizia si diffuse nel corso di una manifestazione per i diritti umani. Picasso viveva nella capitale francese da più di trent’anni, ma era rimasto sempre molto legato alla sua patria spagnola, in cui si era recato per l’ultima volta (e sarà l’ultima della sua vita), tre anni prima. La notizia lo raggiunse per bocca dei suoi connazionali ancora increduli davanti alle sporadiche notizie che arrivavano dalla Spagna. Nei primi giorni del 1937 Picasso aveva ricevuto l’incarico da parte del governo repubblicano spagnolo di dipingere un murale per il padiglione iberico all’Esposizione Internazionale di Parigi. Un’opera che parlasse della guerra civile e dei soprusi nazionalisti. Nei mesi successivi il pittore aveva realizzato numerosi studi e bozzetti per quest’opera, non riuscendo però a rimodularli in una composizione organica. Le fotografie di Gernika sono uno shock talmente forte per Picasso che in soli cinque settimane riuscirà a potare a termine un’opera della

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proporzioni grandiose. La recente mostra organizzata dai due principali musei madrileni, il Museo Nacional del Prado e il Museo Nazional Centro De Arte Reina Sofia, Picasso tradizione e avanguardia, ha ricostruito tutto il lungo percorso che ha portato alla realizzazione della versione definiva dell’opera., a partire dalle tavole “Sogne et menzogne de Franco”. Ciò che accomuna questi disegni preparatori è la mancanza di riferimenti espliciti al bombardamento. Questi studi mostrano il formarsi delle ormai famosissime figure protagoniste dell’opera così come fu presentata nel Padiglione Spagnolo il 12 luglio 1937. Vi sono immagini che appartengono alla cultura iberica, come il toro che, come nella corrida (soggetto di molte opere degli anni trenta di Picasso), è vittima inerme della crudeltà umana. Le altre figure d Guernica (che nella versione definitiva mostra una semplificazione rispetto agli studi precedenti) sono un cavallo dalla tremenda lingua appuntita, l’uccello appena abbozzato sullo sfondo, figure animali che si mischiano alla madre che piange il figlio morto, al soldato caduto ai piedi del quadro, con le membra scomposte e la spada spezzata, la donna che porge da una finestra un lume, una donna che scappa dall’incendio, un’altra che brucia urlando tra le fiamme. Il Padiglione spagnolo accoglieva oltre a Guernica altre opere di artisti contemporanei. Il Padiglione era divenuto uno strumento di propaganda per il governo repubblicano (un’intera sezione era dedicata ai suoi interventi nel campo dell’istruzione). Attraverso le opere dei maggiori artisti che sposavano la causa repubblicana si voleva affermare la propria legittimità e mostrare al mondo intero il disastro della guerra. Davanti al Padiglione si trovava una scultura di Alberto Sanchez significativamente intitolata “Il popolo spagnolo ha un cammino che conduce a una stella”. L’opera di Picasso sposava in pieno gi intenti degli organizzatori del Padiglione ed è una perfetta dimostrazione dell’assunto espresso dallo stesso pittore, per cui la pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. È uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico. Se l’arte di denuncia di Picasso si accompagnasse

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ad un effettivo impegno politico è una questione ancora molto dibattuta. Certo nel 1944 Picasso si iscrisse al Partito comunista ma probabilmente la sua vera militanza è tutta nelle sue opere. Terminata l’Esposizione Internazionale, Guernica cominciò un lungo pellegrinaggio per l’Europa. La prima tappa fu il Nord Europa e la Penisola Scandinava. Nel settembre del 1938 l’opera fu esposta a Londra, con l’intento di portare l’attenzione dell’opinione pubblica inglese sulla Guerra civile spagnola e smuovere così la sostanziale indifferenza del Governo inglese verso ciò che stava accadendo in Spagna. Guernica si stava preparando per affrontare il viaggio più lungo e raggiungere gli Stati Uniti. La posizione di Washington sulla Guerra civile spagnola era stata quanto ormai ambigua. Il Neutrality Act (1 maggio 1937), impediva di fornire armi alle due fazione belligeranti nella penisola iberica. In realtà i risvolti di questo provvedimento furono tutti a scapito dei repubblicani. Infatti le aziende americane poterono indisturbate spedire ai nazionalisti furgoni e petrolio. L’opinione pubblica invece si era schierata con la causa repubblicana (sono molti gli intellettuali americani che raggiunsero la Spagna, il caso più famoso è quello di Ernest Hemingway). Lo scopo del tour americano di Guernica era quello di raccogliere fondi per i rifugiati. L’opera parte poche settimane dopo la caduta di Madrid e il termine della Guerra civile (marzo 1939). Furono organizzate esposizioni in molte cittadine americane da New York alla west coast. Quando in Europa scoppiò la seconda guerra mondiale Guernica si trovava al MOMA di New York, pezzo grosso di una retrospettiva dedicata al pittore spagnolo. Fu Picasso stesso a concordare con il direttore del museo Alfred Baar, che l’opera rimanesse al sicuro in America fino alla fine della guerra. Guernica non farà ritorno in Europa che quindici anni più tardi e solo per una serie di esposizioni temporanee (la prima della quali in Italia a Palazzo Reale di Milano). Il suo definitivo trasloco in Spagna avverrà nel 1981. Il mondo dell’arte sta vivendo proprio in questi anni un enorme cambiamento. Le leggi razziali nella Germania

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nazista prima e lo scoppio della guerra in un secondo momento, convincono un gran numero di artisti europei a lasciare il Vecchio Continente e raggiungere l’America. Il centro catalizzatore del mondo dell’arte così si sposta da Parigi a New York, dove si incontrano artisti europei rappresentanti delle principali tendenze artistiche e dove si sta formando una nuova generazione di artisti americani. In questo contesto Guernica ha un ruolo fondamentale. Uno dei più importanti pittori europei trapiantati in America, Arshile Gorky (Khorkom, Armenia 1904- New York, 1948), considera Guernica come l’opera ponte tra la tradizione americana e la tradizione europea. Essa fu infatti un imprescindibile punto di riferimento per la generazione che nel dopoguerra avrebbe dato vita alla rivoluzione dell’Action Painting, fonte di ispirazione per artisti come Jackson Pollock, Robert Mothervwell, Willem de Kooning. Il critico d’arte Robert Rosenblum considera quest’opera come il big bang che diede una svolta fondamentale alla rinascita dell’arte americana. Guernica afferma così il suo altissimo valore artistico che era stato offuscato dall’importanza propagandistica e politica dell’opera stessa. Ma fu ancora per motivi politici che l’opera non ebbe vita facile nel museo newyorkese. Le autorità americane non vedevano di buon occhio Picasso. Per la sua militanza nel Partito Comunista non ottenne mai il visto per entrare negli Stati Uniti e fu spiato dall’FBI. Lo stesso direttore del MOMA dovette battersi con forza per poter continuare ad esporre Guernica negli anni del maccartismo. Baar fu costretto ad accettare alcuni compromessi, come cancellare dalla didascalia dell’opera ogni riferimento alla Guerra civile spagnola. Negli anni Sessanta si comincia a discutere del definitivo ritorno di Guernica in Europa. Picasso stesso aveva posto come condizione che il suo capolavoro lasciasse il MOMA solo per tornare in una Spagna libera e repubblicana. Fu Francisco Franco stesso a fare un appello affinché il quadro fosse trasferito in Spagna. Era una strategia della sua politica di apparente distensione e libertà culturale, volta a nascondere i soprusi della propria dittatura agli

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occhi della comunità internazionale. Inoltre per Franco, far propria un’icona come Guernica significava anche sottrarre ai Baschi un’opera simbolo della loro indipendenza e della loro storia. L’apertura verso Picasso (di cui è testimonianza l’inaugurazione del Museu Picasso a Barcellona nel 1963) era quindi una calcolata mossa politica. Gli anni successivi furono anni di complesse trattative tra il governo spagnolo, il direttore del MOMA, Ricasso e, dopo la sua morte, il suo avvocato e gli eredi. Nel saggio di recente pubblicazione in Italia “Guernica. Biografia di un’icona del Novecento”, ( Gijs van Hensbergen , Euro. 17,60  Ordina da IBS Italia) Gijs van Hensbergen ricostruisce i termini di questa trattativa. Guernica sembra diventare una cartina di tornasole della situazione della libertà e della democrazia in Spagna. Le trattative per Guernica si fecero concrete dopo la morte di Franco (19 novembre 1975) e l’incoronazione di Juan Carlos (22 novembre 1975) a Re di Spagna quando iniziò il difficile cammino verso una Spagna libera e democratica. Uno dei grandi scogli da superare era la disposizione di Picasso che aveva parlato espressamente di una Spagna repubblicana. Nonostante ciò nel 1981 l’avvocato incaricato dal pittore di occuparsi di Guernica dopo la sua morte, ritenne che la monarchia spagnola era matura per accogliere il quadro. Si sviluppano però altre polemiche. Guernica diventa testimone delle spaccature interne del Paese. L’opera viene reclamata da diverse cittadine. Madrid, in quanto capitale, ritiene che l’opera deve essere ospitata in uno dei suoi musei, per riaffermare il valore che Guernica ha per tutta la popolazione spagnola. D’altra parte sono forti le pressioni affinché l’opera trovi collocazione nei Paesi Baschi. Questa soluzione viene considerata come un riconoscimento dei soprusi subiti della popolazione basca. Guernica potrebbe inoltre diventare un baluardo della lotta indipendentista. Barcellona invece ritiene di avere la precedenza sulle altre città candidate poiché da quasi vent’anni il suo Museu Picasso è un’istituzione di grande importanza. Alla fine nell’ottobre del 1981 fu un’inaugurata la sala del

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Cason del Buen Retiro, a poca distanza dal Museo Nacional del Prado di Madrid, all’interno della quale venne esposta Guernica. L’ultimo viaggio Guernica lo ha compiuto una decina di anni più tardi, nel 1992. L’opera fu spostata nel Museo Nazional Centro De Arte Reina Sofia, nato quattro anni prima e destinato a diventare uno dei principali musei d’arte contemporanea d’Europa.Nel 1997 l’apertura a Bilbao del Guggenheim Museum (a pochi chilometri da Gernika), dotato di tutti gli spazi e le misure di sicurezza per accogliere Guernica, riaccese il dibattito sulla proprietà morale del popolo basco dell’opera. Ma i conservatori del Reina Sofia ritennero che gli innumerevoli spostamenti che il capolavoro di Picasso ha subito negli anni e i maldestri restauri, rendono impossibile un’ulteriore spostamento dalla collocazione attuale. Anche recentemente si è riaperto il caso, dopo che il premier Josè Luis Zapatero si è opposto ad un prestito al Guggenheim in occasione del settantesimo anniversario del bombardamento di Gernika, che cadrà tra pochi mesi, il 26 aprile 2007. Una decisione presa in considerazione dei problemi tecnici e di conservazione ma che ha avuto forti risonanze politiche. L’anniversario del bombardamento forse servirà anche per capire cosa realmente sia accaduto quel pomeriggio del 1937 nella cittadina basca. Recentemente molte pubblicazioni hanno di gran lunga ridimensionato il bilancio di vittime civili nel bombardamento. Se ne è occupato Pio Moa in “Los mitos de la Guerra Civil” (Madrid, 2003) e in Italia le sue tesi sono state riproposte da Vittorio Messori, il quale ha addirittura riproposto la tesi franchista che Gernika fu distrutta dagli stessi baschi. Anche il Museo della pace di Gernika, centro di documentazione e formazione alla pace nato in uno dei palazzi storici della cittadina sopravvissuto al bombardamento, riduce a qualche centinaia i morti (mentre la maggior parte dei libri parlano di 1600 vittime), non ridimensionando però le responsabilità italiane, tedesche e dei nazionalisti spagnoli. Speriamo che i settant’anni che ci separano da

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quell’evento tremendo della storia d’Europa, potranno permetterne un’analisi meno ideologica ma al contempo lontana dal preoccupante revisionismo.Ripercorrere la storia di un’opera come Guernica può aprire sguardi nuovi su alcuni dei momenti più sanguinari e drammatici del Novecento, dalla Guerra civile spagnola alla dittatura franchista, dal maccartismo alla guerra del Vietnam, fino alle recenti lotte per l’indipendenza basca. È un percorso che viene delineato con grande precisione da Van Hensbergen nel già citato “Guernica. Biografia di un’icona del Novecento”. Ancora oggi Guernica conserva la forza che le deriva proprio dalla semplicità e dall’astrazione. Picasso usa un linguaggio che affiora dall’inconscio, dimostrando la verità dell’idea espressa da Edmund Burke nel 1757: Immagini oscure, confuse, incerte hanno sulla fantasia un potere emotivo maggiore di quello che non abbiano le immagini più chiare e delineate. Forse per questa su energia, si preferì coprire con un telo la riproduzione di Guernica che si trova all’interno del Palazzo delle Nazioni Unite a New York, durante i giorni in cui il Consiglio discuteva del possibile intervento americano in Iraq. Pochi giorni dopo le bombe cadevano su Baghdad. Guernica può parlarci ancora oggi, ma è più semplice coprirla e dimenticarla.FONTETommaso Martini [email protected] Periodico registrato il 30 gennaio 2007 presso il Tribunale di Rovereto con n.268

Editore Tommaso Martini Direttore responsabile Edoardo Semmola

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Guernica, Picasso e l'interpretazione del quadro

Guernica di Pablo Picasso è uno dei dipinti più famosi del mondo, oltre che uno dei più importanti capolavori realizzati dall’artista spagnolo. L’aspetto curioso però è legato al fatto che pur essendo un dipinto universalmente noto ed amato, non è molto chiaro il significato dei vari personaggi ed elementi inseriti da Picasso nella scena.Di certo sappiamo che è ispirato al bombardamento della città basca di Guernica nel 1937 ad opera dell’aviazione tedesca durante la guerra civile spagnola. Apro una breve parentesi storica per inquadrare il contesto: l’evento fece grande scalpore e Guernica in qualche modo divenne una città simbolo delle atrocità della guerra, anche perché è stato il primo bombardamento aereo. C’è da notare che quello era giorno di mercato e di conseguenza dalle campagne vicine affluivano tante persone, questo ovviamente aumentò notevolmente il numero di vittime tra la popolazione. Venuto a conoscenza dell’episodio, Picasso volle esprimere la sua rabbia e far conoscere al mondo le atrocità che avvenivano nel suo paese, con un’opera che avrebbe presentato all’esposizione mondiale di Parigi nel padiglione spagnolo. Al di là delle possibili interpretazioni delle varie figure, Guernica esprime con forza e mostra gli orrori della guerra. Di fatto è un’opera senza tempo che si potrebbe applicare a tutte le guerre. Ma proviamo comunque ad esaminare i vari dettagli per una possibile interpretazione. Comincio dall’utilizzo dei colori: il quadro

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è sostanzialmente monocromo, a mio avviso il riferimento va chiaramente alle foto dell’epoca che erano sviluppate in bianco e nero. Un po’ come se si trattasse di un documento, di una testimonianza diretta. La scena si svolge in una strada o in una piazza della città di Guernica: per quanto stilizzati si vedono case e palazzi in fiamme a causa delle bombe.Seguendo la direzione di lettura canonica da sinistra a destra si incontra una donna che urla di dolore con in braccia il figlioletto morto. Ricorda le rappresentazioni della Pietà con la Madonna che tiene in grembo Cristo appena deposto dalla croce. L’immagine è piuttosto forte grazie sopratutto al collo e alla testa che si allungano verso il cielo, non si capisce se in un’invocazione o in un’imprecazione verso un nemico che non si vede direttamente ma si percepisce.

Sopra la donna c’è un toro, e qui già ci sono due possibili interpretazioni del tutto divergenti. Il toro potrebbe simboleggiare il popolo spagnolo (non a caso tuttora la sagoma stilizzata del toro rappresenta la Spagna) che assiste impotente a questo scempio oppure il toro è il nemico, è la causa del disastro, la brutalità (non a caso nei molti disegni preparatori Picasso ha realizzato anche l’immagine del minotauro, la creatura mezzo uomo, mezzo animale.) Nel groviglio centrale c’è un cavallo agonizzante che si contorce dal dolore delle ferite e potrebbe rappresentare l’umanità sofferente. L’altro riferimento potrebbe essere legato alla corrida, dove in una delle varie fasi i cavalli entrano nell’arena con i picadores e spesso vengono incornati dal toro.Il soldato caduto dovrebbe essere un riferimento ai soldati spagnoli fedeli alla repubblica e morti durante la guerra. A me viene in mente la celebre foto scattata l’anno prima di Guernica, dal reporter americano Robert Capa, con il soldato repubblicano che muore colpito in battaglia. In alto c’è una lampadina elettrica, che rappresenta con tutta probabilità il sole, ma potrebbe anche essere un

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occhio che osserva. Mentre non dovrebbero esserci dubbi sulla donna con la lampada in mano che cerca di illuminare la scena. Rappresenta la verità che deve far luce sull’accaduto per renderlo visibile a tutti: tutti devono conoscere le atrocità che vengono commesse in Spagna. In basso a destra c’è un’altra donna che sembra rialzarsi da terra e guarda verso il cielo per capire cosa sta succedendo. Viene di solito associata alla saggezza o alla scienza: cerca la luce e guarda verso l’alto. In altre parole cerca qualcosa che la aiuti a capire questo disastro.L’ultima immagine è una delle più drammatiche: una donna che muore bruciata a causa delle fiamme che avvolgono anche la sua casa. Il riferimento artistico qui va alle immagini della Maddalena ai piedi della croce, o nel compianto di Cristo, quando manifesta il suo dolore alzando le braccia al cielo in segno di disperazione.Al di là delle molte possibili interpretazioni delle singole figure, Picasso in Guernica comunica in modo immediato l’orrore e la sofferenza provocati dalla guerra, da qualsiasi guerra e probabilmente la sua genialità sta anche in questo: nell’aver creato, pur facendo riferimento ad un fatto storico ben preciso, un capolavoro che parla un linguaggio valido in ogni tempo e in ogni luogo.

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Bombardeo de Guernica

El bombardeo de Guernica (Operación Rügen) fue un ataque aéreo realizado sobre esta población española el 26 de abril de 1937, en el transcurso de la Guerra Civil Española, por parte de la Legión Cóndor alemana y la Aviación Legionaria italiana, que combatían en favor de los sublevados contra el gobierno de la Segunda República Española. Las estimaciones actuales de víctimas cifran los fallecidos en un rango que abarca de los 120 a los 300 muertos, 126 según el estudio más reciente y exhaustivo.

Descripción

El de Guernica no fue el primer bombardeo en alfombra para destruir una población civil, pues de hecho se discute que fuera un objetivo militar vital en ese momento, como alegaron los agresores, con el fin de cortar la retirada y el aprovisionamiento a las tropas del Frente Popular en la campaña de Vizcaya. La repercusión internacional que alcanzó este bombardeo, unido a su utilización propagandística, ha hecho que sea una masacre mundialmente conocida y considerada como un icono antibélico. En un principio los sublevados atribuyeron la destrucción de la ciudad a los republicanos, como había sucedido en Éibar e Irún, pero pronto se reveló al mundo la realidad de los hechos debido a la presencia en Bilbao de varios periodistas ingleses de importancia como George Steer (The Times). El gobierno de Juan Negrín utilizó el bombardeo como insignia del antifascismo, adaptando Pablo Picasso uno de sus cuadros para la Exposición Internacional de París de 1937. Esta obra se convertiría en uno de los iconos más sobresalientes de la pintura del siglo XX y del antibelicismo. Tampoco fue el primer bombardeo contra civiles que habían llevado a cabo los aliados de los nacionales en Vizcaya, dado que un mes antes aviones italianos habían bombardeado Durango el 31 de marzo en tres oleadas a lo largo de todo el día, causando unos 294 muertos. El primer

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bombardeo de este tipo se había producido en noviembre de 1936 en Madrid cuando el general Franco ordenó a la aviación alemana e italiana que bombardeara a la población civil con el objetivo de desmoralizarla y conseguir la rendición de la ciudad. En febrero de 1937, la misma Legión Cóndor había ametrallado una columna de refugiados civiles en la carretera entre Málaga y Almería causando cientos de víctimas. Tampoco fue la última, puesto que en 1938 las ciudades de Barcelona, con los bombardeos de marzo y Alicante, con el bombardeo del 25 de mayo, fueron también los civiles los objetivos. La aviación republicana también bombardeó poblaciones bajo control “nacional” como Oviedo, Zaragoza,Córdoba en agosto de 1936, pero el objetivo no fue la población civil. La excepción se produjo mucho después con el bombardeo de Cabra en 1938. En 1997, el entonces presidente de Alemania, Roman Herzog, en carta leída a los supervivientes del bombardeo por el embajador alemán en España con motivo del 60 aniversario, pidió públicamente perdón por la manifiesta autoría alemana del bombardeo.

El bombardeo

Guernica, capital cultural e histórica vasca, tenía antes del ataque una población de unas 5.000 personas, a las que habría que añadir un gran número de tropas, que se retiraban para preparar la defensa de Bilbao, y refugiados que huían del avance de las tropas franquistas. En ese momento no tenía ningún tipo de defensa antiaérea, aunque sí tenía tres fábricas de armas, una de ellas de bombas de aviación. La Legión Cóndor tenía como jefe del Estado Mayor al Teniente Coronel Wolfram von Richthofen (primo del histórico aviador de la Primera Guerra Mundial Manfred von Richthofen, más conocido como el Barón Rojo), que ordenó, al parecer, el bombardeo y que en su diario personal admitía que en Guernica se había portado “muy maleducadamente”. El grupo de bombardeo estaba

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formado por cuatro escuadrillas de Ju-52 y la escuadrilla VB 88 de bombardeo experimental, con Heinkel He 111, y Dornier Do 17. Los bombarderos fueron escoltados por cazas Heinkel He 51 de las escuadrillas de caza 1 y 3.J/ 88 y por los Me-109 del 2.J/ 88, escuadrilla que estaba bajo el mando del teniente Gunther Lützow. Cierto número de aviones de caza italianos participaron asimismo en la misión. El primer ataque lo realizaron un Dornier Do 17 alemán y tres Savoia S-79 italianos que habían despegado de Soria a las tres y media de la tarde con la misión de bombardear la carretera y el puente al este de Guernica, para obstaculizar la retirada del ejército vasco. Las bombas de los S-79 cayeron en los alrededores del puente y la estación de ferrocarril, destruyendo varias viviendas, y las del Dornier Do-17 alcanzaron la iglesia de San Juan. A continuación intervinieron uno o tres, según las fuentes, bombarderos alemanes He-111. Todos ellos iban escoltados por cazas. Bomba incendiaria de 1kg. de 1936 de la Luftwaffe. A las 6 de la tarde fue cuando se produjo el bombardeo más intenso a cargo de 19Ju-52 alemanes. Estos aviones descargaron tanto bombas explosivas como incendiarias, “una mezcla del todo innecesaria si el objetivo hubiese sido un puente”, causando una gran destrucción. Las últimas acciones del ataque se produjeron entre las siete menos cuarto y las siete de la tarde. Cinco cazas Fiat y cinco Messerschmitt Bf-109 realizaron ametrallamientos tanto en el interior de la población como en los alrededores. Las alarmas de la villa comenzaron a sonar poco después de las cuatro de la tarde y dejaron de sonar hacia las siete y media. El sacerdote Alberto de Onaindía resumió así lo que había sucedido en esas tres horas y media de bombardeos: Habían sido aviones alemanes que fueron enviados sobre Guernica para hacer un ensayo de guerra totalitaria. Era el primer ejemplo de este género de lucha: primero unas bombas para alarmar a la población la gente comenzó a abandonar las calles y a esconderse en abrigos, en sótanos y bajo cubierto, luego oleadas de bombarderos con explosivos seguidos de bombas incendiarias y, por último,

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aviones ligeros que ametrallaban a los desgraciados que pretendía huir para salvar sus vidas Aunque posteriormente se dijo que el objetivo de la operación era la simple voladura de un puente, el hecho real es que tanto el puente como una fábrica de armas, situada en las afueras de la población, resultaron intactos, siendo muy improbable que las bombas lanzadas a 3.600 metros de altura impactaran en un puente de 15 metros y habida cuenta de que los aviones cargaban además bombas incendiarias. Sin embargo, el ataque fue devastador: los bombarderos lanzaron una gran cantidad de bombas medianas de 250 kg, ligeras de 50 kg y más de tres mil proyectiles incendiarios de aluminio de 1 kg sobre el casco urbano de la ciudad. Los cazas, entretanto, disparaban en vuelo rasante a las personas que huían del lugar. La destrucción fue tan grande que provocó un intenso humo, por lo que los últimos bombarderos, al no poder ver los objetivos, descargaron las bombas a ciegas. El incendio provocado por el bombardeo no se pudo apagar hasta el día siguiente, en gran parte debido a la inexistencia de un parque de bomberos.

Sistema de refugios y alerta

Gudaris (soldados vascos) frente al Árbol de Guernica. Como cualquier otro lunes del año, ese del 26 de abril de 1937 era día de mercado, pero la cantidad de gente que había en Guernica no se había incrementado debido a este hecho , ya que la feria fue prohibida antes del mediodía por el alcalde, ante la cercanía del frente y el temor del avance enemigo. El número de víctimas mortales, 126 según las últimas estimaciones, estuvo influido por el sistema de refugios y de alerta que se había realizado en la villa. El bombardeo de Ochandiano, al comienzo de la contienda, el 22 de julio de 1936, que causó alrededor de 40 muertos, muchos de ellos civiles, incluidos mujeres y niños, y cuyo objetivo según un periódico republicano de Bilbao había sido “sembrar el terror”, provocó que se tomara la decisión de realizar un sistema de refugios para

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la población civil, que se aceleró tras conocerse el terrible bombardeo de Durango del 31 de marzo de 1937 que extendió el pánico en muchas poblaciones vascas. El proyecto se encargó al arquitecto municipal Castor Uriarte y al ingeniero Manuel Cabañes (madrileño que pasaba sus vacaciones en la villa). En el momento del bombardeo, en la villa existían, según el testimonio de Castor Uriarte, cinco refugios construidos por orden de las autoridades municipales. Uno de ellos se ubicó en los sótanos de la Casa Consistorial, otro en un edificio de la calle Santa María (aunque no estaba completamente terminado), un tercero en Pasealeku, y los dos últimos en el sótano de la casa Loizaga y en el patio del Cuartel de los Forales.Aparte de estos refugios públicos había otros privados, al menos siete, en los sótanos de algunos chalés. Además las instalaciones de las empresas “Talleres de Guernica”, “Cuberterías Jypsa” y “Armas Astra, Unceta y Cía” contaban con sus propios refugios antiaéreos. Los de Astra todavía están en pie y constan de una galería de 30 m en bóveda de cañón. “En la construcción de los refugios habían participado vecinos del pueblo, y se habían utilizado diversos materiales, como troncos de pinos, sacos terreros y chapas de hierro. De los cinco refugios públicos, el de la calle de Santa María estaba en construcción, ya que le faltaban chapas de hierro, y era una trampa mortal en caso de que alguna bomba cayera sobre el mismo, lo que desgraciadamente ocurrió, ocasionando una gran mortandad [allí murieron 45 personas según el testimonio de Castor Uriarte]”El sistema de defensa civil desarrollado por la “Junta Municipal de Defensa” de Guernica mantenía un sistema de señales de alerta. Este era un sistema visual y sonoro. Un vigilante en la cumbre del monte Kosnoaga avisaba de peligro mediante la exhibición de banderas rojas, estas banderas eran vistas por un segundo vigilante situado en el campanario de la iglesia de Santa María que tocaba a rebato y seguidamente todas las industrias que poseían sirenas hacían tocar las mismas.

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Este sistema de alerta funcionó y salvó vidas, según el testimonio de Castro Uriarte: En medio de la terrible destrucción que sufrió materialmente la villa foral, con muchísimos daños de todo orden, hubo suerte en lo que respecta a vidas humanas, porque el repique de campanas tras el aviso del vigía que estaba en la cima del monte Cosnoaga, y sobre todo porque el primer avión que vino y lanzó tres bombas, alejándose después, asustó a la gente, que se metió en los refugios o huyó del casco urbano, buscando refugio en los bosques cercanos o en las casas o caseríos más alejados, por lo que el número de víctimas fue mucho menor de lo que al principio se pensó.

Consecuencias del ataque

Nunca han llegado a saberse las cifras de víctimas ni existen datos fiables sobre el número exacto. El gobierno vasco dio una cantidad oficial de víctimas de 1.645 muertos y 889 heridos, que es el número citado en los folletos impresos en el extranjero y por la prensa internacional como algunos periódicos ingleses, aunque hoy se considera que este número está absolutamente hinchado. El historiador Hugh Thomas situó la cifra de víctimas entre cien y mil seiscientos, estimando que la más probable sea de mil muertos. Sin embargo, los datos más actuales apuntan entre 250 y 300 muertos. Solé i Sabaté y Villaroya, basándose en las valoraciones de Castro Uriarte, arquitecto municipal de Guernica y responsable del servicio contra incendios, afirman que la cifra de entre 250 y 300 muertos es la más cercana a la realidad de lo que ocurrió, lo que supone una cifra proporcionalmente elevadísima “ya que representa algo más del 5 por ciento de la población”.Estos dos historiadores también señalan que no hubo más víctimas porque, después del primer bombardeo, la gente huyó al monte. Por su parte los historiadores de la asociación “Gernikazarra” Vicente del Palacio y José Ángel Etxaniz estiman que hubo 126 fallecidos. El 70% de los edificios de la ciudad fue totalmente destruido por el incendio, que no se pudo apagar hasta el día siguiente, y el 20% gravemente dañados (el arquitecto

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general de Regiones Devastadas contabilizó 271 edificios demolidos, lo que suponía el 74,4 por ciento de los existentes en la villa de Guernica y el barrio de Rentería). El jefe del estado mayor de la Legión Cóndor Von Richthofen escribió lo siguiente tras su visita a Guernica: Guernica, villa de 5.000 habitantes, ha sido literalmente asolada. Las bombas de 250 kilos derribaron buen número de casas y destruyeron las cañerías. Las bombas incendiarias tenían ahora tiempo para desplegar su eficacia. Las casas estaban construidas con cubiertas de teja, galerías de madera y entramado del mismo material, por lo que fueron completamente aniquiladas. Aún se ven hoyos de bombas totalmente increíbles. Así pues, sólo un completo éxito técnico de nuestras bombas de 250 y de las EC.B.1. Los lugares históricos vascos, la Casa de Juntas de Guernica (histórico lugar de reunión de las asambleas que regían Vizcaya y sede de su archivo histórico) y el anexo Árbol de Guernica, símbolo ancestral del pueblo vasco, no fueron afectados por el bombardeo. El cercano puente que se afirmó luego era el objetivo, quedó intacto. El 28 de abril, dos días después del bombardeo, las tropas sublevadas entraban en la villa foral, tomando el control de la misma y quemaron los archivos que hallaron en la iglesia de Santa María, imposibilitando el recuento final de fallecidos. En aquel momento, el batallón carlista se dirigió a la Casa de Juntas donde rindió honores al Árbol de Guernica, poniéndole una guardia de honor como símbolo de los fueros. Antes de que llegaran los requetés, sin embargo, ya se había montado una protección en torno a la Casa de Juntas y el Árbol, a cargo de soldados marroquíes de Regulares de Tetuán nº 1. Cumplían órdenes del general Emilio Mola, jefe del Ejército del Norte, indignado por el bombardeo y que había dado órdenes estrictas de proteger los símbolos forales. Los requetés, al mando del capitán navarro Jaime del Burgo, relevaron a los soldados de Regulares.

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Motivaciones del ataque

Las motivaciones del ataque han sido objeto de polémica durante mucho tiempo, pero la mayoría de los historiadores que han investigado el tema defienden la tesis de que “la intención del bombardeo era destruir Guernica”. Para apoyar esta afirmación aportan dos pruebas fundamentales. La primera es la combinación de bombas explosivas e incendiarias utilizadas en el bombardeo, cuya “única explicación posible” es que se pretendía destruir la ciudad. La segunda es que para derribar el puente de Guernica o impedir que el ejército vasco pudiera retirarse, que fueron los dos objetivos alegados por los agresores, “no era necesario ametrallar a la población civil, movilizar aviones durante tres horas ni lanzar bombas incendiarias. Para más inri, el puente no fue alcanzado, y al terminar el bombardeo permanecía intacto”. Sin embargo no existe un consenso tan claro en cuanto a la cuestión de “si el bombardeo fue exclusiva responsabilidad de los alemanes o si éstos actuaron bajo la orden de Franco o, en su defecto, de [los generales] Mola o Vigón. Como no se ha encontrado ningún documento escrito, y difícilmente se encontrará, en el que Franco diera la orden, las opiniones de los historiadores se basan en distintos análisis y cómo funcionaba la cadena de mando del ejército franquista. Lo que es incuestionable, como demostró Vicente Talón hace más de treinta años, es que los alemanes efectuaron el bombardeo a petición de las tropas franquistas que estaban en primera línea”. Así historiadores como Vicente Talón y Jesús Salas Larrazábal se inclinan por atribuir la exclusividad del bombardeo a los alemanes, mientras que otros como Manuel Tuñón de Lara, Ángel Viñas o Herbert Southworth apuntan al “Generalísmo” Franco como máximo responsable. Una posición intermedia es la que mantiene el historiador alemán Klaus A. Maier: La Legión Cóndor [tuvo] en una alta medida la responsabilidad de la destrucción de Guernica. La intención de los alemanes, a la que se sumaba una fuerte razón de

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prestigio nacional y personal (Richthofen), de proporcionar a los nacionales un triunfo rápido, tras el fracaso de Guadalajara para los italianos, llevó a una acción que en el norte se caracterizó por no guardar los alemanes consideración de ningún tipo. La responsabilidad global del mando supremo nacionalista de Salamanca, que incluso bajo estas circunstancias consintió en la actuación de la Legión Cóndor en el norte, sigue por consiguiente intacta Algunos autores sostienen que el motivo del ataque consistía en una maniobra testaruda de Wolfram von Richthofen, pues opinaba que el ataque a Bilbao debía pasar por esta villa en vez de hacerlo por Durango. Aparte de ello, Guernica constituía un centro clave de comunicaciones para las tropas republicanas. Existía también una discrepancia entre el mando alemán y el español sobre la dirección de las operaciones. Los alemanes preconizaban un avance más rápido, basado en la capacidad destructiva de la aviación, y estimaron que la destrucción del puente del barrio de Rentería de Guernica, el último antes de la ría, dejaría bloqueados en la ribera derecha el material pesado y los pertrechos de las fuerzas enemigas en retirada. El mando español, por el contrario, era más prudente en el avance por un terreno de orografía difícil y frente a un enemigo que nunca dejaron de respetar. El mando nacional quedó sorprendido, en un primer momento, ante la gravedad de la destrucción y consideró que no podía deberse, al menos en exclusiva, al ataque de la aviación. La realidad es que la mayor parte del daño fue causado por el incendio provocado por las bombas. Franco supo a los pocos días que los aviones italianos y alemanes eran los responsables del desastre,pero no quiso reconocerlo públicamente por suponer que ello molestaría a los alemanes, cuyo apoyo consideraba imprescindible para ganar la guerra. El ejército alemán utilizó los efectos del bombardeo como arma política en la guerra fría que mantenía con Inglaterra, y les interesó que la prensa mundial exagerase los resultados.Así, Guernica habría sido una especie de ensayo de lo que luego serían los bombardeos masivos de la

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Segunda Guerra Mundial. En los juicios de Núremberg, el entonces mariscal de la Luftwaffe, Hermann Goering, declaró: “La guerra civil española dio una oportunidad de poner a prueba a mi joven fuerza aérea, así como para que mis hombres adquirieran experiencia.” Se suele afirmar también que el bombardeo fue una venganza por el linchamiento por parte de la población civil de Adolf Hermann, piloto de un bombardero, derribado en Bilbao en 1937. La propaganda franquista afirmó que Guernica, al igual que Irún, había sido incendiada por los propios “rojo-separatistas” (sic) en su huida, practicando una política de tierra quemada; pero varios corresponsales extranjeros, entre ellos George Steer, del diario conservador británico The Times, tuvieron ocasión de presenciar el estado de la villa después del ataque y ser testigos de la devastación, recogiendo pruebas de la autoría de los hechos, pues las bombas que no habían explotado daban testimonio de su fabricación alemana. También se ha afirmado que los bomberos de Bilbao llegaron muy tarde y apenas intervinieron por falta de operativos, lo que habría agravado los daños. Según Solé i Sabaté y Villarroya, “el bombardeo de Guernica consiguió sus objetivos finales. La táctica empezada en Durango y en otras muchas poblaciones vascas, de aumentar progresivamente el nivel de violencia, tuvo éxito. Entre la población civil la moral se había resquebrajado ostensiblemente, y la escasa resistencia ofrecida desde ese momento por Bilbao es una buena muestra de ello”.

Otras consideraciones

La negación de la autoría por el bando franquista

Al día siguiente del bombardeo de Guernika el lehendakari del gobierno vasco José Antonio Aguirre hizo pública una nota en la que denunciaba que los autores de la acción habían sido “los aviadores alemanes al servicio de los facciosos españoles”. La nota decía:

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Los aviadores alemanes al servicio de los facciosos españoles han bombardeado Guernica, incendiando la histórica villa, que tanta veneración tiene entre los vascos. Nos han querido herir en lo más sensible de nuestros sentimientos patrios, dejando una vez más de manifiesto lo que Euzkadi puede esperar de los que no vacilan en destruir hasta el santuario que recuerda siglos de nuestra libertad y de nuestra democracia (…). Las afirmaciones del lehendakari Aguirre fueron contestadas por la propaganda franquista que atribuyó la destrucción de Guernika al propio ejército vasco: Son completamente falsas las noticias transmitidas por el ridículo presidente de la República de Euzkadi relativas al incendio provocado por las bombas de nuestros aviones en Guernica. Nuestros aviadores no han recibido ninguna orden de bombardear esa población. Los incendiarios son los que, el verano pasado, incendiaron Irún y ayer Éibar. En la imposibilidad de contener el avance de nuestras tropas, los rojos han destruido todo y acusan a los nacionalistas de hechos que no son más que la puesta en práctica de sus criminales designios. ¡Miente Aguirre! Miente vilmente. En primer término no hay aviación alemana ni extranjera en la España Nacional. Hay aviación española. Noble, heroica aviación española que lucha constantemente con aviones rojos que son rusos, franceses y conducen aviadores extranjeros. En segundo lugar, Guernica no ha sido incendiada por nosotros, la España de Franco no incendia. La tea incendiaria es monopolio de los incendiarios de Irún, de los que han incendiado Éibar, de los que trataron de quemar vivos a los defensores del Alcázar de Toledo La acusación de los “nacionales” de que la destrucción de Guernica había sido obra de los propios republicanos fue rápidamente refutada por un testigo imparcial, el periodista británico George Steer cuyas crónicas sobre el bombardeo de Guernica fueron publicadas por su diario The Times de Londres. Sin embargo la versión oficial franquista se mantuvo durante toda la guerra y una vez terminada la guerra, por lo que el libro del George Steer no se publicó en

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España. Solo a finales de la dictadura franquista se reconoció la verdad, que la destrucción de Guernica fue realizada por las tropas que apoyaban a Franco. La primera alusión al bombardeo aéreo se produjo en la revista “Ejército”, en 1949, en el artículo de un jefe militar que había sido de los primeros en ocupar la villa. La confirmación oficiosa se publicó en el tomo “Vizcaya” de las monografías sobre la guerra civil del Servicio Histórico Militar. Este tomo se publicó en 1971.

Importancia simbólica

Mural situado en Guernica que reproduce el famoso cuadro pintado por Pablo Picasso. El texto inferior dice: El “Guernica” a Guernica. El bombardeo de Guernica se ha convertido en un símbolo de los horrores de la guerra para todo el mundo. El hecho tuvo un gran impacto en su época, inspirando a Pablo Picasso su más famoso cuadro, el Guernica, que pintó para que fuera expuesto en el pabellón de España en la Exposición Internacional de París de 1937, y al ilustre escritor Blas de Otero que escribió un poema del mismo nombre, como también la chilena y premio Nobel de Literatura Gabriela Mistral, que escribió un poema titulado Árbol de Guernica.Las mismas tropas carlistas, que entraban ilusionadas en la villa retomada, recibieron un mazazo al comprobar el estado de la histórica villa y corrieron en busca del árbol donde se juraron los fueros. Este es uno de los motivos de que se intentara no desmoralizar a la tropa tradicionalista, para no perderla, y se levantara una cortina de humo con las distintas versiones para explicar lo ocurrido. La mera discusión de cifras sobre el bombardeo, desde el número de aviones que intervinieron, la cantidad de bombas que se lanzaron y otros aspectos del bombardeo, generan polémica, precisamente porque este hecho histórico fue utilizado con fines propagandísticos por ambos bandos desde su planeamiento hasta las controvertidas, divergentes y muchas veces interesadas versiones de su historia que se pueden leer hoy en día. Otra irónica y

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sórdida casualidad la constituye el hecho de que en la misma población existiera una fábrica donde se hacían el mismo tipo de bombas y proyectiles incendiarios que cayeron sobre ella.

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Guernica …Interpretación de las figuras

Pablo Picasso

Picasso volvió a Francia dejando el cuadro en América y en París,

en 1940, se topó con el ejercito nazi que había ocupado gran parte del país.

“Según se cuenta, un oficial alemán le preguntó a Picasso

por esas fechas ante una foto del cuadro de Guernica:

- ¿Ha hecho usted esto?

Picasso respondió:

- No, han sido ustedes;”

haciendo clara referencia a la responsabilidad alemana en el bombardeo de la localidad vasca.

Obra: Guernica

Autor: Pablo Picasso (1881-1973).Género: Pintura al óleo

Estilo: Arte del s. XX (CUBISMO)

Cronología: 1937

Localización: Museo de Arte Reina Sofía (MADRID)

Otras obras: El guitarrista ciego,La planchadora, Las Señoritas de Avignon,

Mujer con mantilla, Dos desnudos, Cabeza de mujer,….

ANÁLISIS:

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Esta obra es un óleo sobre lienzo de grandísimas imensiones: 3,50 m. X 7,80 m.

Picasso renuncia al color para acentuar el dramatismo ysólo utiliza la gama de grises, el blanco y el negro,

es lo que en arte se denomina grisalla.

Es un cuadro “sonoro”, los personajes gritan, gesticulany mueren bajo las bombas ciegas que con todo acaban.

La denuncia de la violencia es aquí intemporal y ha sido siempre utilizada

como un canto contra la sinrazón de la destrucción y la muerte en cualquier guerra.

Picasso pinta a las cuatro mujeres en actitudes desesperadas,

son la población civil indefensa, pero también al militar caído

en la defensa y a los animales, ajenos a la locura humana.El expresionismo y el dolor están presentes en toda la obra.

Una característica que el autor utiliza con frecuencia es la representación

simultánea de varios planos en los rostros, como si los viésemos

a la vez de frente y de perfil, de ahí un ojo diferente del otro, produciendo

una visión globalizadora.A pesar de haber pasado la época cubista de Picasso,

el pintor vuelve a utilizar los recursos cubistas.Técnicamente el Guernica tiene rasgos cubistas

(reduce las formas naturalesa formas geométricas) pero también emplea el

expresionismoen los gestos

extremos de los personajes y una gran purezay definición de líneas que nos recuerda el neoclasicismo.

COMENTARIO:

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El Guernica es un famoso cuadro de Pablo Picasso,pintado en los meses de mayo y junio de 1937,

cuyo título alude al bombardeo de Guernica, ocurrido el 26 de abril de dicho año,

durante la Guerra Civil Española. Fue realizado por encargodel Gobierno de la República Española para ser

expuesto en el pabellónespañol durante la Exposición Internacional de 1937 en

París,con el fin de atraer la atención del público hacia la causa

republicana en plena Guerra Civil Española.

A pesar del título, no hay ninguna referencia al bombardeo de Guernica

(Vizcaya) ni a la Guerra Civil española;por tanto, estamos ante una obra simbólica

y no ante una obra narrativa.Las figuras están organizadas en triángulos,

de los cualesel más importante es el central, que tiene

como base el cuerpo del guerrero muerto,y como vértice la lámpara. En el cuadro aparecen

representados nuevesímbolos: seis seres humanos y tres animales

(toro, caballo y paloma).De izquierda a derecha, los personajes son los siguientes:

Toro.

Aparece en la izquierda del cuadro, con el cuerpo oscuro y la cabeza blanca.

Éste voltea y parece mostrarse aturdido ante lo que ocurre a su alrededor.

Al ser preguntado sobre el simbolismo del toro,

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Picasso indicó que simbolizaba“brutalidad y oscuridad”.Se ha indicado también que la

figura del toro,como en otros cuadros anteriores de Picasso

(como la Minotauromaquia de 1935),puede ser, en cierto modo,

un autorretrato del propio artista.

Madre con hijo muerto.Se sitúa bajo el toro, como protegida por él,

con la cara vuelta hacia el cielo en un ademán o grito de dolor.

Su lengua es afilada como un estilete y sus ojos tienen forma de lágrimas.

Sostiene en sus brazos a su hijo ya muerto.Los ojos del niño carecen de pupilas,

ya que está muerto.El modelo iconográfico de esta figura es,

según los críticos,la “Pietá”, esto es, la representación,

habitual en el arte cristiano,de la Virgen María sosteniendo

en sus brazos a su hijo muerto.

Paloma.Situada entre el toro y el caballo, a la altura de sus cabezas,no resulta visible a simple vista,

pues, excepto por una franja de color blanco,es del mismo color que el fondo y únicamente

está trazada su silueta.Tiene un ala caída y la cabeza vuelta hacia arriba,

con el pico abierto.Generalmente se ha considerado

un símbolo de la paz rota.

Guerrero muerto.En realidad, sólo aparecen los restos de la cabeza,

brazo completo o antebrazo derecho y antebrazo izquierdo.

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Un brazo tiene la mano extendida.El otro brazo sostiene una espada rota y una flor, que

puede interpretarsecomo un rayo de esperanza dentro de ese panorama

descorazonador.

Bombilla.Es una de las imágenes que más intriga despierta,

imagen ubicada en el centro del cuadro.Se puede relacionar el símbolo bombilla con bomba.Se ha dicho que ésta simboliza el avance científico y

electrónicoque se convierte en una forma de avance social pero al

mismo tiempoen una forma de destrucción masiva en las guerras

modernas.El bombardeo de Guernica pudo ser una prueba de esta

tecnología.

Caballo.Ocupa el centro de la composición.Su cuerpo está hacia la derecha,

pero su cabeza, igual que la del toro,se vuelve hacia la izquierda.

Adelanta una de las patas delanteraspara mantenerse en equilibrio,

pues parece a punto de caerse.En su costado se abre una herida vertical y está,

además, atravesado por una lanza.Tiene la cabeza levantada y la boca abierta,

de donde sobresale la lengua,terminada en punta. Su cabeza y su cuello son grises,

el pecho y una de sus patas,de color blanco, y el resto de su cuerpo

está recubierto por pequeños trazos.

Mujer arrodillada.Otra versión es que la mujer está herida

y se acerca a la yegua para descansar de sus heridas.

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La pierna de la mujer que camina hacia el centro está visiblemente

dislocada o cortada, con una hemorragia que trata de frenar inútilmente

con su mano derecha, por lo que lleva la pierna arrastrada y ya medio muerta.

Tal descripción es reforzada por la coloración blanquecina del pie

que arrastra en comparación al otro que conserva un color más fuerte,

y también comparándolo con los desmembrados miembros del soldado,

que yacen con la misma coloración significando probablemente la pérdida de sangre.

La hemorragia de alguna manera se puede deduciren un sombreado oscuro que parece justo

en la articulación dislocadade la pierna de la mujer.

Mujer del quinqué.Ilumina la estancia con una vela y avanza

con la mirada perdida,como en un estado de shock. Esta mujer

se interpreta como una alegoríafantasmagórica de la República.

Tiene su otra mano aprisionándose el pecho justo entre sus dos senos,

que salen a relucir a través de la ventana.

Casa en llamas.Además, Picasso logra resaltar la expresividad

en la configuraciónde cada uno de los detalles de sus personajes

a través de simples líneas.

Hombre implorando.Un hombre mirando al cielo como rogando

a los aviones que dejen de bombardear,

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está inspirado en el cuadro de Goya:“Los fusilamientos del tres de mayo”.

Es la forma artística de decir“basta de guerras”.