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CANDACE CAMP

Seduzione d'estate

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Summer Seduction

Pocket Books © 2012 Candace Camp

By arrangement with Maria Carvainis Agency, Inc. and Agenzia Letteraria Internazionale

Traduzione di Giorgia Lucchi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special maggio 2013

Questo volume è stato stampato nell'aprile 2013

presso ELCOGRAF S.p.A. stabilimento di Cles (TN)

I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL

ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 175 del 22/05/2013

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano

Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A.

Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Il corpo di lei era caldo e morbido tra le sue braccia, la bocca dolce sotto la sua. L'aria stessa intorno a loro sembrava carica di promesse. Una brezza gli sfiorò la pelle, dandogli un brivido e, in lontananza, si udì il rombo cupo di un tuono. «Jocelyn» mormorò, stringendo le braccia intorno a lei; in quell'istante lei si voltò e scivolò via dal suo ab-braccio, lasciandosi alle spalle una risata. Alec le corse dietro, il corpo vibrante di desiderio, spronato dal brivido della caccia. Lei era bianca e ar-gentea nella luce della luna, la veste fluttuante, i capel-li d'oro scuro che garrivano come una bandiera. Eterea come un sogno, dardeggiò tra le pietre, sempre appena irraggiungibile. Alec svoltò un angolo e lei era svanita; con un brivido gelido si accorse che le pietre intorno a lui erano lapidi. Poi le braccia di lei lo cinsero da dietro e il suo pro-fumo gli solleticò le narici. Alec si voltò e reclamò le sue labbra, insinuandole le mani nella massa folta di capelli. Il calore avvampò dentro di lui, il suo corpo pronto e impaziente. Lei gli si spinse addosso, i seni soffici premuti contro il petto. Alec la desiderava, do-lorosamente. Sollevò il capo e fissò gli enormi pozzi di ametista

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dei suoi occhi. La pelle di alabastro sembrava scintilla-re sotto la luce della luna, i folti capelli neri intrecciati intorno alle sue dita. In quel momento capì che non era Jocelyn. «Damaris!» Un tuono rombò e Alec si svegliò di soprassalto. Rimase immobile per un momento, disorientato nella stanza sconosciuta, prima di riuscire a mettere ordine tra i suoi pensieri e ricordarsi che si era fermato in una locanda lungo la strada per recarsi a fare visita a Lord Morecombe. La tiepida aria estiva soffiava dalla fine-stra aperta, muovendo le tende leggere e si udì ancora il brontolio di un tuono, lontano e cupo. Il corpo di A-lec era ancora pieno di desiderio. Per Jocelyn o per Damaris? Con un sospiro spazientito si mise a sedere, posando i piedi a terra. Non aveva importanza, rappresentava comunque una follia. Ormai il posto di Jocelyn era in una tomba, non era mai stata sua, mai per davvero. Quanto a Damaris... I suoi pensieri si concentrarono sull'attraente giovane vedova che era la migliore amica di Lady Morecombe. Capelli folti e neri come la mez-zanotte, grandi occhi espressivi di un blu tanto scuro e intenso da sembrare viola, con un'espressione distante divertita, corpo dalle curve seducenti che sembrava in-vitare la mano di un uomo. Alec scosse il capo, come per cacciare quei pensieri. Per quanto intrigante potesse essere, Damaris Howard non era per lui. Alec non le aveva lasciato la migliore prima impressione possibile, rifletté, quando, sei mesi prima, era entrato come una furia in casa di Gabriel e aveva cominciato a fare a pugni con lui. Aveva peggio-rato la situazione dimostrandosi scortese nei confronti

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della dama, rifiutando la sua offerta di mostrargli come raggiungere il villaggio. L'orgoglio era un suo difetto, un orgoglio presuntuoso lo avrebbe definito qualcuno, che sdegnava ogni aiuto insieme con pietà o disprezzo. Dopo quell'inizio infausto, Mrs. Howard lo aveva trattato con una cortesia distante che rasentava l'antipa-tia. Il fatto, ovviamente, non gli avrebbe impedito di corteggiarla, dal momento che Alec Stafford non era uomo che rifuggisse da una sfida. Ma lei era una gen-tildonna e, cosa ancora più importante, un'amica di Thea, una delle poche persone che Alec rispettasse. Ciò significava che Damaris non era una donna con la quale sarebbe potuto finire a letto con noncuranza. E Alec non era tanto sciocco da interessarsi a una donna in alcun altro modo. Qualunque svenevole pensiero su amore e matrimonio avesse mai albergato nella sua mente, era morto insieme con Jocelyn. Si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra. La tenda leggera fluttuò, sfiorandogli la pelle nuda e Alec rab-brividì ancora una volta, come nel sogno. Non c'era lu-na, era quasi l'alba e il cielo cominciava a rischiararsi. Il sonno, Alec lo sapeva, ormai era irraggiungibile, pertanto si voltò e cominciò a vestirsi. Ci voleva meno di una giornata a cavallo per raggiungere Chesley, do-ve Gabriel Morecombe viveva con la sua nuova moglie e il bambino che avevano adottato. Se fosse partito su-bito, avrebbe potuto raggiungere il villaggio nel pome-riggio. Quando il sole sorse Alec era già sulla strada. Si fer-mò per mangiare e lasciar riposare il cavallo, però a mano a mano che il villaggio di Chesley si avvicinava, accelerò l'andatura, rarefacendo le pause. Non sapeva da dove venisse l'inquietudine che lo tormentava negli

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ultimi mesi, ma stava diventando sempre più familiare. Sembrava che non riuscisse a sentirsi a lungo a suo a-gio da nessuna parte. Dopo essersi recato in visita a Chesley per il battesimo del giovane Matthew, era tor-nato a casa per accompagnare doverosamente sua so-rella a Londra per la Stagione. Un mese dopo la noia lo aveva indotto a ritirarsi nel Northumberland ma, a dif-ferenza del passato, non era riuscito a stare tranquillo nemmeno a Castle Cleyre. I giorni gli erano sembrati lunghi e vuoti, le notti interminabili, finché aveva deci-so di anticipare il ritorno in città, facendo una devia-zione per passare a salutare i Morecombe lungo la strada, come se non fosse già stato a trovarli in febbra-io. Un comportamento strano, lo sapeva, ma forse un uomo cominciava ad annoiarsi, raggiunta una certa età. O forse, dal momento che Jocelyn era stata trovata e Alec era stato liberato dal lungo periodo di attesa in-certa in cui era vissuto, non sapeva più che fare di se stesso. Oltrepassò un crinale e scorse Chesley di fronte a sé, gli edifici di pietra dei Cotswold scintillavano dorati come miele chiaro nel sole pomeridiano. In lontananza, all'estremità opposta del villaggio, la torre squadrata di St. Margaret si ergeva decisa nel cielo. Lo sorprese sentirsi sollevare l'animo; dopotutto era là che aveva scoperto l'orribile verità su Jocelyn, non solo la sua morte, ma la portata del suo inganno. All'epoca l'aveva perduta da più di un anno, tuttavia si era aggrappato caparbiamente a un filo di speranza, fino agli eventi avvenuti a Chesley. Il villaggio per lui avrebbe dovuto significare solo dolore e perdita, invece Alec ci si era stranamente affezionato.

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Spronò il cavallo al trotto e ben presto raggiunse le prime case di Chesley. Oltrepassò il Blue Boar, dove a-veva alloggiato il Natale precedente. Quando si era re-cato al villaggio per il battesimo a febbraio, Gabriel e Thea lo avevano accolto nella loro casa, nonostante la fuga di Jocelyn avesse messo a repentaglio l'amicizia tra i due uomini, che avevano ripreso a frequentarsi con molta titubanza solo l'inverno precedente. Pertanto Alec esitò, passando davanti alla locanda, domandan-dosi se fosse il caso di prendere una stanza. Decise di proseguire. La strada che conduceva alla Priory passa-va davanti alla casa di Damaris e sarebbe stato educato fermarsi a salutarla, ma il buonsenso prevalse e Alec proseguì verso casa di Gabriel. Il domestico che rispose alla porta della Priory lo fe-ce subito entrare, dopo un inchino. Mentre l'uomo si voltava per accompagnare Alec in salotto, si udì uno strillo acuto, seguito da una risata, e un bambino corse nell'ingresso. Le gambe paffute erano divaricate per mantenere l'equilibrio, come le braccia, il vestito rim-boccato nelle fasce per impedire che inciampasse. Un'espressione gioiosa gli illuminava il viso. Alec sen-tì il cuore stringersi in modo quasi doloroso nel petto. Dietro il bimbo arrivò una donna alta e snella che in-dossava una veste di mussolina alla moda. Anche lei rideva, i grandi occhi grigi espressivi scintillavano die-tro gli occhiali. Le guance erano arrossate e alcune ciocche di capelli castano rossicci erano sfuggite dal-l'acconciatura, incorniciandole indisciplinate il viso. Il bambino si fermò bruscamente quando vide Alec fermo nell'ingresso e, per un momento, lui credette che la risata del piccolo potesse trasformarsi in un pianto spaventato. Aveva un fisico alto e imponente e, lo sa-

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peva bene, nel suo sguardo di ghiaccio e nel viso dal-l'ossatura pronunciata c'era una certa ferocia, che non contribuiva ad ammorbidire il suo aspetto. Più di una volta era capitato che, incontrando Alec, qualche bam-bino si fosse voltato per correre a nascondersi tra le gonne della madre. Matthew Morecombe, tuttavia, sembrava fatto di una pasta più robusta perché, dopo una breve pausa, sorrise, emise uno strillo acuto e cor-se avanti, tendendo le braccia ad Alec. Lui lo guardò confuso, non sapendo bene cosa fare. «Rawdon!» Anche la donna si affrettò verso di lui, sorridendogli. «Dovete prenderlo in braccio, altrimenti non vi lascerà un istante di pace.» Alec si chinò e, cauto, mise le mani intorno alla vita del bimbo, sollevandolo. Matthew si sistemò tranquillo nell'incavo del suo braccio, chiudendo le mani paffute sul bavero del suo soprabito. Matthew gli parve allo stesso tempo pesante e soffice, profumato di latte, la-vanda e bambino; qualcosa nel petto di Alec si sciolse. Il bimbo guardò la donna che gli si fermò di fronte ed emise un altro suono felice. «Sì, ti piace startene lì in alto, non è vero?» Lei sor-rise al piccolo, poi si concentrò su Alec. «Sono così fe-lice di vedervi! Gabriel non mi ha detto che sareste ar-rivato, dovrò redarguirlo.» «Vi prego, non fatelo, la colpa è mia. Vi chiedo per-dono, Lady Morecombe, non vi ho scritto per avvertir-vi. Stavo tornando a Londra da casa e, di punto in bian-co, ho deciso di recarmi a fare visita al mio figlioccio.» Negli occhi di Thea Morecombe ci fu un lampo di sorpresa, subito nascosto; Alec arrossì, consapevole, benché la sua ospite fosse stata troppo cortese per com-mentare, di come il villaggio di Chesley fosse ben lon-

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tano dal tragitto che dal Northumberland conduceva a Londra. «Siamo felici che siate venuto» disse Thea con un sorriso cordiale. «Ma mi sembrava avessimo stabilito che mi avreste chiamata Thea. Dopotutto siamo quasi parenti, dal momento che siete il padrino di Matthew.» Alec le sorrise e i tratti duri del suo volto si addolci-rono impercettibilmente. «Ne sono onorato, Thea.» Benché tenesse il bambino in braccio, eseguì un in-chino impeccabile. Matthew gorgogliò deliziato per il movimento e serrò le dita sul soprabito di Alec. «Ma solo se voi mi chiamerete Alec.» «Alec!» Un uomo alto con i capelli scuri si diresse a grandi passi verso di loro, sorridendo. «Cosa ci fai qui? È maledettamente bello vederti.» «Gabriel! Ti ringrazio. Temo di essere piombato senza un invito.» Alec si mosse verso l'amico, strin-gendo la mano che Gabriel Morecombe gli tendeva. «Sciocchezze. Sei sempre il benvenuto, ogni volta che desideri venire a trovarci.» Ad Alec sembrò naturale ritrovarsi nell'ingresso con Gabriel, dopotutto erano stati amici fin da quando ave-vano quindici anni; ma allo stesso tempo sentì una punta di imbarazzo, perché era difficile dimenticare l'a-lienazione che li aveva separati per più di un anno. Per un momento non seppe cosa dire, poi Matthew si pro-tese in avanti, farfugliando mentre tendeva le braccia a Gabriel. «Dunque hai deciso di lasciarmi?» chiese Alec, di-vertito. «Traditore.» Gabriel ridacchiò mentre prendeva in braccio il bim-bo. «Spera che la mia presenza significhi che tra poco mangerà.» Chinò il capo e solleticò il collo del bambi-

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no, scatenando un parossismo di risatine. «Penso, invece, che speri di potersi rotolare sul pavi-mento con te» lo corresse Thea asciutta, avanzando per prendere il bambino. «Vieni qui, tu. È ora del tuo piso-lino.» Sorrise ai due uomini. «Porto Matthew alla sua balia, così voi due avrete tempo per chiacchierare.» I due rimasero a guardarla salire le scale con il bim-bo in braccio. «Devi essere molto felice» osservò Alec. «Infatti.» Il sorriso sfavillante che l'amico conosceva bene emerse sul volto di Gabriel. «Spero che un giorno anche tu conoscerai questa felicità.» Alec sorrise asciutto, l'espressione che aveva impa-rato ad assumere per ribattere ad affermazioni del ge-nere. «Ahimè, temo di essere destinato a rimanere sca-polo.» Non guardò l'amico; Gabriel era uno dei pochi a sapere quanto, un tempo, Alec avesse sperato di negare quel fatto. «Avrei detto lo stesso di me stesso un anno fa» ribat-té Gabriel allegro. «Prima che Thea mi aprisse gli oc-chi.» Indicò il retro della casa. «Vieni. Beviamo qual-cosa per ripulirti la gola dalla polvere della strada, poi mi racconterai come stai.» Si diressero nello studio di Gabriel, chiacchierando. Alec rimase sorpreso da quanto fosse facile tornare a conversare insieme; d'altra parte, Gabriel aveva sempre avuto il dono di saper mettere a loro agio le persone, talento che Alec non aveva mai avuto e non avrebbe saputo come sviluppare. Per sua fortuna, pensò, non ne aveva molto bisogno. «Temevo vi foste trasferiti a Londra o a Morecombe Hall» disse mentre si accomodava su una poltrona. Nello studio, rivestito di pannelli di legno scuro, aleg-giava un gradevole profumo di cuoio e tabacco.

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Gabriel si strinse nelle spalle mentre porgeva all'a-mico un bicchiere di Porto, poi si sedette sulla poltrona di fronte all'altra. «Abbiamo trascorso un mese a Hall affinché Matthew potesse vedere sua nonna. Poi siamo stati a Londra. Thea ha adorato il teatro e io non ho mai trascorso tanto tempo in librerie e musei.» Gabriel sembrava sorpreso dal proprio comportamento e Alec rise piano. «Ma, per essere franchi, ci mancava la Priory. E Chesley. Ormai mi sono lasciato addomesti-care completamente.» «Sembra che la cosa ti si addica.» Morecombe annuì. «Thea dice che Matthew mi tiene in pugno. Temo sia del tutto vero, ma mia moglie non menziona il fatto che lo stesso si potrebbe dire di lei.» Alec provò di nuovo la strana sensazione di prima nel petto, un misto pungente di dolore e delizia. «Ho visto Jocelyn nel viso di Matthew.» Non disse che ave-va visto anche Ian, meglio non pensarci. Gli occhi di Gabriel divennero seri alle sue parole e l'amico annuì. Un silenzio imbarazzato calò tra i due. La madre di Matthew, Jocelyn, era la sorella di Gabriel e, quando lei aveva rotto il fidanzamento con Alec, fuggendo, Gabriel aveva incolpato Alec. Solo quando Matthew era apparso a Chesley, abbandonato nella chiesa del villaggio dove era stato trovato da Thea Bainbridge, era emersa la verità. Incinta del suo aman-te già sposato, Jocelyn aveva accettato la proposta di matrimonio di Alec, ma alla fine non era stata capace di continuare quella messinscena. Era fuggita sul Con-tinente, dove aveva partorito il suo bambino, ed era ri-masta là finché, prossima alla morte di crepacuore, era tornata in Inghilterra per affidare il suo bambino alle cure del fratello. Non era vissuta abbastanza per riusci-

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re a portare Matthew fino a casa, ma tutto si era risolto per il meglio e il bambino aveva condotto Thea nella vita di Gabriel. Sposatisi poco dopo Natale, i due sta-vano crescendo il bimbo come se fosse loro. Alec si mosse sulla poltrona. «Come sta il resto di Chesley? Il reverendo Bainbridge? E Mr. e Mrs. Cliffe? Mrs. Howard?» Pronunciò l'ultimo nome con noncuranza e subito abbassò lo sguardo sul liquore che teneva in mano. Gabriel lo guardò e una scintilla divertita balenò nei suoi occhi. «Il fratello di Thea è sempre lo stesso. Sen-za dubbio ti riempirà le orecchie parlandoti di un arti-colo che ha letto sul Vallo di Adriano. Temo mi trovi molto carente come genero. Gli ho confessato che mi ero recato in visita da te a Castle Cleyre svariate volte, senza mai andare a vedere la fortificazione.» Alec rise piano. «In effetti per lui ciò deve equivale-re a una specie di sacrilegio. Dovrò andare a trovarlo. Mi ha scritto uno studioso, domandandomi il permesso di scavare nelle mie proprietà alla ricerca di reperti di un fortilizio romano. Penso che glielo consentirò, ho pensato che a Bainbridge potrebbe far piacere venire a trovarmi durante gli scavi.» «Buon Dio! Daniel sarà tuo amico per il resto della vita se lo inviterai.» Gabriel fece una pausa, osser-vando il volto di Alec mentre proseguiva. «Dobbiamo organizzare una cena mentre sei qui. Un vero peccato che Mrs. Howard non sia a Chesley.» Alec rimase profondamente deluso, ma era troppo a-bituato a nascondere i suoi sentimenti per darlo a vede-re. «Davvero? Me ne dispiaccio. Sono sicuro che Lady Morecombe deve sentire molto la sua mancanza.» «Senza dubbio. Ma non starà via molto. Un breve

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viaggio a Londra. A quanto ho capito doveva fare alcu-ni acquisti.» «Bene, ti prego di porgerle i miei saluti al suo ritor-no.» «Certo.» Un sorriso malizioso balenò negli occhi di Gabriel. «Donna bellissima, Mrs. Howard.» Alex scoccò un'occhiata tagliente all'amico, ma non era mai stato immune all'umorismo di Gabriel e, dopo un momento, rise. «Che il diavolo ti porti! Non sono interessato a Mrs. Howard.» Gabriel non rispose, tuttavia lo scetticismo era evi-dente sul suo volto. «Ti dico di no» ribadì Alec. «So apprezzare la bel-lezza senza sentire il desiderio di appropriarmene.» «Mmh. Quante volte ti sei invaghito di un'opera d'ar-te senza poi acquistarla?» «Se si trattasse solo di denaro, credimi, sarebbe mol-to diverso» ribatté Alec. «Ma temo che il prezzo di una gentildonna come Mrs. Howard sarebbe troppo alto per me.» L'espressione divertita scomparve dal volto del suo amico; Alec sapeva che Gabriel capiva fin troppo bene cosa si celasse dietro il suo disinteresse nel corteggiare una dama. Distolse lo sguardo, non gli interessavano le scuse di nessuno, tanto meno la pietà. «Ebbene, faremo del nostro meglio per intrattenerti» dichiarò Gabriel, disinvolto. «Anche senza il fascino dell'incantevole Mrs. Howard. Vieni.» Posò il suo bic-chiere e si alzò. «Lascia che ti mostri la tua camera, al-trimenti Thea mi rimprovererà per non averti dato mo-do di riposare dopo il viaggio.» «Certo» concordò Alec, alzandosi per seguire l'ami-co. L'assenza di Mrs. Howard non faceva alcuna diffe-

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renza; si era recato a Chesley per vedere i suoi amici e il suo figlioccio. I sogni non avevano alcuna importan-za alla luce del giorno. Gabriel mantenne la parola e intrattenne l'amico in modo assai gradevole. In campagna era possibile orga-nizzare una cena con un solo giorno di preavviso e, benché la famiglia di Mr. Cliffe, il vicario e un colon-nello in pensione, non fossero esattamente la più sofi-sticata delle compagnie, erano persone gradevoli e fa-cili da divertire. Come predetto da Gabriel, Daniel Bainbridge rimase quasi senza parole per la gioia all'i-dea di poter partecipare agli scavi di una rovina roma-na e insistette affinché Alec si recasse da lui per un tè il pomeriggio seguente, per discorrere della visita pro-postagli. Per la verità, tuttavia, ciò che divertiva maggiormen-te Alec era stare con il piccolo Matthew. La vista del viso solare del piccolo lo riscaldava immancabilmente e aveva scoperto che, se sollevava il bimbo sopra la sua testa, Matthew esplodeva in una cascata di risate. A volte gli sembrava che una mano spettrale gli strin-gesse il cuore, mentre guardava il figlio della donna che un tempo aveva amato. La cosa più bella era quando Matthew correva verso Alec tanto velocemente quanto le sue gambette gli con-sentivano, come in quel momento. Alec si accucciò, a-prendo le braccia per accoglierlo e Matthew, con sua grande sorpresa, gli stampò un bacio umido e appicci-coso sulla guancia. «Sembrate molto a vostro agio tenendolo in braccio» gli disse Thea con un sorriso. «Davvero?» Alec sollevò le sopracciglia. «Non rie-

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sco a immaginare perché. Non ricordo di aver mai te-nuto in braccio un bambino prima.» «No? Sospetto non ci voglia molta pratica, solo vo-lontà. Non sapevo quasi nulla di bambini prima di Mat-thew.» «Ha cambiato molte vite, non è vero?» mormorò A-lec, fissando gli occhi azzurri del bambino. La balia arrivò per portare Matthew a fare il suo ri-posino. Alec si scoprì inspiegabilmente riluttante all'i-dea di separarsi dal piccolo, ma era ora di andare a prendere il tè dal vicario. Si scusò con Thea e, dal momento che era una gradevole domenica pomeriggio, decise di attraversare a piedi le rovine dell'antica abba-zia, invece di prendere il cavallo per percorrere la stra-da fino alla canonica. La Priory, dove vivevano i Morecombe e la chiesa di St. Margaret, dalla parte opposta delle rovine, erano gli unici edifici ancora intatti dell'ampio convento che un tempo aveva occupato quella parte del villaggio. Dei chiostri e dei fabbricati annessi ormai restavano solo qualche muro e cumuli di pietre. Dietro le rovine si tro-vava il cimitero della chiesa e, vedendo le lapidi, Alec ricordò il sogno in cui rincorreva Jocelyn fra le pietre tombali. Ripensò a come l'avesse catturata e baciata, per poi ritrovarsi Damaris tra le braccia. Si riscosse da quella fantasticheria e si rese conto di essersi fermato, perso nei suoi pensieri. Era completa-mente solo, la massiccia chiesa di pietra incombeva di fronte a lui. D'impulso, Alex si diresse verso la chiesa, invece di oltrepassare il ponticello che conduceva alla canonica. L'antica porta di legno massiccio si chiuse dietro di lui mentre Alec passava dal vestibolo al santuario. Fu

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accolto dal silenzio; la luce entrava dalle finestre isto-riate poste lungo le pareti esterne, regalando sfumature delicate alle panche di legno e ai pavimenti di pietra secolari. La chiesa, come molte altre chiese antiche, era a forma di croce, con due bracci più corti che si al-largavano poco prima dell'altare. Alec si spostò nella piccola cappella a sinistra. Una cancellata di ferro battuto la separava parzialmente dal resto della struttura e la nicchia conteneva solo poche panche strette. Lungo la parete più lontana, sotto la fi-nestra, si trovavano i due sepolcri di pietra di un cava-liere e della sua sposa, entrambi effigiati sui coperchi scolpiti. Erano inondati dalla luce delicata azzurra e gialla che filtrava dalla finestra istoriata. Sulla parete ampia accanto ad Alec si trovava una statua di St. Dwynwen, la santa gallese patrona dell'amore, che il cavaliere aveva portato con sé fin dal Galles, insieme con una moglie gallese. Damaris aveva raccontato la leggenda ad Alec quan-do avevano visitato la chiesa per il battesimo di Mat-thew: di come il cavaliere fosse stato convinto di esse-re riuscito a conquistare il cuore della sua dama grazie all'intercessione della santa e, conseguentemente, aves-se riportato la sua statua a casa con sé, erigendo la cap-pella in suo onore. Da quel momento, secondo le cre-denze locali, le preghiere rivolte alla santa erano esau-dite, se chi pregava aveva il cuore puro e amorevole. Alec non era certo di cosa significasse, ma notò che accanto alla statua ardevano due candele. Era chiaro che qualcuno credeva alla leggenda. Si avvicinò alla statua e la osservò per un momento; era rozza e palesemente molto antica, qua e là mancava qualche pezzo ed era percorsa da crepe profonde. Ep-

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pure c'era qualcosa di rasserenante nel viso scolpito con mano rozza, un'espressione pacifica, addirittura a-morevole. Alec si voltò e si sedette su una panca, fis-sando il battistero dalla parte opposta del santuario. Pensò al giorno di febbraio in cui si era trovato accanto al fonte battesimale scolpito mirabilmente. Gabriel e Thea erano accanto a lui, il bambino tra le braccia di lei, le gambe a penzoloni mentre Daniel Bainbridge leggeva le parole solenni della Bibbia. Di fronte ad Alec, dalla parte opposta del fonte battesima-le, c'era Damaris Howard. Indossava un mantello di velluto per proteggersi dal freddo invernale della chie-sa e il colore viola scuro dell'indumento enfatizzava il blu intenso degli occhi. Alec ricordava di averla fissata a lungo, lo sguardo ammaliato dai capelli neri lucidi e folti, le guance soffici come crema, la curva allettante delle labbra. Rammentò di avere indugiato in pensieri del tutto impudichi proprio là, nel più sacro dei luoghi. Si domandò cosa stesse facendo Damaris a Londra. Acquisti, aveva detto Gabriel e la cosa non lo sorprese; ogni volta che Alec aveva visto Damaris, lei vestiva al-l'ultima moda. Senza dubbio si sarebbe recata anche a teatro e all'Opera, avrebbe danzato a qualche festa. Forse, se fosse rimasto a Londra, l'avrebbe incontrata. Non che avesse alcuna importanza. Si mosse inquieto sulla panca dura, chinandosi in a-vanti per appoggiare gli avambracci sulla panca anti-stante e posare il mento sulle mani unite. I suoi pensie-ri tornarono ancora al battesimo, ai volti di Gabriel e Thea, illuminati dall'amore, lo stesso amore che ardeva ancora in loro. Erano passati solo pochi mesi, ma Alec era certo che quel sentimento sarebbe durato, avrebbe-ro allevato Matthew con cura in un ambiente felice,

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probabilmente presto gli avrebbero dato dei fratelli. Sarebbero invecchiati insieme. Non poté fare a meno di avvertire una fitta di gelosi-a. Non invidiava loro la felicità; al contrario, si sentiva scaldare il cuore da quell'emozione, era come stare ac-canto a un fuoco rovente. Il fatto che, a paragone, la sua vita sembrasse vuota e prosciugata non era colpa loro. Una volta, per breve tempo, Alec aveva sperato che il suo futuro sarebbe stato altrettanto luminoso e dolce quanto il loro, ma quella speranza era morta poco dopo essere nata. In quel momento, per un istante, pri-ma che Alec potesse bandire tali emozioni, fu trafitto dalla consapevolezza dolorosa della sua vita solitaria e desiderò disperatamente poter conoscere la medesima gioia nella propria vita. Sbuffando, disgustato da quelle scempiaggini, si al-zò. Era sciocco abbandonarsi a pensieri del genere, non c'era niente di sbagliato nella sua vita. Al contrario, molti gliela avrebbero invidiata. Era il Conte di Ra-wdon, era ora di smetterla di vagabondare come un tu-racciolo nell'oceano. Doveva tornare a Londra, alla sua vita. Uscì dalla chiesa senza guardarsi alle spalle.

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KASEY MICHAELS Londra, 1810 - Gideon Redgrave, Conte di Saltwood, rifiuta catego-ricamente di sentirsi umiliato dallo scandalo che un tempo ha rischia-to di distruggere la sua famiglia. L'affascinante aristocratico ha co-struito la sua vita attorno a una semplice regola: non fidarsi di nessu-no. Ma quando incontra la bellissima e audace Jessica Linden...

Consigli di fascino VICKY DREILING

Londra, 1817 - Marc, Conte di Hawkfield, ha accettato di fare da tu-tore a Lady Julianne Gatewick durante una nuova Stagione londinese. Lei, che ha coltivato una dolce infatuazione per Marc, fin da bambi-na, pensa che finalmente sia arrivata l'ora tanto sospirata. Di fronte al disinteresse del conte, però, Julianne medita vendetta.

Un segreto tra noi MARIANGELA CAMOCARDI

Regno Lombardo-Veneto, 1848 - Il mistero che aleggia sulla fine del-la sorella Loretta induce Emma Savoldi a presentarsi alla villa del co-gnato, il Visconte Alexander Lippi Monzani, per indagare con discre-zione su di lui. Un turbine di scintille si sprigiona da subito tra loro, generato da un'attrazione irresistibile...

La vendetta del visconte DELILAH MARVELLE

New York City - Londra, 1830 - 1831 - Chi è veramente il Visconte Nathaniel Atwood, un uomo dai modi degni di un furfante e il nome altisonante di un lord? Sottratto in tenera età alla famiglia, ha impara-to a cavarsela nei sobborghi di New York prima di poter tornare, or-mai adulto, in Inghilterra a reclamare il titolo che gli spetta di diritto.

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