Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete...

313

Transcript of Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete...

Page 1: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non
Page 2: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

Graziella Mezzanotte

Martin Carrye l’imperatore della musica scomparsa

VerdechiaroEdizioni

Page 3: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

© 2010 Verdechiaro EdizioniVia Montecchio, 2942031 Baiso (Reggio Emilia)

ISBN 978-88-6623-114-1

Progetto grafico interni e copertina:Francesca Parravicini

Nessuna parte di questa pubblicazione, inclusa l’immagine di copertina, può essere riprodotta in alcuna formasenza l’autorizzazione scritta dell’editore,a eccezione di brevi citazioni destinate alle recensioni.

Page 4: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

A mio padre e mia madre.Papà, la tua Olivetti lettera 32 è ancora funzionante e la tengo molto cara.

Mamma, Valentino è ancora vestito di nuovo…

A Giulio e Benedetta, i miei figli.Grazie, ragazzi, per tutto il sostegno,

e perché ci siamo sempre accompagnati.A Ruggero e Ilaria, i loro splendidi compagni.

Ai cuccioli di casa, Leonardo e Letizia.Buon viaggio, piccolini. E buona musica.

A Titta, la nostra fatina.Ad Alessandra, la nostra pioniera.

A tutte le stelle in cammino.

Page 5: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

Prefazione

Era il 1991 quando i personaggi principali di questa storia iniziarono a presen-tarmisi in ordine sparso. Mi divertii un sacco, quell’anno, ad annotarli, così come arrivavano, su diversi notes, quaderni e quadernoni. Lo facevo principalmente sul tavolone della cucina di casa mia, con carta e penna, perché a quei tempi il computer era per me un mostro invasore di cui mi era del tutto impossibile in-terpretare il linguaggio.

Arrivarono in ordine sparso, dicevo, questi personaggi: e accidenti se capivo che cosa volessero da me. Avevo già inventato nel passato piccole favole per i miei bam-bini; ma tipi così strani non me ne erano mai comparsi. Pensavo addirittura che ognuno avesse con sé il suo racconto, che vivessero in storie separate. Fatto sta che li lasciai lì in attesa di ulteriori istruzioni.

Poi, nel settembre del 2005, sono tornati, questa volta tutti insieme: e ho ca-pito che era insieme che volevano restare, e che le loro voci unite volevano intes-sere un canto d’amore. Li ho lasciati andare e venire e girare come volevano nei luoghi che via via mi indicavano: in poche parole, li ho lasciati fare, ed ecco che cos’hanno raccontato. E man mano che scrivevo mi è stato chiaro che molti anni fa, quando si preannunciarono, volevano con somma intelligenza mantenermi curiosa, ma sapevano bene che non ero pronta, allora, per comprendere appieno ciò che volevano dire. È per questo che mi hanno aspettata con pazienza.

E di questo li ringrazio, come anche li ringrazio di avere scelto proprio me per il loro racconto: me ne sento felice e onorata.

G.M.

Page 6: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

Martin Carry e l’imperatore della musica scomparsa

I problemi generati da un certo ordine di ideenon possono venire risolti se non facendo ricorso

a un ordine di idee di livello superiore.

Albert Einstein

Page 7: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

i

Come fu che Gaspar scomparve all’improvviso dal paese di Fiotuns, nella Norvegia occidentale, nessuno se lo seppe spiegare con precisione. In tutti gli anni in cui aveva vissuto lì, cioè dal giorno in cui vi era arrivato da non si sa dove, non aveva mai fatto nessuna sorpresa del genere, e nemmeno di altro genere. D’altro canto, il paese di Fiotuns era il luogo meno adatto per aspettarsi delle sorprese. Era quan-to mai tranquillo, e niente d’imprevedibile vi succedeva, a meno che non fosse previsto da tempo. I suoi abitanti amavano incontrarsi nella buona stagione nella piazzetta del mercato, e d’inverno nell’unica taverna, e parlare pacatamente delle cose di tutti i giorni: i prezzi della frutta e della verdura, la pesca di quella stagione, la conservazione dello stoccafisso e la riverniciatura delle case dei pescatori.

Così la vita scorreva.Gaspar era un omino piccolo e mediamente bruttino, cosa gradita a Fiotuns,

dove non erano ben visti quelli che spiccavano troppo per fascino o altre stranez-ze, poiché c’era sempre il timore che portassero scompiglio. Era molto benvolu-to perché sapeva fare proprio di tutto: riparare computer e marmitte, costruire seggiole e lucidare vecchie maniglie di portoni, aggiustare i fili della biancheria, limare il becco alle galline quando se lo scheggiavano contro qualche pietra, e – si diceva – anche altre cose segretissime, come preparare rimedi contro i foruncoli e le distorsioni, cosa che però non faceva mai per non dare dispiacere al farmacista, e non era finita qui – qualcuno assicurava.

Nei confronti dell’autorità era disciplinato e ossequiente: non aveva mai preso una contravvenzione in tutti quegli anni, non faceva schiamazzi e andava rego-larmente a votare. Salutava sempre con garbo chiunque passasse davanti alla sua piccola bottega, ma se a passare era il sindaco lui usciva in strada per fargli un lungo e profondo inchino. A molti compaesani questo particolare atteggiamento sembrava eccessivo, ma chi è che non ha difetti?

Soprattutto Gaspar non si lamentava mai di nulla, aspetto, questo, molto ap-prezzato, perché consentiva ai suoi compaesani di lamentarsi con lui di tutto, sapendo che non una parola sarebbe uscita da quel negozietto.

Page 8: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

Per questo insieme di fattori e altro ancora, fu con grande sgomento che una mattina i cittadini di Fiotuns notarono che il negozio di Gaspar era aperto, ma lui era sparito. Impossibile pensare che si fosse assentato per qualche servizio nei paraggi, perché in tanti anni non aveva mai mancato, prima di andarsene, di chiudere a chiave la vecchia porta a vetri. Invece quel mattino la signora Piersson l’aveva trovata addirittura spalancata! «Non accostata così» spiegava alle vicine socchiudendola, «ma proprio spalancata, così!» e la riapriva del tutto, causando gli improperi dei poliziotti intervenuti per fare rilievi.

Un piccolo capannello di persone attese a lungo lì davanti, si può dire fino a sera, e volarono le più svariate congetture, ma Gaspar non riapparve. Quello per Fiotuns fu un giorno epocale, il giorno del Più Terribile Imprevisto Della Storia – finché a chiarire l’arcano, creando comunque un altro arcano, arrivò il vecchio Potimol che per pregustarsi più a lungo la cosa se l’era presa comoda, e mastican-do la pipa disse di aver visto la sera prima Gaspar parlare con uno straniero.

«Oooh! Uno straniero?!» mormorò il paese in coro.«Sì, uno straniero» ribadì Potimol, con aria da uomo vissuto. «Un tipo alto e

distinto. Aveva un mento puntuto, con una cucuzza a uovo e capelli corti e lisci, un mantello grigio e due occhi… brrr… lunghi, grigi anch’essi, infidi, attenti, lampeggianti…»

I bambini si strinsero alle madri, qualcuno si tirò giù le maniche del maglioncino.«Aveva una valigetta ventiquattrore in mano e con Gaspar pareva gentile. Non

so altro» tagliò corto, e riprese a masticare la pipa.«E come mai noi non l’abbiamo visto?» si chiesero a vicenda i cittadini di Fiotuns.

Era incredibile che un avvenimento di quel genere fosse sfuggito a tutti meno uno.«A giudicare da quegli occhi, era uno che sapeva bene come fare a evitare i vostri

sguardi indiscreti» rispose Potimol. «Io l’ho visto perché Gaspar mi aveva detto di andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non gira più anima viva. È per quello che non l’avete visto. E d’altronde non vi siete persi niente. Io ho ancora i brividi e, a giudicare dallo sguardo che quel tipo mi ha lanciato, non posso dire che sia stato contento di vedermi. Be’, buonasera a tutti, tanto Gaspar qui non ci ritorna» concluse Potimol, e se ne andò, non prima di aver ricevuto dai poliziotti l’invito formale a presentarsi nel loro ufficio il giorno dopo.

Per un po’ di tempo a Fiotuns si continuò comunque ad attendere Gaspar, caso mai, tornando, avesse avuto qualcosa di emozionante da raccontare – di emozio-nante ma non troppo, perché sarebbe stato suo dovere anche tornare per tran-quillizzare finalmente il paese. I telegiornali locali parlarono ripetutamente delle indagini, che si prevedevano lunghe e laboriose, si diceva, finché un bel momento

8

Page 9: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

non se ne parlò più; e l’attenzione dei cittadini di Fiotuns si spostò di nuovo sul tempo, i prezzi delle verdure e dello stoccafisso e la riverniciatura delle case dei pescatori – anche se tutti, passando davanti alla vetrina del negozietto di Gaspar, gettavano dentro un’occhiata desolata, e sul paese ormai gravava quell’aria pesante di giallo non risolto.

E a ogni modo nemmeno il paese di Fiotuns era destinato a salvarsi dagli avve-nimenti che ebbero luogo dopo qualche tempo e riguardarono tutto il pianeta.

9

Page 10: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

ii

Una mattina a New York accadde un fatto strano.Mike Scott si era alzato come sempre alle sette nel suo appartamentino a Manhat-

tan con vista panoramica, e si stava preparando per recarsi in ufficio alla Smithson & Co., notissimo studio di Statistica e Scienza Avanzata, dove lavorava come con-sulente informatico. Mentre si radeva, era solito accendere la radio per ascoltare qualche buona canzoncina. Inoltre gli gustava parecchio darsi il buongiorno pas-sando dalla camera al bagno e di qui alla cucina con alcuni passetti ritmati – uno due uaah uaah, love me baby – mentre si abbottonava la camicia e si versava i corn flakes nella scodella.

Così fece anche quel giorno, sintonizzandosi su Radio Dj Uno Star, emittente nota per la ricchezza delle sue selezioni musicali; ma dal suo apparecchio non uscì l’ombra di una canzone.

Cambiò stazione, più e più volte: onde medie, onde corte e onde così così, ma la radio trasmetteva solo notiziari di insulsa pubblicità.

Sarà morto qualche pezzo grosso, pensò. Succede sempre così quando muore qualcuno d’importante. Oppure sarà un anniversario che io al momento non mi ricordo.

Per consolarsi accennò un motivetto, ma la sua voce non gli ubbidiva. Era come se la sua gola avesse dimenticato le note.

Eppure non mi sembra arrossata, riflettè esaminandola allo specchio.Comunque Mike Scott rinunciò alla musica e ascoltò con rassegnazione un

piccolo-seminario-sull’opportunità-di allevare-i pesci rossi-in ambienti-troppo-luminosi.

Quella mattina però si rase con meno piacere, la strada per andare in ufficio gli sembrò più lunga del solito, si irritò con un pedone al semaforo perché passava col giallo e dovette mettere un cucchiaino di zucchero in più nel suo caffè.

Lavorava da circa un’ora, quando la sua collega Brenda Jones, segretaria del dottor Smithson, gli si avvicinò: «Mike, mi vorresti per favore prendere le telefo-nate per qualche minuto? Faccio un salto qui all’angolo.»

10

Page 11: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

«Qualcosa non va?» s’incuriosì Mike. Non capitava spesso che Brenda Jones facesse un salto all’angolo.

«Ma no, niente d’importante. È solo che il mio lettore cd non funziona…» «Guarda guarda, il lettore cd… E l’autoradio l’hai controllata per caso?» «Be’, sì, ho provato…» «Avrai cercato Radio Dj Uno Star, credo, se ti conosco un po’.» «Sì, ma…» «Ma non funzionava, vero?» «Ecco, no, nemmeno quella, e mi è sembrato…» «… Ti è sembrato strano. Dì un po’, Brenda, scommetto che dopo hai cercato

ancora ma non sei riuscita a sintonizzarti su un accidente di musica, folk, rock, pop, soft o che altro.»

«E tu questo come lo sai?» si stupì Brenda.«Non ci badare. Faccio un’altra scommessa: non riesci nemmeno a cantare.» «Oh, questa poi! Ma sì che ci riesco!» Come può fare Mike un’affermazione del genere sulla mia ugola? si disse Bren-

da. È mia da sempre, lo saprò io, no? E per dimostrargli quanto fosse stupida quella scommessa, intonò lì per lì la canzone Over the sea with you forever di Paula Camp, la voce più dorata del momento.

Ma soltanto un terribile gracchiare riempì l’aria, e tutti i colleghi della sala com-puter, oltre ai clienti della Smithson & Co. seduti in sala d’attesa, fecero un balzo all’indietro. La signorina Pibbins si affacciò all’uscio: «Hai bisogno di qualcosa, Brenda? Stai bene? Ti porto un tè caldo?» domandò premurosa, e anche un po’ in-curiosita. Non era normale che quella ragazzina così efficiente e incantevole man-dasse grida del genere.

«Io… mi scuso, non capisco…» fece Brenda mortificata, strofinandosi la gola.Mike Scott non disse niente. Si pizzicava il mento e pensava.Non sapevano, i due, che la stessa cosa stava accadendo al di là dell’oceano.

Proprio nello stesso momento, Peppino Scamone, portiere di notte all’hotel Gol-fo d’Argento di Napoli, si era svegliato dal riposo mattutino. Erano le quattro del pomeriggio e Peppino si era alzato per prepararsi una bella tazzina di caffè; poi gli era venuto in mente di concedersela, come coccola straordinaria, al bar sotto casa. Così era sceso e aveva consumato con grande soddisfazione il suo espresso in tazza grande mentre scambiava due chiacchiere col barista sulle condizioni del mare e sulle ultime nuove del quartiere Mergellina.

Stava tornando in casa con un sacchetto di sfogliatelle fresche fresche da con-dividere con sua moglie Annunziatina, detta Nina, e già per le scale si pregustava

11

Page 12: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

12

il sapore paradisiaco della ricotta con i canditi mentre sgusciava al primo boccone da quell’involucro di pasta a listerelle che scricchiolava sotto i denti, e per l’alle-gria si era messo a fischiettare L’aurora di bianco vestita, ovvero l’aria della serenata con cui aveva conquistato, trentasette anni prima, la sua sposa.

Ma solo un soffio senza colore era uscito dalle sue labbra. «Oh bella» fece perplesso. «Eppure me la ricordo bene. Faceva così: “L’aurora di

bianco vestita già l’uscio dischiude al gran sol; di già con…”» Ma smise aggrottan-do le sopracciglia, perché le parole erano sfilate via dalla sua bocca fredde come un telegiornale.

Comunque un portiere di notte che alle ore sedici di un tiepido giorno di mag-gio sta salendo le scale con le sfogliatelle non ha motivo di mettersi nei pensieri per una canzone. Così Peppino Scamone non si era preoccupato più di tanto ed era rincasato tutto contento.

Ventuno ore dopo che Brenda Jones aveva gracchiato, il violinista Kei Okamori, dietro le quinte del teatro delle Ninfee di Tokyo, stava preparando il suo stru-mento. Ogni tanto sbirciava fuori. Intorno a lui, e poi di fronte, e poi in alto a destra, in basso e al centro, si accendevano mano a mano le luci della sala: Kei Okamori si sentiva tutto effervescente d’emozione. Stava per essere ammesso a far parte dell’Orchestra Imperiale come violino solista, e quella sera doveva tenere un concerto davanti al primo ministro e ad alti dignitari di Corte.

Kei guardava le luci e s’immaginava già sulle scene di tutto il mondo, applaudito da conti, contesse e presidenti assieme all’orchestra imperiale.

Le nove di sera: le luci si spensero. Nella sala gli orecchini e i bracciali delle si-gnore mandavano scintillii discreti. Kei apparve sul palco. Un lungo applauso, poi un’attesa quasi mistica pervase la sala. Non un respiro più forte attraversava l’aria.

Fu in quel silenzio perfetto che il violino di Kei Okamori, appena sollecitato dall’archetto, mandò il più sconvolgente stridio di ferraglia strofinata che mai orecchio avesse udito. Kei svenne. Al console dello Stato di Cunabilla si rizzarono tutti i capelli, che poterono essere ricomposti solo parecchie ore dopo, e dopo molti massaggi con unguenti speciali. La moglie del console perse la dentiera, che fu ritrovata soltanto il venerdì successivo sotto il banco del tecnico delle luci.

Dovunque, ormai, non si contavano più i concerti mancati, gli strumenti spezza-ti, le canzoni rimaste a metà; e a poco a poco gli uomini si resero conto che la mu-sica stava scomparendo dal mondo. Chiusi i teatri e le discoteche, gli orchestrali mandati a casa, i direttori licenziati. Fallite le radio private, i danzatori fermi con le loro scarpette appese al muro, dappertutto rimasero solo parole, parole senza

Page 13: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

13

colore o poveri, freddi silenzi: perché anche il silenzio può essere di tante specie, ricco o povero a seconda di quel che c’è dentro.

Dapprima la gente se ne disperò. Gli esperti fecero convegni, si organizzaro-no ricerche scientifiche internazionali coordinate, a seguito delle quali furono diramati comunicati che attribuivano la responsabilità allo smog, ai pesticidi, al-l’inquinamento acustico, alle piogge acide; i telegiornali diedero grande spazio al tema e qualcuno sostenne che facendo un certo tipo di scongiuri la musica sareb-be tornata. Ma nel frattempo un male strano si stava impadronendo del mondo: i colori sbiadivano in modo inavvertibile ma costante, mentre i boschi e i giardini assumevano giorno dopo giorno un aspetto sempre più polveroso e sfibrato, e nella gente s’insinuava a poco a poco una crescente apatia. Spaesate le persone continuavano la loro vita, con idee sempre più confuse e pervase da un senti-mento d’indifferenza; i gesti rallentati, i sorrisi scomparsi, ognuno trascorreva le giornate in preda a un’indefinibile malinconia che spesso sfociava in episodi di rabbia pericolosa, e si sentiva pure di individui pronti per un niente a impugnare spranghe e coltelli; e dài rabbia, e dài paura, e dài tristezza, nessuno alla fine ebbe più la voglia di chiedersi dov’era finita la musica.

E un giorno all’improvviso tutta la terra fu scossa da un suono brutale e terrifi-cante, uno stridore apocalittico, come un motore da un milione e mezzo di cavalli che avesse grippato chissà dove dietro le nuvole, che gettò nel terrore ogni essere vivente da un Polo all’altro. Dove era giorno, il cielo divenne color piombo e una tenebra uniforme invase per pochi istanti ogni luogo.

Alla Smithson & Co. i lampadari oscillarono, le lampadine esplosero e i com-puter saltarono. I colleghi di Mike e Brenda finirono tremolanti contro le pareti. La cravatta di Mike si sollevò lateralmente di novanta gradi, fermandosi in posi-zione orizzontale come il foulard di una cavallerizza in corsa; Brenda sbiancò e il colletto di sangallo della sua camicia si drizzò di colpo, aderendole perfettamente alle guance e dando alla sua faccia l’aspetto di un bonbon di pasta di mandorle pronto per l’acquisto.

«No, non puoi essere tu che per esempio hai il singhiozzo, vero?» disse Mike a Brenda giusto per fare una battuta, non appena gli tornò la parola.

«Neanche una iena farebbe un rumore così, Mike» rispose lei quasi svenuta, per aiutarlo a rianimare l’ambiente. La signorina Pibbins piangeva incollata al muro maestro in fondo alla sala computer, Matthew Scons non si decideva a riemergere da sotto il suo tavolo, Samantha Yellownight si era seduta per terra con le gambe lunghe lunghe davanti a sé e guardava il vuoto. Gli altri facevano cose inconsulte: chi aveva tirato fuori dalla borsa la sua merendina, chi apriva e chiudeva un cas-setto senza nessuna idea precisa di quello che voleva cercarvi dentro.

Page 14: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

14

Qualcuno provò ad accendere la radio per cercare comunicati; ma stranamente nessuna stazione commentò l’accaduto.

Dopo un po’, il professor Indago, socio di primo piano dello studio Smithson & Co., si affacciò all’uscio e diede un’occhiata panoramica. «Come va? Siete so-pravvissuti?» chiese. Mike gli si avvicinò.

«Che cos’è stato, professore? Si sa?» «Non sappiamo» rispose lui laconico, e se ne andò senza altri commenti.Brenda lo seguì con lo sguardo. «Non si è capito se hanno intenzione di occu-

parsene» commentò. «Non si è capito no» rispose Mike. «In questo periodo mi sembrano tutti così

smorti… Guardami, Brenda.» «Sì?» «Ti sembro smorto anch’io?» «Oh… Un po’ sì, non hai proprio la tua cera. E anch’io d’altronde… Una stan-

chezza… Ma cosa sta succedendo, santo cielo? E qui davvero non se ne occupa nes-suno? Cosa ne dici, Mike…» e non osò proporre a voce alta: vogliamo parlarne?

«Facciamo domani sera alle otto da Bens’n Bill» decise lui, che aveva capito al volo. «Qui non è certo il caso.»

Page 15: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

15

iii

Prima di bussare alla porta, l’ometto si fermò un attimo nel corridoio. Aveva il fiato grosso. Quei duecento scalini, tutti alti, tutti di pietra… Ma come mai, come mai il suo signore non si decideva a installare un ascensore, in quel posto così… così verticale? Bella forza, lui era alto e agile, e non si rendeva conto di quello che significavano duecento scalini di quella portata per un essere di taglia medio-piccola.

Sospirò. Quel «medio-piccola» era una ferita al cuore tutte le volte che se lo diceva, ma quella era la sua taglia, senza speranza. E si sentiva di più, appunto, lungo quei duecento scalini. Lo aiutavano a stare in allenamento, diceva il capo. Mah, si faceva presto, quando si avevano gambe lunghe e, soprattutto, per i pro-pri spostamenti si potevano anche usare sistemi di altro genere. Sistemi, diciamo, di natura non normale e per i quali c’erano autorizzazioni limitatissime.

Lui invece doveva andare su e giù, su e giù… Cucine, dormitori, studio, salone, e più su ancora…

Giù, laggiù di sotto, invece, non c’era ancora mai andato: gli era stato proibito, e quel giorno nel dirglielo il suo signore aveva anche avuto un bagliore minaccioso negli occhi. Sapeva che si davano un gran daffare, laggiù, ma come non gli era chiaro. Vedeva solo salire e scendere dal corridoio dei dormitori quegli squadroni, e a volte, per quanto quegli esseri potessero essere riconoscibili, aveva visto andare volti vecchi e tornare volti nuovi; almeno così gli era sembrato. Ma non era suo compito occuparsene e si guardava bene dall’interferire. In fin dei conti, era quello il ruolo di un bravo segretario personale, no? Un segretario un po’ brontolone, cer-to, ma era solo un borbottamento fra sé e sé, come quello che farebbe una brava e affezionata governante, e l’importante prima di tutto era servire il suo signore.

Era stata una bella promozione, passare da quel negozietto ad assistente di un capo così importante: era sul punto di possedere tutto il suo mondo, il mondo di cui il piccolo paese in cui abitava prima era solo un puntino – e lui un puntino nel puntino. Stava usando maniere un po’ forti, il suo signore, da quanto gli sembra-va di capire; ma l’obiettivo era imponente, e lui era il suo segretario personale.

Page 16: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

16

«Lo sai perché ti ho assunto, sì? Per quanto sei solerte» gli diceva a volte il suo signore «e anche perché conosci la gente.» E dicendo così faceva gli occhi furbi. A essere sincero, quella parola, «solerte», lui non sapeva se fosse un complimento oppure no: qualche volta gli generava anche un po’ d’imbarazzo. Ma forse era una sua sensazione e basta. E quanto al fatto che conosceva la gente, certo che la cono-sceva: per anni, là in quel negozietto, lui aveva sempre taciuto e gli altri avevano sempre parlato. Per questo ora il suo signore lo mandava spesso nell’ufficio di Lu-tfilyon… Non che gli piacesse, parlare con quel vecchio topo di biblioteca col suo tono da cattedratico onnisciente. Gli faceva sempre tremila domande sulla gente, e cosa gli confidavano a Fiotuns, cosa volevano, cosa temevano, e di che cosa gli piaceva lamentarsi e molte altre più specifiche… No, non gli piaceva molto. Ma era un comando del suo signore, e tanto bastava.

Mentre faceva tutti questi pensieri si era ripreso, così bussò.«Vieni avanti, Fango» gli disse una voce. L’ometto entrò nel grande salotto dalle

poltrone rosso cremisi. Dallo schienale di una di esse emergeva una nuca abitata da corti capelli grigi. Un braccio posato su un bracciolo si allargò all’esterno e una mano lunga e inquietante gli fece cenno di avvicinarsi.

Fango ubbidì. L’individuo era chino su una larga scacchiera, intento a giocare. Meditava a lungo, poi muoveva un pezzo alla volta, con cura, appoggiandolo sem-pre al centro del quadrato. Sotto alle sue tempie pallide pulsava una vena blu.

Era il momento del riposo del suo signore – anche i grandi strateghi hanno bisogno di staccare ogni tanto.

«Ehm… Forse le fa piacere un avversario, sire… ehm, capo… signore, signor Gamondock. Non si annoia così? Potrei farle qualche mossettina, sempre se non disturbo…»

L’uomo rimase impassibile, ma all’improvviso respirò come se dovesse rubare l’aria. I suoi occhi grigi si alzarono su Fango, pungendolo.

«Dovresti già saperlo, che io non tollero avversari. Gioco da solo. Ricordatelo.» La sua voce era già diventata un vento basso e velenoso.Ehi, ma com’è suscettibile il mio padrone, anche nel momento della pausa, pensò

Fango. Eppure un’altra cosa gliela doveva dire, ce l’aveva sulla punta della lingua.«Io… Sì, mi scusi, signore, lei ha certamente ragione; ma se io ho calcolato

bene… in questo modo una parte di lei vince, ma l’altra perde… Cioè, mica per discutere, vero, ma chiedevo solo chiarimenti…»

«Questo non me lo dovevi dire!» fece l’uomo con tono stizzito. «Io non posso avere una parte che perde. Adesso mi toccherà eliminarla subito.»

«Bisogna vedere qual è… Intanto dov’è, è nella testa? È quella che va dall’orec-

Page 17: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

17

chio destro al sinistro? Forse? O quella che va dall’orecchio sinistro al destro? Io ci penserei bene, se fossi in lei. Se elimina quella sbagliata…» Cosa non avrebbe fatto per vederlo un po’ divertito, almeno una volta.

L’uomo chiuse all’improvviso la scacchiera, fece uno scatto in avanti e la sua lunga mano afferrò Fango per la giacchetta. Poi si riprese, lo lasciò e si appoggiò allo schienale della poltrona.

Era in tensione, certo. Se non poteva sopportare nemmeno qualche battuta di quell’imbelle segretario…

Ma ormai si era al dunque, il progetto era a compimento, mancavano solo le battute finali – quelle più impegnative forse, ma dopo avrebbe avuto sul suo car-tellone l’immagine di un altro mondo di sua proprietà. Il pensiero lo fece fremere di piacere e si sentì immediatamente più disponibile.

«Dimmi, piuttosto, eri salito per comunicarmi qualcosa?» «Sì. Giù aspettano le sue disposizioni, sire… signore.» Accidenti, non aveva

ancora capito come gli faceva piacere essere chiamato.«Le mie disposizioni? Ma sono sempre le stesse, naturalmente: intensificare. E

poi…» Gamondock guardò per un attimo la parete di pietra di fronte a lui che divideva le due finestre a bifora, e parve vedervi qualcosa. «E poi» riprese, «strin-gere ancora. Ci sono aree di resistenza, laggiù. Qualche musicante irriducibile, o umani troppo svegli per i miei gusti. Direi che un’altra surriscaldata alle orecchie gliela daremo al più presto.» Rise di un riso ironico e sottile, che lo fece tossire un poco. «Tanto non hanno scampo, è questione di giorni: giorni nostri, ovviamen-te. Per loro si tratta di molto, molto meno.»

Fango rimaneva lì in piedi, indeciso se congedarsi.«Cosa fai ancora qui? Dovresti essere già giù dalle scale.» Sempre quegli scalini, e ogni volta che li scendeva sapeva che avrebbe dovuto

risalirli.«Sì, vado… vado» disse, e si sforzò di essere entusiasta anche fisicamente.«A proposito, è arrivato Amabron?» «Sì, sign… eccellenza, stanno scaricando la nave.» «Bene, rifornimenti freschi» ridacchiò ancora l’individuo. «Dì che non rallen-

tino per nessun motivo. Vai, vai…» e la mano pallida gli diede indicazione di uscire di lì.

Così Fango si trovò di nuovo a rotolare giù per gli alti scalini, e mentre scende-va gli venne in mente il suo nuovo nome.

Fango, l’aveva voluto chiamare il suo signore.

Page 18: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

18

iv

«Un succo d’ananas» ordinò Brenda al cameriere.«Per me una spremuta» disse Mike. Il cameriere se ne andò trascinando i piedi.Il Bens’n Bill era affollato. Fuori, un tramonto scialbo tingeva di un grigio azzur-

rino la strada rumorosa di traffico. Dentro al bar, molta gente stava in piedi al ban-co, con un bicchiere in mano o sgranocchiando patatine. Ma sembrava un mondo di automi: volti persi, movimenti sonnacchiosi, parole vagabonde senza energia.

Le radio erano spente – tanto non si sarebbe potuto sentire altro che frastuono, e qui e là qualche annuncio pubblicitario, oppure le notizie.

Brenda giocherellava col tovagliolino di carta, col gomito appoggiato al tavolo e il mento sulla mano. Mike si guardava intorno con un senso di noia e un nodo proprio all’altezza dello stomaco.

«Senti, facciamo il punto» propose Mike. «Tu come ti senti?» «Io? Non certo brillante come mi piacerebbe, ultimamente.» «E io men che meno: ma potrebbe essere la primavera, o un momento di sco-

raggiamento perché sto sbattendo il cranio su quel progetto dei nuovi monitor per le balene per il Nature and Animal Fund e non ci cavo un ragno dal buco o, insomma, una cosa soggettiva.»

Brenda lanciò un’occhiata smarrita alla gente che si muoveva all’interno del Bens’n Bill. Quei colori smorti, quelle voci sonnolente… Pareva che nessuno avesse più voglia di niente, nemmeno di chiedersi perché non avesse più voglia di niente. E poi all’improvviso scoppiavano liti per una scempiaggine, magari per un’oliva o per la fila alla cassa. Poco prima un cameriere aveva urtato senza volere una ragazza, e quella si era rivoltata scaraventandogli il vassoio in terra.

«Va bene, Mike, ma se ci mettiamo in dubbio da soli il ragionamento è già finito. Qualcosa è accaduto, ce l’abbiamo sotto gli occhi, no? E poi quel rumore, su… Ieri credevo che la signorina Pibbins avrebbe vomitato ranocchie lì alla Smithson…»

Si guardò ancora intorno riconsiderando la situazione, e poi il suo sguardo blu si ravvivò. Senti un po’…» disse, e fece schioccare piano le dita.

«Dimmi.»

Page 19: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

19

«Io sono solo una segretaria, e i geni siete voi…» «Ma va’.» «Insomma, non c’è il modo, per mezzo del computer, di capire se stiamo esa-

gerando noi, o…» «… O se è vero che sta succedendo qualcosa di molto strano, vuoi dire?» «Sì, proprio così. Un computer potrebbe fornirci dati, e non opinioni – credo,

ma non so…» Faticosamente, Mike rifletté, e poi la guardò più attento. «Forse c’è, Brenda. O

almeno c’era, forse. Ma temo che non ci sia più traccia di quel lavoro. E poi è una cosa segretissima, non dovrei nemmeno parlartene…»

«Allora abbiamo già finito» rispose lei delusa.«… A meno che tu non prometta e straprometta di non parlarne nemmeno

con te quando ti guardi allo specchio.» «Bacio bacetto, lo giuro e lo prometto» dichiarò lei sottovoce tutto d’un fiato.Lui guardò la sua faccia sbarazzina. «Mhm… è una cosa seria, non ci scherzare.» «Mike, una segretaria cosa fa? Mantiene i segreti, se no che segretaria è?» «Speriamo… speriamo davvero, eh? Se no ci giochiamo il posto tutti e due. Al-

lora: tempo fa il professor Indago mi aveva coinvolto in un programma che, teo-ricamente, serviva a studiare gli effetti degli eventi fisici sui campi energetici della nostra dimensione e di altre, e la loro interazione. La cosa poi è stata abbandona-ta, perché non siamo riusciti a decodificare i dati emessi. Se si potesse utilizzare quel programma, potremmo cercare di verificare: primo, se il disturbo proviene dalla nostra dimensione o da un’altra; secondo, se ci sono variazioni energetiche in atto. Ma è una possibilità remota, finora i nostri tentativi…»

«Ti ho perso» lo interruppe Brenda. Lo guardava stranita. «Non ci ho capito niente.»

«Non hai capito?» «No, Mike. Io prendo le telefonate per il dottor Smithson, gli fisso gli ap-

puntamenti, ricevo i suoi clienti, organizzo i suoi congressi. Ma dei campi… i campi…»

«Hai ragione» convenne Mike ridendo. «Come posso spiegarti? Dunque: comin-ciamo da quella che è l’attività della Smithson & Co. Cosa fa la Smithson & Co.?»

«Lavora con i computer. Fa calcoli, statistiche, studia applicazioni, questo lo so.» «Applicazioni di che?» «Applicazioni pratiche delle invenzioni…» «E anche?» «Non lo so, non mi è chiaro, Mike.»

Page 20: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

20

«Anche delle scoperte della fisica. Ora, la fisica, e in particolare la fisica quantisti-ca, è una scienza molto più avanzata di quello che la gente crede: è arrivata a calco-lare matematicamente l’esistenza di altre dimensioni, invisibili agli esseri umani.»

«Dimensioni?» «Mondi, mondi che noi non possiamo vedere. È riuscita anche a calcolare come

tutte queste dimensioni, compresa la nostra, agiscono tra di loro e gli effetti che ognuna ha sull’altra.»

«Bestiale! Così gli gnomi ci potrebbero essere davvero? Io ne ho una collezione…» «Bah, forse, perché no?» Mike sorrise. Era buffa, con la sua codina di cavallo,

gli occhi blu sgranati e la collezione di gnomi. «Ma lascia perdere i tuoi gnomi, adesso. Tu sai che il professor Indago, socio dell’azienda, è anche un docente universitario.»

«Sì, lo so.» «Insegna matematica applicata alla fisica quantistica. Ed è un genio, lui sì, dav-

vero. Bene: mesi fa mi fece scrivere in tutta segretezza un programma. Era un’idea che gli frullava in testa a seguito di una ricerca fatta per l’università. Insomma, attraverso calcoli strampalati si sarebbero dovute ricavare delle forme sul monitor. Ma dopo molte prove la pista si è rivelata cieca. Voglio dire che non c’è stato nes-sun risultato e credo che questo studio sia stato cancellato dal computer destinato alle ricerche sulla fisica quantistica per fare spazio ad altro.»

Brenda aveva ascoltato con molta attenzione e questa volta le pareva di aver compreso abbastanza.

«Mike, non potremmo provare a vedere se quel programma c’è ancora? Non si sa mai…»

«Te l’ho detto, è una cosa proibitissima.» «Ma quello che sta accadendo è talmente strano, e credo grave…» Mike era titubante. Forse Brenda aveva ragione, o forse stavano prendendo

un abbaglio, ma di sicuro lei gli stava proponendo di fare una cosa da pazzi. Ma sapeva anche che entrambi erano tremendamente curiosi, e anche abbastanza preoccupati, e anche abbastanza incoscienti da correre un rischio.

«Bisognerebbe farlo fuori dall’orario di ufficio» gli sfuggì. Mandò giù un sorso di spremuta, che gli andò di traverso quando si accorse di quel che aveva detto. Tossì forte, ma Brenda aveva già colto la palla al balzo.

«E dov’è il problema? Io ho le chiavi!» «Scherzavo…» tentò Mike, in mezzo ai colpi di tosse.«Ho le chiavi, ti dico. Dai, Mike, proviamo. Potrebbe essere importante.» Gli

occhi le brillarono.

Page 21: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

21

«E come fai ad avere le chiavi?» «Il dottor Smithson me ne ha dato un mazzo raccomandandomi di metterle al

sicuro. Sai, per un’eventuale emergenza; e io le ho nascoste. Nessuno deve sapere che le ho.»

«Appunto.» «Ehm… Sì, ma stavolta…» Brenda arrossì.«D’accordo Brenda, mi arrendo. Proviamo.» «Grandioso! Allora facciamo… facciamo domani notte.» «Domani notte?» «Sì, all’una. Devo prima recuperare le chiavi da nonno Samuel.» «Come? Tuo nonno ha le chiavi della Smithson?!» «Be’? Conosci un posto migliore di quello? Gli ho portato un sacchetto di vecchie

chiavi dicendogli di conservarmelo perché le devo riguardare, e lui di certo ha fatto così, e in mezzo ci sono quelle della Smithson. Geniale, non ti sembra? Insomma, devo recuperare le chiavi da nonno Samuel, e inoltre domani come sappiamo c’è la manutenzione dei computer, anzi mi sa che ci sei anche tu, povero Mike. Al lavoro, di domenica» gli strizzò l’occhio. «Quindi domani notte all’una.»

«Va be’. Passo a prenderti?» «Sì, grazie. Ventisettesima strada, numero centoquattordici, appartamento set-

tantadue. Suona e io scendo.» Uscirono dal locale. Era l’ora di cena e il traffico era ormai rarefatto; un suono

sinistro echeggiava lontano. «Sembra lo stesso dell’altra mattina» osservò Mike.«Sì, ma non così assordante» rispose Brenda.Volsero gli occhi in alto preoccupati, ma oltre le sagome dei palazzi c’era solo

un cielo di un grigio uniforme.

Page 22: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

22

v

Era domenica quando il rumore pazzesco ritornò. Fu sentito ovunque nel pianeta Terra e produsse scene di panico, malori e incidenti. Chi era a letto si svegliò con il sangue agghiacciato, chi era sveglio si dovette appoggiare da qualche parte per non cadere.

I misuratori di decibel scoppiarono. Gli alberi abbassarono ancora di più le fo-glie e in tutte quante le città del globo furono segnalati danni seri alle tubature. Le conseguenze furono molte e devastanti, ma in un tempo abbastanza breve tutto fu dimenticato – anche perché i notiziari, di nuovo, non ne parlarono e pochi, quasi nessuno, furono quelli che si presero la briga di indagare su quel fenomeno.

Ma lontano, lontanissimo, qualcuno seguiva i fatti con estrema attenzione. In piedi in un vasto salone, l’individuo dagli occhi grigi osservava di nuovo una

parete di pietra, come se vi vedesse qualcosa di più di un semplice muro. Comin-ciava a essere perplesso sull’operato di quelli là che gli stavano mangiando addosso a sbafo; diavolo, Amabron non aveva avuto occhio nello scegliere la manovalanza? Non erano abbastanza decisi, abbastanza efficaci. Che diavolo era quella macchia luminosa che non cedeva ancora? Laggiù sul mondo chiamato Terra c’era un in-solente, un pazzo, un renitente incallito che stava continuando a suonare.

Rimanevano, altrove, alcune aree di luce: qualche ricercatore testardo o forse una cricca di concertisti con poca paura.

A quel pensiero, l’uomo sorrise con le sue labbra sottili. Con poca paura… Gli sarebbe venuta, la paura. Era solo questione di pazienza, solo ancora un po’ di pazienza. Ma quella, quella lì al centro, era la zona che gli metteva più rabbia di tutte. Così scintillante, così piccola e pura, e così tosta a sparire. Era un punto, un punto soltanto. Non poteva vedere chi c’era dentro a quella macchia noiosa, i suoi poteri fin lì non arrivavano; e questo limite cominciava a irritarlo. Lui non gradiva impedimenti, non li poteva sopportare. Perché lì dentro c’era uno scocciatore, un maledetto gnomo umano che gli faceva gli sberleffi, e non avrebbe dovuto poterselo permettere. Certo avrebbe avuto prima o poi quel che si meritava, ma lui in quel momento avrebbe pagato a peso d’oro il piacere di vedere in faccia quel farabutto.

Page 23: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

23

vi

Martin aveva dodici anni. Nella sua vita non c’era posto per niente di consueto: qualunque dovere ricorrente lo annoiava, così come qualunque ordine provocava la sua collera. Mentre le ore di scuola scorrevano e le voci dei professori si alterna-vano, lui sgranava gli occhi sugli intrecci di voli là fuori dalla finestra. In classe era ribelle, litigioso, spesso solitario e, comprensibilmente, da molti mal sopportato. Aveva una ciocca di capelli sul viso ombroso, e sotto le sopracciglia nascondeva il luccichio degli occhi brillanti e affamati. Ma disegnava alberi con rami e trionfi di piante e magici fiori abbarbicati ai tronchi e un imperversare di nidi sulle loro chiome, e li dipingeva con colori a cui neanche la natura ha mai pensato: e co-piava poesie, le più belle e selvagge che riusciva a trovare, su piccoli biglietti che metteva di nascosto nella borsa della sua insegnante Ami Bai, nella borsa di lei e solo nella sua. Questa le trovava e le leggeva, e leggendole si scaldava in fondo al cuore, perché sempre la bellezza scalda e sorprende come una nuova, intatta innamorata; e capiva Martin nel profondo, perché sapeva che quelle poesie erano il suo tacito ponte per raggiungere poche, scelte persone.

Anche la madre di Martin capiva il suo ragazzo, sebbene avrebbe desiderato non sentirsi dire di continuo da tutti: «È scontroso, non collabora, è sempre perso chissà dove, s’interessa solo a quello che gli pare», e qualche volta, anche, dagli altri ragazzini: «È scemo», e una sfilza di cose simili con cui avrebbe potuto riempire un quaderno. Ma lei sapeva che Martin era diverso, solo diverso: in che modo non riusciva a spiegarlo nemmeno a se stessa, ma aveva una sua felicità; e gli concedeva comunque gli spazi inusitati di libertà che a lui più che ad altri bambini sembravano necessitare.

Martin spendeva ore e ore al giorno sui campi dietro casa, in scorribande soli-tarie o seduto per terra a stupirsi di ogni nuova nuvola; si beava del vento e della pigra, calda estate, così come dei boccioli di primavera e del gridare delle rondini nelle sere di maggio. Oppure a volte saliva su un albero, preferibilmente il melo verso la collina, e lì stava lungamente a guardare il mondo sottostante; e gli piace-va come tutto gli risultasse più piccolo e distante, i suoi genitori, le case dei vicini,

Page 24: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

24

il resto degli uomini e tutto il loro affaccendarsi senza pausa. Anche gli adulti, pensava, dovrebbero ogni tanto salire sopra un albero.

Aveva un cane, Charlie, un pastore maremmano grande, bianco e ricciuto, che lo seguiva ovunque e viveva per lui; e lui pure viveva per Charlie, lo voleva e lo voleva, perché un cane sembra niente ma sa molte più cose delle persone; solo che la maggior parte delle persone, per loro sfortuna e per sfortuna del mondo, crede di più a chi ha la parola, meglio se abbondante.

Un’altra cosa Martin amava così: la musica. Suonava il suo pianoforte per lun-ghe giornate, soprattutto quando la pioggia troppo forte gl’impediva di esplorare il suo mondo, ma anche di frequente nei giorni normali, dopo la scuola; e come in giardino spaziava sull’erba, al suo pianoforte penetrava altri spazi, invisibili, forti, misteriosi; e tutta la vita che si beveva con quegli occhi senza pace se ne usciva di nuovo dalle sue dita e da quei tasti in un suono che faceva sciogliere il sangue e tremare di nostalgia l’aria intera.

Libera e profonda, dolce e violenta si snodava la musica dalle sue mani, attinta da segrete dimensioni, dal nero cuore dell’universo, come rubata attraverso canali sconosciuti a un più vasto fiume di cui lui solo sapeva l’esistenza.

Certi giorni a casa di Martin arrivavano amiche di sua madre. Lui ne sentiva dal salotto del pianoforte il chiacchiericcio; ma subito, se lui stava suonando, taceva-no. E poi qualcuna faceva a sua madre sempre lo stesso complimento: «Eh, cara, hai fatto bene a mettergli le mani sulla tastiera da piccolo…» , «Pensa, non anda-va ancora a scuola» aggiungeva un’altra. «Vedi?» diceva un’altra ancora, «Adesso dopo anni senti come suona.»

Ma sua madre non rispondeva, perché sapeva, lei, che non era una questione di anni, non era quello il punto – o almeno non soltanto. Le mani erano ancora piccole, dovevano crescere, non era quello il punto. E mai una volta chiese a Martin di suonare davanti alle sue amiche, perché sapeva che non l’avrebbe mai fatto. Perché non si può, davanti a un tè e a dei pasticcini e a dei cappellini col garofano, cantare e piangere e urlare in una musica l’irrompere dell’uragano e il fremito della farfalla quando schiude le ali e rivela i suoi colori, e quanto è dolce e terribile essere vivi.

Ma una volta a scuola la sua insegnante Ami Bai condusse tutta la classe in sala mu-sica e, aperto il pianoforte, gli chiese: «Ti prego, Martin, suona qualcosa per noi.»

E per loro Martin suonò, a lungo e a lungo. E i suoi compagni quel giorno lo capirono e lo amarono di più, pur continuando a desiderare che egli non restasse litigioso e solitario.

Era comunque un essere indomabile.

Page 25: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

25

Così, mentre le persone impallidivano e diventavano tristi e scontente e impal-lidiva anche la loro vita, Martin aveva continuato a suonare. E mentre tutti i vio-lini, le trombe, i flauti e gli strumenti del mondo venivano messi a tacere, nel suo salotto del pianoforte la musica aveva continuato a fluire potente e ininterrotta, costretta a restare da quel cuore acceso.

Per un po’ di tempo a Panissa la gente si domandò come potesse, quel ragaz-zino, andare avanti a suonare la sua musica; e di questo si chiacchierò anche in qualche paese vicino. Ma per lo strano destino dei fatti davvero straordinari, la cosa non andò più lontano di tanto: qualcuno cominciò a provare fastidio e decise di evitare la zona, mentre altri si dissero che tanto prima o poi avrebbe smesso anche lui e i più ci si abituarono e smisero di farci caso.

Così su Martin calò presto il silenzio.Poi venne il giorno in cui quel rumore agghiacciante s’infranse contro le sue

finestre e tutta la casa ne fu frastornata. Martin si girò repentino verso Charlie, per vedere se gli era successo qualcosa.

Charlie si era svegliato di soprassalto e, ritto sulle zampe, mandava lamenti allarmati. Ma poiché stava bene, Martin gli dette pochi colpetti rassicuranti sulla schiena. «Su, su, Charlie, sarà stato qualche matto là di fuori» gli disse, e si rimise a suonare.

E così fece anche due giorni dopo. Era metà mattina a Panissa quando il ru-more si fece sentire di nuovo. Sua madre si affacciò ancora più pallida, se mai era possibile, alla porta del salotto del pianoforte, e controllò che lui stesse bene; ma in realtà non ce ne sarebbe stato bisogno, perché lui stava benissimo. Aveva da fare, uno spartito nuovo di zecca e le mani in apprendimento. Charlie, dopo qualche balzo irrequieto, si era accucciato di nuovo accanto a lui, e lui aveva da fare. Uno spartito nuovo è come un pianeta inesplorato, bisogna dedicarvisi con calma e passione.

Così la madre se ne andò e lo lasciò suonare.

Page 26: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

26

vii

«Dai, Martin, sbrigati, lo sai che la zia Amelia ci aspetta per le due.» Era di nuovo la voce della mamma – poi la porta fu richiusa.Una ciabatta volò attraverso la stanza.Neanche di domenica!Martin sbuffò e appoggiò di botto entrambi i gomiti sulla tastiera, facendo

sobbalzare Charlie.Era riuscito non si sa come a non lavarsi fino a quel momento e a tenere il

pigiama addosso. Si era anche salvato dal flan di spinaci dicendo che non aveva ancora digerito la colazione, e adesso sopra al pianoforte c’erano mezzo panino sbocconcellato arraffato in cucina e un bicchiere di latte che sorseggiava ogni tanto. Il primo round era andato; ma alla zia Amelia non si poteva sfuggire. C’era un capestro ogni giorno di festa, e aveva nomi diversi: zia Ella, zia Gloria, zia Amelia, Frick l’amico di suo padre con quei tre figli con cui si facevano i picnic al fiume e che volevano giocare sempre e solo a fresbee e si litigavano il panino al prosciutto, mentre lui desiderava almeno essere lasciato in pace a cam-minare lungo le rive con Charlie.

Correre tutto il giorno dietro a un dischetto di plastica, che idiozia. Ma il peg-gio del peggio era quando si mettevano a giocare all’Operazione Pulizia Totale, che significava perseguitare e possibilmente uccidere tutto ciò che di piccolo gli capitava a tiro. Prendevano di mira le lucertole che si godevano il sole su un sasso, o qualche insetto che, poveraccio, aveva la cattiva idea di zampettare in giro in loro presenza.

Gli pareva di sentirle, le loro voci: «Ehi, uno scarafaggio! Qui, qui!» «Fermalo!» «Qui! Non lasciarlo scappare!» «Che schifo!» Ciac.Come, che schifo, avrebbe voluto dirgli. Perché, siete belli voi? Ma avete mai

pensato com’è un bambino visto con occhi di scarafaggio? Tutto bianco e mol-

Page 27: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

27

liccio, una torre color verme in movimento con due presse in basso che vengono manovrate a velocità impossibile e possono ridurti in pappa dovunque ti trovi, e sulla cima una palla enorme che si gira di qua e di là provvista di un antro orribile che urla e sputa, e dentro all’antro un mostro rosso alto come un condominio che si agita in continuazione, siete belli, voi??

E quel vuoto dentro, nello stomaco, e le parole tenute ferme per forza… Per-ché una volta davanti a una piccola lucertola aveva provato solo a dire: «Ma no, poverina!» e si era trovato tre dita in un occhio.

E qualche volta avrebbe voluto chiedergli se sentivano il suono, loro. Invece gli toccava stare lì impotente a sentire: «Che schifo!» Ciac.Cretini. Si fa presto, a uccidere un insetto.E poi non aveva voglia di vedere quelle persone, soprattutto adesso che erano

pallide e stanche, e non voleva uscire per la strada in mezzo alla gente pallida e stanca, e non gli andava nemmeno di guardare gli alberi che a maggio di solito sono sontuosi di fogliame e di odori, e quell’anno apparivano vizzi e senza forza.

Stava tanto bene lì dove si trovava, nel salotto del pianoforte con Charlie e col suo Concerto numero 1 di Tchaikovsky – si bemolle minore op. 23, edizione ridot-ta per piano solista, recitava il frontespizio dello spartito, il Concerto numero 1 che si apriva in quella vasta dolcezza subito dopo le prime battute maestose e lo teneva avvinto ai tasti come se non se ne potesse mai più liberare. Era spazio puro, era come l’aquila quando dal suo dirupo guarda intorno i cieli e giù in basso le distese delle valli, e poi si stacca dalla roccia per sorvolare quella bellezza tutta intera.

E lui era quasi riuscito a completare il primo movimento senza inciampi, c’era quasi riuscito, a conquistare anche questa volta il suono meraviglioso. E adesso il nome di zia Amelia scendeva come una mannaia a troncare la sua pace – anche se zia Amelia era sempre meno peggio dei figli di Frick. Almeno lì si trattava solo di ricette e fatti di colleghi d’ufficio, e lui lì aveva il permesso di annoiarsi.

Sgusciò via dal salotto del pianoforte e si avviò verso la sua camera, mentre dietro l’uscio della cucina si sentivano le voci ovattate dei suoi genitori: si fermò un attimo a origliare.

«Qualche cosa bisognerà fare, per vederlo un po’ più normale» diceva suo pa-dre. «Ma possibile che non lo diverta niente? Io ai miei tempi giocavo a calc…»

«Ma se le ho provate tutte» rispondeva sua madre. «Tu sei via tutto il giorno, il taxi l’ho fatto io, cosa credi. Mi dicono tutti che è un bambino strano, che è un bambino chiuso e strano e arrivederci e grazie. E poi non è vero che non gli piac-cia niente, che non lo diverta niente. È solo che noi, noi insomma quelli normali, non ci capiamo un granché. E d’altra parte se lui è così…»

Page 28: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

28

«Ma ci sarà qualcosa…» Martin smise di ascoltare ed entrò in bagno. Voleva lavarsi le orecchie forte,

voleva lavarsi le orecchie fortissimo. E i denti, con lo spazzolino che fa rumore. Si lavò le orecchie per cinque minuti e i denti per altri cinque.

Almeno fintanto che quei due non avessero smesso.

Poco dopo, in macchina, gli toccò di guardare la mestizia delle strade, con le per-sone che passavano e non si salutavano e non sorridevano nemmeno più, e ascol-tare i clacson delle auto impazienti che si abbaiavano a vicenda rispecchiando gli umori della gente. Accarezzò molto Charlie, anche un po’ contropelo, aprendo a volte il palmo della mano e lasciandosi pungere per sentire quella ruvidezza viva sulla pelle e staccarsi così da quel senso di grigiore.

Per passare il tempo, si specchiò nel vetro e vide il suo viso apparire e scompari-re molte volte, a seconda dello sfondo fuori. A volte vedeva anche le proprie mani, a volte metà del viso, oppure la schiena di Charlie. Era un po’ come nei sogni, pensava, un po’ come i sogni che arrivano improvvisi, a pezzi a volte disordinati, e poi svaniscono quando pare a loro e non li puoi riacchiappare.

Ma quel pomeriggio – a un certo punto se ne accorse – c’era qualcosa di più, nelle vetrine deserte dei negozi. Passandoci davanti coglieva un luccicare, come di occhi metallici che guardavano la gente, la città… All’inizio fu un momento, un’impressione, ma Martin si sentì inquieto. E poi la macchina si fermò per un attimo a un semaforo, e nel negozio buio d’angolo eccoli ancora, sguardi di fer-ro che spiavano… Ma era poi vero? Cos’erano, oppure chi erano, se c’erano? E se guardavano, perché s’erano messi dentro alle vetrine? Non potevano stare in strada, come tutti?

Aspettò la vetrina successiva per vedere meglio: ma sì, ecco di nuovo gli occhi… Ma no, forse era un altro sogno, una fantasia, si disse Martin per non preoccupar-si. Un’altra di quelle cose che non si potevano dire a nessuno.

Si girò dall’altra parte, dov’era Charlie, e non guardò più verso i negozi.

Page 29: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

29

viii

La chiave della porta blindata girò nella toppa. Facendosi luce con la minuscola pila, Brenda entrò e si diresse verso il corridoio.

«Non accendere, Mike. Non devono vederci dall’esterno.» Lui chiuse senza fare rumore e la seguì. Camminarono in punta di piedi e

raggiunsero l’ufficio Progetti e ricerche, come era descritto nella targa avvitata al muro. C’era una seconda porta blindata a proteggerlo, perché quello era il cuore della Smithson & Co. Lì si sviluppavano progetti di portata impensabile, ed era persino vietato farne il nome. Vi si poteva accedere solamente inserendo il codice personale.

Ma quella sera la porta era solamente accostata.«Oh, Mike, che disastro! Possibile che qualcuno di voi si sia dimenticato di

chiuderla oggi pomeriggio?» chiese Brenda, in allarme. «Può esistere in questo ufficio uno svampito così?»

«L’ho chiusa io personalmente, e sono stato l’ultimo a uscire» rispose Mike.Brenda la socchiuse e gettò dentro un’occhiata. Si ritirò di scatto.«C’è qualcuno!» gli comunicò sottovoce, spaventata. Sbirciò di nuovo dalla fessura. All’interno, il buio era rotto da una piccola fon-

te di luce in movimento: qualcuno stava camminando nella stanza. Prima che il fascio di luce raggiungesse la porta, Brenda veloce la riaccostò.

«Cosa facciamo?» sussurrò in modo quasi impercettibile. Con una pressione su una spalla, lui le fece cenno di tacere; poi cercò nelle sue mani la pila e la spense. Attesero immobili.

La porta si aprì all’improvviso e la luce di un’altra pila li illuminò, facendoli sobbalzare. «Cosa fate nel corridoio al buio? Ormai che ci siete, venite dentro» disse la voce del professor Indago.

Li precedette all’interno dell’ufficio. Mike e Brenda entrarono nella stanza col cuore che batteva nelle orecchie e rimasero in piedi nella penombra, guardandolo con imbarazzo.

Page 30: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

30

Se lo si fosse incontrato per la strada, il professor Johannes Beere Indago non avrebbe certo colpito l’attenzione. Aveva tutta l’aria di quei pensionati che la mo-glie manda la mattina con la lista della spesa a comprare carote, cipolle, formaggi. Piccolo di statura, aveva un viso tondo e bonario, con una sorta d’incantamento infantile negli occhi scuri che guardavano il mondo da dietro le spesse lenti da presbite. Alla rosea pelata che si estendeva per tutta la sommità del cranio faceva-no corona abbondanti capelli bianchi abbastanza mossi, la cui candida pennellata continuava in un paio di baffi maestosi e in un giocondo pizzetto. Benché in quel momento avesse addosso il camice bianco che portava sempre quando sedeva davanti ai suoi calcoli astrusi, quasi gli conferisse la certezza dell’intuizione, chi lo avesse esaminato dalle ginocchia in giù avrebbe certo notato i pantaloni consunti e le scarpe assai vissute, i cui lacci spesso fluttuavano liberamente sul pavimento. In realtà il professor Indago era stimato nel suo ambiente come uno dei più rag-guardevoli e geniali ricercatori del suo tempo nell’ambito della matematica appli-cata alla fisica quantistica. Docente universitario e socio di rilievo della Smithson & Co., radunava intorno a sé platee di studiosi e ricercatori di fama mondiale nei rari congressi a cui partecipava come relatore. Per il resto, era un uomo dall’anima lieta, che conduceva una vita sobria nella frugalità e nel silenzio, perché, come amava ripetere, era convinto che al termine di tutta quella ricerca complicata si sarebbe trovato qualcosa di molto semplice.

«Professore… come ha fatto a sapere che eravamo qui?» «Il mio rivela-persone» rispose lui, e mostrò loro un piccolo oggetto quadrato,

provvisto di uno schermo. «Quando la porta esterna si apre, posso controllare chi sta entrando. Così vi ho visti» spiegò; e poi li guardò entrambi severamente. «Ci sono segreti, qui: anzi voi dovreste essere a dormire a quest’ora. Soprattutto lei, signorina. È grave quest’intrusione. Ma vista la criticità del momento, credo di sapere perché siete venuti. A questo punto tu, Mike, potresti darmi una mano. Inutile dire che è obbligatorio il massimo silenzio» concluse, guardando Brenda. «Confido nella sua intelligenza, signorina, e nel fatto che credo di conoscerla piuttosto bene.»

«Allora è vero, professore, è un momento critico» commentò Mike, un po’ incoraggiato. Stava ancora riprendendosi dallo spavento.

«Molto. Le bande dei colori si stanno restringendo: prima o poi tutto sparirà in un grigio uniforme. E contemporaneamente a questo, come avrete riscontrato anche voi nella vostra quotidianità, si sta registrando in tutto il pianeta un in-debolimento progressivo delle funzioni organiche degli esseri viventi, compresa

Page 31: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

31

la fotosintesi clorofilliana e tutti i processi biochimici dell’essere umano e degli animali. E anche la rabbia e la violenza sono da inserire in questo quadro: come energia che erompe senza una direzione. Che queste due cose potessero essere col-legate era già stato teorizzato, ma ora è sotto gli occhi di tutti. E non si sa da che parte cominciare per comprendere come questo può aver luogo, e da dove può aver avuto inizio questa catastrofe.» Guardò Mike con aria di complicità. «Ero già al lavoro» e gli strizzò un occhio, mostrandogli un monitor.

Al primo sguardo, Mike comprese subito di cosa si trattava. «Allora l’aveva salvato, il nostro… ops, il suo programma, professore!»

«Certo, l’avevo salvato e messo molto, molto al sicuro. Mi sembrava un buon lavoro, anche se di risultati non ce n’erano stati. Ma ti pare che dopo tanta spre-mitura di cervello si potesse buttare tutto via?» e sorrise.

«Non l’avevo più trovato» disse Mike. «Infatti non doveva trovarlo nessuno, nemmeno tu» confermò il professor In-

dago. «Ma adesso ne abbiamo bisogno, è l’unica cosa che forse ci può aiutare. Perciò mettiamoci al lavoro. E lei, signorina Brenda, è gentilmente pregata di aspettarci fuori. C’è una poltrona abbastanza comoda nel mio studio: può ripo-sarsi lì, se crede. Le raccomando soltanto di non accendere luci forti.»

Brenda, che aveva ascoltato in un attentissimo silenzio, ubbidì un po’ delusa; ma a dire il vero se l’era aspettato. Il professor Indago era un uomo molto gentile, ma sui suoi segreti non si discuteva; e comunque lei sapeva che era bene così.

Perciò uscì dall’ufficio Progetti e ricerche, riaccese la sua piccola pila e si diresse verso una porta in noce che recava una targa con la dicitura: «Professor Johannes Beere Indago».

L’aprì, cercò la poltrona e vi si accoccolò.

«Ricapitolando, Mike, qui dentro ci dovrebbe essere, sotto forma di dati matema-tici, la registrazione di tutto ciò che è accaduto nel tempo, da quando abbiamo creato questo programma» disse Indago.

Erano seduti entrambi davanti al monitor, su cui scorreva velocemente una serie di tabulati zeppi di formule.

«Allora non ha mai interrotto il lavoro!» esclamò Mike. Capperi, non s’erano dati così da fare per nulla.

«Certo che no. L’avevo solo tenuto un tantino segreto. Solo un tantino così, per prudenza…» ammiccò Indago. «Questo è un programma avveniristico, dal po-tenziale esplosivo, caro Mike, e non voglio che nessuno corra dei rischi per la testa bacata che sono io. Ma continuiamo. Quando abbiamo iniziato quest’avventura,

Page 32: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

32

ti avevo comunicato la mia idea: poiché l’universo può essere analizzato in termi-ni matematici, e la scienza ha effettuato le misurazioni della frequenza di colori, suoni e quant’altro, dovrebbe essere che a ogni valore frequenziale corrisponde un suono e un colore, cioè che le due cose procedano appaiate. Ci siamo fin qui?»

«Sì» rispose Mike, concentratissimo.«Ma questa è la parte più elementare del nostro lavoro. Un altro salto di qualità

lo facciamo quando ci chiediamo se anche le forme abbiano un suono, che certa-mente deve essere più complesso, e quindi procedendo al contrario se da una serie di suoni si possa risalire, almeno in teoria, a una forma. E qui è iniziato il nostro esperimento.»

Mike annuì, sempre in ascolto.«Abbiamo lasciato acceso il computer, che ha registrato per giorni e giorni ciò

che accadeva nell’ufficio, e ha tradotto tutto in termini matematici. Questi sono i tabulati. Vedi che c’è una ripetizione di simboli e formule, segno che non stava accadendo niente di particolarmente insolito.»

«Certo.» «E qui arriviamo al giorno in cui la musica ha cominciato a scomparire.» «Credevo che a quel punto il programma fosse già stato abbandonato!» esclamò

Mike, sorpreso.«Oh, sì! Era stato abbandonato da te» rispose Indago con un sorriso furbetto. «In

realtà ho proseguito in silenzio perfetto, perché uno dei neuroni del mio cervello, il più strampalato» e si grattò la testa, «uno dei miei neuroni mi diceva che dovevo stare in ascolto, e aspettare che arrivasse l’idea. Ma torniamo a quel giorno. Guarda questo grafico: c’è una diminuzione nelle frequenze misurate, e più sotto, guar-da ancora, c’è un’alterazione nell’alternanza che caratterizza i numeri complessi… Come un rallentamento e una progressiva uniformità delle risposte frequenziali.»

«Sì» convenne Mike. «E poi… poi c’è stato il rumore.» «Sì, c’è stato il rumore, alle tredici e venti ora locale. Ecco! Ecco la variazione

sul tabulato.» «Ha registrato il rumore, professor Indago!» «Sì, e l’ho analizzato sia isolato che nel contesto delle altre frequenze, ma adesso

il difficile è trovare l’anello della catena che ci consente di capire da dove è venu-to… Da questa stanza no, perché qui non c’è nulla che possa produrre un suono di quel genere, e comunque è stato udito dappertutto. La cosa sorprendente è che sia stato registrato anche dai nostri strumenti, e questo significa che riguardava anche lo stato delle frequenze in questo luogo. Ma da dove proveniva? Se si potes-se tradurlo in una forma sul monitor…»

Page 33: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

33

E piano piano il professor Indago si ritirò dentro alla sua genialità, come faceva sempre quando era alle prese con un enigma, e il mondo circostante sparì alla sua vista. Con gli occhi che andavano dalla tastiera al monitor e poi alla tastie-ra, escludendo tutto il resto, toccandosi il naso e grattandosi la testa di tanto in tanto, scriveva, cancellava, faceva scorrere i tabulati su e giù, confrontava, ogni tanto si lasciava sfuggire un «Mhm, così no», a seguito del quale Mike cercava di intervenire, ma senza risultato. Indago mormorava qui e là parole sparse: vettore, iterazione, destrutturazione, grafici di flusso… e a volte le pronunciava guardan-do Mike, ma se non ci fosse stato le avrebbe dette all’aria. Mike aveva perso il filo, ma attese pazientemente – quanto, non se ne rese conto.

Brenda aprì gli occhi e fece un po’ fatica a comprendere dove si trovava: poi rico-nobbe lo studio del professor Indago. Doveva essersi appisolata: chissà da quanto tempo si trovava lì. Nella penombra, guardò l’orologio. Le quattro e dieci! Chissà cosa stavano facendo quei due, e come erano stanchi. Fino a quel momento nes-suno era andato a cercarla: o dormivano anche loro, là in mezzo ai computer, o avevano lavorato un bel po’. Decise che non avrebbe poi disturbato tanto se avesse portato loro un cappuccino. Poteva sempre chiamare Mike e porgergli le tazze stando fuori dalla porta. Così si alzò dalla poltrona, si stirò, accennò un balletto per sgranchirsi – andava a lezione di salsa e merengue, “prima”, ed era convinta che anche alla signorina Pibbins avrebbe fatto bene; anzi, se la musica fosse tor-nata, glielo avrebbe proposto. Prese il borsellino e si diresse verso il distributore automatico di bevande. Inserì le monete, premette il tasto «cappuccino» e, men-tre guardava il latte-e-caffè scendere nel bicchiere accompagnato da un’invitante schiuma, ne annusò il buon odore. «Cacao?» chiese la macchina. «Ma certo, anche cacao. E uno» bisbigliò con un sorriso. Prese un vassoio di fianco al distributore, vi depose il primo bicchiere e ripeté l’operazione altre due volte.

«Forse ci siamo, stai attento» disse all’improvviso il professor Indago rivolto a Mike. Erano le prime parole che indirizzava veramente a lui dopo tutto quell’af-faccendarsi in calcoli ed esperimenti.

Dalle casse uscì di nuovo quello stridore agghiacciante. «Ecco, ho attivato la funzione disegno. Guarda» disse Indago, con l’indice puntato verso il monitor.

Mike guardò: un’immagine sfumata si stava delineando al centro del video. Era composta di linee diritte, alcune parallele fra di loro, altre perpendicolari.

«È un colpaccio, un vero colpaccio… Mike, abbiamo contattato un’altra di-mensione! È stato per caso… Oh cribbio…» Il professor Indago era fuori di sé

Page 34: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

34

dall’emozione. Tirò fuori un fazzoletto e si asciugò la fronte. Mike non lo aveva mai visto così. «È stato per caso, un caso soltanto… È un evento storico… Vedi questa parte di tabulato? La variazione di frequenza è troppo forte, non appartiene a nulla che provenga dal nostro pianeta, e nemmeno da stati della materia fin qui conosciuti… Oh…» Indago si sedette, poi si alzò, fece due metri avanti e tornò indietro, riguardò il monitor. «Guarda, guarda, la figura è ancora in movimento, si sta definendo… Accendi il monitor a parete, Mike, così vediamo meglio!»

Mike accese. Il grande schermo, che occupava tutta la parete di fronte alla por-ta, si illuminò e subito quella forma ancora indefinita comparve ingigantita.

«Sembrano muri» osservò Mike. «Sì… muri grigi e molto squadrati» convenne Indago. «Ingrandisci ancora

l'immagine!»Mike fece come gli era stato chiesto. Quello che andava disegnandosi sullo

schermo sembrava un fabbricato di un grigio uniforme dai muri possenti. Il professor Indago non stava più in sé dall’eccitazione. «Mantieni l’immagine,

Mike, non toccare nulla. Vado in archivio a prendere la fotocamera digitale, vo-glio scattare alcune foto da analizzare con calma.» Sorridente e trafelato, si avviò verso la porta dell’archivio segreto, che stava in fondo a sinistra nella stanza, e scomparve.

Brenda bussò con leggerezza alla porta blindata. «Toc toc…» disse con voce scher-zosa. Mike la vide entrare con gli occhi chiusi e gli sorse spontaneo un sorriso.

«Cappuccino!» annunciò lei allegra. «Da una cameriera che non vede niente. Mi aiuti, Mike?»

Lui le andò incontro, le prese di mano il vassoio e lo depose su un tavolo. «Sei la segretaria più segreta che io conosca, e anche la più gentile. Ma adesso vai, via, via, subito.» Prese il rivela-persone, che era troppo vicino al vassoio, e cercò con gli occhi un altro posto per appoggiarlo.

«Vado, vado. Brrr… Mike, che freddo fa qui! Avete acceso il condizionatore?»Era vero. Anche Mike rabbrividì. Si guardò intorno. Qui e là, l’aria dell’ufficio

Progetti e ricerche stava diventando insolitamente grigia. Alzò gli occhi verso il monitor a parete: una nebbia ne usciva, e si spargeva per l’ufficio.

«Allora, tutto a posto? Me ne posso andare, signori scienziati?» scherzò Brenda, ancora a occhi chiusi.

Dall’archivio segreto arrivò la voce del professor Indago: «Porta pazienza, Mike. Arrivo subito. Ma dov’è questa fotocamera? Eppure…» e lo si sentì borbottare qualcos’altro di incomprensibile.

Page 35: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

35

Quello che accadde poi fu troppo rapido perché Mike e Brenda potessero tro-vare una via di fuga.

L’aria grigia della stanza cominciò a solidificarsi: in breve Mike vide lo spazio invaso da superfici verticali che non appartenevano all’ufficio, e che opponevano sempre più resistenza. In pochi secondi l’ufficio Progetti e ricerche fu pieno di muri grigi. «Brenda, usciamo di qui! Professore, aiuto!» Brenda spalancò gli occhi e vide davanti a sé una parete di pietra. «Andiamo, Brenda, andiamo via!» Cerca-rono entrambi un’apertura, senza trovarla.

Indago tornò dall’archivio e, ancora sulla soglia dell’ufficio, vide quel disastro. «Oh Dio» gemette, e poi urlò: «Il computer, Mike, devi spegnere il computer!» Mike lo cercò, ma lì dove si trovava non c’era più nulla che gli ricordasse un com-puter. Stette vicino a Brenda per non perderla di vista, mentre attorno a loro il luogo era irrimediabilmente mutato. Scomparso il professor Indago, scomparso l’ufficio Progetti e ricerche. Si ritrovarono in un atrio semicircolare di pietra gri-gia, ai piedi di uno scalone a spirale.

Il professor Indago rientrò velocemente nell’archivio, andò verso il quadro del-la corrente elettrica che alimentava quella parte dell’azienda e spense tutti gli in-terruttori. Poi tornò nell’ufficio e alla luce della sua piccola pila esaminò il luogo. Le mura che avevano occupato la stanza erano scomparse, trascinando nel nulla anche Mike e Brenda.

Indago sapeva che non c’era tempo da perdere.Riattivata la corrente, accese di nuovo il computer. Si sedette davanti a quello

che conteneva il suo programma e si dispose a una notte insonne. Cercò il rivela-persone dove l’aveva lasciato – non aveva nessuna intenzione di essere disturbato in quella situazione e doveva prevenire ogni intrusione; e non trovandolo capì che anche quello era finito assieme a Mike e Brenda. Restò un attimo a pensare se la cosa potesse essere sfruttata, e in che modo. Sì, poteva essere un vantaggio, stu-diandoci un attimo. Bisognava innanzitutto cercare di proteggere quei due ragazzi, rintracciarne sul tabulato la frequenza, guardandosi bene, possibilmente, dall’atti-vare la funzione disegno. Visto l’edificio che si era solidificato nell’ufficio Progetti e ricerche, era ormai da escludere che il disastro che stava colpendo il mondo degli umani fosse di origine fortuita, o naturale. Qualcuno aveva organizzato tutto, e agiva dall’interno di quell’edificio; e chiunque avesse lavorato in modo così siste-matico da un’altra dimensione per indebolire a quel punto la Terra doveva essere un personaggio sinistro, un’anima infame; e non avrebbe risparmiato Mike e Bren-da, se si fosse accorto che circolavano nel suo regno. Soprattutto, Mike e Brenda erano rimasti, nonostante lo sfacelo generale, due persone di eccezionale vitalità; e

Page 36: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

36

lui sapeva che questo sarebbe stato notato. Così doveva, doveva subito cancellare ogni traccia di quella vitalità intorno a loro. Doveva riuscire a interferire con la loro frequenza e rendere invisibili le loro tracce. Si sarebbero sentiti un po’ più svogliati, ma non tanto; e là dentro sarebbero stati visti solo da chi li avesse incontrati faccia a faccia, e quello era già un vantaggio. Significava che, se si comportavano da per-sone scaltre, avevano del tempo a disposizione per proteggersi.

Senza perdere un attimo, Indago concentrò la sua attenzione sulla comparazione dei tabulati. La corrente elettrica era stata disattivata al momento in cui Mike e Brenda erano rimasti imprigionati all’interno di quei muri di pietra. Fu perciò faci-le riconoscere le loro frequenze, già registrate in precedenza sui tabulati riguardanti la Smithson & Co., quelle dell’edificio straniero e, con un lavoro di fino, captare anche quella del rivela-persone, di cui lui conosceva bene le caratteristiche. Inse-rendosi nelle frequenze di quell’aggeggio, poteva far sì che inviasse dei segnali alle frequenze dei due ragazzi, in modo da renderle non percepibili all’interno di quel campo; e dopo averci studiato un po’, inviò l’ordine al rivela-persone.

Il codice che desiderava vedere gli comparve immediatamente sul monitor; e Indago sospirò di sollievo. La prima cosa, quella più importante al momento, era fatta: Mike e Brenda potevano muoversi nel luogo in cui si trovavano con la cer-tezza che la loro presenza non sarebbe stata individuata da lontano.

La seconda cosa importante era capire in che dimensione spazio-temporale erano capitati quei due. Isolò quindi le frequenze dell’edificio di pietra e avviò un’analisi comparata delle variabili tempo-spazio. Sorrise di se stesso pensando che in un’altra circostanza si sarebbe sentito entusiasta per quel grande risultato; ma adesso non c’era davvero da esserne fieri.

Scosse la testa e tirò fuori i dati dalla stampante. Li lesse un attimo e decise che se quei due ragazzi non fossero riusciti a ritornare per le quattordici al mas-simo avrebbe dato l’allarme, assumendosi tutte le responsabilità dell’accaduto; nel frattempo avrebbe tentato di assisterli in tutti i modi possibili, qualora se ne fosse presentata l’opportunità. Per la giornata lavorativa, avrebbe comunicato che entrambi avevano chiesto un permesso; quanto a lui, si sarebbe chiuso fino all’ora stabilita nell’ufficio Progetti e ricerche, chiedendo di non venire disturbato per nessun motivo.

Page 37: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

37

ix

Mike e Brenda tacevano, sopraffatti dalla situazione. Per lunghi istanti si guarda-rono intorno con gli occhi sbarrati, incapaci di reagire.

«Oh Dio» sussurrò Brenda alla fine, ritrovando un filo di voce. «Che disastro.» Mike non rispose. Mentre cercava di rendersi conto, si accorse che la sua mano

destra stringeva ancora il rivela-persone. Lo guardò come avrebbe guardato in quel momento una patata, lo scosse per aria in un modo che in ufficio non avreb-be mai fatto – un consulente informatico sa bene come si devono trattare certi oggetti – lo accostò perfino all’orecchio e si sentì molto stupido per questo. Poi i suoi occhi caddero sullo schermo: che cos’era quel codice che vi appariva? Forse il professore era riuscito ad almanaccare qualcosa? Ma che cosa, nell’eventualità? Riconobbe i caratteri di un suo linguaggio criptico e provò a interpretarli, per quello che poteva capire di certi segreti del professore. Macché, tutto inutile: era una procedura che lui non conosceva affatto.

E, come se non bastasse, quell’aggeggio non gli stava dando nemmeno il tempo di cercare di capire, perché la scritta stava sparendo.

Poi lo schermo divenne nero. Mike allargò un poco le braccia e mise in tasca il rivela-persone con un sospiro. «Isolati» annunciò.

Brenda lo guardò.Tacquero entrambi. La luce di un giorno grigiastro entrava da una finestra a

bifora collocata in alto, a destra della scala. «Alla Smithson era ancora notte, quasi la fine della notte» osservò Brenda.«È così» rispose lui.«Qui invece…» «Sì, lo so.» Mike le fece cenno di tacere. Esaminò la struttura del luogo, cer-

cando di cogliere ogni particolare. Erano capitati all’interno di qualcosa che aveva tutta l’aria di un castello, a giudicare da quell’unico locale che avevano di fronte: e non aveva certo un aspetto ridente. E c’era un silenzio anormale, quasi insano – perché qualcuno, lì, ci doveva pur vivere. Allora chi erano gli abitanti, e dove s’erano cacciati? E che diavolo veniva architettato lì dentro, in quel posto

Page 38: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

38

che pareva avere mille anni di vita, per provocare tutto quello sconquasso nel loro mondo?

Mike saggiò con le mani la consistenza delle pietre e passò le dita sulle con-nessure: erano vere pietre, veri muri… Impossibile pensare di scapparsene da lì semplicemente attraversandoli.

Con lo sguardo mobile, Brenda sorvegliava l’atrio semicircolare e tendeva le orecchie alla ricerca di rumori di passi o di voci.

A sinistra dello scalone iniziava una parete divisoria. Diedero un’occhiata là dietro: un largo corridoio affondava nel buio. Si ripararono lì, nella penombra, e si appoggiarono alla pietra. «Speriamo che sia la mossa giusta» disse Mike. Da lì in poi e finché non ci avessero capito qualcosa, c’era da tirare a indovinare.

Rasenti al muro, avanzarono di qualche passo. «C’è un vuoto» bisbigliò Mike quasi subito, muovendo le mani a tentoni. Lì, sulla destra, si apriva un varco. Era un piccolo corridoio cieco; e dentro, ancora a destra, appariva una nicchia.

Brenda fece velocemente due calcoli e poi guardò Mike sbalordita. «Ma com’è…» «Sì, che senso ha?» si chiese Mike. «Brenda, ma… questo corridoio…» «… non può essere qui, Mike. Proprio così.» «Certo, perché adesso metti che io sono di là e scendo dalle scale, poi volto a

destra e ancora a destra, e poi per la terza volta a destra…» «Esatto, dovrei ritornare alla scala.» «E invece qui c’è un corridoio che non dovrebbe esserci.» «Però c’è, perché lo stiamo vedendo tutti e due. Insomma ci sono due cose

nello stesso posto, e non si capisce come.» «Aspettami qui.» Con un balzo Mike fu all’inizio del muro: sporse la testa e vide lo scalone. Era

ancora lì, al centro dell’atrio: ma certo, dove avrebbe dovuto essere? E del piccolo corridoio nemmeno l’ombra…

Tornò da Brenda. «Da quella parte si vede solo lo scalone. E da questa parte si vede solo…» Ma Brenda l’aveva già zittito, e aveva lo sguardo allarmato. «Ssst! Senti?»

«Che cosa?» «Passi.» «Passi?» «Sì, come una marcia…» «Strano, io non li ho sentiti. Dove, li hai sentiti?» «Qui intorno, una cosa vaga però.» «Su, nel corridoio cieco, svelta. Forse è un cambio della guardia, qualcosa…» La prese per un braccio e insieme si ripararono nel buio della piccola nicchia;

Page 39: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

39

con spavento la sentirono sprofondare un poco sotto i loro piedi e in fretta si spostarono.

«Si avvicinano, senti? E c’è anche una musica. Tremenda! La senti, la musica?» «Sì, ma… vengono di là!» e Mike indicò il muro in fondo.Si guardarono allibiti. Da dietro a un corridoio laterale che non poteva esserci,

al di là di una parete di pietra impenetrabile, qualcuno marciava verso di loro.«Via!» sussurrò Mike. «Di qua, proviamo» e trascinò Brenda indietro con sé nel

corridoio grande, verso il buio. Corsero più in fretta che potevano in direzione opposta all’atrio e nell’oscurità, col cuore in gola, si appiattirono contro la parete.

Il rumore di passi si amplificò all’improvviso. Era metallico, ritmico, pesante, e accompagnato da una musica monotona e stridente, così assordante che Mike e Brenda dovettero ripararsi le orecchie con le mani.

Il drappello uscì in file ordinate dal corridoio cieco, svoltò a sinistra e sboccò nell’atrio. Brenda e Mike guardarono attoniti quegli esseri dall’aspetto fortissimo, sul cui corpo erano disseminate chiazze di un metallo simile all’ottone. Il metallo invadeva ogni parte scoperta della loro figura, alternandosi alla pelle; ed era chia-ro, dalla sua disposizione, che non si trattava di una divisa. Molte erano le teste completamente fatte di quel metallo dorato; solo qualcuna aveva capelli, ed era-no, visti così da lontano, pochi e radi. Quei soldati erano un miscuglio incredibile di uomo e macchina e camminavano in silenzio con rigida disciplina.

Brenda li guardò passare con gli occhi spalancati. Perché sentiva una stretta al cuore?

Nessuno di quegli esseri si voltò verso di loro, tranne uno.Chiudeva la squadra: dalla sua posizione, un po’ arretrata rispetto ai compagni,

pareva un sorvegliante. Girò la grossa testa di ottone e indugiò con lo sguardo intorno al punto in cui Mike e Brenda si erano appostati; ma poi distolse gli occhi e continuò la sua marcia.

«Ci avrà visti?» chiese Mike pianissimo. «Speriamo di no…» Il drappello raggiunse l’atrio semicircolare. In quel momento il rumore di passi

scomparve all’improvviso, assieme alla musica. Brenda e Mike aspettarono per un lungo attimo a orecchie tese.Nulla, nemmeno un sospiro.Ritornarono indietro, in direzione dell’atrio.Il corridoio laterale non c’era più.Si guardarono in silenzio.Mike aggrottò le sopracciglia: era sicuro che gli fosse sfuggito qualcosa. Ne era

certo: avevano avuto qualcosa sotto gli occhi e non l’avevano notato. Era qual-

Page 40: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

40

cosa, una sensazione di movimento lì nel corridoio, qualcosa che era cambiato da qualche parte senza che loro vi prestassero attenzione – eppure la sensazione rimaneva…

Furono di nuovo nell’atrio, a cercare di capire. Nessun segno di vita, più, né passi per le scale: tutto finito. Dalla bifora entrava sempre quella luce grigia: la sera era ancora lontana.

«Qui non si va né avanti né indietro» mormorò Mike, guardando istintivamen-te l’orologio. Era fermo alle quattro e trentadue, l’ora in cui quel castello li aveva imprigionati. Si avvicinò alla scala e allungò il collo per scrutare in su, oltre la balaustra che saliva a spirale. Intravide, in alto, un secondo soffitto a volte.

Nessun rumore, o segno di presenze.«Mhm… Ai piani superiori ci sono sempre i capi» disse Brenda, che se ne inten-

deva. «Mike, andiamocene di qui.» Era andata bene fino a quel momento, ed era il caso di cercare finalmente un luogo per rifugiarsi a riflettere. Ci poteva essere, da qualche parte, un posticino per nascondersi e pensare. E non era di sopra, ne era certa, e nemmeno lì in quell’androne, tenendo conto anche del fatto che, visto com’era apparso e sparito il drappello del mistero, la cosa avrebbe potuto ripetersi pari pari in qualsiasi momento. Chissà – forse, e anche senza forse – ognuna di quelle pareti celava un corridoio che portava chissà dove, e chissà da chi…

«Muoviamoci di qui, Mike. Porte non ne vedo, per il momento, e bisogna trovar-ne almeno una che ci conduca in qualche posto dove possiamo raccogliere le idee.»

Mike la guardò sorpreso: quella ragazza con il vestitino a disegni di orsacchiotti aveva retto bene, fino a quel momento…

Le ragazze a volte sono davvero in gamba, pensò.L’unica cosa che potevano fare era addentrarsi di nuovo nel corridoio che ave-

vano lasciato. Lo percorsero sperando di non incontrare più nessuno, fino al pun-to in cui faceva una svolta a destra e finiva in una nicchia. Di fronte a loro c’era una grande porta scura, e un’altra stava sulla sinistra.

«A caso?» chiese Mike. «Per forza» rispose lei.Apparve ai loro occhi un’immensa cucina. Era tutta divisa in corridoi da file

e file di scaffali, e su questi stavano allineati paioli e tegami giganteschi. Gran-di finestroni ad arco si susseguivano in alto sulla parete di fronte, e al centro campeggiava un focolare spento. «Hanno terminato da non molto» stabilì Mike esaminando la cenere. «Questo per dire che qui è pomeriggio, probabilmente un po’ prima di metà pomeriggio, ammesso che questo sia un posto in cui viene

Page 41: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

41

notte come da noi. E capisco anche che qui c’è tanta gente, Brenda, tanta anche se questo silenzio non lo fa capire.»

«E se è così, può essere anche che fra un po’ spunterà di nuovo qualcuno per preparare la cena. Bisogna fare svelti, Mike. Su, troviamo un posto.»

«Siamo abbastanza fortunati, Brenda, ad avere trovato le cucine. Di fame e di sete non moriamo più, credo» disse Mike.

«Bisognerà vedere cosa mangiano in questo posto» lo prese in giro lei. «Magari zuppe di pietre con contorno di ragnatele, o forse larve di qualche genere…»

«Ohi, mi sento male! Basta così» rise lui sottovoce facendo finta di boccheggia-re, e le tirò la coda di cavallo.

Accanto alla cucina c’era la dispensa e, in fondo a questa, oltre una porta, la scaletta che portava in cantina. Non fu difficile trovare rifugio dietro a una mon-tagna di sacchi pieni di qualcosa che sembrava una farina scura, a giudicare dalla polvere fina che usciva dalla tela. Era il momento di riprendersi e riflettere, dopo quella inquietante sorpresa.

Si sedettero in terra e fecero un sospiro insieme, e la cosa li fece un po’ sorridere.Tacquero per un po’, e Brenda guardava nella penombra con gli occhi allargati. «Li hai visti, Mike?» «Quelli? Eccome…» «No, ti chiedevo se li hai visti bene.» «Sì che li ho visti bene! Ma cosa vuoi dire?» «Erano tristi… Molti di quelli erano tristi.» «Ma va’ là. Soldati, tristi?» «Sì, ti dico. Sì. Io… Le spalle, il modo… Ma anche qualcos’altro… Tristi, ecco.» Mike allargò le braccia. Come poteva essere?«Chissà cosa starà facendo il professor Indago» continuò Brenda. «Gli siamo

spariti davanti agli occhi.» «Starà in pensiero, ecco cosa sta facendo» rispose Mike. «E se lo conosco bene

sta anche trafficando per cercare di toglierci da qui.» «Chissà, quel corridoio» disse ancora lei. «Chissà dove porta, che cosa nascon-

de, per esserci tutta quella gen… insomma, tutti quelli.» «E per sparire all’improvviso così, per di più. E la nicchia, che si è mossa…

L’hai sentito, che si è abbassata sotto ai nostri piedi?» «E come no? Credevo di sprofondare!» «Eppure abbiamo visto qualcosa, Brenda. Abbiamo visto qualcosa, io ne sono

certo, qualcosa che io non mi ricordo…» «A me non pare di essermi accorta di niente. Di che cosa stai parlando?»

Page 42: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

42

«Non è possibile che tu non abbia visto. È stato qualcosa che è avvenuto sotto i nostri occhi, un cambiamento, un… oh, non lo so, mi sfugge…»

«Ma dove? Vicino ai soldati? Vicino al corridoio? Oppure dov’eravamo noi?» «Non lo so, non lo so…» «Senti Mike, ora riposiamoci un po’. Forse hai dimenticato che siamo andati

alla Smithson all’una e mezza di notte, e alle quattro e mezza stavate ancora lavo-rando, per non parlare di questo pasticcio…»

Lui sbadigliò. «Hai ragione. Solo un po’…» Chiusero gli occhi dove si trovavano, seduti in terra, con la schiena appoggiata

ai sacchi di farina.

Due piani più in alto, l’uomo vestito di grigio camminava avanti e indietro nel suo salotto. Era stato preso da una frenesia micidiale ai piedi, e se non avesse saputo per certo che avrebbe inciampato ogni secondo sulla superficie di quel mondo bitorzoluto sarebbe andato perfino a farsi una corsa di fuori per cercare di calmarsi un po’.

I tempi erano lunghi, forse più lunghi del previsto, prima di poter mettere le mani sul suo nuovo dominio. E anche Lutfilyon gli aveva detto che occorreva un lavoro coordinato, che non bisognava essere impazienti, perché a quel punto gli equilibri erano delicati… Bisognava tenere in vita il mondo da conquistare, per-ché da morto che conquista sarebbe stata?

Ma lui si vedeva già seduto su quel trono, e i pochi giorni che lo separavano dalla vittoria finale gli sembravano insopportabili.

Guardò fuori. Attraverso la bifora arrivava nel suo studio una luce noiosa, che lo rendeva ancora più insofferente. Anche il secondo tentativo non aveva sortito l’effetto desiderato: alcuni punti di resistenza erano spariti, ma quell’unico ribelle era ancora là, e non si dava per vinto. Ma avrebbe ceduto, alla fine. A forza di legare e stringere, anche lui avrebbe perduto la sua musica.

«Il soffitto! Certo, il soffitto!!» Mike aprì gli occhi e drizzò la schiena all’improv-viso. Brenda si risvegliò di colpo. Doveva aver sonnecchiato per un certo tempo, perché fuori dalla finestra della dispensa il cielo era già diventato più scuro.

«Eh, Mike? Cosa…» «Il soffitto, Brenda! Fuori da quel corridoio. Qualcosa si è mosso là in alto,

dopo che tutti quei… quelli, insomma, sono passati.» «Qualcosa? Mosso? Ma cosa, Mike?» «Non lo so, non so, bisognerebbe tornare là, vedere…»

Page 43: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

43

«Ma come facciamo? È rischioso, ormai.» Guardò fuori dalla finestrella. «Vedi? Fra poco le cucine saranno in funzione, se non lo sono già.»

Passi pesanti risuonarono in quel momento al di là della porta della dispensa. Qualcuno aprì e un fascio di luce penetrò dalla cucina. Mike e Brenda rimasero dov’erano, nascosti dietro le file di sacchi, senza più fare un movimento.

Il visitatore entrò e uscì diverse volte, portando via i suoi carichi di cibo; poi richiuse la porta alle proprie spalle.

«Chi poteva essere?» chiese Brenda non appena fu tornato il silenzio.«Non so… Dal passo, però, uno di quelli» rispose Mike. «Bene, a posto, tu

aspettami qui.» Si alzò risoluto.«Ma…» «Stai qui, ho detto.» Uscì dopo aver guardato in giro da una fessura della porta e senza averle dato

il tempo di obiettare.In cucina passò a schiena bassa tra le file di scaffali. Più in fondo qualcuno ar-

meggiava con pentole e stoviglie, facendo una certa confusione. Mike socchiuse la pesante porta e la oltrepassò.

In piedi di fronte al focolare, Velic, il luogotenente, faceva mentalmente il conto delle porzioni da far preparare. Il primo turno aveva mangiato a pranzo, ora era la volta del secondo. Si ricordò che l’elenco dei nomi era appeso di fianco alla prima scaffalatura. Non che i nomi servissero, ma vi erano state sostituzioni ulti-mamente, ed era necessario almeno sapere il numero dei nuovi venuti. Così Velic si diresse verso la scaffalatura a sud, di fronte alla porta che dava in corridoio.

Raccolse meccanicamente da terra la cosa bianca che si trovò davanti, poi la guardò meglio. Come mai quel foglietto stava lì? Una cosa così… terrestre… un foglietto di appunti, numeri…

Tenendolo in mano tornò davanti al fuoco; lo posò da un lato e riprese il suo lavoro.

Mike ritornò molto presto. Passò di nuovo accovacciato tra le mensole della cuci-na e si infilò nella dispensa.

«Avevo ragione» disse quando si fu accucciato accanto a Brenda. «Il soffitto, proprio lì dove è sparito il corridoio. Quando siamo arrivati formava un arco tondeggiante, ora è a sesto acuto. E sono sicuro che c’era ancora qualcosa, prima. Dei riccioli, delle figure… Ecco, sì, c’erano delle iscrizioni, Brenda. E ora non ci sono più.»

Page 44: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

44

«Vuoi dire…» «Voglio dire che c’è un codice collegato all’apertura di quel corridoio, che quel

corridoio si apre quando il soffitto si modifica e appare un’iscrizione. Brenda, questo è un posto in cui si lavora su due dimensioni spazio-temporali, almeno. E c’è qualcosa che viene accuratamente tenuto al sicuro.»

«Ma allora…» Brenda non fece in tempo a continuare. La porta della dispensa si aprì e la luce

penetrò dalla cucina. Dopo un istante un essere di statura enorme, fatto di carne mista a metallo, li guardava dall’alto in basso con occhi impassibili.

«Adesso dove sono?» Gamondock fissava la notte attraverso la bifora del suo salot-to. Era venuto giù frettolosamente dal letto in cui comunque si stava rivoltando da un po’, alla notizia della cattura di quei due; e adesso Fango era con lui.

«Sono nella prima cella, signore. Chiusi ben bene.» «Sono stati interrogati, suppongo.» «Ce… certo, sì, da Kuzow, signore, e dai suoi luogotenenti… sergenti…» «E che aspetto hanno questi… turisti?» «Oh, lui un ragazzone, lei… lei una ragazzina… Ecco, tutto qui. Due fi… sì,

ecco, due fidanzati, hanno detto così.» «Fidanzati. Mhm. E come sarebbero arrivati qui, l’hanno detto?» «Sì, eccellenza… Ma… maestà… capo. L’hanno detto: si sono trovati qui men-

tre ballavano.» «Mentre ballavano?» Gamondock alzò un sopracciglio per la sorpresa.«Sì, sì, mentre ballavano.» «E cosa mai potevano ballare, a New York? Mi sembra che ci sia rimasto ben

poco, da ballare.» «Be’, be’ signore, sa com’è: due fidanzati ballano anche quel poco… E sono

capitati qui…» «Va be’, vai, Fango. Questa è una cosa di cui mi dovrà rendere conto Lutfilyon.

Forse ci sono falle nel sistema di sbarramento… Bisognerà guardarci bene, acci-denti. Questi magari sono due sprovveduti, ma… Vai, vai. Anzi, prima portami il Quadro Generale.»

«Subito, signore.» Fango uscì e rientrò poco dopo portando a fatica tra le brac-cia corte il tabellone di Gamondock. Quando si fu ritirato, Gamondock si sedette al tavolo del salotto, accese la lampada e si fermò un attimo a pensare. Se davvero erano quello che avevano detto, per un certo verso c’era quasi da ridere. Inutile agitarsi, tanto quei due ormai erano in trappola; ma comunque era meglio sa-

Page 45: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

45

perne di più, e inoltre chissà che non potessero servire, due di New York. Anzi, perché no? Farli passare per forza al nemico: il danno e la beffa. Divertente…

Prese la Piuma Nera e scrisse di suo pugno, nella casella della prigione: «Due turisti, fidanzati, arrivati qui mentre ballavano. Chiamare Lutfilyon a rapporto.»

Page 46: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

46

x

Il lunedì mattina la scuola, per Martin, fu un tormento. Dopo una prova orale collettiva di geografia, litigò con il suo compagno di banco Ramirez Poldo che lo prendeva in giro perché non aveva mai alzato la mano e gli spezzò due matite. Tornò a casa con una nota – «Si avvisano i gentili genitori di Martin che la profes-soressa Micucci desidera parlare con loro» – che non fece vedere a nessuno perché prima aveva bisogno di digerire la faccenda. Cosa ne sapeva il suo compagno di banco, del perché lui non aveva alzato la mano.

Lui sapeva tutto, anche quella volta sapeva tutto, dov’è Toledo, quanti abitanti ha il Liechtenstein e che cosa produce la Danimarca.

Ma temeva il silenzio, “quel” silenzio.Perché quando si alza la mano e la prof dice: rispondi tu, Martin, la classe am-

mutolisce in un secondo e aspetta te, solo te, e in quel momento a lui si seccavano le parole in bocca: conseguenza, faceva sempre la figura del babbeo. E quando c’era il ricevimento dei professori la prof. Micucci parlando di lui con la mamma scuoteva sempre la testa. A dire la verità non la scuoteva solo lei, la scuotevano anche altri, ma la prof. Micucci era quella che la scuoteva di più di tutti.

Così dopo pranzo era salito su al melo con Charlie, e si era messo lì seduto a terra con le spalle al tronco a guardare gli orti e la strada e i giardini più sotto, e poi lontano fin dove la foschia rendeva il paesaggio più morbido e confuso.

Era lì da poco quando giunse di nuovo il rumore. Vide il cielo divenire scu-ro, non di nuvole ma di un buio improvviso, e il paese di Panissa farsi livido. Si accoccolò con una guancia a terra e le orecchie ben chiuse dalle mani, e anche il pelo di Charlie era color della pece. Durò pochi secondi e poi tutto fu finito, ma così all’aperto era stato terribile, e Martin, dopo aver abbracciato il suo cane per calmarlo e per calmarsi, si alzò e insieme a lui ritornò verso casa.

Incontrò per la strada gente che era schizzata via dalle case, e poco dopo sua madre, che stava andando a cercarlo piena di spavento. Lo abbracciò come se l’avesse ritrovato dopo un naufragio e lo tenne stretto finché non entrarono.

Page 47: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

47

Fu mentre stava studiando il secondo movimento del Concerto numero 1 di Tchaikowsky, l’Allegro con spirito, che quella cosa luminosa gli passò davanti velocis-sima. Era un fumo, una luce senza una forma precisa… o era una sagoma vivente?

Fu questione di un batter d’occhio. Il cane abbaiò forte, guardando nel vuoto; Martin alzò gli occhi dallo spartito solo un attimo e si concentrò subito di nuovo sulla musica. Dopo alcuni minuti accadde di nuovo, ma lui era troppo impegnato per curarsene. «Zitto, mi distrai» disse a Charlie che ringhiava al nulla. Che dia-mine, la sesta battuta non riusciva mai bene e bisognò insistere parecchio perché uscisse corretta.

Che lotta, quella tra le mani e la musica. Perché le mani non sanno ancora bene dove andare e lei è impaziente, vorrebbe uscire subito. Ma bisogna lasciarla indietro, bisogna tenerla a freno parecchio, perché le dita hanno i loro diritti – la parte della destra, quella della sinistra, e poi adagio, tutte e due insieme, ma an-cora solo per prova – solo per prova, il sentimento dopo. Perché se arriva lui non c’è più tempo di pensare: qui il medio, lì il mignolo, la destra ha una terzina ma la sinistra solo due crome, sono ritmi dispari, bisogna ripetere e ripetere, e il si è staccato… E intanto la musica preme e si allea con l’anima, e congiura per uscire in fretta e impaziente com’è fa soltanto intricare le dita…

Ma ecco, ora quel pezzetto era completato, e si poteva lasciare che prendesse vita. Quella danza felice! E i folletti, i folletti delle montagne, doveva averli visti davvero il piccolo Pyotr Ilyich lassù sugli Urali, ed essersene ricordato per sempre, perché li si sentiva benissimo saltellare in giro nell’Allegro con spirito, e bere alle sorgenti e giocare a nascondersi dietro l’erba alta.

Forse quel fumo chiaro passò di nuovo nella stanza, perché Charlie abbaiò di nuovo. Martin s’interruppe. Aveva ancora fame e si diresse verso la cucina grigiastra,

attraversando il salotto in cui sua madre stava appisolata in poltrona.«Uffa, come al solito non ci sono le frittelle» si lagnò in piedi davanti al frigo.

«Sono finite già da tre giorni!» «Oh, Martin, sono così stanca…» sospirò la mamma. «Mi sento strana. Non

vedi come tutto è diventato… è diventato…» Sì, ma cosa c’entravano le frittelle, accipicchia? E poi, che cos’era successo, in

fin dei conti? Non era mica morto nessuno, solo un po’ di sfinimento generale; e il cattivo umore della gente, quello sì. Ma il suo cane era sempre vivo e vegeto, il pianoforte era sempre al suo posto e se i film in televisione si vedevano solo in bianco e nero non faceva poi tutta questa differenza, tanto lui di film non ne guardava quasi mai. Ma buttava occhiate inquiete alla mamma, quando lei non

Page 48: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

48

se ne accorgeva: lui si sentiva in ottima forma, mentre lei era un bel po’ pallida, e concludeva ben poco durante la giornata.

Meglio non pensarci e tornare al pianoforte – anche perché se ci pensava avver-tiva un brivido, ed era una sensazione che preferiva dimenticare.

«Per favore» lo chiamò sua madre, «mi andresti un attimo al forno? Abbiamo quasi finito i biscotti.»

«Ma dai» rispose lui in malo modo, «non ci posso andare più tardi? Adesso non ne ho voglia. Tocca sempre a me andarci.»

«Ma fra poco devono arrivare Sara, e Ida, e Annelise per il caffè, e non ho nien-te in casa…»

«Le tue amiche, le tue amiche… “Cccciaooo carrrissssimaaaa, tittrovo in ottt-tima fooorma”…» Tacque un secondo. «Befane.»

Si allontanò ancheggiando: «ccciaaaooo caaarrriiissssimaaa!» e sparì di nuovo nella stanza del pianoforte.

Sara, che aveva sempre i rimedi per tutti, compreso il suo carattere, e diceva alla mamma: «Coraggio cara Linda…»

Annelise, che allungava sempre il collo per guardarsi nello specchio dell’anti-camera, perché guai un capello in disordine. Magari ci andava anche a dormire, con i tacchi e la borsetta.

Befane.

Page 49: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

49

xi

Gamondock sedeva cupo su una sedia grigia. Aveva accanto, appoggiato a un bracciolo, un bastone di vetro scuro che recava sull’impugnatura una pietra ovale, nera e lucentissima; e appariva fortemente concentrato su un pensiero.

«Non ci siamo» disse alla fine con voce bassa e collerica e col viso torvo. «Non ci siamo proprio. C’è ancora qualcuno che suona, e pare non voglia darsi per vinto. E la cosa mi disturba moltissimo.» Le mani magre strinsero con rabbia i braccioli della sedia.

«Ma… ma… ma… ma signore, il processo è avvenuto regolarmente, il lavoro si è concluso in modo positivo» gli rispose prontamente Fango, che gli stava alle spalle, «ora di guardia ci sono…»

«Ci sono dei dementi che non hanno compreso che gli è sfuggito qualcosa. C’è qualcuno molto tosto laggiù, non si dà per vinto, al diavolo! Possibile che non si riesca a ingabbiare quell’unico maledetto concertino?» L’individuo si premette forte le orecchie con le mani. «Non capisci? Basta poco per rischiare di mandare tutto quanto all’aria! Fatelo smettere! in qualsiasi modo! subito!!»

«Sì sì signore. Sì, subito.» «Quindi cosa bisogna fare, subito?» incalzò Gamondock con voce tagliente.«Bisogna… uh sì sì sì, bisogna… u… un momentino… ecco, bisogna… ve…

verificare…» «Muoviti! Chiunque sia, deve sparire! Perché è un testardo, uno che non molla,

chiaro? Per suonare ancora così in quelle condizioni può essere solo un menefre-ghista incallito, un individuo pericoloso! Quindi??»

«Quindi… quindi…» temporeggiò l’altro, che aveva una gran paura di non riuscire a indovinare esattamente le parole che ci si aspettavano da lui. Potevano essere guai seri, se non indovinava esattamente. Quel giorno aveva il bastone con sé, il suo capo. Quel bastone con l’occhio nero di cristallo era un oggetto ango-scioso, e il bello era che non sapeva nemmeno per quale motivo.

«Quindi va eliminato. Fisicamente. Chiaro? Senza aspettare più niente, nessun momento e nessuna verifica.»

Page 50: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

50

Meno male che alla fine l’ha detto lui, pensò l’ometto con sollievo. Anche que-sta volta è andata.

«Sa… sarà fatto, signore. Comunicherò le… le sue disposizioni.» Gamondock volse il viso verso di lui. I suoi occhi mandavano lampi: quando

era irritato faceva sempre così. Un paio di volte l’ometto riuscì a scansarli, ma uno lo colpì sui pantaloni, lasciandovi un buco fumante.

«Ehm, altezza, non si inquieti… Sa… sa… sarà fatto subito come lei desidera.» E se ne scappò trottando sulle gambette corte, per salvare il salvabile dei suoi pantaloni.

«Fango!» lo richiamò indietro l’altro.«S… s… sì signore.» «Chiamami Lutfilyon. E dai ordine al Distretto di mobilitare i Kranpinch. Die-

ci, per il momento. Niente attese e niente verifiche. Che trovino l’occasione giusta e colpiscano, in fretta. Un modo ci deve essere. Non sarà per un solo fesso…»

«Subito, signore.» «E manda a dire giù ai comandanti che il lavoro deve proseguire. Che non si

fermi nessuno! Intensificate! Questo fatto increscioso ci mette in una situazione di rischio e ci obbliga a compiere uno sforzo maggiore. Se quei noiosi lassù dove sai nel frattempo riparano, siamo a terra.»

«Vado, signore.» E si diresse verso la porta.«Dove vai? Non ho ancora finito.» «Di… dica, signore.» «Povero colui che mi delude. Gli farò conoscere ogni maledizione fino a fargli

vedere la morte più orrenda come un dono.» E questa volta la sua voce era un sibilo infernale.

Fece un secco cenno della lunga mano grigia e così congedò il suo servo.

Page 51: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

51

xii

Martin sentì più tardi le voci delle amiche di sua madre, e vide anche sporgersi un paio di visi dalla porta, ma impostò una Marcia Turca suonata a tutto volume e fece finta di non accorgersi che lo salutavano. Se ne andarono e lui mandò un piccolo respiro di sollievo.

Dava le spalle alla finestra, perciò non si accorse di ciò che stava accadendo. Ma all’improvviso Charlie lasciò il suo padrone e corse ad abbaiare a quella cosa misteriosa che scendeva verso il pavimento, e a quel punto Martin si voltò.

Una larga striscia di luce stava ondeggiando nella stanza; e poi la sua estremità gli arrivò proprio davanti ai piedi.

«Sali» disse una voce.«Ma che roba è?» sobbalzò lui.«Sali» ripetè la voce.Martin era di sasso. Chi diavolo aveva parlato? Forse era quella storia dei folletti

degli Urali? Aveva esagerato con i suoi viaggi di testa? Ma lui aveva cercato soltanto di far vivere la musica, come sempre del resto, non aveva fatto niente di più…

Cercò di conservare un tono indifferente e anche un po’ scherzoso. «Fossi matto a salire su quel coso. Si può sapere chi è che ha parlato?» Misero tentativo: la voce gli uscì strozzata.Comunque restò ostinato al suo posto, e gli venne in mente di chiamare forte

sua madre, anche se non sapeva se avrebbe capito e forse avrebbe parlato con suo padre e insieme avrebbero deciso che la musica gli faceva male.

Ma quello che lui non decideva lo decise Charlie, che saltò sulla scia e si mise a correre, come se fosse stato attirato da una visione irresistibile. E trattandosi di Charlie, Martin non si diede il tempo di ragionare.

«Ehi, aspettami! Non andartene!» Lo rincorse e si ritrovò a mezz’aria nella stanza; poi in un attimo attraversò

la parete di casa senza nemmeno pensare che i muri non si possono passare così come se fossero aria – e che a rigor di logica una scia luminosa non è per nulla un appoggio sicuro su cui camminare, perché il piede dovrebbe sfondarla e passare

Page 52: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

52

dall’altra parte. Così come non si chiese perché Charlie invece ci stava correndo sopra, e nemmeno perché ci stava correndo lui; ma proseguì la salita, affannando-si per raggiungere il suo cane.

Page 53: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

53

xiii

Preso com’era a cercare di riacciuffare Charlie, non si preoccupò nemmeno del fatto che stava salendo in alto, sempre più in alto. I tetti delle case erano sotto di lui, con i panni stesi sulle terrazze e i boschi di antenne della televisione; e poi la città fu lontana, ma Charlie correva sempre, e Martin dietro. Sotto di lui si sno-darono i prati, e i campi, e le colline. Ma non c’era tempo né per la meraviglia né per la paura: c’era solo da riprendere Charlie.

«Fermati! Torna indietro!» gli gridava. Ma quello andava senza voltarsi.

Da un pezzo il gruppo dei Kranpinch attendeva schierato. I corpi intessuti di car-ne e metallo mandavano riflessi nel sole del pomeriggio. Alla loro guida, Trargod aspettava il momento di dare il comando. Rendere inoffensivo l’essere che ancora suonava: era stato quello l’ordine. Attendere la giusta occasione e annientarlo – un attacco veloce, preciso e soprattutto nascosto; perché il successo era vicino, ma quell’oasi incontaminata, quel ribelle avrebbe potuto generare la loro disfatta. Annientarlo: e già sarebbe stato difficile così, visto che quello sconosciuto aveva potuto permettersi di continuare indisturbato la sua attività. Significava sempli-cemente che era forte, che era protetto e non influenzabile. C’era quell’onda, a difenderlo: quell’onda in grado di respingere qualsiasi attacco.

Dovevano scegliere l’attimo in cui lui fosse stato un po’ più vulnerabile. Do-vevano, se non ci fosse stata altra possibilità, provocare loro la sua debolezza, ma sempre mantenendosi lontani.

Ma come fare, se nemmeno il terribile suono dell’Armonica lo aveva disturbato?Eppure il modo ci doveva essere, il modo c’era. L’oscuro padrone a cui ubbidi-

vano non era tipo da fallire: questo si raccontava tra le fila dei Kranpinch. Perciò, se quell’essere sconosciuto era l’unico ancora capace di conservare la musica, sicuramente gli avrebbero tolto il modo di suonarla. Ma ci voleva un tempo, perché anche nella stanza in cui suonava c’era l’onda. Dovevano attendere che ne stesse lontano per il tempo sufficiente a ridurne la forza: quella era la stra-

Page 54: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

54

tegia che era stata decisa. Erano stati avvertiti: un giorno della Terra senza che lui potesse accostarsi alla sua musica, un giorno intero. Che voleva dire alcuni giorni del mondo in cui essi vivevano; ma sulla Terra era un tempo molto breve, e l’impresa era possibile.

Ma poco prima era scattato l’allarme, perché era stata avvistata la scia. Segno che quelli di Balmameth s’erano organizzati, e questa cosa era intollerabile.

Bisognava fare qualcosa, subito: tentare a tutti i costi. La scia era già stata lan-ciata, e si era arrestata dentro a quella casetta. Perciò in quel momento, sopra, c’era qualcuno, e di chi si trattasse era facile intuirlo. Se quell’essere fosse arrivato a Balmameth, se fosse arrivato da quelli («quei maledetti noiosi di Balmameth», proprio così li aveva chiamati il loro padrone) sarebbe stato un insuccesso in-sopportabile per lui, un rischio incalcolabile per la sua impresa, e una punizione fatale per loro. Si poteva solo ubbidire e ritardare così la propria fine, e forse spe-rare persino in un rinvio o addirittura in una promozione, o finire subito, in quel modo atroce previsto per i Kranpinch.

Così i Kranpinch, qualunque cosa fossero stati in passato, avevano smesso di fare domande su che cos’era giusto e che cosa non lo era: ubbidivano e basta.

La scia avanzava, ormai sospesa fra cielo e terra. E a quel punto, si poteva solo cercare di acchiappare il nemico alla cieca.

«Manovra d’attacco veloce» scandì forte Trargod, il comandante. «Adesso!» E tutti insieme lanciarono l’urlo.

Charlie era molto avanti rispetto a Martin, quando si udì quel tuono e la scia ebbe quel movimento brusco. Martin fece fatica a conservare l’equilibrio. Vide Charlie venire sollevato in alto dalla scossa e ricadere sulla scia, ma riprendersi subito e continuare a correre.

Passarono forse alcuni secondi, e ritornò il tuono, e la scossa si ripeté. Questa volta fu terribile: Martin cadde e dovette reggersi con le mani ai bordi della scia. Un istinto gli disse di non guardare in basso per nessun motivo, e cominciò a rendersi conto che si trovava chissà dove, sospeso nel vuoto.

Ma c’era da pensare a Charlie. Lo cercò con lo sguardo: era là davanti, sdraiato sulla scia, e cercava di rialzarsi.La terza scossa fu la più spaventosa e durò più a lungo delle altre.Martin resistette tenendosi stretto alla scia, che le sue mani non avevano più

lasciato.Ma quando potè alzare lo sguardo, Charlie era sparito.

Page 55: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

55

E Martin si sentì spazzare via la vita. Da quel momento non ebbe più alcun desiderio di pensare a sé stesso e alla possibilità che la scossa seguente avrebbe potuto essere l’ultima anche per lui. Charlie era precipitato, e lui si lasciò andare, del tutto passivo, a quello che stava accadendo, perché altro non poteva fare – e d’altronde non lo interessava nemmeno più.

Non ci fu più nessuna scossa.Martin lasciò che la scia gli si avvolgesse attorno e lo trasportasse via, aspet-

tandosi con un fondo di rabbia di morire da un momento all’altro; e poco dopo si trovò a rotolare su un prato in discesa. Finì la sua corsa sotto un cespuglio, stordito e spaventato.

In una capanna poco lontano una donnina dal viso tondo e rugoso era intenta a rammendare un berretto. Girò il capo verso la finestrella e fece un piccolo sorriso.

«È arrivato» disse, rivolta a qualcuno. «Ma il cane, purtroppo…» A poca distanza da lei, un ometto dai lunghi capelli bianchi e gli occhialini sul

naso stava chino su una pianticina in vaso e con la massima concentrazione vi versava un liquido da un contagocce.

«Sì, lo so. Adesso andiamo» rispose.

Page 56: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

56

xiv

Martin fu subito abbagliato dai colori, e non capì. Erano forti, quasi accecanti per i suoi occhi. Viola, blu, turchese e verde smeraldo, rosa corallo e giallo zafferano, splendevano di fronte a lui nei campi assolati, come se quel luogo avesse dimen-ticato i grigi e le tinte più spente.

Poi vide gli animali.Giocavano e riposavano uno accanto all’altro, animali di diverse specie, che di

solito lui aveva visto nei libri o nei documentari nell’atto di sfuggirsi o divorarsi; e ne vide anche altri che non conosceva. Ce n’erano diversi sparsi nei prati, e anche lì vicino, strani e fantastici. Accanto a lui una serpe azzurra e bianca riposava. Ne ebbe paura; ma quella alzò la testa, lo guardò e scivolò via placidamente. Un giovane puledro color pervinca pascolava più lontano.

E quando lo sguardo si fu adattato a tutta quella luce, Martin vide i veicoli sospesi in aria, ad altezza d’uomo. Dovevano essere grandi come la macchina di suo padre, o forse poco meno. Sorvolavano l’erba, che al loro passaggio veniva tagliata; ma non si capiva come, perché tra quelli e il campo sottostante c’era solo il vuoto. Più lontano, veicoli simili aravano altre zone. A bordo stavano persone, e nell’abbaglio del giorno Martin non riuscì a distinguerne le facce, ma avevano copricapi piccoli, quasi tutti gialli.

E poi guardò il cielo.Tutta quella luce…Non uno, ma cinque, dieci… cinquanta… ma no, forse cento soli lo illumi-

navano.Un luogo con cento soli.Un luogo chissà dove, perché nel suo mondo, di sole, ce n’era, e ce n’era sempre

stato, solo uno.E come mai l’erba era verde lo stesso e lui non si stava scottando? Perché sua

madre al mare con un sole soltanto riusciva a rovinarsi.Forse a cadere non era stato Charlie, ma lui. Forse Charlie si era salvato ed era

già ritornato a casa.

Page 57: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

57

No, no, lui lo aveva visto, sulla scia: era caduto e non riusciva a rialzarsi; e poi era scomparso.

Charlie non c’era più, sicuramente. E lui…Ecco, sì, lui era stato prelevato con l’inganno, come dicevano certi film in

televisione, per quel poco che lui la guardava. Era sicuramente stato rapito, non sapeva da chi. Ed era solo.

Solo, e senza difese, e anche arrabbiato, molto.Così lo trovarono gli abitanti di Balmameth che si trovavano a lavorare nelle

vicinanze. L’avvistarono, fermarono in aria i loro veicoli, e scesi da questi con leggerezza andarono verso di lui. Videro quel bambino rannicchiato sotto il ce-spuglio, impolverato e confuso, con gli occhi da cane selvatico e il ciuffo davanti alla fronte. Non apriva bocca, e loro, per rispetto, gli sorrisero soltanto, evitando di avvicinarsi e di rischiare che si sentisse minacciato. Solo qualcuno sussurrò: «È arrivato…» e altri annuirono.

È arrivato? Mi aspettavano? Li guardò: erano uomini e donne, per lo più di aspetto giovane, ma un po-

polo così strano non l’aveva mai visto. Sembravano usciti da giornalini diversi e raccolti lì per caso. Tanti avevano una faccia normale, ma per la maggior parte sembravano inventati da un pittore stravagante. Ma in fin dei conti non gliene importava, non riusciva nemmeno a preoccuparsi. Guardava quella folla com-posita ed era senza parole.

Forse era finito in una musica, in una delle storie che s’inventava suonando, accidenti a lui. Forse, a forza di sognare, può succedere davvero così, che uno si ritrova all’altro mondo. Si sentiva strano, stanco, intontito, come l’unica volta che erano andati tutti e tre in aereo a Caracas a trovare il fratello di suo padre – allora gli avevano detto che era il fuso orario – e anche peggio, molto peggio. E poi davvero non importava, voleva solo riavere indietro Charlie.

Che cosa gli arrivò sulla testa all’improvviso Martin non lo comprese subito, ma afferrò con orrore quella cosa che gli si muoveva addosso e si attaccava ai suoi capelli e la sbattè per terra. Guardò irritato il piccolo coniglio allontanarsi, mentre una donna diceva: «Britz, vieni qui, non disturbare.»

E ancora Martin non parlò. Stava fermo dov’era cascato, e guardava quella schiera di sconosciuti con un’espressione vuota in faccia.

E poi il sussurro delle voci si fece più forte. «Eccoli, eccoli, lasciate passare» diceva qualcuno. Fu aperto un varco, e un ometto all’apparenza molto vecchio gli si avvicinò, seguito da una piccola donna altrettanto attempata.

Avevano visi rotondi e indossavano abiti di tela rustica lunghi fino ai piedi, e

Page 58: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

58

scarpe grosse e comode. La donnina aveva un grembiule bianco sopra al vestito e in testa una cuffietta vezzosamente orlata di pizzo.

«Benvenuto, Martin. Scusaci per i disagi del viaggio, ma non è stato possibile averla vinta fino alla fine su quei Kranpinch. Abbiamo cercato di ostacolarli con tutti i mezzi, ma sono riusciti a sfuggire perfino al Gran Triangolo Rifrangente. Ci dispiace per il tuo cane…» iniziò l’ometto con voce compassionevole.

Quella parola gli fece allargare gli occhi dal dolore. Affondò le dita nella terra sotto la siepe e ne prese una manciata, quasi per cercare un contatto con qualcosa che gli paresse reale e rassicurante.

«Alzati, su» lo invitò l’ometto. Martin si alzò in piedi: era alto circa come loro.«Io sono Lumen, e questa è mia moglie Harmonia.» Harmonia fece un lieve

cenno con il capo. «E tutti questi amici sono, come noi, Balmaman, il popolo… oh be’, una rappresentanza del popolo di Balmameth.» Fece una pausa per lasciare che Martin si guardasse intorno; ma lui era furioso, furioso dalla testa ai piedi. E soprattutto non capiva, e ci fosse stato uno di quei… maleducati, ecco cos’erano, che gli avesse spiegato che cos’era quel posto, e perché si trovava lì, e come face-vano a conoscerlo, e ad aspettarlo, poi…

«Sei stanco. Vogliamo ritirarci in casa?» Congedò i presenti e precedette Martin per un viottolo; Harmonia seguiva. Mentre camminavano, un suono percorse velocemente il cielo, come una sinistra folata di vento che, per un istante, parve lasciare nell’aria una scia grigia.

Lumen guardò in alto e proseguì. Il suono tornò, tetro come prima. «Sta cer-cando di inserirsi nella Frangia Inferiore» commentò voltandosi verso Harmonia, che scrutò a sua volta il cielo. «Speriamo di arrivare in tempo.»

«Oh, sì, speriamo davvero, Lumen, se no…» rispose Harmonia scuotendo la testa rotonda, e sulla cuffia gli orli del pizzo palpitarono un poco.

Furono in breve davanti a una casupola. Intorno stavano aiuole, e fiori ed erbe coltivati con cura: ma nessun cancello o recinzione.

Nell’entrare, Martin lesse la targa di legno accanto all’uscio.Recava la scritta: «Famiglia Luminis, Lumen e Harmonia».

Page 59: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

59

xv

Nel vasto salone Gamondock aspettava, giocherellando in modo nervoso col suo bastone.

Trargod, il capo dei Kranpinch appena tornati dalla missione, sarebbe entrato da un momento all’altro per riferire sull’esito dell’operazione – esito che lui si augurava favorevole, perché ormai la partita si giocava sul tempo e sarebbe stato inammissibile che quelli là di Balmameth venissero messi in grado di minaccia-re la sua impresa. Ormai stavano ricevendo dal suo apparato d’attacco onde di disturbo sempre più intense e frequenti, e in breve tempo la loro mitica, incor-ruttibile Frangia Inferiore sarebbe stata debellata, almeno per il tempo necessario a sottomettere una volta per tutte il mondo chiamato Terra. Poi… quello che sarebbe stato poi, al momento non gl’interessava.

Prima o poi avrebbe dovuto anche fare la conoscenza di quei due bellimbusti, quei due che Velic aveva trovato in dispensa. Scemi: non si rendevano conto che si erano cacciati in una trappola mortale. Ma per il momento lui aveva altro da fare, quelli erano in gattabuia e tanto bastava.

Avrebbe pensato a loro in seguito.Si guardò intorno compiaciuto. Era orgoglioso della sua creatura: l’aveva ideata

lui, voluta lui e gli stava rendendo un servigio perfetto. Naturalmente Lutfilyon era stato prezioso per la realizzazione, questo sì, bisognava dargliene atto…

Ammirò la struttura a ventaglio del salone, le file di colonne esili ed eleganti che sempre più si innalzavano, le volte a sesto acuto che gli conferivano un’aria da cattedrale, la sua altezza ormai vertiginosa e, in alto, le sculture.

Sì, gli piaceva chiamarle sculture, quelle figure grigie come la pietra che le imprigionava, che si agitavano attaccate alle pareti. Gli piaceva, la scultura. Ave-va sempre sognato un salone così, imponente e ricco di arte figurativa. E il suo grande godimento era che per di più tutto quell’agitarsi gli serviva, oh, come gli serviva. Perché tutta quella forza spesa in disperati quanto inutili tentativi innal-zava con progressione costante le pareti dell’edificio, se così si poteva chiamare, e accelerava il tempo del successo.

Page 60: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

60

E fuori dalle tre grandi finestre a bifora stava quel cielo tutto uguale, quel cielo grigio che circondava il regno da lui concepito per quell’impresa.

Lassù, oltre quel grigio, c’erano spazi inesplorati, vasti almeno quanto la sua ambizione, e promettevano conquiste senza fine.

Ma ora si doveva concentrare su ciò che stava facendo. Solo un giorno di tempo aveva ancora la Terra, un giorno del suo tempo, e poi tutto sarebbe finito, e lui sarebbe stato padrone di un mondo molto, molto interessante.

Ghignò di piacere. Non era ancora tutto, e il tutto che intendeva lui era ancora lontano, ma un passo dopo l’altro si arriva dovunque…

Già. Un passo dopo l’altro… Che noia, a volte.Si raddrizzò sulla schiena e con dita irrequiete accarezzò la pietra nera del suo

bastone. «Sssignore…» Fango chiamò dal fondo del salone. Gamondock si voltò.«Si… signore, è… oh, è arrivato Trargod.» «Fallo entrare.» «Oh, subito, sì.» L’essere di carne e metallo entrò. La sua corporatura eretta e possente rivelava

soddisfazione: la missione era stata compiuta.«Allora?» esordì Gamondock, mentre congedava il suo segretario. «Rimani un

attimo fuori, Fango» disse velocemente; poi si voltò ancora verso Trargod.«A posto, signore. È stato fatto come lei aveva ordinato.» «Bene. Il fuggiasco è stato abbattuto?» «Sì, signore. È stato lanciato l’Urlo con tempismo perfetto e la scia è stata scossa

tre volte in modo tremendo. Per il fuggiasco non c’è stato scampo.» Gli occhi grigi di Gamondock lampeggiarono di compiacimento.«Ottimo, Trargod. E chi c’era, sulla scia?» «Bene non abbiamo potuto vederlo, ma a tasto così, un cane, signore.» «un cane?!» «Sì, un cane, una specie. Un grosso cane ricciuto.» Trargod si sforzò di rispon-

dere con calma, ma la reazione del suo signore lo aveva già messo in allarme.«Un cane…» Aveva abbassato il tono di voce: forse si era calmato…Trargod attese.«E dimmi, che cosa ne avete fatto?» «Quello che lei sa bene, signore.» «Ottimo.» Il volto dell’uomo era indecifrabile. «E la scia? È scomparsa, dopo?»

Page 61: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

61

«No, signore; ma noi ci siamo occupati del cane. Abbiamo comunque osserva-to che la scia proseguiva il suo percorso, forse quelli di Balmameth…»

«Miserabili cretini. Imbecilli, incapaci.» La voce di Gamondock si coprì di gelo e Trargod tremò in tutte le fibre della sua parte di carne e ossa. «La scia non si è dissolta, e voi avete creduto che bastasse così? Un cane, un cane avete fatto cadere? avete mai visto un cane suonare uno strumento?!»

Trargod tacque annichilito.«Il solo fatto che la scia di luce abbia continuato il suo percorso, quello solo

avrebbe dovuto bastare per farvi capire che sopra c’era qualcun altro!! Una perso-na, stupidi!! E ora ha raggiunto Balmameth, lo sai cosa significa?»

«Sì, signore, capisco, adesso è chiaro, sono desolato…» «Sei desolato? Bravo, fai bene.» Il bastone, che voglia di usare il bastone! Ma

con quell’omuncolo là fuori…«Comunque te lo faccio presente anch’io» continuò Gamondock. «Significa,

uno, che adesso quel terrestre verrà istruito; due, che riceverà ulteriori protezioni; tre, che perciò dobbiamo ancora accelerare; quattro, che tu e i tuoi rimbambiti di amici siete pronti per lo smaltimento anticipato.»

Le ginocchia di Trargod si piegarono. «No, signore, pietà, mi metta alla prova…» Ma quello non lo ascoltava già più, come se non esistesse. «Fango!» chiamò.Fango arrivò. «S… sì, signore?» «Dovresti avvertire Kuzow che con Trargod abbiamo chiuso: lui saprà cosa fare.

E doppi turni per Senez, Brall, Konoz e gli altri che hanno partecipato alla spedi-zione della scia. Fallo portare via il più presto possibile: non lo voglio più vedere. E manda un messaggio a tutti i notabili: Segrinia ed Erchidia e il Nano Blu. Dì loro di mettersi subito in viaggio. In quest’ultima fase è opportuno che stiano qui: saranno miei ospiti. Avverti anche Amabron e Lutfilyon di questa mia decisione. Appena tutti gli altri saranno arrivati, ci sarà un’assemblea. E desidero che vi partecipino anche i capitani dei Kranpinch: Muzow e Kuzow. E convoca» e qui il naso gli si storse un poco, e ci piazzò sotto un dito di traverso, «quegli altri due, quelli là. E ora vai.»

Fango, fatto un breve inchino e calmato più in fretta che poteva il freddo che gli era corso sotto le maniche, obbedì.

Page 62: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

62

xvi

Mentre si affaccendava tra la credenza e il tavolo, Harmonia teneva d’occhio Mar-tin. Era a terra, com’era naturale, e pieno di dolore per il suo cane. La prima cosa da farsi era cercare di rincuorarlo, e sperare che reagisse…

«Lo amavi, molto, vero?» Si fermò e guardò Martin in viso. Bisognava fargli sape-re che lo comprendevano… A volte la necessità fa accadere cose non proprio felici.

Martin fece sì con la testa. Era accasciato su una seggiolina di legno dipinto, vicino al tavolo. Non sapeva cosa gli stesse accadendo, e senza Charlie si sentiva sperso – no, non esattamente sperso, proprio morto. Forse era morto davvero e non se ne era ancora accorto…

Lei gli mise davanti un bicchiere colmo fino all’orlo di un succo verde acceso e accanto posò un piattino di biscotti. «È succo di limone dolce di Balmameth» gli disse. «Prova, vedrai che ti piace. E questi biscotti li ho preparati io con i frutti di bosco che trovo qui intorno.»

Ma Martin non si muoveva. Harmonia gli diede un’altra occhiata e poi si av-vicinò a Lumen.

«Che cosa possiamo fare?» gli chiese sottovoce. «Nulla, proprio nulla» rispose lui, mentre esaminava le foglie di una piccola

pianta. «Mi dispiace… Proprio non possiamo aiutarlo.» «Ma non ha ancora detto una parola…» «Parlerà.» Lumen sorrise e soffiò via un po’ di polvere da una piantina. «Vedrai.

Strada facendo.» Harmonia non insistè e ritornò al tavolo. Si sedette di fronte al ragazzo e con-

tinuò il lavoro di cucito che aveva interrotto al suo arrivo. Martin prese finalmente in mano il bicchiere e assaggiò un sorso. Il succo era

buono e aveva un sapore nuovo e strano: non sapeva quasi per niente di limone, ma assomigliava piuttosto a quei frutti tropicali che sua madre comprava ogni tanto.

Sospirò. Prese un biscotto, ne assaggiò una briciola e lo posò sul tavolo.Si guardò intorno desolato. La stanza era abbastanza grande, con tronchi a

sorreggere il soffitto di assi di legno e i muri bianchi pulitissimi. Di fronte a sé,

Page 63: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

63

nella credenza, stavano allineati in ordine su teli candidi, orlati di pizzo, piattini, tazzine, bicchieri splendenti. Più in là vide due piccole porte. Alla sua sinistra, accanto alla porta d’ingresso, c’era una finestrella – la stessa da cui Harmonia lo aveva visto arrivare – e aveva appese tendine bianche legate con un nastro verde. Alle sue spalle, su una stufa, qualcosa sobbolliva in una pentola. Altre due finestre si aprivano lungo la stessa parete, ma più in fondo, a illuminare quello che sem-brava un laboratorio botanico.

Lì c’era Lumen, assorto in qualche strana occupazione. Decine di piccoli vasi stavano in fila su una scaffalatura alta fino al soffitto, e da essi sporgevano giovani germogli di piante conosciute e sconosciute. Un ampio tavolo di legno grezzo ospitava boccette, contagocce, forbici, alambicchi e strani strumenti a cui Martin non seppe dare un nome.

Lumen stava appunto chino su quel tavolo, concentratissimo su una piccola pianta a cui ogni tanto parlava. Sollevava il vaso, la esaminava in controluce, se la portava all’orecchio, l’accarezzava con un dito piano piano.

«Hai finito la merenda?» chiese a Martin per rompere il ghiaccio. Si voltò a guar-dare. «Non hai fame, vero? No? Allora vieni qui, ti faccio vedere un po’ di cose.»

Come, vieni qui? Cosa voleva fargli vedere? Lui aveva un buco nero dentro e quello voleva distrarlo. Bella faccia tosta.

Martin non si mosse.Lumen continuò per un poco le sue occupazioni e poi si avvicinò al bambino.

Guardò i suoi occhi fondi; quel ragazzino non poteva restare in quello stato. Bi-sognava che reagisse.

«Vieni» disse di nuovo. «Vieni a vedere.» Martin si alzò e, ciondolando la testa, col mento basso e i piedi che strisciavano

lo seguì fino al tavolo da lavoro.«Io esco, Lumen» avvertì Harmonia. «Nell’orto posteriore qualche myonella

non cantava bene, stamattina. Vado a vedere di nuovo.» Si era allontanata dal tavolo e stava staccando un cestino da un gancio appeso alla parete.

Martin non aveva ben capito chi fosse a non cantare bene, ma stette zitto: non aveva certo voglia di intavolare discorsi.

«Potresti portare là questa? Si è ripresa ed è pronta da rimettere in terra» rispose Lumen, e andando incontro ad Harmonia le consegnò una pianticina. «Prima di lasciarla senti anche tu come canta.»

Guardò Martin. «Adesso ci mettiamo al lavoro io e te. Dammi una mano, su» disse, e gli mise tra le mani un vaso fiorito; poi si girò per sceglierne un altro.

Martin aggrottò le sopracciglia. Allora a cantare erano le piante…

Page 64: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

64

Mentre Lumen gli voltava le spalle, accostò la pianticina all’orecchio, ma non sentì nulla. A Lumen questo non sfuggì affatto; perché Lumen era uno di quegli esseri che non vedono soltanto con gli occhi.

Si voltò di nuovo verso il ragazzo. «Vieni, vieni» gli disse, e lo attirò vicino a sé. «Guarda: questa è una camelia, neonata naturalmente. Può diventare un albero stupendo, dovresti averne visti da qualche parte. Senti un po’…» Gli accostò al-l’orecchio una ciotola su cui, diritto e sicuro, svettava un ramoscello dalle foglie larghe e lucenti. La cosa gli pareva stravagante, ma Martin ascoltò di nuovo.

Era vero… In effetti quella cosa cantava! Una canzoncina lieve lieve, non come certe sonate di Beethoven che a volte facevano tremare anche i vetri della finestra del salotto. Ma insomma cantava, qualcosa di vivo, di contento…

Scostò con una mano la ciotola e fece un passo indietro.«Io so suonare il pianoforte» disse.«Lo so» rispose Lumen. Era già un inizio: quelle cinque parole le aveva pronun-

ciate, e senza litigare.«Come, lo so?» «Sappiamo tutto di te, di voi. Insomma, del tuo mondo. Anche che ora siete

in difficoltà…» «Uh, difficoltà.» «Sì, difficoltà, Martin. Lo sai.» Voglio cambiare argomento, voglio cambiare argomento subito, pensò Martin.

Il cuore gli batteva in gola; e proprio perché voleva cambiare argomento, non gli venne in mente niente e rimase muto.

«E adesso senti questa» disse ancora Lumen. Era un minuscolo alberello fiorito, di una specie che lui non aveva mai visto in nessun luogo. Lumen lo tenne sospe-so tra sé e il ragazzo e l’alberello snodò la sua melodia.

«Ma cantano tutte?» «Tutte. Ognuna ha le sue musiche, e poi dipende… A volte, se sono inquiete o

tristi, o se non si sentono bene, smettono.» Allora, se cantavano, perché a casa sua non si sentiva niente, nemmeno il melo?

Martin aveva la domanda sulla lingua, ma la ingoiò. Lumen lo guardò: aveva già capito.«Voi non potete… non riuscite. Qui è diverso… Noi possiamo sentirle a orec-

chio nudo. Ma in questo luogo è permesso anche a te – qualche volta.» «Noi, voi? In questo luogo? Ma allora, dove sono finito?» Lumen pensò. Non era così semplice spiegare tutto a un ragazzino facendo sì

che comprendesse senza spaventarsi.

Page 65: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

65

«Questo è un Regno di Protezione» disse infine. «Non sei sul tuo mondo, ma qui sei al sicuro.»

Regno di Protezione? Non era nel suo mondo? Allora era vero, che l’avevano preso prigioniero? Martin impallidì. Voglio il mio cane, il mio pianoforte, voglio andare a casa mia, pensò. Subitissimo, adesso.

Lumen gli passò due dita sulla guancia sinistra, in un fuggevole gesto. «Un Regno di Protezione» ripeté.

«Il nostro lavoro è proteggere la natura, gli animali e la vita delle persone, e non solo del tuo mondo, ma di tanti altri. La vedi quella pianta a sinistra? Non esiste dove vivi tu.»

Martin alzò gli occhi fin dove Lumen aveva indicato. Da un vasetto di terra-cotta sporgeva giulivo un ciuffo di pennacchi blu, che recavano ai margini petali trasparenti di un rosa acceso.

«È un esemplare giovane di sinzabun, una pianta di Gormenk, uno dei pianeti delle Acque Gioiose. E quella è una sziasca, caratteristica di Shangont, quello un alberello di marhenc, quella una mimosa, come puoi vedere…» e così dicendo Lumen le indicava tutte, come se col gesto della sua mano le potesse accarezzare a distanza; e nel frattempo sorvegliava sul viso del ragazzino tutti i mutamenti, e vide che si andava man mano tranquillizzando.

«E che cosa ci fanno qui, le piante di altri posti?» «Vengono nutrite con la luce» e Lumen indicò gli strumenti che giacevano sul

tavolo. «Con la luce e altri messaggi, perché possano inviare i loro impulsi alle loro sorelle sparse negli altri mondi. È necessario perché le creature dei regni ve-getali possano crescere, ovunque si trovino, e trasmettano la loro vitalità a tutto ciò che hanno intorno a sé.»

Da non crederci, pensò Martin. Anche se non gli sembrava di avere afferrato proprio tutto: comunque tacque.

«Non hai niente da chiedermi?» gli domandò Lumen.«Io? No, solo…» «Solo…?» «No, no, niente.» Martin mosse una mano per respingere un’idea: non era pro-

prio il caso. E quella storia della protezione, poi… Bah. Chissà chi erano quelli, e che cos’avevano a che fare con lui. A dire la verità si era sempre sognato un’av-ventura un po’ fuori dal normale, ma trovarcisi davvero era diverso… Oddio, non sembrava cattiva gente, ma per quale motivo avrebbe dovuto mostrarsi socievole con loro? Dopotutto lo avevano messo in una situazione incomprensibile, e par-lavano di lui in modo misterioso. Però, una domanda gli era venuta in mente, e lo

Page 66: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

66

incuriosiva… Tacque ancora, non sapendo a che parte di sé dovesse dare retta.«Su, coraggio. Davvero non vuoi sapere niente?» «Ma allora» si decise Martin, «volevo chiedere: tutte dappertutto le piante

cantano?» Ci siamo, pensò Lumen. Possiamo andare avanti. «Sì, tutte.» «E anche le persone? Insomma, non intendo dire a voce, le canzoni. Ma così…» «Mhm» riflettè Lumen. «Discorso lungo. Per il momento posso solo invitarti a

osservare quanto, nel tuo mondo, vengono usate parole che hanno a che fare con la musica. Per esempio: sono in sintonia con te, mi sento sottotono, sono scon-certato… Un comportamento consono…»

«È vero» ammise Martin, sorpreso.«Prova tu, adesso.» «Vediamo… armonioso, può andare? Un colore armonioso.» «Interessante. E poi?» «Io… non ne so più. Insomma, cosa vuol dire?» «Non ti viene in mente che chi ha creato queste espressioni sapesse qualcosa

che tu non sai?» «Mah, cosa ne so? Forse, ma che cosa sarebbe?» «Per il momento prova a pensarci un po’» fu la risposta. Martin ebbe voglia di protestare. Non era giusto che quel tipo se ne appro-

fittasse così. Gli indovinelli dei grandi sono sempre posti in una situazione di superiorità davvero antipatica, ecco il punto.

Cercò le parole per replicare, ma non ci fu il tempo.Una folata di vento enorme rapida e sinistra, un suono tenebroso come il so-

spiro di un gigante, lo paralizzò. Passò a fianco della casa, fece tremare gli infissi. Martin guardò Lumen; Lumen andò alla finestra e scrutò il cielo.

Erano passati solo pochi istanti quando la porta d’ingresso si spalancò e Har-monia entrò trafelata. Ferma in piedi in fondo alla stanza, fece cenno a Lumen di avvicinarsi a lei. Martin li seguì con gli occhi mentre parlavano sottovoce e lei gesticolava indicando qualcosa fuori dalla casa, e tutt’intorno, e dietro. Poi insie-me lo guardarono. Rivolto di nuovo a sua moglie, Lumen scosse la testa. «Non si può» disse, o almeno a Martin parve che dicesse così. «È appena arrivato, non è proprio possibile.» Queste parole Martin le capì bene, ma che cosa non fosse possibile gli era ignoto. Però parlavano anche di lui, anche di lui di sicuro. E non era affatto corretto se lui non poteva sapere.

Cosa vogliono da me, si chiese. Ma rimase fermo vicino al tavolo di lavoro facendo finta di niente e non osò avvicinarsi.

Page 67: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

67

Non si avvicinò nemmeno quando vide fermarsi fuori dalla porta d’ingresso molti Balmaman. Lumen andò loro incontro, e loro si raggrupparono intorno a lui per ascoltare. E in molti facevano gli stessi gesti di Harmonia, indicando i campi e la zona dietro alla casa, e sbracciandosi per spiegare che era successo qualcosa anche molto più lontano.

Poi quelli convinsero Lumen e Harmonia ad andare con loro, e Martin uscì all’aperto.

Cercò con lo sguardo nei prati, per capire cosa potesse essere successo, e vide tutta quella devastazione.

Intorno a lui, i prati erano a chiazze. In molte zone sparse l’erba e i fiori giace-vano piegati e senza forza, e quasi morenti.

Page 68: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

68

xvii

Dopo che le amiche se ne erano andate, Linda non si preoccupò non sentendo più la musica provenire dal salotto del pianoforte. Accadeva spesso che Martin si mettesse a leggere qualcosa e il cane si addormentasse accanto a lui. Quel giorno poi era tornato da scuola ancora più imbronciato del solito e a pranzo aveva par-lato a malapena e mangiato ancora meno. Doveva essere successo qualcosa, quella mattina, e prima o poi lei avrebbe dovuto indagare, pensò con un sospiro. E poi di nuovo tutto quel rumore…

Per il momento era meglio lasciarlo là in pace, quella stanza era il suo mondo.Perciò lasciò il soggiorno e, attraversata l’anticamera, andò in cucina per prepara-

re la cena. Nonostante la grande debolezza, la casa doveva pur andare avanti. Aprì il frigo, controllò la dispensa, decise il menu: crostini misti, insalata, asparagi all’agro. Si concentrò sul cibo, ripensando ad Annelise, che aveva annunciato la sua decisio-ne di andare a stare in campagna dai genitori finché non si fosse sentita meglio.

Non si accorse, complice anche il tramonto, dell’ombra che, aperta silenziosa-mente la porta d’ingresso, s’intrufolò in casa. Il lungo mantello nero ne celava il volto, ma non riusciva a dissimulare la sua andatura zoppicante. Nonostante la sua difficoltà, l’individuo sapeva muoversi con passi felpati. Raggiunto il soggior-no vi entrò, vide la credenza e il vecchio cassettone e cominciò dalla prima.

Biscotti, vassoi di carta…Linda entrò nella stanza all’improvviso e l’intruso riuscì a malapena a socchiu-

dere l’anta della credenza e a rifugiarsi dietro alla poltrona che stava lì vicino. Linda guardò lo sportello della credenza. Possibile che l’avesse chiuso male,

quel pomeriggio? A maggio ci sono già le farfalline della farina, e lei stava sempre molto attenta a non farle penetrare dove c’erano pane o dolciumi.

Va be’, pensò, mi sarò distratta. Chiuse la credenza a chiave, prese dalla vetrina sovrastante la ciotola per l’insalata, quella che piaceva a Martin con le viole e i limoni dipinti in rilievo che veramente di viola e di giallo non aveva più nulla, ma cosa si poteva fare?

Poi si diresse di nuovo verso la cucina, non senza aver prima dato un’occhiata

Page 69: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

69

perplessa in giro. Di là, nel salotto del pianoforte, ancora tutto taceva; ma se per caso Martin si era appisolato, non voleva disturbarlo. L’avrebbe chiamato per cena, e se anche avesse mangiato a occhi chiusi, meglio così, sarebbe andato a letto subito dopo.

L’individuo dal mantello nero lasciò il suo nascondiglio e si rimise a cercare. Aprì uno a uno i cassetti del vecchio cassettone. Un indumento, un indumento soltanto, Arnold, per il tuo signore.

Un piccolo, tenero, simpaticissimo indumento che strofinato avrebbe fatto ap-parire il viso del nemico…

Con un’espressione di disappunto richiuse il terzo cassetto. Niente!Ma certo, logico. Già non era chiaro chi fosse il suonatore, e per di più trovare

in un soggiorno degli oggetti personali… Ma quel favore al suo signore doveva farlo, gli dava troppa ebbrezza il pensiero di aiutarlo in modo così importante.

Doveva rischiare, doveva per forza salire nelle camere.Ritornò nell’ingresso, prese il corridoio sulla destra e salì la scala che portava al

piano superiore. Vide tre porte. Le aprì una alla volta, scartò il bagno, entrò nelle camere e afferrò velocemente

i primi indumenti che trovò posati sui letti o su qualche sedia. Poteva prendersi tempo dopo, avrebbe scelto in un altro luogo ciò che gli interessava. Poi ridiscese con circospezione e ripercorse il corridoio.

Il telefono squillò in quel momento e Linda lasciò la cucina andando nell’in-gresso a rispondere. L’uomo dal mantello nero si rifugiò nella prima porta che tro-vò. Era un buio sgabuzzino, e lui si acquattò in un angolo tra scope e spazzoloni, con le orecchie tese.

Gli giunse la voce di Linda. «Sì, sì, adesso però lo lascio stare, secondo me sta riposando… No, sì, certo che è stato a scuola stamattina. Ma poi, sai come fa lui, è andato a correre in giro, e poi oggi suonava… No di certo, di sera no, mamma, è ancora troppo piccolo… Simon? Sì, è ancora al lavoro. Sì, il rumore… Terribile, anche questa volta. Ho ancora mal di testa. Mah… Sì, sono tempi difficili… Sì, te lo saluto… Ciao, ciao, mamma.»

Linda riattaccò.L’uomo dal mantello nero sorrise trionfante: aveva la notizia.Ecco chi era: un bambino. Era un bambino, lo scocciatore.Si accertò che Linda fosse tornata in cucina e attraversò l’ingresso. Aprì silen-

ziosamente la porta esterna e uscì, richiudendola alle sue spalle. Nella piccola strada dell’estrema periferia di Panissa non c’era nessuno.

Page 70: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

70

Camminò per pochissimo, cercò un luogo sicuro e di lì spiccò un balzo sor-prendente e sparì all’improvviso.

Arnold lo zoppo strisciò nell’ombra putrida del capannone in rovina e si sedette in un angolo con un sorriso trionfante. Aveva fatto un colpo da maestro e il suo signore ne sarebbe stato contento. Fra poco sarebbe tornato da lui col suo bot-tino, quell’indumento che gli avrebbe dato la possibilità di vedere in faccia quel rompiscatole. Dovunque si trovasse, conoscendo il suo volto sarebbe stato più facile difendersi da lui, e un gioco da nulla eliminarlo alla prima occasione, visto che i Kranpinch avevano fatto cilecca su tutta la linea – proprio non ne avevano beccata una, quelli là. Purtroppo perfino lui non sarebbe stato in grado di vederlo subito, quel bambino, pur essendo stato anche lui terrestre, un tempo: arrivan-do nel regno del suo signore aveva perso, come lui e gli altri che vivevano là, la possibilità di vedere in viso gli esseri protetti. Aveva però, in cambio, ottenuto qualche potere interessante, oltre a un incarico di grande prestigio; e soprattutto quel mantello, quel mantello nero che teneva da conto come un tesoro, il Man-tello Nero del Gran Balzo che lo faceva sentire bene, come dire, speciale, perché gli conferiva il potere di arrivare velocemente in un luogo e altrettanto veloce-mente scomparirne, e di spostarsi a grandi distanze in poco tempo – così come i Kranpinch, ma soltanto qualcuno di loro, quelli che erano addetti a missioni particolari. E lui era l’unico, ma davvero l’unico, ad avere il Mantello Nero del Gran Balzo in dotazione permanente.

Era un modo per sentirsi un po’ maghi, un po’ immortali; e ad Arnold andava bene, dopo tutto quello che aveva passato. Quella motocicletta che lo aveva di-sarcionato e poi gli era caduta su una gamba… E l’ospedale, quando gli era stato detto che era irrimediabilmente zoppo. Gliel’aveva confermato un medico un po’ strano, uno che non aveva mai visto nei giorni della degenza e che era arrivato nella sua cameretta da solo annunciandosi come un luminare venuto da un’uni-versità tedesca proprio per studiare il suo caso, e poi aveva emesso la sentenza. Gli era crollato il mondo. Finché non era arrivato anche il suo signore, in camice bianco, che gli aveva prospettato una guarigione sensazionale in un altro luogo, se solo avesse avuto la voglia di trasferirsi e la volontà di fare alcuni servizi in cambio, senza guardare troppo per il sottile.

E anche quando aveva scoperto che il luminare altri non era che Lutfilyon, non si era scomposto: tanto ormai lui la sua decisione l’aveva presa. Meglio zoppo e speciale che zoppo e basta.

La musica… La odiava, lui, la musica. Gli sembrava che lo prendesse in giro,

Page 71: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

71

ora che non poteva più danzare. E gli era piaciuto, eccome, nei tempi passati: la-tino americano, liscio, e perfino qualche volta rap. Ma ora per quello che era stato il suo mondo era soltanto un pezzo da baraccone, uno storpio…

Meglio se scompariva per sempre, la musica. Allora sarebbe tornato lì e vi avrebbe anche avuto un posto di rilievo, ne era certo.

Così rannicchiato nell’oscurità e in preda a questi pensieri, Arnold volle conce-dersi in anteprima la visione di quello stupido ragazzino che osava ancora suona-re. Accese una piccola torcia e tirò fuori dal suo mantello gli indumenti che aveva soffiato in quella casa.

Il golfino rosa non poteva essere, era una cosa da donna, lui li sapeva distin-guere bene i capi d’abbigliamento del suo mondo. E poi l’aveva portato via dalla camera matrimoniale, come del resto la camicia.

Ma la maglia a righe bianche e gialle con la papera davanti, quella sì che era da tenere da conto, quella era come avere la foto di quell’impiccione.

La prese tra le mani e la tenne per qualche momento.Il sorriso si trasformò subito in una smorfia terribile di collera.Non appariva affatto, il viso di quel bambino: solo una luce informe intorno

a quella maglia deficiente. Aveva assorbito anche lei l’onda, l’onda di musica che quello sciocco produceva intorno a sé.

Per il momento non si poteva vedere un accidente. Ma esisteva una possibilità, Arnold lo sapeva. Se quel bambino non avesse indossato quella cosa per un po’, l’onda si sarebbe indebolita e quell’indumento avrebbe rivelato il viso che loro cercavano. Perciò la cosa più utile da farsi era portarsi via quella brutta maglia. Inutile, purtoppo, farla vedere subito al suo signore: non se ne sarebbe fatto nien-te. Decise che l’avrebbe tenuta nascosta sotto la sua cuccia, lassù al castello, fino al momento – inevitabile, supremo momento – in cui avrebbe rivelato il viso di quel detestabile bebè. E quello sarebbe stato il giorno della sua gloria…

Arnold si alzò da quella tana e si dileguò in un istante.

Page 72: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

72

xviii

La sera a Balmameth il buio non scendeva mai. Martin lo scoprì poche ore dopo il suo arrivo, e dopo che ebbero cenato, quando Harmonia cominciò ad andare avanti e indietro dalla porticina in fondo a destra con le braccia cariche di biancheria.

Poi lo chiamò.«Questa è la tua camera, per il tempo che resterai con noi» gli disse quando

Martin fu sulla soglia.All’interno un lettino di legno, un lavabo e una brocca, e sulle coperte fiorite

una candida camicia da notte di quelle antiche, come Martin ne aveva viste solo in qualche film.

«I… io mi devo mettere quella roba?» chiese.«Sì, è la tua veste da notte» precisò Harmonia. «Io qui non ci voglio stare. Voglio tornare a casa» protestò Martin.«Ora non è possibile» ribadì Harmonia.«Ho detto che vado a casa!!» Martin batté un piede sul pavimento, strinse i

pugni e divenne paonazzo. «Ci vado! Vado a casa!! Mollami, stupida!!» Si attaccò al grembiule di Harmonia e tirò con tutte le forze. Oddio, è l’inizio di una delle sue crisi, pensò Harmonia; ma lei sapeva come fare. Respirò profondamente, con molta calma, e si concentrò un attimo. Chiamò il bosco e le erbe che stavano là fuori, poi prese le mani di Martin e con molta gentilezza gli aprì le dita una a una, liberando il suo grembiule spiegazzato. «Ora non è possibile» ripetè raddrizzan-dosi, e aveva un tono tenero, ma fermo. «Fidati, qui sei al sicuro. Stai tranquillo» concluse afferrando la brocca per portarla in cucina. «È ora che tu ti riposi. Voi siete abituati così, tu ne hai bisogno.»

«Io? E voi no?» Harmonia fece una piccola risata. «Si dorme poco a Balmameth… Quando è

notte da voi è giorno in qualche altro mondo, e dobbiamo occuparcene. E non solo, dobbiamo occuparci anche delle vostre notti! E adesso cerca di dormire.»

Chiuse la porta e sostò un attimo soddisfatta. Almeno qualche parola l’aveva detta, era un inizio. Ma ce n’era, da fare…

Page 73: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

73

Dall’altra parte della porta, Martin si sdraiò sul letto che profumava di lavanda e guardò fuori dalla fessura che Harmonia gli aveva lasciato nella finestrella. Pas-savano nuvole e vento, e colori di fuoco mentre i soli si spostavano, ormai bassi nel cielo. Una giornata tremenda e strana. I figli di Frick l’avrebbero chiamata sensazionale, ma loro non avevano mai avuto Charlie.

Charlie…Si tirò a sedere sul bordo del letto e lasciò andare le braccia lungo i fianchi.

Si era addormentato ancora tutto vestito, più tardi, e l’avevano svegliato le voci in cucina. Erano molte voci, e parlavano fitto.

Mezzo assonnato, si rammentò che non aveva nemmeno avvertito a casa, e nem-meno sapeva come fare; e neanche quelli, quelli lì di Balmameth – ne era sicuro – se n’erano incaricati. Un telefono, non l’aveva proprio visto, lì… Sì, il telefono! Ma che idea. Era chiaro che si trovava in un posto non normale, un posto… oh, non gli veniva la parola, e forse la parola non c’era; ma la sensazione era mista. Avrebbe potuto essere piacevole, se non fosse stato, appunto, per Charlie e per quelli di casa. A quell’ora avevano sicuramente scoperto che lui non era più nel salotto del piano-forte e chissà che cosa avevano pensato. Avevano forse cercato nei prati intorno a casa e su fino al melo, e poi dai vicini… E la mamma, così stanca…

Si sporse fuori di nuovo dalla porticina della camera da letto. «Scusi…» disse, con l’intenzione di parlare ad Harmonia; ma poi vide tutta quella gente che con-fabulava seduta intorno al tavolo e che si era interrotta per guardarlo: così ritirò la testa in fretta e richiuse la porta.

Harmonia entrò dopo aver bussato leggermente. «Dimmi, che c’è?» «Niente.» Si era girato dall’altra parte per non essere visto in faccia e faceva finta di essere

impegnatissimo a lisciare il lenzuolo, perché che cos’era quel nodo in gola…«Avevi bisogno di qualcosa, Martin. Dì pure, su.» «E a casa mia, chi avverte?» disse di corsa. Meno male, le parole gli erano uscite.«È un buon fatto che tu te ne preoccupi. Ma stai tranquillo, qualcuno andrà.» Come poteva spiegargli? Non era il momento…Harmonia lo lasciò.Chissà come avevano intenzione di fare, si disse Martin. E che cos’aveva quella

gente da parlare, là in cucina. Aveva anche sentito pronunciare il suo nome, un paio di volte, e anche la solita frase: difficoltà di comunicazione… Era chiaro, che parlavano di lui; ma cosa c’era, la prof. Micucci anche lì? E poi una voce un po’ più alta delle altre aveva detto: «Bisogna fare presto»…

Page 74: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

74

Presto a fare che?Ma la stanchezza era tanta che era già ridiventata sonno. Così Martin si sdraiò

di nuovo e si riaddormentò di sasso.

Page 75: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

75

xix

«Come va, Mike?» Brenda parlava in un bisbiglio, per non rischiare di essere sen-tita da chi era di guardia fuori dalla cella.

«Insomma…» rispose lui massaggiandosi il collo. «Mi sta passando, sono an-cora tutto intero, fin qui è andata bene. Ma che tenaglie, quel… Come ha detto che si chiamava?»

«Ku… Aspetta… Kuzow, mi pare.» «Ecco, sì, Kuzow. Che non era quello che ci ha trovati…» «… ma il suo capo.» «Mah.» Brenda pensava, seduta sulla sua branda. «E il rivela-persone, peccato… Ma

dove l’hai cacciato? Non me l’hai ancora detto.» «Curiosissima ragazza, ti ho detto che è in un posto dove nessuno lo troverà,

spero. Ma cosa te ne facevi, per piacere? Era morto!» «Mi faceva compagnia, ecco cosa me ne facevo. È del professore» «Appunto. E con un aggeggio così in tasca, credi che la storia dei fidanzati

avrebbe funzionato?» «Sì, lo so. È stata un’idea fantastica… Guai, se no… Mike…» «Dimmi.» «Ma cosa vorranno fare, di noi?» «Impossibile saperlo, Brenda. E quindi è inutile pensarci. Bene, e adesso cosa

si fa?» «Be’, potremmo fare ginnastica, oppure imbiancare le pareti…» Brenda guar-

dò i muri della piccola stanza tetra, e poi di nuovo Mike che aspettava. «Nooo, no Mike, ancora ripetizione, no! Hai solo detto che non ci dobbiamo rincitrul-lire qui nell’attesa, ma non avevi detto che avremmo dovuto ripetere tre volte al giorno!»

«E invece sì. Dobbiamo avere a memoria ogni particolare di ciò che abbiamo visto. Può servire tutto, hai capito? E adesso al lavoro.»

Cominciò, facendo finta di non vedere che Brenda alzava gli occhi al cielo.

Page 76: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

76

«Allora: tutt’intorno allo scalone c’è uno spazio di cinque passi.» Mike tacque, aspettando la risposta.

«Cinque passi» fece lei.«Meno che a fianco del muro, dove ci sono solo due passi.» «Due passi. Tra lo scalone e il muro, due passi.» «E di fronte, dove i passi sono sette.» «Sette… Mike, sei stato un grande a contare tutto in quel modo. Più mi fai

ripetere e più ci penso. Ma come hai fatto? Sei stato via dalla dispensa un minuto, poco più…»

«Allenamento, Brenda. Allenamento a pensare velocemente. È il mio lavoro, no?… Ssst! Zitta, zitta!»

Qualcuno era alla porta e stava girando il chiavistello.Entrarono due soldati: uno di essi rimase sulla soglia e il secondo avanzò nella

cella e porse ai due prigionieri le ciotole della cena. Poi si voltò, raggiunse il suo compagno e insieme richiusero.

«Hai visto come ci ha guardati quello?» disse Brenda dopo un po’, mentre im-mergeva lentamente il cucchiaio nella zuppa.

«Come ci ha guardati, chi?» «Il primo, quello più alto che è rimasto sulla porta. Ci ha guardati molto…» «Io non me ne sono accorto.» «Ma come? Si è girato anche mentre se ne andava. E aveva due occhi…» «Due occhi come?» «Io… Cosa ti devo dire? Cercavano, ecco. Cercavano di capire qualcosa.» «E che cosa, secondo te?» «Come faccio a saperlo? Ma era come se indagasse, per qualche motivo. Non

so dirti di più…» Mike tacque. No, non gli pareva di aver visto nulla di particolare, nel com-

portamento di quei due soldati. Avevano aperto, uno aveva portato il cibo e poi avevano richiuso: il tutto era durato forse mezzo minuto. E lo sorprendeva anche pensare che qualcuno li avesse potuti guardare in qualche modo, visto che a parte i soldati di guardia nessuno si era ancora fatto vivo. E quegli esseri impressionanti – almeno quelli della squadra che avevano visto il primo giorno – dove vivevano, se il castello era immerso nel silenzio?

Continuò a mangiare la sua zuppa, assorto.

Page 77: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

77

xx

Per buona parte della mattina Lumen fu assente e Martin rimase con Harmonia a guardarla lavorare e a darle una mano quando lei glielo chiedeva; e veramente si era anche annoiato un po’, non come da zia Amelia ma quasi; ma aveva portato pazienza, perché non era mica a casa sua. Solo una volta era uscito per guardare ancora le erbe che il soffio aveva devastato; ma incredibilmente i prati erano già di nuovo brillanti di quel verde speciale, e sembrava che nulla fosse accaduto.

Questo aveva stupito Martin non poco, perché l’aveva visto parecchie volte, a casa, come una pianta che era stata sciupata per qualche motivo poteva arrancare anche per giorni prima di tornare vispa come prima.

Harmonia era stata seduta parecchio tempo al telaio, poi aveva sfaccendato tra la casa e l’orto. Ma quando i soli furono alti, cominciò ad andare avanti e indietro con una certa eccitazione. Metteva a posto i soprammobili che erano già al loro posto, spazzava davanti alla casa dove aveva già pulito, toglieva polvere inesistente all’esterno delle finestrelle, si aggiustava la cuffietta; e a Martin sembrò di capire che c’era qualcosa nell’aria.

Dopo tanto fermento, Harmonia si mise fuori di casa in attesa. Lumen arrivò di lì a poco e parlò brevemente con lei; e poi, entrando, si rivolse a Martin. «Forza, grande uomo: è ora di andare a trovare qualcuno. Fra poco vengono a prenderti Silimai e Meridia.»

E chi sono questi, adesso? E che qualcuno devo andare a trovare? si chiese Mar-tin. E non fiatò.

«Si va da Mamanui» disse ancora Lumen. «Chi è?» domandò Martin un po’ rustico.«Lo vedrai. Intanto preparati.» Harmonia gli andò incontro con la brocca piena d’acqua tiepida. «Lavati bene

le mani e il viso, e poi torna qui.» Quando tornò fuori dalla cameretta con la faccia rossa appena strofinata con

l’asciugamani di tela grezza, lei lo pettinò e lo fece sedere fuori dalla porta al sole; poi si mise in piedi di fianco a lui a guardare la strada.

Page 78: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

78

Due figure, un uomo e una donna, salirono ben presto verso la casetta. Quan-do furono vicini, Martin li riconobbe: li aveva visti di sfuggita in cucina la sera prima. Ora però erano sgargianti, completamente vestiti a festa: lui con la sua tunica bianca a bordi gialli e una collana con un fiore arancione sul petto e lei con la gonna a colori di sole e la camicia candida con la scollatura fin quasi alle spalle, e la grossa treccia nera rilucente. Si fermarono davanti alla casa e gli sorrisero.

Istintivamente Martin si alzò in piedi. «Buongiorno, Martin. Sei pronto? Andiamo» gli dissero.Lui non si mosse, guardò loro e guardò in giù la sua maglietta e i suoi calzon-

cini ancora del giorno prima. «Oooh!» gemette Harmonia, e si portò le mani al viso. «Oooh, è vero! Ma come

ho fatto… Eppure l’avevo preparata…» Si affrettò a rientrare, e la si sentì dire in cucina: «Che testa, che testa!» mentre cercava qualcosa; poi chiamò Martin e lo fece rientrare.

Quando uscì di nuovo, Martin indossava una tunica bianca e gialla come quel-la di Silimai e sembrava un principe.

«Sei bellissimo!» Meridia gli sorrise. «Lumen, noi cominciamo ad andare.» «Chiudiamo casa e vi raggiungiamo» rispose lui.Così Martin si avviò con Silimai e Meridia e insieme presero il viottolo che

piegava su per i campi sulla sinistra. Ne percorsero un bel tratto in mezzo a basse colline e a case sparse, finché non giunsero in vista di un piccolo villaggio.

Lì Meridia e Silimai si fermarono un momento; lei guardò in viso il ragazzino, gli ricompose i capelli e poi, con una mano leggermente posata sulla sua spalla, lo condusse per uno stradello verso un casolare.

Girato l’angolo, Martin vide una tettoia di canne che partiva a metà di un piazzale ed era sospesa fino a uno dei muri esterni della casa. Molta gente stava in piedi in fila, come se aspettasse, e non si poteva vedere oltre. Silimai e Meridia guidarono Martin verso l’inizio della tettoia, gli fecero un sorriso incoraggiante, e con un breve inchino si ritirarono. In terra fiori e fiori di ogni tinta, ai due lati, formavano un piccolo viale.

Allora era una festa…Poi vide la figura in fondo. Era seduta su una sedia bassa e larga e lo guardava con due occhi un po’ a man-

dorla, piccoli e tranquilli, come se l’avesse sempre conosciuto. Era una donna, una donna vecchissima, forse più vecchia di Harmonia… O più giovane? Ma perché non riusciva a capire quanti anni potesse avere? Perché, più che vecchia, gli sembrava antica?

Page 79: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

79

Aveva capelli grigi che le scendevano ai lati del viso, che era rotondo e termina-va in un ragguardevole doppio mento; e un ventre grandissimo coperto da una tu-nica chiara, di cui solo le maniche erano azzurre. Perché gli faceva venire in mente una luna? O un sole, o entrambi, a seconda dei momenti? E perché ogni tanto gli sembrava che dovesse svanire? Aveva un aspetto pacifico e autorevole, ed era… era come se ci fosse sempre stata. Come se fosse sempre stata lì, su quella sedia.

Poi ai suoi lati, un po’ scostati da lei, vide Silimai e Meridia, che l’avevano raggiunta.

Ci fu silenzio, e Martin si accorse che tutti guardavano lui.Giunsero dietro di lui Lumen e Harmonia; Martin vide l’orlo delle loro tuni-

che e ne percepì la presenza. Tutti tacevano.«Così, è questo, il bambino» disse la vecchia.Martin sentì la voce di Lumen. «Sì, è lui, Mamanui.» Ecco chi era Mamanui. Almeno l’aveva identificata. Ma ancora di nuovo par-

lavano di lui, e in un modo che lui non capiva.«Vieni avanti, vieni» disse Mamanui, rimanendo immobile.Martin percorse il breve vialetto sotto la tettoia e si fermò di fronte a lei. Lei

lo guardò a lungo, come se più che fuori vedesse dentro. Non lo toccò mai; e a Martin questo fece una gran bella impressione, perché odiava quelli che per esser-ti simpatici per forza ti vogliono toccare. Quel modo invece gli sembrava più un incontro da pari a pari, e la cosa gli andava bene.

Infine la donna gli parlò ancora.«Tu sei stato preso in consegna da Lumen e Harmonia, e loro si stanno occu-

pando di te in modo ammirevole» disse lentamente. «Tu sei molto amico della musica, e la musica ti ama, ecco perché ti trovi qui.»

Martin taceva e non capiva.«Capirai in seguito, ti verrà spiegato» continuò lei, come se avesse visto il suo

pensiero. «Ma c’è qualcosa che volevo dirti io personalmente, e qualcosa che vo-glio consegnarti.» Mosse lentamente il braccio sinistro per farsi porgere qualcosa, e Meridia le mise nella mano un sacchetto intessuto con fili secchi di un’erba sottilissima. Un piccolo nastro dorato lo chiudeva.

Con quell’oggetto tra le mani, Mamanui continuò: «Quello che devi sapere è che la gente del tuo mondo ha dimenticato tutto ciò che c’è chiuso in questo sac-chetto.» Tacque un momento. «E il vostro problema è proprio questo. Qui dentro troverai ogni significato e ogni risposta, se e quando sarà tempo.»

Sporse le mani in avanti e invitò il bambino a prendere il sacchetto. Martin lo

Page 80: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

80

prese e lo guardò perplesso, cercando d’indovinare che cosa ci fosse seminascosto tra quei fili d’erba. Sentendo così con le dita, sembravano piccoli oggetti, ma come ci poteva essere una risposta di quel genere in un sacchetto così piccolo? Già non capiva nemmeno il problema, figurarsi.

La donna ebbe un sorriso lento e misurato, antico come lei. «Non cercare di capirlo prima che sia tempo: anche se tu tirassi fuori tutto quello che c’è lì dentro non risolveresti niente. Verrà, ci conto, tutti noi lo speriamo, un momento in cui tutto ti sarà chiaro. E un’altra raccomandazione che ti devo fare» aggiunse, «è di ricordare che la risposta non va mai mostrata in pieno sole, perché è una risposta che può ferire. Dev’essere tutto sempre come quel sacchetto: qualcosa che s’intra-vede appena tra i fili d’erba.»

Poi la donna congiunse le mani e se le portò alla fronte. Lo salutò in quel modo, mentre Silimai e Meridia tornavano verso di lui.

Cosa devo fare per essere educato? Magari un inchino, pensò Martin, che si sentiva stranamente disponibile. Vedo che qui certi s’inchinano. O magari come ha fatto lei, o forse tutti e due i modi.

Così congiunse le mani col sacchetto in mezzo e con un inchino se le portò alla fronte. Gli sembrava un saluto completo da fare una buona figura.

Volse le spalle alla vecchia, come Silimai e Meridia l’invitarono a fare, e riper-corse il vialetto. Le teste della gente in piedi a destra e a sinistra si abbassarono al suo passaggio.

S’inchinano… S’inchinano per me, si sorprese Martin. Ma come mai? Chi sono io, per loro?

Quando si voltò di nuovo verso la casa, Mamanui era già andata via.

La sera ci fu festa. Nella luce del vespro, davanti a ogni porta fu acceso un fuoco: cosicché tutta la valle e le colline dietro casa, e anche quelle che costeggiavano il viottolo che Martin aveva percorso la mattina con Silimai e Meridia, scintillarono di falò. Erano moltissimi, forse un centinaio, contò Martin, o anche di più.

«È il messaggio di Balmameth ai Cento Soli» spiegò Harmonia. «Li ringra-ziamo per il bambino che ci è stato mandato, e per ciò che Mamanui oggi ti ha consegnato.» Nel frattempo sfornava focacce e timballi e decorava insalate.

A Martin non era chiaro niente, ma qualcosa lo tratteneva dal chiedere. Cento soli non mandavano certo in giro per il creato un bambino per una gita, e la cosa lo preoccupava. Quindi non domandò.

Molti tavoli erano stati preparati all’aperto, e gli abitanti di Balmameth giun-gevano con ceste colme di cibo, fiori e bevande. Per l’occasione Martin indossò

Page 81: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

81

ancora la tunica bianca; sedette a tavola accanto a Silimai e Meridia e si alzò per guardare a lungo le danze che si svolgevano nel prato.

I falò continuavano ad ardere accanto alle case, e i riflessi viola e porpora dei soli fiammeggiavano bassi sui colli. Molti abitanti di Balmameth andarono a sa-lutare Martin, e lui si vide passare davanti quel popolo strano, fatto di esseri così diversi tra loro, come se da molti pianeti fossero cascati lì per caso tutti assieme. Salutò senza molte moine, perché tutta quell’accoglienza un po’ gli piaceva ma un po’ lo metteva a disagio. Ascoltò volentieri i suonatori di flauti e tamburi e le musiche antiche di Balmameth. C’erano tutti, pareva, quella sera – anziani, bam-bini, madri, mariti, fanciulle, di ogni razza presente in quel luogo; ma Mamanui non c’era, e Martin non la rivide mai più.

Page 82: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

82

xxi

Piacque molto a Martin, in quei giorni, che Lumen e Harmonia gli consentis-sero spesso di riposare sull’erba. «Ti aiuta a prendere possesso» dicevano; ma possesso di che, lui non lo sapeva. Gli lasciavano scegliere un prato, intorno alla casetta o anche un po’ più distante, e lì si sdraiava con la faccia al cielo. Quel centinaio di soli non dava fastidio, anzi: con gli occhi socchiusi si divertiva a fissare lo sguardo ora su uno ora sull’altro, e attraverso le ciglia gli arrivavano raggi e forme di tutte le tinte dell’arcobaleno. In certi momenti era come se il sole che stava guardando fosse circondato da un caleidoscopio di colori intensis-simi che gli faceva da aureola. E sotto al suo corpo sentiva la morbidezza delle erbe e dei fiori, e ogni tanto si girava per aspirarne le essenze: odore di mirto e di piantaggine, di lavanda e di nepetella, e anche – anzi erano la maggior parte – altri sconosciuti che si divertiva a ricercare. Imparò anche, per il poco tempo che rimase a Balmameth, a procedere carponi a occhi chiusi nell’erba e annusare i diversi aromi, riconoscendo ogni vegetale dall’odore e dalla forma che passava sotto le sue dita – dita sensibili, così come l’udito, perché il pianoforte e l’anima segreta dei tasti, e i silenzi che la musica impone lo avevano ben allenato. E da sotto agli steli gli arrivava sempre, rassicurante e sincero, il profumo della terra. Scavava col naso, qualche volta, tra un’erba e l’altra, una fossetta nel terreno, e vi aderiva con le narici e fiutava, e aspirava forte, per impossessarsi più che poteva di quel bene, quell’odore potente di vita.

Spesso allora gli prendeva un nodo in gola, e gli pareva di vedere il suo cane correre a rotta di collo giù per la discesa. Sarebbe piaciuto, a Charlie, lanciarsi a razzo in tutto quello spazio, cercare come lui col naso nero tra l’erba e non avere timore di sconosciuti rudi o di strade da attraversare.

Si metteva allora seduto di scatto nel prato come per svegliarsi da un brutto sogno, e quasi quasi si sentiva soffocare…

Musica non ne sentiva, se non quando Lumen o Harmonia glielo permetteva-no; ma udiva il vento scendere dalla collina e fare il suo percorso – queste sono le canne, questa l’erba bassa vicino all’orto – e ogni piccolo animale e le voci sparse

Page 83: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

83

che si richiamavano. In quei momenti ogni rabbia se ne andava, ogni domanda, ogni sconforto o paura.

E sempre, anche quand’era oppresso da qualche nostalgia, rassettava con le mani, prima di andarsene, le erbe su cui era stato disteso.

Harmonia lo guardava spesso dall’orto o da casa, spostandosi da una finestrella all’altra. Ne seguiva i gesti e lo scorrere dei pensieri e poi tornava quieta alle sue occupazioni.

Ma poi ci fu il giorno in cui quel riposo sull’erba divenne un’ansia oscura. Martin era uscito nel prato a fianco della casetta; era una mattina scintillante e le erbe erano appena smosse da un’aria leggera.

Si era seduto da poco e guardava intorno, quando quella cosa arrivò. Era una forza sinistra, qualcosa che lo fece alzare in piedi di scatto. Guardò per terra e non vide nulla; ma l’ansia restava.

Si ritirò in casa e rimase in silenzio, finché Lumen non gli disse qualcosa.«Li hai sentiti, vero? Te ne sei accorto.» Martin tacque. Cos’era, che aveva sentito?«Vieni con me.» Lumen lasciò il suo lavoro e lo condusse di nuovo fuori sul

prato. «Ecco, guarda.» Gli indicò il cielo. Fili luminosi lo percorrevano, lanciandosi dall’alto verso il

terreno. Martin guardò Lumen.«Sono i filifit» gli spiegò lui. «I filifit, o Luci Ingannevoli. Sembrano fili di luce

che attraversano il cielo e scendono rapidamente verso i campi di Balmameth. Ma a contatto col terreno si animano, diventano vere e proprie forme viventi grigie e ripugnanti e s’insinuano velocemente nella terra. Una volta là sotto, nell’oscurità del sottosuolo, riescono a stabilire un contatto con l’Ombra e la corrompono.»

«L’Ombra?» «Sì. Ogni luce, nell’universo – esclusi i Mondi Altissimi, ma questo è un altro

discorso – ha per proprio completamento un’ombra. L’Ombra di Balmameth è per sua natura un’Ombra protettiva, una Madre. In superficie offre riparo, è una culla per le piante e i frutti destinati a crescere nel segreto dei boschi. Sono i frutti che devono essere cercati, che non si mostrano all’occhio nel loro splendore, come per esempio i vostri limoni. Anche loro però hanno un messaggio molto prezioso da trasmettere, proprio per questo loro modo di esistere… Mi capisci?»

«Così così.» «Non ti preoccupare, tieniti solo care queste informazioni. Dunque, sottoterra

l’Ombra accoglie il silenzio dei semi e dei piccoli animali e lascia che facciano in

Page 84: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

84

pace il loro lavoro. Ma ecco che poi arrivano i filifit: con la loro presenza immon-da contaminano l’Ombra Madre e cercano di rendere il terreno di Balmameth inadatto alla nascita delle creature di un certo luogo. Così, i messaggi non riesco-no a partire per nutrire la vita del loro mondo, almeno secondo il piano di quelli là… E di conseguenza dovrebbe succedere che anche gli animali di quel mondo non trovano cibo, e si ammalano, e così via…»

«Il piano di quelli là? Chi sarebbero, quelli là?» A quella domanda Lumen non rispose; fece finta di niente e continuò il filo del

suo discorso. «Vedi?» disse, indicando ancora le luci in alto. «Vengono lanciati. Nella nostra atmosfera ci sono barriere rifrangenti che finora li hanno fermati. Una è la Frangia Inferiore, di cui forse hai sentito parlare quando sei arrivato qui; e più all’esterno ve ne sono altre. Ma adesso stanno cominciando a passare le barriere…»

«Ma non riuscite a ripararle?» «Sì, per fortuna, e molto velocemente. Vedi, per noi non è un gran danno. Ma

lo è per il mondo che dovremmo riuscire a proteggere… Gli viene a mancare il contatto, capisci? Sì, perde il contatto…» Rimase in silenzio per un attimo. «E adesso guarda, guarda che meraviglia» riprese poi con l’indice puntato verso l’alto, indicandogli ancora qualcosa.

Così Martin vide i messi. Avevano profili di guerrieri che parevano intagliati nell’azzurro da una lama di luce. Come frecce solcavano il cielo, lasciando die-tro di sé una scia di bande luminose. Erano molti e scomparvero in un baleno all’orizzonte.

«Ecco, quelli sono i custodi di Balmameth. Sono loro, che riparano le barriere» spiegò Lumen.

Martin raccolse le idee per qualche istante, poi parlò di nuovo. «Io… Ecco…» «Chiedi, chiedi pure.» «Ecco, allora questo vorrebbe dire…» «Sì?» «… che quelli, i filifit, fanno smettere il canto delle piante?» «Proprio così. E poi c’è il Vento Massiccio, quello che hai sentito il primo gior-

no, e altro ancora… E fosse solo questo… Ora, su, rientriamo» disse a Martin, che aveva perso la parola.

Quando furono sul viottolo, Lumen lo guardò: Martin camminava verso casa a testa bassa, pieno di pensieri.

Page 85: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

85

xxii

Il tavolo delle assemblee, di forma ovale, stava lungo una parete del salone. In quel momento alcuni personaggi vi sedevano intorno; solo un unico posto era ancora vuoto, un’alta poltrona grigia a capotavola di spalle alle finestre a bifora.

I presenti stavano immobili in attesa, coperti dai loro mantelli recanti i segni del loro grado. Un gruppo più eterogeneo di quello si sarebbe potuto difficilmente immaginare. Con le spalle alla parete stavano sedute, una accanto all’altra, le due perfide sorelle Segrinia ed Erchidia. Erano da poco arrivate a far parte del gruppo, e si contava molto su di loro per il successo definitivo dell’impresa. Tutti coloro che le avevano incontrate in quel luogo si chiedevano come mai ognuna di esse portasse una mezza maschera d’oro davanti al viso. La reggevano con una mano, allo scopo, si diceva, di non doversi guardare in faccia a vicenda. Camminavano e sedevano sempre affiancate, Segrinia a destra, Erchidia a sinistra, in modo che tra di loro ci fossero sempre quelle due maschere d’oro.

In effetti si vociferava che per qualche motivo le due sorelle non si potessero proprio vedere, e chi aveva avuto a che fare con loro aveva dovuto rendersi conto dell’atteggiamento glaciale e della crudeltà che ognuna aveva verso l’altra. Per il resto e per quanto si poteva vedere dalla metà del volto che ognuna teneva scoper-ta, erano due nobildonne di bell’aspetto, assolutamente identiche nei lineamenti e nel portamento, assai nobile ma rigido e sprezzante.

I capelli di Segrinia erano una massa di riccioli fulvi che scendevano sulle belle spalle; ma come segno della sua regalità la donna portava sul capo una secca co-rona di rovi. Diversa era l’acconciatura di Erchidia, che aveva i capelli coperti da un copricapo d’oro che si prolungava in un’alta cima ricurva.

Accanto a Segrinia stava silenzioso, strofinandosi di quando in quando il naso, Amabron, il ricco commerciante padrone della flotta di navi che l’impresa stava utilizzando.

Ultimamente cominciava a dare segni di esaurimento. Gamondock gli aveva pro-messo in concessione esclusiva i principali porti del mondo chiamato Terra, e lo si sentiva spesso aggirarsi nelle stanze del primo piano recitando dal mattino alla sera

Page 86: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

86

come un rosario: «Hong Kong, Shangai, Los Angeles, San Juan, Manzanillo, To-kyo, Vancouver… Manzanillo? No, Manzarillo… Vancouver, Tokyo… Ma no, non Manzarillo: Manzanillo! Allora, dunque: Manzanillo, Tokyo, Vancouver…»

Alla sinistra di Erchidia, il posto accanto a quello vuoto era occupato da Lutfi-lyon, il vecchio intellettuale dal volto di monaco e dai lunghissimi baffi da triche-co, lo studioso del gruppo e l’esimio inventore.

Avrebbe anche potuto incutere una certa soggezione, Lutfilyon, se non fosse stato per quella buffa protuberanza che si ritrovava sulla cima della sua testa a uovo, come se un pomo supplementare gli fosse cresciuto là chissà come ad au-mentarne il volume. E in mezzo ai baffi, proprio pendente sul petto, gli si poteva intravedere un piccolo oggetto metallico, un fischietto. Quello era l’orrore, lo sconvolgimento, la peste del Musm. Quando un suo progetto falliva, Lutfilyon lo suonava: e così facendo dava un taglio netto al passato e anche al suo interiore rodimento. Sta di fatto che quel suono era così straziante, prepotente e corrosivo che le volte in cui era stato sentito persino il castello si era raggrinzito tutto, e Gamondock riusciva a resistergli soltanto bloccando l’addome e digrignando i denti fino a farli cigolare. L’Orrido Fischietto, aveva chiamato quello strumento di tortura; e ogni giorno si alzava con la speranza che a quel vecchio andasse sem-pre tutto a fagiolo.

Lutfilyon sedeva in atteggiamento di concentrazione. Alla sua destra aveva si-stemato un altissimo pacco di fogli e due bombolette spray, che tutti gli astanti sbirciavano ogni tanto con una malcelata curiosità.

A un’estremità del tavolo, verso la porta, i capi Kranpinch Muzow e Kuzow sedevano fianco a fianco.

Ma la parte più pittoresca del gruppo stava dall’altra parte del tavolo. Arnold lo zoppo, ben intabarrato nel suo Mantello Nero del Gran Balzo, e i due fratelli Acce e Secce, tutti incravattati, se ne stavano in fila, molto immedesimati nel pre-stigio a loro conferito dalla loro sfolgorante carriera. Non era da tutti partecipare a quelle riunioni delle alte sfere, e avvertivano tutta l’opportunità di comportarsi come si deve.

Ma Secce si doveva spostare ogni tanto, perché gli arrivavano in un occhio parecchie briciole dei biscotti che il Nano Blu si mangiava senza sosta, seduto come se niente fosse sul tavolo delle assemblee. Mangiava a bocca aperta facendo rumori insopportabili, quello zotico del Nano Blu, voltando le terga con disinvol-tura agli altri notabili e tenendo un piede appoggiato sulla sedia a lui destinata; e si sfregava le mani una contro l’altra per cacciare via le briciole, e la sua parte di tavolo e anche il pavimento sotto di lui erano ridotti a un pollaio.

Page 87: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

87

Era figlio di Mernos, il Nano Blu, Mernos detto il “Conte Frugifero”, perché con i suoi aiuti in termini di reclute aveva portato più frutti all’impresa di chiun-que altro. Aveva portato e non poteva portare più, perché purtroppo era morto durante un viaggio. Era stato trovato riverso nella sua cabina accanto a tre ceste vuote che avevano contenuto tortelli al miele selvatico – perché anche lui era stato un goloso irriducibile. Aveva lasciato quel figlio un po’ così, che s’era fatto spol-pare talmente bene in cambio di qualche promessa che l’impresa – grazie proprio alla sua dabbenaggine – aveva accelerato non poco.

Ma adesso la spolpatura era arrivata all’osso…

Tutti meno il Nano Blu si levarono in piedi quando il portale sul fondo della sala si aprì, e fecero un rigido inchino quando Gamondock entrò. Era seguito da Fan-go, come sempre premuroso e ossequiente, che, chiusa la pesante porta con uno sforzo non piccolo vista la sua corporatura, corse sulle sue gambette a scostargli lo scanno a capotavola perché sedesse.

Una volta che l’ebbe fatto accomodare, gli sistemò il mantello e a un suo cenno si affrettò verso un’alta credenza. L’aprì, ne estrasse un libro scuro con uno stemma inciso sulla copertina e l’imponente Quadro Generale, e sempre frettolosamente li portò al tavolo. Consegnò al suo signore il libro, sollevò il Quadro Generale non senza fatica e, alzandosi sulla punta dei piedi, lo pose davanti a Lutfilyon. A un cenno della mano di Gamondock arretrò e rimase in piedi in disparte, senza fare più nemmeno un movimento.

Gamondock si guardò intorno e il suo sguardo si fermò con un’espressione d’intenso fastidio sul Nano Blu, che ancora sedeva sul tavolo; Lutfilyon se ne accorse, trasse fuori il suo bastone e con la punta spinse ripetutamente il fondo-schiena di quell’insolente. Secce non aspettava altro, perché lo prese per una ma-nica e lo costrinse a sedersi al suo posto. Rimase sul tavolo una marea di briciole, che il Nano Blu raccolse diligentemente con le mani e s’infilò in bocca.

A Gamondock, che con quel microbo di fianco sentiva un gran prurito alla gola, sarebbe piaciuto molto lasciarsi travolgere dal raptus che gli stava ruggendo dentro, ma riuscì a frenarsi. Si schiarì la voce e cominciò.

«Signori, innanzitutto il mio benvenuto va a Segrinia ed Erchidia, nuove in quest’assemblea. Per il resto, vi ringrazio tutti di essere qui ancora una volta, e vi ringrazio anche della vostra fedele collaborazione. Sugli obiettivi dell’impresa siete già aggiornati. Ma quest’assemblea è stata indetta perché si sono verificati due problemi incresciosi.

Il primo è che qualcuno, non sappiamo ancora chi, è riuscito a sfuggire al-

Page 88: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

88

l’agguato dei nostri Kranpinch e ora si trova, probabilmente, a Balmameth. Il secondo è, come alcuni di voi sanno, che da alcuni giorni due intrusi sono rin-chiusi nelle nostre prigioni e non si sa ancora come abbiano fatto a giungere qui. A questo proposito, vorrei sentire il parere di Lutfilyon.» Gamondock tacque e guardò il vegliardo che sedeva alla sua destra.

Lutfilyon diede uno sguardo panoramico al Quadro Generale e con la sua voce ampollosa e un po’ nasale iniziò a parlare. «Ecco, signori…»

Non fece in tempo a dire la terza parola, che gli arrivò il salutino sussurrato.«Ciao, Lutfy!» Ancora Secce, ancora lui, rantolò mentalmente il vecchio; e infatti al di sopra

delle lenti vide le dita di quello sciocco agitarsi contente e discrete appena sopra al tavolo.

«… passi considerevoli sono stati compiuti…» continuò lo stesso; ma la pelle intorno agli occhi gli si era già raggrinzita come al solito, e quando succedeva così lui non poteva farci niente.

Continuò così dignitosamente a parlare, anche se si sentiva tirare tutte le orbite.«Passi, dicevo, sono stati compiuti negli ultimi giorni grazie ai nostri sforzi

congiunti. Ci sono stati, è vero, alcuni episodi incresciosi che denotano ancora scarsa preparazione…» guardò allusivo nella direzione di Muzow e Kuzow, «ma nel complesso andiamo bene. Vi fornisco i dati: l’antenna principale e quella della Torre di Magamork si sono alzate di centoquattordici virgola venticinque piedi, rendendo più efficaci i lanci versi quei noio… verso la Frangia Inferiore di Balma-meth. Il lavoro dei Kranpinch ha fruttato un progresso di duecentododici virgola trecentosessantadue periodico…»

Fu una sventura per il Nano Blu che Lutfilyon facesse la sua relazione per primo. Perché già aveva un gran daffare con la digestione dei biscotti, e poi tutto quell’elenco di cose recitato con quella vocetta lo cullava, lo cullava, lo cull…

Dapprima Gamondock intese il suo russare sommesso e una narice cominciò a ballargli; ma se la tenne stretta con un dito e resistette. Ma quando il russare di-venne rotolante e tonante, tanto da soverchiare la voce di Lutfilyon, gli cominciò a ballare anche un labbro, scoprendo i canini; e questo non era bene. Così scattò in piedi, battè le mani sul tavolo e tuonò più forte del Nano Blu.

«Adesso basta!!» esclamò abbrancandolo e sollevandolo per la tunichetta. Il poveretto aprì gli occhi insonnoliti per vedersi le pupille furenti di Gamondock

all’altezza del viso. «Ora, carino, andrai a mangiare i tuoi biscottini…» Il Nano Blu, appeso per aria, aveva già capito e iniziò a sgambettare disperatamente nel vuoto.

Page 89: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

89

«… là!» finì Gamondock, e lo scagliò con decisione in alto, contro il muro. Un attimo dopo il Nano Blu era una sagoma grigia attaccata alla parete, e si

agitava e si sbracciava assieme alle altre centinaia di sculture viventi che l’avevano preceduto.

I muri del salone ebbero un piccolo sussulto e il soffitto si innalzò, cosa che sorprese abbastanza Segrinia ed Erchidia, non avvezze a quel tipo di fenomeno. Ma siccome ognuna badava soprattutto a odiare la sorella e a non mostrarle il volto, mantennero entrambe la loro postura impettita ed espressero la loro appro-vazione soltanto con un piccolo scatto del collo. Quanto ad Amabron, si strofinò solamente il naso un po’ più forte. Arnold si avvolse di più nel suo mantello, mentre Acce e Secce sprofondarono alcuni centimetri nelle loro sedie. Nessuno fiatò più per un po’; ma Gamondock, irrequieto, cominciò a mangiarsi le unghie. Lui aveva posto dei quesiti precisi; Lutfilyon invece l’aveva presa alla larga, e non gli stava dando nessuna soddisfazione.

«Posso continuare?» chiese Lutfilyon dopo un po’, con la solita voce; e sen-za aspettare riprese la parola. «Dicevo: un progresso di piedi duecentododici virgola trecentosessantadue periodico, cosa che ci ha consentito di indebolire ulteriormente la Frangia Inferiore di Balmameth. Nell’hangar, di cui preferisco non fornire particolari, tutto procede regolarmente. Ma ora vorrei affrontare la parte più interessante, i programmi di bonifica.» Qui la voce di Lutfilyon, suo malgrado, si tinse di passione. «In questo campo è stato fatto un grande lavoro e ci sono molte novità.» Tacque un attimo, mentre Gamondock cominciava a battere i piedi sul pavimento.

«Ma Lutfilyon…» cercò di dire.«Vede, signore, è il contesto che conta, sempre il contesto. Ci vuole una pano-

ramica… Ma se lo desidera m’interrompo subito…» «Ma no, no.» Gamondock si rassegnò con una smorfia. Quel giorno Lutfilyon

aveva deciso di andare per i fatti suoi, maledizione. Questi intellettuali.«Dicevo, il programma di bonifica…» «Bonifica?» chiese Amabron, non capendo.«Certo, mio caro Amabron, bonifica dalla purezza. I livelli di bonifica raggiunti

fin qui sul mondo chiamato Terra sono molto soddisfacenti e attendono solo di essere definitivamente stabilizzati. E sto già pensando anche al dopo, comprende-te? Perciò il mio laboratorio Fumi, Fanghi e Funghi sta producendo nuovi elisir. E a questo proposito adesso vi presento la mia invenzione più recente.» Lutfi-lyon prese una delle due bombolette che aveva davanti. «Non è opportuno che vi faccia una dimostrazione, ma per farvi capire vi dirò che ho chiamato questi

Page 90: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

90

due prodotti Nube e Profumo… Siete tutti capaci di dedurne ciò che queste due bombolette emaneranno nell’atmosfera del mondo che stiamo per conquistare. Non ve le passo da esaminare, cari colleghi» concluse Lutfilyon girando intorno uno sguardo benevolo, «anche se le due bombolette hanno un sistema di sicurezza di tutto rispetto. Sono potentissime, pensate che una sola erogazione è sufficiente per una città delle dimensioni di Buenos Aires.»

I volti metallici di Muzow e Kuzow rimasero impassibili: i Kranpinch si trova-vano sempre in una situazione troppo delicata per poter manifestare qualunque opinione, anche quando avevano una posizione di comando.

Acce e Secce fecero un sorriso furbo, perché anche se non erano capaci di de-durre consideravano conveniente fare finta di sì.

Arnold lo zoppo, rattrappito sulla sua seggiola, gioì: c’era un sacco di lavoro per lui, molto da balzare qui e là per il mondo che aveva lasciato, e stavolta perfino con due bombolette, e non vedeva l’ora di mettersi in movimento.

Quanto a Segrinia ed Erchidia, dei sistemi di quel Lutfilyon non ne sapevano nulla e nemmeno volevano saperne: l’importante per loro era offrire a Gamon-dock quello che era stato pattuito in cambio dell’aiuto che egli aveva promesso loro. Non era stato facile trovare in giro per le galassie qualcuno che si dichiarasse in grado di risolvere il loro problema.

Amabron, che fino ad allora era stato buono strofinandosi solo ogni tanto il naso e accavallando ora l’una, ora l’altra gamba, sbottò: «Io non capisco. Se esami-niamo il rapporto costi-ricavi, tutto questo programma è dispendioso in maniera assurda. Ma scusate, non sarebbe stato meglio sbarcare là con un bel po’ di navi, acchiapparli tutti e metterli ai lavori forzati?»

«Oh no, caro Amabron» rispose Lutfilyon suadente. «Con calma. Pianin pia-nino, pianin pianino. Per un risultato duraturo bisogna fare così… Capirete, cari colleghi, che tutto procede per il meglio e non c’è motivo di supporre che qual-cosa possa ostacolarci. Siamo quasi al traguardo: l’impresa sta raggiungendo il suo obiettivo.» Tacque definitivamente, ignorando del tutto gli argomenti all’ordine del giorno, e tutti si guardarono in faccia. Gamondock tentò di richiamare la sua attenzione urtandogli pianissimo un piede con la scarpa, ma non ebbe risposta. Lutfilyon appoggiò le mani artritiche sul tavolo e aspettò che Gamondock desse il segnale di fine assemblea.

«Mah… Be’, signori» si risolse a dire quello dopo un po’, visto che Lutfilyon svi-colava, «abbiamo avuto gli aggiornamenti, ora ritorniamo tutti al nostro lavoro; e ai nostri ospiti auguro buona permanenza. Grazie mille, arrivederci.» E si alzò.

Page 91: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

91

«Che senso ha avuto? Caro Lutfilyon, a volte non ti capisco.» Gamondock, an-dando avanti e indietro nel suo studio, esprimeva al vecchio la sua disapprovazio-ne. «Avevo indetto un’assemblea! C’erano argomenti da trattare!»

«Signore, mi comprenda: è stato per il suo bene» spiegò quello, con la sua voce affettata. «Questa è politica aziendale, pura politica aziendale. Vede, signore, quelli sono soci di minoranza… Mi capisce, vero? Stanno investendo, non so se mi spiego…» Lutfilyon indirizzò a Gamondock uno sguardo allusivo. «E i capi Kranpinch, chissà cosa potrebbero inventare pensandola in difficoltà… Mi dia retta, certe cose è meglio discuterle qui.»

«Bene, allora discutiamo. C’è una falla nei sistemi di sbarramento? Come sono arrivati questi due fidanzati? E come possiamo ripescare un pericoloso individuo che ormai è al sicuro a Balmameth?»

«Cominciamo dal secondo, signore. Finché lui è al sicuro a Balmameth, siamo al sicuro anche noi. E se ci stesse un bel po’, sarebbe partita vinta, no? Anche se non ci credo» Lutfilyon storse la bocca sotto i lunghi baffi, «perché se è arrivato là non è per niente. Ma vedremo… Non sappiamo neanche di chi si tratta, o qualcuno lo sa?»

«No, ancora non è chiaro, purtroppo. Ma forse hai ragione, mi preoccupo con troppo anticipo. E di quei due, che cosa ne facciamo? E come diavolo hanno po-tuto arrivare qui, me lo sai dire?»

«Come sono arrivati, lo scopriremo. Ma se hanno detto che stavano ballando, può essere stato per un’affinità di frequenze, no? Un salto dimensionale…» Si grattò l’escrescenza in cima al capo. «Vedrò di sistemare la cosa subito, questa notte. E riguardo a quel che ne facciamo, signore, ci sono tante soluzioni, ma la migliore, quella migliore migliore…»

«Certo, se indovino è come avevo pensato: farli passare dalla nostra. È così?» Gamondock si stava divertendo di nuovo.

«Ben detto, signore» lo precedette Lutfilyon senza aspettare. «Ci saranno d’aiu-to, un giorno, se li educhiamo. Ecco, le suggerirei un programma. Lui potrebbe stare nel mio studio; e lei…»

«E lei?» «Lei… Col suo permesso, se Segrinia ed Erchidia fossero d’accordo, io avrei

un’idea… Mi lasci verificare» concluse Lutfilyon, e domandò di potersi congedare.

Page 92: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

92

xxiii

«Ma per quanto dobbiamo camminare ancora?» protestò Martin. Si sentiva stan-co: erano partiti di casa molto presto, quella mattina. I soli si erano alzati poco poco nel cielo, quando Harmonia l’aveva fatto scendere dal letto; e appena vestito gli aveva messo in mano un cestino con la merenda e gli aveva aperto la porta di casa. Lumen era già fuori ad aspettare. «Vai, vai, ti piacerà» gli aveva detto lei, ed era rimasta un poco sulla soglia a guardarli andare.

Ti piacerà? Lui aveva sonno e basta.Lumen alzò un braccio ad accennare la direzione. «Ancora un po’» disse a voce

alta. «Non molto. Laggiù vivono i fauni» gli spiegò. «Lo sai cosa fanno i fauni?» I fauni? Erano quelli con le zampe da capra, le orecchie a punta e le corna corte.

Ma Martin altro non sapeva. «No? Non lo sai? Sorvegliano la vita della natura, la nutrono e la proteggono»

continuò Lumen. E con loro c’è qualcuno che voglio farti conoscere.» «Come fai a sapere di sicuro che c’è questo qualcuno?» «Discorso lungo» rispose lui. La solita frase, pensò Martin. Quando Lumen

non aveva voglia di rispondergli, tirava fuori sempre le solite parole. Accidenti a quella mania di fare il misterioso.

Lumen sorrise tra sé e sé. Quel ragazzino così ispido era per lui come una nu-vola di primavera: l’osservava e ne vedeva ogni cambiamento, ogni sfilacciatura, ogni zona oscura e ogni sprazzo in cui il sole riusciva a farsi largo. Ma non poteva dirglielo, era proibito…

L’essenziale era che aveva un compito e doveva portarlo a termine, e per il resto c’era la consegna del silenzio.

Una musica spensierata, resa fioca dalla distanza, scivolò tra i rami e li raggiunse. Camminarono ancora poco in quella direzione, finché non giunsero ai margini di una grande radura.

«Fermati qui» gli disse Lumen. Insieme osservarono la scena, e Martin dovette ammettere per un momento che era singolare, anzi abbastanza stupefacente.

Page 93: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

93

Una creatura danzava silenziosa. Intorno a lei tre fauni suonavano i loro flauti, e una fanciulla muoveva le dita su un’arpa di legno e d’erba. Vista da lontano, la danzatrice aveva l’aspetto di una giovane donna. Una folta chioma scendeva a coprirle le spalle; girava su se stessa in lenti cerchi e le sue mani esili tracciava-no volute nell’aria. Ma nel flusso del movimento, tutto in lei cambiava colore. Il tessuto della sua lunga veste veniva sollevato in onde placide che ricadendo sprigionavano piccole nuvole di tinte vivissime; e intanto la veste pareva generare nuove nubi di colore pronte al volo. Anche i capelli, nel frattempo, mutavano dal bruno al rosa acceso, sfumavano dal giallo al verde e ancora al blu pervinca, senza sosta.

Lumen fece un cenno a Martin e si mossero di nuovo per raggiungere il gruppo.Nessuno s’interruppe per guardarli. Martin aveva già superato il primo attimo

di meraviglia, e tutto quel disinteresse lo irritava abbastanza.Potevano almeno salutare, pensò camminando verso di loro: non era poi così

normale che un bambino di specie terrestre passasse da quelle parti. O forse sta-vano facendo qualcosa di così importante da non potersi fermare nemmeno per un attimo? A lui non pareva, avevano tutta l’aria di nullafacenti: anche quella tipa dell’arpa, che a dire la verità vista più da vicino era abbastanza carina ma simpa-tica zero. A quell’ora, mentre gli altri lavoravano, se ne stavano lì a strimpellare canzonette. E chi era quell’altra in mezzo a loro, che sembrava un’insegna al neon? E dato che Lumen e sua moglie insistevano tanto che non c’era tempo, per che cosa poi non lo sapeva, perché lui lo aveva portato lì a vedere quegli scioperati? Quella musica tra l’altro non era nemmeno così bella: anzi era proprio noiosa, e poi il flauto! Uno strumento di serie b: a scuola lo imparavano tutti.

Se ci fosse stato un pianoforte, allora sì, gli avrebbe fatto sentire. Tutto questo passò dentro a Martin in un istante. Sbuffò – lo fece piano, ma

tanto Lumen si accorgeva di tutto. Ed effettivamente Lumen aveva già seguito tutti i suoi pensieri, come su una pagina che si scrive riga dopo riga. Così si fermò e guardò Martin negli occhi.

«Sai che cos’è un pre-giudizio?» gli chiese. «Uffa» fece capire il piede destro di Martin, battendo sul terreno. Lumen ci passò sopra. «Pre-giudizio: giudicare prima. È uno dei guai del tuo

mondo. Diventate tutti rigidi come pezzi di legno, non imparate nulla e non vi godete la vita. È una delle anticamere della rabbia, della solitudine e della malin-conia, tanto per cominciare. E poi arrivano la paura, la divisione, l’odio, le guerre eccetera. Devo continuare?»

No, fece cenno Martin con la testa.

Page 94: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

94

«Allora adesso prova a sgombrare la mente, fai finta di essere appena nato e andiamo là insieme.»

Così raggiunsero il centro della radura, dove si trovavano quei cinque perso-naggi. Martin non sapeva come si potesse sentire un neonato, ma cercò di mettere da parte il suo brontolio, e finalmente si lasciò incantare da ciò che vedeva.

La creatura danzante non era… insomma, una persona come normalmente la si intende. Scintille minutissime a miliardi si agitavano a comporle le mani e il volto, e si irradiavano da essi fasci di luce che si disperdevano in ogni direzione. E nemmeno il suo vestito era un vestito, ma un fremere d’innumerevoli farfalle: farfalle color turchese, e poi verde mela, e blu cobalto e giallo zafferano. A stormi si staccavano e volavano via, a centinaia si formavano di nuovo dalle falde del ve-stito e s’innalzavano sparse. Quell’essere generava luce e farfalle, al suono di quella musica. E quando la musica divenne più dolce un profumo di boccioli si diffuse, e fiori e fiori di ogni genere, non ancora schiusi, nacquero da quella danza e si sparsero nell’erba; e poi furono di nuovo farfalle, farfalle turchese; e sul più bello, quando ormai lui stava pensando a bocca semiaperta che la scena cominciava a piacergli, quella lì fu tutta grigia e ronzante di mosche, svolazzante di ragnatele, zuppa di pioggia, collosa della bava di piccole lumache striscianti innumerevoli.

Martin volse a Lumen uno sguardo stupefatto.«È Aliamyn, tutte-le-altre-cose-in-me» gli spiegò lui. «È figlia della musica. Serve

con gioia la natura, i boschi e le montagne, le acque e ogni sole del cielo di Bamal-meth si rallegrano dei suoi doni. Guarda ancora» disse, e a un suo cenno i fauni e la fanciulla cambiarono ancora musica. Stavolta suoni languidi e sfiniti volteggiarono nella radura, e in qualche istante Aliamyn trasformò i suoi colori e diede all’aria vesti di autunno rosso e giallo cangiante, foglie vaganti che si adagiavano a terra lente, e una ventata d’oro fino sul prato, come un sole obliquo al tramonto.

E poi Aliamyn guardò Martin.Lo guardò con gli occhi viola splendenti che per un attimo gli fermarono il

respiro, e con le mani tese gli fece segno di avvicinarsi a lei. Martin si riprese e guardò Lumen: «Dice a me?» chiedeva in silenzio.«Vai» gli disse Lumen «non avere paura, vai.» E allora lui si avvicinò. Lei gli prese la mano e lo attirò a sé: lo abbracciò con

grazia e continuò con lui la sua danza.Se non avesse avuto la certezza di essere un ragazzino, Martin avrebbe pensato

di essere una bottiglia di acqua frizzante. Anzi, una bottiglia di acqua calda friz-zante! Avvertì un pizzicore, un brusio di piccole formiche, circolargli dovunque sotto la pelle, e all’improvviso un’allegria che non sapeva spiegare. Sentì foglie e

Page 95: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

95

farfalle sollevarsi e avvolgerlo di mille tocchi rapidissimi; si sentì anche lui, come Aliamyn, fatto di minuscole scintille a miliardi; e fu una cosa così intensa che cre-dette per un momento che anche da lui stessero nascendo fiori e farfalle. Fu come essere sul palco di un’orchestra e baciare le voci dei violini, accarezzare le arie dei fiati, mangiare le cascate delle note, sparire nel folto degli accordi.

Forse in questo posto capiscono davvero, forse in questo posto hanno ca-pito per davvero – questo sentì dentro fino alle vene.

«Forte!» si lasciò sfuggire, preso dall’entusiasmo; ma poi si accorse di quello che aveva detto e desiderò di non aver mai avuto la lingua.

Lumen gli toccò una spalla. «Ora andiamo» disse.Martin si staccò da Aliamyn. Già finito, è stato super, pensava, mentre i fauni,

lasciato il loro posto, prendevano la strada del bosco allontanandosi da loro e portandosi via le loro melodie intrecciate. La fanciulla lasciò l’arpa e li seguì, e Aliamyn, divenuta un piccolo vortice di luce, si fece accompagnare dalla musica scomparendo lontano fra i rami.

Sulla strada del ritorno, camminarono affiancati per un po’ senza parlare. Poi Lumen si rivolse a Martin. «Mi hanno detto di salutarti» disse. «E si scusano per l’accoglienza freddina, ma la situazione richiedeva il silenzio.»

«Ma come salutarmi, se non hanno nemmeno aperto bocca!» «Tu fidati e prenditi il saluto» sorrise Lumen.Continuarono a camminare, e Martin assorto scuoteva la testa.«Puoi parlare, se vuoi» lo incoraggiò Lumen.«Io… insomma… Ma no, niente.» «Su, provaci.» «Sì, insomma…» Sospirò forte e prese coraggio. «Quegli occhi…» «Gli occhi di Aliamyn, vero? Lo so» disse Lumen, e parve pensare per un atti-

mo. «Intelligenza» gli spiegò alla fine. «L’intelligenza della luce.» Che cosa vorrà dire? si chiese Martin. Ma non osò domandare ancora, e anche

Lumen non aggiunse altro.Un suono sinistro, come un tuono metallico, stridette in lontananza.Lumen guardò verso l’orizzonte. C’erano ancora parecchie cose da fare, e l’in-

domani il ragazzo doveva partire. Doveva partire assolutamente, se si voleva che arrivasse in tempo. Aveva un viaggio lungo davanti a sé, un viaggio non facile, con parecchie fermate…

Martin non vedeva nubi. Non riusciva, proprio non riusciva, a spiegarsi perché un tuono potesse farsi sentire in un cielo così limpido. Ma era la seconda volta che

Page 96: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

96

udiva quel suono, ed entrambe le volte sia Lumen che Harmonia gli erano parsi abbastanza preoccupati.

Perché Martin sembrava distratto, e in molte cose lo era, ma per quelle impor-tanti il suo cuore era come un radar: non si lasciava sfuggire nulla di ciò che gli passava accanto.

Page 97: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

97

xxiv

All’imbrunire consumarono una zuppa di centocchio accompagnata da un deli-zioso pane di farina di castagne. «Ti piace?» gli chiese Harmonia. «Il centocchio è un’erba del tuo mondo, te l’ho preparata per questo. È nutriente, si trova a buon mercato nei prati e contiene tante sostanze di cui il vostro corpo ha bisogno.»

«Mhm» disse solo Martin, perché di verdure non ne mangiava tante, e questo centocchio, poi, non l’aveva mai sentito nominare. Dopo cena ci fu un silenzio che il ragazzo non osò rompere, finché Lumen non lo guardò per un po’ in viso, in un modo che gli parve abbastanza particolare, come se stesse pensando; e alla fine gli rivolse la parola.

«È un po’ di tempo che sei qui» disse.«Sì… mah… qualche giorno» rispose Martin.«E hai imparato diverse cose, direi. Vero?» Martin fece segno di sì con la testa, anche se in modo un po’ indeciso, perché

non capiva il filo del discorso. «È ora, ormai, che ti mostriamo una cosa. Vieni, Martin» lo invitò alzandosi.Lo condusse fuori sul prato, fin dove iniziava la discesa.«Guarda» disse soltanto. Martin si guardò intorno. Sul declivio che scendeva

verso la valle erbe e boschi, fiori e rami si preparavano al cambio del giorno. Luci brillavano da uno stelo all’altro, da un fiore a un altro fiore, sciamavano veloci e leggere da un capo all’altro della collina e più lontano a perdita d’occhio. Anche il lago giù in fondo si animava di piccole scintille subacquee che affiorando si posa-vano sulla superficie calma, facendo da richiamo ad altre e altre ancora, a milioni. Nel cielo pianeti a migliaia, riuniti a gruppi con i loro soli, e dovunque fuochi di tramonti a bande di ogni colore possibile e impossibile. Rosa con viola, azzurro e cinerino, arancio a fiamme con i vertici esplodenti in ventagli di luce infinita.

Martin era ammutolito. Guardava e sentiva la stessa commozione di quando, a casa, sotto le sue mani si snodava appassionato un notturno di Chopin.

Harmonia li raggiunse. «E ora ascolta» sussurrò. Alzò i piccoli indici grinzosi e per un momento assunse la maestà di un direttore d’orchestra.

Page 98: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

98

Fu un prodigio? Illusione, inganno della mente? A poco a poco una musica sor-se, come un leggero fischiare, prima a note sparse, da ogni filo d’erba. E poi altre erbe si unirono, e suonavano una diversa melodia, ma che s’integrava del tutto con la prima. E come strumenti musicali che si svegliassero uno alla volta, anche gli alberi e i fiori e gli arbusti si aggiunsero, e ogni frutto e ogni insetto, e ogni mi-steriosa creatura riparata nel verde. E poi la musica si aprì all’intorno e come un messaggio passato velocemente di bocca in bocca divenne un coro immenso, un concerto sublime risuonante per ogni luogo di quello strano paese felice. Dal lago anche le alghe mandavano il loro suono liquido e tranquillo, finché anche il cielo si accese di quella vasta canzone e ogni cosa vibrò di quell’immensa sinfonia.

Martin pianse, perché il suo cuore non poteva più contenere tanta bellezza. Piangeva a singhiozzi disperati sentendosi piccolo e grandissimo, e sopraffatto da quel mare smisurato di vita e di dolcezza, e umile e colmo di una gratitudine che non aveva mai conosciuto e che quasi lo spaventava, perché gli sembrava un sentimento troppo importante per un ragazzo come lui era.

Harmonia gli accarezzò leggera i capelli, mentre lentamente tornava il silenzio.«Il cuore non è né grande né piccolo, né vecchio né giovane» lo consolò. «E la

bellezza trova risposta in ogni essere vivente, quando riesce a dispiegarsi in tutta la sua forza. Ti è stato concesso di udire qualcosa a cui nessuno, tra la tua gente, ha accesso. E ora che hai sentito, non potrai dimenticartene mai più. Ti dimenti-cherai di noi, ma non della musica. E sarà questo concerto che ti porterai dentro a guidarti, perché» e il suo piccolo viso mansueto si fece serio, «hai un grave com-pito da portare a termine, figliolo mio.»

Tacque un momento, poi si volse e si avviò verso casa.«Ecco, Martin» iniziò Lumen a quel punto. «Hai sentito? Era la musica della

vita. Tutta la vita è musica… Ogni piccola parte dell’universo, ogni piccola cosa, canta la sua canzone. I vostri scienziati lo stanno scoprendo: ma a questo punto è tardi e non c’è tempo. C’è, in un luogo di questo universo, un essere molto, molto potente. Fa parte del mondo della Danza Rovesciata. Non conosce né l’amore, né la pietà: gli interessa solo il potere. Ha già distrutto la vita su altri pianeti, in altre galassie: e la distruzione della vita anche su un solo pianeta è una calamità enorme per tutto il creato, uno squilibrio impossibile da risanare, se non in mi-lioni di anni.

«Usa uno strumento terribile: cancella la musica dal mondo che vuole conqui-stare – o si dovrebbe più correttamente dire che la deforma, la distorce e infine la imprigiona. Questo conduce piano piano gli esseri viventi alla paralisi di ogni movimento o decisione fruttuosa, di ogni buona emozione, di ogni volontà. I

Page 99: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

99

colori sbiadiscono, come hai già potuto vedere, il mondo vegetale langue, o viene distrutto da tempeste improvvise, e gli uomini vengono privati del loro nutri-mento e della loro allegria, finché non divengono pavidi e passivi o disordinati e rabbiosi, e facili comunque da ridurre in schiavitù. A quel punto questo essere im-pone al pianeta soggiogato un regime militaresco, e passa a un’altra avventura.»

«E io che cosa c’entro in tutto questo?» chiese Martin piuttosto turbato, e anche leggermente infastidito dal fatto che Lumen raccontasse queste cose proprio a lui.

«Tu sei l’unico, tra i tuoi simili, che ora può salvare il tuo mondo, l’unico rima-sto che può liberare la sua musica. Perciò dovrai andare…»

«Non se ne parla. E perché proprio io?» Cominciava a innervosirsi.«Non certo perché hai un bel carattere, ti preciso subito» rispose Lumen. «La-

sciamo perdere questo aspetto, per il momento. Ma anche tutta questa ribellione è utile allo scopo. Sì, di ribellione ne possiedi una buona dose» sorrise Lumen. «Però anche questo non sarebbe sufficiente se…»

«Se?» «Se tu non fossi protetto…» «Protetto? Non capisco.» «Protetto dalla musica. Il tuo amore per lei è così forte, intenso, indistruttibile,

che tutto il tuo essere è… come posso spiegarti? Voi non avete ancora nozioni sufficienti per comprendere questo. Diciamo che, nonostante il tuo caratteraccio, tutto il tuo essere è abitato dalla musica: ed essa ti protegge. È l’onda che ti sta intorno, ormai tu sei l’unico…»

«Quale onda?» «Quando suoni, intorno a te si crea un’onda, come uno scudo impenetrabile.

Ma ormai eri l’unico a suonare, laggiù.» «E si può sapere che cosa dovrei fare, secondo voi?» «Niente che sia secondo noi, in realtà. È una questione di necessità. Noi non

ci permetteremmo mai di farti fare qualcosa di pericoloso per il nostro semplice volere.»

«Pericoloso?» «Ebbene sì.» «E sarebbe?» «Non posso dirtelo: lo saprai strada facendo, eventualmente.» «Eventualmente, eventualmente!» Martin arrossì di collera. «Eventualmente

potrebbe essere pericoloso, eventualmente potrei schiattare, ma che cosa c’entra? È una necessità!» Ci pensò un attimo. «Sono stufo!» disse, pestando un piede per terra con forza. «Voglio tornare a casa mia!! Voglio indietro il mio cane!! Che poi

Page 100: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

100

non si può nemmeno più, perché è morto, il mio cane, capito?! E siete stati voi! Basta così, adesso basta!»

«Allora, se non vuoi, io ho finito» tagliò corto Lumen, che era stato a osservarlo in silenzio, e accennò a rientrare.

«U… un momento!» lo richiamò il ragazzo. «E se io mi rifiuto, che cosa succe-derà ai miei? E alla mia città?»

«Succederà come a tutto il resto del mondo. Gli esseri viventi soccomberanno: sta già accadendo, e siamo quasi alla fine. Non hai visto tua madre, prima di par-tire?» Lumen guardò il ragazzo con occhi più severi.

«Sì, l’ho vista.» «E come ti è sembrata?» «Mah, era in poltrona… Un po’ stanca, forse.» «E lo sarà sempre di più. Tutto il tuo popolo sarà stanco, avvilito, impotente.

Diventerà un mondo di folli e di fantasmi. È quello che vuole quell’individuo, e il peggio non è ancora arrivato.»

«Ma non ci potete andare voi?» «No, e capirai più avanti il perché. Devi andarci proprio tu.» «Ma non mi va per niente! Non potrei rimanere qui ancora un po’?» osò ancora

Martin.«E pensi che vivresti in pace? Che noi tutti ti lasceremmo vivere in pace? Non

confondere la bellezza di questo luogo con l’egoismo e la chiusura alle necessità del prossimo. Bada, ragazzo mio: abbi rispetto. Tutto ciò che vedi qui è frutto di grande lavoro e disciplina. Ora, se mi permetti, io andrei. Se vuoi, hai la possi-bilità di portare un soccorso fondamentale ai tuoi cari – se del resto del mondo non te ne importa niente. Ma decidi presto, non c’è tempo. Se no, ti aiuteremo a tornare a casa.»

«E se ci torno, cosa mi succede?» «Mi dispiace, ma a quel punto il tuo destino non ci riguarda più.» Lumen chiu-

se così il discorso e se ne andò.

Appoggiata ai cuscini, Harmonia non riusciva a staccare la mente da quello che sarebbe successo l’indomani. Si girava, beveva un po’, tirava su il lenzuolo e so-spirava.

«Bisogna che tu ti conceda un piccolo sonno, mia cara» la rimproverò dolce-mente Lumen. «Non si può non riposare mai, perfino qui a Balmameth.»

«Oh, Lumen, non riesco… Ma è proprio necessario mandare lui? Povero bam-bino…»

Page 101: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

101

«Non si può fare altro, Harmonia. È l’unico rimasto… Sai che per legge ogni mondo dev’essere salvato da un suo abitante; e sai anche perché.»

«Ma pensi che lui, così piccolo, riuscirà a imparare tutte quelle cose?» «Ci conto, Harmonia, speriamo di sì.» «Ma tutto quel viaggio…» «Mia cara, lo so che tu lo terresti qui a coccolartelo per circa cent’anni, ma non

è il suo destino. Bisogna lasciarlo andare.» Lei sospirò di nuovo. «Sì, lo so, Lumen caro. Ma non si vorrebbe mai…» «Ora cerca di riposare, su» la esortò Lumen.Con un altro respiro profondo, Harmonia chiuse gli occhi.

Page 102: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

102

xxv

Era mattina presto al castello, quando la vita di Mike e Brenda cambiò. Due soldati li prelevarono dalla cella dopo il risveglio e li scortarono fuori nel

corridoio fino all’atrio circolare. Uno di essi li precedette imboccando lo scalone e salì con passo regolare tutte le centinaia di scalini che portavano al primo piano, che ormai si trovava a un’altezza smisurata. Loro lo seguirono senza protestare, ma entrambi ringraziarono dentro di sé per tutto il trekking che avevano fatto in passato; e in ogni caso il passo incalzante della guardia che chiudeva il gruppo non concedeva esitazioni.

Giunti a destinazione in un buio andito, vennero separati. Brenda fu fatta so-stare davanti a un’alta porta color noce e stette lì col batticuore fino a che qualcu-no non aprì dall’interno. Mike fu guidato di nuovo verso lo scalone e condotto al piano superiore. Si trovò davanti a un’altra porta, maestosa, color della cenere. Una delle guardie bussò e un vecchio dall’aspetto di monaco venne ad aprire, fece entrare Mike e congedò il soldato.

La stanza in cui fu ricevuto sembrava la biblioteca di un mago. Dovunque, fino alle alte volte e lungo le interminabili pareti, si trovavano libri a file e file di mi-gliaia; e rotoli di pergamena stavano affastellati un po’ovunque in grandi casse di legno. Di fronte a sé, un po’ spostata sulla sinistra, Mike vide una scala di pietra. Era a chiocciola, la sua chiusa balaustra affondava la sua cima oltre la volta gotica che non lasciava indovinare quali spazi si celassero al di sopra. Sul lato sinistro, invece, dietro alla scrivania di quel vegliardo di cui non conosceva ancora il nome, stava una lunga parete nuda, spaccata nel mezzo da un’apertura.

E poi qualcosa attirò lo sguardo di Mike verso la finestra a bifora.Guardò di nuovo fuori con attenzione, ma non vide più niente.Eppure…Eppure aveva come percepito un volo, un volo fitto, di ali scure silenziose. Era stato un momento, un solo momento…Gli arrivò la voce del vecchio, e lui si scosse. «Vieni, vieni, caro Mike» gli stava

dicendo, e lo invitava a seguirlo verso il varco a sinistra.

Page 103: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

103

Dietro, una stanzetta, quasi la cella in cui aveva trascorso i giorni fino allora. Una piccola finestra in alto, là di fronte, e solo cielo fuori. Per il resto, da terra fino al soffitto e ovunque, file e file di cassettini verde scuro.

«Ecco qui, caro Mike: questo è lo schedario. Controlla e metti in ordine alfa-betico.»

Il vecchio lo lasciò così, senza aver spiegato altro; solo, prima di uscire, andò verso l’altra parete e, date due mandate a uno dei cassetti, se ne infilò la chiave in qualche tasca tra le pieghe della tunica. Mike, a cui la manovra non era sfuggita, giurò a se stesso di aprire quanto prima quel forziere.

Mentre lasciava la stanzetta, quello strano vegliardo si soffermò sulla soglia. «Io sono Lutfilyon» disse, e se ne andò.

Poco dopo, una parete scorrevole cancellò il varco e Mike rimase lì rinchiuso, e da solo.

La sera Brenda lo attese per un bel po’ dentro la cella. Fu accompagnato là quan-d’era già buio, stanco morto. Si lasciò andare sulla sua branda e dovette passare ancora del tempo prima che lei potesse parlargli con la speranza di ricevere rispo-sta. Ma quando nell’oscurità sentì che si stava mettendo seduto ci provò.

«Allora, Mike? Come stai?» «Oh…» rispose lui con un sospiro. «Oh. Sono stanco. E tu?» «Io… Tutto il giorno con quelle due, a cercare di accontentarle, e nel frattempo

a cercar di capire chi sono, cosa ci fanno qui…» «Quelle due chi?» «Mah… Due donne, sorelle. Ospiti, pare. Segrinia ed Erchidia, senti che

nomi… Cattive! Mi hanno fatta diventare matta… E poi hanno lì una balia, la loro vecchia balia. Mi ha detto che sarò là con loro tutti i giorni, e sembrava che si dispiacesse per me… Ma tu?»

Mike abbassò la voce. «A me quel vecchio ha detto solo che fra un po’ di tempo vedremo.»

«Quel vecchio?» «Sì, un vecchio, uno studioso…» Mike raccontò tutto a Brenda: lo studio, il

varco, lo schedario e il cassettino chiuso a chiave.«E poi mi ha detto con una voce da starna: “Eccoci qui! Questo è il tuo lavoro.

Controlla e quando trovi qualcosa fuori posto metti in ordine alfabetico, caro Mike. C’è da fare, qui al Musm.” Musm, sì, se mi ricordo bene. Credo che sia questo posto. E poi se n’è andato. Lutfilyon, si chiama, senti che nome. Quel vecchio strano… Lo vedessi… Ha come una mela sulla testa…»

Page 104: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

104

«E poi? Che cos’hai fatto?» «E poi ho cominciato. Schede, schede, schede. Diverse sezioni, tutte con un

nome. Per esempio “Archivio” occupa da solo due pareti, ma dal soffitto fino a terra, eh? Devo ancora metterci le mani, non mi domandare che cos’è. Comun-que nello schedario c’è di tutto… dall’astronomia alla matematica allo sport. Per-fino le ricette di cucina…»

«Ricette? Ma di che cosa si occupa, in realtà, questo qui?» «Non lo so, ma mentre mi riportavano via c’era un ometto lì, nello studio del

vecchio, e lui gli ha detto: “Ecco, Fango” senti che altro nome. “Questa è la rela-zione di oggi per…” Come ha detto? Ga…»

«Gamondock, per caso?» «Sì, sì, è quello! Ma come fai a saperlo?» «Oh, anche quelle due sorelle hanno fatto quel nome più di una volta, e lo

facevano con un’adorazione nella voce… Pareva l’unica cosa in grado di metterle di buonumore per un momento.»

«Anche lui, sì, no, non proprio adorazione ma rispetto senz’altro, e l’ometto ha risposto: “Il capo vuole anche…” poi non ho sentito più.»

«Allora, Mike, abbiamo finalmente il nome di chi ha messo a soqquadro tutta la Terra…»

«Sì, Gamondock: si chiama così. Tu l’hai visto? No, vero?» «Io no, e tu?» «Io nemmeno. Ho visto solo quello piccoletto, e quel Lutfilyon.» «E poi, non hai visto altro?» «Quello che ho visto te l’ho già detto… Ma mi sono accorto di una cosa.» «Che cosa?» «Sai la parete dell’apertura che ti ho detto? È più corta dentro allo schedario

che fuori, nello studio. Insomma, nello studio di quel Lutfilyon c’è un pezzo di parete in più.»

«Fammi indovinare. Vuol dire che quando lui fa scorrere una parete per chiu-dere dentro te…»

«Brava! Esatto: copre il passaggio dello schedario e scopre qualcos’altro, non so che cosa, ma lì dietro c’è uno spazio.»

«Quindi…» «Quindi è certo che nello studio di quel vecchio ci sono cose da nascondere. E

poi lo schedario… Incredibile, non ci ho capito niente.» «Cioè?» «Senti qui: tutti quei cassettini… Duemila, saranno, non lo so, e io ho dato

Page 105: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

105

una scorsa generale. Ogni tanto c’è una scheda più grande, e lì inizia una nuova sezione. E ogni sezione è contraddistinta da parole.»

«Che genere di parole?» «Dunque… “Distrazione”, per esempio. Oppure “Intrattenimento”, o “Con-

vinzioni”… Ma senti qui come le ha scritte.» «Come?» «Non intere, ma con una lineetta in mezzo, così: “Dis-trazione”, “In-tratteni-

mento”, “Con-vinzioni”, e così via. Chi ci capisce niente… Bisogna riuscire ad aprire quel cassettino, Brenda. Sono sicuro che se ci riuscissi chiarirei molte cose.»

«Con-vinzioni» ripetè Brenda piano tra sé e sé. «Dis-trazione. Dis-trazione… Mike» chiamò.

«Dimmi.» «Niente. Niente, niente» finì lei, e poi tacque.Mike guardò la sua sagoma nel buio e non aggiunse nessun commento.

Page 106: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

106

xxvi

Martin indugiava seduto davanti alla scodella della colazione, ficcando una montagna di biscotti nel tè. Quando gli avevano detto che sarebbe partito quel-la sera stessa aveva avuto un tuffo al cuore. Si sapeva che prima o poi avrebbe dovuto venirsene via di là; ma così presto, e dopo quello che gli aveva detto Lumen…

Fosse stato per andare a casa, avrebbe accolto la cosa con ben altro spirito, an-che se sapeva che là tutto quanto, il salotto del pianoforte, e il melo, e ogni sasso della strada gli avrebbero ricordato Charlie. Ma addirittura partire per andare allo sbaraglio, forse in bocca a un essere di quella perfidia, quello no, non gli andava, anzi lo gettava nel panico.

Diede uno sguardo avvilito ad Harmonia, che seduta di fronte a lui con ago e filo in mano stava attaccando il suo sacchetto di fili d’erba a qualcosa che sembra-va una cintura di stoffa, e si infilò in bocca una cucchiaiata della zuppa di biscotti, assaporandola bene. La mangiò tutta, quella mattina; lentamente, ma la mangiò tutta, e si scolò anche l’ultimo goccio di tè dalla scodella.

Poi Lumen gli si sedette vicino, e stettero un po’ lì tutti e tre, e Lumen lo guardava. Mise anche una mano sulla sua, dopo un po’; e quando Martin si voltò trovò i suoi vecchi occhi attenti.

«Coraggio, campione» gli disse. «Abbiamo da dirci ancora delle cose.» Martin si alzò controvoglia e lo seguì in fondo alla stanza. Lo guardò scegliere

alcuni vasetti di trifoglio e intanto pensava che quella era l’ultima volta.«Hai imparato diverse cose, stando qui: ce l’eravamo già detto» iniziò Lumen

con quella voce sempre calma. «Vogliamo fare un riassunto?» Martin annuì e lui cominciò a elencare. «Innanzitutto hai imparato che le pian-

te hanno un canto e che ognuna ha il suo.» «Sì.» «E ieri sera Harmonia ti ha fatto sentire che tutte quante le cose cantano. Tutte,

anche una zanzara.» «Sì» ripeté Martin.

Page 107: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

107

«E quando mi hai chiesto se cantano anche le persone, ti ho risposto di riflet-tere su certe parole.»

«Sì.» «E ci hai riflettuto?» «Un poco. Mi è sembrato di capire che anche le persone c’entrano con la musica.» «Bene. E poi Mamanui ti ha consegnato un sacchetto, e ti ha detto che gli

uomini del tuo mondo hanno un guaio, in questo momento: hanno dimenticato delle cose.»

«Allora è adesso, che posso aprire il sacchetto?» «No, proprio no. Ora non ti è permesso.» Lumen prese un paio di forbicine e

tagliò alcuni rametti da una pianta di cicoria selvatica. «E poi hai visto i filifit, e sentito il Vento Massiccio, e hai compreso come lavorano e che cosa stanno facen-do al tuo mondo, e perché.»

«Sì» disse di nuovo Martin, e abbassò un po’ le spalle.«E siamo stati da Aliamyn, e hai visto chi è, e hai anche danzato con lei, e do-

vresti aver provato qualcosa di molto bello e speciale.» A quelle parole Martin non rispose subito: era tutto occupato a ricordare la sua

danza con Aliamyn. Tutte quelle farfalle, e le bollicine…«Hai sentito le bollicine?» insisté Lumen.«Ecco, sì, quelle.» Insomma, quello indovinava sempre.«E d’altro, che cos’hai sentito?» «Io… Ero contento. Sì, contento.» «Gioia? Si può chiamare gioia?» «Sì, per un po’ sì. Poi ce ne siamo dovuti andare…» fece Martin, e si sentiva già

un po’ in colpa per Charlie.«Bene. E adesso facciamo un gioco, il gioco dei proverbi. Ne conosci qualcuno?» «Sì, be’, qualcuno…» I proverbi?«Prova a dire.» «Ecco, per esempio… Ma perch…» «Non starci tanto a pensare, dimmi un proverbio del tuo mondo, se te lo ricordi.» «Be’, allora, per esempio… Tutto il mondo è paese. Va bene questo?» «Bello. E sai cosa vuol dire?» «Non ci ho mai pensato tanto. Cosa vuol dire?» «Forse significa, così per restare alla cosa più semplice, che dovunque tu vada,

anche se ci sono delle diversità, i pensieri e i sentimenti delle persone sono gli stessi. E quindi…?»

«Quindi?» Martin pensava.

Page 108: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

108

«Dai, sforzati.» «Quindi… Forse significa che la gente si assomiglia un po’ tutta?» «Certo. Un primo significato è quello: nessuno è del tutto straniero. E adesso

tocca a me. Prova a spiegarmi questo: “Chi rompe paga e i cocci sono suoi.”» «Be’, è chiaro, no? Quando io ho rotto il quaderno di Cuccillo Alice che sta

dietro a me di banco perché mi aveva preso in giro a ginnastica, gliene ho dovuto comprare uno nuovo, l’ha pagato poi mia madre, e se volevo quello vecchio me lo potevo anche tenere, ma lei ha dovuto ricopiare tutto e allora…»

«Sì, ma ricordati che è così in tutte le altre faccende della vita, proprio tutte, è questo che vuole dire il proverbio, e il significato può essere anche molto più pro-fondo, ma lasciamo stare. E adesso te ne voglio dire un altro, molto importante: “Cuore allegro, il ciel l’aiuta.” Ne vogliamo parlare? C’è molta, molta sapienza, in queste parole.»

Martin taceva. Perché gli era venuta ancora in mente Aliamyn?«Su, ci sei» lo incoraggiò Lumen.«Ha… ha a che fare con la musica?» chiese lui.«Eh sì, proprio così. Con l’armonia. E una persona, una persona, come può

trovare questa armonia?» «Deve essere allegra… Boh, non lo so» rispose Martin.«Te lo dico io, perché ti servirà. L’armonia è fatta di tante cose: anche allegria,

come hai detto tu, e amore: ed è una cosa molto importante, perché tutto questo ci mette in comunicazione con la vita, parlo seriamente… Proprio si aprono vie, vie di comunicazione. Ecco cosa significa il proverbio. E inoltre l’armonia va cer-cata con un viaggio che ogni uomo deve fare dentro, per capire chi è.»

Chi è? pensò Martin. Lumen non si riferiva certo a cose come io sono Martin Carry, figlio di Linda e di Simon, suono il pianoforte… No, non era abbastanza per uno come Lumen. E allora?

«Chi è, proprio così» continuò Lumen. «Una scoperta, un viaggio» ripetè. «L’ar-monia si raggiunge mettendosi in viaggio: ma non significa che devi andare chissà dove. Ogni vita è diversa, ma questo viaggio non finisce mai. Capisci? E per tutti esiste una massima musica…»

«Massima musica?» «Sì, la massima espressione di ogni essere, dei suoi talenti e di tutto ciò che c’è

di buono in lui. Ma l’importante è il viaggio. È solo se si mettono in viaggio, che gli uomini riescono a creare davvero.»

Martin taceva ancora, pensando a casa sua: al suo mondo, alla sua strada, alle persone intristite, alla musica scomparsa.

Page 109: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

109

Il viaggio…Lumen lo lasciò un po’ in silenzio; poi depose gli attrezzi. «C’è un po’ di gente

che ti vuole salutare» disse. «Andiamo?»

Page 110: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

110

xxvii

La piccola imbarcazione era preparata sulla riva. Martin osservò pensieroso i remi e il cuscinetto blu su cui si sarebbe dovuto sedere per navigare verso un luogo ignoto.

«Sei preoccupato? Ti posso comprendere» considerò Lumen guardandolo con benevolenza. «Ma da qualche parte arriverai, non credi? Si arriva sempre da qual-che parte.»

Martin si strinse nelle spalle: non ne era poi così sicuro.Erano rimasti per un poco là davanti alla casetta, a salutare: e lui aveva riconosciu-

to tanti visi che aveva visto la sera della festa, e piuttosto che partire avrebbe voluto stare là a salutare ancora per molto tempo, ma poi Lumen l’aveva portato via, ed eccoli lì davanti al lago, con Harmonia dietro che gli faceva le raccomandazioni.

Nel cielo si udì di nuovo un fragore, sordo e minaccioso. Una scia grigiastra si disegnò in alto, per scomparire dopo poco.

Lumen non disse niente, ma interrogava il cielo scrutando lontano – forse molto lontano…

Harmonia si avvicinò ancora a Martin. «Controlla il sacchetto, devi averlo sempre con te. Ricordati, ci sono risposte, forse un giorno qualcuno ti spiegherà. Noi speriamo così.»

Martin cercò con la mano il sacchetto che lei gli aveva legato in vita e ci passò sopra le dita, sentendo sotto i polpastrelli la trama dei fili d’erba disseccata e le protuberanze dei misteriosi oggetti che c’erano racchiusi. Almeno quella era una cosa reale, una cosa che avrebbe avuto da toccare anche altrove…

Piccole onde increspavano la superficie del lago. L’acqua era limpidissima e in trasparenza si vedeva, fino a grande distanza, il fondo, e ogni alga e ogni pietra, e anche fiori incredibili in mezzo ai quali guizzavano pesci di ogni colore. Mai, in quei giorni, gli era stato mostrato il lago così da vicino.

Gli fecero cenno di salire sulla barca. Mentre immergeva i piedi nell’acqua, Martin notò che ne uscivano asciutti, e che il loro movimento non provocava nemmeno un tremolio in più sulla superficie.

Page 111: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

111

«Ma che acqua è questa?» chiese a Lumen. Eppure era limpida e fresca, e di una purezza cristallina…

«È l’acqua del lago di Balmameth, figliolo. Ma su questo non posso dirti altro. Solcherai altri laghi, e fiumi, e a un certo punto la risposta arriverà, e forse un giorno ti ricorderai di noi. Ma per ora dobbiamo dirti addio. Harmonia, ora tocca a te.»

Lei si mise di fronte al ragazzo e lo guardò coi suoi occhi teneri. Era commossa, Harmonia, e non faceva nulla per nasconderlo: ma il dovere era dovere…

«Buon viaggio, bambino mio» gli disse. Voglio dirti che tu porterai tre segni con te. Il primo è visibile, ed è questo sacchetto. Il secondo è un soffio.» Si rac-colse un attimo, e gli soffiò leggermente sulla fronte. «Ecco… Il soffio della me-moria, per far sì che tu ti dimentichi di noi: perché d’ora in poi dovrai proseguire con i tuoi mezzi, mio tesoro.»

«Con i miei mezzi?» Martin era sgomento.«Sì, ma li hai, non preoccuparti… Solo che non lo sai. E molto hai imparato

qui, e fa parte di te, in qualche modo.» Fece fatica a mantenere la voce ferma. «Il terzo segno è una carezza.» Lo sfiorò sulle guance e sui capelli. «Questa è la protezione che ti accompagnerà. Ora l’onda scompare da te, perché qualcuno, vedendola, capirebbe dove sei. Ma la carezza ti potrà nascondere: nessuno di quel luogo potrà vederti o avvertire la tua presenza se non gli sarai davanti. E ora buo-na fortuna, Martin.»

Congiunse le mani davanti al grembiule bianco e stette col suo piccolo sorriso in attesa della partenza.

Mentre Martin si accingeva a salire sulla barca, Lumen lo richiamò.«Ancora due cose ti devo dire» disse. «La prima è: sei più debole di quello che

credi.» Entusiasmante, pensò Martin. «E la seconda?» chiese.«La seconda è: sei più forte di quello che credi.» Quelle furono le ultime parole che gli rivolse. A dire il vero Martin non ne capiva il significato, ma al diavolo gli enigmi, in

quel momento cominciava a sentirsi nervoso. Era stato bello e grazie, ma ora loro lo stavano spedendo via – facile, tanto quelli se ne rimanevano beati a casa loro, e lui invece si trovava in un pasticcio micidiale e gli toccava darsi da fare per uscirne, anche se non ne aveva nessuna voglia; e di rimanere lì non se ne parlava nemmeno, perché era chiaro che gli stavano dando il benservito e lì non lo volevano più. Ave-va pensato per un momento di potersi fidare, di quelli; ed ecco il risultato.

Afferrò i remi e iniziò ad allontanarsi dalla riva. Anche i remi emergevano asciutti dall’acqua, e non l’agitavano né la intorbidavano. Nessun suono accom-

Page 112: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

112

pagnava il suo remare: Martin sentiva la fatica delle sue braccia, ma la barca scor-reva diritta, senza alcun dondolio, come se stesse filando sospesa in aria. Un paio di volte si girò a guardare: le figure di Lumen e di Harmonia, ferme sulla riva, erano sempre più piccole e i prati e le colline di Balmameth sempre più lontani.

Ma la terza volta che si volse indietro tutto era sparito come per incanto, come se non fosse mai esistito, e Martin si trovò a remare al largo senza più nessun punto di riferimento.

Passò così un po’ di tempo, e un po’ alla volta un senso di allarme si impadronì di lui. Gli avevano detto che si trattava di un lago, ma da quello che lui conosceva dei laghi si sarebbe dovuto vedere qualcosa all’orizzonte, magari una spiaggia, un molo, una montagna, un paese… Un lago non è come un mare, se ne vedono bene i confini. Quella invece era una distesa d’acqua sterminata e tutta uguale, e cominciava a incutergli un timore irreprimibile.

Inoltre, per la prima volta da quando era arrivato a Bamalmeth, stava calando la notte. Non era certo una situazione gradevole, lì solo in mezzo al lago, con lo sciacquio dei remi come unica compagnia.

Lo sciacquio?!Martin guardò verso l’acqua. era bagnata! E i remi muovendovisi dentro face-

vano un regolare rumore di remi come quando si rema, e se ne tornavano su con i loro normali rivoletti d’acqua… Tutto regolare… E perciò terribile…

Guardò l’acqua: la limpidezza del lago di Balmameth era solo un ricordo. Un ricordo i pesci colorati, e i fiori, e il fondo visibile e sicuro. L’acqua sotto di lui si intorbidava al passaggio dei remi, e il suo grigio, solo intercalato dal color fumo delle piccole onde, rifletteva un tramonto sbiadito.

Cercò il sacchetto in tasca: eppure c’era ancora. Il sacchetto era rimasto l’unica cosa reale di tutta quella faccenda. Il resto, svanito… E cosa se ne doveva fare poi di un sacchetto con dentro chissà che cosa, magari qualche sassolino e basta? Ma perché, accidenti, perché era salito su quella maledetta scia di luce? Sì, vero, era stato per Charlie, ma allora cosa gli avevano fatto vedere, a Charlie, perché lui balzasse via in quel modo? Furbi, furbi davvero, quelli lì di Balmameth. Si erano serviti di un povero cane! E lui, dietro come un allocco. Un’impresa sensazionale, complimenti.

E Martin pensò, per la prima volta in modo intenso, a sua madre. Se avesse saputo che era stato mollato solo in mezzo a un lago in un posto sconosciuto, quasi di notte, avrebbe urlato a quei… Oh, accidenti! Perché proprio a lui? Quasi quasi gli veniva da piangere, anzi piangeva proprio, e forte, nel buio che diventava più fitto, con uno stupido sacchetto in tasca e niente che gli facesse capire dove diavolo si trovava stavolta, e dove stesse andando.

Page 113: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

113

«Se torno a casa smetto di suonare, lo giuro» singhiozzò tra sé e sé, tirando su col naso. Poi ci ripensò, e gli vennero in mente le note dell’Aria sulla quarta corda, lisce, gentili; ma era quasi peggio…

La canticchiò per un poco, e poi pensò che era più consigliabile passare alle Sto-rielle del bosco viennese. Immaginò le sue dita sul pianoforte cercando di ricordare gli accordi, e intanto le lacrime cominciavano a seccarglisi in faccia. Tirò ancora su col naso e passò a fischiettare, così distrattamente, la Marcia di Radetzky. A dire il vero, anche in quella brutta situazione, la musica riusciva a consolarlo un po’.

E mentre le stelle si mostravano a una a una, Martin continuò a remare e a farsi compagnia da solo fischiettando, finché vinto dalla stanchezza si addormentò.

«Insomma… Per ora sembra che andiamo avanti» disse Lumen osservando la scena da una sponda molto, molto vicina.

«Sì» rispose Meridia, che li aveva raggiunti. «Con tanta fatica, ma insomma… Vedremo il seguito.»

«Speriamo» aggiunse Harmonia, guardando anch’ella verso il lago. «Quei pove-retti hanno una sola possibilità…»

Ma tutti e tre sapevano che Martin non poteva più vederli, né sentirli, né avreb-be più potuto, da quel momento in poi, ricordarsi di loro.

Così era scritto.

Page 114: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

114

xxviii

Fu risvegliato dal movimento della barca che sbatacchiava contro un ostacolo. Lo urtava, rimbalzava e lo urtava di nuovo. Martin aprì bene gli occhi: era tornato il giorno, e si trovava di fronte a una gigantesca rete metallica, di quelle che recinta-no i giardini. Stava tesa per traverso sul lago, e gli impediva di andare avanti. Lui però non aveva mai visto recintare un pezzo di lago. Dovunque fossero le estremi-tà di quella rete, non si vedevano, così come non si vedeva la fine del lago; c’era anche da dubitare che avesse delle estremità. E poi, di solito, le reti da recinzione hanno dei paletti di sostegno qui e là: invece lì non c’era nulla, né lontano né vicino. Sembrava sospesa nel vuoto, eppure era ferma e impenetrabile.

«Oh, basta, basta, basta!» esclamò, e mollò un calcio alla panchetta che aveva di fronte. Pieno di esasperazione, cominciò a remare in modo frenetico lungo la rete, andando avanti e tornando indietro. Poi depose i remi e posò con rabbia il mento sulla mano. Né da una parte, né dall’altra si poteva scorgere un qualun-que approdo. E come mai si trovava in quel posto? Chi poteva essere quell’im-becille che aveva mandato un ragazzino come lui allo sbaraglio in mezzo a una distesa enorme d’acqua? Sua madre no, suo padre nemmeno: per quanti difetti potessero avere, non lo avevano mai dimenticato da qualche parte, di questo era sicuro. Allora, chi?

Nella sua memoria c’era un vuoto. Ricordava solo di aver remato come un os-sesso, la sera precedente, senza arrivare da nessuna parte.

Era successo di sicuro qualcosa di tremendamente strano, ma che cosa?Di certo c’era solo che si trovava su una barca ferma contro una rete; e c’era un

ricordo di qualcosa, ma vago, come se avesse sognato – immagini che passavano in un attimo senza che lui potesse riconoscerle. Si aggiustò i calzoncini in cintura e sentì qualcosa.

Un sacchetto? Lo guardò: era un sacchetto di fili d’erba con qualcosa dentro. E da dove veniva

mai? Non si ricordava di averlo portato da casa. E che cosa c’era dentro? Lo tenne tra le mani per un po’, schiacciandolo in più punti per cercare di capi-

Page 115: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

115

re. Ma non lo aprì, perché qualcosa gli diceva che non poteva; non sapeva perché, ma non poteva aprirlo.

Guardò ancora l’acqua. Be’, se più avanti di così non si poteva andare, tanto valeva cercare dall’altra parte, pensò; e puntando la prua della sua barchetta in direzione opposta alla rete, ricominciò a remare.

Mentre andava, si chiese se la sera precedente aveva sentito il rumore delle cascate.

Eppure non gli era sembrato… Forse era distratto? O forse mentre fischiettava non se n’era accorto? Fatto sta che il rumore proveniva da qualche luogo abba-stanza distante proprio di fronte a lui. Ma sì, erano cascate!

Tirò fiato. Finalmente, qualcosa di diverso. Forse più in là c’era un qualche cavolo di fiume, e se il fiume si gettava nel lago in quel modo, di sicuro dietro c’era una montagna, e quindi molto probabilmente lì intorno c’era un posto in cui lasciare quella maledetta barca e mettere finalmente i piedi a terra.

Mentre pensava così, vide le cascate e inorridì. Davanti a lui l’acqua del lago finiva tutta in un buco immane: per tutta la sua larghezza, fin dove il suo sguardo poteva arrivare, il lago si buttava giù in una cascata.

Martin arrestò subito la barca; ma in men che non si dica, la cascata cominciò ad andargli incontro, come se l’avesse visto. Camminava! Era come un mostro insaziabile, che mangiava il fondo del lago divorando tutta l’acqua che trovava sul suo percorso. Più lontano un’altra gigantesca cascata inghiottiva il lago in direzione opposta, mentre nel mezzo si era aperta una voragine che si stava in-gigantendo, e di cui non si poteva indovinare la fine – ma che doveva essere di profondità spaventosa a giudicare dal fragore sordo e tetro che faceva tutta quella massa d’acqua schiantandosi sul fondo.

Non c’era tempo per pensare e non c’era tempo per cercare un approdo.Martin afferrò convulsamente i remi per tornare là da dove era venuto ma, per

quanto filasse, la cascata si avvicinava a lui con velocità terrificante. Ora doveva anche lottare contro la forza della corrente. Le spalle gli facevano

male, le mani avvinghiate ai remi lo tormentavano di dolore, le braccia gli brucia-vano e quasi gli si addormentavano per lo sforzo immane. Pochi istanti, e sarebbe finito dentro le fauci di quell’inferno fatto d’acqua.

Ormai la voragine era a pochi metri da lui e apriva la sua bocca feroce per ucciderlo. La schiuma lo accecava, getti d’acqua si protendevano verso di lui in-tridendogli i vestiti, simili a mani rapaci che tentavano di afferrarlo. La rete… Dov’era la rete? Ciò che prima gli era sembrato un ostacolo insopportabile, ora era diventato la sua unica possibilità di salvezza.

Page 116: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

116

Proprio in quel momento la barchetta vi urtò contro.La cascata lo aveva quasi raggiunto: Martin lasciò i remi e in un balzo si gettò

contro la rete, attaccandovisi con tutta la forza rimasta nelle sue mani.Sotto alle sue gambe appese nel vuoto, sentì il mostro portarsi via i sedili della

barca. La scarpa destra gli sfuggì dal piede e l’acqua la inghiottì. Con un ultimo sforzo disperato Martin sollevò le gambe e riuscì a puntare i

piedi contro la rete.Sentì il rumore del legno della sua barca, frantumata dalla furia dell’acqua;

abbassando lo sguardo, la vide sparire sotto di lui in quel mugghiare incollerito. Ma intanto il vuoto lo aveva raggiunto e quello spazio senza fine, come un liquido burrone, gli dava le vertigini.

Senza neanche un pensiero stette aggrappato più forte che poteva, anche se era chiaro che l’acqua si sarebbe presto portata via anche il suo unico supporto.

Ma a quel punto la cascata si fermò: proprio sulla linea di confine segnata dalla rete arrestò la sua corsa.

Solo allora Martin gettò uno sguardo al di là di quella barriera, e non capì. Oltre la rete il lago era calmo…

Nessun segno della forza contro cui aveva lottato, nessuna corrente che portas-se quell’acqua verso la cascata, che pure era vicina, era lì sotto di lui, e continuava a divorare montagne d’acqua; anzi, se la rete avesse ceduto, avrebbe inghiottito in un attimo anche lui…

In ogni modo, logico o non logico che fosse, di là la situazione era tutt’altra: conveniva provare.

Come poté cominciò ad arrampicarsi; e sentendo un piede più pesante dell’al-tro, si ricordò della scarpa che aveva ancora addosso. Se la sfilò col piede destro e proseguì la salita.

Giunto alla sommità, si portò dalla parte opposta e cominciò a ridiscendere.

«Cosa fai lì? Guardi il panorama?» chiese una voce maschile alle sue spalle. Martin non sapeva quanto tempo era rimasto appeso a quella rete; ma a volte

il tempo non conta, conta solo la forza di aspettare. Girò il collo verso il punto da cui proveniva la voce. In piedi su un barcone da

pesca, un uomo lo guardava: lo guardava mentre accostava la sua imbarcazione alla rete. Martin si sentì afferrare e si lasciò andare.

Seduto su un rotolo di corda, mentre l’altro si muoveva lento intorno a lui, lo osservò. Era un uomo di aspetto vigoroso, ma non più giovane. Il viso cosparso di rughe era serio, gli occhi scuri sotto alle sopracciglia grigie e folte erano privi

Page 117: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

117

di emozione. Il berretto di panno blu consunto lasciava sfuggire ciuffi di capelli grigi; aveva la barba incolta e labbra strette visibili a malapena.

Gli porse una coperta di panno e una bevanda bollente, anche se non faceva freddo; ma gli abiti di Martin erano fradici per le onde della cascata.

«Cosa facevi lì appeso?» gli chiese, mentre Martin beveva.Martin alzò le spalle e non sollevò nemmeno lo sguardo per rispondere al suo.

Cosa faceva lì appeso? Lo avesse saputo…«Dico a te. Che cosa facevi lì attaccato alla rete?» Toccava rispondere, in qualche modo. «Cosa vuole che facessi? Mi sono salvato

dalla cascata che mi veniva incontro…» «Quale cascata?» «Quale, secondo lei? Quella, di là dalla rete.» «Non c’è nessuna cascata di là dalla rete» gli fece osservare l’uomo.Martin gettò un’occhiata oltre il parapetto del barcone, al luogo da cui era venu-

to. La cascata era scomparsa, e al suo posto l’acqua si stendeva pigra e senza limiti.«Vuoi dirmi che sei arrivato da lì?» chiese l’uomo con qualche segno di sorpresa

nella voce. «Nessuno è mai arrivato da lì, e nessuno neanche ci va, di quelli che stanno da questa parte. Quello è il Regno della Lontananza, se ti avventuri in quelle acque ti perdi per sempre.»

Mentre la barca si allontanava dalla rete, lo sguardo di Martin scrutava quelle acque sconfinate che l’uomo aveva chiamato Regno della Lontananza. Eppure era stato lì, a bordo di una piccola barca. Aveva remato, vi aveva trascorso una notte, aveva lottato contro una cascata che stava per ingoiarselo intero: di questo era sicuro. E se era stato lì, da qualche parte doveva essere partito….

Sotto la coperta, cercò il sacchetto di fili d’erba. Era lì, l’aveva sempre legato alla cintura.

Ed era perfettamente asciutto.

Page 118: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

118

xxix

L’uomo aveva riavviato il motore del piccolo peschereccio e senza alcuna fretta si dirigeva verso la costa. Martin percorse con lo sguardo il panorama attorno. Navigando adagio sull’acqua ancora grigia del primo mattino, la barca si stava avvicinando a una zona di montagne selvagge, ricoperte da boschi, in cui non si scorgeva né una cala, né un approdo di qualsiasi genere. Più in fondo, abbastanza distante, stava emergendo dalla bruma una piccola città adagiata lungo la riva. Si scorgevano barche di diverse dimensioni ferme all’attracco e, dietro, le sagome sfumate di case e giardini. Ma l’uomo silenzioso muoveva la sua barca a nord, verso la costa boscosa del lago.

Dove andava, quel tipo? Non vedeva che lì dove si dirigeva non c’era niente, solo montagna?

«C’è un paese là in fondo? Un porto?» chiese Martin accennando col mento alla cittadina lontana. Forse quello stava solo sbagliando direzione ed era il caso di segnalargli che non stava andando in nessun posto.

«Sì, ma io non vivo là» fu la risposta dell’uomo.«No? E dove?» «A Ninfèr» disse quello, e poi se ne stette zitto.Martin guardò ancora con desiderio verso il paese, le ville e il porticciolo e osservò

per un poco una lunga imbarcazione bianca e snella che si stava staccando dalla riva. Quell’individuo che diceva cose incomprensibili cominciava a metterlo a disagio.

Lo osservò più attentamente. Era intento a ispezionare le reti e gettava i pesci pescati in una cesta: metteva una grande concentrazione in ciò che stava facendo, e sembrava che non prestasse più attenzione al fatto che ci fosse un altro passegge-ro a bordo. Aveva un viso forte, dagli zigomi potenti e un’espressione impenetra-bile. Ogni tanto aggiustava il timone e poi riprendeva il suo lavoro. Non alzava gli occhi se non per verificare la direzione della barca e non pronunciava una parola all’indirizzo di Martin, che da parte sua non sapeva che dirgli.

Era tutto incomprensibile e assolutamente fuori luogo. Si trovava chissà perché sulla barca di un pescatore: non capiva da dove era venuto e sapeva sempre meno

Page 119: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

119

dove stava andando. Charlie, il suo Charlie, non c’era più e chissà perché diavolo aveva dovuto perderlo. E non poteva fare altro che lasciare che le cose accadessero, perché di ciò che conosceva prima non c’era più nulla.

Posò di nuovo lo sguardo sui pesci. Li vedeva guizzare disperatamente nella cesta, e sentiva la solita stretta al cuore: ma tanto per cambiare non poteva farci niente.

Girò la testa e cercò di non pensarci.

Vide di nuovo la bianca imbarcazione: stava navigando nella loro direzione. Quando fu abbastanza vicina, si poterono distinguere alcune figure che guar-davano verso di loro. Una donna molto elegante si sbracciava per segnalare loro qualcosa: l’uomo la vide ma parve non interessarsene.

Il peschereccio proseguiva il suo lento viaggio verso la montagna. Pareva pro-prio che quell’uomo non avesse fretta, pareva anzi che su quel lago il tempo non contasse molto e che ce ne fosse molto da spendere.

«Ehi!» gridò la donna. Indossava un abito attillato a fiori bianchi e neri e lun-ghi guanti neri fin sopra il gomito. Sui capelli neri raccolti indossava un grande cappello bianco.

A Martin sembrava stupido andare in giro in barca vestiti a quel modo. Ave-va visto qualche volta di sfuggita, in televisione, donne abbigliate in modo così sofisticato. Ma era quando sua madre guardava certe premiazioni, erano abiti da ricevimento, insomma.

Vicino a lei stava seduto un bambino quieto quieto. Era vestito alla marinara, con calzoncini e giacchetta di un candore impeccabile e col suo bravo cappellino bianco in testa. Era seduto di spalle su un alto sgabello e forse era concentrato a giocare con qualche cosa che teneva in mano, perché non alzava mai la testa e non si girava a guardare.

«Ehi, signore!» ripeté la donna rivolta al pescatore, agitando forte le braccia e sporgendosi dal parapetto. «Signore! Posso prendere con me quel bambino?»

Mi vuole sulla barca bianca con lei, pensò Martin. Quando ha detto «quel bambino», stava guardando me.

«No, no, il bambino resta con me» rispose l’uomo, in tono calmo.«Ma è un bambino, potrebbe giocare col mio!» insisteva la donna. «Potrebbe

trovarsi bene davvero!» «No, il bambino viene con me» rispose di nuovo l’uomo, ed era chiaro che

desiderava chiudere il discorso.Così la signora smise di insistere e la barca bianca si allontanò.

Page 120: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

120

xxx

La montagna verso la quale si stavano dirigendo era completamente coperta di boschi. Solo quando furono vicini, Martin vide la rotaia. S’inerpicava su per la costa, diritta e lucida, e non si capiva cosa facesse lì.

Ma tutto fu chiaro quando furono a ridosso dell’altura e l’uomo della barca manovrò il timone finché il peschereccio non diede il fianco alla terra. Un forte rumore, come uno scatto di cerniere, fece scuotere il fondo dell’imbarcazione e questa cominciò a emergere dall’acqua. Uscì fuori e fu sollevata al di sopra del lago, mentre Martin guardava in basso e lo vedeva allontanarsi. Salì verticalmente fra la boscaglia come un perfetto ascensore, con un movimento regolare e co-stante. L’uomo teneva una leva, guardava il panorama col viso inespressivo e ogni tanto controllava la distanza che separava la barca dalla cima della salita.

Alla fine arrivarono; un corto prato li accolse e la barca percorse un tratto in orizzontale, sempre ancorata alla rotaia. Alla fine del prato stava l’imboccatura di una caverna: la barca vi fu convogliata dentro e in fondo a quella terminò il suo viaggio.

L’uomo non disse una parola: saltò giù mettendo a stento i piedi sulla scaletta e scomparve fuori dalla grotta. Martin rimase solo e raggelato a cercare di mettere a tacere la paura che quel posto gli incuteva; e non sapeva se gli costava di più rimanere lì o alzarsi e sfidare quell’ombra per uscire.

Esplorò con lo sguardo la caverna. Era abbastanza grande da contenere tutta quanta la barca, e rimaneva altrettanto spazio. La volta oscura rivelava a poco a poco nicchie e anfratti colmi di ombre inquietanti, che avrebbero potuto nascon-dere qualsiasi cosa: sguardi, volti, animali più o meno infernali. A sinistra, da un ciuffo di muschio, dell’acqua cadeva a gocce rapide in terra, formava un rivolo e usciva da un lato dell’apertura. Fuori si stendeva il prato, di un nitido verde, racchiuso subito dalla vegetazione selvatica del bosco.

L’uomo, all’aperto, rompeva fascine; Martin ne sentiva il rumore, ma preferiva rimanere acquattato sul ponte del peschereccio da cui in qualche modo si sentiva protetto. Ancora di nuovo non sapeva dove fosse, e perché. Aveva sentito a volte

Page 121: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

121

parlare di bambini rapiti da zingari, ma la cosa non lo aveva mai colpito gran-ché. Sua madre gli raccomandava sempre di non dare nessuna confidenza agli sconosciuti; ma lì, in quella situazione, di conosciuto non c’era nulla. Tornò col pensiero ai bambini rapiti: ora comprendeva come potesse essere. Aveva sempre ascoltato tutte quelle prediche con un orecchio solo, ma ora sapeva. Si sentiva solo, in mano a un nemico di cui aveva bisogno per sopravvivere, e senza sapere cosa doveva aspettarsi né che cosa poteva esserci da fare.

Ma chi era quel tipo? E perché l’aveva portato con sé? Nel migliore dei casi è un eremita o una persona strana e se è così forse mi lasce-

rà andare presto, o mi accompagnerà da qualche parte, pensò. Saprà bene anche lui che questo non è il posto giusto per un ragazzino e mi lascerà andare.

Ma forse è un malato, un uomo violento. Forse vuole chiedere un riscatto ai miei e poi mi ucciderà. Mi sgozzerà, mi sbudellerà, o mi farà morire di fame. E poi un riscatto ai miei non può chiederlo, perché qui dove mi trovo, di casa mia, non esiste nemmeno l’indirizzo.

Questo pensava.Si sentì soffocare e si sentì anche gelare. Avrebbe voluto urlare, sbattere per

terra qualcosa, ma aveva paura di suscitare la collera di quell’individuo che non gli era parso, fino a quel momento, per niente amichevole.

E quella puzza di pesce, dappertutto su quel barcone… Un barcone sospeso da qualche parte sui monti, da pazzi! Si ricordò di Noè e di quella storia del di-luvio; ma allora, se non si sbagliava, erano state le acque ad alzarsi, e quando si erano ritirate avevano lasciato l’arca sulla montagna. Poi però Noè doveva essere sceso, doveva essere andato da qualche parte con tutti quegli animali… Ma an-che quella probabilmente era pura leggenda. Qui invece c’era uno scriteriato che aveva speso tempo, denaro ed energia per assicurarsi una solitudine perfetta: da solo sull’acqua, da solo sul monte – e un ricovero fuori da ogni logica per la sua imbarcazione.

Dall’apertura della grotta entrò un filo di fumo, portando con sé un odore di pesce arrostito.

L’uomo si affacciò all’ingresso della grotta. «Vieni a mangiare» disse.Cosa doveva fare? Andare, non andare? E anche rimanendo dov’era, cosa avrebbe

concluso? Controvoglia Martin si alzò, mentre una parte di lui voleva trattenerlo. Scese la scaletta ed ebbe un brivido. Fece fatica a voltare le spalle al buio e cammi-nare verso l’uscita: aveva l’impressione che a ogni passo mani d’ombra avrebbero potuto afferrarlo e trascinarlo indietro. Ma alla fine spuntò fuori alla luce.

In piedi vicino al fuoco, l’uomo stava mettendo in un piatto uno dei pesci che

Page 122: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

122

aveva cotto. Lo porse a Martin: «Siediti e mangia» disse soltanto. Poi si servì a sua volta.

Vicino al fuoco c’erano alcune grosse pietre. Martin ne scelse una per sedile, quella più vicina alla fiamma per finire di asciugarsi i vestiti, e aspettò. L’uomo andò a sedersi vicino a lui, e col piatto appoggiato sulle ginocchia iniziò in silen-zio il suo pasto.

La domanda arrivò improvvisa. «Ti sarebbe piaciuto andare con la signora?» «Io… sì, forse sì» rispose Martin.«E allora perché non ci sei andato?» Martin non seppe che dire, e stette zitto.Non corse più una parola. L’individuo era concentrato sul suo cibo, masticava

lentamente e sembrava non curarsi del fatto che vicino a lui ci fosse seduto qual-cuno. Martin spizzicava il suo pesce e spiava il suo indecifrabile commensale; ma non ne ebbe in risposta neanche uno sguardo. Gli occhi dell’uomo erano fissati in basso, a guardare qualche insignificante punto del prato. Sembrava che in quel momento entrasse in lui solo il sapore del pesce arrostito.

Tutto si svolse in silenzio anche più tardi: l’uomo si muoveva nel prato e si dirigeva verso la boscaglia portando con sé coltelli e accette e altri strumenti dal-l’aspetto pericoloso; e lì sul prato limava, scortecciava, inchiodava e trasportava legna, a tratti sparendo e a tratti facendo un gran rumore. Faceva tutto con calma, senza fretta, ma non si fermava mai. Appese fili, accese un fuoco, mise i pesci a seccare: tutto senza una parola e con mosse forti e decise. Per il ragazzino, neanche un’occhiata: come se non ci fosse stato per niente. E Martin, appeso in giro senza scarpe per quei due metri d’erba, guardava immusonito e senza idee, solo con un’impazienza mista ad ansia che gli cresceva dentro.

Solamente dopo un lungo tempo, forse ore, l’uomo rientrò nella grotta. Martin lo sentì salire sulla barca e rovistare in modo rumoroso. Uscì all’aperto con un paio di vecchie scarpe in mano e gliele gettò. Erano troppo grandi per lui, ma solo poco. Sua madre lo diceva sempre, che i piedi dei bambini sono la prima cosa che cresce…

Venne sera, e per cena ci fu ancora pesce. Per la maggior parte del tempo, Martin non si accorse che l’uomo lo osservava di quando in quando. Solo verso la fine del pasto incontrò il suo sguardo; ma poi l’uomo girò il viso verso la boscaglia.

«Quel bosco…» disse dopo un po’ con indifferenza. «Non ci si passa. Rovi, nien-te sentieri. Non si passa» biascicò masticando il pesce. «E ci sono ancora le trappo-le» e mosse un braccio all’indietro per indicare un lungo tempo. «Vecchie…»

«Trappole?» chiese Martin sgomento. Ma l’altro non rispose: posò la lisca del suo

Page 123: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

123

pesce nel piatto e si allontanò verso i pesci appesi a seccare, lasciandolo da solo.Quel ragazzino era tosto, ma bastava aspettare: tutto succede, prima o poi…Così pensava l’uomo mentre toglieva la cenere dal fuoco.

Martin dovette ritornarsene su quella barca, per la notte, con le pareti umide della grotta che gocciolavano e tutte quelle ombre. L’uomo si sistemò all’ingresso sotto il cielo pulito.

Sarebbe piaciuto anche a lui guardare almeno qualche stella. Ma l’uomo glielo proibì: tirò fuori una coperta asciutta da una cassapanca del peschereccio e gli fece segno di sdraiarsi nella barca dove voleva. Dopo Martin lo vide restare in piedi per un po’ a respirarsi l’aria della notte, senza più guardare dentro la grotta.

Si sedette con la schiena appoggiata al parapetto. Pensò a tutte le ore che aveva davanti, in quel buco solitario, e si sentì come se la volta della grotta gli scendesse addosso.

Che cosa poteva fare? Guardò il legno del pavimento, e quasi automaticamente le sue mani lo tocca-

rono; e gli venne in mente Song for guy…Con le dita cominciò a picchiettare il pavimento cercando le note.L’uomo fu subito in cima alla scaletta e Martin vide la sua sagoma gigantesca

sopra di lui. «Mi disturbi» disse; e poi se ne andò. Ma come avrà fatto a sentire le mie dita, pensò Martin: le mie dita sul legno,

mentre fuori ci sono migliaia di alberi in giro a cui il vento muove i rami? Eppure era arrivato lì, e aveva detto: «Mi disturbi.» Che orecchie aveva, quello lì? Che orecchie ha, uno che si accorge di tutto? E soprattutto, con chi era capitato?

Poi fu mattina, e quando Martin uscì dall’antro l’uomo non gli disse nemme-no buongiorno, e non rispose quando glielo disse lui. Ignorante, pensò: almeno chiedere se sono riuscito a dormire. Ma non poté fare a meno di seguirlo più che poteva con gli occhi, e anche a colazione, davanti al solito pesce, lo guardò spesso. Accidenti, sembrava fatto della stessa sterpaglia che c’era intorno al prato: uno ispido così non l’aveva mai visto al mondo, e proprio a lui era toccato, e proprio lì in quel posto dove non c’era altro…

Cominciò a sentirsi friggere; ma tanto era inutile. Però, quello lì avrebbe alme-no potuto pensare che si trovava davanti un ospite. Oppure anche un naufrago, o insomma, uno vivo, no?

Ma forse posso dirgli qualche cosa io: speriamo, pensò.Cominciò a cercare qualcosa che gli potesse interessare. Di che cosa gli parlo?

Page 124: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

124

Della barca, dei coltelli, del bosco? Oppure forse gl’interessava sapere di lui, che cosa stava suonando la sera prima sul ponte… O magari di Charlie? Sì, ecco, il suo cane. Forse lo poteva incuriosire, visto che lui faceva quella vita così, sempre in quel prato…

«Io quando sono venuto via da casa ero col mio…» Ma l’uomo lo aveva già fermato con un gesto della mano. Tese l’orecchio verso

il bosco, si voltò e alzandosi se ne andò a perlustrare le sterpaglie.Martin rimase in piedi come un allocco, a guardarlo mentre si muoveva in giro

recidendo rami con i suoi coltelli.

Page 125: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

125

xxxi

Quella sera, dopo che Mike era stato condotto via, Lutfilyon raggiunse Gamon-dock nel suo studio. Fango lo fece accomodare in potrona, mise sul tavolo due tazze che contenevano una bevanda calda e si ritirò.

«Insomma, Lutfilyon» cominciò subito Gamondock, «a me sembra che in que-sto momento non andiamo né avanti né indietro. Mi puoi spiegare…» Le sue mani strofinavano i braccioli della sedia.

A Lutfilyon toccava sempre calmare i bollenti spiriti di Gamondock. Fosse sta-to per lui, avrebbe risolto tutto quasi come Amabron: qualche colpo di sciabola, un paio di eserciti di quelli buoni, una serie di galere ben fatte e via. Ma le cose non funzionavano così…

«Quando sembra che non accada nulla, signore, allora significa che tutto sta andando per il meglio» rispose con la sua solita voce calma in falsetto. «Non si fa, non si fa mai tutto di corsa. Un passetto e consolidare, un passetto e consolida-re… Così si arriva sempre dove si vuole.»

«Sì, ma questo passetto e consolidare, passetto e consolidare, fino a quando deve durare?» chiese Gamondock mangiandosi le unghie della mano destra.

«Non molto, signore. Giorni… Ma è necessario, mi creda.» Lo guardò mentre rosicchiava. «Non le consiglio di proseguire, signore. Mangiare le unghie può produrre piccole interruzioni di continuità nel derma, dando lo spazio a batteri del tipo Astrinia Filiforme, e anche Monorilya Sottile: pensi che ce ne sono cen-toventiquattro miliardi ogni…»

Gamondock smise di rosicchiare e sbuffò. Anche i batteri sotto le unghie, gli contava.

«Le altre volte è stato più facile» disse.«Sì, ma qui è stato diverso. C’erano intelligenze, volontà… Fuoco sotto la ce-

nere.» Negli occhi di Lutfilyon passò un’ombra astiosa, che il vecchio fece imme-diatamente scomparire. «Ma il grosso è stato fatto: i più si sono già abituati. È ora della stretta finale. Ancora poco, pochissimo.»

«E con quel ballerino, come va?»

Page 126: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

126

«Oh, bene. Ho iniziato il Programma… Deve capire che c’è un’organizzazione solida, qui, e che gli conviene farsi una ragione. Tanto di qui non se ne andrà.»

«Attenzione alla Stanza Piccola, Lutfilyon. Quella non deve vederla mai e poi mai.» «Ma signore, certo che no. Non potrà mai entrarci.» «Lo spero. E la ragazza?» «Oh, quella… In mano a Segrinia ed Erchidia è al sicuro. La faranno correre

finché non si stancherà… Piuttosto, laggiù come sta andando? I miei parametri indicano ancora una crescita sufficiente, ma sarebbe una buona cosa se fosse ora di sostituire qualcuno…»

«Venticinque, così mi ha detto Kuzow stamattina. Ce ne sono venticinque da sostituire, al più tardi domani.»

«Ma lei è andato a controllare, signore?» «Vengo aggiornato al mattino e alla sera» troncò Gamondock. Non trovava

motivo per andare laggiù. Muzow e Kuzow gli riferivano tutto e non c’era motivo al mondo perché lui dovesse andare a sorbirsi quell’orrore di spettacolo. «E l’han-gar? Come va là dentro?» chiese di rimando.

«L’hangar, se così lo possiamo chiamare…» Il vecchio si appoggiò allo schienale della poltrona. «La Grande Armonica fa bene il suo dovere. Abbiamo quasi rag-giunto il punto di equilibrio, signore. Anche lì, giorni…»

Gamondock non rispose: prese la tazza dal tavolo e cominciò a sorseggiare la sua bevanda.

Page 127: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

127

xxxii

Fu nella mattinata di due giorni dopo che Martin cominciò a guardare le cime degli alberi. Il blu ritagliato tra le foglie sembrava ristretto e irraggiungibile, e lui ebbe l’impressione di trovarsi in fondo a un pozzo. Chissà cosa si vedeva da las-sù. Certe scimmie saltano da un ramo all’altro per chilometri, pensò; e di albero in albero giungono dappertutto. Invidiò le scimmie: lui non avrebbe potuto in nessun caso raggiungere nemmeno il primo, perché l’uomo, anche se non pareva, controllava ogni suo movimento. E anche se avesse raggiunto il primo, c’erano molti dubbi sul secondo…

Guardò la montagna dietro alla grotta. Saliva in verticale, così come la costa di roccia su cui erano saliti; ma di fianco c’era solo boscaglia bassa. Se fosse riuscito a togliere quegli sterpi, quando l’uomo non se ne accorgeva, e poi passare in alto…

Sentì i suoi piedi nelle scarpe: ballavano un po’. Come si fa ad arrampicarsi quando i piedi ballano così, pensò. Così senza darlo a vedere all’uomo che stava riordinando i suoi strumenti cominciò a strappare dell’erba. Entrò nella grotta, si tolse le scarpe e la ficcò in fondo, dove c’era il vuoto. Riprovò le scarpe: andava meglio. Rimaneva uno spazio dietro al piede sinistro: con altra erba lo riempì e si mise a passeggiare avanti e indietro, sperimentando la camminata.

E decise che si poteva tentare.Poi vide il coltello.L’uomo doveva esserselo dimenticato lì per terra, perché luccicava nel prato.

Strano, non succedeva mai: di solito era molto attento a tenere tutti riuniti i suoi attrezzi.

E con un coltello si fanno tante cose, per esempio cominciare a togliere gli ster-pi da qualche parte, partendo da sotto, e fare un buchino da cui passare.

Lo prese.La mano dell’uomo glielo tolse all’istante.«Non lo toccare più» gli disse, severo. «Non sono cose per te.» E si allontanò

di nuovo.Era troppo.

Page 128: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

128

Martin si sentì montare dentro una rabbia, ma una rabbia come non si ricor-dava dal giorno di Ramirez Poldo. Corse dietro a quell’individuo e lo afferrò per la casacca, e gli diede strattoni fortissimi.

Quello si girò con un’aria sorpresa, e lo scostò con malagrazia; ma Martin gli ritornò addosso e gli prese di nuovo la casacca e gliela morse, tenendola stretta coi denti. Questa volta l’uomo, dopo averlo staccato di lì, lo sollevò con tutte e due le braccia potenti e senza troppi complimenti lo mise giù. Martin si ritrovò sull’attenti in mezzo al prato.

Si buttò giù e si mise a scalciare, e mandava urli da matto.L’uomo si volse appena, e poi si concentrò di nuovo sul suo lavoro.«allora!» strillò Martin a quel punto. «si può sapere perché lei non mi

vuole mai parlare?!» Allora quell’individuo gli tornò vicino, lo guardò senza più scomporsi e lo con-

dusse accanto alla grotta; poi col piede tracciò un riquadro simbolico nell’erba. Martin, senza più parole, perché non sapeva davvero cosa aspettarsi da quello lì, stava a guardare.

«Hai visto il confine, più o meno?» Martin lo guardava ancora, come pietrificato.«D’ora in poi questo è il tuo spazio. Non ti azzardare a venire più in là. Ti chia-

mo io per mangiare, per il resto tu stai lì.» E se ne andò.

Lo chiamò per il pranzo, e mentre mangiava concentrò tutta la sua attenzione sulle file di pesci affumicati appesi intorno.

«Ne abbiamo abbastanza per tutti gli anni a venire» commentò poi.«Abbiamo, chi?» «Io e te. Noi due.» «Anni?!» Martin impallidì. «Ma… quanto tempo devo rimanere qui?» «Oh, be’, lasciami pensare… Quindici anni, più o meno» risposte l’uomo con

tono indifferente. «Chi passa di qui di solito ci resta una quindicina d’anni. Or-mai da mangiare ce n’è: così ho deciso di non andare più sul lago, e tu starai qui con me a tenermi compagnia.»

Martin impallidì e si sentì soffocare. Quindici anni! Erano di più di quelli che aveva, e non si poteva scappare, l’uomo di Ninfèr era grande, era molto, molto for-te, e aveva quei coltelli, e chissà che non ci avesse già ucciso qualcuno, con quelli, qualche ribelle che non era voluto restare. Tanto chi l’avrebbe potuto trovare, un cadavere, in quel bosco? Con tutte le bestie che lui diceva? Eh sì, era così, aveva già

Page 129: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

129

ucciso, sicuramente. Lo valutò con gli occhi. Oh Dio, devo rimanere qui finché non cresco? Finché non divento più forte e lui più debole? Quanto: cinque o sei anni? Quindici come dice lui no di sicuro, me ne vado prima… Una maniera la trovo, più avanti, speriamo. Con lo sguardo cercò verso il bosco: una muraglia di rovi dappertutto, davvero, e nessun sentiero… E trappole, e forse bestie… Là davanti la montagna sprofondava nel lago: impensabile tuffarsi da lì, e in ogni caso lui non sarebbe mai stato in grado di nuotare fino a una qualunque spiaggia.

Sentì che si stava arrabbiando, moltissimo. Se avesse potuto avrebbe dato fuoco a quel prato, a quel bosco, a quella barca puzzolente ferma in quell’antro schifoso, avrebbe preso a pugni quel mostro. Ma rimase immobile e sperò di non essersi scomposto troppo: era solo e aveva di fronte un tipo spaventoso.

Intanto l’uomo stava continuando tranquillamente il suo pasto; e quando ebbe finito di mangiare si mise a riposare sull’erba.

Non l’aveva mai fatto, pensò Martin. Forse stava poco bene?L’aveva fatto ritornare in quel misero spazio, e lui si poteva muovere solo tra

quel pezzettino di prato e la grotta. Quello stava dormendo, ma se l’avesse visto passare il confine sarebbe stata una catastrofe…

E allora, che cosa gli rimaneva da fare? Riposare anche lui? Sulla barca? Era già abbastanza di notte!

Guardò in dentro, verso il peschereccio.Ma sì!Come mai non ci aveva mai pensato? La scaletta!Tornò all’esterno. A lato della grotta, in alto sulla roccia, sporgevano rami. Si

poteva fare…Più piano che potè, andò a prendere la scala. La staccò, e i ganci contro il legno

sbatterono un poco.Guardò fuori: l’uomo era ancora lì e non doveva aver sentito niente.La trasportò accanto all’entrata, l’appoggiò a fianco della grotta e cominciò a

salire.Sdraiato sull’erba, l’uomo seguiva tutti i suoi movimenti.Martin raggiunse il primo ramo e ci si attaccò, ma che rumore…«Ehi! Cosa stai facendo? Torna qui!» urlò subito quel tipo.Un altro ramo era un po’ più in alto, e un terzo…Forza, forza, se quello mi prende sono fritto, pensò Martin, e svelto cercava un

appiglio dopo l’altro, finché di lì a poco non si ritrovò su una costa pianeggiante.Sentiva l’uomo salire la scala, e cercò in giro. Ma quali rovi, e quali trappole. Si

trovava nel mezzo di un sentiero, ecco cosa c’era.

Page 130: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

130

Corse più che poté.Quando si voltò, vide la sagoma dell’uomo che lo seguiva. Pieno di spavento,

accelerò ancora, volando in mezzo a quel bosco, che poi così scuro non era… Die-tro a lui, intravedeva la casacca dell’uomo in movimento. Ancora lo inseguiva.

Devo andare più forte, pensava intanto l’uomo. Devo fargli sentire quanto io lo minaccio.

E allungò il passo.Per un bel pezzo Martin si scapicollò per il sentiero; ma poi vide la luce.Ormai a poca distanza da lui, l’uomo si fermò. Seguì dal nascosto del bosco

Martin mentre percorreva affannosamente l’ultimo breve tratto prima della spia-nata. Ormai invisibile al ragazzo, lo vide oltrepassare con un passo più lungo la sponda erbosa e portarsi sulla carreggiata.

Martin uscì allo scoperto su una strada asfaltata e girò verso destra. Il paese che giorni prima aveva intravisto in fondo, sulla costa, era verso sud, se nel luogo in cui si trovava potevano contare i punti cardinali. E in quella direzione andò, più svelto che poteva, girandosi spesso per accertarsi di non essere seguito. Forse lì poteva passare qualcuno, forse una macchina, forse. Solo una volta si fermò un istante e, sfinito, tese l’orecchio. Sentiva quegli occhi su di sé, ne avvertiva la fitta attraverso il fogliame: o era solo la sua paura? No, non era solo la paura, c’erano occhi là dentro, eccoli, e lo guardavano con insistenza. Era sicuro di vederli, quan-do si voltava indietro…

Dal bosco non giungeva più nessun rumore. Forse l’uomo di Ninfèr si era fer-mato, perché aveva perso la partita contro la sua preda e non desiderava rischiare di essere visto da qualcuno. Forse il bosco avrebbe inghiottito ancora una volta il suo segreto, finché non fosse giunto a quella tana il prossimo viandante sperduto.

Camminò e tentò ancora qualche breve corsa sulle gambe che avevano ormai solo voglia di cedere; si girò più volte a frugare inquieto nel folto dei rami per cer-care qualche traccia del pericolo, mentre proseguiva penosamente la sua corsa.

Alle sue spalle sentì un rumore lontano. Un motore!Martin cominciò ad agitare le braccia quando l’automobile era ancora molto

distante. Ma sentiva il bisogno di essere visto, di sapere che qualcuno si accorgeva della sua presenza. Giunta alla sua altezza la macchina si fermò; qualcuno aprì la portiera del passeggero, ascoltò brevemente e lo fece salire.

Solo a quel punto l’uomo di Ninfèr riprese il cammino per tornare alla sua grotta.

Page 131: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

131

xxxiii

«Adesso guarda» disse Lumen ad Harmonia, dal solito posto molto molto vicino. E anche Harmonia si mise a guardare.

Non erano passati che pochi secondi, durante i quali Martin si era voltato a guardare le cassette di frutta appoggiate sul pianale posteriore della macchina, e aveva esaminato con la coda dell’occhio il tipo che gli aveva dato un passaggio. Era decentemente giovane e pulito, con una faccia sbarbata e senza brufoli, ci-catrici e buchi di varicella – una faccia a posto, così pareva. Stringeva il volante con le sue mani grosse ma in ordine – quando staccava la destra per cambiare si vedeva, che non aveva le unghie orlate di nero. E canticchiava una canzone che doveva essere di quelle parti, perché Martin non la conosceva, e diceva «È bello andare tra i prati e sentirsi liberi di andare», cosa che Martin si sentiva di condi-videre appieno. E lui aveva una cosa in gola come una palla piena di cavallette da sputare.

Le parole uscirono fuori dalla sua bocca come se si fosse rotta una diga.«C’è un pazzo in quel bosco» cominciò. «Un pazzo che prende le persone dal

lago, non so se solo bambini o anche grandi, ma pochi alla volta, questa volta solo uno, me, e pochi in tutto. E per me qualcuno lo ha anche fatto fuori, sì, proprio, se no li tiene quindici anni se non scappano, ma dal bosco è impossi-bile scappare, io però sono scappato, lo sa come ho fatto? Oh, mi ascolta? Ho guardato prima senza che lui si accorgesse da dove passava per fare legna, ma lì niente, e allora sono scappato da sopra mentre dormiva, ma dorme poco, infatti si è svegliato proprio subito, perché quello fa pesci affumicati tutto il giorno per aspettare la gente che sale sulla sua barca e non sapendo dove va a finire si fa por-tare sulla montagna dove lui la tiene quindici anni in una grotta. Non so dopo i quindici anni cosa succede perché io sono scappato molto prima, dopo due o tre giorni soltanto, c’era una puzza di pesce in quella grotta, col peschereccio sulla montagna dentro la grotta e lui che cucinava il pesce o lo faceva affumicare. Lei chi è? Cosa fa? Passa spesso di qui? Lo sa di quell’uomo nel bosco? Lo conosce?

Page 132: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

132

La polizia non l’ha mai preso? Potrei avere un po’ di quella frutta, per favore?» L’uomo gli lanciava occhiate già da un po’ e cercava di capire. «Forse ti sei perso

nel bosco» gli disse con una certa gentilezza. «Ti sei perso e ti sei spaventato. Non c’è nessuno là dentro.»

«Come non c’è nessuno? Io sono stato quattro giorni, sì, credo quattro, con lui in quel posto sulla montagna. C’è un prato piccolissimo e sotto un burrone tremendo e lui la barca la tira su fin là dal lago e c’è una puzza…»

L’uomo non disse nulla. Era sicurissimo che non ci fosse nessuno nel bosco, lo conosceva palmo a palmo – ci andava a far legna per l’inverno un paio di volte ogni anno. Non c’era davvero nessuno, l’avrebbe potuto giurare, l’aveva percorso ben più di una volta dai prati superiori, dove terminava, fino all’altra estremità, più o meno il punto in cui aveva trovato il bambino; e dalla parte del lago il bo-sco finiva dove una parete di roccia verticale si gettava nell’acqua, sarebbe stato impossibile salire lassù con una barca.

Salire con una barca?E allora si ricordò. Si ricordò di sua nonna, quando era piccolo, un bel po’ di anni prima, sua

nonna che lo minacciava quando non si comportava bene: «Ti porto dall’uomo di Ninfèr!» gli diceva. «Guarda che l’uomo di Ninfèr ti mette sulla sua barca dentro la grotta in cima alla montagna e ti tiene lì, così ti svegli.»

E lui si svegliava subito senza andare sulla barca nella grotta.Ma quella era una storia che si raccontava, solo una storia, un fantasma tasca-

bile… E adesso come aveva fatto quel ragazzino a vederlo davvero? «Be’, allora? Non mi crede?» «Sì, sì, adesso mi ricordo…» Oh corbezzoli. Meglio non pensarci. Tanto il ra-

gazzino dal bosco era uscito e stava benone, e senz’altro era un chiacchierone, anche lui con una nonna che usava come trucco l’uomo di Ninfèr.

«Senti un po’, dove ti devo portare? Dove abiti?» gli chiese.«Io…» Martin guardò lontano, alla sua destra. Il paese fiorito era ormai poco

distante, e lui ne era stato affascinato fin dall’inizio, quando l’aveva visto dal lago in lontananza. Non per fare un torto a quella persona simpatica, ma quel posto gli sembrava l’ideale per riposarsi e poi cercare la via di casa. E poi, meglio stare in mezzo a tanta gente. «Io abito là. Devo andare là.»

Un’altra storia, pensò l’uomo. Ma faccia lui…E si diresse dove Martin gli aveva indicato. «Prendi pure un po’ di frutta» disse

soltanto.

Page 133: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

133

«Visto?» disse Lumen con un sorriso raggiante. «Magia ottenuta: gli si è sbloccata la lingua, intanto.»

«Ma tu hai sempre dei metodi…» brontolò Harmonia, raddrizzandosi e mas-saggiandosi un po’ la schiena. Già da un bel po’ era china su quelle piante di calendula che non ne volevano sapere di riprendersi.

«Le medicine, quando servono, servono» rispose lui. «Volevi che arrivasse lassù in quelle condizioni?»

«Lassù, lassù… Non è presto per pensarci? Intanto per oggi lo aspetta una gior-nata… Povero bambino…» e mandò un piccolo gemito. «Non si potrebbe farlo riposare da qualche parte?»

«Ti dimentichi sempre che non c’è tempo, Harmonia. Si deve fare presto.» «Hai ragione, Lumen» convenne lei, e lo guardò con gli occhietti intristiti.

«Deve andare, povero bambino, deve andare…» Tacquero entrambi, e tornarono al loro lavoro; ma ogni tanto gettavano un’oc-

chiata a ciò che stava accadendo.

Page 134: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

134

xxxiv

«Sei proprio sicuro di voler scendere qui?» L’uomo guardò Martin. Se proprio voleva scendere, per lui andava bene. Ma dove si credeva di andare…

«Sì, sì, scendo.» L’ultima volta che aveva lasciato fare a qualcun altro si era tro-vato in una barca in cima a una montagna, e aveva rischiato di non venirsene mai più via. Così preferiva fare di testa sua, da allora in poi.

«Se proprio sei sicuro, in bocca al lupo» gli disse ancora l’uomo, e fermò la macchina.

«Allora grazie» disse Martin, e scese. Ormai quel paese così invitante era vicino. Vedeva i giardini con le siepi verdeggianti che sporgevano dai muretti e i balconi fioriti, e sulla riva del lago il porticciolo con le barche all’attracco.

Almeno qui qualche cosa di civile troverò, pensava mentre camminava di buon passo. Me la sono scampata bella.

Giusto per farsi compagnia si esaminò i pantaloni – avrò un aspetto decente o mi prenderanno per un accattone? Si guardò bene le scarpe prestate dall’uomo di Ninfèr e mai più restituite: un macello, troppo grandi, tutte sformate e stinte, e i calzoni sgualciti e la maglietta a macchie pluridecennali. Mi prenderanno per un accattone, decise. E va bene, tanto ci devo andare. Ci sarà pure qualcuno che ha un cuore, laggiù. Gli racconterò la mia storia, e mi capirà.

Si strinse la cintura in vita, e con le mani in tasca si mise a fischiettare l’Aria di Pa-pageno. Un bel Mozart ci stava bene: lo tirava su di morale, sì, e poi poteva sempre in-contrare qualcuno che se ne intendeva, e avrebbe capito che non era un pezzente…

«La musica è di tutti» lo apostrofò una voce. Veniva dalla sua destra, dal prato che costeggiava la strada da quando era terminato il bosco di Ninfèr.

Che fifa. Non ne poteva più di sconosciuti, magari essere a casa. Magari…Le suole delle scarpe frenarono e Martin si voltò. Ormai aveva fatto qualche passo

in più e la voce era rimasta indietro. «È di tutti, la musica» stava ripetendo.La donnina era mezza nascosta fra l’erba. Sedeva su un seggiolino di tela e vi-

cino a sé aveva, legato al seggiolino con un lungo guinzaglio, un cane piccolo, di quelli che si trovano ai canili, bianco e nero pezzato.

Page 135: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

135

Non aveva una voce molto femminile, ma la voce delle vecchie è spesso così, considerò Martin. Era per quello che non l’aveva presa per una donna. La squadrò e gli parve poco pericolosa, così si avvicinò.

«La musica non è solo tua o dei ricchi o di quelli che sanno di più. Appartiene a tutti» spiegò di nuovo la donnina. «E tu non usarla così, se no è musica solo di fuori e non ti aiuterà.»

«Musica… solo di fuori…?» ripetè Martin confuso. «Sì, solo di fuori. C’è una musica fuori e una musica dentro. Tu hai la musica

fuori e solo in parte la musica dentro. Abbastanza, ma ancora solo in parte. E adesso guarda» disse, e gli indicò due bacinelle ai suoi piedi. «Cosa vedi?»

«Cosa vedo… vedo due bacinelle» rispose Martin. Che strana vecchia, cosa voleva da lui?

«Dimmi di più. Che cosa vedi?» «Vedo… vedo che una è piena d’acqua pulita e l’altra di… boh… a me sembra

una brodaglia schifosa.» «Specchiati.» Istintivamente Martin si specchiò nell’acqua pulita.«Cosa vedi?» «Vedo la mia faccia.» Cosa se no? Anche lei era ben insistente.«E adesso specchiati nell’altra. Cosa vedi?» «Vedo ancora la mia faccia, ma è un’immondezza, piena di macchie, scura,

deforme, vuole che continui?» «No, basta così. E dimmi: perché ti sei specchiato prima nell’acqua pulita?» «Ma… Non so, perché mi piaceva di più, lei mi ha detto “specchiati”, no?» Oh,

accidenti, come la faceva lunga.«Bene… Riflettici. E adesso guarda» disse ancora. Prese la bacinella di acqua spor-

ca e ne versò un po’ nell’altra. «Com’è adesso?» chiese, indicando le due bacinelle.«Dov’era sporco è sporco ancora, e dov’era pulito sta diventando sporco» rispo-

se Martin. «Bisogna stare attenti all’acqua, bambino. Stai sempre attento all’acqua. Vuoi

accarezzare il mio cane? Si chiama Froh.» Martin si chinò ad accarezzare il cane, ma solo poco, perché arrivava quel nodo

in gola… Poi si drizzò e stette lì fermo, ad aspettare che altro quella tipa volesse da lui; ma lei lo licenziò indicando la strada con la mano.

«Puoi andare, adesso.» Così lui s’incamminò di nuovo. «Stai attento all’acqua» sentì ancora alle sue

spalle, mentre un passo dopo l’altro il paese fiorito si faceva sempre più vicino.

Page 136: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

136

xxxv

Dopo essersi concesso una breve sosta davanti alla bifora del suo salotto guar-dando fuori il cielo grigio e infinito, cosa che gli faceva sempre bene al respiro, Gamondock si diresse verso il suo studio ed estrasse dalla libreria il Quadro Gene-rale; poi chiamò Fango. Era mattina presto e c’era da programmare la giornata.

Il segretario arrivò solerte e dopo appena qualche minuto Gamondock lo man-dò di nuovo fuori con tutte le istruzioni necessarie: visita alle cucine mentre Mu-zow e Kuzow erano a colloquio con lui, salire lassù agli appartamenti per chiama-re Amabron perché era un po’ troppo irrequieto e farlo scendere per un incontro, dare un’occhiata a come procedeva il Programma di Lutfilyon, e poco prima del pranzo andare a chiamare quelle due donne, le sorelle, per una chiacchierata con lui nel salotto.

Quelle due… Chissà cosa volevano da lui. Non ci aveva ancora capito niente. Che cosa ci poteva fare lui se quelle non volevano nemmeno guardarsi in faccia? Ma l’importante al momento era tenerle buone, e dopo, santo cielo, dov’era il problema? Due sorelle di più, due sorelle di meno…

Muzow e Kuzow dovevano essere lì a momenti: nell’attesa Gamondock si de-dicò, come ogni mattina, a esaminare minuziosamente il Quadro Generale e ad aggiornarlo in ogni particolare. Per i summenzionati ospiti aveva già stabilito il da farsi. Arnold… Ah sì, Arnold quella mattina era in giro per consegne tra lo studio di Lutfilyon e la Terra. Rimanevano fuori Acce e Secce.

Gamondock sospirò e con uno sforzo eroico decise che li avrebbe invitati il giorno stesso per il pranzo, no, non pranzo, come si chiamava? Colazione privata, ecco. A loro piacevano questi incontri a porte chiuse. Anzi, per rendere loro la cosa più gradita poteva estendere l’invito alle gemelle. E poteva anche organizzare un piccolo cocktail un po’ più avanti, con tutti quanti gli ospiti, perché no? Do-veri di rappresentanza…

Una volta fissati questi impegni, Gamondock si concentrò sull’imminente in-contro con Muzow e Kuzow.

Page 137: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

137

Quella stessa mattina, quando Mike entrò nello schedario, Lutfilyon lo seguì. Il suo sguardo serpeggiò accorto sulle file di cassettini verde scuro, sulle piccole serrature e le manigliette di metallo. «Come ti trovi qui, caro Mike? Hai bisogno di qualcosa?» chiese caramelloso. Mike rispose un «No, grazie» così in sordina che Lutfilyon lo colse a malapena, e comunque non gli interessava molto saperlo.

«Allora, questo schedario? Che cosa te ne pare? Qui è custodito un bel po’ di lavoro» disse ancora Lutfilyon.

E magari, dotarsi di un computer? pensò Mike, ma non lo disse ad alta voce.«Preferisco fare così» continuò Lutfilyon come se avesse indovinato il suo pen-

siero. «I buoni vecchi sistemi non tradiscono mai.» Fece una sosta. «Ma dimmi, adesso, cosa ne pensi del tuo mondo, Mike? Io trovo che la gente stia male, e bisogna aiutarla a divenire più tranquilla!» Lutfilyon pronunciò le ultime quattro parole con un tono che a Mike ricordò quello della pubblicità Mamma senti com’è buono lo sciroppo. Si diresse verso un cassettino, lo aprì, scorse qualche scheda, poi si strofinò il baffo destro con aria concentrata.

Mike cercò qualcosa di poco significativo da dire.«Sì, in effetti c’è in giro un po’ d’ansia, ultimamente…» Lutfilyon continuò come se l’altro non avesse parlato per niente. «E c’è ancora

qualcuno, là da te, che cerca di portare avanti certe idee… Sai, quelle cose di un certo genere: cercare, domandarsi… Proporre… Ma la gente è stanca, perché non la lasciano in pace?»

Mike non trovò nessuna risposta a quella domanda, anche perché non capiva dove quell’individuo volesse andare a parare. Il terreno era sdrucciolevole e lui preferì tacere.

«Oh, hai ragione, ti sto facendo perdere tempo» disse il vecchio alla fine. «Con-tinua pure il tuo lavoro, io vado.»

Uscì e richiuse, come sempre.Rimasto solo con lo schedario, Mike lo percorse con gli occhi tutto quanto.

Sembrava che lo prendesse in giro, con la vernice verde dei cassettini, le boccucce delle serrature ben allineate una sopra l’altra, una di fianco all’altra, e i milioni di schedine chiuse là dentro tutte in fila. Perché quel vecchio diceva che voleva far sì che la gente stesse bene? E in che modo? E la spiegazione poteva essere lì dentro, in quella stanzetta? Se era lì, era ben mimetizzata e ci sarebbe voluto uno studio indefesso per portarla alla luce.

Intanto si ricordò che la sera precedente aveva terminato di riordinare la quarta fila di cassettini, ed era perciò ora di mettere mano alla grande sezione chiamata «Archi-vio».

Page 138: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

138

Aprì il primo cassettino, scorse un po’ di schede e non capì: il titolo era «Gran-dine». Ne aprì un altro e ancora un altro, e poi li chiuse tutti e rimase a pensare in mezzo alla stanza.

Cosa poteva significare tutta quell’accozzaglia di parole?Aprì un quarto cassettino e diede ancora un’occhiata complessiva. Dalla meti-

colosità della scrittura, curata e regolare e qui e là anche con svolazzi, e dal modo in cui le schede erano tenute in ordine – diritte, nessuna sbilenca nemmeno un pochettino, e linde, come fossero nuove, senza un minimo orletto scuro ai margi-ni, era chiaro che lì niente era a caso.

Quindi ci doveva essere una precisa e ordinata logica anche nella scelta delle parole, ma quale fosse a Mike sfuggiva. A lui a prima vista sembrò un insieme di termini che non c’entravano niente l’uno con l’altro. Nel cassetto denominato «E-ducazione» lesse, da un capo all’altro di una fila, le sottosezioni «Accanto», «Coccinelle», «Taccole», «Lampadine», e ancora «Tapparelle», «Gomiti», «Cusci-ni», «Seppioline» e così via: senza parlare di quelle due scritte incomprensibili, «Acce» e «Secce», che comparivano sotto varie voci.

E altri cassetti iniziavano con la dicitura «Ancora di più», e i successivi annun-ciavano all’inizio: «Ancora di meno».

Decise di estrarre qualche scheda: peggio ancora.Sotto alla voce «Seppioline» lesse: «Caratteristiche del movimento. Tenere pre-

sente.»E sotto «Tapparelle» c’era scritto: «Chiudono con rumore, lasciano fessure. Pos-

sibile spiare.»Ma che nesso c’era? E che cosa ci facevano lì due cose così diverse tra di loro? Nell’Archivio? Anzi,

nell’«Archi-vio»?Mike sospirò e si mise a riordinare le schede.

Dopo che Acce e Secce l’ebbero lasciato, Gamondock si prese una piccola pausa sulla sua poltrona del salotto. Aveva ancora la pancia in mano dal ridere pensando a come Secce aveva salutato Erchidia: un inchino pomposo e un baciamano da gagà, ma poi la frase… Gamondock si asciugò gli occhi, ancora squassato dalle risa. Un’abat-jour… «Oh, mia cara, sei bellissima, mi sembri un’abat-jour» le aveva detto, ed Erchidia si era girata un momento verso di lui come per cercare chiarimenti.

Meno male che Segrinia ed Erchidia, essendo di altra provenienza, non cono-scevano il francese…

Page 139: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

139

Mamma mia, commentò ancora fra sé e sé pensando all’incidente diplomatico scansato, e si alzò dalla poltrona.

«Ma che senso ha tenermi lì a mettere delle cose in ordine alfabetico? Insomma, non capisco lo scopo.» Mike non si capacitava, e Brenda lo ascoltava.

«Questo secondo me è un lavoro di fino, Mike. Forse ha dei progetti su di te, ma prima ti vuole addomesticare, così ti fa fare quello stupido lavoro tutto il gior-no. Aspetta che tu ti sia messo il cuore in pace, no? Cosa che tu…»

«… che io farò finta di fare…» «Certo. Ma mi viene in mente anche qualcos’altro, da come tu mi hai descritto

quel tipo.» «Cosa?» «Che lui non userebbe mai parole come “seppioline” e “tapparelle” per un suo

lavoro. Non mi hai detto che è una specie di monaco, un intellettuale eccetera?» «Sì, è quel tipo lì.» «E allora?» «E allora…» Mike rifletté. «Ci sono, Brenda. Nello schedario c’è lo zampino di

qualcun altro. Ma che scopo ha, se ne ha uno? In certi punti sembra l’agenda di una casalinga! Queste parole, “lampadine”, “taccole”…»

«Aspettiamo di capirci qualcosa di più, sei d’accodo?» «Sì, ma che situazione.» «Consolati. Anche lassù dove sono io è una bella gara, te lo dico subito. Imma-

gina due pugili sul ring, e tu in mezzo…» «Quelle due?» «Ma sì! Si odiano a morte, proprio si detestano, si maledicono a vicenda, fanno

i capricci, pestano i piedi, urlano, sbattono cose contro al muro – ognuna le cose dell’altra, naturalmente, e poi naturalmente la proprietaria le raccatta e me le dà da aggiustare, e mentre sto incollando un vaso l’altra dà fuoco a una scarpa, e tutto stando sempre fianco a fianco perché non si vogliono vedere in faccia…» Brenda ci ripensò, e vista di lontano la cosa le pareva così buffa che scoppiò a ridere rumo-rosamente in mezzo alla cella, e Mike scoppiò a ridere con lei. «E mi danno ordini tutte e due insieme» aggiunse Brenda affannandosi a parlare in mezzo alle risate. «E allora se una vuole che le cucia un orlo del mantello l’altra me lo fa scucire e mi dà da cucire il suo, e la prima mi fa scucire anche quello; e se una vuole più luce l’altra vuole più buio, ma non ha la testa per capire che può andare a farsi più buio in un’altra stanza, no, lo vuole in quella stanza lì!» Le era venuto il singhiozzo, e dovette tapparsi il naso con le dita e stare senza respirare per un po’.

Page 140: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

140

«E io a correre» continuò non appena il singhiozzo le fu passato: «Apri la tenda, chiudi la tenda, porta una tazza, quella la sbatte giù, raccoglila, incollala, poi rom-pila di nuovo perché quella che l’ha tirata si arrabbia… Uh… Chilometri, e mi hanno già condannata diciotto volte alla galera!» Respirò forte. «E i messaggi…»

«Quali messaggi?» «Una mi si fa vicino all’orecchio e mi dice: “Dì a mia sorella che si rassegni,

perché è malata e io che sono la sua unica parente erediterò tutta la sua parte.” “Ma non posso dire una cosa simile!” rispondo io. E quella mi fa: “Se non glielo dici ti do da contare uno per uno tutti i corallini che ho infilato da piccola, se no vai in galera.” “Ma se ci sono già” dico io. “No, no, in galera a casa mia per sempre dove c’è la branda con la muffa che cammina” mi risponde. “E quanti sono i corallini?” faccio io. “Non lo so, ma tutte le volte che litigavamo, dai tre ai diciott’anni, la balia ci divideva e ci metteva in stanze separate a infilare i coral-lini.” Tutto così, Mike…» finì Brenda. Mike non rispose, perché anche a lui era venuto il singhiozzo.

«E la balia dice che qui va ancora bene, che qui sono poco pericolose, e poi una volta mi ha anche detto in fretta: “Speriamo che non facciano in tempo!” e quasi piangeva… Sai, Mike…»

«Dimmi.» «È una strana sensazione, ma secondo me mi hanno messa là con loro per farle

agitare di più.» «Tu pensi questo?» «Sì, perché la balia mi ha detto che prima del mio arrivo non erano così. Lei ha

un altro ascendente su di loro…» «Posso immaginarlo.» «E io invece… Però, sai?» aggiunse dopo averci pensato un poco. «A vederle

così, ti fanno anche pena, ti fanno… Chissà che cosa gli è successo, per essere in quel modo.»

Un cigolio la fece tacere. Lo sportellino della cella era stato aperto, e occhi di soldato guardavano dentro.

Non appena lo sportellino fu richiuso, Brenda si avvicinò a Mike. «Hai visto?» gli bisbigliò all’orecchio, alzandosi sulla punta dei piedi.

No, Mike non aveva visto.«Gli occhi. Erano gli stessi dell’altra volta. Il soldato grande, quello che ci aveva

guardati tanto quel giorno.» «Ma con tutto questo buio, tu sei riuscita a vedere gli occhi?» «Non proprio vedere bene, Mike; ma era lui, io lo so.»

Page 141: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

141

xxxvi

«Benvenuti a Benabul» diceva il cartello all’inizio del paese. Che sollievo. I colori già estivi dei giardini, le facciate delle ville intonacate di fresco con le cornici immacolate intorno alle finestre, le bombature delicate delle ringhiere e la legge-rezza dei tendaggi che velavano gli interni delle case… I selciati puliti, nemmeno una cicca, nemmeno una cartaccia… Finalmente, pensò Martin. Qui mi potrò riposare. Troverò sicuramente qualcuno che mi accoglie, gli racconterò quello che mi è successo e anche se non potrò fischiettare l’Aria di Papageno mi crederà lo stesso – basta che si presenti, questo qualcuno, perché qui mi pare che siano tutti rintanati in casa.

Rintanati in casa? All’anima! Pareva che fosse suonato il coprifuoco. Per la stra-da non c’era segno di vita, ma nessuno. Doveva essere più o meno ora di pranzo, ma possibile che quella gente avesse fame tutta insieme? Proprio tutti nello stesso quarto d’ora? E possibile che mangiassero tutti a casa, che non ci fosse in giro nemmeno una trattoria, o uno di quei bar con i tavolini di fuori dove ci si può sedere per un’insalata?

Si fermò per pensarci meglio.E siccome non stava fischiettando, fu colpito dal silenzio.Era morto, vuoto: lui se ne intendeva. Non c’era dentro niente, era come tro-

varsi in una scatola aperta, svuotata e appoggiata per terra.È raro che il silenzio sia così. Una volta Zed, un amico di suo padre, era stato da

loro a cena e aveva raccontato di una notte passata nel deserto della Tunisia. E ne aveva descritto, appunto, il silenzio. Era perfetto, aveva detto Zed: né un fruscio, né un motore lontano, una voce, un passo. Eppure ci aveva avvertito dentro la vita: come un respirare di stelle, e un muoversi immenso di forze sconosciute, e poi un lavorio di creature sotto la sabbia – topi, ragni, serpenti, e chissà che altro – insomma qualcosa che chissà come, in quella quiete, scorreva e si preparava.

Lì invece era un silenzio fermo, senza attesa di niente. Un nulla.Si riavviò lentamente, guardando a destra, a sinistra e in alto verso i piani su-

periori delle case.

Page 142: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

142

Ma possibile che siano tutti, proprio tutti, a tavola? pensò di nuovo Martin mentre si faceva compagnia con i propri passi. E perché dalle finestre non arriva un segno, che so, una forchetta che cade, un bimbo che strilla, una sedia spostata?

Andò avanti un poco, ammirando il colore dei glicini e delle rose rampicanti che sporgevano dai muretti di cinta; ma ormai anche i suoi passi gli davano fastidio. Ogni volta che uno dei suoi piedi faceva rumore sul selciato, gli sembrava di essere l’unico abitante rimasto al mondo. E siccome questo accadeva mediamente una volta al secondo, la sensazione era continuata e stava diventando insopportabile.

Poi finalmente la vide. Era lei? Ma sì, doveva essere lei per forza! Era la donna della barca bianca, quella

che lo aveva salutato sul lago! La riconosceva perché era ancora vestita come quel-la mattina, quando l’aveva invitato a salire sul suo panfilo – il cappello bianco con quella tesa larga come quello delle attrici e l’abito a disegni bianchi e neri che la fasciava e i guanti neri fino sopra il gomito, e i tacchi alti e sottili che le davano un’andatura da star. Ancora di nuovo in una mattina così, che gusti. Ma questa volta il bambino non c’era: c’era invece con lei un signore molto elegante, abito a giacca grigio, di stoffa leggera sicuramente, visto il caldo: anche lui una figura agile, molto signorile, come no.

Si avvicinavano. Martin non si diede il tempo di pensare alla maglietta e al suo aspetto in generale: camminò verso di lei e le arrivò di fronte.

«Buongiorno, signora!» disse sforzandosi di essere cordiale. «Si ricorda di me?» E intanto dentro tremava, ma la guardò in faccia lo stesso. Era quasi angelica, con gli occhi sgranati dalle ciglia lunghe e il viso perfetto ombreggiato dalla tesa del cappello, e i capelli neri raccolti dietro e composti in due bande sulla fronte…

Invece lei lo guardò come se vedesse una pattumiera camminare da sola per la strada, ma ritenesse inopportuno mostrare di stupirsi per qualcosa. Quando l’ebbe proprio davanti rallentò, lo osservò un secondo dall’alto in basso con occhi privi d’interesse, poi girò il viso verso il suo accompagnatore, ma senza guardarlo negli occhi; e subito anche lui, dopo aver stretto le labbra solo leggermente, fece un’espressione indifferente e le strinse il braccio con due dita per sollecitarla a passare oltre.

«Signora, non mi riconosce?» osò ancora dire Martin, ma il coraggio se ne stava scappando via. «Sono il bambino del lago, quello che era sulla barca del pescatore! Signora…»

Allora: trasparente non sono, e perciò devo proprio fare schifo, se adesso solo perché è con suo marito si vergogna a parlarmi, pensò Martin. Ma la signora ave-va già mosso un fianco dall’altra parte per evitarlo e aveva proseguito.

Page 143: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

143

Martin rimase a guardarli allibito mentre se ne andavano, col loro passo così elegante e quei vestiti impeccabili, lustri come figure su una rivista, e li invidiò e gli facevano anche rabbia. Bella forza, loro avevano i rubinetti in casa, e il sapone e gli asciugamani, ma però che diamine, nemmeno fermarsi per un bambino… E poi quella, se non era stato per vergogna, era una smemorata ma di quelle gravi. Ma come si fa, mi ha avuto faccia a faccia proprio pochi giorni fa sul lago, e insi-steva anche, per portarmi con lei… si disse. Bah. Era meglio la vecchia col cane. Va be’, qualcun altro troverò.

Fece appello a quel po’ di fegato che gli era rimasto per andare avanti nel si-lenzio vuoto e ricominciò a camminare. Si rincuorò guardando ancora i giardini splendidi e le case ridenti e ben curate – magari erano tutti in vacanza, proprio quel giorno, o c’era qualche festa al lago, ma sarebbe venuta poi la sera, e gli abi-tanti sarebbero tornati.

Poi guardò avanti a sé, lontano nella strada, e sentì un tuffo al cuore, un tuffo al cuore spaventoso e sinistro.

Di fronte a lui camminavano nella sua direzione un uomo e una donna. Lui molto elegante, abito a giacca grigio, di stoffa leggera sicuramente, visto il caldo: una figura agile, molto signorile, e lei… lei! Il cappello bianco con quella tesa larga come quello delle attrici e l’abito a disegni bianchi e neri che la fasciava e i guanti neri fino sopra il gomito, e i tacchi alti e sottili che le davano un’andatura da star…

Ma se se li era lasciati alle spalle pochi minuti prima, come facevano adesso a stare di fronte a lui? Avevano fatto il giro in macchina velocissimamente per far-gli uno scherzo? E che razza di scherzo era? E perché proprio a lui se prima non l’avevano nemmeno salutato?

Martin si sentì mancare le ginocchia. Trovò un gradino su cui sedersi e stette lì ad aspettare che quelli passassero di nuovo. Il sangue gli si stava fermando nelle vene, ma decise che aveva bisogno di capire. Non gli sembrava di essersi rincitrul-lito all’improvviso, dopo tutto, anche se aveva una notevole voglia di piangere. Cominciava ad avere fame, e sete, e non gli quadrava niente di quel posto… quel posto così inospitale. Colorato, magnifico e inospitale.

Si avvicinarono. Il vestito di lei, visto così da vicino, non gli sembrava proprio uguale uguale – ma sì, i fiori erano più grandi di prima, o aveva le traveggole? Sì, sì, eccome, erano parecchio più grandi, non si poteva sbagliare. E come poteva essere, avevano fatto il giro e lei si era cambiata d’abito in macchina? Ma perché, se prima era pulita?

Questa volta lasciò che gli arrivassero a tiro.

Page 144: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

144

Stavolta li aspetto qui, poi parto a manetta e mi si trovano tra i piedi all’im-provviso, voglio vedere se avranno una qualche reazione, pensò.

Eccoli. Uno, due, tre…Ma restò dov’era, e dovette ammettere che non se la sentiva più. Soltanto, pre-

se un sassolino e lo gettò piano in direzione della signora. Tic, fece quello sulla strada, e la signora si voltò a guardare cosa fosse stato, e poi guardò anche lui di-strattamente. Lui provò a lanciarle un mezzo sguardo d’intesa: niente da fare. Ma c’era qualcosa nel suo viso, qualcosa di cambiato… Sempre sotto quel cappello bianco, stava quel viso perfetto, con gli occhioni, e i capelli neri raccolti, ma c’era qualcosa di diverso da prima… Poteva non essere lo stesso viso, anche se era una questione di poche sfumature? Poteva forse non essere la persona di prima, ma sua sorella gemella o qualcosa di simile? E se era così, perché erano tutte e due vestite in quel modo? Andavano forse a un matrimonio? Ecco, sì, ci doveva essere un matrimonio da qualche parte… forse.

Intanto i due erano già più in là, e non avevano dato neanche un segno di averlo riconosciuto.

E Martin aveva sete, una sete infinita, e non c’era nulla da bere, e nessuno che gliene volesse dare. Ecco cosa avrebbe dovuto fare con la bacinella della vecchia, pensò: tuffarci dentro la faccia e prosciugarsela tutta – ad averlo saputo. Ma chi lo poteva immaginare…

Così pensando, e sempre seduto sul gradino, volse di nuovo lo sguardo verso il fondo della strada, da dove erano venute quelle due strane coppie.

Questa volta non erano due. Erano almeno sette o otto, così a colpo d’occhio. Tutti uguali, o pressappoco.La stessa andatura, gli stessi cappelli, e identici anche gli abiti, e man mano

che si avvicinavano anche gli stessi volti, e le espressioni – le bocche leggermente imbronciate, gli occhi che guardavano tutto e nulla, come se non ci fosse nulla di cui stupirsi.

Martin non stette lì molto a osservare. Se l’avevano visto pazienza, se no me-glio; lui si alzò e in men che non si dica si trovò in una strada laterale. Si voltò a controllare: nessuno lo aveva seguito. Ma si sentiva confuso e spaventato: guarda tu dove mi sono ritrovato, pensava. Ho camminato e camminato per arrivare in un posto così, pieno di gente tutta uguale – come mai, poi? E perché tacciono, non ridono, non parlano?

Fu preso dal panico. Doveva cercare qualcuno, qualcuno che gli spiegasse, qualcosa che avesse un senso. Forse in mezzo a tutte quelle case ci poteva essere

Page 145: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

145

una famiglia, una famiglia normale, in mezzo a tutte quelle case…Così pensando guardò verso una cancellata e sulle prime non capì bene quello

che stava vedendo, anche perché la vegetazione era folta e impediva quasi del tutto la vista verso l’interno. Si fermò, tornò indietro un poco, cercò un’apertura tra il fogliame e sbirciò.

Non c’era nessuna casa, lì. Dietro alla facciata che dava sulla strada c’era il vuoto. Niente muri, niente

porte, né tetto. Non c’era proprio la casa: proprio niente, solo uno spiazzo vuoto. E anche le piante erano disposte soltanto lungo la strada. All’interno, nulla.

Si spostò verso la casa successiva e si arrampicò sul muretto, per vedere lo stesso spettacolo di prima. Solo una facciata, e un altro spazio deserto.

Arrivò all’incrocio. Lì le case d’angolo avevano due facciate che davano sulla strada. Allora queste forse sono le uniche case vere, pensò. Quelle dove abita la gente.

Col cuore che batteva a mille, guardò i campanelli. I campanelli erano vuoti: nessun nome. Salì su un muretto a fianco di una casa d’angolo e di nuovo guardò dentro al

giardino. Stesso panorama: uno spazio vuoto e disabitato, con le piante soltanto verso la strada.

Le piante…Si ricordò all’improvviso che fino a quel momento non aveva sentito nessun

profumo. Proprio nessuno, nonostante gli alberi, e i cespugli, e i fiori…Respirò forte due o tre volte per cercare di calmarsi e poi toccò un rametto

fiorito.Finto.Era finto senza dubbio, perché le foglie, a stringerle, si piegavano e poi torna-

vano come prima. Non si spezzavano, né si sciupavano.Come può essere, si chiese. Come?Cretino che sono. Ecco perché, pensò, ed emise un sospiro di speranza.In un lampo gli venne in mente che poteva essere capitato in uno di quei posti

dove si fanno i film, sì, in un… set, si chiamava, set. E si tranquillizzò un poco, ma poi si disse che quello forse era il giorno di riposo e non avrebbe trovato più nessuno, e nemmeno l’acqua da bere, e nemmeno qualcosa da mangiare. Se fos-se stato in un’altra situazione, magari anche solo con uno zainetto di provviste, avrebbe provato a rimanere per vedere come si fa un film. Ma per com’era messo in quel momento, non era il caso. Bisognava andarsene di lì.

Si sentì solo e scoraggiato. Poi si ricordò dell’uomo di Ninfèr, e di quel bosco

Page 146: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

146

tremendo e della fatica che aveva fatto per svignarsela di lì. Almeno adesso aveva davanti a sé una strada pulita e aperta, ed era libero di andare.

Riprese coraggio e s’incamminò; ma si fermò subito quando da un cortile gli giunse un lamento.

Cercò di spiare tra le foglie finte, ma non vide niente. Camminò pochi passi lungo la recinzione, trovò il cancello, lo aprì ed entrò nel cortile.

C’era una di quelle donne seduta su una piccola scalinata, con le spalle appog-giate all’unica parete che ci fosse in piedi in quel luogo. Forse era perché si trovava nel suo spazio privato, ma questa era un po’ diversa dalle altre. Dalla gonnellina larga a piccoli fiori chiari uscivano le gambe che teneva abbandonate sugli scalini, e i suoi piedi erano nudi. Si era tolta i guanti e li aveva messi da un lato, mentre il cappello giaceva per terra davanti a lei. Un soffio di vento le scompigliava le cioc-che sulla fronte, e sotto a quelle, negli occhioni scuri, stava uno sguardo afflitto.

Un po’ scostato da lei, di spalle, stava seduto su uno sgabellino basso il bambino che Martin aveva visto sul lago, sempre col suo vestito bianco alla marinara. Ne ve-deva la parte posteriore del bavero, impeccabile su quelle piccole spalle, e il bordo blu e le due stelline agli angoli che spesso sono applicate sui colletti alla marinara. Sul capo aveva il cappellino della volta precedente, e sotto spuntavano i capelli cor-ti sul collo, ben tagliati e tutti in ordine. Probabilmente giocava ancora tranquillo con qualche cosa, come quel giorno sulla barca, perché pareva molto concentrato e non si voltò nemmeno quando udì i passi del bambino sul selciato.

Lei guardò Martin.«Oh, sei tu, ciao» disse. Con le mani si metteva a posto la gonnellina. «Alla fine

sei arrivato lo stesso.» «Ah, era lei sul lago? Non l’avevo riconosciuta, sa» rispose Martin. Finalmente

l’aveva trovata, si sentiva decisamente meglio.«Come non mi avevi riconosciuta? Non ti ricordavi di me?» «Ma sì, ma tutte quelle altre per la strada… Siete tutte uguali!» La donna si rattristò ancora di più. «Lo dici per farmi un complimento, bambi-

no. Sei gentile…» Guardò il cielo sbuffando leggermente, con gli occhioni addo-lorati. «Ma io non sarò mai uguale alle altre, mai… Mi manca sempre qualcosa… io… c’è qualcosa che sbaglio, non riesco!» Guardò di nuovo Martin. «Lo sai, vero, che non puoi rimanere qui? Tutti i bambini sono andati via.»

«Cosa vuol dire, che non posso rimanere?» «Non puoi. Tutti i bambini sono andati via, non ci sono più bambini, qui.» «Allora, scusi, perché quand’era sulla barca mi ha invitato a venire qui con lei?»

Page 147: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

147

«Sì, è vero… Era un sogno, avevo fatto un sogno, sul lago… Ma in realtà non ci sono più bambini, qui» ripeté.

«E quello che cos’è?» chiese Martin, indicando il bambino vestito di bianco.«Oh, quello…» Fece un viso indecifrabile, lasciò lì la risposta ed esaminò Mar-

tin più attentamente. «Sei sporco, tieni.» Aprì una borsa che aveva lì vicino e ne estrasse dei vestiti. «Cambiati. Se viene il gendarme e ti trova così, sono dolori per tutti e due. E dopo che ti sei cambiato vai, non restare qui. Vai fino alla fine del paese e trova la strada.»

Fu un colpo durissimo. Andarsene di nuovo, anche da quel paese senza senso, ma dove? Martin sentì in un attimo tutta la sua stanchezza. «Ma chi è questo gen-darme, per piacere, che non sopporta i bambini se sono un po’ sporchi?»

Veramente sono lurido, pensò, ma si può sempre cercare di minimizzare.«È il gendarme, è quello che manderà via anche me se non mi metto a posto in

fretta. E io non so dove andare… Oppure no, non mi manderà via, ma… Oh…» e scosse la testa, e tacque, guardando in basso.

«Venga via con me, no? Facciamo la strada insieme.» «No, no, io resto qui. A questo punto…» e scosse di nuovo la testa. «Vai tu…

E adesso cambiati, svelto.» Martin ubbidì. Si tolse i vecchi abiti e infilò i pantaloni da ragazzino perbene,

la camicia e la giacchetta, e calzò le scarpe pulite che lei gli aveva preparato. Lei gli pettinò i capelli e gli passò sul viso un fazzolettino umido di profumo.

«Scusi, ha almeno dell’acqua? È un secolo che non bevo.» «No, non c’è acqua qui. Mi dispiace, devi andare…» Allora Martin guardò l’altro bambino, che ancora se ne stava seduto di spalle.

«Io di qui me ne vado se se ne va anche lui. Eh no, eh. Lei mi sta prendendo in giro! Non ci sono più bambini qui? E quello lì cosa sarebbe?» Si mosse verso di lui, ma la donna urlò. «No! Lascialo stare! Non devi guardarlo!» e tentò di trattenerlo per una manica.

Ma Martin diede uno strattone e si liberò, avvicinandosi al bambino.«no!! ti prego, non lo guardare!!» Troppo tardi. Martin aveva già raggiunto il bimbo e, andandogli di fronte, lo

guardò in faccia. Vide gli occhi smisurati e spaventosi, quelle due tonde mandorle agghiaccianti color azzurro cristallino, e cadde all’istante.

Giaceva in terra, e i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dallo sguardo di quegli occhi chiari magnetici, da quelle pupille nere di vuoto di morte che lo attiravano a sé. Il corpo di Martin iniziò a spostarsi sul selciato attirato dal potere

Page 148: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

148

di quegli occhi, e Martin capì con orrore che lo avrebbero risucchiato dentro di sé. Cercò di aggrapparsi con le unghie al terreno, ma il suo corpo era come una fogliolina secca, impotente di fronte alla forza di quello sguardo.

Sentì la mano della donna afferrarlo e tenerlo fermo. Con fatica, usando tutte le sue energie, lei lo trascinò indietro, finché non fu al riparo.

Lasciò che Martin si riprendesse, sorvegliandolo.«Ma che cos’è? Chi è?» chiese lui appena poté parlare.«È il Bambino. L’unico rimasto. Ma non è più un bambino, come hai potuto

vedere. È…» ma non finì la frase, solo chiuse gli occhi un momento e mise le dita davanti alla bocca, e poi sospirò ancora, un sospiro penoso e basta, perché non aveva parole per spiegare.

«Anche quel giorno sul lago era con lei. Ma è il suo bambino?» «No, no, è il Bambino. L’abbiamo un po’ per uno, lo teniamo un po’ per uno.» Guardò Martin più a lungo. Martin guardò quegli occhi e c’era dentro la stessa

cosa del sospiro. Ma non capiva se era per lui, o per sé, o per entrambi. E Martin sentì una cosa strana che conosceva già, quella stretta nello stomaco

e parole che non potevano uscire, e più la guardava e più aveva in mente i figli di Frick.

«Ci sono delle lucertole qui?» chiese disorientato.«Lucertole? Ma no, no…» «E scarafaggi? Niente?» «No, no, niente… Vai via, adesso. È meglio che tu non resti qui. Vai, ti ho

detto.» E con la mano gli fece un cenno di saluto.Ma lui non l’ascoltava già più. Guardava quella signora dal viso sperso e gentile,

ferma là sugli scalini e, dentro, in volo per chissà dove.E ancora la guardava, e aveva già compreso.E accadde così che Martin si dimenticò per un poco della sete e del gendarme.Pensò e cercò qualcosa, qualcosa per lei soltanto; e quando l’ebbe trovato, par-

lò. «Lo sa, signora?» disse. «C’è una ninna nanna molto bella, là da noi. Me la cantava la mia mamma quand'ero piccolo. È di un certo Brahms… Gliela canto in tedesco. L’ho imparata tutta, sa?»

Si sedette a poca distanza da lei e iniziò a canticchiare: «Guten Abend, gut Na-cht, mit Rosen bedacht…»

Lei non gli disse più che doveva andare, ma ascoltava; e con gli occhi cercava al suolo non si sa che, mentre con due dita si arricciava una ciocca sulla fronte.

«Morgen früh, wenn Gott will, wirst du wieder geweckt… Finita. Bella, no? Sa

Page 149: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

149

cosa vuol dire? Gliela traduco: “Domani mattina, se Dio lo vuole, tu sarai risve-gliato…”»

Negli occhi di lei passò una tenerezza, come una fuggevole voglia di gioco. «Ora devi proprio andare. Prosegui sempre diritto, per questa strada. Vai, buo-

na fortuna» gli disse, e rimase ferma mentre lui si alzava.«Allora, se lei non può venire via, io vado davvero. Ciao, signora» rispose Mar-

tin, e agitò una mano.«Ciao» rispose lei, e rimase a guardarlo mentre si avviava fuori dal cortile.

Page 150: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

150

xxxvii

Camminò per un pezzo, sentendosi sempre più assetato, mentre il sole scendeva verso la linea dell’orizzonte. Alla fine di maggio il sole, se vuole, può anche essere molto caldo, e asciugarti la pelle e la gola. E quella era stata una giornata torrida, quasi estiva. Benabul era sparito alle sue spalle, e avanti c’erano solo campi di ster-paglie. Camminò e camminò, finché giunse a un fosso profondo. Ma il fosso era secco, e oltre quello stava un muro che si stendeva fin dove i suoi occhi potevano vedere, e in alto nel muro erano conficcati pali di ferro su cui era tesa una rete robustissima: una specie di confine, proprio un confine.

Ancora ferro, ancora reti, pensò. Sarà da passare anche questa, sarà. Al di là gli sembrava di scorgere un prato, e gli parve incoraggiante. Discese nel fosso attac-candosi a quello che poteva, scivolando sui sassi e sulla polvere e anche pungen-dosi con spine ed erbe inaridite che irritavano la pelle.

Risalito dall’altra parte, iniziò a camminare lungo quel muro e trovò un cancel-lo chiuso da grosse catene. Impossibile aprirlo senza i giusti strumenti. Scavalcare ancora… Sì, si sarebbe potuto, se non fosse stato per quel filo spinato in cima, che a provare a oltrepassarlo gli si sarebbe piantato nelle gambe e nelle braccia. E il pomeriggio avanzava, sarebbe in poco tempo scesa la sera, e lui era indebolito dall’arsura, e stanco, stanco da sentirsi un buio nella testa. Non si vedeva la fine di quel viaggio demenziale, e tornare a casa nemmeno a pensarci, chissà dov’era casa, a quale distanza, in quale sogno finito. E Charlie, e il salotto del pianoforte, e i folletti di Pyotr Ilyich, e la mamma, e il papà…

Meglio se mi siedo, pensò. Meglio se mi siedo qui e lascio perdere, qualcosa succederà. Forse morirò, qui senza aiuto – così andrò da Charlie. Non ci ho capi-to niente e non ce la faccio più.

«Ehi! Dove credi di andare? Da dove vieni? Documenti.» Alla sua destra com-parve un uomo in divisa chiara, un tipo tarchiato, con la faccia larga e il volto inespressivo.

Martin tremò. «Io… veramente non sono arrivato, stavo cercando di andare.»

Page 151: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

151

«Impossibile, tu non me la racconti tutta. Qui non ci sono più bambini da un pezzo.» L’uomo si irrigidì. «Da dove sei entrato? Dammi un documento, subito.»

«Io… non ho documenti» rispose Martin. «Io, davvero, stavo cercando di an-darmene. Mi è stato già detto, che non posso stare qui.»

«Ti è stato già detto? E da chi? Ti ha forse tenuto nascosto qualcuno? Parla!» E adesso cosa gli dico? si chiese Martin. E poi, a pensarci bene, da dove era

piombato vicino a lui quell’uomo? Aveva saltato il fossato al volo? Impossibile, a giudicare dal suo aspetto. Mah…Tanto valeva…

E buttò lì le prime parole che gli vennero in mente.«Io… signore, mi potrebbe dire dove mi trovo? Forse mi sono perso.» Furono parole dette per caso, ma ebbero un effetto sorprendente. Il soldato si

ammorbidì in viso. «A Benabul, ti trovi nel territorio di Benabul» rispose. «E non puoi rimanere

qui. Ma tu da dove vieni?» «Io… di là» disse Martin, e accennò un punto oltre il confine.«Di là?» L’individuo squadrò Martin da capo a piedi, esaminandone l’abbiglia-

mento. «Impossibile, non sei dei loro» commentò con espressione di disgusto. «Non me la racconti tutta, tu.»

«Ma no, non di là da quelli lì» aggiustò Martin. Che Dio me la mandi buona, si disse in silenzio. Chissà chi c’è in quel posto. Ma se a lui fanno schifo, forse sono meglio, chissà. «Di là di là, dopo di quelli. Ho perso i miei genitori, ho camminato tanto e non so più dove sono. La prego, signore, mi aiuta a uscire di qui?»

Ci fu un silenzio, che per Martin fu di mille anni, e poi il soldato tirò fuori una grossa chiave – magico, senza nemmeno chiedersi come avesse fatto lui ad arrivare lì senza farsi male col filo spinato – e aprì il cancello. «Vai, e non farti più vedere da queste parti. I bambini non sono graditi, qui.»

Richiuse il cancello alle sue spalle e se ne andò subito.

Finalmente c’era qualcosa di morbido su cui camminare. L’erba aveva un colore un po’ spento, ma grazie al cielo era erba e non plastica, e non scricchiolava sotto i piedi, non eccessivamente, almeno. Qualcosa di vivo…

Camminando lentamente, Martin pensò al luogo che aveva lasciato. Sentiva ancora quella stretta al cuore, e si voltò per guardare il muro di confine. Si stava allontanando, per fortuna, e a ogni passo che faceva si allontanava sempre di più, e a lui questa idea cominciava a piacere, qualunque cosa avesse potuto incontrare

Page 152: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

152

lì dov’era arrivato. Così camminò per un pezzetto guardando all’indietro per la soddisfazione di vedere il confine farsi sempre più distante – tanto davanti a sé aveva visto soltanto prato, e un boschetto un po’ più in là sulla destra, e a sinistra delle moto parcheggiate: si poteva fare.

Fu così che rotolò all’improvviso su una massa di roba che sembrava un sacco pieno di stracci, e si trovò disteso per terra.

Il sacco si alzò in piedi di scatto, e Martin vide che era una montagna di carne coi capelli biondi a spazzola, vestita di nero metallizzato, e lo guardava furente.

«Cioè?» fu la prima parola che gli disse. Martin, ancora per terra, lo guardò dolorante e stordito. «Come, cioè…» «Ti è sembrato un bel colpo, presentarti qui cascandomi addosso? Toh, guarda

che bel pivellino! Ehi, ragazzi, venite a vedere! Mi è caduta in testa una cacca di piccione.»

«Si sarà confusa col resto» gli gridò qualcuno da dietro gli alberi.«Se fate i cretini vi spacco il muso con un’unica papagna sui denti» rispose la

montagna. E poi sollevò Martin per le spalle della giacchetta e lo tenne per aria così, come un bucato steso. «Guardate qui che bel campione mi è piovuto sulla schiena. È uno del paese di là!»

«Di là? Ohi, bel colpo, amico! Bisogna festeggiarlo!» E dal boschetto uscì la più tremenda accozzaglia di sciagurati che Martin po-

tesse mai immaginare, e lassù sollevato in alto senza poter fare nessun movimento si sentì squagliare il sangue.

E si lasciò andare senza reagire, mentre guardava come in un film quel gruppo di rifiuti umani, o giù di lì, avanzare verso di lui.

Risate sdentate, capelli stoppacciosi, giubbotti sbrindellati, catene e bastoni tra le mani, gli furono intorno.

«Vestito di fino» commentò uno che aveva uno struzzo tatuato su un braccio, saggiando con le dita il lino della giacchetta di Martin.

«Un vero signore» aggiunse un altro. Tra le unghie nere del pollice e dell’indice teneva una cicca puzzolente.

«Hai tentato un’incursione, ragazzino? O ti hanno chiuso fuori?» chiese uno magro con un occhio un po’ storto, che sembrava un po’ più calmo degli altri.

«Chiuso fuori, Smeni? Saranno loro, che sono chiusi dentro» sghignazzò un ceffo sfregiato sul mento, dando una gomitata nel fianco a quello più magro. Manici di cesoie gli uscivano da una tasca.

Quelli dietro discutevano e scalpitavano e si facevano largo per vedere meglio. «Be’, che cosa ne facciamo, a questo punto?»

Page 153: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

153

«Carichiamolo in moto, lo portiamo in piazza e poi decidiamo» propose il biondo che teneva Martin per aria.

E così fecero.

La piazza era già buia. A un’estremità, sotto pochi alberi, stavano due panchine con le assi sconnesse. Intorno e in fondo si dipartivano vicoli da cui uscivano voci sguaiate e odori di cibo. Le moto si fermarono sotto gli alberi e i motori furono spenti.

«Allora? Ci avete pensato? A che gioco giochiamo con il bebè?» domandò an-cora il biondo.

«Io mi ci divertirei un po’» suggerì uno. «Potremmo appenderlo a un albero per le braccia e infilargli degli stecchini di Acacia Spinosa tra le dita dei piedi, e poi accenderli, naturalmente.»

«O strappargli i capelli con le pinzette con la tecnica dell’uno sì e uno no, fino a esaurimento» disse un altro. «Bisognerebbe stabilire i turni.»

«Oppure anche giocare a straccia-il-vestito con le lamette da barba, sono am-messe escoriazioni sulla pelle» disse ancora quello delle cesoie.

«Potremmo chiuderlo nella cantina di Smeni e tirarlo fuori quando l’hanno mangiato i topi» suggerì il biondo.

«No, in cantina da me non c’è più posto, troppi scheletri, non se ne fa niente, ragazzi» rispose quello che si chiamava Smeni.

«Ho l’ansia» crepitò uno con poco fiato. «Non mi sento di fare niente adesso, devo andare a casa a bere la mia camomilla.» Aveva la faccia smarrita.

«A casa dalla mamma a bere la camomilla truccata?» Quello delle cesoie non taceva mai.

«Sì, truccata al rum» rise il biondo. Gli altri confabularono ancora un po’. «Tienilo, Puntino, ci facciamo venire

un’idea e andiamo a cercare il materiale» disse uno che fino allora aveva taciuto, e il gruppo fu d’accordo. Tra urla e risate grasse si avviarono verso le moto.

Adesso, pensò Martin. Lanciò un grido acuto: «I gendarmi!» A Puntino si allentò un secondo la stretta delle mani: Martin si divincolò e si

mise a correre.Ruzzolò su alcuni barattoli vuoti abbandonati per terra, cadde e si rialzò. «Ehi,

scappa! Prendilo!» Il gruppo urlante comprese subito e scattò all’inseguimento. Brandivano bastoni e agitavano catene, e lui a dire la verità se la vedeva piuttosto brutta. Con la coda dell’occhio vedeva i loro giubbotti neri e le borchie brillare

Page 154: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

154

sotto i lampioni sbilenchi. Il biondo energumeno chiamato Puntino si staccò dai compagni e gli stava addosso abbastanza da vicino, e per giunta dalle finestre delle stamberghe prospicienti la strada cominciavano a piovere insulti e ogni genere di oggetto. Un tappo di bottiglia lo colpì in fronte, poi dovette evitare la collisione con una lattina di olio per friggere e si scontrò con un gatto magrissimo che bal-zava da un bidone all’altro col pelo dritto per lo spavento. Ma il lampione succes-sivo era spento, così fu impossibile vederlo; e Martin ci andò a sbattere contro.

Il lampione aveva le braccia conserte e una strana pettinatura. «Scansati, soma-ro» lo apostrofò con voce stridula. In men che non si dica si mosse, lo afferrò con una manaccia lesta e lo trascinò nel buio di un vicolo. Solo allora Martin capì che si trattava di una figura umana, o circa, talmente secca che con giusta ragione era stata scambiata per il palo a cui era appoggiata.

Il gruppo degli urlanti, non essendosi accorto di nulla, andò oltre.

Page 155: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

155

xxxviii

«E che cavolo, pensa tu cosa mi tocca fare» disse la voce stridula, mentre entrava-no da una porta sgangherata. «Fatti un po’ vedere» ordinò perentoria.

Da un viso ossuto e selvatico due occhi brillanti lo guardarono schifati. Ispe-zionarono la giacchetta di lino, la camicia gessata bianca e celeste, i calzoni con la piega. «Ma non ti vergogni ad andare in giro a quel modo? Fai ridere!» La pro-prietaria della voce fu finalmente visibile, ed era quanto di più strambo si potesse immaginare. Lasciò Martin e si mise a trafficare in giro.

La sua figura magrissima e altissima si muoveva veloce e nervosa per una stanza piena di carabattole. I capelli rizzati sulla testa erano d’un colore nerastro a bande rossicce, e sotto vi era collocata una faccia da vera megera. Indossava una maglia con una manica corta e una lunga e un gilet in similpelle con la scritta «Irreduci-ble» sulla schiena. Sotto ai calzoni neri all’indecisa spuntavano due calze a righe bianche e rosse e i piedi sprofondavano in vecchi anfibi tutti ganci e stringhe. Era indubitabilmente una donna, ma più sgraziata di così non si sarebbe potuta immaginare. Apriva un cassetto, sventrava uno scatolotto, frugava in un bidone estraendone ogni volta qualcosa. Si avvicinò a lui con le mani piene di cianfrusa-glie e gliele schiaffò tra le braccia.

«Vestiti come si deve, tieni.» «Oh, ma qui siete tutti matti? E chi ti credi di essere per dirmi come mi devo

vestire?» le brontolò Martin scocciato.«Oh, bada, damerino, a me non me lo fa fare nessuno di salvarti. Se vuoi ti

getto di nuovo per la strada, così fai un altro rendez-vous con i miei amici. Loro sì che sono dolci con quelli incravattati.»

A quell’idea, Martin si sentì gelare. Era, a dire il vero, ancora preoccupato, ma la situazione gli sembrava già più sopportabile di prima. Si nascose dietro all’anta di un armadio e iniziò a cambiarsi: ma il sacchetto, senza sapere nemmeno per-ché, continuò a tenerselo addosso.

«Mi puoi dire almeno dove sono capitato?»

Page 156: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

156

«Qui, ti trovi qui. Se no dove sei capitato? O vuoi essere capitato là? Là è un altro posto, non è certo questo, e dappertutto c’è un là che non è qui.»

Martin ebbe un moto d’impazienza. Sbuffò forte. «Tu ti chiami certamente Spazientini, vero damerino? Io sono Magonda. Magonda, e il cognome non me lo ricordo più. Ma un nome solo basta, cosa ce ne dobbiamo fare di tanti. Ah, così sì che sei a posto!»

Martin si era rivestito e aveva l’aspetto di un vero sciamannato. Si sentiva terri-bilmente a disagio con quel giubbotto nero metallizzato e i pantaloni con disegni di scarafaggi.

«Così sì» ripetè Magonda. «Mica prima, che sembravi un perbenino imbal-samato. Fammi vedere ancora un momento…» Gli arruffò i capelli finché non parvero un covo di serpenti. «E adesso pranziamo.»

Rovistò per un poco in una sacca sdrucita, ne estrasse una pagnottina e l’ad-dentò con vigore.

«Questa è di stamattina e deve sparire. Poi mangiamo quelle di ieri, che sono le pagnottine ufficiali, perché quelle le ho comprate.»

Si affaccendò un attimo intorno, trovò i panini, li riempì di fette di salame e ne porse uno a Martin.

Martin aveva fame, adesso che ci pensava. L’ultima cosa che aveva mangiato era stata la frutta in macchina, non sapeva dire se ore prima o giorni. Aprì la bocca e si accinse ad addentare il suo panino.

«Alt!» lo bloccò Magonda. «Mangi così, come uno scalzacane? Dobbiamo ap-parecchiare, no? E siediti a tavola, non stare lì come un attaccapanni.»

Frugò in giro e gli mise davanti un padellino tutto scorticato e senza manico. Per sé mise in tavola il coperchio, e per bicchieri due barattoli di vetro. Aprì una lattina di birra, ne vuotò il contenuto nei due barattoli e se la gettò alle spalle. «Così va meglio» commentò, e si sedette soddisfatta. «Non siamo mica barboni, qui.»

Martin stava immobile e fissava la birra. «Be’? Non mangi?» «Birra?» chiese lui in risposta. «Sì, birra. Perché? Non ti va bene, pure?» «Ma dell’acqua, ce l’hai?» «Acqua?! Acqua… Ma non sarai mica delicato di stomaco, anche» e con la

faccia disgustata gli mise davanti una brocca sbeccata. «Tieni.» E Martin prese la brocca con due mani e bevve, finalmente, quell’acquaccia che sapeva di ruggine come se fosse appena uscita da una sorgente.

Stava masticando il primo boccone del suo sospirato panino, quando una cosa

Page 157: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

157

nera, tonda e pelosa attraversò l’aria e gli cadde di botto nel padellino. Martin saltò in piedi dalla sedia sgangherata.

«Uh, che batosta» si lamentò la cosa.«Angelo, ti sei addormentato di nuovo sul filo» fece Magonda, tirando su la

palla con due dita e portandola all’altezza degli occhi. «Tonto.» E lo mollò di nuovo sul tavolo. «Si addormenta sul filo della lampadina e poi casca, il pollo» spiegò a Martin.

«Parbleu» si lagnò quell’oggetto al secondo impatto. «Mein Gott.» Poi alzò la testa e i suoi occhi gialli a palla incontrarono Martin. «Uno stranieeero!» disse. «Feliz año nuevo» e alzò una zampa per tentare un inchino, ma perse l’equilibrio e rovinò sul tavolo per la terza volta.

Vedendo il suo becco giallo, Martin decise che doveva trattarsi di un merlo. Era proprio un merlo, in verità: spennato, con una cresta arancio intenso piena di gel e vari anellini al naso e alle orecchie: uno spettacolo disastroso.

«Angelo? L’hai chiamato Angelo?» «Sì, Angelo. Non va bene?» «Mi chiedo come hai fatto.» «Be’, ha le ali, le penne, vola… Mi sembrava che ci fosse una certa somiglianza.» In effetti Angelo a tutto somigliava meno che a un angelo, appunto; però ave-

va parecchie destrezze. Innanzitutto era nato in India e da molto piccolo aveva iniziato a viaggiare il mondo all’interno di un container, per essere venduto da qualche parte come animale da compagnia. Ma era evaso a Rotterdam e lì era rimasto, diventando un vero portuale. Aveva frequentato i moli e le osterie, e anche qualche ristorante elegante più al centro della città, da cui era comunque stato sempre cacciato a pedate o più spesso a lanci di mestoli, per cui aveva ben impresso in mente che non bisogna mai fidarsi del tutto dei posti troppo eleganti.

Comunque sostando sulle tolde delle navi mercantili e sbirciando negli uffici doganali aveva imparato a distinguere ogni tipo di merce e a chiamarla con il suo nome, e anche ogni tipo di faccia, nonché a trovarsi a suo agio dappertutto, cosa che le città di porto insegnano in modo eccellente. Ricordava qualsiasi viso dopo averlo visto anche una volta sola e aveva mandato a memoria una buona quantità di parole in linguaggi strani, anche qualcuno, si diceva, che non si era mai sentito in giro – ma questa poteva essere semplicemente un’affermazione di Magonda che voleva esagerare su di lui.

Ma la cosa più sorprendente era che sapeva fare le traduzioni. Sapeva per esem-pio che «pane» si può dire anche «bread», «brot» «pain» e così via. Per questo

Page 158: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

158

Magonda ne andava molto fiera. Era l’unico merlo indiano interprete esistente in tutto l’universo, almeno a quanto diceva lei.

Un giorno, stanco di Rotterdam, del porto e delle osterie, e avendo appreso da quell’esperienza una quantità di cose praticamente miracolosa per un merlo, Angelo si era messo in testa di diventare un uccello migratore. Si era pertanto accodato a uno stormo di anatre, ma a un certo punto del viaggio era stato risucchiato da una corrente ascensionale. La corrente ascendeva, eccome se ascendeva. Angelo aveva visto la Terra farsi sempre più piccola, finché non aveva avvertito una sensazione strana, come di passare la parete di una bolla di sapone… ed era atterrato in piazza, proprio davanti ai piedi di Magonda, mentre questa stava sfilando un borsellino dalla tasca di un debosciato come lei. Così i due erano diventati inseparabili.

Il salame era abbastanza buono. Mentre mangiava, Martin si guardava intorno. Si trovava in una stamberga davvero disgustosa, piena d’ogni sorta di boiata: ba-rattoli vuoti impilati fin quasi al soffitto, bauli di stracci, un frigo aperto pieno di scarpe, un lavandino crepato e una brandina militare; e soprattutto una vasta col-lezione di… Incredibile… Erano dappertutto, a decine, sulle sedie, sull’armadio, e dentro una tinozza appesa al soffitto ce n’era anche uno gigantesco…

Martin sbarrò gli occhi.«Nidi? Sono nidi, tutti quelli?» «Sì che sono nidi, non vedi da solo?» «Ma per ch… Per…» e indicò il merlo.«Tuuurista» disse Angelo. «Angelo turista.» «Embe’? Gli piace cambiare casa tutti i giorni» spiegò Magonda. «Ho cercato di

metterlo a suo agio.» E additando la tinozza: «Quello è di cicogna. Ci va quando vuole sentirsi signore.»

«Cielo» commentò solamente Martin. Ma in fondo capiva.«Io avevo un cane» disse pensoso. «Charlie. Ma non l’ho più. È… morto.» «Mhm» commentò solo Magonda, e Martin capì che non aveva intenzione di

ascoltarlo.«Allora, vuoi dirmi sì o no come si chiama questo posto?» le chiese, cambiando

argomento.«Qui.» «Uffa, lo so che sono qui! Guardami in faccia: vedi un cretino? Ti ripeto la

domanda: come si chiama questo posto?» «Qui, ti ho detto.» «Qui? E quella specie di città che sta là di fuori, come si chiamerebbe?»

Page 159: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

159

«Qui» rispose ancora Magonda facendo spallucce. «Ma sul mio atlante non esiste un posto con questo nome.» «Sul tuo che?» «Atlante.» Forse quella specie di manico di scopa non era andata a scuola. «Quel

libro» e fece segno con le mani, «largo così, alto così, dove ci sono tutti i disegni della Terra.»

«Della cosa?» «la terra, il nostro pianeta.» «Nostro? Ma qui non siamo su quel coso… la Terra, insomma.» «Non prendermi in giro. E dove saremmo, se credi?» «In un pianeta parallelo» disse lei con sussiego.«In un?» «pia-ne-ta pa-ral-le-lo» e Magonda alzò il naso in su con ancora più sussiego. «Ma come, con la birra, il salame…» «Certo! Birra parallela, salame parallelo…» Indicò Angelo: «Merlo d’importa-

zione, unico oggetto non autentico…» Allargò le braccia guardandosi intorno: «Pianeta parallelo. Oh, non chiedere a me cosa vuol dire. Ho sentito così quando sono arrivata qui.»

«E come ci sei arrivata?» «Eh…» Magonda distolse lo sguardo. «Oh, ma vuoi sapere i fatti miei?» sbottò

infine. «Tu, piuttosto, come sei arrivato? Hai seguito anche tu uno stormo di ana-tre? E poi non si sta neanche malaccio, qui. Quel… posto da dove sei venuto, di là dalla rete… quello sì che è una galera. No, è proprio l’inferno, ecco che cos’è. Qui si vivacchia, tutto sommato.» Si assestò il gilet, posò le gambe sul tavolo e le accavallò, mentre Angelo becchettava le briciole.

«Ma io non vengo di lì, non sono solo stato lì» disse Martin.«Ah no?» «No, io… io sono in viaggio.» «E per dove, se posso?» «Non lo so.» «Ah.» «Non lo so, davvero. So solo che a casa mia, cioè nella mia città e poi anche

dappertutto, è andata via la musica e tutta la gente sta malissimo. Ci sono rimasto solo io, a suonare, non c’è più niente neanche alla radio e la gente quando vuole cantare stride e sta malissimo.»

Magonda l’aveva guardato fisso per tutto il tempo: forse quel bambino aveva qualche problema. Così preferì troncare.

Page 160: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

160

«Comunque» riprese, «a noi non serve quello che hai detto prima… Quel li-bro, come l’hai chiamato? Aliante?»

«Atlante.» «Sì, quello lì. A noi non serve, perché qui di abbastanza decente c’è solo Qui.

Almeno qui siamo abbastanza liberi, insomma. Ti sei accorto, neh, di quello che capita laggiù.» E accennò con una mano a quei luoghi oltre il confine, che stavano lontano, ma poi non così tanto.

«Sarà… A me sembra di capire che ognuno è abituato a casa sua» disse Martin.«Boh» fu il commento di Magonda, che facendo un’espressione un po’ interro-

gativa e un po’ scocciata chiuse lì il discorso.

«Letti non ne ho, e quella branda è mia» gli disse lei più tardi. Martin sbadigliava già da un pezzo. «Ma siccome se vai fuori a quest’ora ti sgozzano, per stanotte bisognerà che io ti tenga qui. Puoi stare nella tinozza.»

«Nel nido di cicogna, vuoi dire?» Martin spalancò gli occhi. Guardò la tinozza e calcolò che quantomeno avrebbe dovuto dormire seduto e con le gambe fuori. Ma in fondo era meglio che niente…

«Sì, veramente ci voleva andare Angelo ma dove ti metto, se ci si mette lui? E se stasera vuole una delle sue sere da strafare c’è sempre il nido del nibbio, un po’ più ristretto ma per una volta si adatterà, anche se mi scoccia che debba sacrificarsi, ma tanto è per stanotte e basta. Per domani sera, obbligatorio che tu ti sia trovato un altro posto, chiaro?»

Così Martin si trovò per la prima volta in vita sua a dormire in una tinozza appesa per aria con dentro un nido di cicogna, cosa che a tutta prima gli aveva suscitato perplessità. Ma appena ci si poté mettere dentro si addormentò di botto, chiudendo i battenti sulla giornata più piena della sua vita.

Page 161: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

161

xxxix

«Ehi, sveglia, dammi una mano.» La manaccia di Magonda scuoteva la tinozza. La lasciò all’improvviso e quella oscillò spaventosamente, e per poco Martin non finì scodellato per terra.

Si svegliò in quel modo, e gli sembrava di essersi appena addormentato; ma fuori era mattina. Magonda stava trascinando uno scatolone di scarpe rotte verso l’uscita. Quando l’ebbe portato fuori, rientrò e si mise di fronte a lui con le mani sui fianchi.

«Mi dai una mano, sì o no?» «Ma cosa c’è da fare?» chiese Martin con la voce impastata.«Lo vedi. Portare fuori la roba che c’è qui dentro.» «E perché?» «Perché, perché. È da vendere, ecco perché. Su, vieni fuori di lì.» Dopo un po’ erano tutti e due seduti sul marciapiedi della piazza, la stessa da

cui era stato salvato la sera prima, con le masserizie di Magonda a fianco, mentre Angelo faceva la sua ricognizione mattutina poco lontano in cerca della colazione. La stamberga era stata svuotata e sulla strada erano esposti il frigo, il tavolo, la branda, la tinozza, l’armadio, i bauli di stracci, le scarpe, una montagna di lattine vuote, una scopa buona e una col manico spezzato, tre saponette di cui una usata, due coperte del tipo utilizzato nelle cuccette dei treni magistralmente insaccate da Magonda in occasione dei suoi unici due viaggi a Stridore, frazione di Qui, una però sfilacciata su quasi tutto il bordo, quasi tutti i barattoli per bere esclusi due che si era tenuta per la giornata, una gabbia da merlo indiano mancante di tre sbarre – residenza dismessa di Angelo che aveva preferito i nidi, e che comunque recluso non era stato mai – tre dei quattro coltelli da cucina spaiati («Dovesse succedere che vendiamo tutto, ci teniamo un coltello in dotazione»), due cuc-chiai e cinque forchette, tre spazzolini da denti vecchi che potevano sempre essere venduti per pulire qualcosa, uno sturalavandini. Era tutto, perché i nidi non si toccavano e il lavandino non poteva essere smontato da dove si trovava.

«Scusa, ma a chi la vendi, questa roba?»

Page 162: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

162

«A nessuno, chi vuoi che la compri?» Magonda stava accucciata con la faccia stiz-zita e guardava in mezzo alla strada, e non si girò nemmeno mentre gli parlava.

«Ma lo fai tutti i giorni, questo traffico?» «Certo che lo faccio tutti i giorni.» «E perché vuoi vendere tutta la roba di casa?» «Perché? Perché è il mio lavoro, se no che lavoro faccio?» «Ma se la roba non te la compra nessuno, come campi?» «Mi arrangio, no? E se no tu hai un altro modo? Oh, ma quante domande fai?

Qui si fa così, e basta. A proposito, stasera smammare. Capito?!» E tacque, molto seccata.Non sapendo che fare, Martin si guardò intorno ed esaminò con più attenzione

il panorama, che già la sera prima gli era sembrato allarmante.La sua prima impressione fu confermata: di fronte a lui si apriva uno scenario

di devastazione come se ne vedono solo in certi film horror, per esempio Ossa spezzate a poco a poco, di cui aveva avuto la sventura di vedere una scena passando davanti alla televisione a casa di Frick.

Si trovava ospite di una città sozza e sberciata che di più non si sarebbe potuto. Mucchi di rifiuti stavano di fianco ai bidoni debordanti. Accanto a loro passavano moto guidate da pirati in giubbotti neri, che con i capelli stopposi al vento pun-tavano verso qualsiasi gatto o vecchietta trovassero in giro. In mezzo alla piazza stava l’edicola, fatta di pezzi di lamiera tenuti insieme da spaghi: esponeva giorna-li unti che sembravano di sei anni prima. Martin si avvicinò per verificare: il più recente aveva cinque anni e sette mesi, e l’edicolante gli spiegò che quelli nuovi non esistevano, perché a Qui succedevano sempre le stesse cose e bastava leggere un quotidiano stagionatissimo per sapere tutto, e tanto la gente non faceva caso più a niente. Anzi, per guadagnare qualcosa aveva inaugurato una nuova usanza: il cliente si avvicinava, gli dava un centesimo e lui gli lasciava leggere una delle pagine appese fuori, tanto per promemoria.

Ai margini della piazza si stendevano condomini dagli infissi pendenti, alterna-ti a baracche malferme davanti alle quali alcuni bambini litigavano nella polvere. Tra due colonne ammuffite del portico stava steso un bucato di indumenti sbrin-dellati, su cui il meccanico lì vicino ogni tanto si puliva le mani. Un’automobile gli passò accanto a pochi centimetri strombazzando e lasciando dietro di sé il boato di una musica arrabbiata. La vetrina del forno era fracassata, e così pure i vetri di alcune finestre e la a finale di «Banca».

Proprio da lì, all’estremità del portico, usciva in quel momento, nell’indiffe-renza generale, un tipo con un passamontagna in testa che trascinava con sé un

Page 163: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

163

vecchietto, il quale non sembrava per niente sorpreso. Raccontò poi ai pochi passanti che si erano fermati che era la quinta volta che veniva derubato mentre ritirava i suoi risparmi, e comunque il negozio di alimentari gli avrebbe fatto cre-dito anche quel mese, perché se no lui avrebbe detto a tutti che lì si vendeva solo roba di contrabbando.

E poi in qualche posto dietro alla piazza si sentirono alcuni spari e un’esplosio-ne. Ci fu chi rimase alcuni secondi a interrogarsi, ma visto che nulla era cambiato ognuno riprese la sua strada.

Martin ritornò vicino a Magonda. Se doveva cercarsi un rifugio per la sera stessa in quel posto, erano guai. Ma forse lei si sarebbe dimenticata, forse. In ogni caso lui non aveva nessuna intenzione di accennare all’argomento. Una tinozza è sempre meglio che venire sgozzati.

Lei intanto faceva la posta a un avventore, che stava osservando le scarpe vec-chie. Mentre costui se le rivoltava in mano per calcolare quanto ci fosse di sano, lei aveva già individuato la tasca più promettente dei suoi calzoni. Aveva dalla sua quelle mani lunghe lunghe e asciuttissime, che dopo una certa carriera riusciva a infilare ovunque senza farsene accorgere. Con leggerezza prese il portafogli e se lo nascose sotto il sedere. Dopodiché fece attenzione a non mostrarsi particolarmen-te sollecita con il suo potenziale cliente, tanto che alla fine quello se ne andò.

«E adesso facciamo la sottrazione» disse a quel punto.«La sottrazione?» «Sì, vediamo che cosa gli ho fatto fuori io e che cosa mi ha fatto fuori lui. Lui

mi ha sicuramente» e si allungò per rovistare nello scatolone delle scarpe, «sfilato le gialle della Stridore Volley del campionato di nove anni fa; ecco, infatti non ci sono più.» Si voltò verso Martin. «Non l’hai visto, che se ne andava con un’ascella più gonfia? No? Non hai l’occhio clinico, damerino. Be’, te lo dico io. Se n’è an-dato con un’ascella più gonfia, e quelle erano le mie gialle della Stridore Volley che dicevano bye bye. Prezzo commerciale uno virgola ventidue. E qui» fece aprendo il portafogli del suo cliente, «ci sono, vediamo, tre virgola diciassette. Meno uno virgola ventidue, guadagno pulito uno virgola novantacinque. Che, fregando i panini, ci può bastare per una fetta di formaggio da dividere. Angelo a pranzo è autogestito e a cena mangia briciole. E adesso rimettiamo a posto.»

Rimettere a posto significò cacciare di nuovo tutto dentro come capitava, cosic-ché alla fine la disposizione del disordine all’interno del tugurio risultò diversa da quella della sera prima. Però a un certo punto parve che a Magonda andasse bene, perché guardò in giro, si strofinò le mani nei calzoni e acchiappò Martin per un braccio. Una volta fuori, si chiuse la porta alle spalle e, attraversata la piazza, lo

Page 164: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

164

fece fermare un po’ distante dal negozio di alimentari. «Tu aspettami qui e non ti sognare di entrare» gli disse. E lei entrò.

Ne uscì di corsa dopo un minuto e mezzo circa, accompagnata da urli e seguita da due panini che, uno dopo l’altro, le colpirono la testa. Lei li recuperò per terra e se li mise in tasca. «Operazione completata con successo. Cosa fai lì? Dormi ancora? Andiamo» disse a Martin, e attraversò la piazza in senso inverso.

Erano di nuovo seduti sul marciapiedi fuori casa per la siesta, e Magonda can-ticchiava Siamo qui tutti insieme a fischiare in un tombino, pezzo di grande succes-so in quel momento a Qui. La piazza era deserta. Sugli alberi stenti cinguettavano alcuni tordi, il bucato spiegazzato sventolava pieno di manate d’olio del meccani-co, dalle baracche intorno giungeva il ronfare degli abitanti.

«Certo che questo posto fa schifo» disse Martin. Non ne poteva più di tenerselo per sé, quel parere.

«Ehi, buongiorno, Puntino» furono le parole di Magonda, e intanto gli rifilò uno scappellotto sottobanco.

Un’ombra gigantesca tolse la luce del sole a Martin, che strofinandosi la nuca guardò Magonda e poi guardò in su. Vide la montagna nera e i capelli biondi a spazzola. Quel giorno come ornamenti supplementari aveva una grossa catena verde da motorino al collo e un femore di pollo cucito sul taschino.

Martin tremò.«Che cosa fa schifo, bamboccio?» Puntino lo guardò come se volesse levargli

la pelle a pizzicotti; poi lo riguardò meglio e lo riconobbe. «Aaah…. Allora è qui con te, la cacca di piccione» disse a Magonda. «L’altra sera sembrava che si fosse sciolto, non l’abbiamo più trovato. E adesso eccolo, e anche mimetizzato. Come ti è venuto in mente di accollartelo, dì?»

«Oh… Avevo appena buttato due carogne di gatto nella spazzatura e non avevo voglia di occuparmi di un ulteriore cadavere. Lo sai che ai rifiuti della piazza ci devo sempre pensare io, se no mi entrerebbero dentro dalla porta alla mattina. Così mi sono detta: sano mi dà meno da fare, e allora… Ma stasera, partenza.» Si girò verso Martin: «Niente condoni.»

«Bene, così potremo riprendere la nostra caccia al tesoro» ridacchiò Puntino. «Io so suonare il pianoforte» disse Martin all’improvviso.«Il pianoforte? Credo che non ce ne siano più, qui. Ce n’era rimasto uno, ma

gli ultimi tasti li ho avuti per le mani proprio io. E cosa suoni, al pianoforte?» chiese Puntino.

«Oh, per esempio la Sonata al chiaro di Luna di Beethoven. Ma anche Smile di Charlie Chaplin, e altre canzoni. La mia insegnante di piano non vorrebbe ma…»

Page 165: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

165

«Boh» fu il commento di Puntino. «Senti, e quella di prima la sai?» Magonda si mise a canticchiare di nuovo Siamo

qui tutti insieme a fischiare in un tombino.«No, non la so. Conosco Imagine, e…» «Happy birthday to you» suggerì Angelo.«Zitto Angelo, lo sai che quella non è di Qui. A Qui i compleanni non si festeg-

giano» lo riprese Magonda. «Anche perché nessuno sa quando è nato.» «E quell’altra che fa “Cozza contro il muro vedrai che emozione”? La sai quel-

la?» domandò Puntino.«No…» Martin diventò rosso. Ma che canzoni erano quelle?«Questo qui non sa niente. È un disperato. Magonda, questo ti sta sul groppo-

ne e basta, se lo tieni qui. Scommetto che non riesci neanche a far fuori una foglia da un albero, così.» Puntino estrasse un coltello dalla tasca, si chinò, pizzicò la maglietta di Martin sul davanti e ne tagliò una fetta, lasciandoci un buco. Poi lo guardò con quella faccia da cane mastino, tenendo il brandello di maglietta tra le punte di due dita. «Così» ripeté.

Magonda guardava annoiata. «Per domani allora cosa facciamo?» chiese a un certo punto.

«Tutto pronto» rispose Puntino. «Il mercato della frutta chiude alle due, basta na-scondersi sotto il banco di Pitone fino allora e poi quando contano i soldi veniamo fuori. Sempre se la frutta arriva, perché il camion di ieri, l’hai sentito, è sparito.»

«Oh, se sparisce anche il camion di domani qualche cosa piluccheremo lo stes-so, per esempio le lampadine delle insegne, tanto ormai è organizzato. Chi c’è?»

«C’è Smeni, e il Bubbo, e la Caiana che è appena ricomparsa dopo la storia delle posate imboscate nel pozzo. In cinque può bastare.»

«La Caiana, quella schifosa? E me la mettete ancora vicina? Non lo sai che l’af-fare delle posate era mio?»

«Sì, ma lei dice che tu le avevi soffiato quello dei manubri, così siete pari. Che noia questi uccelli.» Puntino tirò fuori dalla tasca dei calzoni una fionda, raccolse un sasso e tirò a un tordo, che cascò secco dal ramo. Angelo ebbe un balzo e perse due penne dalla coda.

«Ehi, mi spaventi il merlo!» commentò solo Magonda.Martin si sentì diventare di brace. Si alzò in piedi col cuore che gli batteva nel

collo e fece alcuni passi rigidi per allontanarsi di lì senza parere. Forse il tordo era ancora vivo…

Fece un giro intorno all’edicola facendo finta che fosse per digerire meglio, e poi da dietro l’albero si avvicinò all’uccello.

Page 166: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

166

Era morto. E a lui si era aggiunto un dato in più sulla sua ospite: si trovava a dover con-

dividere l’abitazione di un’idiota, non solo ladra, imbrogliona e arrangiona, ma un’idiota vera, una senza fegato e senza sentimenti, per di più in un posto fuori di testa. Una cosa era certa: loro non lo sentivano, lì, il suono. E certamente avrebbe fatto fatica a trovare un qualsiasi luogo nell’universo in cui qualcuno lo sentisse, cosicché si poteva concludere che il matto era lui.

Fece un riassunto mentale: era scampato all’uomo di Ninfèr, era riuscito non si sa come a farsi aprire il cancello da quel soldato per svignarsela da Benabul, quel paese mostruoso, per cacciarsi nel putridume di Qui, tutte facce da patibolo, e senza più nessun desiderio e nessuna occasione, perché tanto a casa di lì non sapeva come ritornare nemmeno per scherzo, e lui sarebbe cresciuto e diventato vecchio lì in quel posto da vomito.

E il tordo era morto e ci fosse stato qualcuno che gli spiegasse perché, per che razza di motivo era dovuto venire giù dal cielo per diventare un pezzo di spazza-tura di Qui.

E venne il tramonto, tra le catapecchie vacillanti e nelle abitazioni unte e fumo-se. Da un pezzo Martin era seduto davanti alla tavola con le braccia conserte e l’espressione incarognita. Magonda pigiava gli stracci nei bauli, nel tentativo di chiuderli. Andava bene tutto, ma odiava quando ci entravano dentro i ragni, e ne aveva già tirati fuori due. Passò e ripassò più volte vicino a Martin dicendo qualcosa a voce alta; poi si accorse che non riceveva nessuna risposta e si fermò per guardarlo meglio.

«Hai capito cosa ti ho detto? Fai su la tua roba e finché c’è luce vattene.» E lui immobile.«Hai capito?» Lo guardò meglio e vide che era nero. «Be’, e adesso che cosa ti

prende?» E lui ancora immobile.«Oh, ti sei pietrificato? Che cos’è quel grugno, si può sapere? Se è perché vuoi

stare qui, te l’avevo detto fin da subito…» «Idiota.» «Come, scusi?» «Idiota, e anche peggio.» Martin era furente. «Non ti sei nemmeno mossa, non

gli hai detto niente.» «A chi, perché?» Magonda non capiva.«Il tordo.»

Page 167: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

167

«Ah, parli di oggi? Di Puntino? Embe’? Gli andava di ammazzare un tordo. Oh, ma che cosa vuoi da me? Non mi posso mica impicciare di tutto, io. Non era mica Angelo, poi. E tu, ranocchio» e gli puntò un dito sotto il naso, «tieni stretta la lingua, e ricordati che se non fosse stato per la qui presente tu saresti già insieme al tordo, o quasi. E adesso sono stanca di vedere la tua faccia, fai su le tue cose e vattene.»

E invece Martin non andò, e non se ne parlò nemmeno più. La sera si riprese il posto nella tinozza e Angelo non recriminò perché era, come si è già capito, di buon carattere. Solo Magonda rinfacciò la cosa a più riprese; ma Martin rimase lì, e si facevano una strana compagnia, lui rancoroso e lei antipatica, e spesso villana. E mal sopportandosi in quel modo andarono avanti.

Da un luogo molto dolce e ameno, Harmonia seguiva la scena.Era un po’ immalinconita per la sorte di quel ragazzino, e per la difficoltà del

suo viaggio; ma sapeva che con la necessità non si può discutere. Si volse però a guardare Lumen, che contemplava placidamente il tramonto dalla sua poltronci-na sulla soglia di casa.

«Sta facendo fatica» gli disse, sperando in una risposta. «Certo, lo sapevamo. Non è facile, per lui. D’altronde, deve…» «E non si potrebbe, per incoraggiarlo un po’…» «Ti conosco, mia cara Harmonia. Ti conosco come ti può conoscere un marito

che da duecentoquarantasette anni ti vede tutti i giorni. Se fosse per te, tu ti presen-teresti lì con i tuoi biscottini, gli faresti una carezza e gli diresti: “Dai Martin, fatti coraggio, adesso deve succedere solo questo e quello, e andrà tutto bene…”»

Harmonia arrossì leggermente per l’imbarazzo. Non si era ancora abituata del tutto, dopo tutto quel tempo, alla lucidità del consorte. «E be’, cosa ci sarebbe di male? In fondo…»

«In fondo, il viaggio deve farlo lui, e nessuno al suo posto. E sappiamo bene» e qui Lumen fece un sospiro impercettibile, «che il risultato non è scontato. Dipen-de da lui, anzi, a questo punto, direi da loro.»

«Ma adesso lui è scoraggiato, perché vede che non succede nulla…» «Non succede nulla perché è giusto così. Quando sarà giusto, succederà.» Harmonia tacque. Tanto lo sapeva, le regole erano quelle e sarebbe stato un

errore trasgredirle. Poteva comunque seguirlo con tutta la tenerezza che poteva, e di quella ne aveva tanta…

Tutto questo succedeva in un luogo molto vicino a Qui, ma Martin non poteva udire, né vedere, né tantomeno ricordare quei due che avevano parlato: così era scritto.

Page 168: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

168

xl

Era una notte strana, nella cella. Per ore Mike era rimasto accucciato sulla sua branda, con le spalle al muro, a guardare in alto attraverso la finestrella il cielo scuro. Quella sera Brenda non era stata capace di farlo parlare, nonostante avesse tentato con tutti i mezzi; anche la sua zuppa era rimasta nella scodella, e la guardia l’aveva riportata indietro intatta.

Alla fine lei aveva deciso di non disturbarlo. Si era isolato in un mondo suo, Mike, e dal respiro e da come ogni tanto si muoveva per cambiare posizione – quasi di scatto, come infastidito da qualcosa – anche senza guardarlo capiva che non si era addormentato.

Qualcosa doveva essere successo durante la giornata, là nello studio di Lutfilyon, qualcosa che probabilmente l’aveva sconvolto… Nelle prime ore dopo il rientro in cella, nella penombra, vedendo come sbatteva le palpebre e poi guardava da una parte e poi in alto, e poi chiudeva gli occhi e pensava e li riapriva, lei aveva compreso che c’era in lui un grande lavorio mentale, e un turbamento – quasi allibito, l’aveva visto a un certo momento, sì, quasi incredulo dei propri pensieri.

Ma alla fine lo vide alzarsi, stirarsi la schiena e passeggiare un poco avanti e indietro, finché non si fermò sotto la finestrella a guardare ancora quello spicciolo di cielo: ma sempre senza che gli uscisse una sola parola.

«Che cosa succede, Mike? Stai poco bene?» osò sussurrargli allora. Lui si girò verso di lei come se avesse scoperto in quel momento di non trovarsi lì da solo.

«Oh, Brenda… No, non esattamente… No, non sto male, almeno non… Scu-sami.» Si passò una mano sulla fronte. «Ma è che oggi, là dentro…» Si mise le mani in tasca.

«Siediti qui con me, no? Forse mi puoi raccontare…» Così Mike si sedette, e raccontò.«Me l’hai fatta venire tu, l’idea… Quando hai detto delle due sorelle, ti ricordi?

Che ti hanno messa lì per farle stare peggio… E allora mi sono detto: se fosse vero che hanno programmato questo, potrebbero anche fare altre cose del genere. E mi sono ricordato di una frase di Lutfilyon, una frase di tempo fa, quando mi ha

Page 169: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

169

fatto vedere per la seconda volta lo schedario, hai presente?» «Sì. Che cosa ti ha detto quel giorno?» «Mi ha detto, a un certo punto: “La gente del tuo mondo sta male, bisogna aiu-

tarla a divenire più tranquilla.”» Tacque un momento. «Aiutarla…» ripeté. «E poi mi ha detto, sempre quel giorno: “Purtroppo” o qualcosa del genere, “c’è ancora sulla Terra chi tenta, propone…”»

«Oh, Mike, così debolmente, ormai, purtroppo…» «Sì, ma qui dà fastidio anche quello! E poi mi è venuto in mente Indago, ti

ricordi? Suono, colore, frequenza, forma…» «No, Mike, non ricordo bene, io faccio…» «… la segretaria, certo. Hai ragione… Insomma ho raccolto le idee: seguimi…

Indizio principale: nel nostro mondo è scomparsa la musica. Fattori collaterali, che per il professore sono conseguenze dirette: un rallentamento o un’alterazione delle funzioni biologiche di tutti gli esseri viventi. Gente sfinita e triste, o violen-ta, incollerita, colori smorti, vegetazione malata e così via. Ci sei fin qui?»

«Sì, anche se non so come funziona sì.» «Non importa. Ti dico solo quello che ho pensato: la musica che è scomparsa

non è solo la musica come la intendiamo noi, Paula Camp per esempio, e il tan-go, e Stravinsky. Suono, colore, frequenza, forma… La scomparsa della musica è un fenomeno globale: è stata rubata anche la musica delle persone, da dentro la gente. L’armonia, Brenda. Capisci la parola, armonia?»

«Sì, Mike, ma è spaventoso… E come…» «Come? Con un lavoro paziente e abilissimo… Così paziente che in pochi se ne sono

accorti. E lo schedario c’entra moltissimo, con quello scemo di cassetto chiuso…» «Calmati, Mike, su.» Lui non l’ascoltò nemmeno. «Solo che io non ci capisco niente, in quella giun-

gla. Niente. Zero. Parole, parole. Vuoi un esempio? Nella sezione “Ancora di più”: “Legge dell’insalata”. Nella sezione “Ancora di men”: “Legge del merluzzo”. Cosa c’entrano i merluzzi? dimmi, che cosa c’entra un merluzzo lì in mezzo?!

«E allora mi sento male, Brenda. La nostra Terra è a un passo dal disastro, io sono qui e là dentro forse ci sono gli strumenti per comprendere, e invece no, manca la chiave di lettura, perché un orrendo vecchio con una mela in testa ha chiuso a due mandate un cassettino! E io così non ci arrivo, accidenti! Non ci arrivo e basta!! Se almeno sapessi come aprire quella maledizione di un cassetto!» Pronunciò le ultime parole con la voce della disperazione e si buttò di nuovo sul suo lettuccio.

Brenda rimase a guardare il grigio cupo di quell’ennesima notte immobile nel cielo che sembrava di carta, e non seppe che dire.

Page 170: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

170

xli

I giorni passavano, e nulla accadeva a Qui. Magonda usciva la mattina sempre col solito cipiglio e tornava qualche ora dopo con le tasche piene di robaccia: guarni-zioni, campanelli di bicicletta, tappi ermetici e qualche volta anche una confezio-ne nuova di calzini con il cartellino ancora attaccato, e una sportina con le cose più ingombranti che era riuscita a rimediare, più qualche panino. Martin restava con Angelo e imparava parole in danese, arabo e tedesco, e provava a insegnargli a fischiare a tempo di quattro quarti, tre quarti e sei ottavi. Oppure si faceva il negozio, smobilitando come al solito tutta la roba e portandola sul marciapiedi in attesa di qualche avventore.

Nei pomeriggi muffi di Qui arrivava l’uno o l’altro di quei ribaldi e con Ma-gonda si sedevano fuori sullo scalino del marciapiedi a parlare delle elezioni, che erano prossime e sicuramente non si presentavano complicate da svolgere perché, da quello che Martin aveva capito, per il posto di presidente, per il parlamento e compagnia bella c’erano complessivamente solo due candidati. Gli altri se l’erano svignata per conto loro o erano stati svignati, così aveva detto un giorno Puntino.

Oppure, e più volentieri, parlavano di lavoro, ovverosia di furtarelli e tresche, e come al solito sulla pubblica piazza: tanto lì era pieno di gente che parlava della stessa cosa, e lo facevano con facce avide e intriganti, perché il gusto principale era quello – non che risolvessero l’esistenza, infatti.

E intanto Martin ricordava il melo sulla collina, e le primavere impazienti nei giardini prima che i colori svanissero, e cancellando col dito la polvere dai vetri della porta sozza di ragnatele si chiedeva cosa stesse facendo lì, e gli sembrava tutto inconcepibile, come se avesse sbagliato vita, sbagliato continente. Aveva un sacchetto fatto d’erba appeso in cintura con dentro cose strane, sapeva che qual-cuno gli aveva proibito di aprirlo ma non si ricordava chi, e siccome lui aveva un po’ di fifa ubbidiva, non si sa mai che lì dentro ci fosse stata qualche punizione per i troppo curiosi. E poi del resto era meglio non parlarne, perché se si fosse messo a pensare a Charlie e alla musica e a casa e a come tutto era successo in un momento era fritto. Ma in ogni caso quel posto lì non aveva senso.

Page 171: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

171

Finché una sera, davanti a una salsiccia, glielo disse, a Magonda: «Questa è una città di gipeti. Tutti gipeti, siete.»

«Gipeti?» «Sì, uccelli spazzini, mangiatori di ossa, sempre a testa in giù impegnati a cer-

care carcasse. Nemmeno cacciano da soli, aspettano sempre il bottino di un altro, capito? Gli avanzi degli avanzi, mangiano, e una volta pappato il proprio pezzo basta così, arrivederci al giorno dopo. E quelli almeno puliscono tutto, invece voi… bleah. Guardati intorno, in quella piazza. Non avete un minimo di…»

Magonda lo guardava e aspettava. «Allora?» chiese dopo un po’, masticando un pezzo di pane. «Non ti viene altro di peggio per offendere?»

«Un minimo di…» «E dai, dillo.» «Ma tu ci sali, sugli alberi?» «Sugli alberi, io? E che cosa ci faccio?» «Potresti capire quello che voglio dire.» «Su un albero.» Martin annuì.«E questo mi cambierebbe la vita?» «No, ma…» «Fammi il piacere, mangia, va’» troncò lei con la bocca piena.Martin stette in silenzio per un po’, cercando l’argomento.«C’è un fiume, a Qui?» chiese alla fine.«C’è un canale. Perché?» Che tassa, quella sera. Ma cosa ruminava nella testa,

quella piattola?«E il canale, dove va?» «Mah, da qualche parte in campagna, credo. Ma sì, da qualche parte deve an-

dare.» «Andiamo a vedere?» «Ma vedere cosa? E poi è buio, dai, finisci quella roba.» E gli sospinse il padel-

lino sotto al naso.«Domani, domani pomeriggio» insisté Martin.Magonda mollò la mezza salsiccia che ancora stava mangiando. «Insomma, se

mi ti voglio levare di torno devo portarti a vedere il canale. Bah… Domani matti-na devo vedere la Caiana.» Sbuffò. «Per quello che me ne importa, dopo possiamo anche andare: vorrà dire che per domani salto il negozio. Poi però non la farai tanto lunga, vero? Perché la sera voglio andare all’Ossido.»

«Ossido?»

Page 172: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

172

«Sì, Ossido di Carbonio, la taverna. Quindi non farmi stracciare i muscoli per camminare, perché la sera voglio essere vitale.»

Presero per i campi a piedi, dall’altra parte della città rispetto a Benabul, poco dopo mezzogiorno, quando Magonda ebbe lasciato la Caiana. Avevano portato con sé i panini del pranzo più una birra per lei e una bottiglia piena d’acqua ruggi-nosa per Martin e Angelo. Arrivarono al canale, che stava un po’ in periferia. Am-massi di spazzatura giacevano nell’acqua torbida, sparsi fuori da sacchi morsicati e sventrati. Martin guardava il canale e si chiedeva come avrebbe potuto spiegare qualcosa a Magonda in tutto quello schifo. «Se fosse un’acqua diversa tu potresti sentire di esserci dentro e pensare, pensare come un pesce. Ma così…»

«Così mi viene da pensare come un ossobuco spolpato, o come una lattina vuota di piselli» lo sfotté lei.

«Ma dai! Possibile? Non c’è verso, con te, di parlare seriamente.» fece Martin indispettito. «Non prendi niente sul serio, fai quello che capita, parli come capita. Sei un putiferio.»

Magonda fremeva e sospirava. Chi gliel’aveva fatto fare, di accollarsi quello lì. E anche di fare una scampagnata idiota con lui invece di vendere qualcosina delle sue merci anche quel pomeriggio.

Camminarono comunque seguendo il bordo del canale, con Angelo sopra alle teste che impazziva vedendo un po’ più di cielo e osava voli radenti, ascese verti-cali e picchiate all’ultimo respiro, come aveva visto una volta a Rotterdam nel film Il pericolo è dentro di te.

«Una volta una vecchia mi ha detto di stare attento all’acqua. Che cosa voleva dire secondo te?»

«Voleva dire di bere poco da quella bottiglia, perché ti verranno il tifo, il mal di pancia e la vitiligine.»

«La vitiligine?» «Ma sì, anche.»

Fuori dalla città, il canale proseguiva nei campi il suo viaggio pigro. L’acqua non era molto meglio, anche senza i rifiuti; rospi gracidavano lungo la riva e grosse zanzare d’acqua andavano a zigzag sulla superficie.

Di fiumi non se ne vedevano.«Andiamo dagli alberi» disse Martin. «Laggiù.» A poche centinaia di metri sta-

va un boschetto; lo raggiunsero presto. «Vedi, sono lecci. Sono lecci, questi.» «E se sono lecci, che cosa vuol dire?»

Page 173: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

173

«Vuol dire che puoi salire, non è difficile.» Martin cercò un poco. «Ecco, tu puoi salire su quello, e io salgo su quell’altro vicino. Così, guarda.» Con un salto si appese in alto con le mani, tirò su le gambe e in un momento cominciò a passare da un ramo all’altro con destrezza, mentre Magonda rimaneva indecisa sotto al suo albero.

«Dai, prova, è divertente. Guarda dove sono già io.» E le agitò una mano dall’alto.Lei allora si rassegnò a salire con le sue lunghe gambe che la impacciavano,

giurando che era l’ultima volta al mondo che faceva una cosa del genere.

«Sei sull’albero?» La voce di Martin le arrivò di fianco.«Sì.» «Bello, no?» «Oh, figurati. Un sogno.» «E come pensi adesso?» «Penso come un tacchino che sta aspettando di cadere.» «Scegli un ramo più grosso, scusa, e poi guarda in fuori, in mezzo alle foglie.» Il ramo grosso, non l’aveva detto, lei l’aveva già scelto, ma non aveva voglia

di vedere sul serio quello che stava vedendo: l’oro delle foglie orlate di luce, i fili abbaglianti dei raggi che si addentravano fino a lei interrotti da fremiti d’aria, la capanna di verde smeraldino che l’accoglieva, e lasciava indovinare una libertà infinita là subito fuori da quel riparo, mentre Angelo appariva e spariva fra i rami come una saetta. E lei, lei Magonda in quel momento, seduta a cavalcioni su un ramo di leccio, lo capiva: capiva cosa vuol dire amare il cielo…

Appoggiò la schiena al tronco. Diventavano così lontani e diversi da lei, Qui, Puntino, le moto e il gruppo, le baracche sulla piazza. Così lontani che li aveva fuori dalla pelle, là distanti oltre una zona franca vuota di desideri e di paure che la divideva da loro, e così diversi che lì tra gli spiragli di quel nido racchiuso si infiltravano ricordi… Ricordi, ma quali? Di che cosa? Non riusciva a vedere, le sfuggivano…

Meglio così.«Andiamo» disse all’improvviso. Era abbastanza. Cercò la strada per scendere,

rimase un attimo appesa con le braccia al ramo e con un salto fu a terra. «Ci sei? Non ho mica tempo per aspettarti, io mi avvio. Angelo!» E si incamminò fretto-losa, mentre Angelo la raggiungeva con un lancio a quarantacinque gradi e una virata prodigiosa.

Martin dovette correre per raggiungerla, e per tutta la strada le stette dietro a fatica. Fino a sera Magonda non gli rivolse quasi la parola.

Page 174: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

174

La tinozza fu agitata all’improvviso da violenti scossoni. «Sveglia, sveglia, scendi di lì, ce ne dobbiamo andare!» Martin si svegliò di soprassalto: era buio pesto fuori dalla finestra, e non doveva essere nemmeno molto tardi: in casa arrivavano ancora molti rumori di moto e di voci, e liti di gatti – la vita notturna di Qui.

Intanto Magonda stava scuotendo anche il nido di Angelo. «Fuori, fuori tutti, dobbiamo andare via. Sveglia, andiamo!»

Martin aprì bene gli occhi e la vide come non l’aveva mai vista. Era pallida e si muo-veva in giro per casa come una pazza, ficcando roba in una sportina. «Questa volta l’ho fatta grossa, l’ho fatta grossa» ripeteva fuori di sé. «Dobbiamo sparire, subito.»

«Ma cosa c’è?» le domandò ancora confuso; vederla così lo spaventava. Scese dalla tinozza e si allacciò la cintura dei calzoni.

«L’ho fatta grossa» disse ancora lei. Era color cadavere e ansimava forte.«Ma non eri all’Ossido di Carbonio?» «Sì, appunto.» «E allora?» «E allora è entrato il Bubbo e ha mostrato a tutti un portafoglio. Era pieno di

soldi, era. Ha avuto una botta di fortuna, ha beccato un rappresentante di quelli ricchi e l’ha ripulito.»

«E poi?» «E poi io non ho resistito e mentre era girato in là l’ho ripulito io. Ho rubato al

Bubbo che è il più gran ladro di Qui. E con quelli che lo trattano male il Bubbo diventa una bestia.» Fece un segno inequivocabile sul suo collo, da sinistra a de-stra, e Martin si sentì mancare la forza nelle gambe.

«Dai, fuori» ripeté ancora lei. Prese Angelo, aprì la porta e uscì sulla strada. Martin la seguì, tutto assonnato. Lei lanciò solo un’occhiata indietro di traverso a quella che era la sua casa.

«Ma lui se n’è accorto, che sei stata tu?» Martin aveva già il fiatone, mentre le correva dietro.

«Certo che se n’è accorto, qualcuno gli ha fatto un segno mentre uscivo, e lui mi ha guardato e poi si è girato di nuovo verso il bar. Lo so come fa, fa finta di niente, ma a quest’ora ha già riunito i suoi amici e mi sta venendo a cercare.»

«E il portafogli?» «Ce l’ho io, naturalmente. Vuoi che glielo lasci? Tanto adesso bisogna che lui

non ci trovi mai più.» Procedeva a lunghe falcate con Angelo in spalla; Martin fece un po’ di passi di

corsa per arrivare a raggiungerla. «Ma non era anche tuo amico, il Bubbo?»

Page 175: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

175

«Amico, amico… Quel portafogli mi era ancora più amico» rispose lei secca-mente. «E basta domande, che il fiato mi serve per andare.»

Andava per i vicoli svoltando all’improvviso di qua e di là, e sembrava che vo-lesse seminare anche lui.

«Sono stanco, Magonda, ci possiamo fermare?» chiese lui quando sentì che i muscoli delle gambe gli facevano un male insopportabile.

«Fermarci? Ma sei matto? Vuoi che ci facciano secchi tutti e tre?» E invece di rallentare, accelerò.

«Ma si può sapere dove andiamo, almeno?» «Non lo so» rispose lei. Poi si fermò di botto. «Non lo so, accidenti, crepino

tutti i Bubbi.» «Forse dalla Caiana» provò a suggerire Martin.«La Caiana? Peggio che peggio, non vedrebbe l’ora, quella lì. Dopo dieci minu-

ti, no, anche meno, arriverebbe il Bubbo con tutto il corteo.» «Andiamo via da Qui, per i campi, allora.» «Per i campi ci vengono dietro con le moto e diventiamo due copertoni anche

noi.» Svoltarono in una strada più grande. Due bar erano ancora aperti; passava-no ancora macchine sbilenche e qualche moto. C’erano ancora qui e là finestre accese; in strada alcune persone chiacchieravano con le loro cicche fra le dita e un ragazzo spingeva a calci una bottiglia in mezzo al marciapiedi, divertendosi al rumore mentre qualcuno ai piani alti si sporgeva a protestare.

C’era un’officina meccanica, poco avanti. La costeggiarono come se niente fos-se, poi Magonda girò l’angolo e Martin la seguì. Oltre uno steccato sberciato che fu facile passare, una rampa di scale conduceva in alto sul tetto a terrazza. Da una parte riposava la massa scura di un mucchio di rifiuti: lattine d’olio, cartacce, pezzi di motore; ma gli altri lati erano sgombri. «Per adesso ci fermiamo qui» disse lei. «Aspettiamo l’ora che vanno un po’ tutti a letto e intanto pensiamo.» Salì in fretta e andò a sedersi per terra in fondo, dietro al parapetto.

Page 176: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

176

xlii

Si prese Angelo sulle gambe, e mentre riprendeva fiato lo accarezzò sulla cresta arancione con piccoli tocchi nervosi.

Martin, in piedi, li guardava. Ci fosse stato un posto, su quel terrazzo, dove lui avesse potuto sentirsi un po’ bene. Come Angelo, per esempio. Invece no: dalla scia in poi non l’aveva più avuto, un posto che fosse il suo. Sempre solo oppure a scappare, e adesso c’era il Bubbo che cercava quella fuori di testa e chissà, anzi, a quel punto in quanti erano a cercarla, e trovando anche lui con lei si poteva bene immaginare quello che avrebbero deciso di fare… E lui aveva paura. No paura: terrore cieco. Ed era solo.

«Sei una pazza» disse a Magonda standole a distanza. «Questo è un posto di pazzi e tu sei più pazza degli altri. Tu e il tuo merlo schifoso, tutti e due.»

Lei lo degnò appena di un’occhiata. «Guarda, non è serata» masticò astiosa. «Non ne ho voglia, proprio.»

E allora Martin sentì una pressione forte nel petto. Era troppo, tutto quello era troppo. E per giunta le sue mani s’erano messe a ricordare il pelo ruvido e secco di Charlie, e il tappo di lavandino che aveva per naso sul muso. E tutto quello era troppo.

«Voglio Charlie» disse all’improvviso.«Chi, il tuo cane?» Magonda alzò le spalle. «Ma quello non c’è, cosa lo vuoi a

fare? Non hai detto che è morto?» Smise di accarezzare Angelo e continuò acida. «Ti pare il momento di fare il romantico? Non c’è più, il tuo cane!»

Non poteva prevedere, Magonda – perché prevedere non era nel suo costume – la reazione che seguì. Martin strizzò gli occhi e le guance gli si gonfiarono, e per un lungo momento parve che stesse per morire strozzato. Poi cominciò a pestare i piedi in terra, velocemente, stringendo i pugni. Tirò fiato, alla fine, un respiro fischiante da bruciare i polmoni, e lì, accanto alla balaustra di quel loro precario rifugio, la voce gli uscì roca e violenta: «Cretina, stracciona, delinquente!!! Ma lo capisci sì o no, che sono un bambino? io sono un bambino, scema!! ti odio! ti odio!! ti odio!!!» E si lasciò andare ai singhiozzi, con gli occhi stretti e le lacrime

Page 177: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

177

a fiumi, lasciando uscire tutto, la solitudine che l’aveva perseguitato, e la nostalgia che non riusciva a sopportare, e il sonno, e la stanchezza, e la paura.

«Ma vai a quel paese» stava per dirgli Magonda.Ma poi lo guardò meglio e tutto quel dolore la fece fermare. Da qualche angolo

sepolto di sé le arrivò un barlume che ci poteva essere un altro modo, che si poteva fare qualcosa di diverso – ignara del fatto che quando succede così accadono poi miracoli.

E fu così che Magonda, sì, proprio lei, dopo aver esitato un momento si alzò in piedi e fece i pochi passi che la separavano da lui, e quando l’ebbe raggiunto si chinò – non era alta il doppio, ma quasi – e con due dita gli alzò il viso.

Lo guardò con i suoi occhietti dritto negli occhi, cercando lentamente di rac-cogliere ogni messaggio da quello sguardo; e quando ebbe incontrato tutta quella tristezza l’ascoltò per un lungo momento. E dopo che l’ebbe sentita tutta quanta, disse in un sussurro: «Scusami.»

Una specie di singhiozzo si sciolse nel petto di Martin, che poté finalmente sentire quel sollievo speciale che dà la vicinanza, e sorprendendosi di se stesso si trovò stretto stretto a Magonda, o a quel po’ che poteva abbracciare di lei.

Quella sera Martin, col naso pigiato contro il bordo inferiore del gilet di Magon-da, si gustò l’odore della similpelle e gli parve profumo di biscotti. Poté darsi il per-messo di cingere con le sue braccia le gambe di quella spirlungona e sentire che con lei, a quel punto, anche senza dover dire niente era tutto a posto. Capì che la forza non è fatta di pugni, maschere, barriere e sicurezze, ma del coraggio di sapersi fragili e comunque rischiare – rischiare di star male, di fare un buco nell’acqua, di perdere la faccia e altro ancora. Ma è l’unico modo per uccidere per sempre la paura.

Quanto a Magonda, con quel moccioso incollato ai pantaloni, alzava gli occhi al cielo, lo toccava per respingerlo ma poi ritirava la mano come se scottasse, la scuoteva, non sapeva dove stare e cosa fare. Ma era troppo tardi, perché dentro le si stava risvegliando come una memoria del cuore, una sensazione antica, di quando non sapeva, ma sospettava fortemente che si chiamasse com-passione. E comunque al di là delle filosofie lei, lei Magonda, al momento in piedi sul tetto di un’officina meccanica, aveva un merlo e un bambino cui badare…

Insomma quella sera Magonda cominciò ad avere il sentore che a volte per an-dare avanti bisogna tornare indietro: e i fatti che poi seguirono gliene avrebbero dato conferma.

Ma tutto questo fu in realtà una questione di pochi, brevissimi istanti, e cosa accadde non è nemmeno possibile spiegarlo per bene, perché il cuore è molto ma molto più veloce delle parole.

Page 178: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

178

«Ma sei sicuro? Da dove veniva?» Dalla strada arrivò rumore di passi e di molte voci concitate.

«Sì, ti dico. Era qui, ho sentito gridare qui. Bubbo! Vieni!» «Ma chi ha gridato? Hai riconosciuto la voce?» «Un ragazzino, mi sembra, forse era la voce di un ragazzino.» «Allora può darsi, c’è sempre quello scemetto con lei.» «Qui, vieni, proprio da queste parti! In alto, veniva da quassù!» «Ehi, qui si sale! Su, su, venite qui! Proviamo, dai!» Martin lasciò il suo abbraccio e si tappò la bocca con tutt’e due le mani; ma

ormai le parole erano scappate via da un pezzo.Magonda sospirò e guardò il cielo: «Ecco fatta la frittata» disse.

«Oh Dio, e adesso?» disse Harmonia con l’innaffiatoio in mano. Stava per avviarsi verso la porticina della capanna, ma si fermò, posò il suo attrezzo e guardò Lumen attendendo la risposta.

«Ormai ci siamo» disse Lumen mentre finiva di sistemare alcuni vasi pieni di germogli. «È ora, non si può più aspettare.»

«Sì, è ora» ripeté lei. «Pensi di…?» e lasciò sospesa la domanda mentre tornava verso di lui. «Senz’altro, fra pochissimo.»

«Ma… tutti e due?» «Penso proprio di sì. Lei può andare, adesso.» «Si può fare un po’ presto, Lumen, per favore? Per esempio subito? Non vorrei…» «Tranquilla… Tu stai sempre in fibrillazione, per quel soldo di cacio.» «Che male c’è… E senti, Lumen…» «Sì?» «Il portafogli? Che cosa pensi di farne, del portafogli?» «Ci penserà quel… Come si chiama, Bubbo?» «Mi pare.» «Ecco, se la dovrà vedere lui con quel portafogli, che ne dici? A lei, per questa

volta, bisognerà abbuonarglielo. Poi si vedrà…» «Sei buono, Lumen, sei davvero una brava persona. Sono contenta, di averti

sposato.» Stettero in silenzio, intenti, come se ascoltassero l’aria.

«Ora, Martin, quando salgono tu salti di là, no, no lì, stupido, di là dall’altro fianco, e te la svigni da dietro, capito? E corri, tanto a loro non interessi. E prendi Angelo con te. Sparite.»

Page 179: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

179

«E tu?» «Io me la cavo. Io me la cavo sempre, non ti preoccupare. Dopo vi raggiungo.» «Sì, ci credo, che ci raggiungi…» «Angelo qui. I won’t go babe» disse Angelo abbrancandosi con le unghie a una

spalla del gilet di lei.«Io non me ne vado, Magonda» disse Martin, e con una mano si attaccò alla

sua cintura.

«Cucù!» La prima ombra arrivò sulla terrazza e le borchie di un giubbotto man-darono un brillio alla scarsa luce. «Tombola, Bubbo! Sono qui» ridacchiò la voce. «Ehilà, bellina» aggiunse, e una manaccia agitò le dita con fare vezzoso.

Con un balzo Bubbo fu in cima; sotto la luna piena s’indovinava il suo sogghi-gno soddisfatto. Dietro di lui, ancora scalpiccii di gente che saliva e chiasso di voci roche. Una catena roteò nell’aria.

Magonda cercò di spingere via Martin. «Allora, te ne vai?» «Ti ho detto no» disse lui di nuovo, e restò lì.Il Bubbo e gli altri avanzavano verso di loro, lentamente, lentamente, per assa-

porarsi ogni momento.

Accadde molto velocemente. Nel lurido quartiere, in mezzo alle baracche scro-state, dai rifiuti ammucchiati là sul tetto, dal rombare delle moto e dalle voci stridule, nell’aria malsana e sotto stelle sbiadite, una musica sorse. All’inizio fu il ruzzolare di un barattolo, poi il miagolio di un gatto, un rumore di passi e una finestra che sbatteva. Non furono i soliti suoni sparsi, ma formarono un accor-do. E piano piano altre note si aggiunsero, in perfetta armonia con le prime: un frusciare di foglie dall’albero accanto all’officina, il cigolio di una porta, le risa di quegli sciagurati.

«Cos’è questa roba, adesso?» chiese Magonda confusa. Da quelle parti non usa-va una musica così.

Ma Martin, di nuovo abbracciato a lei, già ascoltava e l’aveva riconosciuta. «La senti anche tu?» chiese sorpreso, scostando il viso per sentire meglio.

«Sì, ma cos’è?» «È la musica» rispose Martin rimanendole vicino. Magonda non capiva, ma quel-

la cosa le faceva venire come un nodo in gola, a lei, e che cavolo, proprio a lei…E in un crescendo di accordi e melodie che si raggiungevano, confluivano e si

fondevano l’una con l’altra, ogni vetro in frantumi, ogni latrare di cane e ogni rottame gettato a terra, ogni clacson e ogni risata dai bar scalcinati intonò la sua

Page 180: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

180

partitura, e ogni cosa, ogni piccolo suono era assolutamente al suo posto in un corrispondersi perfetto; finché il concerto si allargò e raggiunse il cielo, e le stelle che non erano più così sbiadite risposero con il loro canto vibrante e tutta l’aria fu invasa da una sinfonia meravigliosa.

«Pensaci tu» disse a Bubbo quello che era salito per primo. «Ti spetta questa sod-disfazione.»

«Adesso state a vedere, me la pappo col pane, quella mentecatta» disse il Bubbo, e gli altri a ridere.

Ma Martin e Magonda, e Angelo con lei, erano stati circondati da una luce e avevano cominciato a girare insieme su se stessi. Dapprima volteggiarono come lente foglie d’autunno, mentre la luce si faceva sempre più intensa e li portava con sé. La musica risuonava intorno e dentro a loro, potente e sconfinata, e loro, non potendo fare altro, si lasciarono portare.

«Non li vedo più» disse Bubbo disorientato, voltandosi di qua e di là. «Ma come non li vedi…» L’altro guardò anche lui e non vide niente. «Ohi,

dopo aver fatto tanta confusione te li sei fatti scappare?» Quelli del gruppo dietro fecero qualche passo per cercare anche loro, intorno

al parapetto e dietro al mucchio di rifiuti, ma poi dovettero ammettere che lì non c’era nessuno.

Solo, in un angolo, Bubbo trovò il portafogli – gonfio di soldi, come se niente fosse successo.

Ma di Martin e Magonda non c’era già più traccia. Bubbo e gli altri rimasero sul tetto a guardarsi in giro con le facce istupidite

come se stessero smaltendo una sbornia. Martin e Magonda, e Angelo con lei, continuavano a girare su se stessi sollevati

in aria, ormai lontani dalla loro vista; finché quel roteare non divenne più veloce, mutandosi poi in un vortice che li trasportò via.

Non si dissero più niente perché non ci fu modo e non ci fu tempo, e perché la sorpresa li aveva ammutoliti.

Page 181: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

181

xliii

Furono deposti su una larga pietra piatta, in un posto strano, mai visto, arido che solo a guardarlo si seccava la gola, e accidentato da pungere lo sguardo. C’era di tutto: prismi rocciosi delle più varie altezze, sassi di ogni forma e dimensione e qui e là, incastonati nel terreno, strani cristalli neri lucidi e rotondi. Ma non una strada o un sentiero; e intorno, dappertutto, solo cielo.

In lontananza, un castello. Di un grigio plumbeo e tutto torri e guglie altissime stranamente contorte lanciate nello spazio, così lontano che alcune cime erano invisibili, sorgeva isolato in quella nudità, sullo sfondo di quel cielo smorto e tutto uguale.

E nel silenzio spettrale si udivano a tratti un lamento roco, un soffio, un cigolio…

Da una spalla di Magonda, anche Angelo guardava con gli occhi gialli sbarrati. Per quante esperienze potesse aver avuto, non aveva mai visto un luogo simile, così preoccupante e privo di ogni segno di vita.

Dopo il primo istante di stupore, Magonda tirò Martin per la maglia e lo fece accovacciare. Al riparo di un’alta pietra si guardarono in faccia. Nella mano di Magonda, Angelo ancora guardava avanti a sé con lo sguardo fisso.

«Intanto vorrei sapere che cosa è successo» cercò di scherzare Magonda. «Ero sul tetto di un’officina meccanica…»

«Anche a Benabul non c’era acqua» osservò Martin dopo un po’ «ma qui è anche peggio.» Scrutò il castello sporgendosi dal suo rifugio e per un attimo scan-dagliò quel paesaggio fosco. «La musica» disse poi con un filo di voce.

«Ma quale musica? La musica cosa? Mi fai capire?» chiese lei, sbirciando ancora lontano.

«È che a casa mia è sparita la musica. È pericoloso, qui.» E guardò Magonda costernato.

Un lungo lamento echeggiò nell’aria.«Ehi!» Magonda scosse una manica di Martin. «Che c’è?»

Page 182: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

182

«Si è alzata!» «Cosa?» «La torre più a destra! È diventata più alta!» «Ma va’ là.» «Ohi ragazzino, ti dico che si è alzata. Sono una che sta attenta, io. Non per

nulla a casa facevo la… facevo…»«Facevi?» «Mah. Non mi ricordo. Comunque si è alzata.» Intanto Angelo, riavutosi, aveva preso a svolazzare basso in giro.«Stai qui, Angelo, stai qui» lo richiamò Magonda; ma lui andò lo stesso, e lei lo

lasciò fare: chi poteva accorgersi di un merlo là in mezzo?«Ma non vedi nessuno nemmeno tu? Non c’è una sorveglianza, niente?» chiese

Martin.«Pare di no.» E invece la sorveglianza c’era, nella guisa dei neri cristalli che in quel momento

guardavano implacabili.Il primo a farne l’esperienza fu Angelo.Stanco di volare, si posò a terra. Zampettò un poco, finché non si posò su una

di quelle pietre nere. Una voragine si aprì e lo ingoiò.

Era passato solo qualche istante quando Magonda decise che si doveva tentare qualche cosa. Si alzò e non vide Angelo; lo chiamò sottovoce brontolando sull’in-disciplina di quell’animale e aspettandosi di vederlo spuntare da qualche pietra con una delle sue solite parole straniere nel becco.

Ma non accadde.Magonda si spostò dal suo rifugio. Avanzò acquattata di pietra in pietra, scru-

tando intorno. Quello spettacolo di desolazione, quell’edificio senza vita la in-quietavano. Quel castello, in particolare, così deserto all’apparenza, e che all’in-terno ospitava chissà quale segreta attività, chissà che calderone di forze oscure, aveva l’aria di una belva dormiente…

E Angelo?Anche Martin si era rimesso in movimento. Circospetti, silenziosi, chinati a

terra, procedettero cercando; e fu così che uno dopo l’altro appoggiarono il piede sui cristalli.

Precipitarono con un urlo soffocato e atterrarono di sotto con una gran botta, rimanendo per un poco annichiliti al suolo.

«Sei vivo?» chiese poi Magonda; e mentre si strofinava le giunture ammaccate,

Page 183: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

183

allungò una mano a cercare il suo amico. Era vivo, grazie al cielo; e con gli occhi frugarono insieme per cercare di farsi un’idea.

C’era una fioca luce là dentro, proveniente di lontano, e in distanza voci, voci come di soldati: ordini secchi, qualche grido perentorio, il suono appena distin-guibile di una marcia.

Sembrava un sotterraneo, maleodorante e disgustoso, o forse una grotta. Sta-lattiti sporgevano dalla bassa volta e una densa polvere rossiccia copriva il terreno. Qui e là, chiazze dall’aspetto viscido e pozze di un liquido denso e scuro. Umide bozze a migliaia, come funghi carnosi, occupavano la parete di sinistra. Di fronte a loro, larga e tozza, stava una grande colonna di terra compatta, e alla loro destra la volta si chiudeva in un buio angolo melmoso, dove l’occhio non arrivava a ve-dere: ma da quel punto correva su tutto il lato un piccolo canale, che spariva giù in fondo sotto a una scala; e in cima a questa, stava un’apertura.

Schizzando in volo orizzontale, come catapultato fuori da chissà quale marchin-gegno, arrivò Angelo, e cadde a terra poco lontano. Fu recuperato con sollievo dal-la mano di Magonda, che gli chiese dove fosse finito e gli brontolò irritata qualcosa circa i merli scemi e il crepacuore; ma lui non ebbe la forza di rispondere.

«A te cosa sembra questo posto?» chiese Magonda.«A me?… Un terribile vomito di grotta, oppure una cantina dove molta gente

viene a sputare, e quella sulla parete a sinistra mi sembra trippa appesa…» «Appunto, trippa. Bello mio, a me questo pare vivo. Gli occhi, i lamenti, la

trippa…» «Vuoi dire che noi…» «Esattamente.» «Ma allora, le voci?» «Mah» fece Magonda. «Uno squadrone…» In quella il terreno si mosse, la volta si avvicinò al suolo e un rumore tremendo,

seguito da una specie di gemito insonnolito, li assordò.Era ora di cercare di saperne di più, e subito, visto che ormai quella specie di

pancia si era messa in agitazione e fra scosse varie emetteva lamenti e indecorosi gorgoglii; Magonda annunciò che sarebbe andata in ispezione.

«Tu? Ti beccano subito» obiettò Martin, squadrandola da capo a piedi.Così Angelo si offrì di andare. Volò rasente al soffitto, protetto dalla penombra,

evitando quelle sfere nere; e tornò spettinato, stravolto, con l’aria di un piccolo aereo che ha dimenticato a terra il pilota. Si posò sulla mano di Magonda e stette lì con le pupille fisse nel vuoto. Invano lei lo picchiettò sul dorso, cercò di riani-marlo, gli domandò: lui rimase muto e non si mosse per un po’.

Page 184: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

184

«Loro uomi. Ferro» disse quando se la sentì. Anche un merlo indiano interprete a volte fa fatica a spiegare.

«Uomi? Uomini?» chiese Magonda. «Sì. Uomi. Ferro, giallo. Qui, qui ferro, lì no ferro. E loro marsch, non stop. Tanti picchia. Alt! Marsch! Molti. Ferro magro. Fiume. Tutti guarda fiume. Wasser. Schwarzes wasser, schifo. E naaave…»

«Se ho capito bene, sono una specie di soldati fatti anche di ferro…» «Gelb.» «Ferro giallo… ottone, circa. E marciano, e alcuni sono magri, e c’è qualcuno

che urla e li picchia, vicino a un’acqua nera, e c’è una nave.» «Nave, su nessuno. Su vatten.» «Vatten?» «Vatten. Acqua. Marcia. Brutti.» Ad Angelo impallidirono le pupille. «Ferro,

brutti. Piangono.» Abbassò le penne e rimase afflitto nella mano di Magonda.

«Allora, ragazzi, riassumendo: qui non possiamo stare, e non ci piove: prima o poi arriverà qualcuno, ci vedranno… Andare tutti insieme, e poi dove, ci guadagnia-mo minimo un soggiorno per tre in qualche stanza di tortura, e sarà meglio evi-tare. I macchinari, quelli là, i soldati macchinosi, macchinati, oh, i soldati mezzi di ferro o chiunque siano, sono girati verso il fiume, o come si può chiamare una porcheria come quella che ha visto Angelo. A destra in fondo ci sono dei gradini e poi quella che sembra un’uscita. Voi andate lì e al resto ci penso io, auguri, ci vediamo più in là» disse Magona accennando a uscire allo scoperto.

«Ma sei matta?! Vuoi che ti facciano secca? E poi dove andiamo, noi?» Martin era costernato.

«Bambini, andate, andate, da qualche parte arriverete, buona fortuna. Si può dire solo così, no? E che altro c’è da dire? Mettitelo in tasca» disse a Martin indi-cando Angelo col mento. «Bye, e adesso correte.» Senza aspettare altro, si avviò oltre la colonna, e con passi baldanzosi si diresse verso il punto da cui venivano le voci. Martin vide la sua mano destra, che agitandosi in basso gli faceva ancora segno di correre.

«Ehi, ehi! Ragazzi! Ehi, voiii!» le sentì dire. «Mi aiutate, per favooore? Credo di avere sbagliato locale. Ehi! È questo l’Ossido di Carbonio? Scusate!»

Martin stette nascosto, con Angelo in tasca, dietro la colonna. Vide Magonda giù in fondo in mezzo alla spianata, e poi circondata da un gruppo di individui spaventosi, e lei con la sua voce petulante faceva la civetta – «Ma davvero non è l’Ossido di Carbonio? E che musica suonate, qui? Disco? Lo conoscete quel pezzo

Page 185: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

185

che fa Siamo qui tutti insieme a fischiare in un…» e chiedeva ancora che discoteca era quella lì; e mentre il gruppo gli voltava le spalle lui corse più forte che poté e si buttò nel piccolo canale che correva lungo la parete. Raggiunse i gradini che aveva visto di lontano, e svelto come un gatto li salì e si infilò in uno stretto passaggio.

Protetto dall’ombra gettò indietro uno sguardo frettoloso. Vide, più avanti rispetto a Magonda e al gruppo che l’attorniava, file e file di quegli esseri che senza nemmeno volgere il capo marciavano sul posto controllati da capisquadra e minacciati da fruste d’acciaio, e davanti a loro quello che sembrava un tratto di fiume, colmo fino all’orlo di acqua nera, e la nave ferma alla fonda.

E vide anche, vicino a una di quelle file, uno di quei capisquadra, un essere di corporatura imponente, girarsi, guardare insistentemente verso di lui, e poi stac-carsi per raggiungere il gruppo che aveva circondato Magonda.

Superò il passaggio. Oltre quello, trovò sulla destra una scalinata che si adden-trava in un edificio, curvando verso sinistra. Cominciò a salire, controllando con una mano che Angelo fosse sempre lì, e sperando di non incontrare nessuno.

Quando sentì i passi dietro di sé, si era appena accorto che la scala finiva contro un muro e si stava chiedendo spaventato cosa fare.

Non fece in tempo a voltarsi. Una mano poderosa si posò sulla sua bocca, una mano di carne e metallo. «Non fiatare» gli disse una voce. Tenendolo premuto contro di sé, quell’individuo lo spinse in avanti. Martin infilò come poté una mano in tasca per proteggere Angelo; intanto il muro si era aperto e lui vide un atrio con una scala a spirale nel mezzo.

Poi venne trascinato verso una parete e, oltre quella, in un lungo corridoio. Lì, quell’individuo affrettò il passo e lo costrinse a correre in malo modo per non cade-re a terra. Si arrestò in fondo, proprio di fronte a due porte: aprì quella di sinistra, entrò con lui e richiuse. Lì iniziava un altro passaggio, più stretto; e sulla sinistra stava di nuovo una fila di porte. L’individuo si fermò davanti a una di quelle, la spinse e fece infilare in tutta fretta Martin sotto l’unica branda. «Tu stai lì e non ti muovere per nessun motivo» gli ordinò; e se ne andò immediatamente.

Page 186: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

186

xliv

Duecento scalini più in alto, nel salone, un cocktail di tutto rispetto era in corso da poco. Le colonne istoriate e le sculture viventi facevano da degna cornice a quell’evento. In piedi a poca distanza dal tavolo ovale, adibito per l’occasione a buffet, Gamondock faceva tintinnare delicatamente il suo calice con la punta di un’unghia mentre osservava i suoi ospiti.

Amabron e Secce si erano sistemati davanti ai vassoi e badavano bene a non avere le mascelle disoccupate nemmeno per un momento; e Amabron, quell’in-gordo, era già al suo terzo bicchiere di Candida Celesta, la mistura più stucchevole di quella sera. Arnold, più discreto, infilava provviste nel cappuccio del mantello. Fango stava in disparte: si era riempito un piattino e consumava i suoi stuzzichini senza mescolarsi agli invitati.

Lutfilyon si era scusato – l’età e le artriti gli impedivano di fare vita mondana – e d’altronde a Gamondock ciò non dispiaceva, mai che si fosse messo a contare ad Amabron le calorie delle tartine; e per di più così era scongiurato il pericolo che a Secce venisse in mente di chiamarlo Lutfy, cosa che al vecchio attizzava sempre una voglia bestiale di metter mano all’Orrido Fischietto.

Ma la mina vagante della serata era Acce, che porgeva pistacchi a Erchidia con fare galante, e in quel momento le stava facendo l’occhiolino dalla parte di faccia dove lei poteva vedere. E mentre Segrinia le stava a fianco indisturbata, lei stava cominciando a irritarsi.

Così Gamondock si avvicinò. «Mi sta prendendo in giro?» gli mormorò Erchi-dia in un orecchio. «Fa il finto guercio perché mi crede cieca da un occhio?»

«Ma no, mia cara, è estasiato dalla tua bellezza, e dalla tua nobiltà – lo sai, questi nuovi ricchi…» le rispose lui pianissimo. «Oh, Acce, proprio con te volevo parlare un attimo» continuò prendendo sottobraccio lo spasimante di Erchidia. «Questa bella signora ci scuserà…»

E mentre se lo portava via, vide dal cenno della mano di Erchidia che questa scusava volentieri.

Fu bussato alla porta, e Fango aprì; e dopo aver parlato un attimo col nuovo ve-

Page 187: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

187

nuto si avvicinò a Gamondock. «È… è Muzow, signore» disse turbato. «Pare… oh oh, pare che ci sia un nuovo prigioniero… Anzi una prigioniera, una donna.»

Come Dio volle, gli invitati se ne andarono, alla fine, e Gamondock, che fino ad allora aveva dissimulato bene il suo nervosismo, passò nel suo studiolo ad aspettare Fango. C’era l’interrogatorio, giù all’ufficio di Muzow e Kuzow, e il suo segretario era tenuto ad assistervi.

Arrivò, Fango, alla fine, ansimante come al solito, e bussando con la manina chiese il permesso di entrare.

«Allora?» «Allora l’abbiamo sistemata, signore. L’a… l’abbiamo sistemata, sì. In galera

con gli altri.» «E chi è, quest’altra rompiscatole?» «È… è una donna, signore.» Gamondock lo guardò di traverso.«S… sì sì sì, è vero, lo sapeva già. Dunque, è una donna. Magonda, una donna.» «E da dove verrebbe, questa?» «Da Qui, signore.» «Qui? Mai sentito. E come sarebbe arrivata?» «Ecco, uh, signore… Lei… lei ha detto così, si è trovata qui mentre ballava.» Si mise fermo ad aspettare la reazione.Ma Gamondock non rispose: un momentaneo blocco respiratorio l’aveva reso

cianotico.«Sì, sì, va bene, vai» disse dopo un po’ tossendo. Licenziò con un cenno sgarba-

to il suo segretario e rimase da solo a rodersi sulla poltrona.All’alba sarebbe andato da quel vecchio, decise. Da quel vecchio incapace. Lu-

tfilyon gli doveva qualche spiegazione, eh sì.

La nuova prigioniera fu condotta nella cella un bel po’ dopo l’ora di cena. Mike e Brenda se la videro arrivare con i capelli a righe sparati a raggera intorno alla testa e quella faccia da schiaffi, e capirono subito che anche quel poco di pace era finita. E infatti non fu semplice far sì che si mettesse un poco tranquilla. Continuava ad andare avanti e indietro torcendosi le mani e blaterando sottovoce di un merlo e un ragazzino che, a suo dire, erano in quel momento spersi in giro nel castello. Ci volle un bel po’ per capire che diceva sul serio, perché con quell’aria da matta avrebbe anche potuto trattarsi di un suo vaneggiamento.

Brenda ebbe molta pena per lei, quando capì che aveva smarrito davvero le

Page 188: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

188

tracce di quelle due creature; e ne ebbe pure molta per loro, anche se un dubbio sulla completa autenticità del racconto restava sempre, dal momento che quella tipa che diceva di chiamarsi Magonda parlava del merlo come di un genio piuma-to, poliglotta ed esploratore.

Con molta dolcezza e ascoltando a lungo il suo racconto, Brenda riuscì a farla sedere sul suo lettuccio, dove, avendo ricevuto anche da Mike rassicurazioni sul fatto che sicuramente il ragazzino e il merlo si sarebbero ritrovati, Magonda si mise a sonnecchiare con la schiena appoggiata al muro.

Quella notte Gamondock si girò e si rigirò mille volte nel suo letto a baldacchi-no. Il cielo scuro che se ne stava immobile oltre le bifore gli faceva venire i nervi. Nemmeno una nuvola, o una stella, o un uccellaccio notturno, niente. Che noia quel Musm. E lui lì tra le lenzuola a cambiare posizione, ora supino, ora di fianco, ora seduto a guardare la parete di fronte.

Vuoi vedere che proprio adesso che siamo agli sgoccioli qualcuno mette il ba-stone fra le ruote? si diceva. E ripassava con la mente tutte le fasi del suo lavoro indefesso, e non ci trovava nemmeno una falla. Ma no, ma no, si tranquillizzava, è tutto secondo i piani. Allora perché sono così inquieto?

Il Musm cresce bene, ormai a rendere inefficace al punto giusto il lavoro di quei fessi lassù manca un nulla. Il Regno di Protezione! Ve la faccio vedere io, la prote-zione. La loro Frangia Inferiore va avanti a suon di riparazioni, un altro colpetto e cesserà di mandare i suoi raggi per un tempo abbastanza lungo da consentirmi di debellare ogni resistenza nel mondo chiamato Terra.

E quell’artista sfacciato, quello che sta vagando nello spazio in cerca d’aiuto, lascia che vaghi, no? Prima o poi lo guarderò in faccia, sì, prima o poi. E allora gliele dirò, quelle paroline che mi fanno tanto solletico alla lingua.

Oh, se gliele dirò.Gamondock guardava le colonne del baldacchino e pensava e ripensava. Se

c’era qualcosa che minacciava il suo successo, che cosa poteva essere? Dov’era la breccia che non riuscivano a chiudere?

Eppure avvertiva nell’aria qualcosa… Qualcosa di inafferrabile, come una mi-naccia…

Pensò ai prigionieri. Intrufolarsi nel Musm senza autorizzazione, che idea! Stu-pidi… Ma chi erano, in realtà, quei tre? Erano davvero lì per caso? Non che aves-sero l’ombra di una possibilità di intralciarlo, eh. Ma per non trascurare niente era meglio tenerli d’occhio – anche se quei due, i fidanzati, li aveva visti e gli erano sembrati poco significativi. E questa?

Page 189: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

189

Si ricordò di non aver ordinato a Fango di condurgli l’ultima arrivata. Decise che doveva vederla, quel pomeriggio stesso.

Dormì male e sognò una torre lunghissima e sottile che come un vivente peri-scopio s’infilava nella sua finestra, raggiungeva il suo letto e lo guardava con occhi stralunati.

Anche Arnold lo zoppo fece fatica a prender sonno. Raggomitolato nella sua cuccia con qualche salatino di troppo nello stomaco, tenne per un bel pezzo tra le mani la maglia a righe bianche e gialle. Provò anche varie volte a strofinarla, ma più che una luce diffusa non comparve.

Si consolò comunque pensando che prima o poi il volto misterioso si sarebbe rivelato, e quello sarebbe stato per lui un gran giorno.

Si addormentò con la maglia stretta al petto.

Page 190: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

190

xlv

Era notte inoltrata e a Martin, ancora accucciato sotto la branda, dolevano le ossa; ma, atterrito com’era, non gli era venuta in mente nemmeno di lontano l’idea di muoversi di lì. E dove sarebbe potuto andare da solo, del resto? Tra muri che si aprivano e pance che tremavano, dove andare?

E senza Magonda, senza Magonda… Quale poteva essere stata la sua sorte? Magari era già morta, magari quei mostri l’avevano uccisa e lui adesso era solo. Perciò era rimasto là sotto, anche se quell’individuo dalle mani come morse, che aveva detto solo due parole di corsa, poteva essere di tutto: anche il capo di una banda di orchi, per esempio.

E perché lo aveva trascinato lì nella sua stanza? Forse perché faceva parte dei buoni? Oppure perché se lo voleva divorare di nascosto?

Lo spavento non l’aveva lasciato mai, mentre faceva le sue congetture; e meno male che Angelo, che aveva estratto ancora vivo dalla tasca, adesso gli gironzolava accanto e lui sentiva il solletico delle sue penne, ora su una gamba, ora sul dorso di una mano.

E c’era quel sacchetto ancora attaccato in cintura, di un chiaro verde che sfu-mava nel colore della paglia, di cui sentiva al tatto la ruvidezza sottile, e dentro sempre piccole cose di cui avvertiva la presenza ma non riusciva a distinguere la forma. E quella ritrosia ad aprirlo, come se ci fosse una precisa disposizione; ma il perché non se lo ricordava.

Non si poteva nemmeno girare di fianco, sotto a quel lettuccio così basso. A due dita dal suo naso stava l’asse di legno su cui era posato, probabilmente, il pagliericcio; l’unico movimento possibile era voltare la testa, e così lui mentre scendeva un buio quasi impenetrabile aveva guardato un po’ di qua verso il muro di pietra, e un po’ di là verso l’apertura che lasciava intravedere una striscia della parete di fronte e, da un lato, la parte bassa della porta.

Lunghe ore senza fine…Aveva sentito avvicinarsi un frastuono dirompente di passi di marcia, pesanti

e metallici, ore prima: e giunti vicino alla stanzetta in cui lui si trovava avevano

Page 191: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

191

fatto tremare la porta. Erano tanti, i passi di un esercito; e lui s’era immagina-to per un momento che in mille entrassero in quella stanza e gli piombassero addosso.

Invece erano andati, ed era seguito un silenzio improvviso: e poi, proveniente dalla parte opposta, di nuovo quella marcia assordante, come di migliaia di gigan-teschi schiaccianoci azionati all’unisono.

Allora aveva capito che era stato il cambio di quei soldati, laggiù vicino all’ac-qua nera.

Era ancora buio, quando quell’essere aprì di nuovo la porta della stanzetta. In tre pas-si l’attraversò e Martin vide i suoi grandi piedi per terra a pochi centimetri da lui.

L’individuo si sedette. «Vieni fuori di lì» disse. Martin spinse Angelo vicino al muro, fermo fermo, strisciò sul pavimento e si alzò in piedi.

Non accadde molto: quello gli porse un po’ di pane e dell’acqua e lo guardò mangiare senza parlare; e Martin, dal canto suo, gettava occhiate rapide nella pro-fondità dell’ombra, ma rapide molto, a quei pochi riflessi che emergevano di tan-to in tanto, perché la sola vista di quelle piastre di metallo frammiste alla carne gli faceva salire una specie di convulsione dallo stomaco fin su alla gola e alle spalle.

Mangiò quasi tutto il pane, ma l’ultimo pezzetto lo tenne in mano, facendo finta di non avere più fame.

Poi quell’essere si sdraiò.«Sono stanco» disse. «Ho girato tutta notte. Torna là sotto, adesso.» Ma Martin se ne stava lì. «Torna là sotto, ti ho detto» ripeté quel personaggio. «Ho ancora da pensare.» E invece io devo, devo, io devo, pensò Martin di nuovo sdraiato sotto al lettuccio.

Devo sapere qualcosa di Magonda. Ma come gli dico adesso? Che cosa mi farà? E provò a dire senza voce: «E la signora?» Veniva bene, ma con la voce ci voleva il coraggio.Fece le prove. Articolò bene le parole, forzando i movimenti delle labbra e della

lingua in lungo e in largo, e faceva finta di parlare davvero.«E l-a s-i-g-n-o-r-a?» Ma era pura esercitazione, ginnastica senza suono. Forse era bene aumentare un po’ il volume. Se avesse fatto un po’ più forte,

forse lui avrebbe sentito, ma sentito piano piano e non si sarebbe arrabbiato…E in una specie di sospiro di formica chiese ancora: «E la signora? E la signora?

E la signora?» «e la signora?» disse Angelo finalmente, non potendo più stare zitto.

Page 192: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

192

Quel tipo ebbe uno scatto sul lettuccio e fece scricchiolare tutta la paglia. «La signora è in cella con gli altri due» disse. E dormiva già.

Con gli altri due?Baluginava un’alba torpida, là fuori.Martin rimase lì con la sua domanda.

Nelle ore che seguirono non riuscì a dormire. Appena le palpebre gli si abbassa-vano gli tornavano davanti di botto quelle immagini, laggiù nel sotterraneo, e il soldato seduto sulla branda, con quelle braccia in cui la pelle irsuta si mescolava alla durezza di quel metallo, come se il suo corpo generasse entrambi, quel corpo né di persona, né di macchina.

Eppure, sotto a quel capo angoloso che sembrava un elmo saldato sul collo, gli era sembrato di vedere occhi… come dire, occhi, ecco. Grandi, occhi che si fermavano sulle cose…

Chissà se si poteva chiamarlo uomo.

Sullo stesso piano del castello, ma dall’altra parte rispetto allo scalone, la gior-nata cominciò anzitempo. Chi infatti attraversato l’atrio semicircolare avesse ol-trepassato un certo cancello di ferro pesante, e avendo avuto la ventura di non imbattersi in guardie o impedimenti di alcun genere fosse riuscito a raggiungere, dopo varie svolte lungo i muri collosi di infette essudazioni, l’unica porta che là si trovava, chi avesse raggiunto quella porta, si diceva, e l’avesse aperta, avrebbe udito tre prigionieri parlare fitto fitto.

Era stato Mike a levarsi per primo, e pensando e ripensando aveva deciso che era bene che loro tre mettessero insieme le conoscenze che avevano su quell’orri-bile luogo. La nuova arrivata proveniva dai quartieri bassi, e loro avevano avuto modo di esaminare, più o meno, buona parte del resto: era utile che si informas-sero a vicenda.

E così fra gli «Ohè» e «Ma dai» e «Si potessero strozzare» di Magonda, Mike e Brenda raccontarono quanto sapevano; e ascoltarono raccapricciati lei, mentre col naso arricciato e le mani che s’agitavano in aria descriveva lo scempio che ave-va luogo in quei sotterranei putridi e che parevano dotati di vita propria.

Poi vennero due Kranpinch e portarono via Mike e Brenda per il lavoro quotidiano; e Magonda rimase da sola fra quelle ristrette quattro mura, a rica-pitolare le informazioni scambiate e a rendersi conto di che ginepraio fosse quel posto e di come fosse improbabile che un merlo e un ragazzino se la potessero cavare là in mezzo.

Page 193: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

193

Aveva i piedi roventi dal gran camminare, quando al pomeriggio le guardie aprirono la cella per condurla da Gamondock; e benché addestrate e di stazza robusta, nell’accompagnarla evitarono qualsiasi contatto con lei perché avevano l’impressione che potesse mordere.

Page 194: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

194

xlvi

Mentre Fango sgambettava in giro rassettando il salone, Gamondock stava in piedi in attesa.

Solo serrando le mascelle e stringendo i denti tanto da sentirne il rumore si sentiva un po’ meglio. Continuava così davanti alla finestra a far cigolare un’arcata dentaria contro l’altra, e gli faceva quasi piacere il dolore dei muscoli contratti.

Meno male che stava per vedere una prigioniera. Aveva ancora talmente tanta rabbia che gli rosicchiava le vene, da quel colloquio della mattina con Lutfilyon, che non vedeva l’ora di poter tormentare qualcuno.

Era stato impermeabile, quel servo. Aveva accolto le sue rimostranze con un vago alzar di sopracciglia, e senza guardarlo, anzi sfogliando i suoi ammuffiti volumi; e perfino tranquillizzandolo! Come si era permesso di non scomporsi nemmeno un po’, mentre lui aveva l’acido allo stomaco? Almeno per rispetto, avrebbe dovuto farlo!

«Episodi di poco conto, signore» aveva risposto alle sue contestazioni. «L’im-presa è complessivamente sana» e lì aveva snocciolato i suoi dati matematici, con equazioni a tre incognite, numeri periodici, seno, coseno e altro ancora. «Le an-nuncio anzi qualcosa che la farà esultare» aveva continuato. «Tutte le strategie congiunte ci stanno mettendo in mano la vittoria. Credo già entro un paio di giorni, signore.» E gli aveva suggerito di far partire presto Amabron per fargli pre-levare gli ultimi rinforzi, eccetera, eccetera. Aveva suggerito! E non si era umiliato neanche un po’, e nemmeno si era risentito…

Solo quando Fango fu andato a prendere quella donna alla porta e i Kranpinch si furono sistemati di fuori, Gamondock si voltò a guardare.

E se non fosse stato che voleva essere furioso si sarebbe sbellicato dalle risa, nel vederli insieme. Lui un paperottolo, lei una rampa di lancio con troppe ossa.

Ma la faccia di lei l’aiutò a mantenersi stizzito. Era così indisponente, così racchia e ostile, che poco dopo Gamondock aveva già deciso che sarebbe stata un ottimo Kranpinch.

Page 195: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

195

E se la godette a quell’idea, mentre le parlava sinuoso, e le mostrava il brulichio magnifico delle sculture, e l’altitudine smisurata delle colonne, e si dava da fare per vederla strabiliare per qualche cosa.

Ma lei non strabiliava. Fu un monologo, in realtà, perché lei non aprì bocca che alla fine, quando

pronunciò tre sole parole che gli fecero dissolvere il fegato.Lo guardava come si guarda il distributore automatico di cicche e si prendeva

gioco di lui, sì, si prendeva gioco.E allora lui alzò il tiro: gonfiò il petto, ampliò i gesti, divenne magniloquente e

accennò all’impresa, alla sua gloria e alla sua storia, e perfino le fece il numero dei pianeti già conquistati confidando sul fatto che le avrebbero suscitato una certa soggezione.

Ma non le suscitarono niente, anzi la meschina cominciò a battere un piede sul pavimento.

Un piede grandissimo, oltraggioso. E a Gamondock stava cominciando a salire il sangue alla testa, e Fango che

ormai lo conosceva stava già pensando come salvarsi i calzoni, quando Hotzbug, luogotenente di Kuzow, bussò e chiese di parlare col signore, il quale andò alla porta con le maniche grigie che volavano e il passo irato.

Un breve scambio di parole, e poi Gamondock seccamente comunicò a Fango di doversi assentare per un poco, e di stare attento alla prigioniera, e che comun-que per ogni evenienza c’erano fuori i Kranpinch di guardia.

Li lasciò e si allontanò rapido.

Magonda aspettò che se ne fosse andato.Poi si girò verso Fango: «Ma tu lavori per quello lì? Quello è un fissato» com-

mentò. Fango la guardò stupito, e subito distolse lo sguardo con fare indifferente. Lei non poteva parlargli, no, affatto. C’era una consegna, sissignore. C’era una gerarchia. E non rientrava assolutamente nel programma che lei gli parlasse.

E intanto, con la coda dell’occhio, la guardò meglio. Possibile che non avesse nessun timore del suo terribile e sovrumano padrone? Ma che donna era?

Eppure era proprio così: non ne aveva, ecco. «La gloria qui, la storia là, l’impresa su, ma ti rendi conto? Per non parlare di

quei poveracci» incalzò lei.Rieccola: non desisteva. Fango si raddrizzò sulle gambette e ancora non rispose.«Oh, dico a te, li hai visti quei poveracci? Quelli lì fuori dalla porta, quei poveri

schiavi disgraziati.»

Page 196: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

196

Questa volta a Fango si mosse la lingua prima che riuscisse a pensare. «Signo-rina, parli con rispetto dei nostri soldati. Stanno prestando il servizio militare e meritano…»

«Oh, bello, ma quale servizio militare?» sbottò lei. «Sveglia! Ma ci sei mai stato laggiù, a vedere quel che succede?!»

Fango era imbarazzato. No, veramente non ci era stato mai. Veramente, ed era proprio vero, non l’avevano mai lasciato andare là.

E non seppe che dire.«Te lo racconto io, cosa succede. Un macello, succede. Una carneficina. E fru-

ste, e pianti, e una specie di musica infernale, che quella di Stridore al confronto è un lecca lecca, e botte, e ne ho visto più di uno mezzo morto, di questi, per quel minuto che sono stata là. E quella pancia vergognosa, versi, scosse, mugolii…»

Fango non rispose più e decise che era bene non crederle; ma aveva tirato in-dietro il mento e le guance gli si erano afflosciate.

«Ecco, guardi, signore.» Hotzbug indicò a Gamondock lo spettacolo sotto di loro. Erano scesi in un lampo dalla Scaletta Variabile e si trovavano su un piccolo balcone situato appena sotto la volta, nel ventre del Musm. Al di sotto di loro, sull’acqua nera i Kranpinch marciavano, in squadroni ordinati, controllati dai gendarmi.

«Ora non si nota più nulla, ma prima c’è stato un disordine, come uno scom-piglio in due file…Ho avuto l’impressione che alcuni Kranpinch stessero comu-nicando fra di loro, e non con le solite modalità.»

«Che cosa ne deduci?» «Ho buone ragioni di credere che non fossero comunicazioni di servizio» ri-

spose Hotzbug.«In quale squadra?» «Quella di mezzo, signore, quella al momento sorvegliata da Trokud.» «C’è stata la preparazione di qualche smaltimento anticipato?» «Nessuna per oggi, e comunque i movimenti che ho notato non avevano nien-

te a che fare con quel tipo di operazione. Era qualcosa di più subdolo, signore, qualcosa di… umano.»

A quella parola Gamondock storse la bocca con espressione di forte disappun-to. «Raddoppiate la sorveglianza» ordinò. «Sostituite Trokud, anzi per prudenza isolatelo. E tenetemi aggiornato.» Poi lasciò il balcone, infilò di nuovo la Scaletta Variabile e con un guizzo la risalì.

Page 197: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

197

«Dov’eravamo rimasti, signorina?» Era di nuovo nel salone, e aveva ripreso il suo tono strisciante. «Ah, sì… alla storia dell’impresa. È solo agli albori, in verità. Perché guardi, guardi là fuori» e la invitò ad avvicinarsi con lui a una delle bifore, «guardi quel cielo, lassù. È pieno di mondi in attesa del mio dominio, e io un passo alla volta arriverò dovunque. E quando sarò arrivato dovunque, io sarò tutto…»

Era troppo per Magonda. E fu allora che, alzato il capo a guardare in su, dove lui indicava, pronunciò quelle tre fatidiche parole.

«La vedo dura» disse tra i denti, ma non abbastanza tra i denti da non essere sentita.

Per un attimo Gamondock trasecolò: aveva capito bene che era stato messo in dubbio da quella cotica?

E poi, compreso che era proprio così, ebbe una strana metamorfosi. Divenne tutto rosso, e rapidamente si restrinse e si accorciò, diventando sem-

pre più piccoletto sotto gli occhi sbigottiti del suo segretario; e in breve fu un ira-condo bambino congestionato in viso, che pestando i piedi per terra frignava che voleva, sì, lui voleva avere tutto perché voleva assolutamente e senza discussioni essere tutto.

Fu la sua occasione, ma non l’afferrò. Accortosi di quello che stava accadendo, all’istante si riprese, e ridivenne grande, e pallido, e crudele. «Ai Kranpinch, da domattina» comandò indicando Magonda. «Guardie!»

E quelli entrarono e la portarono via.Lei si lasciò portare, mentre fra sé canticchiava Il treno del capo caracollava e

puzzava, altro motivo che aveva fatto un fracasso a Qui poco tempo prima.

«Che cos’è successo mentre ero via?» Gamondock guardò insinuante il suo segre-tario. Ai suoi occhi attenti non sfuggiva nulla, e lo aveva visto pallido e abbac-chiato.

«Mi… mi ha offeso, signore» spiegò Fango. «Sì sì sì, mi ha offeso. È una vera strega, quella lì.»

Page 198: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

198

xlvii

Verso sera ai prigionieri fu portata la cena. Come al solito, il compito fu svolto da due soldati: uno rimase sulla soglia mentre l’altro si avvicinava per distribuire il cibo. Immediatamente Brenda lo riconobbe: quegli occhi inconfondibili li aveva-no già guardati a lungo…

Il soldato porse a Mike e Magonda le loro porzioni e poi si avvicinò a Brenda. Lei prese la ciotola dalle sue mani, ma quello, guardatosi un attimo alle spalle, si avvicinò di più.

Cosa voleva da lei?Sgomenta ma lucida, Brenda rimase immobile e facendo finta di non sentire

che aveva il cuore in gola lasciò che lui le accostasse la bocca all’orecchio e le di-cesse qualcosa sottovoce.

A Magonda dallo sguardo veloce quel gesto non era sfuggito.«Che cosa voleva quel tipo?» le chiese non appena i passi si furono allontanati.«Voleva… dirmi qualcosa.» «E che cosa ti ha detto?» Brenda era ancora turbata. «Mi ha detto… insomma mi ha detto: “Aiutatemi.”» «Aiutatemi?» Mike era sorpreso. «Lui a noi, aiutatemi? E cosa… e come…» «Dev’essere proprio disperato» disse Magonda. «Mi pare che da noi ci sia poco

da scorticare…» «Tu non hai visto i suoi occhi…» «Bah. Se ha qualcosa da dire, tornerà.»

Tornò durante la notte. Aprì la porta della cella, si sedette su una sporgenza di pietra e li guardò. «Ho moltissime cose da dirvi e poco tempo per dirvele. Sarà una lunga notte.»

I tre guardarono allarmati in direzione della porta.«No, non arriverà nessuno, e la guardia qui di fuori dorme. Ci ho pensato io»

disse grattandosi dietro alla testa quei pochi capelli che aveva.

Page 199: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

199

Li guardò: aspettavano. E così cominciò.«Mi chiamo Muzow e sono un Kranpinch» disse. «O almeno lo sono diventato.» Vide che esitavano, ma tacque, attendendo una reazione.Fu Magonda a buttarsi, come al solito.«E che cosa vuol dire, che lo è diventato? Prima che cos’era?» «Ero un uomo, su un’altra terra. Poi siamo stati adescati, allettati da quel viaggio.» «Viaggio?» «Sì. Loro vanno a cercare in terre povere, dove non c’è speranza. E promettono

lavoro, potere e abbondanza. Ma a dire il vero non è sempre così: c’è chi viene attirato dalla voglia di avventura, e chi per curiosità, o per ambizione. Sono mille, i motivi: e ognuno casca nella propria rete.»

«E lei in che rete è cascato?» gli domandò Magonda.Muzow esitò.«Io… io sono un ingegnere. Lavoravo come ingegnere, là nel mio mondo:

un mondo prospero, il mio, e tecnologicamente progredito. E un giorno mi si avvicinarono degli individui che mi proposero un viaggio in un luogo nuovo, un luogo di costruzioni avveniristiche, dove avrei potuto apprendere moltissimo su nuovi materiali, nuove architetture. E io ero curioso, ambizioso… Quindi non ci pensai due volte, non impiegai nemmeno un po’ di tempo a chiedermi, a indagare da dove veniva la proposta, quali sarebbero state le conseguenze… Ecco come è successo a me.»

Tacque un momento guardando in basso, prima di riprendere.«Poi si viene qui e si viene messi a marciare laggiù. È una marcia sul posto, ore

e ore, giorni su giorni, un lento viaggio verso lo sfinimento, tutto per far sì che il Musm cresca.»

«Ecco, vedi? Il Musm!» intervenne Mike. «Ma che cos’è questo Musm, alla fine? E a cosa serve?»

Muzow allargò le braccia e indicò i muri, il soffitto, le torri fuori dalla fine-strella. «Tutto questo. Tutto quello che vedete, l’edificio, l’isola, questa prigione, i sotterranei… Tutto quello che vedete è il Musm.»

«Insomma, anche questo castello è una… un mostro vivo?» domandò Brenda. «Ve l’avevo detto, no?» saltò su Magonda. «Ve l’avevo detto, che sotto è una pan-

cia, e da fuori ho visto che si allungava un’antenna! Allora, anche questi muri…» Magonda si guardò intorno con disgusto.

«È vivo. Vivo e stupido, e ingordo alla nausea» confermò Muzow.Poi guardò Magonda, come ricordandosi di qualcosa.«Il ragazzino sta bene» disse. E lei quasi svenne.

Page 200: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

200

«E… e il merlo?» si azzardò a chiedere.«Il merlo? Quale merlo? Non ho visto nessun merlo, nella mia stanza.» Nessuno poté tenerla più. «Sì, sì, c’era un merlo, come ha fatto a non vederlo?

È cieco? Era col bam…» Brenda le prese la mano. «Si troverà, su. C’è poco tem-po…»

«Ma perché lei è venuto qui da noi?» chiese Mike rivolto a Muzow.«Ho sperato molto che succedesse qualcosa, quando mi sono accorto di dov’ero

capitato. E ho lavorato per prendere un posto di comando, un ruolo che mi des-se libertà di movimento. Ho dovuto anche fingere, fare dei torti…» Guardò in basso. «Mah…» Si riprese. «Le prossime ore sono l’ultima occasione: dopo sarà troppo tardi.»

Così Muzow parlò. Descrisse la gerarchia dei poteri vigenti al Musm, ogni personaggio e i suoi compiti, di quelli di cui sapeva qualcosa. Non seppe spiegare cosa ci facessero lì due fratelli di nome Acce e Secce, e nemmeno quale motivo avesse spinto lì le due gemelle che Brenda serviva ogni giorno. Volle sapere che conoscenza i tre avessero del luogo, e annuiva nell’ascoltare quanto gli riferivano. Magonda ci infilò dentro ancora qualche notizia sul merlo: «Guardi che è un mer-lo speciale, parla tedesco, olandese, arabo, spagnolo…» sempre con Brenda che le picchiettava la mano per farla stare tranquilla. «Lo cerchi meglio, ci dev’essere. C’era anche quando ci avete beccati, laggiù. Siamo caduti come sassi, da quegli occhi. Ma cosa cerca il mostro con quegli occhi? Fa la guardia?»

«Macché guardia. Cibo, cerca sempre cibo. E ingolla tutto quello che gli capita a tiro, anche se non è commestibile per lui. Infatti lui mangia solo…» Si interrup-pe: era un’emozione troppo forte.

«Solo?» incalzò Magonda.«Solo i resti di noi Kranpinch, dopo che abbiamo consumato completamente

tutta la nostra parte vitale nel Nero Fiume.» Si fermò un attimo. «È… terribile, lento, atroce… Con gli occhi avete potuto solo capire qualcosa. Non basta vedere di sfuggita, per sapere cosa accade in quel posto.»

«Ma il Nero Fiume che cos’è?» chiese Mike. «Che funzione ha?» «Tu non l’hai visto, Mike, e nemmeno tu, Brenda» si precipitò a dire Magonda

con espressione da vomito incipiente. «È la più indecente indecenza che io abbia mai dovuto guardare, è… bleah, è… un fiume di schifezza nera lurida, tossica, malata, sozza, stomachevole, nauseante, vergognosa, purulenta, ingestibile, scan-dalosa, infetta, e ci navig…»

«Il Nero Fiume» spiegò Muzow interrompendo quella logorrea, «è un fiume di rabbia e dolore… È la bevanda del Musm.»

Page 201: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

201

«Nooo» dissero tre voci tutte insieme.«E invece sì, e gli piace anche. Ne manda giù sorsate enormi, con sospiri di

soddisfazione, e gorgoglii che fanno tremare tutto quanto, come lei sa bene, si-gnorina. Ma il più grande godimento di questo mostro è lo smaltimento antici-pato…»

«Smaltimento?» «Sì, smaltimento… I sospetti ribelli, o quelli che falliscono qualche impresa, sono

costretti a turni folli, senza riposo. Vengono prosciugati da vivi in pochissimo tem-po, mentre per difendersi da frustate e percosse si trasformano in un batter d’occhio. E a un certo punto, sfiniti e ridotti a niente, cadono nel fiume…» Tacque.

«Cadono, e poi?» chiese Magonda.«E poi il fiume finisce di consumarli… E quello che rimane è solo metallo, e

viene dato al Musm perché lo distrugga…» Muzow appoggiò il viso su una mano e scosse la testa, affranto.«Pazzesco» commentò Magonda.«Sì, folle e diabolico» commentò Muzow. «Ma tutto quel ferro… metallo… insomma quella roba lì, come vi cresce?»

insisté ancora lei.«Questo? Non lo so nemmeno io, come possa accadere. Cresce a furia di fru-

state e di ferite, dove c’è dolore. È di sicuro un’altra invenzione di quelli lassù, ma a poco a poco si diventa insensibili: è così che va. Alcuni di noi sono già andati via per incarichi importanti, sono stati promossi. Avviene quando la corazza è completa. Allora diventa splendida, scintilla come l’oro, ma…» Muzow fece un gesto costernato.

«Infernale, davvero» ebbe appena la forza di sussurrare Mike. «Sì. Ma tutto questo scempio ha una finalità tremenda: si tratta di far crescere

quelle guglie là fuori, e le torri, per privare di ogni protezione il mondo chiamato Terra, per prenderne possesso. A questo scopo, quel mondo è stato derubato quasi completamente della sua musica. Ne sono state lasciate tracce, quel che basta per mantenere un livello minimo di vita, e non di più.» Si fermò un istante ancora per ricordare. «Io l’ho visto, il vostro mondo, quando venivo per le ispezioni.» Guar-dò Mike e Brenda. «E mi sono incantato. I monti, le primavere, la bellezza dei colori, e l’allegria dei bambini in braccio alle madri e la delizia di vivere… Uno dei mondi più belli che io abbia potuto mai vedere…» Scosse ancora la testa.

Quando riprese a parlare, il suo tono era cambiato. «Quella musica è imprigio-nata tutta qui e bisogna liberarla. C’è uno strumento, in fondo a un corridoio che scompare. È il Corridoio Impossibile.»

Page 202: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

202

A Mike si illuminò il viso. «Ecco che cos’era…» «Lo strumento si chiama Grande Armonica Interstellare Avvolgente. Bisogna

salire una lunga scala, aprirlo con una chiave e suonare una melodia. Ma ci sono molti ostacoli, primo fra tutti il fatto che qui sono presenti migliaia di Kranpinch e molti ormai, per necessità di sopravvivenza, ossequienti a Gamondock e al suo potere, e non so come poterli fermare se dovessero essere mobilitati. Ho già fatto un certo lavoro, nelle ore che avevo libere, e ho raccolto alcuni compagni corag-giosi, ma per il resto non so proprio come poter fare per agire in rapidità.»

«Ah, io ci sono da domattina, ma a me di certo non mi mobilitano» se ne uscì Magonda.

«Ma la chiave chi ce l’ha?» chiese Brenda.«È in un certo luogo, e lì ci può andare solo il bambino» rispose Muzow. «Ma

ora c’è altro da fare: tre cose importanti, per la precisione.» Guardò ancora Mike e Brenda. «La signorina Magonda deve riposare, perché domani inizierà per lei un lavoro molto duro. Perciò ora tocca a voi due salire nello studio di Lutfilyon.»

Mike e Brenda si guardarono sgomenti.«È un rischio che bisogna correre. Da qui in avanti, si correranno rischi; ma è

meglio che lasciar andare tutto in rovina senza muoversi. Dunque, nello studio di Lutfilyon ci sono tre cose. Due servono qui. La prima è la parola d’ordine per accedere al luogo in cui è nascosta la chiave. Da mezze frasi che ho potuto captare quando mi trovavo con Gamondock o Lutfilyon ho qualche idea di come possa essere, ma le parole precise non le conosco: e abbiamo a disposizione un solo tentativo. La seconda cosa è il codice per aprire il Corridoio Impossibile. L’ultima serve a voi per prenderne visione e, se e quando tornerete a casa, insegnare.»

«Insegnare?» chiese Brenda.«Sì. C’è tutto un piano, che è stato ordito da Gamondock per privare la gente

della sua armonia. Perché non bastava la musica che si ascolta con l’udito: ce n’è un’altra che gli uomini ascoltano con tutto il loro essere, e anche quella doveva venire eliminata. Una parte importante del programma fa capo al laboratorio di Lutfilyon, che sta nel suo studio sopra la scala a chiocciola.» Guardò Mike sa-pendo che capiva. «Questo io l’ho appreso durante le assemblee. Ma l’altra parte io non so quale sia; è tutta racchiusa nello studio di Lutfilyon. Se vi salverete, la vostra gente dovrà imparare a difendersi, per il futuro e per sempre.»

«Ecco, vedi, Brenda? L’armonia, te lo dicevo! Suono, forma, colore…» «E dai con queste robe scientifiche» sbuffò Magonda. «Mi volete emarginare?» «Ma no, Magonda cara.» Brenda l’accarezzò. «Ora riposati, devi farlo, hai sen-

tito? Se sei in forze, potrai aiutare anche tu…»

Page 203: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

203

A Magonda le carezze, pane raro, facevano sempre prurito alla gola; ma succes-se che si tranquillizzò.

«Devo dirvi purtroppo un’ultima cosa» riprese Muzow rivolto a Mike e Brenda. «Il vecchio dorme lassù, sopra al laboratorio, e come tutti i vecchi ha il sonno leggero. Ha chiesto a Gamondock di poter fare così, perché ama la solitudine; e Gamondock gliel’ha concesso.»

Mike e Brenda lo guardarono costernati, ma lui non diede loro spazio.«Speriamo che non si svegli; e voi non salite quella scala. Bene: avete questa

notte. Tenete presente che Lutfilyon si alza alle prime luci dell’alba. È l’ultima occasione: corre voce che domani la nave di Amabron partirà per andare a prele-vare gli ultimi rinforzi. Se questo accade, sarà la fine. Ora tenete la mia lampada. Accendetela solo lassù, nello schedario. La chiamo la Lampada Prudente, perché è così piccola.» La porse loro. «Ma siate prudenti anche voi. Andate» disse, e aprì la cella.

Mike e Brenda sgattaiolarono fuori. A fianco della porta, la guardia dormiva profondamente.

Page 204: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

204

xlviii

Molto tempo Martin trascorse sotto a quell’asse: ma non lo spese tutto nell’at-tesa di cose terribili. Immobilizzato in quella situazione, si allarmò molto a ogni rumore e anche al troppo silenzio; ma fu a poco a poco e sempre di più soccorso dalla sua fantasia che non conosceva impedimenti, né di legno, né di ferro o di pietra o di divieti. Senz’altro panorama davanti agli occhi che quel pezzo di legno grezzo, cominciò a studiarne le evanescenti venature e a percorrerne le strade sottili come se dovessero condurre a chissà quale paese miracoloso. Inventò città situate ai crocevia, si fece microscopico, vi entrò e le visitò tutte quante, diverten-dosi alla vista degli esseri bizzarri che vi incontrava. Angelo tranquillamente gli riposava vicino e ogni tanto alzava la testa e allungava il collo per ascoltare.

Quel soldato arrivava ogni tanto per farlo alzare un poco e gli portava del pane, ma non gli faceva ancora capire il suo intendimento né gli spiegava qualcosa.

Sentì quand’era già di nuovo sera il passaggio di quelle migliaia di piedi terri-bili, e capì che un’altra volta era finito un turno, laggiù all’acqua scura. In tanti erano andati attraversando il corridoio verso destra, in direzione di quello scalone che lui aveva visto un giorno prima, e ancora in tanti tornarono dopo un interval-lo di tempo avviandosi probabilmente al riposo, sempre con quel passo terribile, come migliaia di mostruosi schiaccianoci.

Schiaccianoci.Sì, schiaccianoci.Ma certo, Pyotr Ilyich…Sentì le note arrivare nella sua mente, e non potendole cantare le pensò. Scorse

l’Ouverture e la Marcia, e l’intreccio degli strumenti nel loro chiamarsi e rispon-dersi. Poi toccò alla Danza della Fata Confetto, e si chiese dove poterla trovare; e si disse che doveva essere proprio lei, quella che dopo i tramonti estivi agita le Belle di notte e una dopo l’altra velocemente le fa tintinnare. Sì, di sicuro era lei che s’aggirava nel buio delle radure fiorite, producendo quei suoni leggeri, suoni di vetro e di luna.

E passò poi alle marce: russa, araba, cinese…

Page 205: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

205

E gli sembrò di poter concludere che anche la Terra è una fata, molto più fata della Fata Confetto, perché nella sua grande testa rotonda è capace di ascoltare allo stesso tempo mille e mille canzoni, tutte così diverse nel suono e nell’idea, e di tutte intenerirsi.

La Terra così bella che aveva anche preparato per lui un melo sulla collina sopra Panissa, la bella Terra così triste e così spenta, e abitata da persone che non aveva-no più la vita negli occhi.

E in quel momento Martin sentì che era pronto per fare qualcosa; così poté addormentarsi per un poco.

«Meno male, Lumen» mormorò Harmonia, tenendo a mezz’aria un pentolino colmo di petali e frutti di bosco, senza decidersi a posarlo sui fornelli. «Ha preso coraggio…»

«Meno male davvero, Harmonia, perché a questo punto gli servirà davvero: fra poco incomincia il ballo» rispose lui, e aveva una voce diversa dal solito, più profonda, più grave.

Lei lo guardò solo con un angolo dell’occhio, temendo di non riuscire a soste-nere la severità del suo viso.

Sapeva che le rare volte in cui era stato così, poco dopo si era capito il perché.Rabbrividì e chiusa nella sua pena posò il pentolino.

Page 206: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

206

xlix

Era la parte più fonda della notte tetra e fonda, quando Mike e Brenda raggiunse-ro la gran porta dello studio di Lutfilyon. L’aprirono guardinghi ed entrarono.

Qui e là sbucavano dall’ombra le immense librerie e i volumi affastellati, e sulla sinistra le linee ricurve della scala a chiocciola. Lassù in alto, nel suo covo sopra al laboratorio, Lutfilyon aveva il suo giaciglio.

Mike guidò Brenda verso lo schedario; poi accese la Lampada Prudente. Non sapeva affatto come fare a chiudere, spiegò a gesti: c’era solo da sperare che nes-suno arrivasse.

Lei osservò con apprensione tutta quella sistemazione perfettissima e terribile, e i cassettini allineati a centinaia, e le etichette con i titoli in pompa magna e la cura cavillosa; si avvicinò alle file più vicine e restò allibita.

«Scienza dei Governi Sinodici» lesse sulle etichette, «primo tomo e secondo tomo; con riferimento ai Calcoli Coordinati della Terza Sfera, fino a pag. 4127 terza riga. Applicazioni Sonore della Foresta Stratificata, Esperimenti Classici come da fascicolo 12425; esclusi i paragrafi 12 e 13, riguardanti il mancato ripri-stino della Simmetria Numerica. Sottoframmentazioni…»

«Eh?» le sfuggì. «Non lì» le disse Mike pianissimo. «Qui, da questa parte.» Un occhio alle sche-

de e uno alla parete aperta, cominciarono a spulciare.«Vedi qui? “Archi-vio”. Prima sezione: cosa leggi?» «Leggo “Grandine”. Grandine?…» «Sì. E qui?» «Qui… “E-ducazione”…» «Sì, con tutto il comparto “Con-vinzioni” e “Abit-udini”. Leggi un po’: “Scivo-

la Scivola”, “In-trattenimento”, “Dis-trazione”. Ti ricordi?» Sì, Brenda si ricordava.«E guarda ancora, sotto “Abit-udini”: “Cuscini”, “Tapparelle”… Ci capisci, tu?

Ecco, per esempio qui. “Tapparelle: si chiudono con rumore e lasciano fessure.” Ma ti pare?»

Page 207: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

207

Lei taceva.«E qui, no, qui, nell’Archi-vio: questo mazzetto di schede è tutto di Acce e Sec-

ce. Guarda: “Acce e Secce al gala”, “Acce e Secce alla promenade”, “Acce e Secce al vernissage”, “ospiti al programma Uno schiaffo gratis”, “in barca”, “in moto”, “col nuovo look di cravatta e ciabattine”, “mentre cucinano patate alla messicana col grembiulino a balze”, “Acce e Secce sulla loro novecentodue cavalli”. “Primi piani di Acce e Secce”, “particolari di Acce e Secce” e se vuoi continuo a leggere. Insom-ma, ti chiedo ancora: ci capisci?» Mike ebbe un fremito intorno alla bocca.

«Boh» disse lei. «E se fosse un linguaggio in codice?» «Non lo so, non lo so, è così dappertutto. Potessimo aprire quel cassetto!» Mike

si stava scaldando. «Quell’unico, stupido… Chissà che cosa c’è, là dentro!» «Niente, non c’è, là dentro: proprio niente» disse una voce bassa dietro di loro.Si voltarono di scatto: in piedi alle loro spalle, Fango li guardava.Andò al cassettino del mistero e con una chiavetta lo aprì.«Vedete? Niente, non c’è dentro: due sonaglini di Gamondock quand’era pic-

colo, che lui si porta sempre dietro per ricordo, un paio di babbucce di Lutfilyon per i mesi freddi, e basta. Un diversivo, nient’altro. Vede, signore? Per tutto il tempo che è stato qui lei ha pensato a quel cassetto, mentre le cose le aveva tut-te davanti.» Sostò ed esaminò Brenda. «Ma sul linguaggio in codice, signorina» riprese, «in un certo senso ha ragione. È… è molto spiacevole essere arrivati a questo punto.»

Mise le manine dietro la schiena e aspettò impettito.Brenda era senza parole. Il segretario di Gamondock! Addio…«Adesso che cosa farà? Andrà a svegliare Gamondock?» osò Mike col cuore

che gli esplodeva, e intanto pensava rapidamente. Col vecchio là in alto, come si poteva fare a reagire?

Fango si inclinò un poco in avanti e si guardò, al di là della pancetta, la punta delle scarpe.

«Per prima cosa, qui si chiude» disse. Armeggiò intorno a un cassetto e poco dopo il varco era scomparso.

Di nuovo prigionieri! Mike e Brenda ancora non fiatavano.«Bene, e adesso ragioniamo» riprese Fango.Ma invece di ragionare con loro, taceva.«Bene» ripeté alla fine. «Io…» Li guardò e loro lo guardarono.«Io… mi dispiace, non credevo, io… io non sapevo» si decise finalmente.

«Quelli laggiù, giù al fiume, e che sorte avevano… L’avevo detto, a Gamon-

Page 208: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

208

dock, quando venne a prendermi: certo che il suo è un bel progetto, signore, e questi del mio mondo hanno bisogno di una disciplina, per come li conosco; quindi l’aiuterò. Ma basta che sia una cosa fatta a modo, vantaggiosa per tut-ti: sono un brav’uomo, io. E lui me l’aveva promesso, che sarebbe stata una buona cosa.»

Indicò ancora lo schedario: «Tutto questo lavoro, sì, è stato fatto col mio aiuto, tutto quanto. È… oh, è un enorme, sterminato lavoro.»

«Ma si può sapere di che lavoro si tratta?» chiese Mike.«Ecco, tutto questo» l’ometto si aggiustò il cravattino, prima di riuscire a par-

lare di nuovo «tutto questo, questo, insomma… è un accuratissimo studio sul-l’umanità, compresi lati deboli, eccessi, difetti, abitudini; nonché sogni, desideri, modi di apprendere, aspettative, paure, avversioni… eccetera.»

«Oh, Fango…» disse Brenda, spalancando gli occhioni.«Sì, signorina, proprio così: oh, Fango. E pensare che abitavo a Fiotuns…»

Disse «Fiotuns» come se si trattasse del continente beato, del posto augurabile più conosciuto al mondo. «Lei lo conosce, Fiotuns?»

No, che Brenda non conosceva Fiotuns. «No?… È… è… oh…» E Fango all’improvviso vide i monti che chiudevano il fiordo, e le fioriture rosa

d’estate contro il verde scuro delle foreste.E udì il rumore perenne della cascata, ed ebbe in viso l’aria ghiaccia del mattino

in mezzo alle casette colorate.E l’aroma di cardamomo e di cannella dei dolci natalizi, che a dicembre sfuggi-

va dalla pasticceria a ogni aprirsi di porta, s’infilò a tradimento nel suo naso. Mandò via tutto con un gesto, perché non riusciva a deglutire e perché gli era ve-

nuta un’improvvisa fretta. «Al lavoro» disse. «Quello che state cercando è tutto lì.» Mike lo guardò. «Ben fatto, capo» gli disse solo, dandogli una pacca sulla spalla.

«Mamma mia» Brenda si guardava intorno. «Da dove cominciamo?» «Da qui, ovviamente» rispose Fango, e indicò le due pareti di schedario contras-

segnate dalla parola «Archi-vio», e la parte che recava la scritta «E-ducazione».«Ma perché “Archi-vio”?» «Oh, quello l’ha voluto Lutfilyon. A lui piace specificare, sempre specificare, e

dà molta importanza all’emitol… emimologia… Uff…» «Etimologia, forse?» «Sì, bravo, quella. “È molto utile, Fango, conoscere bene l’origine delle parole.

Dovresti allenarti, è uno studio interessante!” mi diceva sempre.»

Page 209: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

209

Mike e Brenda ascoltavano Fango imitare la vocetta da topo di Lutfilyon. Ma una cosa straordinaria era già successa: quella specie di balbuzie, quell’andare avanti e indietro di sillabe indecise, stava piano piano scomparendo…

«Ero arrivato da poco. Mi aveva scelto, Gamondock, perché io le conoscevo bene, le persone. Avevo sempre parlato poco e ascoltato molto, e alla fine la co-noscevo, la gente…» Fango si grattò la nuca. «E un giorno, mentre lui mi faceva domande, Lutfilyon saltò fuori a dire: “La vuoi sapere una curiosità, Fango? Lo sai da dove deriva la parola archivio?” “No” risposi io. “Pensa un po’” disse lui, “deriva da una radice san…” Disse qualcosa, una radice scritta…»

«Vediamo… Sanscrita, forse?» «Sì, ecco! Vediamo se mi ricordo… Sì, dev’essere così. “Guarda, te la scrivo” mi

disse Lutfilyon: “ahr, che in quella lingua è contenuta in parole che significano potere, possente, meritevole. E in greco è diventata, guarda qui, archi, antichità, e anche primato… Da cui archo, comandare. Pensa un po’, due piccioni con una fava…” Così, disse…»

«Due… piccioni?» Mike si accarezzò il mento.Brenda, che intanto pensava, fece schioccare le dita.«Ma sì, Mike! Qualcosa di

vecchio che ha un potere, no?» «Ecco, sì, così, signorina» approvò Fango. «Ho scoperto poi che Lutfilyon par-

lava di un archivio speciale, l’archivio delle persone.» «E dove lo terrebbero, le persone? Io non ce l’ho, a casa, un archivio» disse lei.«Non a casa: qui, in testa. Nella testa di ognuno. Di lì non va mai perso niente,

non si cancella niente. Me l’ha detto lui, molte volte. E aveva una faccia antipa-tica, mentre lo diceva. Non mi è mai stato simpatico, ma mentre diceva quella cosa era… era…»

Guardò in direzione dello studio. A Mike che gli chiedeva preoccupato se pre-vedeva che Lutfilyon si svegliasse, rispose che sicuramente c’era ancora un po’ di tempo, ma che sarebbe stato bene andarsene ancora nel cuore della notte, perché il vecchio talora scendeva, soprattutto quando accadeva che qualche strano sogno gli rigurgitasse nel cervello una nuova invenzione.

«Lo so, che scende, perché sapete quante volte me lo vedo arrivare fino in camera? Dorme poco e viene a svegliare me. E… e per certe cose… “Perché ai conigli tremano i baffi, Fango? Me lo sai dire, perché?” mi ha chiesto una volta. No, dico io. E lui: “Male, Fango, dovresti chiedertelo con serietà, perché ai co-nigli tremano i baffi.” E poi dette queste parole se ne va, e tu rimani a dirti che è vero, deve essere così, i conigli potrebbero essere molto pericolosi, con quei baffi che tremano. Insomma, ti intilla… ti insilla il verme… Uhm…»

Page 210: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

210

«Ti instilla il germe» lo aiutò Mike.«Esatto. Il germe del sospetto del coniglio.»

La legge del merluzzo e la legge dell’insalata«Allora, se ho capito bene, Gamondock ha deciso di riempire questo archivio di qualcosa…» disse Brenda.

«Proprio così. Volete sapere la parola chiave di tutto il programma? Ce l’avete sotto gli occhi: “Grandine”.» Fango era addolorato. «Oh, bene, signorina – ecco, gliel’ho suggerita io…»

«E vorrebbe dire…?» «Vorrebbe – oh, vorrebbe dire far piovere una quantità inverosimile di messaggi

sulla gente del nostro mondo. Una pioggia battente e continua: parole, immagini, esempi, idee, sentimenti… signorina. Avrete sentito parlare di Arnold…»

«Sì, certo, Arnold lo zoppo, mi pare…» ricordò Mike.«Proprio lui. Lui è il corriere, fa un sacco di balzi dal Musm alla Terra e tut-

t’intorno al mondo, con quel mantellaccio che gli piace tanto. Porta istruzioni di qua, bugie di là, verità sciacquate, paure esagerate: ci sono tutti gli emissari di Gamondock, ormai, laggiù, e diffondono il tutto… E sanno come fare, lo sanno, perché gliel’ho detto io.» Le guancette gli divennero un po’ cascanti.

«Mi è capitato spesso di trovami lì mentre Lutfilyon preparava le notizie da consegnare ad Arnold. Sullo scrittoio aveva tre cestini, e sopra c’era scritto “Sì”, “No”, “Non proprio così”. Lui esaminava dei foglietti e li smistava. La prima mattina Arnold venne su, lesse “Sì” e prese il pacchetto nel cestino. “No, Arnold, non tutto, non tutto” lo fermò il vecchio.

«“Ma…” disse Arnold confuso.«“Ma Arnold, questa roba è successa davvero! Devo rivedere, devo rivedere…

Guarda, per oggi è questo il pacchetto.” E per quel giorno gli allungò un solo fo-glietto dal cestino dei “Sì”. E volete sapere qual era il titolo?» Si grattò un pochino sotto l’occhio destro.

«Qual era?» «Il titolo era: “Secondo congresso mondiale del salame piccante.”» Mike e Brenda si guardarono.«Sì, il salame piccante» riprese Fango. «E poi Lutfilyon prese tutto il pacchetto

del cestino “No” e lo consegnò ad Arnold lo Zoppo. E da sotto la scrivania tirò fuori due scatolette, denominate “Terrore” e “Furore”; e anche da queste prese fogli e li diede ad Arnold.

Page 211: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

211

«“Date rilievo al salame, date rilievo al salame” raccomandò mentre quello par-tiva. E per ultima cosa diede una scorsa alle altre carte del cestino “Sì”. Un po’ le passò nel cestino “Non proprio così”, e le altre nel cestino e basta. Vi è chiaro? Ho fatto pasticci?»

Mike e Brenda si guardarono ancora. Era chiaro, eccome se era chiaro. «E poi ci sono i suggeritori» continuò Fango desolato. «Li avrete visti, a volte.

Ali nere senza… senza niente… Ali… Come posso dire?» Impallidì. «Partono a frotte dal Musm e si spargono sulla Terra.» Allargò un poco le braccia. «Li avete visti, qualche volta, i suggeritori?»

«Io…sì, ho visto di sfuggita, ma non sapevo cosa fossero. Adesso ho capito» rispose Mike.

«È tutto terribile» fiatò appena Brenda.

«E adesso parliamo del merluzzo. Ecco, vedete qui? “Legge del merluzzo.”» «Oh, sì, a proposito!» disse Mike. Finalmente, quel merluzzo che gli aveva tolto

il sonno!«Fino ad allora era stata solo una fase preparatoria, ma quello fu un giorno

storico. C’era Gamondock, e Lutfilyon scriveva. “Certo che è un problemaccio” disse Gamondock a Lutfilyon, “non ne sappiamo ancora quasi niente, di questa gente. Come possiamo aiutarla, in questo modo?” E intanto guardava me con la coda dell’occhio, e adesso me ne rendo conto, che aveva uno sguardo da volpe. Ma allora dissi come un cretino: “Per favorirla, signore, lo vede, le spiego volen-tieri quello che so. Avrà già capito che sono un miscuglio strano, i miei colleghi umani: di cose un po’ brutte e un po’ belle. Si barcamenano, come dire…? Ma certo potrebbe andare meglio. Comunque due delle caratteristiche principali dei miei simili le saranno immediatamente chiare se le parlo di due leggi.”

«“Due leggi? Sentiamo un po’” disse Gamondock. «E io, da allocco: “La prima legge è quella del merluzzo. Se mentre lessiamo un

merluzzo sentiamo che manca di sale, aggiungiamo sale: non ci verrebbe infatti mai in mente di aggiungere altra acqua.”

«“Mi sembra ovvio, Fango” osservò Gamondock; ma la sua faccia diceva che gli sembravo un po’ rimbecillito. “E la seconda legge?”

«“La seconda legge, eccellenza” continuai io, “è quella dell’insalata. Se nel con-dire l’insalata ci accorgiamo che c’è troppo aceto, o la laviamo daccapo per poi condirla di nuovo o aggiungiamo insalata scondita; ma in nessun caso aggiunge-remo dell’aceto.”

«“Ebbene?” chiese lui.

Page 212: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

212

«“Ebbene, gli uomini sanno perfettamente questa cosa e in cucina la fanno. Ma quando si tratta della loro vita, signore, non ci capiscono più niente. Se la loro vita è insipida non le aggiungono sapore, ma fanno sì che diventi più insipida ancora. Se c’è acidità nei rapporti con i loro simili non mettono qualcosa che la mitighi, ma aggiungono altro acido. Se c’è rabbia, aggiungono altra rabbia; se c’è odio, altro odio e così via. E si sentono bravi per questo! Te lo faccio vedere io dicono. Insomma, sono cuochi attenti in cucina e cuochi distratti in tutto il resto. È buffo, no?”

«E allora vidi che per lui non era buffo, ma molto interessante. Lo vidi dai suoi occhi soddisfatti, e credevo di aver fatto un favore alla gente della Terra. Altro che favore…» Fango aveva due lacrime sull’orlo degli occhi, che non si decidevano né a uscire né a rientrare.

«Sapete com’è andata poi? Me lo ricordo, quel giorno: io spiegavo e dopo un po’ Gamondock era rosso di piacere. “Ci siamo. Ollallà, ci siamo! Scrivi, scrivi, Lutfilyon” disse, e Lutfilyon prese dal fondo della tasca un quadernino. “Scrivo, scrivo” rispose, “ma con ordine. Con ordine.” E poi disse a Gamondock una cosa, che lì per lì io non compresi: e nemmeno ascoltai il disagio che sentivo. “Mi dia retta, signore” disse garbato, “bisogna fare un lavoro graduale. Pianin pianino, scivola scivola. E se posso suggerirle, dico: gli occhi e le orecchie, ma soprattutto gli occhi. Bisogna fargli entrare molte cose dagli occhi.”»

Mike e Brenda erano senza parole. «Entrare… nell’archivio» sussurrò finalmen-te lei. «È mostruoso.»

«Sì, l’archivio. E aggiunse anche un’altra parola: associazioni. “Bisogna creare nuove associazioni”, mi pare che fosse così la frase. E dopo aver detto questo, Lut-filyon cominciò ad annotare senza sosta in colonne e caselle e postille e appendici, richiami e riferimenti. E giorno dopo giorno, ecco lo schedario. Date un’occhiata in giro, se volete. Ecco, vi aiuto, guardate qui. Guardate, guardate.»

Scartabellò frettoloso nella sezione «Archi-vio» e poi scelse qua e là. «C’era arri-vato, signor Mike, a questi cassettini? Qui si entra nel vivo del discorso.»

«No… lì non ancora» rispose Mike.«Allora ecco qui, legga, e anche lei, signorina. Vedete?

Sezione bambini, progettazione:Il gioco del morto. Il morto cammina e divora uno dopo l’altro questi impiccati, che sarebbero i birilli. Altri giochi: Il mostro piagato, il mostro sussurrante con un dischetto inserito che dice ti sbranerò e ti sputerò a pezzetti un po’ qui e un po’ là, il mostro dalla lingua arrotolata che succhia i resti di pelle dagli scheletri.

Page 213: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

213

Accessori: i vestitini del mostro, le armi del mostro, la pappa del mostro, obbliga-toriamente color fegato crudo.

«Lo vedete in che sottosezione è tutto questo?» «“Abit-udini”» lesse Brenda. «Non ci posso credere…» «Ci creda, invece. E passiamo alle poesie: questa, per esempio. Leggete un po’: “Mam-

ma gli ho fatto esplodere la lingua/perché era stonato/ho fatto bene, mamma?”»«Ma che roba è…?» interruppe Brenda.«Eh, me lo chiedevo anch’io, quando vedevo Lutfilyon scrivere. E Gamondock:

“Tranquillo, Fango, qui sappiamo quello che facciamo. Facciamo diminuire la paura allenandoli, no?” Ma ecco, ecco qui, ancora…

Adulti, canzone: Ti sbudellerò e ti butterò giù dal tramLa milza non mi bastaQuesto schifo di morte lentaAveva la tibia fracassata e il cranio aperto, musical in produzione

messaggi generici, progettazione: L’ombra nell’innaffiatoioLe suole della Paura C’è un’ombra che ti spiaVoglio che l’adrenalina mi batta nel cervello, sììì!

«E così via. E questo, questo: “Sezione ‘Abit-udini’, sottotitolo ‘Giorno per Gior-no’.” Sentite…

Lunedì – il volto del nemico: foto di uomo bianco.Martedì. – il volto del nemico: foto di uomo nero.Mercoledì – il volto del nemico: foto di uomo giallo.Giovedì – il volto del nemico: foto di uomo gialliccio punto dal pappatacio Ferdy Grey del Mar dei Sargassi. Il nemico è il pappatacio.Venerdì – il volto del nemico: foto di una tinca.Sabato – il volto del nemico: foto di una rana. Domenica – il volto del nemico: foto di un piccione.

«“In questo modo aiuteremo la tua gente ad allentare la tensione…” diceva Ga-mondock. “Capisci, Fango? Se si abituano, non avranno più paura! E soprattutto, noi li proteggeremo, sì, li proteggeremo…” E io ci credevo, io ci credevo. Altro

Page 214: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

214

che allenamento… Archivio oggi, archivio domani, avete visto cos’è successo.» «Ebbene sì» confermò Brenda.Fango proseguì. «Ma andiamo avanti. Ecco… Dov’è? Era sotto “Con-vinzio-

ni”… Sì, sì, ecco. Guardate qui.

sezione bambini: il macattoPapi voglio il macattoNon posso aspettare.Il macatto è quella cosa che fa ihE quando fa ih tutta la gente si voltaE dice: guardate,quel bambino ha il macatto.E Brugio, Go e Ranzo mi dicono ganzo. Hai detto qualcosa? Cos’è? Ma tu sei fuori!!come sarebbe a dire che non puoi??Papi, se sei un papi fammi felice.

«E un altro pezzetto interessante è qui» continuò Fango. «Ecco, vi leggo…»

Mi dispiace, Brigidase sei sotto a un camion.Ma devi capire,ho la cena, i bambini, la riunione con i tegamini.Ma c’è brava gente, Brigida, brava gente qui intorno ce n’è.Vedrai che qualcuno arriverà da te.

«Tanti, qualcuno, e alla fine nessuno. Perfetto» commentò Mike.«Sì, proprio. La sezione immagini la saltiamo perché vi sentireste male, ma vi

basterà sapere che è intitolata “Occhi”. Vi è chiaro?» «Sì, certo» rabbrividì Brenda, «quel discorso di far entrare molte cose dagli

occhi. Ma perché proprio gli occhi?» «A questo, signorina, accennò un giorno Lutfilyon: non c’è difesa contro ciò

che entra dagli occhi. Si deposita immediatamente appena visto, e resta nella memoria per sempre come immagine che non può più essere rimossa. Ecco per-ché. Ma lui, Gamondock, continuava a dirmi: “È per il bene della gente, Fango,

Page 215: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

215

solo per il bene!” Ma andiamo ancora avanti… Qui, qui per esempio: comparto “Linguaggio”, sezione “Nuove associazioni: vendetta coraggiosa, guerra giusta, orrore-divertimento, pacchia-vita”. Vi basta?»

«Sì, sì, io direi…» sospirò Brenda. «E con questo passiamo al settore “Dis-trazione”, “Di-vertimento”, “In-tratte-

nimento”. Badate bene a come sono scritti, badateci bene… Ecco qui:

culturaIl nuovo programma a premi Indovina il colore. Il concorrente viene posto davanti a un oggetto e deve indovinarne il colore con un semplice sguardo.

«E così via…» Fango guardò le file sterminate di cassetti che rimanevano e scosse la testa.

«È un mare, un mare di roba.» «Infatti è moltissima» confermò Fango. «E la notte è breve.» «Svelti, allora. È la parte che dobbiamo riportarci a casa…» disse Mike.Brenda guardò Mike con occhi spaesati. A casa?Anche Mike si accorse di quel che aveva detto, e il colore gli mancò da sotto

la pelle.«Su, su, presto adesso» li interruppe Fango. Affrettò la parlata e abbassò an-

cora la voce. «Casa o non casa, qui c’è da sbrigarsi. Quindi, ragion per cui, qui facciamo che basti, tanto vi è chiaro; e ho deciso che per farvi capire come siamo arrivati fin qui vi accontenterete di un discorso.»

«Un discorso di che genere?» chiese Brenda.«Del genere del discorso che feci a Gamondock e Lutfilyon, sempre quel gior-

no. Dopo il successo dell’insalata mi sentivo elettrizzato: ero al centro della loro attenzione, io, quello che aggiustava polli e biciclette in quel paesino sul fiordo: ero un vero filosofo, e stavo rendendo un servizio grande ai miei simili. E mi prese la parlantina, e dissi a mio modo tutto quello che potevo. E se mi salvo di qui, cosa da vedere, giuro che non parlerò mai più così tanto in vita mia; anzi, prima di dire una cosa me la rotolerò in bocca per un giorno intero.»

Tacque ed emise un grande sospiro dal naso.

Lutfilyon si girò nel suo letto e un dolore all’anca destra lo svegliò. Si mise su un fianco e si massaggiò l’articolazione sofferente; e intanto la testa gli si riempiva di calcoli. Stava mettendo a punto un additivo formidabile per i suoi prodigiosi spray Nube e Profumo: uno stabilizzatore che avrebbe fatto molto comodo negli

Page 216: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

216

anni a venire. E quasi quasi, già che era sveglio, gli veniva la tentazione di scendere al laboratorio: erano gli ultimi strappi, si poteva fare… Avrebbe potuto mostrare i risultati a Gamondock già in mattinata: in fin dei conti il giorno seguente era quello decisivo per l’impresa…

Si sedette sul letto, infilò le ciabatte e accennò ad alzarsi, ma l’anca s’incollerì e gli lanciò una fitta disastrosa. Lutfilyon pensò a tutte le scale che lo aspettavano da scendere, e decise che così a piede zoppone non era il caso. E l’altra modalità, quella segreta, giammai si sarebbe potuto usarla per recarsi giù al laboratorio, con tutta la roba fragile che c’era là.

E allora? E allora giocoforza bisognava riposare un altro po’, in attesa che l’anca si calmasse.

Si assestò ben bene la berretta di lanina sulla fronte, perché le idee che sovente sgorgano di notte vanno tenute in caldo, e si coricò di nuovo.

Page 217: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

217

l

«Insomma quel giorno, dopo che l’insalata era stata così bene accolta, mi si aprì la chiacchiera» ripeté Fango. «“Se si accontenta, signore, capo, altezza” – pensate un po’ come lo chiamavo, quello là, “le dirò con le mie parole come sono gli umani, tenendo conto del fatto che non sarà mai una relazione esauriente perché gli aspetti sono tanti e tanti. Ma per oggi comincerò da quelli più comuni. Una caratteristica è che agli uomini a volte non piacciono le responsabilità; e allora se la svignano, ma abilmente. Seppioline, mi spiego? Come fanno le seppioline in pericolo? Spargono inchiostro per confondere e con i loro dieci tentacolini se la svignano sul fondale. E così gli uomini: mentre parlano e parlano ti istupidiscono, tu sei già infinocchiato e loro sono già lontani. E si imbottiscono di scuse come di cuscini, quando non vogliono sentir ragione. Ma sono bravi a scappare come sono bravi a restare: restare in un angolino con l’orecchio teso per occuparsi dei fatti altrui. Fanno come si fa con le tapparelle. Sì, perché una volta nelle case c’era-no gli scuri, signore, e uno per aprirli e per chiuderli doveva uscire, e si mostrava: adesso invece tutti bene bene in casa si fa finta di chiudere, e si spia attraverso le fessure. Così si vede ma solo in parte, si sa ma non si sa davvero, si parla e si sparla, e non si è mai realmente fuori e mai realmente dentro, e le voci corrono ma non si sa mai da quale tapparella siano sfuggite, e succedono disastri ma nessuno ha mai colpa di niente. E a proposito di questo, ma cambiando argomento, le dirò che la gente si fa influenzare da ciò che ha accanto: ha la tendenza a diventare piano piano come sono gli altri, e volere ciò che hanno gli altri. Guardano sempre quelli della porta accanto.”

«“Bene, Fango” mi interruppe a quel punto Gamondock, che aveva ascoltato con molta attenzione, “allora gli daremo molte porte accanto, a questi tuoi simili. Dovunque si gireranno, troveranno porte accanto da guardare. Ed essendo molte, c’è anche il vantaggio che ci passeranno tanto tempo…” Si girò verso Lutfilyon. “Annota tutto questo sotto la voce ‘E-ducazione’, per favore.”

«“Ma guardi che sono anche creativi” mi corressi io, “cercano di sviluppare talenti, e fare cose, sa? E hanno ideali…”

Page 218: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

218

«“Talenti, eh? Ideali?” fu il commento di Gamondock. “Su questo ci sarà pa-recchio da fare. Lutfilyon, metti sotto la voce ‘E-ducazione’, nella sezione ‘Con-vinzioni’. Avrei dovuto capire…» Fango guardò in terra. «Vi è chiaro adesso? “E-ducare”, l’ho imparato qui, significa condurre fuori. Far saltare fuori qualcosa da una persona, insomma. Ma che cosa è a scelta, purtroppo. Vi è chiaro questo concetto? È molto importante. Io non lo sapevo, non ci avevo mai pensato, ma è importantissimo. Be’, andiamo avanti…

«Ne dissi tante, quel giorno. “Io ho visto, sempre parlando degli uomini…” continuai – ahimè, ma perché continuai? “… che spesso non guardano per il sottile, per arrivare dove vogliono; vedono dappertutto nemici e rivali e sono anche disposti a usare stratagemmi non proprio puliti. Da noi si dice fare a gomi-tate; e questi gomiti ultimamente hanno conquistato un grosso prestigio. Nei casi migliori, perché se le cose peggiorano si fanno la guerra: guerre infinite, piccole e grandi, di parole, di vendetta, di potere. E un’altra cosa importante è che si scelgono modelli e li seguono. Molti amano per fortuna ciò che è bello e genti-le, e il coraggio e la rettitudine, e chi si adopera per fare qualcosa di buono. Ma tanti altri cambiano idea così facilmente… Si scelgono eroi, li fanno brillare per un tempo, e poi le lampadine… bruciano all’improvviso. Dimenticano tutto, le lezioni, gli esempi, spesso rifanno sempre le stesse cose, perché dimenticano. E lo sa, signore?” dissi ancora. “Lo sa? Hanno paura, gli uomini, e si chiudono a chiave nelle loro idee. Hanno paura del nuovo e anche paura del vecchio, paura di potere e di non potere, e hanno tanta ma tanta paura di non essere tenuti nella dovuta considerazione, di venire esclusi, di passare per smidollati, di passare per fessi, di subire ingiustizie, di non saper fare, di non essere, di non avere e anche di avere, di non venire ritenuti perbene, di essere messi a nudo con i loro difetti, paura del buio, paura della luce, di sbagliarsi e di non essersi sbagliati, paura di star male e di star bene, paura della morte e paura della vita. Paura.” E gli raccontai l’esempio della signora Piersson, quella storia dell’aglio e dei guanti…»

«Quale storia?» «Non posso, adesso, il tempo passa. Ma in Gamondock destò molto interesse,

questa cosa della paura. “Ci si può fare molto buon lavoro” disse soltanto; ma socchiudeva gli occhi piano piano, dolcemente, e sotto aveva iridi astute e con-tente… Avrei dovuto capire…

«Invece io, incoraggiato, continuai: “E per dirgliene un’altra, eccellenza, è che tendono a impigrirsi. Polleggiano di qua, gigionano di là, s’incantano davanti a qualunque idiozia, sognano, e diventano come le taccole. Le conosce, signore, le taccole? Fagiolini. Grandi grandi, piatti piatti, tutta buccia, e dentro non c’è

Page 219: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

219

niente. Ma sperano anche, gli uomini, per sé e per i loro cari. E a volte sperano anche in qualche bel colpo di fortuna, e credono che la fortuna gliela portino le coccinelle…”

«“Taccole? Coccinelle? Ma sì, eccellente!” Gamondock apparve elettrizzato da queste ultime rivelazioni, e per quel giorno il mio discorso finì. Lo vidi frettolo-so: disse che doveva partire. Andò sulla Terra, in effetti, e due giorni dopo era di ritorno con Acce e Secce.»

«A proposito, chi sono questi? Che cosa fanno?» chiese Mike.«Niente, un bel niente. Non fanno niente, non sanno niente. E Gamondock ha

messo loro in tasca un bel po’ di quattrini, e li fa fotografare dappertutto. Capite?» «Capisco, sì» sospirò Mike.«E poi siamo andati avanti così: loro chiedevano, io rispondevo, lo schedario si

riempiva, e intanto è cominciata la costruzione della Grande Armonica, e insieme tutto quell’affare degli occhi e delle orecchie: e adesso che me ne rendo conto, è stato tutto mostruoso. Insomma: avete capito che cos’ha combinato quello? Gli uomini erano pigri, e lui li ha resi più pigri. Erano insicuri e li ha resi più insicuri. Erano vendicativi e imprevedibili e li ha fatti diventare ancora più vendicativi e imprevedibili. Ha ingigantito ombre, sospetti, odio, tristezza, inimicizia. E ha annullato in loro il desiderio di scoprire i loro talenti, e di usarli, e la convinzione che valga la pena di darsi da fare. Li ha riempiti di immagini brutali e vi ha creato intorno tutta una logica. E secondo me, se vogliamo leggere in breve tutto il senso della cosa, bisogna trovare la busta…»

«Quale busta?» chiese Mike.«Una… una normale busta piena di carte. Non lo so nemmeno io, cosa c’è lì

dentro, perché Gamondock ha ordinato che di notte stia qui e di giorno Lutfilyon la tenga nascosta nella sua scrivania; ma da quello che ho capito è tutto il suo pia-no. Io non ci ho mai fatto molto caso, perché comunque mi fidavo…»

«Non sarà tardi?» si preoccupò Brenda.«Fra poco sarà tardi sì» annuì Fango. «Credo, oppure è tardi subito. Sì, forse è

tardi, signorina. Ma dov’è?» Aprì e richiuse qualche cassettino e scombinò le sche-de per la fretta. «Dov’è, dov’è? Eppure… Ah! Ecco qui» bisbigliò girandosi.

Tra le mani teneva un plico.

Per un poco Muzow si trattenne nella cella con Magonda. Non la vedeva parti-colarmente ansiosa per il giorno dopo: lei si diceva pronta, perché tanto in quel frangente ognuno doveva fare la sua parte. Piuttosto si preoccupava di che parte sarebbe stata la sua, se mai avrebbe potuto averla, una parte, costretta laggiù fra

Page 220: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

220

centinaia di Kranpinch. Così dopo averle dato qualche ragguaglio su ciò che com-portava un turno al Nero Fiume, Muzow tacque e lei dopo un po’ volle sapere altro; e gli domandò dove lui avesse vissuto prima, e come, e se avesse famiglia, e se c’era disagio sociale nel suo paese, proprio così disse: «Disagio sociale», perché lei che faceva la bottegaia a Qui faticava a credere che esistesse da qualche parte un posto di pezzenti scannati come quello.

«Tutto, ti fanno fuori. Se ti pende un bottone dalla giacchetta te lo cavano via mentre passi» spiegava. «E delle facce… Mamma mia. Come dici? Amici? Ma va’, come si fa ad avere amici a Qui? Ognuno fa quello che gli pare nel momento in cui gli viene in mente, perciò devi tenere gli occhi davanti e dietro.» E spiegava che a una donna come lei può capitare anche di avere qualche malinconia a volte, sempre là da sola in quella specie di garage che era casa sua, e a doversi arrangiare per tutto; e meno male che era arrivato quel merlo, e quanto a Martin all’inizio era stato un grattacapo, perché aveva la puzza sotto il naso e non ci si trattava; e solo dopo un po’ e con la sua pazienza e i suoi metodi educativi era diventato davvero un ragazzino in gamba.

Muzow la guardava pazientemente e ascoltava gli sproloqui, rispondendo paca-to alle domande petulanti e dandole qualche notizia della sua vita – sì che l’aveva, una famiglia, e dei ragazzi, sì, più o meno come Martin; qualche notizia, insom-ma, ma con misura, per non essere sopraffatto dai ricordi; e cercava di sfrondare i suoi racconti e cavarci qualche cosa di utile per conoscerla davvero.

Ma più che la fiumana di parole che le uscivano dalla bocca, lui si fidò di quel che vedeva e percepiva di lei; e nei gesti delle sue manacce interminabili, nel-l’espressione della sua faccia mobile e sgraziata sentiva una nostalgia di qualche treno perso, una voglia di riacciuffare qualche sogno lasciato per la strada, e capiva che in fondo ciò che la manteneva così in allarme era semplicemente una dolorosa tenerezza per la sua vita.

«Ma sei sempre stata a Qui?» le chiese.«Io? No, no di certo. Povera me, se avessi conosciuto solo quel postaccio.» «E allora prima dov’eri?» A quel punto lei si zittì. Lui la vide cercare con gli occhi in giro, ma appariva

smemorata, come se le mancasse un grosso pezzo di passato, e non solo: sembrava che qui e là qualche traccia sfilacciata la raggiungesse, e che lei non avesse nessuna voglia di trattenerla.

«Non ti ricordi?» «Io… No, in effetti non… Insomma, basta. Non lo so» brontolò, e si passò una

mano davanti al viso come per scacciare una mosca.

Page 221: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

221

Più tardi Muzow uscì dalla cella per aspettare fuori ed essere presente se ci fosse stato qualche movimento. Ci aveva pensato parecchio, se dirglielo o non dirglielo, a Magonda, quello che sapeva per certo del Musm: che in vita sua non aveva mai visto una costruzione più suicida e disgraziata di quella, progettata esclusivamente per crescere a dismisura senza che vi fosse una base affidabile e un piano sicuro per gli incidenti e le situazioni di crisi; e che a quel punto e viste le proporzioni che quel mostro aveva assunto la catastrofe era dietro l’angolo e avrebbe potuto cominciare da qualunque banale inciampo.

Ma alla fine, vedendola così, aveva deciso di tacere.

«Ecco, ecco qui. Oooh, ecco, ecco» continuò a bisbigliare Fango mentre in piedi sulle gambette si accostava di più a Mike e Brenda. «Guardate.» Aprì il gancio che teneva chiusa la busta e apparvero gli orli di un pacco di fogli. Fango infilò dentro la mano. «Ecco qui, ecco qui» disse ancora; ma poi sulla sua faccia apparve la sorpresa, che dopo un attimo girò in disgusto.

Tirò fuori la mano: una manciata di tagliatelline nere, viscide e corte vi si agi-tava dentro.

«Che schifo. Ma cos’è?» commentò Brenda.«Io… eppure…» Fango guardò nella busta, e orripilato vide solo un gran bru-

licare.«Basta così, basta così» lo interruppe Mike. «Basta davvero. Più chiaro di così…»

Guardò Brenda inquieto. «È tardissimo, bisogna cercare il codice.» «Il codice?… Il codice, è vero! Per entrare là dentro!» Fango si toccò la fronte

col palmo della mano.«Sì, e serve anche la parola d’ordine per il Paese Nullo. Sono da dare al ragaz-

zino…» «Il ragazzino?! Quale ragazzino?» Fu così che Fango venne a sapere che c’era un ragazzino nascosto al castello,

e anche – forse – un fantomatico merlo di grandi virtù che però nessuno aveva ancora visto; e seppe anche di Muzow. Queste notizie lo misero in una grande agitazione, come se il tempo gli fosse scaduto all’improvviso.

«Muzow! Ma… ma… Il codice! La pa… parola! Il ragazzino! Oddio, il codi-ce… Oddio, com’è tardi… Usciamo, usciamo. Si trova…»

«Fango! Sei qui?» La voce attutita di Gamondock arrivò attraverso la parete.Ai tre nello schedario si congelò il cuore.Veloce Fango spinse Mike e Brenda contro l’angolo e spense la lampada.

Page 222: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

222

Mike si sentì scivolare nelle mani una piccola chiave. «Me l’ha data Lutfilyon» gli disse l’ometto con voce quasi inesistente. «E mi ha proibito di andare lassù. Dovevo solo andare a bruciare il libro se fosse successo qualcosa. È tutto là, è tutto là. Libro, altare… E adesso aprite le orecchie e state ad ascoltarmi.»

«Fango!» Si udì ancora Gamondock dire qualcosa a qualcuno.Bisogna cercare di cavarsela, pensò Fango: e qui l’unico che se la può cavare

sono io.«Sì sì, signore, so… sono qui. Oh oh, adesso funziona» rispose come se niente

fosse. Fece scorrere la parete e sbucò dallo schedario buio.Artista, pensò Mike; e strinse forte la mano di Brenda perché tacesse.«Ma cosa fai qui a quest’ora? Ti ho cercato dappertutto, mi brucia lo stomaco…» «Oh, mi… mi dispiace, signore.» Fango si chinò e finse di cacciare via un po’ di

polvere da terra con la mano. «Ieri sera la parete ci… cigolava, e così l’ho riparata ora per non creare impiccio, sì, impiccio di giorno.» Disperato, nel mezzo buio di una lanterna accesa di fronte a lui vide, dietro a Gamondock in vestaglia, la sagoma enorme di Kuzow. «’Notte, ’giorno, signor Ku… ehm, Kuzow.» Pieno di sudore freddo sotto gli abiti, trafficò sotto alla scrivania di Lutfilyon parlando forte. «Provo anche da questa leva… questa a sinistra sotto lo scrittoio… Ecco, sì, funziona. Lascio chiuso lo schedario o lascio chiusa la scala della stanza piccola? Ma no, lascio chiusa la scala. Ecco qua… Ecco, signore, possiamo andare.»

Gamondock mosse qualche passo verso lo schedario e allungò il collo per guar-dare. «Vuole… oh, vuole provare, signore? Vuole vedere? Se va nello schedario u… un attimino, io la chiudo dentro e…»

Nell’angolo dietro alla parete, Mike e Brenda tremarono.«No no no» si rifiutò Gamondock. Figurarsi, con l’asma…«E… e allora provi almeno qui. Vede? È… è a posto, signore, capo. Po… pos-

siamo andare, per il suo stomaco proporrei una ti… una tisana interessante. La preparavo a Fiotuns…»

Nascosti, Mike e Brenda sentirono con sollievo passi e voci allontanarsi, videro la luce di lanterna farsi più fioca e scomparire, udirono la porta richiudersi e fi-nalmente respirarono. Nel buio uscirono a tentoni, seguendo le istruzioni ad alta voce di Fango. Trovarono sotto lo scrittoio la piccola leva e udirono il fruscio leg-gero della parete; si diressero in fondo e nel muro trovarono una scala, e in cima alla scala a sinistra una porta. Con la chiave l’aprirono.

«Ora accendi» bisbigliò Brenda.La stanza era minima e li conteneva appena. Subito di fronte, sopra a due sca-

Page 223: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

223

lini, stava un piccolo altare, e sull’altare un libro. Si avvicinarono; e il libro, come se li avesse visti, si aprì.Al centro della pagina, luminose contro il candore della carta, splendevano due

sole parole: «Ut vivas».«Dev’essere questo» disse Brenda.«Così facile?» considerò Mike. Ma quando cercò di sfogliare il libro, le altre pa-

gine rimasero incollate le une alle altre come se si fosse trattato di un unico blocco di pietra. «Oh bella… Sì, dev’essere quello per forza. Su, su, andiamo.»

«Mike, ma la parola d’ordine?» «Accipicchia, è vero. Dove può essere?» «Non solo: sarà qui?» «Fango ha detto che è tutto qui.» «Qui dove? Oh Dio, Mike, come facciamo? E Fango se n’è andato…» Mike pensava. «Ehi!» disse. «Libro, altare, ha detto. Ti ricordi? Vediamo. Bren-

da, senti…» Mike stava sfiorando il bordo dell’altare. «Passaci la mano. Senti?» Brenda lasciò scorrere una mano sulla pietra. «Sì, è qualcosa… Sono lettere

scolpite… Sono lettere. Leggi, Mike. Proviamo.» «Questa è una o. Comincia con una o» disse Mike. «E poi u e n. O un.» «O un cosa?» «m-o-n-a-c-o. O un monaco.» «Cos’è, una frase?» «Non capisco, non lo so ancora.» «Forse c’è qualcosa prima. Prova a leggere di fianco.» «olo un pazzo. Olo?» «Torniamo ancora più indietro, Mike. Ancora. Dietro all’altare.» «Ecco, sì. solo un pazzo, o un monaco.» «Già finita?» «No. o… un ba… m… bi… no» lesse Mike tutt’intorno. «E adesso qual è

l’inizio?» «Per me è solo. Prova.» «solo un pazzo, o un monaco, o un bambino.» Finito. Altro non c’è. Questa

potrebbe essere la parola d’ordine.» «E se non è?…» «Speriamo che sia, Brenda. E adesso, via di corsa» decise Mike; e insieme la-

sciarono la stanzetta.Silenziosi, furono in un attimo sullo scalone, e accertatisi che non ci fosse più

nessuno, ridiscesero alla prigione.

Page 224: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

224

li

Con l’attenzione desta, Muzow aveva seguito le fioche luci e tutti gli impercetti-bili rumori che si erano avvicendati su per lo scalone. Aveva udito Kuzow salire, certamente chiamato da Gamondock, e aveva temuto molto per Mike e Brenda. Ma ora se li vide arrivare frettolosi e zitti e ne fu sollevato. Gli porsero un bigliet-to, e insieme raggiunsero di nuovo Magonda.

Mike e Brenda raccontarono di Fango, cosa che stupì Muzow, ma non del tutto Magonda, la quale ebbe a dire che ecco, a volte i discorsini servono; ma parlarono molto alla svelta, perché la notte ormai era avanzata. Mandarono a memoria le parole segrete, e decisero che il biglietto sarebbe andato al ragazzino.

«E ora vado» disse Muzow. «Un ultimo particolare: chi entra nel Corridoio Im-possibile deve fare attenzione alla sua destra; per terra c’è una botola che potrebbe aprirsi in qualunque momento.»

«Ecco, vedi, Mike? Noi ci abbiamo messo proprio i piedi sopra» si sbigottì Brenda.

«Vi è andata bene: sotto a quella botola c’è la Scaletta Variabile. Conduce diret-tamente al ventre del Musm e ci possono passare solo poche persone. Se la Scalet-ta non riconosce colui che la sta percorrendo, si restringe fino a imprigionarlo, e spesso ha anche ucciso… Bene, adesso quasi tutto è nelle mani di quel ragazzino. Speriamo, speriamo che riesca a suonare prima che scatti qualche allarme. Se qualcosa dovesse andare storto, se i Kranpinch dovessero ricevere l’ordine di in-tervenire, non so come potrei fare a fermarli. Ve l’ho detto, ho amici, ma pochi… Siamo ancora pochi…»

Li guardò tutti. «Ma basta, adesso basta. Allora, buona fortuna. Ci vediamo, signorina» disse a Magonda, e se ne andò.

Lo sentirono parlare con la guardia fuori dalla cella: «Cosa fai? Svegliati, sve-gliati! Dormi mentre guardi i prigionieri? Per questa volta taccio, ma bada!»

Poi i suoi passi si allontanarono.

Page 225: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

225

lii

Il rumore della porta che si apriva e poi veniva richiusa piano dall’interno col catenaccio svegliò Martin.

Sentì il soldato sedersi sul pagliericcio. «Esci di là sotto, ho bisogno di parlarti» gli disse.

Martin spuntò fuori e Angelo lo seguì.«E quello che cos’è?» chiese l’individuo sorpreso.«e la signora?» chiocciò Angelo allungando il collo.«Oh… Sì, perbacco, ho capito» realizzò lui, ed ebbe una specie di sorriso diver-

tito. «Il merlo… Il merlo prodigio. Guarda un po’…» Lo guardò gironzolare per la stanzetta. «Dovrà stare qui, per il momento, aspettarti là sotto.»

«Perché? Io dove devo andare?» «Tu hai da fare, oggi, bambino… Martin, vero? Martin, mi ha detto la tua amica.» Martin annuì, ancora incerto sul comportamento da tenere.«Fra poco devo andare» continuò quello.«Ma lei chi è? Perché mi nasconde qui?» «Io sono uno che spera ancora di vivere» rispose quello, e tacque per un po’.Diede a Martin da mangiare e lo guardò mentre sbriciolava il pane per Ange-

lo, e a Martin sembrò che con la mente stesse vagando in mezzo a chissà quali ricordi. Poi lo volle seduto vicino a sé e gli spiegò che si chiamava Muzow, che lì in un luogo speciale era tenuta prigioniera la musica rubata agli uomini e che lui doveva aiutare a liberarla. Gli raccontò di Gamondock, del suo piano perverso e del vecchio inventore che aveva al suo servizio, e che aveva progettato ogni cosa là dentro.

«Ci vuole una chiave, per aprire la Grande Armonica. Si trova nascosta in un luogo segreto, qui al Musm. Si chiama Paese Nullo ed è un luogo in cui puoi entrare solo tu. Questa dovrebbe essere la parola d’ordine per entrarci. Se non funziona, scappa via: qualcuno ti riporterà qui.» E gli diede il biglietto.

«Cosa vuol dire: “Solo un pazzo, un monaco o un bambino”?» chiese Martin dopo aver letto.

Page 226: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

226

«Sono le uniche persone che possono entrare là senza impazzire o morire. Il pazzo perché lo è già; il monaco perché ha il dominio dei suoi pensieri, il bam-bino perché è innocente. Il Paese Nullo si trova dietro una parete, nel passaggio che hai attraversato quando sei salito dal ventre del Musm alle scale. È la parete che ti troverai sulla sinistra quando scenderai. Dall’altra parte vedrai la Scaletta Variabile che s’addentra nel muro. Non la imboccare mai e poi mai.»

«Ho paura» disse Martin.«Lo so» rispose lui, e non aggiunse altro.«Ascoltami adesso» riprese dopo un certo tempo. «Devi vuotare la testa, prima

di entrare là, e tenerla vuota. Tienila vuota, rimani saldo e vai avanti. Solo così te la potrai cavare là dentro. E quello sotto è il codice per entrare nel Corridoio Impossibile. Una volta lassù, quando sarai entrato, attendi un poco e il muro di fronte a te si aprirà. Evita la nicchia sulla destra! Potresti precipitare nella Scaletta Variabile: arriva proprio lì. È una scala maledetta, riconosce solo alcuni qui den-tro e gli altri li stritola. Capito?»

«S… sì» tremò Martin.«Allora ricordati: in fondo a quel corridoio ti si aprirà un altro muro, e tu do-

vrai raggiungere la Grande Armonica, aprirla con la chiave e suonare una melo-dia, qualcosa di dolce. Qualcosa che liberi piano piano tutta la tastiera, e sciolga il buio, e faccia uscire di lì ciò che vi è trattenuto: decidi tu che cosa. Nulla di impetuoso: sarebbe il disastro. Lì è trattenuta una forza sovrumana. Devi farcela, capito? Oggi è l’ultimo giorno. Poco tempo, abbiamo. Entro oggi tutto sarà fini-to, o in un modo o nell’altro.» Muzow guardò Martin negli occhi. «Io lo so, chi sei. Mi è stato detto che sei il ragazzino che ancora suonava, là nel tuo mondo.»

«Sì, signore.» «Bene, ora vado. Verrò o manderò qualcuno a farti un segnale quando è l’ora

di muoverti; e tu da quel momento devi essere veloce. C’è un tempo massimo per restare nel Paese Nullo: quando le case cominciano a farsi color della cenere dovrai uscire immediatamente, o…»

«O che cosa?» si allarmò Martin. Muzow lo guardò. Non poteva dirgli anche quello: gli avrebbe distrutto tutto il

coraggio. Tanto il ragazzino doveva andare… Così inorridì in silenzio al pensiero e tagliò corto.

«O niente. Tu tieniti in mente questo: se vedi le case farsi color cenere dattela a gambe subito. Tutto qui, chiaro?»

Martin annuì.«E per uscire vai davanti alla parete da cui sei entrato e ripeti la parola d’ordine.»

Page 227: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

227

«E… quel muro su dalle scale?» venne in mente a Martin. «Quello che era chiuso quando lei mi ha acciuff… preso?»

«Bravo, l’hai ricordato! Così mi piaci. Bene, anche per quello dovrai rispettare dei tempi. Quando dovrai andare da qui alla scala torta, conta fino a cinquan-tasette dal momento in cui sentirai i colpi alla porta e troverai il muro aperto. Quando risalirai, conta fino a ventidue dal momento in cui esci dal Paese Nullo. Attento, non distrarti: rispetta i tempi.»

Come aveva già fatto nella prigione, Muzow non si perse in ulteriori commen-ti. Si alzò e senza nemmeno più guardare Martin uscì.

Ancora per terra in mezzo alla stanzetta, Angelo aveva seguito Muzow con gli occhi mentre se ne andava.

Tornò indietro e con un saltello salì su un piede di Martin. «Anche Angelo vai» disse. «No, tu non puoi… Ha detto che tu devi restare qui» rispose lui, avvilito.Poi pensò a quello che succedeva giù all’acqua nera e cominciò ad allenarsi a

vuotare la testa.

Page 228: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

228

liii

Da parecchie ore Magonda marciava sul posto in prima fila al Nero Fiume, sor-vegliata in modo incalzante da Kuzow, che provava un fastidio acuto per la sfida di quelle calze a righe bianche e rosse e si sentiva la testa a ferro e fuoco di fronte alla scritta propagandistica su quel gilet. Ma la prigioniera aveva strillato così forte quando avevano cercato di indurla a toglierlo, da far temere che il Musm, preso da tremore, potesse risvegliarsi a qualche malsana epilettica reazione, facendo de-viare le ormai remote cime delle antenne dall’obiettivo.

Marciava, Magonda, con grinta e ritmo perfetto, senza strafare ma senza ce-dere, con l’aria di chi fa una cosa talmente per dispetto da farla perfino bene, ma intanto sta pensando: le somme si tirano alla fine, belli miei, chi la fa l’aspetti; e infatti pensava proprio così.

E metteva giù un piede dopo l’altro al suono delle parole minacciose sillabate forte dai controllori e, nell’ascoltare quel ripetuto «Tu sei niente muori schiavo» oppure «Preparati alla fine», si diceva che a Qui c’erano senz’altro gusti musicali migliori.

Metteva ancora giù un piede dopo l’altro mentre sentiva dietro di sé in distanza lo sguardo di Muzow, dissimulato sotto la durezza voluta del volto, ma amico e complice.

E ancora marciava e marciava quando il Kranpinch alla sua sinistra, un povero diavolo ormai tutt’ossa, anzi tutto intelaiatura, le si appoggiò addosso.

«Ehi, amico, scansati, se se ne accorgono sei prenotato per la discarica» gli mor-morò con l’angolo sinistro della bocca.

«Non ce la faccio più» gemette piano quel misero, con un lamento striminzito da strappare l’anima. «E queste parole, queste parole che mi uccidono…»

«E tu non ascoltarle.» «Come faccio? Non è possibile» sospirò quello. «Li senti, come urlano?» Lo sguardo di Kuzow, che percorreva lo squadrone avanti e indietro, si fermò

di nuovo su di lei e poi passò avanti.«Come fai? Pensa che tu sei più vicino a te di loro, e se ti danno fastidio le loro

parole tu dinne delle altre» inventò Magonda appena poté.

Page 229: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

229

«Per esempio?» «Che ne so, quello che ti capita… Per esempio…» Strologò un attimo. «Dai,

canta con me, su.» E si mise a cantilenare in sordina qualche cosa senza senso. «Alì alé a lilli aionò,

Alì alé a lilli aionò. Dai, canta… Alì alé a lilli aionò…» E fu un’idea d’oro.«Alì alé a lilli aionò», cantava pianissimo lo sventurato, e dopo un po’ se ne

uscì in un «Ehi, funziona» sempre sussurrato. «Sto già meglio.» E diede di gomito a quello di fianco, e quello all’altro ancora. E poco dopo una buona parte dello squadrone cantava «Alì alé a lilli aionò», piano piano con discrezione, in modo da non farsi sentire nel frastuono dei controllori.

E allora accadde che il Musm, come una torta mal lievitata appena estratta dal forno, ebbe un leggero mancamento e si afflosciò un poco, una cosa ridicola ma avvertibile, alle spalle di Muzow.

«Cosa succede?» chiese aspro Kuzow, controllando con lo sguardo la parete in fondo.

«Boh» rispose Muzow, che aveva mangiato la foglia. «Cosa succede?» chiese due piani più in alto Gamondock a Fango, vedendo che

la volta del suo studiolo si ripiegava appena in dentro venendo a rassomigliare a un igloo da campeggio montato da mani maldestre.

«Cosa succede?» chiese ancora più su Lutfilyon vedendo il ripiano superiore della sua biblioteca farsi molle e assumere l’aspetto di un’amaca, in cui i volumi di Archeologia Galattica e Geometria Spaziale si crogiolavano mezzi scompaginati.

Ma già di sotto al Nero Fiume serpeggiava la notizia: «L’acqua! L’acqua!» E Velic, il luogotenente di Kuzow che quel giorno prestava il suo servizio ac-

canto al fiume, aveva già raggiunto il suo superiore e con un braccio gli indicava allarmato di guardare anche lui.

Chi poteva vedere, riferì che quel putrido bacino aveva all’improvviso, dopo l’inizio di quella nenia canticchiata sottovoce in coro, cominciato a mutare di colore; e gradatamente quel marciume nauseabondo stava volgendo a un più lieve grigio, addirittura disseminato di qualche venatura azzurrina.

E il Musm con un rotolio svenevole nella voce si lasciava andare, poco poco alla volta, e languidamente si ammorbidiva.

Con la frusta, con lo sguardo terribile e con la voce crudele, con le minacce e i suoi schiaffi poderosi, Kuzow riuscì ad arginare quel disastro. Sparpagliando i suoi luogotenenti in giro e ingiungendo loro di impedire a tutti i costi il dilagare di quell’iniziativa, fu possibile far sì che solo una metà circa dello squadrone fosse

Page 230: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

230

ammorbato dall’onda sovversiva. Ma a quel flagello di femmina, a quella non fu possibile tappare la bocca.

E alla fine le due parti si equivalsero, ma in modo così precario che non fu più possibile a nessuno di coloro che erano rimasti fedeli allontanarsi di lì, pena il collasso del Musm.

Dalla zona della scaletta, Kuzow lanciò uno sguardo a Muzow. Anche lui con la frusta in mano, scoccava colpi a destra e a manca verso i renitenti. E allora come mai quei vigliacchi non si arrendevano?

Non seppe mai, Kuzow, che se si fosse avvicinato al suo collega avrebbe potuto sentirgli dire, tra le frustate, parole dirette ai Kranpinch in marcia che non gli avreb-bero fatto piacere. Si accontentò di quello che vedeva di lontano e non capì.

Ma l’esercito dei Kranpinch era per il momento bloccato e inservibile.

Page 231: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

231

liv

Negli appartamenti di Segrinia ed Erchidia la mattinata, alla bell’e meglio, era trascorsa. Le sorelle avevano fatto visita a Lutfilyon per protestare riguardo a qual-cosa, così aveva sentito Brenda, e poi erano rientrate.

In seguito aveva dovuto calmarle parecchie volte, e soprattutto aveva passato molto tempo a lavare un paio di forbici che servivano a entrambe, perché nessuna delle due voleva toccare un oggetto che fosse stato preso in mano dall’altra.

Che pazzia, pensava. Le forbici! E intanto pensava a Mike e Magonda, e a quel bambino.Niente, non poteva fare per loro proprio niente.Poi le gemelle si erano ritirate nelle loro camere per prepararsi al pranzo, e le

si sentiva di lontano litigare attraverso i muri; ma nel salotto c’era finalmente un po’ di calma.

Solo allora Brenda si accorse che la balia, riordinando in giro senza voglia, man-dava bassi lamenti e teneva il capo chino per non farsi vedere.

Le chiese allora che cosa fosse successo, e quella per tutta risposta si lamentò più forte.

Le andò vicino. «È per le due sorelle che piangi, balia?» domandò.Lei fece di sì col capo.«Sei in pensiero per loro?» Sì, fece ancora quella.Brenda ci pensò un poco. «Ma insomma, come mai sono così? Che cosa ci fanno in questo posto?»

chiese poi.La balia aveva da tempo voglia di sfogarsi; e poi quella ragazzetta le sembrava

una onesta persona… Forse qualcosa le poteva dire, per alleggerirsi un poco…«È che… hanno un segreto, bambina, un enigma da sciogliere. È per questo

che sono venute qui, perché Gamondock ha promesso di aiutarle.» «E tu lo conosci, l’enigma?» chiese Brenda.«Oh, sì. Io le ho tirate su da bambine, conosco la loro storia. Ma non so se…»

Page 232: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

232

«Se puoi fidarti, vuoi dire? Se puoi fidarti di me?» «Ecco, sì… È un segreto, e solo chi può aiutarle lo deve conoscere… No, no,

non mi chiedere più niente!» Aveva il viso impaurito; voltò le spalle a Brenda e si rimise a rassettare in giro.

«Un segreto?» insisté lei, e le si pose di fronte. «Ti pare che io abbia la faccia di una che non mantiene i segreti? Su, balia, ti prego… Forse potrebbe aiutarmi a capire che cosa si può fare…»

«Oh, non si può, non posso! Dicono che chi lo rivela alla persona sbagliata è morto» disse la balia, impallidendo.

«E chi la dice, questa cosa?» «Gamondock. Lui sa tutto…» Tacque un momento. «Venne a trovarle, un gior-

no. Fece visita prima a una e poi all’altra, e promise di liberarle dal loro legame in cambio di certi favori…» Scosse la testa e non fu più in grado di proseguire.

«Mhm… Gamondock? Ma balia, pensaci, è quello che ha tirato su tutto questo arsenale!»

«Sì, lo so…» «E allora, ti pare proprio che possa avere interesse a sciogliere l’enigma di Se-

grinia e Erchidia? A questa domanda rispondo io: no. Sai quando glielo dirà? Lo vuoi sapere? Emme a i, m-a-i, secondo me. Ma ci hai mai pensato, che a lui ser-vono così? Sempre con la speranza di risolvere qualcosa. E sai cosa penso, anche? Che gli ha raccontato una bugia cosmica, che non la sa nemmeno, Gamondock, la soluzione.»

«Tu dici?» «Ma certo, che dico. E sai, balia, balietta» Brenda le andò vicino e le fece una

piccola carezza su una guancia, e le aggiustò una forcina nei capelli «se continua così saremo morti tutti, fra poco, o almeno saremo diventati qualcosa di molto brutto… Anche Segrinia ed Erchidia, cosa credi?»

L’altra ebbe un singhiozzo e si portò la mano al petto. «No, loro no, ti prego! Ho promesso alla madre…»

«E allora raccontala questa storia, vedrai che non muori tu e non muore nes-suno, anzi forse…»

Era ancora esitante, la balia, quando cominciò a parlare. Si scostò dalla fronte una ciocca di capelli che era uscita dalla crocchia e le prime due o tre frasi le usci-rono in mezzo ai sospiri. «Sono gemelle, come sai. La loro mamma dovette partire quando erano piccolissime. Una missione, funziona così da noi. E chissà in quale mondo si è persa, perché non ne abbiamo più avuto notizia. A volte accade…» Ri-prese a sfaccendare intorno, lisciando e spolverando qui e là, come se andasse sco-

Page 233: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

233

vando i ricordi tra i cuscini del divano e sotto ai soprammobili. «E le gemelle… Fin da bambine si sono odiate, odiate moltissimo. Non si sono mai potute vedere… Anzi non ricordo che si siano mai guardate in faccia! Figlie di quei due genitori, eppure… Appena poterono parlare chiesero quella maschera d’oro per nasconder-si, e quando erano costrette a stare insieme stavano così come le vedi, una accanto all’altra in modo che tra di loro ci fossero sempre le maschere. Sono andate avanti a forza di risentimento, accuse e gelosia. E i dispetti, e le scene… Certi giorni per i loro urli tremavano le mura del palazzo, e bisognava chiuderle dietro quattro porte perché non le sentissero anche in piazza. Una voleva una cosa e l’altra faceva in modo che non la ottenesse. Una faceva qualcosa e l’altra gliela distruggeva. È sempre andata così.» Scosse la testa come se vedesse la scena con i suoi occhi.

«E allora, balia? Cos’è successo poi?» «Poi… Avevano un padre di quelli che non si trovano tutti i giorni, sai, un

saggio… E lui le vedeva crescere in quel modo, erano ribelli, lui insegnava, con-sigliava, e loro acide e cattive, e allora un giorno le lasciò al loro destino. «Prima o poi toccheranno il fondo» disse. Soffrì molto, ma capiva che non c’era altro da fare. E quando morì lasciò loro in eredità due pianeti, Shaktiri e Nandhali… Due piccoli pianeti, uno a ciascuna. »

«Uno a ciascuna? Addirittura?» «Sì, e che pianeti. Li avessi visti, prima che ci mettessero le mani loro. Erano

ricchi e benedetti… E c’era pace… Ma siccome il padre era un mago, condannò le sue figlie a rimanere legate e ad andarsene dappertutto, quando erano assieme, sempre affiancate in quel modo, con le maschere tra di loro, e condannò anche i pianeti a girare insieme, fino a che Segrinia ed Erchidia non avessero scoperto la chiave per liberarsi, o qualcuno le avesse aiutate a farlo. Da quel giorno i pianeti gemelli ruotano insieme nello spazio: una abita di qua, l’altra di là, ma è accaduta una cosa terribile: le due facce dei pianeti che si guardano si sono inaridite, nulla vi cresce, i fiumi si sono disseccati, le popolazioni si sono spostate dall’altra parte aggiungendosi a chi ci viveva già, e non c’è né spazio né cibo per tutti… E la gente è arrabbiata, non c’è più pace…»

«Che guaio, balia. Ma dimmi, quelle maschere… Cosa c’è sotto quelle maschere?» «Oh, Brenda… Sotto le maschere hanno quella metà faccia…» La balia fece

una smorfia di dolore e agitò la mano davanti al viso. «Quella metà faccia che… una cosa così tremenda che loro nemmeno si vogliono vedere allo specchio… Dove loro vanno, bisogna portarli via tutti, gli specchi. Ne vedi forse qualcuno qui? Hanno terrore di vedere quella parte del loro viso, guai a chi prova! Ma la cosa che mi dà più dolore è vedere quanto si odiano, è passato il tempo ma loro

Page 234: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

234

sono sempre così, proprio non si possono vedere… E poi…» e qui la balia s’inter-ruppe con un singhiozzo e si coprì gli occhi, perché non aveva la forza di vedere nemmeno i suoi pensieri. «È terribile, è terribile quello che stanno per fare…»

«Su, balia, coraggio… Cosa stanno per fare? Ho bisogno di saperlo!» «Stanno… per tradire i loro popoli…» La balia tacque facendo di no con la

testa; si asciugò gli occhi col dorso della mano e cercò il fazzoletto nella tasca del grembiule.

«Cosa? Cosa stanno per fare?» insistè Brenda. E l’altra cedette, perché sentiva il bisogno di condividere quel peso. «Oh… C’è

fame, sui pianeti… E adesso loro invieranno qui gente, la migliore… a diventare Kranpinch… Oggi stesso, partirà la nave…»

La voce di Segrinia tuonò nella stanza. «Balia! Ti stai confidando, per caso?» Le due perfide sorelle erano entrate nel salotto e stavano di fronte a loro furibonde. «Cosa le hai detto?» chiese Erchidia.

La balia tremò. «Niente, niente d’importante…» «Non fingere, stupida, si vede dalla tua faccia che è una menzogna. Tu hai rac-

contato a quella ragazza cose che non si possono dire a nessuno. Lo sai, che cosa ha detto Gamondock su ciò che accade a chi tradisce. E tu, impicciona» disse rivolta a Brenda, «avrai quel che ti meriti. Balia, chiama i Kranpinch.»

La balia aveva le lacrime agli occhi e si disperava, ma Brenda non aveva tempo di preoccuparsi; perché guardandole, così avvelenate, le stava venendo un’idea, un’idea buffissima… Chissà se la cosa che aveva proprio davanti, lì davanti ai suoi occhi, la più semplice, era la soluzione di quel grandissimo e annoso problema.

Le era venuto da pensare, per associazione, ai giochi di enigmistica di suo fra-tello piccolo, quando giocava a Cerca l’oggetto e non riusciva a vederlo. Allora la chiamava, e lei gli faceva vedere che era sufficiente girare il giornalino…

Loro le stavano proprio di fronte, lì in piedi, le due potenti sorelle, due delle anime più influenti del Musm nelle loro vesti d’oro e d’argento, ma così tristi; si vedeva così bene quanto erano tristi. E poteva valere la pena provare…

«Io… Chiedo scusa, potrei fare un tentativo?» Senza aspettare il permesso, si avvicinò. Le due gemelle erano così sbalordite

da quell’inaudita interferenza, che rimasero mute e senza idee per replicare: non fecero nemmeno in tempo a pronunciare il fatidico «Come osi?» che il loro rango avrebbe richiesto, che Brenda era già vicino a loro. Cominciò da Erchidia e diede uno sguardo competente alla sua guancia sinistra. Era liscia e attraente, e l’occhio vivo, e la bocca ben disegnata, e il trucco a posto. Le strofinò leggermente un’om-

Page 235: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

235

bra di polvere che aveva di fianco alla narice, cosa che lasciò Erchidia esterrefatta, e con un gesto di approvazione passò senz’altro a Segrinia. Le aggiustò i capelli ricci, spostò un po’ più indietro quel nido di rovi che aveva per corona e con due dita obbligò la metà destra della sua bocca a sorridere. Si scostò un poco e la guar-dò meglio. «Mhm» disse, «andiamo bene. E ora, signore… Cambio!» Prese Segri-nia per un braccio e spostò la scandalizzata gemella alla sinistra della sorella.

«E ora guardatevi» disse.Quelle rimasero immobili e ostinate.«Guardatevi, ho detto. Signore, guardatevi, no?» La prima a muovere la coda dell’occhio fu Erchidia, ma anche Segrinia lo fece

poco dopo. Entrambe lentamente si girarono e videro un volto della sorella che non avevano mai visto, e dapprima si stupirono.

Videro l’occhio brillante, la fronte intelligente, il naso nobile e la pelle delicata. Incontrarono con lo sguardo la bocca morbida e la linea pura del mento; e dopo pochi attimi che non finivano mai, lentissimamante, furono una di fronte all’al-tra, e una mano si allungava per accarezzare…

Brenda e la balia, in piedi vicine, stavano attente perfino al rumore dei respiri. Quando Erchidia adagio spostò la maschera dall’altra metà del volto, la balia

si sentì mancare, ma andò a prenderla dalla sua mano. E poi, cercando di non posare nemmeno i piedi per terra, raccolse anche quella di Segrinia che gliela porgeva.

Le due gemelle erano a volto nudo, una di fronte all’altra, e Brenda le vide finalmente entrambe, con il terribile segreto che le maschere avevano nascosto: una metà del volto miserabile, perversa, un volto atroce di civetta scorticata. Un mezzo becco adunco e rapace stava al posto del naso e una pelle oscena piena di pustole infette si stendeva a formare la guancia, mentre un occhio crudele e colmo di lacrime purulente guardava la sorella.

Benché impressionata da svenire, Brenda riuscì a mantenersi imperturbabile: sapeva che per nessun motivo poteva permettersi nemmeno di spostare l’aria con un sospiro.

E fu questa volta la mano di Erchidia, a levarsi dolce per accarezzare. Sfiorò le pustole e il becco della sorella senza paura e senza ribrezzo, quasi stesse facendo una scoperta, e Segrinia presto la imitò.

Si accarezzarono sul volto, le due gemelle, a lungo.E l’incredibile accadde: sotto quelle carezze i tratti ripugnanti di civetta co-

minciarono a cambiare, dapprima impercettibilmente, poi sempre più in fretta; e davanti agli sguardi sbalorditi di Brenda e della balia si compì il miracolo. Videro

Page 236: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

236

le pustole sparire, l’occhio risanarsi e farsi largo e vivace, il becco lasciare il posto a una narice delicata, la bocca comparire perfetta, i lineamenti regali ammantarsi di bellezza.

E con un semplice e lungo abbraccio le due sorelle si trovarono.«Non ci posso credere» disse la balia esplodendo in un pianto di gioia. Si teneva

la faccia con le mani, quasi avesse paura di sentirla volare via. Brenda senza parole fece un grosso respiro.

E poi volarono abbracci, tra quelle quattro, abbracci che non conoscevano né censo né regole di corte.

E Segrinia parlò.«Tu ci hai liberate, Brenda.» «Oh, non è stato niente» si schermì lei. «Il mio fratellino…» «E hai salvato i nostri popoli…» «Cosa possiamo fare per te? Noi desideriamo servirti» intervenne Erchidia.«Servirmi, oh… Diciamo collaborare, signore. Be’, qualcosa da fare c’è…» E Brenda raccontò tutto quanto alle due sorelle.Ma né Segrinia né Erchidia ebbero il tempo di rispondere. Di botto la stanza

fu scossa tutta quanta, il pavimento si abbassò e solo sorreggendosi a vicenda loro riuscirono a rimanere in piedi.

«Un terremoto?» chiese Segrinia quando fu finito.«Non so» rispose Erchidia. «Vado a sentire.» Senza pensare, così com’era si

avviò verso l’uscita.La balia le corse dietro e la fermò: non era certo il caso di andare in giro senza

maschera, e forse era meglio che loro due si accordassero un attimo, per decidere bene cosa fare, e cosa dire…

La donna convenne che era giusto e tornò indietro.

Ritornato dalla distribuzione dei compiti su quello che era stato il suo mondo, Arnold lo zoppo si godette l’intervallo recandosi ad appoggiare la carcassa indo-lenzita sulla sua cuccia. Era una gran cosa, quel mantello, ma non lo proteggeva dagli acquazzoni terrestri che inevitabilmente lo investivano mentre balzava di qua e di là. E la gamba si faceva sentire…

Avvertì la forte scossa, certamente anomala rispetto ai tremolii consueti, ma poiché sapeva che il Musm era cosa viva ritenne di non doversene preoccupare. Movimenti di servizio, probabilmente.

In un angolo del materasso stava aggrovigliata la maglia a righe; Arnold la pre-se, ed esultò.

Page 237: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

237

I connotati di quel ragazzino! Ecco che era comparsa, quell’immagine. Eccolo lì, il grande protetto, il racco-

mandato. Almeno, finalmente, si sapeva da che faccia ci si doveva difendere.Si alzò subito dalla sua cuccia e uscì: persino la gamba, gli era guarita.Prese lo scalone e salì verso il piano superiore.

I due colpi furono bussati forti e chiari appena si fu sentito il segnale del pranzo. Aprendo la porta, Martin non vide nessuno: solo, avvertì passi di Kranpinch che se ne andavano.

Era ora.E lui aveva paura, anche se non poteva permettersi di averla: doveva andare e

basta, e raggiungere quella parete laggiù sperando che nessuno di quei soldati lo vedesse, e provare a dire parole che non capiva e che forse non erano nemmeno quelle giuste.

Si aggiustò in cintura il sacchetto di fili d’erba, come per scaramanzia, e salutò Angelo: «Tu stai qui, io torno.»

Angelo lo guardò con gli occhietti in su dal mezzo della stanza. «Io vai» disse, e non ci fu verso di lasciarlo indietro.

Percorsero in fretta il corridoio dei dormitori, e poi l’altro fino all’atrio semi-circolare, senza incontrare nessuno: e intanto Martin contava, uno due tre fino a cinquantasette, e quando arrivò alla scala torta il muro era già aperto.

Furono nel passaggio di terra battuta; tesero le orecchie verso il fondo del Musm, da cui giungevano i suoni già conosciuti e anche qualcosa di inaspettato e diverso. Davanti a quella parete chiusa al di là della quale c’era un luogo in cui si sarebbe potuto impazzire o morire, Martin posò Angelo in terra e gli ordinò di restare lì fermo ad aspettarlo.

Poi disse le parole e la roccia si sciolse come una nuvola per farlo passare. Mar-tin entrò da solo e la parete si richiuse dietro di lui.

Voce di merlo non può spiegare ciò che Angelo provò là in quel piccolo corridoio, vedendo Magonda marciare fra i Kranpinch. Avrebbe voluto lanciarsi in volo e atterrare sulla sua spalla, in qualche modo aiutarla, ma la situazione lo impediva.

Gli sembrò comunque che per il momento se la cavasse bene, e al suo sguardo allenato non sfuggì il fatto che laggiù stava succedendo qualcosa. Si limitò quindi a guardare non visto la scena di quel porto oscuro la cui acqua incredibilmente cambiava colore, e ad ascoltare la nuova canzone scandita senza incertezze in mez-zo al clamore dei carcerieri.

Page 238: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

238

E ricordò i mille motivi che negli anni aveva sentito approdare a Rotterdam sulle navi, sulle chiatte e i pescherecci, melodie imbevute della salsedine degli spazi marini, e di tutti i volti e le risa e i linguaggi incontrati sulle banchine, e che parlavano di notti solitarie senza stelle, di occhi che scrutavano il niente…

A volte una canzone è tanto, a volte può essere tutto quello che si ha.

Quando il Musm fu scosso all’improvviso, Lutfilyon si trovava nel suo studio. Aveva da poco estratto dalla biblioteca il Grande Libro delle Numerazioni Ga-lattiche e si era seduto alla sua imponente scrivania. Il lavoro della mattinata era stato completato con successo e lui poteva concedersi quella giusta pausa, una pausa culturale. Studiare i numeri dell’universo era un’occupazione che impegna-va molto del suo tempo. Era un sapere complesso e misterioso, a cui solo cervelli eccelsi potevano accedere, e che lo faceva sentire avanti di molte lunghezze rispet-to al resto dei viventi. E inoltre, come sempre, tutto questo poteva essere messo al servizio dell’impresa, con grande vantaggio…

Aveva appreso che giù al Nero Fiume si era creata una situazione problema-tica, ed era una scocciatura non da poco – un ritardo, soprattutto. Ma a quella Gamondock stava già pensando: la nave di Amabron era sul punto di partire, e dai pianeti di Segrinia ed Erchidia sarebbero ben presto arrivati i prigionieri che servivano.

La chiara tela pesante della copertina, lisa in alcuni punti, e i nastri di seta ros-sa conferivano al grosso volume un’aura di antichità. Lutfilyon lo aveva appena aperto e stava accingendosi a sfogliarlo quando la porta tremò, gli oggetti si spo-starono sullo scrittoio e la distanza tra il soffitto e il pavimento dello studio calò in modo visibile. «Che cos’è?» disse inquieto.

Si alzò di scatto dalla sua sedia ed esaminò i muri della stanza. Andò ad aprire la porta dello studio: voci concitate arrivavano dallo scalone,

assieme a un rumore di passi, passi di uomo e di Kranpinch. Distinse al piano di sotto la voce di Amabron e quella da gnomo di Fango. Sicuramente venivano da lui per cercare ragguagli: ma lui non sapeva, non era ancora in grado di comuni-care nulla.

Si fece sulla soglia e attese. Arrivò Fango assieme a Kuzow. Parlarono alcuni istanti; poi Lutfilyon rientrò.

Aveva la notizia che gli serviva: giù al Nero Fiume, a parte la canzone, non era accaduto nulla di nuovo. Gamondock gli aveva mandato a dire che lo convocava a colloquio; quanto ad Amabron, era impaziente di partire e attendeva istruzioni.

Aveva detto a Fango di andare giù, per favore, a riferire che sarebbe arrivato

Page 239: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

239

appena possibile con tutte le informazioni; e tornare, sempre per favore, al più presto per sorvegliare lo schedario durante la sua assenza. Il segretario si era di nuovo ruzzolato giù dalle scale senza fare commenti, almeno ad alta voce.

Lutfilyon tornò rapido verso la sua scrivania. Se il problema non era interno, doveva essere accaduto qualcosa fuori, in qualche luogo – qualcosa che comunque riguardava il Musm e l’impresa. Andò di fronte alla parete vuota dietro al suo scrittoio e l’accese. Vi comparve una tavola piena zeppa di calcoli, calcoli che sem-bravano viventi, poiché su quella superficie apparivano in continuo movimento. Lutfilyon li studiò con attenzione.

Sul mondo chiamato Terra tutto andava in modo ottimale, con il suo vivac-chiare monotono, qui e là le esplosioni di graditissima follia e la raccolta dei mes-saggi, i messaggi che arrivavano dal Musm. E in quale altro luogo, perciò?

Cercò in giro.Il pianeta di Amabron ruotava nella sua orbita, come sempre. Neanche lì…Poi vide le equazioni che riguardavano Shaktiri e Nandhali, i pianeti gemelli,

ed ebbe un sussulto.I pianeti si erano messi in moto in modo nuovo. I pianeti avevano cambiato

traiettoria! Shaktiri e Nandhali si stavano allontanando…Ma come era possibile? E Segrinia ed Erchidia, dov’erano? Che fosse succes-

so…? Ma no, no. Le aveva viste, quella mattina, ed erano tranquille, così rabbio-samente tranquille.

Eppure quei calcoli erano lì, davanti ai suoi occhi! E per di più stava accadendo anche altro, là su Shaktiri e Nandhali: una specie di fioritura, così gli sembrava dal movimento delle cifre, sulle parti inaridite…

Un disastro. Ma come…?Quanto ci metteva, Fango, a ritornare?In quel momento l’ometto bussò alla porta.«Meno male» gli disse Lutfilyon aprendogli. «Quanto ci hai messo?» Uscì men-

tre l’altro entrava, urtandolo.«Tu rimani qui. L’americano è là dentro. Torno subito.» Fango lo guardò scendere le scale.

Page 240: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

240

lv

Martin vide il Paese Nullo, e avrebbe voluto scappare. Era un villaggio strambo e inquietante, tutto racchiuso in una stretta galleria

dalla volta a punta che correva in tondo attorno alla pancia del Musm. Piccole luci da borgo antico illuminavano appena un paesaggio rossiccio di facciate di casupole e scalette, arrampicate alla rinfusa sulle pareti lungo l’unico stradello. Da dietro ai buchi vuoti di porte e finestre, Martin si sentiva spiato. E intanto si scostava dalla faccia qualcosa che gli svolazzava intorno: una frotta di qualcosa, come mille piccole ali di pipistrello. Gli pareva di sentirne anche il rumore, ma i pipistrelli non c’erano.

Devo trovare la chiave, pensò per scuotersi di dosso la paura; devo trovarla in fretta. Avanzò di qualche passo fra le casette

«Tieni la testa vuota quando sei là dentro, rimani saldo e vai avanti» gli aveva detto Muzow. «Diventa come il ramo dell’albero, che si lascia scuotere dal vento e poi ritorna sempre al suo posto.»

Ma perché?Non ebbe tempo di chiederselo per la seconda volta: apparvero gli abitanti di

quel posto e la sarabanda cominciò.Per primo comparve di fianco a lui un vecchio semisdraiato sugli scalini. «Non ne

vale la pena» sentenziò con la voce moscia, e allungò un braccio ossuto per afferrar-lo. Quando Martin si ritrasse, urtò qualcuno che gli stava alle spalle. «Ci fai stare in pensiero» brontolò una voce di donna. «Cattivo bambino, vattene subito.»

«Vigliacco, vergognati» lo apostrofò subito un uomo alla sua sinistra. «Hai pre-so un impegno.»

Sullo stradello un giovane correva spingendo una carriola, e qualcun altro a una finestra gli domandò se pensava davvero di potercela fare.

Vuota la testa e vai avanti, aveva detto Muzow…«Vieni qui, guarda» lo chiamò una voce; e una ragazza ferma all’ingresso della

sua casupola lo invitò a entrare. Aveva i capelli raccolti e le ridevano gli occhi; tra le mani reggeva un piccolo cesto colmo di frutti. «Riposati, c’è tempo…»

Page 241: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

241

Tempo?Due ragazzi giocavano a carte su un balcone, e ridevano guardandolo. Non c’era, il tempo. Muzow aveva detto anche questo.«Dove ti credi di andare?» fece un vecchia, e gli indicò l’altra parte della strada.

E lì subito le casupole si misero a cambiare di posto, creando voragini e una con-fusione di scale che non andavano da nessuna parte.

«Non voglio morire, bambino. Ehi, bambino.» Qualcuno lo chiamò dalla fine-stra più alta, un po’ sulla sinistra. L’uomo era imprigionato in una casettina senza via d’uscita e agitava una mano per farlo avvicinare. Martin attraversò la strada e si mise più sotto che poteva alla finestra, per cercare di sentire.

Quello portò le mani intorno alla bocca per farsi capire. «Devi cercare Atima-nì» gli disse. «Atimanì ha quello che cerchi, ma non te lo vorrà dare. Lui nasconde tutto.»

Gli si fece incontro un uomo in toga nera. «Devi capire» lo ammonì. «E tieni presente che tutto verrà sottoposto al mio giudizio. Il mio giudizio è infallibile.»

E lui cercava, cercava sì, di capire, ma cosa ci faceva tutta quella gente chiusa là dentro?

Intanto dalla curva arrivò una folla. Non era un raduno, o una manifestazio-ne, come aveva visto qualche volta a Panissa: qui pareva che ognuno parlasse per conto suo, qualcuno rideva, qualcuno cantava; c’era chi piangeva, chi appariva infuriato e chi veniva in qua girato di spalle, e altri ancora andavano a spintoni nel senso opposto a quello del corteo.

Vuota la testa, vuota la testa e vai avanti, rimani saldo, aveva detto Muzow; e adesso in quel parapiglia si capiva perché.

E allora Martin per mandare via i pensieri si mise ben ritto sulle gambe, come se fosse stato piantato nel selciato, guardò quella gente e chiese forte e chiaro: «Dov’è Atimanì?»

Immediatamente la folla si arrestò; si fece silenzio e le case si fermarono. E in quell’attimo di vuoto, Martin sentì arrivare di lontano un latrato.Il cuore gli si fermò per un momento.Non poteva essere vero.Lo avrebbe riconosciuto in mezzo a mille. No, non era possibile. Eppure…«Dov’è Atimanì?» chiese di nuovo forte e chiaro. Il latrato si ripeté.Charlie…Era troppo. Il cuore quasi gli spaccò una vena in gola, e le sue gambe si rifiu-

tavano di sostenerlo. Ma col fiato mozzo e quasi vedendo nero dall’emozione in-

Page 242: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

242

sopportabile si slanciò in avanti in mezzo alla calca nella direzione da cui secondo lui era venuta la voce di Charlie, incurante della ressa, delle spinte che riceveva e del respiro che gli mancava.

Non l’avesse mai fatto.In cento gli furono addosso e lo schiacciarono. Decine di mani lo toccavano, lo

trattenevano, decine di voci si lamentavano. E dalle finestre del Paese Nullo usciva un’acqua salata a fiotti, le lacrime commosse di tutta la popolazione. Affondato nella polvere dello stradello che stava diventando fanghiglia per via di tutto quel pianto, Martin cercava scampo; e qualcuno arrivò e gli mise addosso un pastrano perché non s’infreddasse… Finché ancora non pensò con attenzione a Muzow, che aveva mezzo dimenticato.

«Vuota la testa e stai saldo» gli aveva detto. «Fai come il ramo dell’albero.» Quando si mise calmo a terra, tutte quelle mani lo lasciarono.Charlie…Una valanga di lana bianca gli corse incontro a balzi, con la lingua fuori, e gli

fu addosso. Il suo meraviglioso amico, il suo paziente allegro adorato Charlie, e fu un abbraccio immenso di braccia e zampe e piedi e coda, una carezza appas-sionata di nasi e orecchie e pelle e ricci bianchi che avrebbero voluto far durare un secolo.

Ma ci fu solo il tempo di un attimo; e già la folla di nuovo sopraggiungeva.Poco più lontano però, una donna stava guardando; e Charlie corse da lei.«Io lo proteggo» disse a Martin quando l’ebbe raggiunta. «Lo sai? Io all’inizio

non lo vedevo, poi a un certo punto sì. Però io proteggo. Anche te, bambino. Vieni qui, non sarai più in pericolo. Io ti libererò da ogni male. Io faccio il bene, solo il bene. Stai qui con me, io ti proteggerò.»

Così Martin conobbe Tenna, quella che faceva il bene. Entrò nella sua casa e vide bambini, fanciulle, animali; in quel borgo angusto, lei si prendeva cura di tutti loro. Lo faceva per natura, perché era l’unica cosa che sapeva fare: e se non avesse fatto quella non sarebbe esistita.

E a lei la domanda si sentì di farla.«Cosa ci fa tutta questa gente chiusa qui? È pazzesco, non capisco» disse.«Lui ha mandato qui tutti quelli che non gli servivano» rispose lei. «Ci ha detto

che dovevamo stare qui, che lui aveva da fare. E a me, a me in particolare, ha ordi-nato di non provare nemmeno a uscire da questo luogo, e l’ha detto in un tono… Vedi, mi manda qualcuno da proteggere, ogni tanto. Anche il tuo cane, mi ha mandato. “Ecco, quello che hai da fare, fallo qui” mi ha fatto dire dal guardiano del paese. Ma io desidero uscire… Ti prego, fammi uscire di qui, bambino.»

Page 243: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

243

Ma Martin sapeva che non era possibile.Se l’avesse liberata, probabilmente il Musm si sarebbe afflosciato ancora più in

fretta e lui non avrebbe avuto tempo di andare alla Grande Armonica…«Tornerò a prenderti» le promise Martin. «Davvero. Ma adesso svelta, dimmi

dov’è Atimanì.» «È là dentro.» La donna gli indicò una porticina. «Scava buchi e nasconde.

Centinaia di buchi ci sono, in casa sua, e molti ricoperti.» «E allora, come faccio ad avere la chiave?» «Sii scaltro. Il sistema c’è, ma non te lo posso dire…» Lo guardò e sorrise quie-

ta. «Vai, ti penserò. Sii furbo» ripeté. Poi lo guardò con tenerezza. «Sono contenta per te» aggiunse. «Per te e per il tuo cane.»

E con una carezza a Charlie li congedò entrambi. Rimase sull’entrata a guarda-re mentre Martin si allontanava.

Martin bussò alla porticina, e gli aprì un omuncolo dalla faccia spiritata. «Cosa vuoi?» gli chiese.

Lì per lì Martin non seppe che rispondere.Se gli dico che voglio la chiave quello la nasconde ancora meglio, pensò.E allora?«Allora?» gli fece eco l’omuncolo.Allora… Ma sì, i buchi! Charlie!«Il cane sa che scavi buche. Lui vorrebbe aiutarti. E se hai qualcosa da spostare,

con lui farai più in fretta.» La porta si spalancò all’istante e Atimanì li lasciò entrare. Non guardò nemme-

no il ragazzino, ma prese il cane con sé e furiosamente si mise a scavare; e Charlie dietro a fare altri buchi. Atimanì disseppelliva oggetti e Charlie li imbucava, e in un baleno molte cose vennero alla luce dal pavimento e furono spostate; e Martin stava ben attento a non dire una parola.

E in breve da una buca uscì fuori una chiave; e quando Atimanì la passò a Charlie, Charlie la raccolse e la tenne ben salda in bocca.

Era una chiave antica, tutta ricci e fiori d’oro.Era quella?Bisognava sapere.«Oh, che bell’oggetto hai in casa tua, Atimanì!» disse Martin gentile.Quello fece la faccia furba. «Eh, se sapessi…» ridacchiò misterioso, roteando

lentamente gli occhi verso l’alto.Eccolo, il segno che Martin aspettava.

Page 244: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

244

«Via, Charlie!» gridò svelto. Uscirono in un lampo, Martin a gambe levate, Charlie al galoppo con la chiave

in bocca.Gli urli di Atimanì richiamarono gente, e anche le case ricominciarono a spo-

starsi; e Martin vide con l’angolo di un occhio che molte divenivano color cenere, come se tutto quel villaggio stesse perdendo la sua ragione di esistere; e qualche tetto piano si sfaldava.

Furono alla parete, e quella gente incalzava dietro.Martin disse di nuovo le parole, mentre si sentiva afferrare da tutte le parti; ed

ebbe a un tratto in mano la chiave che Charlie gli consegnava.E poi fra tutti sentì ancora la voce di Atimanì, e due manucce fortissime gli si

attaccarono ai capelli.«Voglio uscire con te!» strillava quello. Martin si fece forza e si calmò; ma il

varco che si era appena aperto si stava già richiudendo.«Tornerò a prenderti» disse, come aveva detto a Tenna, mentre tentava di aprir-

gli le mani per mandarlo via. «Ma adesso lasciami andare, non c’è tempo!» Con le braccia protese Martin tentava di tenere aperto il varco, ma la forza della terra era maggiore: espandendosi di nuovo, stava man mano richiudendo l’apertura. E c’era da staccarsi di dosso quel furfante…

Finché non iniziò a succedere quell’orrore.Dieci, o cento, o più di quelle persone furono addosso a Martin, e infilandosi

nella sua pelle, nel suo naso, nella sua bocca gli furono dentro. E il suo corpo divenne un agitarsi di parti in direzioni opposte, un furioso guerreggiare, come di un burattino che tra convulsioni violente fosse lì lì per essere smembrato. Un dolore e un freddo lo assalirono, e Martin perse i sensi.

Fu Charlie ad afferrarlo per i vestiti, ancora tutto squassato da un tremito, e a spingerlo fuori a forza; e poi cercò la chiave, ma dov’era?

Ed ecco che qualcuno gliela mise di nuovo in bocca, e Charlie sentì l’odore di Tenna, e alzando gli occhi vide solo un angolo della sua veste, mentre veniva assalita da molte di quelle creature.

Fu fuori fino alle spalle; ma il varco si stava richiudendo e gli premeva addosso. Dietro di lui, mani e braccia si agitavano in aria, e ancora Atimanì, rialzatosi, tentava di passare. Guaì, guaì ripetutamente.

Martin lo udì e tornò in sé, e sperò che nessun altro avesse sentito. Raccolse tutte le sue forze: bisognava far uscire Charlie, a tutti i costi. Solo un istante, e sarebbe morto schiacciato. Si rialzò e, con un pugno che gli parve di ferro, attra-verso l’apertura colpì in viso Atimanì e lo fece barcollare all’indietro. Velocemente

Page 245: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

245

poi si attaccò al pelo di Charlie e tirò senza lasciare la presa. «Forza Charlie, forza. Forza, su!» lo incoraggiava. «Non ti mollo.» Sentiva tutti i muscoli tesi nello sfor-zo. Vuota la testa, gli aveva detto Muzow, ed era ancora il caso di tenerla vuota; altrimenti avrebbe avuto tutto il Paese Nullo lì a ostacolarlo.

Con le costole contuse, Charlie riuscì a liberarsi appena in tempo da quella stretta. Immediatamente l’apertura scomparve e la parete di terra battuta nascose di nuovo il suo segreto.

Giù a terra stava Angelo: saltellò zitto ai piedi di Martin, e gli occhietti gialli si posarono su Charlie e capirono.

Ansimante, con la chiave in mano, Martin lanciò un’occhiata giù verso il Nero Fiume, e non credette ai suoi occhi.

Sull’acqua galleggiava, vuota, la nave di Amabron, pronta a salpare per andare a ritirare il suo ultimo carico; ma sulle piccole onde era visibile una sfumatura più chiara, quasi azzurrina.

Cullata dalla ritmica cantilena dei Kranpinch di Muzow e Magonda, l’acqua del Nero Fiume stava cambiando.

Che cosa gli faceva venire in mente? Che cosa?Ma sì, la vecchietta! La vecchia delle bacinelle! «Stai attento all’acqua» gli aveva detto. Ed eccola, l’acqua che cambiava, cam-

biava colore al suono di una canzone…Si trattenne solo un momento a guardare, e quel momento fu troppo.

Era una giornata molto problematica per Kuzow: aveva dovuto far fronte alla nuova situazione e ora teneva sotto controllo i Kranpinch ancora addomesticabi-li, facendoli minacciare di morte dai suoi sergenti. Per il momento la partita era pari: il Musm non cedeva, salvo quell’episodio di poco prima ancora da chiarire, quel tremendo sussulto che non si era mai avvertito prima di allora; ma non era dipeso certo dal Nero Fiume, dove la situazione era stazionaria. Si poteva ancora salvare tutto, e lui avrebbe potuto ancora aspirare a diventare uno dei capi militari del mondo conquistato. Era essenziale rimanere al proprio posto, e mantenere il gioco aperto fino ai nuovi arrivi; o finché Gamondock, con l’aiuto di Lutfilyon, non avesse trovato il modo di debellare quei ribelli senza provocare variazioni repentine nello stato del Musm.

Fu mentre pensava così che si distrasse un attimo, e la verga che teneva in mano e agitava in modo ritmico gli cadde.

Si girò per raccoglierla e il suo occhio registrò un movimento più su, verso la parete del Paese Nullo.

Page 246: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

246

Guardò meglio e vide una figura di ragazzino, e la schiena e la coda di un cane scomparire su per la scala grande.

Mandò veloce Hotzbug a rincorrerli; ma quello ritornò poco dopo riferendo che non li aveva più trovati da nessuna parte.

Page 247: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

247

lvi

Quando aprì la porta dello studio di Gamondock, Lutfilyon lo trovò seduto alla sua scrivania con una maglia a righe bianche e gialle in mano, che aveva appli-cata sul davanti un’anatra col cappellino. Lì per lì rimase perplesso: sapeva dei due sonaglini chiusi nel cassetto dello schedario, ma l’atteggiamento con cui ora Gamondock stringeva una maglia da bambino strofinandosela tra le mani e ac-costandola al viso gli era nuova. Per un attimo pensò che la tensione degli ultimi giorni gli avesse procurato una pericolosa regressione infantile, cosa che in quel momento non ci voleva proprio.

In piedi accanto a lui, con un ghigno soddisfatto sulla faccia, c’era Arnold lo Zoppo. Cosa stava tramando quell’intrallazzone?

Gamondock guardò Lutfilyon con occhi vuoti, e quando si fu seduto pronun-ciò solo due parole: «Eccolo qui.»

Porse la maglia al vecchio, che non capiva che cosa si dovesse fare di quel fetic-cio, e gli disse: «Strofinala.»

Lutfilyon la strofinò, e subito gli apparve quel viso di ragazzino imbronciato e ribelle. Eh, sì: il nemico.

Lo studioso lo esaminò con cura e distacco, e dovette concludere che tutto in quel viso diceva che si trattava di un osso duro.

«Dove si trova adesso?» chiese a Gamondock.«Le posso rispondere io, sign…» si tuffò a dire Arnold, che per quella brillante

impresa della maglia si sentiva già fra i vip. Ma si beccò un occulto calcio nello stin-co da Gamondock, proprio sulla gamba offesa, e urlò silenziosamente di dolore.

«Non lo sappiamo» disse Gamondock. «Si sa per certo che è arrivato da quei noiosi, e poi più nulla. Non si può più tollerare che esista: se torna nel suo mondo ricomincerà a suonare come un invasato, e anche musiche di protezione che di sicuro gli hanno insegnato quelli là, per non parlare del rischio che arrivi qui…»

«Quello non lo deve nemmeno dire, signore» lo rabbonì calmo Lutfilyon. «Si mantenga sicuro della vittoria, no? Piuttosto c’è un particolare che le devo comunicare.»

Page 248: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

248

Gamondock lo interrogò con gli occhi.«Il motivo per cui mi ha convocato.» «La scossa?» «Sì.» «Be’?» Gamondock attendeva.«I pianeti delle due signore, le gemelle.» «Ebbene?» «Ebbene, si sono messi in movimento e si stanno allontanando.» Gamondock respirò a fatica. «Come…» «Non velocemente, per ora, signore, ma bisogna far partire Amabron.» Lut-

filyon omise volontariamente il particolare della rifioritura, perché vedeva già la laringe di Gamondock in forte difficoltà. «Subito, suggerisco, signore.»

In quel momento la porta fu spalancata.Senza bussare e senza chiedere permesso, entrarono come un uragano le due

gemelle. Con passo marziale e facendo sventolare i mantelli fecero affiancate i due passi necessari a raggiungere la scrivania. Si piazzarono lì davanti e iniziarono a far baccano. «Vorremmo sapere che cos’è stata quella scossa. A me tra l’altro si è rotto l’orologino di vetro di Shaktiri che avevo portato da casa. Chiederò i danni!» strillò Erchidia, stringendo forte il manico della maschera d’oro.

«Non se ne può più, di ballare. Sono caduta dai tacchi e mi si è insaccato l’allu-ce» ruggì Segrinia. «È un posto da matti, quand’è che la facciamo finita? E la pro-messa? Ohi, la promessa, ho detto! Noi siamo ancora qui in queste condizioni!!»

Gamondock nascose il viso fra le mani ed emise un flebile lamento. Quale promessa? Ci aveva mai capito niente, lui, della promessa? Se avessero saputo di Shaktiri e Nandhali…

Ma era destino che quello, per l’Imprenditore Spaziale, fosse un drammatico giorno.

Ci fu un attimo di pausa, che assomigliava di più al momento in cui un cielo nero progetta di rovesciare a terra tutte le sue saette.

E poi le due sorelle ricominciarono a urlare insieme, che loro erano ancora lì di-sgraziate con quelle maschere d’oro, e quella era l’impresa degli scalcinati, e che se avessero saputo avrebbero fatto fagotto molto prima; e con quello strepito copriro-no i passi di Kuzow sulle scale. Si affacciò alla porta, Kuzow, non avendo ricevuto risposta al suo bussare. Cinque facce lo fissarono, e lui annunciò con voce metallica che aveva appena visto, giù di fronte alla Scaletta Variabile, un bambino.

«Un bambino?» si sbigottì Gamondock, e cercò gli occhi di Lutfilyon.«Sì. E non solo, signore. Era col cane.»

Page 249: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

249

«Il cane… quello?» Che domanda stupida, si disse Gamondock. E quale altro cane? C’era solo quello, di cane, al Musm.

«Sissignore.» «E poi?» «E poi ho mandato Hotzbug a inseguirlo, ma il bambino è sparito.» «Era questo, il bambino?» Gamondock gli allungò la maglia e gliela fece stro-

finare.«Non l’ho visto in faccia, ma può essere. Capelli scuri…» «Il Paese Nullo!» Gamondock scattò in piedi. «Il bambino ha preso la chiave!»

Nel momento della vera necessità, Gamondock ridiveniva forte e lucido. In piedi dove già si trovava, fu glaciale all’improvviso, e in un istante impartì le disposi-zioni; e stabilì che Kuzow andasse ai dormitori a reclutare tutti i Kranpinch che poteva fra quelli che avevano finito il turno la mattina e che Arnold si recasse da Amabron per avvertirlo di partire immediatamente. Se fosse andato subito, per quel giorno stesso ci sarebbero state le scorte fresche – a costo di far salire la gente sulla nave a frustate – e con delle sostituzioni ben fatte quella vicenda si sarebbe conclusa in un batter d’occhio, finalmente.

A Lutfilyon ordinò di tornare nel suo studio e tenere controllati i calcoli; quan-to a lui, sarebbe sceso al Nero Fiume per dare un’occhiata e poi avrebbe raggiunto la Grande Armonica passando dalla Scaletta Variabile, perché lassù quasi di sicuro c’era la sorpresa.

Uscì per primo dallo studio, seguito da Kuzow. Lutfilyon alzò le ossa dalla poltrona e anche lui si avviò fuori dalla porta. Arnold gli era dietro di due passi, e non vide l’occhiolino che le due gemelle si scambiavano. Stava per uscire, quando Segrinia lo chiamò.

«Ehi, tesoro» lo apostrofò dolce dolce.Lui si voltò.«Vieni qui solo un momento» gli disse. Arnold le andò di fronte per sentire ciò che voleva dirgli, ed Erchidia gli si mise

alle spalle.«Volevo solo vedere il laccetto…» Gli sciolse il nodo del mantello. Lui non capiva ancora.«… di questo mantello» finì Erchidia dietro di lui, levandoglielo. E poi svelta

svelta andò alla finestra e lo lanciò di fuori.«Ma… ma…» ebbe solo il tempo di dire Arnold, mentre di colpo gli sfumava

la carriera.

Page 250: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

250

Per un attimo il Mantello Nero del Gran Balzo indugiò nell’aria come un gran-de avvoltoio; e poi si accartocciò e divenne un sasso scuro che precipitò rapido nel vuoto.

Arnold rimase istupidito in mezzo allo studio con addosso la tutina di flanella color carne che sempre indossava sotto al magico indumento.

«Dove lo mettiamo, Segrinia?» disse Erchidia. «Lo stipiamo in un cassetto o me-glio in piedi nell’armadio?»

«Bah, fai nell’armadio, sii buona» rispose Segrinia.E lo sistemarono così, chiudendolo a chiave per bene.

Page 251: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

251

lvii

Non aveva fatto in tempo a contare fino a ventidue, Martin, prima di vedere il muro aprirsi: ed era riuscito a passare mentre quello già si stava richiudendo, e dietro aveva sentito passi di metallo avvicinarsi. Finalmente era sbucato nell’atrio semicircolare, mentre il soldato alle sue spalle lo inseguiva. E poi fu svelto dietro alla parete e tracciò le parole sul muro. Vide solo di sfuggita dei segni apparire sul soffitto, e il Corridoio Impossibile gli fu davanti. In un lampo ci s’intrufolò, e il passaggio si richiuse alle sue spalle.

Appena in tempo! Il soldato passò oltre, e di Martin non trovò più traccia.Poi la seconda parete si aprì e a Martin si fermò il respiro.

In una nebbia di polvere d’oro che più su si faceva accecante, altissima di fronte a lui stava una cupola, più alta di una torre, più alta di una cattedrale. Tutta di chiarissimo cristallo incastonato in una griglia di ferro, aveva la fattezza di un uovo smisurato. Due scale di pietra chiara, opposte fra loro, salivano esili avvitan-dosi l’una sull’altra; parallela a ognuna, correva un’altra scala che più su sfumava in trasparenza, finendo incredibilmente a mezz’aria nel nulla. E molto in alto, sulla sommità delle scale, posata come un altare stava una piattaforma circolare, in gran parte occupata da una buia macchia pulsante, una sfera color della notte. Celava di sicuro qualcosa di grandioso e potente, perché raggi di luce intensissima le sfuggivano intorno. E fuori, in contrasto col cielo grigio che aveva sempre visto intorno a quel luogo, fuori ancora splendeva luce, come un bianco accecante e uniforme di sole.

Ecco, si trovava lì dentro, la Grande Armonica Interstellare Avvolgente.

Con la chiave ben stretta in mano Martin iniziò a salire la scala più vicina. Charlie correva avanti con la lingua fuori; Angelo li precedeva in volo. Ma quanti erano quegli scalini, duemila? E in ogni caso i suoi occhi, disgraziatamente, vedevano anche di lato, e tutto quel vuoto gli faceva girare la testa. E per di più, là in alto

Page 252: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

252

senza potersi riparare da nessuna parte, si sentiva al sicuro come una mosca nera su un sasso bianco quando c’è in giro il gatto.

Comunque continuò a salire, e raggiunse finalmente Charlie e Angelo sulla piattaforma: ora c’era da entrare in quel buio vivente.

Attratto e spaventato, Martin lasciò la luce e s’immerse in quella sfera d’ombra; e all’improvviso si sentì pesante come una mastodontica pietra, come un pezzo di piombo, e cadde.

Le braccia attaccate al suolo e il corpo che pareva divenuto di un’altra sostanza, inerte e magnetica, strisciò e si trascinò.

Trovò lo strumento e con le mani, penosamente, ne saggiò la gigantesca strut-tura: doveva essere ben più grande dell’organo della chiesa di Panissa, ben più grande di qualsiasi strumento che lui avesse mai visto o immaginato, se lì dentro stavano dormienti tutte quante le musiche deliziose e splendide e tutte quelle maestose e solenni della Terra, e la gentilezza e i sorrisi della gente, e tutta l’alle-gria, la fierezza e il perdono…

Si avvicinò di più, mentre l’ombra gli premeva addosso col suo fiato opprimen-te e lo schiacciava a terra. E di quello strumento avvertiva, col suo sentire acuto, una potenza terribile ma dolce di madre imbavagliata, che era necessario liberare con carezze; perché qualsiasi rudezza avrebbe potuto scatenare in lei una violenza devastatrice.

C’era da fare presto: la nave poteva anche essere già partita. L’aveva detto, Mu-zow: quello era l’ultimo giorno. E l’aveva anche avvertito: «Vedrai, non sarà facile.»

E adesso lui era schiacciato lì sotto e quelle parole, facile o difficile, non aveva-no nessuna consistenza. C’era solo un silenzio nero pesante che lo tratteneva, una forza che lì raccolta tutta insieme era mortale e basta.

Le braccia in alto, cercò carponi la serratura con le dita e la trovò, mentre sen-tiva nel cervello, a onde, un monotono suono, come il soffio di una radio ferma su una stazione fantasma.

Charlie guaiva, fuori dalla macchia nera; e Angelo… Angelo era…Santo cielo, Angelo, dov’era?Riunendo le forze riuscì a raddrizzarsi sulle gambe. Dovette girare molte volte

quella chiave, prima di sentire lo scatto finale. Socchiuse l’Armonica e sulla punta dei piedi, con estremo sforzo, ne sollevò il

gigantesco coperchio. Con le braccia ancora alzate sopra alla testa, cercò i tasti: e poi si affidò alla memoria dei suoni che aveva custodita nelle mani.

Al primo tocco uscì solo una nota breve e fessa, che subito si spense.Martin, stremato, continuò a tentare.

Page 253: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

253

Una musica dolce, gli aveva detto Muzow.E per quella volta, lui inventò. Ascoltò un lieve canto dentro e lo suonò.

Le note successive uscirono; roche, ma uscirono, e le prime due battute si levaro-no nell’aria; ma Martin aveva già speso tutte le sue forze.

Udì Charlie guaire più forte, là fuori dalla macchia, e poi silenzio; ma ormai tutto il suo essere stava come calando in una buca profonda, e non gli riusciva più di muoversi. Le mani gli scivolarono dai tasti e fu trascinato di nuovo verso il suolo da quella forza sovrumana.

Sentì che nella mente gli esplodeva un vuoto, e poi più niente.Non poté accorgersi che l’aria intorno a lui già accennava a cambiare, e dal nero

impenetrabile stava girando verso un più chiaro grigio; e non si accorse nemmeno della sagoma alta e rigida che stava in piedi sulla piattaforma e aveva di fianco un bastone.

In un luogo molto vicino, Harmonia lasciò aperta la credenza in cui stava per ri-porre le stoviglie pulite e si fermò a osservare. Non riusciva più a staccare gli occhi da quel bambino, adesso. Avrebbe voluto essere là con lui e risparmiargli ogni fa-tica e paura, e proteggerlo da tutti i pericoli; ma sapeva che non le era consentito. Così cercò con lo sguardo Lumen.

Anche lui aveva lasciato il suo lavoro e stava seguendo gli eventi.«Lumen» azzardò lei, «ma quel sacchetto di Mamanui non lo protegge almeno

un po’?» Lui la guardò un attimo con un sospiro paziente. «Lo sai benissimo anche tu,

Harmonia, che quello è qualcos’altro. Se lo deve guadagnare, quel sacchetto.» Sì che lo sapeva, Harmonia, ma ci aveva voluto provare: non si sapeva mai…Gli si avvicinò. Almeno, in quel modo, a seguire la cosa insieme, si sentiva

sorretta. Guardarono tacendo, uno a fianco all’altra.

Le due gemelle filarono dritte alle loro stanze e avvertirono Brenda e la balia che c’era in programma un tè con Amabron, e che invitassero anche i due damerini. Le lasciarono quindi impegnate tra chicchere e vassoi; attesero di udire il fiato ansante di Lutfilyon allontanarsi verso l’ultimo piano e poi, con piglio velenoso, salirono da lui.

«Ehi!» gli gridarono strada facendo. «Abbiamo bisogno di dirle due parole!» Le maschere serrate in pugno, la mezza faccia visibile piena di livore, lo rag-

giunsero mentre pian piano sollevava la carcassa da scalino a scalino. «Dovrà sbri-

Page 254: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

254

garsi, quell’Amabron» ringhiò Erchidia proprio alle sue spalle. «Non potrà mica pretendere di andare avanti a festicciole senza mai alzare il piedino!»

Segrinia non rispose, perché la sua parte era di essere indignata.Era necessario salire alla biblioteca, per avvertire Mike che il ragazzino era in

pericolo.Tallonando Lutfilyon, s’introdussero nel suo studio con fare villano.Per prima parlò Erchidia, ad alta voce come se Lutfilyon stesse dall’altra parte

di una piazza. «Meno male, si è deciso, Gamondock, ad andare all’Armonica! Speriamo che riesca a sistemare quel cretino di un ragazzino, se no… Ma qui cosa fate tutti quanti, dormite?!»

Fango, che fino ad allora aveva svolto, almeno in apparenza, la funzione asse-gnatagli, trasalì.

«Ma basterà, Gamondock, per farlo fuori?» urlò intanto Segrinia. «Bisognerà che faccia in fretta, eh? Io comincio a essere molto stanca.»

Lutfilyon aveva appena passato la porta e raggiunto il suo scrittoio e guardava quelle due. Oh, fosse finita presto, quella storia.

Erano tutti lì in piedi quando le note dell’Armonica li raggiunsero. Lambirono i muri dello studio, e risuonarono più su nel laboratorio, e su su fino alle torri e alle antenne; e sotto, nel ventre del Musm, dove ancora quella sfida andava avanti, molte teste si girarono verso la scala e molte fruste rimasero un attimo per aria, per abbattersi poi con più forza sulle schiene di chi ancora cantava.

E il Musm, messo alla prova da quelle due battute, ebbe tutto un tentennare di guglie che fece barcollare un po’ l’intera struttura sottostante.

Chiuso nello schedario, Mike si tenne stretto a un cassettino. Aveva sentito tutto, attraverso la parete scorrevole; e lì dentro prigioniero si tormentava per quel bam-bino che non poteva aiutare.

Non sapeva ancora che di là da quel muro aveva, da poco, due ulteriori alleate. E furono proprio loro, un’altra volta, a fare la mossa vincente.

Sotto gli occhi sorpresi di Fango, Erchidia cominciò a girare su se stessa in mezzo allo studio, mentre Lutfilyon, perplesso e allampanato, la guardava; e to-sto Segrinia la imitò, ma girando in senso opposto. Sembrò a Fango che alle due gemelle sfuggisse anche un «Yahoo!» di divertimento, e si chiese per un attimo se anche a casa loro ci fossero i film western.

Come rocche di fuso giravano le sorelle, coi lembi dei mantelli al vento; finché le vide scostare dal viso le maschere, che insieme si abbatterono sulla faccia di Lutfilyon, una da una parte e una dall’altra.

Page 255: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

255

Con quelle due mezze maschere sul viso, per un attimo il vegliardo apparve agli astanti col sembiante di un fulgido dio azteco; e poi crollò all’indietro sulla sua scrivania.

Fango avrebbe voluto saltellare di gioia; ma c’era da liberare Mike, e in fretta.Lutfilyon ricevette degna allocazione nello schedario, stordito, legato e imbava-

gliato; e chiusa con cura la parete i quattro se ne andarono, passando indisturbati davanti ai Kranpinch.

Nell’ora che seguì, Erchidia sopportò volentieri le insipide moine di Acce e i bi-lanci preventivi di Amabron, sbattendo vezzosa le lunghe ciglia dell’unico occhio visibile.

Ora, comunque finisse, si poteva solo attendere; e nel frattempo intralciare più che si poteva.

Giù al Nero Fiume, Muzow aveva visto Gamondock arrivare. Lo seguì con atten-zione fino a che non lo vide scomparire su per la Scaletta Variabile verso la Grande Armonica; e seppe che Martin non poteva più farcela da solo.

Così, dette due parole strette strette al suo luogotenente più vicino, e assestate un paio di frustate ai Kranpinch per farsi ben vedere, si avviò verso la scala ricurva. Nel passare, prelevò con la forza Magonda dalla sua fila sussurrandole di protesta-re; e mentre lei scalciava e sbraitava che non erano quelli i modi, e che quello era un posto di cafoni insolenti, avvertì Kuzow, che era appena ritornato, che portava la traditrice su di sopra perché Gamondock al suo ritorno la giudicasse.

La spinse così tenendola stretta per un braccio fino a che non furono dietro la curva della scala e il Nero Fiume fu scomparso ai loro occhi.

Giunti nell’atrio semicircolare, le disse di nascondersi dietro allo scalone a spi-rale e di restare lì per un poco. Riuscì a farcela stare solo a fatica, perché lei, anche se solo a cenni, dava di matto per il suo merlo e il suo ragazzino.

«Svegliati. Dico a te, svegliati. Non mi vanno quelli che credono di potersi ripo-sare in casa mia.»

Gamondock aveva allungato un braccio all’interno della macchia. Per fortuna, grazie a quel suonatore da teatrino di provincia, l’aria lì dentro si era già fatta meno scura, e lui aveva potuto scorgerlo e agguantarlo.

Ora lo trascinava fuori da quel circuito di forza micidiale: un piccolo salto giù dalla piattaforma e il bambino sarebbe stato servito. Oppure, cosa più divertente, poteva usare il bastone…

Page 256: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

256

Aveva fatto tutto da solo, l’imbecille. Da solo era salito, da solo aveva suonato e rischiarato l’ombra, da solo era rimasto lì talmente a lungo da perdere i comandi del corpo e finire svenuto.

E quel cane, era stata sufficiente una pedata per vederlo sparire a ruzzoloni giù dalla scala.

Ora il bambino era ai suoi piedi, ancora semincosciente: e con la punta della scar-pa lui gli dava calcetti, provando un gusto indicibile nel vedere quant’era inerte.

Eccolo lì, il suo brutto sogno, la sua pena inestinguibile dei giorni e delle notti al Musm.

Ebbe un moto di rabbia nel guardargli le mani: quelle mani piccole e lisce, che avevano ancora rotondità d’infanzia nel dorso e nelle dita, mani che avevano stillato musica fino all’ultimo momento – perfino lì, nella casa del conquistatore, come estremo sfregio.

Colmo di soddisfazione e di rivalsa lo trascinò ancora verso l’orlo della piatta-forma. Che bello: una piccola spinta, una sola…

Ma prima doveva fare qualcos’altro. Doveva dirgliele, finalmente, quelle paro-line che lo avevano così tormentato nelle lunghe notti noiose, quando si rigirava dentro al letto.

Così si chinò su di lui, e avvicinando il viso al suo parlò piano piano, sen-tendo fino in fondo passare tra la lingua e il palato il piacevole sapore di ogni piccola sillaba.

«Odio Beethoven, e anche Bach: e anche i Beatles, se ti può interessare» sussur-rò a quel nano, ridacchiando fino fino.

E si sentì subito bene; tanto, tanto bene, finalmente.Martin aprì gli occhi a metà, e subito li richiuse, come assonnato. Fu un morso violento a far girare Gamondock. Sentì la caviglia sinistra tra-

passata, urlò, afferrò con entrambe le mani quei ricci di pelo bianco che si erano avventati su di lui.

Di nuovo quel cane, e con quei versi di belva feroce. Ma quanti denti aveva, quel diavolo? Accidenti a te, pensò mentre lottava. Non ti ho fatto cadere abba-stanza.

Charlie… Oh, Charlie, pensò solamente Martin. Cercò un po’ di forza per guardare e lo vide lottare con Gamondock.

E vide anche, per terra, un bastone che aveva al centro dell’impugnatura una pietra nera.

In alto, c’era ancora quel sole: ma ovunque cominciava a scendere, a filamenti, una cenere che disperdendosi velava l’aria intorno.

Page 257: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

257

Quando vide Mike e Fango giù dallo scalone, Magonda li chiamò sottovoce e insieme là dietro attesero.

Muzow arrivò di fretta: bisognava entrare subito nell’hangar. Nei dormitori, Kuzow stava raccogliendo una squadra: prometteva il ritorno immediato a casa e riconoscimenti a chi avesse aiutato.

Non aveva avuto gioco così facile: perché anche là dentro, ormai, si favoleg-giava di un’eroina, brutta quanto si vuole ma con una faccia tosta mai vista, che marciando a fianco degli sventurati ne aveva risvegliato la speranza con una can-zone. Era nata anche una mezza insurrezione, subito bloccata quando si era visto il tremito pauroso delle mura.

Un bel gruppo, comunque, l’aveva messo insieme, Kuzow; e si stava preparan-do per inviarne una parte giù al Nero Fiume, mentre lui stesso con altri sarebbe rimasto a sorveglianza del corridoio grande, per impedire qualsiasi ingresso alla Grande Armonica.

I quattro sfilarono rapidi dietro alla parete e lungo i pochi metri fino al punto in cui stava celato il Corridoio Impossibile. Tracciato il codice, lo videro aprirsi. In un momento erano dentro; ma Kuzow e gli altri, usciti dai dormitori, marciavano già nella loro direzione. Ebbero il tempo di vedere Fango e Magonda infilarsi nella parete e levando grida altissime si precipitarono per fermarli.

Mentre il Corridoio Impossibile si richiudeva, Kuzow riuscì ad afferrare soltan-to un lembo della maglia di Magonda, che lacerandosi gli rimase in mano.

Restò col piccolo drappello a guardare la parete: a nessuno dei Kranpinch pre-senti al Musm, nemmeno a chi comandava, Gamondock aveva rivelato il codice. Ed era inutile anche cercare di salire attraverso la Scaletta Variabile: li avrebbe su-bito immobilizzati, se non stritolati, e comunque anche riuscendo a salire avreb-bero trovato chiuso il secondo passaggio.

Bisognava cercare Lutfilyon e avvertirlo: era l’unico in grado di farli entrare nell’hangar. Kuzow trattenne presso di sé Iafrot e Simitran, due tra i Kranpinch più forti, mandò il suo luogotenente Maicorf allo studio del vecchio e inviò gli altri al Nero Fiume per le sostituzioni.

«Uff, che prepotenza» brontolò Magonda tenendosi lo strappo mentre in tre passi arrivava alla fine del Corridoio Impossibile, e già allungava il collo per cercare, in mezzo a quella luce così inattesa e a quella strana cenere che nasceva dal nulla.

Da dietro Fango le tirò il gilet, indicando un punto molto in alto. Lassù, una coda di cane appariva e spariva; e una figura grigia pareva difendersi

da un assalto.

Page 258: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

258

Un lampo accese l’aria, e si udì guaire. C’era lotta, là sopra: e il ragazzino era lì, di sicuro.

«Un cane?» si stupì Magonda. «Ma che sia…» «Hai visto? Il bastone, Gamondock ha il bastone» gemette il segretario.Muzow saliva già su una delle scale, sentendo i gradini instabili al suo pas-

saggio. Sapeva bene che era colpa della battaglia lassù: Lutfilyon li aveva sempre avvertiti. Là dentro ogni contesa, di qualunque genere, era più pericolosa di un incendio. Dal centro della sfera d’ombra, la Grande Armonica mandava bagliori minacciosi.

Gli altri tre, zitti, seguivano da terra. Poi Mike fece segno di andare in là, dall’altra parte, sotto al punto in cui si

trovava Gamondock, e distrarlo in qualche modo. E allora Magonda condusse Fango dove una delle scale iniziava e gli disse di

chiamarlo forte.«E… e cosa gli dico?» esitò quello.«Di… digli quello che ti pare» lo prese in giro lei. «Stupiscilo, no?» «Stupire? Eh… Be’… Vediamo.» Fango pensò un momento. «Signore!» fece poi,

con più fiato che poteva. «Oh oh oh, signore, mi sente? Le ho stirato i calzoni!» I calzoni? Gamondock ebbe un attimo di incertezza, come chi all’improvviso

non sa più dove si trova.Fatto sta che fece quello che non doveva: si affacciò alla piattaforma, e lì per

lì, vedendo là in basso tra la cenere Fango assieme a quella odiosa zitella, gli si oscurarono i pensieri.

Che cosa c’entrava lui con lei? Perché gliel’aveva portata lì? Ma lui non l’aveva mandata fra i Kranpinch da quella mattina? Non doveva essere laggiù a cantare quella stupida canzone che…

E il codice? Come mai erano lì dentro? Ma sì, il codice!Mi ha tradito, realizzò all’improvviso, mentre la massa poderosa di Muzow lo

assaliva alle spalle.Fu una lotta terribile e ad armi pari: la forza di Muzow contro l’agilità dell’al-

tro. Spiccava salti prodigiosi, Gamondock, mentre il suo bastone, usato da fucile, spada e bilanciere, mandava fiamme in giro; e Fango giù a terra si sbalordiva di se stesso, chiedendosi come aveva fatto a capire e come aveva fatto a non capire.

Lottarono, i due, e rotolarono insieme sulla piattaforma e poi giù per le scale. Di gradino in gradino, finché poterono, continuarono a menare colpi l’uno con-tro l’altro.

Page 259: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

259

Col fiato sospeso, i tre a terra aspettavano; e Magonda guardava spesso inquieta verso la piattaforma.

Fu Gamondock a decidere il finale. Avventandosi su Muzow col bastone pun-tato su di lui, lo costrinse a spostarsi di fianco. Nel cercare il nuovo appoggio, Muzow mancò lo scalino. Tentò di riprendersi perché era fortissimo, ma Gamon-dock gli negò il passo.

Allora lui gli si afferrò e lo tirò con sé. Insieme, avvinghiati, precipitarono di sotto davanti agli occhi di Mike, Fango

e Magonda.Caddero, e non si mossero più. Magonda corse ad accucciarsi accanto a Muzow. «Ehi, no no no, amico, su, sei

vivo?» Gli sollevò la testona e se la mise sulle ginocchia, e con le mani gli dava schiaffetti sul viso. «Non scherzerai, eh? Su, su, è quasi finita, ma c’è ancora un po’ da fare…» Guardò Mike, in piedi lì vicino. «Mamma mia» sospirò.

La grande figura di Muzow non dava più segno di vita.Gamondock giaceva inerte al suolo, e il suo bastone stava più in là, spezzato. Di Martin e Angelo non si poteva sapere nulla, stando là sotto. Cadeva cenere

e sulla piattaforma quel cane abbaiava, guardando in basso; era l’unico suono in tutto quello spazio.

Nel salire verso lo studio di Lutfilyon, Maicorf si arrestò stranito. Gli parve di aver visto il vecchio studioso scendere la scala a saltelloni, facendo cinque o sei gradini per volta, e per di più liscio liscio, senza che nemmeno gli si scomponesse la tunica; e riprendere il suo andare artritico appena si era accorto di lui.

Ma no, forse mi sono ingannato, pensò Maicorf, e gli andò incontro.«Signore, mi mandano a dire che serve il codice per entrare nell’hangar. Dei

ribelli sono là dentro, vanno fermati.» «Dei ribelli, Maicorf? Andiamo, andiamo.» Ancora con la faccia addormentata,

Lutfilyon non aveva nessuna voglia di far trapelare pettegolezzi sul suo smacco. Aveva appena controllato i calcoli mobili: la nave non era per niente partita.

Ma non era il primo pensiero per lui, in quel momento. L’Armonica mandava segnali inconfondibili e spaventosi: era lì, l’urgenza. Nes-

suno, nemmeno Gamondock, aveva l’idea della potenza racchiusa là dentro. Era tale da distruggere tutto ciò che era stato pazientemente creato, e se l’hangar fosse collassato altro che conquista: il mondo chiamato Terra sarebbe divenuto all’istante una pietra inanimata.

Davanti all’ingresso del Corridoio Impossibile giunse anche Velic, venuto dal

Page 260: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

260

Nero Fiume. Le notizie non erano buone. La situazione era di stallo, con qualche miglioramento dovuto alle poche sostituzioni; ma ora che il fiume era diventato più chiaro, il Musm non beveva più di gusto come prima; e le pareti, laggiù, si raggrin-zivano. E non bastava: sembrava che anche alcune torri si stessero ammosciando come vecchie carote, e a parte il fatto che non raggiungevano più il regno di quei noiosi lassù, stavano cominciando a ripiegarsi verso il Musm con tutto il loro peso.

«Bisogna andare nell’hangar, per prima cosa» sentenziò Lutfilyon con la solita voce flemmatica; ma un’ombra scura gli passò in volto.

Entrarono. Videro accanto alla scala più lontana Gamondock, e accanto a lui Muzow; e credettero che quest’ultimo fosse caduto nel soccorrere il suo signore.

Poco dopo, Kuzow e i suoi tre soldati aggredivano Mike, Fango e Magonda. Volò qualche schiaffo poderoso, e i ribelli furono immobilizzati a terra, mezzi tramortiti.

Raggi si sprigionarono dall’Armonica, fondendo in alto parti di cristallo; e caddero all’intorno gocce roventi miste a cenere. Le sottili volute delle scale si abbassarono in modo visibile, e frammenti di pietra schizzarono ovunque.

A Martin arrivò nel torpore l’umida sensazione del naso di Charlie. Aprì ancora una volta gli occhi e se lo vide addosso, mentre con foga gli leccava le guance.

Devo alzarmi di qui, riuscì a dirsi. Poco prima aveva sentito un calore di piccoli fuochi liquidi passargli accanto e finire sulla piattaforma, e questa scendere di scatto. Guardò la grande macchia che si era un poco diradata, svelando appena canne d’organo svettanti verso la cupola.

Charlie guaiva, girava allarmato, alzava le orecchie; e Martin ebbe finalmente la sensazione del pericolo.

Cadeva ancora cenere, e ora una specie di ruggito fondo e sommesso veniva dallo strumento: una vibrazione spaventosa, come una diga quando l’acqua pre-me e scava crepe nelle sue fondamenta.

Con fatica indicibile Martin ritornò accanto alla Grande Armonica. Eppure avvertiva che a lui, in qualche modo, lei parlava, sentiva che per lui lì dentro c’era come un nido, una tregua.

Chissà come stava la Terra, chissà come stava andando a casa.Si alzò, cercando di nuovo il contatto coi tasti.Una musica dolce, aveva detto Muzow.E Martin lì per lì sentì il desiderio di consolare l’Armonica, così come aveva

fatto con la signora di Benabul. Perché anche l’Armonica era stata tanto tempo

Page 261: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

261

lì da sola, immensa e paziente, con tutto quel peso delle musiche della Terra da portare.

E ricominciò da capo quel canto che andava inventando.Sol, do re mi sol la, do si, le disse con la destra. E un bell’accordo di do mag-

giore con la sinistra.Quel tuono interno non cessava, ma le note andarono intorno abbastanza pulite.La sol mi fa sol…Tranquilla, pensava Martin. Stai tranquilla signora musica, io sono Martin, lo

vedi? Sono quel ragazzino che suonava sempre a Panissa, l’unico rimasto, ti ricor-di? Alla fine venivi solo da me… Mi re la, si do re mi…

E lì fuori c’è Charlie, lo sai chi è? Sì che lo sapeva, sapeva anche di Charlie, la Signora della Grande Armonica,

perché il tuono si andava attenuando.Mi mi si do, re mi mi…

Page 262: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

262

lviii

«La riconosci?» Sentì una voce in falsetto e una mano incartapecorita gli mostrò qualcosa.Martin vide come in uno scherzo la sua maglia a righe bianche e gialle e, tra le

pieghe, una zampa della papera.Si voltò e si trovò davanti al viso una tunica candida e baffi enormi da tricheco;

e più in alto, una vecchissima faccia che lo guardava.Sentì Charlie abbaiare solo un momento, e poi guaire; e fu afferrato alle spalle.

Dita grandi di carne e metallo lo strapparono via dalla tastiera; e lì di fronte quel vecchio scambiava occhiate con qualcuno che lui non poteva vedere. «È a posto, quell’animale?» domandò allo sconosciuto.

E un sudore freddo impregnò le ossa a Martin. E Angelo, Angelo, dov’era mai finito?Gli venne incontro un vuoto pauroso senza risposta. Aveva un bitorzolo in testa, quella specie di monaco; e se lo grattò come se vi

cercasse delle idee.«E adesso parliamo di volatili… Galline, per la precisione» iniziò cantilenando.

«L’hai seguito mai, tu, il volo degli uccelli?» Martin non rispose. Si capiva bene chi era quello lì: era il vecchio della biblio-

teca di cui gli aveva parlato Muzow. Ma perché era salito fin là sopra per parlare con lui di galline?

«Mi chiamo Lutfilyon» disse il vecchio. «Ma forse lo sapevi già. Allora, l’hai osservato, qualche volta, il volo degli uccelli?»

Sì, rispose lui con la testa; perché a Panissa non mancava certo il cielo.«Bravo. E allora dimmi: cosa fanno gli uccelli, quelli grandi che volano alto?» Sfruttano le correnti ascensionali, crede che non lo sappia, signore? pensò Martin.«Cosa fanno, allora? Sfruttano le correnti, no? Se riescono a raggiungere certe

altezze, dopo hanno certe correnti che li aiutano, mi capisci? È questa, la risposta che mi dovevi dare. Non mi hai saputo rispondere.»

«Sì» sussurrò appena Martin.

Page 263: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

263

«Appunto. E adesso mi sai dire com’è un volo di gallina?» Poverette, le galline. Martin le vide nel ricordo, nel cortile di sua nonna, con

quello sbatacchiare d’ali che le portava al massimo in cima al muretto, e quel de-stino segnato; ma si tenne la bocca tappata.

«Lo sai che un tempo le galline volavano?» No, non lo sapevo, pensò Martin. «Non lo sai… Alloraaa, ti devo dire che molto, molto tempo fa, volavano, le

galline: erano splendidi uccelli. Poi, miserelle loro e i loro discendenti, si sono adattate a vivere nei cortili, e poi… Capisci?»

Lui annuì di nuovo. Capiva, per capire, ma quel vecchio con le galline voleva dirgli qualcos’altro, qualcosa di terribile, lui lo sentiva; e quella cosa lì no, non gli andava proprio di capirla.

Ancora gocce infuocate caddero al suolo, e Martin sentì la piattaforma tremare sotto i suoi piedi. Guardò a terra inquieto.

«Oh, abbiamo tempo, abbiamo tempo… Non agitarti, dobbiamo conferire» disse il vecchio. Scrutò in terra e si piegò in due con gran scrocchiare d’ossa per grattare via una macchiolina di sporco dal pavimento. «Auspico che si facciano meglio, qui, le pulizie» chiocciolò, rivolto a colui che tratteneva il bambino.

Martin ascoltava agghiacciato la vocetta di gola uscire da quel museo semo-vente. Sembrava che una radiolina gli abitasse dentro, e che avesse sbagliato sta-zione. Oppure sembrava, cosa più terribile ancora, che avesse ingoiato la signora Tamburelli, sua vicina a Panissa, perché pareva proprio lei quando stendeva i panni in giardino e intanto cinguettava fortissimo al marito di badare il mine-strone, per favore…

Questo pensò Martin in un momento.Ma alle galline, alle galline non aveva nessuna voglia di pensare.

«Ho studiato tanto, se ci ripenso» ricominciò Lutfilyon. «Ero piccolino piccolino, così.» Fece una misura con due dita. «Volevo carpire segreti alla natura…»

Martin non obiettò.«Ahi…» Lutfilyon si massaggiò un gomito roso dall’artrite. «Lo senti come

scricchiolo? Non far caso se messo così faccio qualche salto: quella è un’altra cosa.» Gocce di fuoco, più grandi, gli caddero ancora accanto, e lui le scansò con noncuranza; ma Martin sbatté forte le ciglia per l’ansia.

«C’è tempo, fanciullino, c’è ancora un pochino di tempo: ho tutti i conticini nel mio studio… Dicevamo?» continuò Lutfilyon spolverandosi via la cenere dal-la tunica. «Ah, sì, che ho studiato tanto.»

Page 264: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

264

«Ma anch’io ho studiato, io suono…» «Il tuo pianoforte, vero? Questo volevi dire?» Una ventata gelida gli passò nella

voce, poi Lutfilyon riprese i suoi toni acuti. «Certo, certo. Insomma, qualcosina, un premio, me lo meritavo, no? Qualche vantaggio, anche piccino piccino, un vantaggino…»

«Io di questo non ne so niente, signore, ma per esempio nel mio caso, io che so suonare ho suonato per i miei compagni di scuola e sono stati contenti, e anche la professoressa Ami Bai…»

«Giusto, giusto. E adesso, dimmi, come sta la tua professoressa?» Martin allargò gli occhi e stette muto.

Costernato, Fango aveva seguitato a stare attento a ogni voce e crepitio e som-movimento. Tutto quello che non doveva succedere là dentro, quel giorno era successo: liti e lotte, uno sconquasso. Era precisamente ciò che serviva per distrug-gere la Grande Armonica: Lutfilyon l’aveva sempre e sempre detto. E significava semplicemente che, da come stavano le cose, c’era solo da aspettare una botta mi-cidiale che avrebbe distrutto in un sol colpo l’hangar, il Musm tutto al completo, la musica della Terra e la vita della Terra stessa. Come usava dire Lutfilyon? Ah sì… «La sovrana è suscettibile», diceva, proprio quelle parole, e le accompagnava sempre con una brutta smorfia.

Ecco quello che stava succedendo, ed ecco i segni: le gocce di fuoco e la cenere, i brontolii, gli scalini instabili. Per di più Kuzow era salito sulla piattaforma, e in quel momento di sicuro ostacolava il bambino…

Ma perché, in quella situazione? E cosa credeva di fare ormai quel vecchio las-sù, quando il suo… il padrone, quello lì, il capo, giaceva molto malmesso e semi-morto, anzi forse più che morto, a terra? Bisognava liberare la Grande Armonica: perché non lo capivano?

Andando avanti così, la sera non avrebbe visto il Musm in piedi.

«Un vantaggino» stava ripetendo il vecchio. «E allora è arrivato Gamondock. Ol-lallà…»

Guardò Martin. «Ma tu lo sai, come si costruisce un ponte magnetico multiplanetario impon-

derabile a quattordici livelli con resistenza modulare bipolarizzata e ancoraggio subspaziale calibrato?» recitò enfatico all’improvviso.

Martin lo guardò di rimando e non fece nemmeno di no con la testa.«E immagino, nevvero, che tu non sappia nemmeno come si ottiene una roccia

Page 265: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

265

ipercinetica flessibile con stratificazione di sostanza plurimorfa idroresistente a struttura periodica e alto potenziale di trasmigrazione.»

Martin allungò un po’ il collo in avanti, senza parole; la cenere che cadeva an-dava a posarsi sempre più copiosa sul vecchio.

«E nemmeno conosci gli Uguali subatomici galattici…» Preso da estasi, Lutfi-lyon si era allungato verso l’alto arrivando a rassomigliare quasi quasi a un vecchio arcangelo un po’ toccato; ma la Grande Armonica ruggì sdegnata. Il ferro della cupola divenne molle come gomma e la cima dell’uovo si ammaccò.

«Non li conosci, vero, gli Uguali subatomici galattici? Me lo confermi?» Martin fece di sì e di no, non sapendo a quale domanda rispondere; e intanto guar-

dava in alto a tratti verso i vetri e sperava che quello lì non vedesse il suo spavento.«Me lo confermi. E non te lo dico nemmeno. Capisci?» Si strizzò le narici con due dita e pensò.«Lo sai perché le galline non leggono il giornale?» La domanda arrivò a bruciapelo.«No? Te lo dico io: non leggono il giornale perché ogni alba che viene devono

ricominciare daccapo a procurarsi ciò che credono serva loro a sopravvivere, e tutto il giorno e un giorno dopo l’altro non fanno altro che quello; e quando è sera sono così stracche che vanno ad appollaiarsi nella stia, e coccodì, e coccodè. Ciòòò, al fine di spiegarmi meglio, per mesi, anni e millenni e per tutte le gene-razioni a venire. Semplice, no?» Guardò il bambino, soppesandolo: gli sembrò palliduccio e ne fu contento. «Capisci?» chiese ancora.

Silenzio; ma la piattaforma tremò forte e Martin la sentì cedere sotto i suoi piedi.«Capisci appieno ciò che ti ho detto?» ripeté Lutfilyon. Un suo baffo punse

Martin su una guancia; lui si ritrasse e al vecchio mancò la forza in un ginocchio. Così pencolante si dovette appoggiare all’Armonica, che mandò un sussulto di-sgustato. «Capisci, adesso?» sospirò ancora dolciastro.

Capisco che quello che mi ha detto Muzow stanotte è poco in confronto a quello che avete combinato qui dentro, pensò Martin; e pensò anche che doveva suonare qualche tasto, almeno qualcuno, perché scendeva la cenere e la Grande Armonica rimbombava stravolta e minacciosa, e lassù certi cristalli si erano già sciolti lasciando uscire la luce e su ogni cosa si spandeva un grigiore infinito; e Charlie legato chissà dove uggiolava e la piattaforma si squassava a ogni parola di quell’individuo; ma lui sembrava non curarsene affatto.

Muzow riaprì gli occhi con lentezza. La caduta era stata tremenda e ora sotto le piastre di metallo ogni parte del corpo gli dava un acuto dolore. Vide gli altri a

Page 266: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

266

terra, sorvegliati da tre Kranpinch; e guardandoli meglio li riconobbe come tre fra i più forti della squadra di Kuzow.

Si riprese: doveva ragionare. Chi li aveva fatti entrare? Non Gamondock, e al-lora? E allora il vecchio, di sicuro: l’unico, oltre a Gamondock, ad avere il codice. Ma, da quel sapientone che era, perché non aveva pensato che la sola presenza di quei ribaldi era una calamità per l’hangar?

Vide attraverso la cenere le scale già deformate e vicine a cedere, e in alto le vetrate sul punto di fondersi, e altre già liquefatte mentre la luce nell’hangar si oscurava sempre più e un vento infuocato cominciava ad arrivare a terra. Ma chi c’era lassù, se tutto era ancora al punto di prima, anzi molto peggio? Aveva lascia-to il ragazzino da solo: come mai non aveva ancora suonato l’Armonica?

Guardò una volta di più, non visto: Gamondock stava ancora rannicchiato là dov’era caduto. E allora?

Poi sentì venire dall’alto, lontano lontano, sottile sottile, la voce di Lutfilyon.Era entrato anche lui… Ma a far cosa?Non capì cosa stesse dicendo, ma pontificava come al solito, quel vecchio infar-

cito di formule, mentre tutt’intorno stava iniziando un disastro immane.E Muzow decise che, volente o nolente, doveva rialzarsi.Cercò con lo sguardo i suoi amici e sperò che prima o poi uno di loro si accor-

gesse di lui.

Il vecchio raddrizzò la schiena e rimirò ancora intorno. «Adesso ti spiego. Vedi? Io progetto imprese. Realizzare il Musm è stato solo un interessantissimo rompica-po. Qui, invece, è stato più difficilino…»

La Grande Armonica mandò per la seconda volta quel basso ruggito.Martin cercò di dibattersi. Almeno qualche tasto, doveva toccare, almeno qual-

cuno per calmare quella forza… D’impulso tentò di alzare un braccio: ma il soldato alle sue spalle aumentò la

stretta.«Ma stai buonino, bambino carino» canterellò il muffo luminare, e roteò gli

occhietti come per dire: santa pazienza. «Ti devo ancora raccontare, no? Allora: c’era da rinchiudere la musica» continuò. «E perciòòò, io avevo studiato per lei una stanza, un bel parallelepipedo. E invece cosa ti succede? Cosa, indovina? Succede che ha fatto tutto lei. Guarda in giro: qui ha fatto tutto lei. Lei l’uovo, lei l’Armonica, e anche il nome dell’Armonica: g.a.i.a., non so se mi spiego; lei il ferro e il cristallo, lei le scale, e anche quei filacci là per aria…» Fece fluttuare le braccia sussiegoso e sporse un po’ il collo a indicare gli scalini che svanivano.

Page 267: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

267

«Io costruivo e lei trasformava, non c’è stato verso.» Si rabbuiò, e Martin gli vide per un momento gli occhi farsi feroci; ma subito si riprese. «E per concludere, alla fine da una parte c’era il Musm, quella br… oh, il Musm; e dall’altra questa delicatezza, questo… tempio.» Le spalle gli cedettero un poco e dovette schiarirsi la voce. «Eppure avevo calcolato tutto tutto: lunghezza, larghezza eccetera, più trazione, elasticità, chiusura, areazione, insonorizzazione, bloccaggio, monito-raggio, compressione acustica, depressione subatomica, subliminalizzazione delle frequenze derivate espresse in… Uhm, forse non mi segui.»

Guardò Martin frettolosamente. «Va be’» soggiunse. Sostò un attimo, e respirò come se dovesse starnutire. «E il

codice?» incalzò poi acidino. «Non li ho mica inventati io, quei codici: ha fatto tutto lei. Uno al giorno, a sorpresa, eh eh! E devi passare tutti i giorni di là, se no niente! E tutti su quel tono, sai? Lo sai qual era ieri? Era: “Similis creatur”… Come per dire, per sottintendere che lei, leeei… Capirai, no? Uh, uh… Se no, se nooo, niente ingresso all’hangar. Oh, l’ingresso all’hangar! L’hai notato? L’hai notato il punto debole dell’hangar? L’ha voluto lei, cosa credi? L’hai notato?»

«Io… non so…» esitò Martin. Più debole di così, cosa voleva, quel vecchio? Non vedeva che stava crollando tutto quanto?

«Cos’hai capito? La debolezza del nascondiglio, intendo! E non c’è stato verso! Ah, non lo puoi sapere, ragazzino… Ma il fatto è che si apre sempre prima il muro esterno e poi quello interno! L’hai capito, adesso? Ha voluto così perché vi aspettava!» gli fiatò vicino alla faccia, e Martin si ritrasse ancora. «E quelle iscri-zioni nel corridoio, e il soffitto che cambia di forma, credi che l’abbia fatto io, questo? Nooo, sempre lei! Come per ammonirmi che anche il miiio corridoio, anche il miiio castello… Capisci? Mi ammoniva! Qui qualcosina non ha funzio-nato, qualcosina non ha funzionato.»

Martin non ne poteva davvero più. «Mi fa proprio piacere, signore!» sbottò. «Mi fa un piacere tremendo, che lei

abbia dovuto mollare l’osso con la mia amica la musica, perché mi sembra un bel presuntuoso, sa? E capisci qui, e capisci là, e su, e giù, e a dest…»

«Guarda, stai al tuo posticino, bambino carino.» Per la prima volta, un baffo di Lutfilyon si stava seriamente sollevando di traverso. «Mi sembri un pochino imprudente. Io mi turberei, a dar contro così all’imperatore.»

«L’imperatore? Ma non l’avete più, un imperatore. Gamondock è caduto lag-giù, signore, e forse sarà morto!»

«Gamondock? Ma su, bambino, sii un po’ più accorto, no?» Si fece di nuo-vo più vicino. «Se ne trovano, di Gamondock… Anzi, basta lasciarsi trovare da

Page 268: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

268

loro… Distingui, distingui…» Guardò ancora orgoglioso tutt’intorno. «Io sono Lutfilyon» declamò. «Sono io, l’imperatore della musica scomparsa.»

La piattaforma tremò più forte e fu difficile mantenere l’equilibrio; ma sembrò che Lutfilyon, sollevandosi con leggerezza dal suolo, riuscisse a evitare i sobbalzi.

Da qualche parte, alle spalle di Martin, Charlie uggiolava ancora.

«È arrivato Silimai» disse Lumen avviandosi senza indugio verso la porticina. «Sarà bene sentire che cos’ha da dirci.»

Harmonia si affrettò fuori poco dopo asciugandosi le mani nel grembiule, e Lumen e Silimai stavano già osservando il cielo. Ormai da una mezza giornata i messi non erano più dovuti accorrere per le riparazioni alla Frangia Inferiore; e dalla mattina in poi non c’erano stati arrivi di filifit nei campi. «Sì, e anche le erbe dell’orto hanno cantato bene da stamani, e l’hai visto anche tu, Lumen, che non ci sono più chiazze verde spento nei prati, fino al bosco» aggiunse lei. «Le guglie di quello là si sono ritirate. È stato merito di lei, Lumen.» Ma tutti e tre sapevano che non c’era da stare allegri: ora i messaggi partivano da Balmameth, ma la Terra non li riceveva. E l’ultima impresa di quel folle, quell’isola malata, stava rotolando a razzo verso la catastrofe.

«Il Musm si sta afflosciando» sottolineò Lumen. «C’è quella situazione di stallo al Nero Fiume, ed è stata provvidenziale per tenere a freno quegli schiavi soldati. Ma in realtà quel mostro non si nutre più come prima e sta andando in catalessi. Non c’è più tempo, questa volta davvero. O quel bambino ce la fa subito o…»

«Subito che cosa vuole dire, Lumen?» domandò Harmonia con un filo di voce.«Subito, mia cara: minuti. Ma sembra che quell’impostore non se ne renda

conto: continua a parlare come se tutto fosse normale. Non capisco… Non c’è più tempo! E ha avuto la stoltezza di portare i Kranpinch, quelli della risma di Kuzow, là dentro a far danno! Ma perché, ma perché? Ormai anche l’equilibrio nel tempio è compromesso e se la struttura cederà…»

Si arrestò perché Harmonia aveva portato una mano alla guancia e lo stava guardando con gli occhi sgranati.

Partito Silimai, tornarono in casa: quindi Lumen allontanò dal tavolo la sua seggiolina e vi si sedette, chiudendo gli occhi.

«È ora?» chiese lei. «Sì» sospirò lui.E allora anche lei si sedette e chiuse gli occhi.

Page 269: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

269

«E comunque, e comunque, andava tutto bene. Voi, voi mi avete portato il ver-me!» disse tagliente Lutfilyon. «La bestia nera. E tu, tu, ragazzino, più di tutti.» Allungò con veemenza l’indice vizzo verso il bambino, e giù tra i baffi gli penzolò qualcosa.

Martin guardò meravigliato quell’oggetto. Possibile? Un fischietto?«Il verme. E io non me ne sono accorto, capisci? Io non riesco a vederla, quella

bestia nefasta; e mi ha rosicchiato l’impresa da dentro, come una castagna che piano piano si svuota. Io non lo vedo, il verme, capisci? In questo sono una specie di cieco.»

Si passò le mani con insofferenza davanti agli occhi.«Ma di quale…» iniziò Martin, che non si faceva ancora ragione del fischietto.«Di quale verme? Ma l’armonia, l’accordo, tutte quelle baggianate che chia-

mate amicizia eccetera, sintonia e chi più ne ha più ne metta, questa cretinata fastidiosa, sdolcinata, e che va sotto un nome… Un lombrico, un vero lombrico! Se ne lasci un pezzetto cresce di nuovo, si riproduce… Maledizione.» Arricciò il naso come se sentisse un cattivo odore.

E allora Martin si ricordò. Sì, lo sapeva, che cosa intendeva quel vecchiaccio. «Io signore una volta ho letto un libro che si chiamava Aspen, l’elefante tremulo

dove c’era scritto più o meno quello che dice lei, e il libro spiegava che tutto quel-lo che dice lei è l’amore, ci ho preso? È quello?»

I cristalli colavano ormai come colla ardente lungo le pareti dell’hangar.«Non pronunciare quella parola!» Lutfilyon chiuse gli occhi, come abbagliato.

«Non la pronunciare più!» Si strinse la gola, come per aiutarla a mandar giù un tronco. «Voglio la modalità. La modalità, il protocollo. Con precisione.» Gli mise un foglio bianco davanti al viso. «Foglietto…» si scavò in una tasca, «e matitina. Ecco, scrivi! Il protocollo, scrivi, su, un po’ sveltino, molto sveltino. Con quello risolvo, con quello risolvo…» Si stropicciò le mani, e per la prima volta guardò in alto.

E Martin non guardò neppure la matita ma, trattenuto com’era da Kuzow, uscì dai gangheri, e si mise a scalciare per aria e a battere i piedi e a strillare come non aveva fatto più da Ninfèr.

«ma quale protocollo? lei è scemo! lo sa che sta parlando della musica della vita?!»

Si dovette arrestare e deglutì. Da dove gli venivano quelle parole?Non lo sapeva affatto, ma era come se la lingua gli urlasse che si doveva muo-

vere e così lui doveva a tutti i costi andare avanti.«e ne parli con rispetto, sa? e poi io non ho nessun protocollo, che

non so nemmeno che cos’è, se sono quei fogli che si comprano non c’è

Page 270: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

270

scritto niente, e se chiede a me che sono un ragazzino non sono molte le cose che ho da dirle, e se me lo chiedeva prima di questo viaggio erano ancora di meno, e io il protocollo non ce l’ho, ha capito?! ma per esempio so che la mia amica magonda una volta è salita su un albero per accon-tentarmi anche se non ne aveva nessuna voglia, e un giorno che la prof. micucci scuoteva la testa tantissimo con mia mamma, e c’ero anch’io, mia mamma le ha risposto: “diamogli il tempo di crescere”, ha capito?! lo ca-pisce questo? perché mia mamma è una tipa così, lei è una che ci crede, alla massima musica!!»

Deglutì di nuovo. Massima musica?Di fronte a lui, Lutfilyon faceva strani movimenti come se cercasse di mandare

via le sue parole.«e posso dirle, se si accontenta» Martin aumentò il volume fino a farsi scop-

piare il collo, «che qui mentre ci ammazzavamo di fatica per saltarci fuori non c’è mai stato nessuno di noi che ha detto “dopo ti frego” come fate voialtri qui dentro! ha capito?! e posso dirle ancora che i figli di frick sono così e basta e può darsi che io con loro possa fare diversamente, se riesco a tornare a casa, che è una cosa che adesso non so nemmeno più, tutto per merito suo!! e che mio papà quando raccoglieva i cachi dall’al-bero che abbiamo in giardino mi diceva sempre: “quelli lassù li lasciamo per i passeri, che d’inverno non trovano niente”! capito??»

Gli bruciava tutta la gola, ormai, ma non aveva ancora finito. «e so anche che la signora di benabul forse ce la può fare, se lo vuole sapere!!» E aggiunse: «e mia nonna mi raccontava sempre che da piccola aveva un’oca che andava a prenderla a scuola!! dico davvero, sa? partiva di casa a mez-zogiorno…»

«Basta!!» interruppe Lutfilyon. Si contorceva e si teneva la testa fra le mani. «Basta, non ti capisco! è troppo semplice!»

«è come è, signore! capisce? è così, capisce? e sa cosa le dico? che con tut-to il suo capito capito capito, lei non ha capito un bel niente! capito??»

Terminò di parlare, ma i suoi piedi non volevano smetterla di scalciare; e li lasciò fare, tanto Kuzow non aveva quattro mani; e intanto un’oscurità di fuoco e cenere invadeva l’hangar, e forse non c’era già più niente da fare, e allora tanto valeva…

Fango cercò con lo sguardo Mike e Magonda. Lei aveva sentito la voce del bam-bino e da sotto le sopracciglia lo guardò disperata. Più in là stava Mike, e il segre-

Page 271: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

271

tario gli fece un grande ammiccare all’indirizzo delle scale. Sì, lo so, rispose l’altro sempre con gli occhi, ma che cosa si può fare?

Fu allora che Fango vide Muzow muoversi.Era vivo, Muzow! Forse poteva… Ma sì, gli stava indicando che poteva!Che fare? Cosa fare, cosa, cosa, cosa? Fango ci pensò un poco.E poi, sdraiato dove si trovava, iniziò a lamentarsi forte e a battere i piedi. «Oh

oh oh, ohimè, ohi, ahi» piagnucolò all’improvviso; e gli altri due, capendo, lo imitarono.

«Ohi ohi ahi ohi ohi» facevano insieme Mike, Fango e Magonda battendo i piedi e agitandosi come per una crisi convulsiva. Iafrot, Maicorf e Simitran si vol-sero insieme, e questo fu abbastanza perché Muzow si rialzasse. Riuscì a dimen-ticare le ferite; prese di sorpresa quei giganti e con un vigore trovato chissà dove uno alla volta li abbatté; poi si avviò verso la scala più vicina. Era già pericolante, ma non si poteva fare altro che tentare.

«Niente protocollo, allora? Sicuro? Allora va bene» Lutfilyon parve riflettere un momento, calmo. «Va bene.»

Martin attese: sembrava che quell’antipatico pericoloso avesse incassato, e ades-so si tirava via un filuzzo dalla tunica, la sprimacciava con due dita delle mani e scorgendosi la punta delle scarpe sotto l’orlo del suo abito le girava in dentro e in fuori quasi giocherellando; e tutto questo c’entrava così poco con quel disastro intorno, c’entrava così poco.

Finché lo studioso venerando parlò di nuovo. «Tu sei stato al Paese Nullo, nev-verooo? Sì, me lo confermi? E te la ricordi la parola d’ordine?»

«Sì, che me la ricordo.» Martin sentì un balzo nel petto, come un preavviso di orrore.

«E visto che il bambino eri tu, chi sono io? Dimmi, dimmi, io chi sono? Indo-vina indovinello!» Per la prima volta rise, mostrando i suoi vecchi denti gialli.

Dietro a Martin, Charlie latrò irritato; e Martin sentì che non gli andava il sangue al cuore.

Fu un attimo.«Bene, finito, basta così» sentenziò il vecchio in tutta fretta. Poi, inaspettatamente, trasse il fischietto da dietro ai baffi e lo suonò.Uno stridio inumano, da far infrangere le vene e staccare i capelli dal cranio

tutti insieme, da disintegrare le ossa peggio di un acido pestilenziale, arse l’aria dell’hangar e trasmise il suo tremito a tutte le cose.

Page 272: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

272

«È pazzo!» urlò Fango. «L’Orrido Fischietto, l’ha suonato qui dentro!» «Ma cos’è…» strillò Magonda, e Mike mosse un passo verso di loro per sentire,

e tutto sembrava sospeso. Per un attimo non accadde niente.Ma un momento dopo il finimondo iniziò. Venne dall’alto un gemito di ferro

piegato, un frastuono di cristalli infranti, di pietra che esplodeva, e si mescolò alle loro voci.

«Santo cielo» dissero Lumen e Harmonia insieme, precipitandosi verso la finestra. Lo guardarono, il cielo: una striscia grigia lo attraversava, un segnale di tristezza. E tutti e due sapevano che cosa volesse dire: era l’orlo della fine, una fine silenziosa e rapida per quella meraviglia di mondo che aveva nome Terra.

Al Nero Fiume il Musm fece una specie di barrito e le pareti rapidamente si ag-grinzirono. Tre guglie, spezzandosi, ricaddero sul corpo stesso del mostro e sotto il loro peso la cupola della caverna si aprì, proprio sopra al fiume. Dei Kranpinch che ancora marciavano, qualcuno, colpito, cadde nell’acqua e lì rimase.

Più in alto, Segrinia ed Erchidia, che erano già corse dietro alla teiera ben più di una volta per far sì che non volasse via a ogni ruggito dell’Armonica, ancora trattenevano gli ospiti pregando loro di non prendersela per quelle piccole ma-nifestazioni di mala educazione da parte del Musm: era un mostro un po’ rozzo, dissero ad Acce e Secce, sfoderando ciascuna una metà di un sorriso seducente. E Brenda fece ancora qualche domanda di amministrazione aziendale ad Amabron, tenendolo girato verso l’unica parete ancora verticale, mentre la balia saltando in giro manteneva in equilibrio il vassoio dei biscottini; ma in cuor loro le quattro donne si sentivano eroiche per davvero.

Page 273: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

273

lix

Il professor Indago rilevò sul monitor la caduta di frequenza. Girandosi, vide l’ufficio Progetti e ricerche in bianco e nero, come se uscisse da una foto su un quotidiano, e sentì un gelo invadere la stanza; e comprese che l’irreparabile stava accadendo.

Non ce l’avevano fatta, quei due ragazzi: la Terra stava per morire. Inutile guar-dare di fuori nella strada: sapeva benissimo che cosa ci sarebbe stato da vedere.

Fu tentato di spegnere il computer, ma poi decise di rimanere al suo posto fino alla fine: ormai non c’era alcuna fretta di andare in nessun luogo. Così aprì sol-tanto un attimo la porta, almeno per far sentire la sua voce a quelle persone della Smithson & Co. che lavoravano là fuori.

«Coraggio, ragazzi, coraggio» disse nel corridoio. E alla signorina Pibbins che gli andava incontro pallida come una morta, ripeté: «Coraggio, signorina Pibbins.»

«E adesso lo sai, cosa succede?» stava urlando garrulo Lutfilyon al di sopra del frastuono; e Martin gli vide sulla faccia un’espressione strana. Aveva spalancato gli occhietti in un sorriso di contentezza, come un bambino che abbia appena scoperto una montagna di caramelle al latte e nocciola sotto il letto. Le iridi giallicce stavano piccole piccole in mezzo al bianco rotondo di quegli occhi; e con una mano si teneva caro caro il fischietto contro ai baffi. «Non ce l’hai fatta, fanciullino, non ce l’hai fatta!» strillò soddisfatto.

La piattaforma non crollò subito, ma rimase incredibilmente un attimo come sospesa, come indecisa al suo posto.

Fu in quel momento che un sibilo proprio accosto all’orecchio distrasse Kuzow, e quando il soldato si girò seppe che era uscito potente dalle labbra di Muzow.

Il pugno gli arrivò preciso sulla bocca: Muzow, da Kranpinch, sapeva bene a quali parti mirare.

Stordito, Kuzow lasciò il bambino e il cane; e l’altro gli fu addosso.Martin guardava il vecchio che tentava di afferrarlo senza riuscirci. E la scena

era anche buffa, perché la piattaforma adesso aveva una spaccatura proprio dove

Page 274: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

274

Lutfilyon teneva i piedi, e lui stava scendendo piano come su un montacarichi. Finalmente il vegliardo se ne accorse; spiccò un balzo e fu vicino a Martin; ma Charlie ringhiante gli afferrò le vesti.

«suona!! suona, svelto!!» Il grido di Muzow traversò il frastuono e Martin si scosse. La Grande Armonica! Veloce si attaccò alla tastiera e iniziò da capo la sua piccola canzone; e mentre

cercava a mente le note, il canto dalle ottave più gravi scivolava man mano verso quelle acute.

Re settima, do maggiore, sol maggiore, mi settima…Lutfilyon si scrollava di dosso il cane, e più se lo scrollava più se lo ritrovava at-

taccato alla carne. E, immobilizzato com’era, lanciò a Kuzow un urlo inumano. «ci raci!!» gridò all’improvviso. Il suo grido si sovrappose alla musica e al frastuono intorno. La maggiore, la settima, e un geniale do diesis…«ci raci!! ci raci!!» strepitava il vecchio al suo perfido soldato, e indicava qual-

cosa sulla tastiera, verso i toni acuti; ma inutilmente. Rumore di metallo stridente e di colpi tremendi veniva dal luogo in cui Muzow e Kuzow, stretti l’uno contro l’altro al suolo, lottavano.

Dall’alto lapilli calavano attorno, nel fragore terribile.«ci raci!!» ripetè roco il vecchio, e la sua voce piano piano orribilmente si stava

trasformando e diveniva sempre più un suono demoniaco di caverna. «ci raci!! obbedisci!!»

Ci raci?Martin non capiva, non capiva quelle parole.

Ma ci fu chi capì.Ci raci. Io questo sai, pensò Angelo. Do blu. Ci raci, do blu. Lui no vuole che

suona do blu. In un lampo ebbe davanti agli occhi quello strano marinaio conosciuto a Rot-

terdam, che parlava una lingua mai sentita, ed era scomparso all’alba lasciando sul pontile solo le corde della sua chitarra; ma prima di scomparire gli aveva in-segnato molte cose.

Così Angelo il merlo interprete schizzò fuori da una canna della Grande Ar-monica in cui era cascato un po’ per disgrazia e un po’ per prudenza, e in cui, da migratore allenato ai cambi di pressione, aveva resistito benissimo.

Page 275: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

275

C’era un tasto blu, davvero, verso il margine destro della tastiera: l’unico. E anche se lui non se ne intendeva, si faceva presto a capire che doveva essere quello, il do blu.

Guardò Martin.Lui piccolo, lui no vede blu, pensò.E poi vide che Kuzow di nuovo cercava di riafferrarlo.Così Angelo si lanciò su Charlie e gli atterrò sulla groppa.Lutfilyon spiccò un saltellone per abbrancarli; nel marasma inciampò su Mu-

zow e perse l’attimo, proprio mentre Martin riaccostava le mani alla tastiera e Charlie con Angelo in groppa prendeva la rincorsa.

Fu allora che il crollo iniziò, disastroso.Frammenti della grande piattaforma si staccarono e caddero rimbalzando sulle

scale ormai esplose e trascinando i gradini rotolanti verso terra, mentre Fango, Mike e Magonda cercavano un po’ di riparo dove potevano. Lampi e fuochi in-cendiavano l’aria.

Sol diesis, sol diesis settima….Mantenendo l’equilibrio con la forza della sua volontà incrollabile, Muzow

raggiunse di nuovo il suo rivale; e nella lotta Kuzow si sbilanciò. Avvinghiato a Muzow scivolò verso un brandello di pietra che, già inclinata, lo respinse. I due caddero insieme: fu un lungo volo, dall’alto, fino al suolo; e pietre li ricoprirono.

Ancora rifugiato accanto all’Armonica in bilico sul nulla, Martin suonava senza arrendersi, mentre Lutfilyon si affannava ad allontanarlo; gli passò accanto Char-lie in un balzo, portandosi il merlo sulla schiena.

Sol diesis settima, e un volo improvviso verso un do maggiore, con basso sol… Sol settima…

Fu a un pelo dall’Armonica che il cane si arrestò e Angelo venne catapultato sopra la tastiera. Urtò il coperchio e ricadde stordito sul tasto blu.

Un do argentino si staccò nell’aria, di irresistibile grazia e chiarezza, assieme all’urlo feroce e rabbioso di Lutfilyon.

E per un attimo parve che tutto nell’hangar si fermasse a mezz’aria, così co-m’era.

Poi divampò la luce, e il crollo si arrestò; e chi era là dentro, guardandosi, vide di luce il proprio corpo, di luce i vestiti, di luce le mani, le braccia e tutto ciò che c’era.

E assieme alle note di Martin un concerto iniziò, che sembrava sgorgare da ogni angolo dell’hangar e dall’aria stessa, e divenne potente.

Suonava la sua canzone, Martin, e la Grande Armonica gli rispondeva con tutte

Page 276: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

276

le sue voci, e mano a mano anch’essa si trasfigurava in luce: raggi le canne, sole quella che era stata una macchia oscura.

E poi, quando fu piena e perfetta, la musica si divise in mille e mille canzoni: canzoni d’acqua e di terra, di sonno e di festa, d’erba, di case, di voci, di monti e di onde, e ognuna filò via nell’etere per venire restituita là dov’era stata sottratta, e l’hangar fu una festa di sinfonie liberate che tutte insieme si richiamavano, e poi si alzavano verso i cieli per ritornare alle loro dimore.

E infine Martin si sentì deporre con leggerezza a terra, e fu accanto ai suoi ami-ci; e intanto le forme dell’hangar andavano svanendo e fuori iniziava ad apparire un mondo verdeggiante.

Solo, trascinato in alto, Lutfilyon era ormai una sagoma lontana, nera e urlan-te, un carbone oscuro divorato dalla luce.

Poi anche il suo urlo cessò.

Al secondo piano, Erchidia, sopravvissuta agli scossoni, aveva tentato di versare ancora tè nella tazza di Acce. Vide uscire dalla teiera una colata di luce intensa e non seppe che dire. Rimediò Segrinia con una risatina, spiegando agli ospiti che l’ultima sorpresa del pomeriggio era un ottimo tè flambé.

Ma non ci fu bisogno di fare altre acrobazie mentali, perché l’attenzione generale fu distratta da altro: il soffitto a stucchi dolcemente si aprì e il pavimento del salot-tino subitamente si coprì d’erba di primavera, verde e tenerella. Più sotto il ventre del Musm si fece come di pane, poi si dissolse; il Nero Fiume si asciugò e ora al suo posto stava un rivo tutto cascatelle a cielo aperto, che mano a mano scendendo s’in-grandiva, e tutto il resto verdeggiava. E in breve del sordido castello non c’era più nemmeno un briciolo sull’altro, salvo pochi alti massi posati sul prato.

Il professor Indago vide i colori tornare in un battibaleno: gli sembrò anzi che il blu della sua sedia fosse più intenso di prima…. Vide sul monitor le frequenze regolarizzarsi e poi prendere una curva ascendente, e stabilizzarsi su un livello ad-dirittura superiore a quella che in passato aveva considerato la norma, e comprese che era accaduto un miracolo.

Poi sentì le urla di gioia arrivare dal corridoio.

Harmonia si asciugò la fronte col suo fazzolettino bianco e sentì, sotto la sottano-na, le sue proprie ginocchia tremolare.

Si voltò verso Lumen e vide che anche lui si asciugava la fronte.

Page 277: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

277

lx

A Napoli, quartiere Mergellina, Peppino Scamone stava uscendo dal portoncino di casa per avviarsi all’hotel Golfo d’Argento. Poco prima, di sopra, aveva visto il salottino azzurro carta da zucchero coi poggiatesta di pizzo fatti a mano dalla sua signora perdere il colore e s’era creduto di star male; ma ora, guardando i peperoni freschi d’acqua del fruttivendolo accanto, li trovò ancora più smaglianti e turgidi di un tempo. E fuori, a mare, stava tramontando un sole d’oro e spezie, e Capri si stagliava là lontano splendente di blu. Gli venne da cantare: non ci aveva più provato dopo quel giorno. «’Nu panaro chino chino tutt’e fravule ‘e ciardino, mèle zuccaro e cannella…» intonò.

Si fermò, ascoltandosi.Però, si disse. E chi lo sapeva? Sono un angelo.Così quella sera Peppino Scamone si scoprì la voce tenorile che aveva sempre

sognato in gioventù, sorrise esultante a se stesso e camminò felice verso l’hotel gustandosi le voci di Mergellina a festa.

A Tokyo Kei si risvegliò di soprassalto. Gli sembrava di aver fatto un breve sogno orrendo, che però se n’era andato in fretta. Guardò l’orologio luminoso che aveva accanto al letto: le quattro meno cinque del mattino. Si alzò per andare a bere e passò accanto al suo violino, che giaceva in esilio sulla libreria. Lo guardò con ansia: gli era mancato il cuore di bruciarlo, ma quel bieco strumento gli suscitava ormai solo visioni di parrucche e di dentiere.

Però, chissà perché, gli parve che quella notte gli dicesse: suonami. Suonarlo? Con quello che gli aveva combinato? Eppure la mano da sola se ne andò a sentire il legno levigato e un momento

dopo l’altra aveva già preso l’archetto.Il concerto per violino di Sibelius gli rapì le orecchie e l’anima pochi secondi

dopo, e Kei Okamori ritrovò la vita, lì in piedi in pigiama vicino alla cucina alle quattro meno cinque di un mattino di maggio, e si dimenticò di bere.

Page 278: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

278

Quanto a Fiotuns, Sbarnhom il pescatore uscì un momento per andare a riporre la cassetta degli attrezzi in garage, e guardando la strada si chiese stupito chi potes-se aver riverniciato in un momento tutte le case. Andò ad avvertire la moglie, che andò ad avvertire la moglie di Olaf il droghiere, che andò ad avvertire Olaf e il suo vecchio padre che stava per andare a dormire; e poco dopo tutti gli abitanti del paese erano per strada a contemplare il nuovo rosso acceso delle loro abitazioni.

Qualcuno lanciò anche un’occhiata verso il negozio di Gaspar, ma dietro alla porta a vetri non c’era nessuno. Gli stipiti della porta stessa, però, erano di un color giallo brillantissimo.

Va da sé che per Fiotuns anche quella fu una sera memorabile a causa dello strepitoso imprevisto; e nessuno poteva immaginarsi che non era finita lì.

Page 279: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

279

lxi

«Ma guarda un po’» commentò Magonda quando si fu riavuta. «Che sorpresa.» Si erano riuniti tutti quanti, anche la balia e le gemelle, ed esaminavano il

nuovo paesaggio.Lo spettacolo era sorprendente: nessuna traccia più di quella bruttura, ma prati

e boschetti e basse colline fiorite, e più in là uomini, molte centinaia, in festa. Erano i Kranpinch, i Kranpinch di Muzow, che erano stati restituiti alla vita.

E poi arrivarono altri, con i più vari abbigliamenti: servi e dignitari, matematici e dottori, e anche qualche contessa che si riaggiustava le vesti, e il Nano Blu fra loro, tutti molto felici di non dover più scalciare per aria nel salone.

Si scorgevano, poco lontano, carcasse di metallo abbandonate, e fu facile rico-noscervi in mezzo quella di Kuzow, gigantesca; e appena prima di un boschetto, solitario tra le frasche, campeggiava un armadio.

Di fianco a una collina s’agitava un volo di farfalle. Tutte diverse, e nessuna che toccasse mai terra, notò Martin: come piccole anime senza destinazione.

E volteggiando sorvolavano, senza posarsi mai, una gran pietra nera, dalla qua-le spuntavano baffi smisurati da tricheco.

Più lontano, sull’argine, qualcuno, sembrava un barcaiolo, trafficava e si affan-nava per tirare in secco con un ramo una zattera che si andava sfasciando; e più lui cercava di tenerla più quella si sfasciava, e i legni se ne andavano via sbatacchiando qua e là sulla corrente.

E due monelli dalla faccia stordita stavano seduti a gambe larghe sull’erba senza saper che fare.

Poi notarono quell’altra figuretta. Piccola, seminuda, quasi simile a un coniglio, in cima al collo aveva un volto

umano tutto rugoso, e capelli grigi e corti; e andando intorno a quattro zampe piagnucolava senza pace.

«Ehi» fece ancora Magonda, «ma non vi pare di conoscerlo, quello?» Tutti si girarono.

Page 280: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

280

«Ma va’, non me lo dire, è Gamondock» fece Mike, e non riuscì a frenare un fischio di sorpresa.

«Oh oh perbacco…» si emozionò Fango. Non si sarebbe mai aspettato di ve-derlo ridotto così.

Mancava solo Muzow.Lo cercarono attorno, senza vederlo; e per un istante osarono sperare che potes-

se essersi confuso con quella schiera di uomini felici.Poi li videro andare tutti verso un punto, un avvallamento del terreno in mezzo

all’erba, e là si fermavano in ordine e in silenzio; così anche loro vi si diressero. Sdraiato a terra, con la faccia al cielo e le ferite insanguinate, Muzow tirava col

petto affannato quella poca aria che gli serviva per aspettare i suoi amici. Aprì poco poco gli occhi quando sentì la voce di Brenda che si era inginocchiata, come gli altri, accanto a lui.

Ognuno disse qualcosa, a modo suo: Martin si disperò, Mike incoraggiò; solo Angelo fermo a terra guardava in silenzio.

«Oh, Muzow, Muzow, non andartene!» lo pregò alla fine Brenda. «Resta con noi, amico! Che cosa avremmo fatto, senza di te?»

Lui le rivolse un piccolo sorriso sfinito.«Oh, non siamo stati capaci, Muzow! Mi dispiace tanto! Ci avevi chiesto di

aiutarti, Muzow! Non siamo stati capaci!» E allora lui raccolse le forze, perché voleva che capissero. «Oh… Invece… sì…»

ansimò, e le cercò la mano mentre lei lo accarezzava piano sul viso. Guardò anche Magonda, che sola se ne stava ancora in piedi un po’ vergognosa, e le fece segno di abbassarsi.

«Vedete?» disse, e mostrò le sue braccia senza più metallo e il suo corpo che era tornato quello di un tempo. «Io… sono… un… uomo… Io… sono… vivo…»

«Ma Muzow…» Lui li fermò con un breve gesto della mano.«Ora… io… devo… andare…» «Ma su, amico, non fare di queste cose» tentò di scherzare Magonda. «Tanto io

lo so che fra poco ti alzi e dici: “Buh, ci siete cascati!”» La voce le si spezzò.Lui la guardò con tenerezza con gli occhi come fessure stanche. «Ciao… signo-

rina» le disse, così piano che sembrò un sospiro.E quelle furono le ultime parole che Muzow pronunciò.

La canzone partì sottovoce da un piccolo gruppo di quelli che erano stati i Kranpinch; e poi si diffuse e si fece più forte, e tutta l’isola ne fu invasa.

Page 281: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

281

«Alì alé a lilli aionò, alì alé a lilli aionò», cantò per lui tutto quel popolo com-posito, che era diventato la sua gente.

E poi Angelo fischiò per lui Stella del nord, stella che ti avvicini, il canto di spe-ranza dei marinai olandesi.

Il suo corpo fu seppellito accanto al fiume, sotto alberi dolci di pennacchi rosa, tra rumori d’acqua e di vento.

Page 282: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

282

lxii

Già da un po’ Martin guardava curioso Magonda. Era seduta di fianco a lui su una delle grandi pietre, proprio vicino vicino, ma sembrava lontana migliaia di miglia. Aguzzava lo sguardo, frugava con gli occhi nel prato, ma che cosa sperasse di trovarvi era un mistero. Aveva un’espressione confusa, come chi cerca l’orienta-mento dopo un lungo sonno. Mike, Fango e Brenda si riposavano proprio lì sotto sull’erba, e ogni tanto anche loro alzavano gli occhi per vedere che non fosse vola-ta via; Segrinia ed Erchidia passeggiavano insieme nei dintorni senza allontanarsi troppo, chiacchierando e raccontando.

«Ora mi ricordo, ecco com’è stato…» disse alla fine lei, ciondolando i piedi dall’alto del suo sasso.

Oh, era tornata, alla fine.«Che cosa, ti ricordi?» le domandò Martin.«Chi ero. Ero una stori.» «Ma di che cosa stai parlando?» «Del mio mondo. Di quand’ero a casa mia.» «A casa tua, vuoi dire a Qui?» «Ma no, ma no, a Qui ci sono arrivata dopo. A casa, a Kanodhji: ero una stori.» «E sarebbe?» «Una figura di un certo rilievo nel mio mondo, oh be’, una che contava, mica

per dire. Le grandi foreste erano tre…» «Non capisco il nesso.» «Tre grandi foreste, e tre stori. I responsabili, i responsabili della vita delle tre

foreste. Io sorvolavo la foresta dei Nucòmeni…» «I Nu…?» «I Nucòmeni, animali grandi, tranquilli eh, simpatici, davvero – che viveva-

no principalmente nella foresta che io dovevo sorvegliare. E poi c’erano tanti e tanti altri animali, e frutti, erbe, e cibo per tutti… Io comandavo le squadre, e sorvolavo la Foresta personalmente. Avevo un occhio sveltissimo, per vedere se qualcosa non andava… Zac! Li beccavo subito, quelli che cercavano di svicola-

Page 283: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

283

re. Succedeva poche volte, ma qualcuno ogni tanto…» «E cosa avrebbe potuto non andare?» «Il lavoro di raccolta, insomma legna, tutto. C’erano regole da rispettare: non

tagliare più di tanti alberi, lasciare una parte di frutti per gli animali, non distrug-gere i nidi, non disturbare i cuccioli, non sporcare, avere riguardo delle sorgenti… Erano essenziali, le foreste, per la vita di Kanodhji. Ce l’avevano detto, che anche senza una di esse il pianeta sarebbe morto. E io li vedevo, quelli. Li ho visti fin dall’inizio….»

«Chi, quelli?» «Quelli di Grurm. Erano arrivati in piccoli gruppi, senza farsi notare, e anda-

vano tra la gente e convincevano qualcuno qui, qualcuno là…» «Di che, li convincevano?» chiese Brenda. Si era alzata in piedi e ascoltava con-

centratissima con il mento sulla mano.«Li convincevano che avrebbero potuto vivere meglio di così, che tanto le fo-

reste erano tre, e che si poteva guadagnare… E dopo un po’ le persone comin-ciarono a convincersi anche tra di loro. Una specie di malattia infettiva, sì, un contagio. E io li vedevo, all’inizio intervenni anche e mi chiesero se cercavo rogne, e allora io…» Scosse la testa, il ricordo pungeva ancora.

«Tu?» chiese Martin.«Io? Be’… Mi sono detta… Ohi, io allora…» Magonda non riusciva a conclu-

dere la frase.«Insomma?» «Insomma, insomma, io… ho lasciato perdere.» «Cioè?» «Cioè, un pizzico oggi, due pizzichi domani, la foresta venne distrutta e il mio

mondo morì. Fu come scorticare vivo un uomo, capisci? Me l’avevano detto, a Balmameth.»

«Balmameth? Hai detto Balmameth?» «Ho detto Balmameth?» «Mi è sembrato di sì. Balmameth…» Era come se anche Martin si risvegliasse

da un sogno, e tutto un mondo sommerso nella memoria gli venisse di nuovo incontro.

Lumen, Harmonia…«Sì, Lumen e Harmonia!»Magonda si illuminò in viso. «Balmameth, sì! E la massima musica… Oh, cer-

to… Quei due, mannaggia… E tu come fai a conoscerli?»

Page 284: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

284

«Ce l’ha con noi, Lumen» scherzò Harmonia: ma in realtà era commossa. Si asciu-gò l’angolo di un occhio con un lembo del grembiulino candido, tolse di mano a Lumen la zappetta e lo costrinse a fermarsi e a mettersi in ascolto con lei.

«Sarebbe ora che mi lasciassi lavorare, mamma universo» la prese in giro lui. «Non vedi che hanno da fare?» Ma di buon grado rimase vicino a lei a curiosare un po’. In fin dei conti era stato un bel patema d’animo.

Magonda si grattò la testa come per rendere più chiaro il ricordo; poi lo sguardo le cadde sulla cintura di Martin. «Che cosa… Guarda un po’, quel sacchetto…»

«Ma se l’ho sempre avuto addosso. L’hai sempre visto, dai.» «Sì, però oggi lo vedo di più, no? Cosa discuti? Da’ un po’ qui, su.» Tese la mano.Anche gli altri si fecero più vicini per guardare.«Ma sì, questo me l’hanno dato loro!» ricordò Martin all’improvviso. «Aspetta,

me l’ha dato…» «Da’ qua» insistè Magonda. «Già è andato a buca il mio, ai tempi dei tempi, ma

forse ci capisco ancora qualcosa…» «Davvero pensi di capirci? Ma io non so se…» «Uffa, vogliamo aprire quel sacchetto?» «E va be’» si rassegnò Martin. Sfilò il sacchetto di fili d’erba dalla cintura. Lei lo

prese tra le mani e ci infilò dentro due delle sue dita sterminate.«Vediamo…» disse, frugando. «Ecco qui… E uno» e posò sulla pietra due car-

toccetti.«Che cosa sono?» chiese Martin allungando il collo. «Guarda tu stesso» rispose

lei aprendoli, e gli mise in una mano una manciata di pezzetti di carta ritagliati, e un’altra nella seconda.

«Sono lettere… e queste sono note.» Martin non capiva.«Sì, le lettere dell’alfabeto e le note musicali. E adesso, reperto numero due»

continuò Magonda, ed estrasse dal sacchetto un altro piccolo cartoccio. «Biglie» disse Martin. «Microscopiche, ma biglie.» «Esatto, biglie, e…?» Lei srotolò una striscetta di tessuto e gliela fece dondolare

davanti al naso. «E… che cos’è quella? Una cintura? O…» «O forse una benda» suggerì lei. «E, reperto numero tre…» continuò infilando

di nuovo le dita nel sacchetto d’erba, «questo.» Teneva tra due dita un piccolo rotolo di pergamena, che a giudicare dal rigon-

fiamento centrale conteneva qualcos’altro.«E io cosa ci faccio? Ci capisci, tu?» brontolò lui.

Page 285: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

285

«Sì che ci capisco, adesso. Non è presto, eh, ma ci capisco. Sono, nell’ordi-ne, un’informazione, un’ammonizione, una benedizione» comunicò ampollosa. «Tutto ciò che gli uomini…»

«… hanno dimenticato» concluse Martin, e s’illuminò in viso. «Ma sì, Mama-nui…»

«Ecco, proprio lei» confermò Magonda, ed ebbe per un istante un luccichio negli occhietti scuri. «Ma adesso guarda qui. Le lettere e le note: spargile sulla pietra.»

Martin ubbidì.«Che cosa leggi?» «Niente. Non dicono niente, buttate lì così.» «Appunto. L’informazione… Ventisei letterine e sette note: il mondo dei suoni,

e con loro puoi fare una quantità di cose. Puoi fare parole, musica, pensieri. Puoi far cominciare e finire, creare e distruggere, e molto altro. E questo gli uomini l’hanno dimenticato, capisci? Non conoscono più la forza di quello che pensano, di quello che dicono, di quello che cantano e ascoltano. Non scelgono… E allora, e qui viene l’ammonizione, attenzione: perché alla cieca» e Magonda sollevò di nuovo la benda, «non si vince nemmeno una partita di…?»

«Biglie» completò Martin. «Sì. Se non si dà loro una direzione, se ne vanno per conto loro e non arrivano

da nessuna parte, anzi spesso fanno danno. Anche molto, molto danno.» «E il rotolo?» «Quella è la benedizione: aprilo.» Intorno a loro, in religioso silenzio, gli altri ascoltavano.Martin prese il piccolo rotolo e lo svolse. «È una musica» disse. «Manoscritta…

Ma sì! È un canto di Balmameth, me lo ricordo, l’ho sentito la sera della festa, sai? Avevano acceso cento fuochi, no, forse di più, e…»

«Su, su, dimmi della pergamena: dentro cosa c’era?» chiese Magonda. «Questo, vedi? Questa cosa… questa… scultura, un sole.» «Apri ancora, apri tutto quello che trovi da aprire» disse lei.Martin ubbidì. Nel sole stava nascosta una minuscola figura d’uomo di pietra

scolpita, e in quella di nuovo un piccolo rotolo. E nel rotolo, ancora, un altro sole. «E adesso guarda quel foglietto» continuò Magonda. «È ancora una musica» annunciò lui dopo un attimo.All’interno di quella figuretta, avvolto nei segni di una musica, Mamanui aveva

messo un sole: luce radiante nel petto del piccolo uomo…Martin guardò la sua amica.

Page 286: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

286

«E allora, questa musica?» insisté lei.«E allora… è una musica, ti ho detto: un’altra.» «Lo so. Leggila.» E Martin strizzò gli occhi per leggerla, e si mise a canticchiarla. «È l’Inno alla gioia!»

annunciò poco dopo. «Una musica della Terra! È l’inizio dell’Inno alla gioia!» Restò senza parole, con i suoi doni in mano, finché Magonda ruppe il silenzio.

«Tutto qui. L’uomo, la sua massima musica… che è collegata con i canti di Bal-mameth, e di tutto il creato… Basta, è tutto.» E a quel punto dovette tacere, per-ché non aveva nessuna voglia, lei, lei Magonda, al momento seduta con le gambe ciondoloni su una pietra di quello che era stato il Musm, di mettersi a frignare davanti a tutta quella gente.

Martin si riprese il sacchetto e guardò l’interno con un occhio solo. «Ma c’è ancora qualcosa, qui» disse.

«Ancora qualcosa?» Magonda ci pensò. «Ah, sì, caspita. Me n’ero dimenticata, vedi? Eh, è passato un po’ di tempo…» Infilò per l’ultima volta due dita nel sac-chetto e ne estrasse un groviglio di filo e pezzetti di carta. «Tieni, è tuo, e adesso basta davvero» disse, e lo piazzò in mano a Martin.

«E questo adesso che cos’è?» «Quello? È la superbenedizione.» «La sup…? A me pare una matassa.» «Certo che è una matassa. E anche schifosamente ingarbugliata, non ti pare?» «Mi pare.» «E quei pezzetti di carta, che cosa sono?» Martin girò e rigirò quell’intrico, guardando.«C’è una c, una m… Mah… Sono tutte lettere?» «Esatto, amico. È una frase, una specie di pensiero.» «Ho capito: per sbrogliare la matassa devo seguire il filo del pensiero. È così?» «Sei un genio.» Fu così che sulla pietra del Musm Martin si ritrovò per una buona mezz’ora a

sciogliere nodi e cercare i percorsi del filo, mentre un capannello di tifosi intorno acclamavano ogni lettera che veniva liberata. «È una c» disse Fango. «E questa una o» commentò Magonda. «Una n» gioì Erchidia. «Ma no, una m, non la vedi? Somara» la riprese Segrinia, e lei la guardò di traverso.

E alla fine il filo fu sciolto, e la frase apparve dall’inizio alla fine.«Cosa c’è scritto?» chiese Magonda.«Oh, vediamo… co-min-cio da me.» sillabò Martin. «Comincio da me.» «Appunto.»

Page 287: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

287

«E come l’hai chiamata, questa cosa?» «Superbenedizione. Embe’?» All’ex Musm per un poco non si sentì volare una mosca.

Sul praticello davanti a casa, Harmonia guardò Lumen con occhi languidi. «È… è bellissimo» disse. «È tutto bellissimo. Oh, Lumen…»

Lui la guardò a sua volta, vide la faccia sognante e alzò gli occhi al cielo. Santi numi, come doveva fare con quella vecchissima e rugosissima adolescente?

«Mi toccherà aspettare altri duecentoquarantasette anni, per vederti crescere un po’. Su, andiamo a berci un tè di fragola, ce lo meritiamo.»

«Ma Lumen…» «Sì, che altro c’è?» «Dovranno tornare a casa adesso, vuoi aiutarli o pensi di lasciarli per sempre

sul Musm?» «Vieni in casa, ti ho detto, andiamo a berci questo tè. Non è ancora ora.» «Ma Lumen, e lei dove va, adesso, poverina? Lo sai benissimo che a Kanodhji…» «Intanto io prendo le tazze dalla credenza, eh?» rispose lui.E scomparve oltre la porta con un sorriso divertito.

Non si sentì volare una mosca, al Musm, per un poco; piuttosto all’improvviso si sentì piangere l’armadio.

Segrinia ed Erchidia lo raggiunsero.«Oh, cielo» squittì Segrinia facendo i labbrucci a bocciuolo di rosa. «Un arma-

dio che piange.» «Ma Segrinia» cinguettò Erchidia. «Non ci sarà mica dentro qualcuno?» «Aiuto, liberatemi» supplicava l’armadio.«Ma no, ma no, Erchidia, lo sai che quel diavolo di Lutfilyon ne sapeva fare di

tutti i colori. Piuttosto, a te serve, un armadio, a casa?» «No di certo, con tutta la roba che ci aveva lasciato papà, figurati.» «Anch’io sono a posto, con l’arredamento. Ci toccherà lasciarlo qui, l’armadio.

In fondo è biodegradabile…» «Aiuto, vi scongiuro» implorò ancora l’armadio.«Insomma, Erchidia, piange così forte… Gli farà male qualche cerniera? Pro-

viamo ad aprirlo, va’» fece Segrinia, e girò la chiave.Pallido, con le gambe rattrappite e stringendosi nella sua tutina di flanella color

carne, Arnold lo Zoppo uscì dalla clausura e si guardò intorno smarrito.«Oh! Arnooold, cosa facevi lì?» lo salutò Erchidia, allungandogli una scoppola

Page 288: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

288

dietro la testa. «Come hai fatto, a finire in quell’armadio? Non stavi scomodo?» Arnold rimase zitto, mogio ma zitto: si capiva, che non era aria.

«Bisognerà fare un po’ d’inventario, Segrinia» continuò Erchidia. «Col permes-so dei nostri amici, vediamo se c’è qualcosa da prendere: io vorrei andare a casa, finalmente.»

Segrinia volse lo sguardo intorno. «Da prendere? Vedo solo qualche povero dia-volo, cara: quel barcaiolo là in fondo, e questo coniglietto rugoso, e se vogliamo la pietra… Che dici di fare, Erchidia?»

«Be’, quella bella pietra nera te la potresti portare a Nandhali. Non volevi aprire un aquapark? Pensala in una fontana all’ingresso…»

«… con uno zampillo tra i baffi… Sì, va’. E il barcaiolo, anche quello lo por-to con me. Potrei offrirgli un contratto da bagnino a tempo determinato, e nel frattempo fargli frequentare un corso serale di educazione civica. Poi vedremo se rispedirlo a casa…»

«Oh, certo, cara! E il coniglietto, invece, potrei impiegarlo io nel giardinaggio manuale. Ho settecentocinquantamila piantine di scorfora da mettere a dimora, là a Shaktiri: sai, opere di pubblica utilità…»

«Sì, sì, sorella mia. Ma Arnold?» «Arnold? Lui viene a Shaktiri a fare fisioterapia, così gli guarirà la gambetta.

E, dopo, andare con le tue zampe, bamboccio, altro che mantelli. È vero, Ar-nooold?» concluse, e gli rifilò un’altra scoppola dietro la testa.

«Segrinia.» «Sì, Erchidia?» «E quei due?» «no, quelli no!» «Neanche…?» «ho detto no!» «Ho capito, mi toccano. Va be’… Aiuteranno il coniglio.» «Ma sì, uno gli può tenere la carriola… Non è una novecentodue cavalli, ma

insomma…» «E l’altro gli può porgere le piantine… Una per una, quanti anni fanno?» «Non ho fatto il conto, sorella, non l’ho fatto.»

Ci furono abbracci abbondantissimi, prima che Segrinia ed Erchidia partissero as-sieme a quella compagnia di derelitti. Bisognò smettere per arginare la commozio-ne; e anche Charlie e Angelo si presero un sacco di carezze e molti arrivederci.

Page 289: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

289

Poi le due sorelle, con la balia e il resto, si piazzarono in piedi sulla collina; e un attimo dopo non c’erano più.

«Be’» disse Magonda rompendo il silenzio e tirando su col naso, ancora con le gambe a ciondoloni, «in fin dei conti è stato bellissimo. Io mi sono divertita.»

«Sì, divertita! Lo dici adesso. Mi sarebbe piaciuto vederti, quando ci hai persi al Musm» la prese in giro Martin.

«Persi, persi… Eravate in buone mani, alla fine.» «Ma tu non lo sapevi» insisté Martin.«Mijn vriend. Muzow mon ami» soggiunse Angelo. Charlie abbaiò, e ognuno

per un momento si ritirò nei suoi pensieri, mentre Mike e Brenda si scambiavano un lungo sguardo.

«Ehi, guardali, quelli lì» bofonchiò Magonda per rompere il ghiaccio. «Pesci lessi, ecco cosa sembrano.»

«Pesci… noi?» si scosse Mike.«Ma sì, ma sì, ve lo devo dire io, che siete innamoratiii? Si vede da lontano!» «Ma… noi…» tentò di protestare Brenda; ma era troppo tardi. «Ma noi, ma noi, ma noi, ma noi» canticchiò Angelo, «I love you.» La faccia di Brenda diventò paonazza e gli occhi le si fecero più blu, e Mike

ridacchiò imbarazzato a denti stretti; e fu una clamorosa confessione.

«Be’, adesso c’è da pensare come tornare a casa» riprese Mike. «Non mi sembra un problema da poco.»

«Casa?» Magonda si sentì sprofondare. «Io non ce l’ho, una casa. Io un posto dove andare non ce l’ho…»

«È vero, non puoi certo ritornare dal Bubbo» si ricordò Martin.«E chi è questo Bubbo?» chiese Fango.«Mhm… Meglio non parlarne» rispose lei. «Insomma, è stato bello, ciao, io

resto qui» disse, e abbassò le spalle avvilita.«Anche noi, Magonda, se è per quello. Ehi, non so se avete capito, di quale

casa state parlando? Io non ne ho idea, di come si possa ritornare indietro» fece presente di nuovo Mike. «Non lo so e basta.»

«Io e Magonda siamo arrivati qui con una musica» intervenne Martin.«Bene, invece io e Brenda siamo arrivati qui per errore, figuriamoci.» «E non si potrebbe fare un altro errore?» domandò Fango.Tutti lo guardarono. «Insomma, ho capito» concluse lui, «siamo in esilio. Per

sempre» aggiunse, e gli tremò un poco un labbro.

Page 290: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

290

«Bene, e adesso al lavoro» disse Lumen una volta che furono di nuovo fuori; e Harmonia sospirò di sollievo.

Il primo a sentirsi leggero leggero fu Fango, e Martin seguì a ruota. Non fecero in tempo a chiedersi che cosa fosse che erano già spariti, mentre Magonda coster-nata strillava che non potevano abbandonarla così, e spaventata vedeva che tutto il popolo dei Kranpinch era trasparente come l’aria e stava svanendo, e svanivano pure quegli altri che erano scesi giù dalla parete, e controllava che almeno Angelo restasse con lei.

«Ma Lumen…» mormorò Harmonia.«Ma sì, ma sì, tranquilla» rise lui.

Così anche a Magonda accadde di sentirsi tutta bollicine, e si ritrovò seduta sullo sgabello di un negozio ingombro di tutto chissà dove con Angelo su una spalla, mentre di fronte a lei Fango la guardava.

«Ecco fatto» disse Lumen. Oh, è tutto a posto, finalmente.» «Ma Lumen! E quei due… li lasci lì?» «Quei due fidanzati, Mike e Brenda, vuoi dire?» «Certo, proprio loro! Li lasci lì?» «Non abbiamo niente da fare con loro, Harmonia.» «Ma come! Poveretti…» «Zitta, Harmonia.»

«Mike.» «Sì, Brenda?» «Ma l’hai visto? Sono spariti tutti.» «Certo, ho visto sì.» «E noi?» «E noi siamo ancora qui.» «E ci tocca restarci?» «Non lo so, Brenda, non lo so.» Tacquero.«Ma il rivela-persone, dove l’avevi messo, alla fine?» riprese lei.«Sotto la farina, sotto l’ultimo sacco dell’ultima fila. Non potevamo mica la-

sciare che lo trovassero, no?»

Page 291: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

291

«E noi, adesso, non lo potremmo cercare?» «Due persone che cercano il cercapersone, insomma.» «Ma sì, potremmo…» «Vattelapesca dov’è adesso, non ci sono più nemmeno i sacchi di farina. E poi

potrebbe anche essere diventato un cespuglio, o qualcos’altro.» Lei guardò il pezzetto di prato appena lì davanti con lo sguardo triste.«Vorrei tanto andare a casa.» «Anch’io, Brenda, anch’io.» «Mike, ho paura.» Era la prima volta, dall’inizio di quella faccenda, che lei pronunciava quella

parola. Lui le tolse una piumetta da un ricciolo e la guardò in silenzio.

Page 292: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

292

lxiii

Simon Carry aveva finalmente terminato di lavorare. Era capo magazziniere alla vi.ar.co, ditta di condizionatori, e quel giorno erano arrivati tre container, dican-si tre, di pezzi di ricambio, e nel capannone c’era stato un bel po’ da fare per met-tere tutto a posto cercando di non ascoltare quella stanchezza, quella stanchezza strana e preoccupante.

Ma poi poco prima, forse una mezz’ora, era successo qualcosa di, di… oh, se non fosse stato un tipo così razionale l’avrebbe chiamato qualcosa di miracoloso. All’improvviso i camion della ditta da grigi e neri erano diventati arancioni come un tempo, anzi di più, e blu le tute degli operai, e giallo-giallo il colore della scritta sull’insegna: «vi.ar.co, Dai vita all’aria», e la verruca sul naso di Dinamo il cassiere aveva ripreso la sua consueta tonalità rosso vinaccia, con tutte le venuzze intorno come prima.

E lo stereo della ditta si era acceso e aveva mandato a gran voce Winnin’ a match today di Theresa Nevada, proprio il cd che Simon aveva comprato prima di tutta quella storia e che non aveva mai potuto ascoltare.

Erano andati tutti a casa elettrizzati e dicendosi di sentirsi molto meglio, e Si-mon aveva attraversato in macchina Panissa mentre le radio suonavano e la gente usciva di casa, e per traverso nel cielo rideva un arcobaleno forte, sicuro, come di tela splendente, senza che avesse piovuto.

Entrò in casa di corsa e trovò Linda tutta felice perché il suo mondo era tornato come prima, ed era ora di cena e tra un minuto sarebbe andata a chiamare Mar-tin. Meno male che lui non s’era accorto di niente, perché prima, quando tutto era diventato color della morte e le erano mancate le forze, aveva proprio temuto che fosse la fine.

Così Simon Carry ebbe il tempo di andare in bagno e lavarsi le mani, e asciu-garsele con l’asciugamani di lino ruvido che era il suo preferito, perché al tatto gli ricordava la sua infanzia, e poi lasciava sempre nell’aria un buon profumo di sapone da bucato, di quello antico; e mentre si asciugava le mani sentiva la voce di sua moglie chiamare Martin per la cena.

Page 293: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

293

Poi lei lo raggiunse in bagno. «Non c’è» disse confusa.«Non c’è, dove?» «Nel salotto del pianoforte. È rimasto lì tutto il pomeriggio e…» «Sarà andato fuori con Charlie per il giro di pipì.» «Non so, me l’avrebbe detto, avrei almeno sentito Charlie, credo…» Li cercarono in giro, tra i vicini; ma Martin non si trovò, e nemmeno Charlie.

Nessuno li aveva visti, e non ce n’era traccia nemmeno nei pressi del melo sulla collina.

Rientrarono in casa agitati, e cercarono il numero della polizia sull’elenco; ma poi sentirono la voce e videro aprirsi la porta del salotto del pianoforte.

«Mamma, papà, siamo tornati!» Linda e Simon si guardarono. Tornati da dove?«Ma dov’eri, birbante? Dove t’eri nascosto?» bofonchiò Simon scompigliando-

gli i capelli.«Ero…» Martin ci pensò. «Ero dietro al divano, ho dormito lì» rispose, e se

ne stette buono ad ascoltare tutto il resoconto di quella storia della musica e dei colori, e com’era andata, e meno male che lui non s’era accorto di niente, che lui intanto se l’era dormita, e che certo dietro a un divano è una bella stranezza.

Meglio starsene zitti, i genitori non sono fatti per capire sempre.

E Fiotuns? A Fiotuns, quella sera il paese conobbe la vera trasgressione: perché erano le ventuno quando il negozio di Gaspar s’illuminò. E poco dopo la strada fu piena, e per l’occasione i bambini uscirono in pigiama e le signore in vestaglia, per andare a salutare Gaspar e a raccontargli tutto quello spavento del paese che s’era scolorito, ma soprattutto per sbirciare e analizzare quei due metri di saracca che lui s’era portato con sé, e il volatile che lei teneva su una spalla. I bimbi dissero che era una strega, la signorina Elsa che forse era la sua fidanzata, e Gustav il cuoco invece riteneva che fosse la sua nuova commessa. Le parlarono e lei taceva e un po’ gesticolava; e se ne vennero via commentando che lei di quel che le avevano detto non ci aveva capito un’acca, ma il fatto strabiliante era che il merlo parlava il norvegese.

Page 294: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

294

lxiv

Il professor Indago aveva cacciato via tutti, quel giorno: la signorina Pibbins con i cornetti caldi, il tecnico della Pack Computer spa per l’installazione del nuovo software per gli Studi demografici, l’avvocato Luft che veniva per quella cosa del nuovo contratto con l’università del Michigan, il dottor Smithson, il dottor Hope socio di minoranza, e di nuovo la Pibbins con l’agenda del giorno, che aveva quasi pianto attraverso la porta blindata: «Ma, professore!» ; e chi stava là fuori aveva potuto sentire solo il rumore della chiave speciale che ogni volta dava un giro in più.

Solo la Pibbins, coraggiosa donna, aveva osato più tardi picchiettare ancora al-l’uscio: «Sta poco bene, professore?» gli aveva domandato timida, e le era arrivato in risposta solo un lungo grugnito di cui si era stupito lui stesso.

Povera signorina Pibbins.E adesso Indago stava guardando l’orologio: le quattordici, due minuti e tren-

tasette secondi ora di New York. Tempo scaduto, e lui aveva fatto tutto, capito tutto, meno una cosa, quella fondamentale: se attivando la funzione disegno sa-rebbe riuscito a riportare a casa quei due, o se sarebbe stato risucchiato anche lui per sempre in qualche posto nello spazio.

Ricapitolò, mentre i piedi scalpicciavano nervosi e ogni tanto s’intrigavano nel laccio sciolto della scarpa.

Aveva corretto gli errori, rilevato i cambiamenti, adattato il computer alle nuo-ve frequenze, cosa che era stata avventurosa, soprattutto prima quando c’era stato quel grande sbalzo, quella salita verticale nelle vibrazioni – forse una grande musi-ca, qualcosa di potenza gigantesca – e lì aveva temuto di veder saltare tutto quanto l’ufficio Progetti e ricerche; e poi era avvenuta quella meraviglia, la guarigione del-la Terra, anzi altro che guarigione, a giudicare dai colori, ora tanto più vivi di un tempo: quasi un salto quantico, una nuova e sconosciuta possibilità per l’intero pianeta. E adesso lui sapeva due cose: che anche il luogo in cui si trovavano Mike e Brenda era del tutto cambiato, e che quei due ragazzi, benedetti loro dove si tro-vavano, avevano adempiuto a una missione, a qualche destino. E probabilmente,

Page 295: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

295

anzi di sicuro, l’avevano fatto in aiuto a qualcun altro; e lui questo o questi qual-cun altro, se avesse avuto ancora vita, avrebbe voluto conoscerli a tutti i costi.

Ma adesso l’importante era capire se la sua nuova idea avrebbe funzionato. Era urgente agire.La parola chiave era risonanza: aveva captato sul tabulato le frequenze di Mike

e Brenda, e vi aveva agganciato la propria in modo da dare al computer l’informa-zione di un campo di vibrazione stabile che li comprendesse tutti e tre; e a questo insieme aveva dato, come direzione dimensionale, le coordinate dell’ufficio Pro-getti e ricerche.

Si trattava solo di raggiungerli materialmente, ormai, e sperare che per risonan-za la loro massa venisse riconosciuta dal computer e attirata indietro sulla Terra.

Le quattordici, quattro minuti e ventuno secondi: basta, bisognava rischiare. Al massimo sarebbe rimasto là con Mike e Brenda, tanto nessuno è indispensabile.

Controllò ancora le coordinate, tirò un lungo respiro, accese il monitor a pa-rete, attento a non perdere il contatto con il computer e la tastiera, e attivò la funzione disegno.

Una nebbia calda e luminosissima impregnò all’istante l’ufficio; poi il monitor occupò tutta la stanza e prima di poter pensare la parola «Interdimensione» il professor Indago ci si ritrovò dentro.

«Mike.» «Sì?» «Ma la vedi anche tu, quella cosa?» «Sì, la vedo. Curiosa…» «Pare un sole.» «Un sole quadrato, però. E posato sull’erba.» «Mike, guarda! Ma non ti pare…» «Oh, capperi! Ma sì, è… È il professore! È la faccia del professore!» «E lì dietro c’è l’ufficio! Le vedi, le sedie blu?» «Sì! Svelta, Brenda! Infiliamoci là dentro.»

Ma perché vengo trascinato in là? Devo tenermi streeett…Toc toc. Ancora la Pibbins? «Professore, apra, apra! Ha telefonato il segretario dell’ambasciatore…» Ambasciatore? Ma cos’è questo per terra, un cardo, un cardo mariano? Ma no,

sarà qualche pianta strana… Mica è la Terra, questo coso qui.

Page 296: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

296

Oppure…?Indago non ebbe altro tempo di chiederselo. Vide Mike e Brenda arrivare, sentì

la loro stretta e percepì il calore dell’aggancio. Risonanza, su, risonanza! Dai, dai, dai, dai, pregò.

L’effetto fu abbastanza rapido, tutto sommato. Nell’alone di luce dorata, l’in-terno dell’ufficio Progetti e ricerche si consolidò, mentre le erbe e il fiume e le colline dell’isola svanivano nel nulla, e Mike e Brenda, semitrasparenti, erano lì con lui. Oh, bene… Uh! Semitrasparenti? Oddio, bisognava finire! E per finire c’era una sola cosa da fare, e in fretta.

Speriamo, speriamo, pensava Indago mentre spegneva il sistema.E, staccata la corrente, rimase a guardare stando sulle spine l’alone di luce che

piano piano si andava dissolvendo, e le figure di Mike e Brenda sempre più reali. Ed eccoli lì, alla fine.E si vide allora un professor Indago che nessuno più rivide mai.«Eeeh!» urlò paonazzo, coi pugni ben serrati in avanti; e fissò truce il computer.

«Te l’ho fatta, brutto maiale! Ce l’ho fatta, a sgraffignarli al tuo nulla!!» E gli cacciò un calcio che gli spostò gli occhiali sulla faccia.Nulla? Maiale?Indago ci pensò, poi si grattò la testa e guardò Mike e Brenda disarmante.Quel pomeriggio dentro all’ufficio Progetti e ricerche della Smithson & Co. tre

persone ballarono e saltarono, ma la cosa non fu mai risaputa.

«Visto?» chiese Lumen.«Visto, visto» rispose Harmonia. «Meno male.» «Perché, ne dubitavi?» «Io poi non ne so niente, di quelle robe tecnologiche lì» protestò lei, e la finì

in quel modo.

Page 297: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

297

lxv

Il Wolfgang Amadeus Mozart Theater di New York apriva i battenti quella sera. Era stato concepito esclusivamente per ospitare concerti di bambini dotati di uno speciale talento musicale. Molti cronisti si accalcavano fuori dal teatro in attesa. C’era tutto l’occorrente per una grande inaugurazione: la banda, il lungo tappeto che conduceva all’ingresso, le file di curiosi da entrambe le parti che allungavano il collo per vedere meglio.

Arrivò il governatore, arrivarono il sindaco e sua moglie, alcuni cantanti lirici e Ben Violin, autore di colonne sonore pluripremiate. Quando il famoso attore Bacon Milley scese dalla sua automobile, ci fu un’ovazione generale e qualche fortunato riuscì perfino a strappargli un autografo.

Piano piano gli ospiti varcarono il portone e dopo uno sguardo ammirato al-l’atrio, dove un ritratto di Mozart bambino campeggiava sulla parete di fronte, andarono a occupare i loro posti.

All’interno, i palchi si stavano riempiendo; la platea era già gremita. Tutte le poltrone erano occupate, tranne cinque in prima fila. Centinaia di teste si vol-tarono a guardare e un vivace mormorio corse lungo la sala quando una coppia singolare fece il suo ingresso nel corridoio centrale. Lei spilungona e lui piccino e tracagnotto, abbigliati al meglio del loro gusto ma con due risultati molto diversi, avanzavano con andatura regale – insomma, più o meno – verso le pol-trone di prima fila. Per l’occasione Magonda aveva abbandonato su una sedia dell’albergo il gilet di similpelle e aveva indossato uno sgargiante smoking color argento, dono di Mike e Brenda; ma nonostante l’orlo dei pantaloni fosse stato allungato al massimo non era stato possibile coprire del tutto le gambe secche e le calze a righe bianche e rosse, alle quali non aveva voluto rinunciare a nessun costo. E chi si fosse avvicinato molto a lei avrebbe visto la spilletta d’oro finto appiccicata sul farfallino che portava al collo – piccola piccola, ma c’era – con la scritta «Irreducible».

Quanto a Fango, che trotterellava vicino alla sua amica cercando di stare al passo, aveva deciso per un tight verde pistacchio nell’intento di risultare un po’

Page 298: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

298

più visibile, e un cappello a tuba su cui Angelo aveva preso residenza per il tragitto fino alla prima fila.

Qualcuno protestò che non si era mai visto un animale ammesso a teatro, ma dovette smettere subito quando fu introdotto in platea anche un grosso cane bianco dal pelo lucente, frutto di un’accuratissima toilette, tenuto al guinzaglio nientemeno che dal professor Indago in persona, il genio davanti al quale tutta New York s’inchinava, nonché socio fondatore di quell’opera meritevole. Dietro a loro camminavano raggianti Mike e Brenda, tenendosi per mano. Per quanto riguarda questi ultimi due, c’è da dire che avrebbero potuto essere anche su una zattera in mezzo alle cascate Victoria, tanto non se ne sarebbero accorti. In quel teatro affollatissimo esistevano solo due persone: lui per lei e lei per lui. Così van-no queste faccende d’amore…

Le luci furono spente e il direttore del teatro comparve sul palco.«Signore e signori, buonasera e grazie di essere intervenuti così numerosi a questa

inaugurazione. Il teatro Wolfgang Amadeus Mozart, con annesso un Conservatorio Musicale, è il primo di una serie di edifici destinati ai musicanti più giovani del mondo. Ho detto il primo: infatti altri teatri e conservatori verranno costruiti nei prossimi anni in tutte le nazioni, per incoraggiare lo studio della musica nelle giova-ni generazioni. Dopo i recenti fatti è fuor di dubbio che la musica è vita…»

Magonda diede di gomito a Fango. «Ti stai già addormentando, ti comunico. Sono passati solo ventidue secondi da quando ha cominciato.»

«Uh, eh eh, sì sì» fece Fango scuotendosi. Si raddrizzò sulla poltrona da cui stava scivolando, si rassettò l’abito, si tirò su più che poté, ma chi avesse guardato da dietro avrebbe pensato che in prima fila c’era ancora un posto libero.

«… che la buona musica non è un’opzione, ma una necessità per la sopravvi-venza del pianeta, della natura, dell’uomo, della sua intelligenza e dei suoi idea-li…» La voce del direttore stava assumendo accenti sempre più enfatici.

«Quanto chiacchiera, però» si lagnò Fango. «Va bene resistere, ma se stesse un po’ zitto…»

«Ha vinto una vacanza da Segrinia ed Erchidia» sospirò Magonda dimenan-dosi sulla poltrona. «La prossima missione mandiamo via lui, così gli passa l’arte oratoria.»

«… e qui con noi in prima fila c’è qualcuno che ha consegnato alla scienza risultati preziosi, per mezzo del suo genio e della sua dedizione… Molti di voi lo avranno già notato, per tutti gli altri lo annuncio io: abbiamo l’onore di avere con noi questa sera il professor Johannes Beere Indago.»

Page 299: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

299

Un applauso assordante accompagnò quelle parole, mentre il professor Indago si alzava e ringraziava il pubblico col suo sorriso da ragazzino colto in flagrante, e con la mano faceva cenno: non c’è bisogno, non c’è bisogno…

«Ehi prof., complimenti» disse Mike, arrossendo di piacere e stringendogli energicamente la mano. Brenda gli sorrise felice nella penombra. «Grande, pro-fessore, avanti così» e alzò il pollice in segno di vittoria.

«E ora diamo la parola al pianoforte…» «Meno male» sospirò Fango.«Be’, il professore se lo meritava» gli fece presente Magonda, e gli picchiettò la

testa con la manona.Intanto il direttore continuava il suo annuncio: «Stasera, qui con noi, grazie al

professor Indago, c’è un ragazzino che possiamo chiamare speciale tra gli speciali: un talento purissimo, un’anima lanciata nell’armonia. Signore e signori, vi pre-sento Martin Carry!»

Da dietro le quinte, Martin comparve sul palco. «È proprio bello» sospirò Magonda orgogliosa, avvolgendolo con uno sguardo

adorante.«Sì, proprio bello» annuì Fango contento.Martin raggiunse il pianoforte, fece un inchino e si sedette. Non mi tremano

nemmeno le ginocchia, si disse compiaciuto. Be’, dopo tutto quello che ho pas-sato, vorrei vedere…

Anche il palco cadde nell’oscurità; rimase solo la luce di un riflettore puntata sul pianoforte. Nella sala era sceso il silenzio più perfetto.

I primi accordi vibrarono nell’aria e andarono a sciogliersi lungo le pareti.Poi fu la volta di un trillo e di una breve melodia gentile, di un crescendo vivace

e di una pausa.E poi la musica andò a cercare Martin e gli chiese di suonare il suo messaggio.Liberata dalla fuga dei tasti, balzò sui palchi, volò nell’ombra, ricadde in rivoli

sui lustrini delle signore, rotolò tra le quinte. Andante, allegretto, lento con passione.Sostò tra le file di poltrone, s’infilò sotto le giacche a doppiopetto dei signori.Largo, mosso, agitato.Parlò con tutte le voci possibili la sua lingua senza fusi orari, dogane, filo spi-

nato e passaporto.E così Martin quella sera raccontò a tutte quelle persone, con un racconto a

dieci dita, i loro sogni, l’amore e la fatica di vivere, il dolore che spezza e la speran-

Page 300: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

300

za che sostiene, e i cento soli di Balmameth bassi sull’orizzonte nelle notti lumi-nose, e come tutte le cose cantano, e cantando da sole cantano allo stesso tempo tutte insieme, proprio tutte: anche una mosca, anche una stella, anche un pozzo, un barattolo, un’erba, anche un uomo… Anche loro, anche loro, anche loro…

Narrò che il nostro così com’è non è che uno dei mondi possibili, e che una pan-tera può essere anche azzurra e mangiare erba accanto a un vitello; e parlò di due straordinarie creature, un merlo e un cane, e di quanto coraggio, amore e innocen-za sono capaci questi nostri piccoli fratelli, semplicemente paghi di poterci stare accanto; e che se ci si sforza di cercare la propria massima musica potrebbe anche accadere, un giorno, di danzare in un prato e sentir nascere da sé fiori e farfalle.

Be’, anche mosche grigie e ragnatele, e bava di lumache, pensò Martin mentre impostava un gorgheggiante sol settima diminuita, ma va bene così.

Fu allora che all’interno del Wolfgang Amadeus Mozart Theater di New York, in mezzo all’odore di nuovo degli stucchi e dei velluti, iniziarono ad accadere cose straordinarie.

In piccionaia, Johnny Malcom vide davanti a sé una montagna di verdura. Carciofi, bietole, asparagi, broccoli e insalata, e tutto ciò che di altro si potesse im-maginare. Ebbe l’impulso di voltarsi verso sua moglie, seduta accanto a lui, e gli venne spontanea un’associazione. Quanta verdura aveva pulito e cucinato in ven-tun anni con quelle manine sciupate? Vediamo, calcolò: per cinque persone – lui, lei, due figli e il nonno – anche solo un chilo al giorno per almeno trecento giorni all’anno facevano seimilatrecento chili, sei tonnellate virgola tre. Più le pietanze, e i biscotti, e tutte le colazioni del mattino, questo nella routine – senza contare i Natali, i compleanni e tutte le volte che avevano invitato a pranzo degli amici. Fu proiettato all’improvviso davanti a un lavandino, con i guanti di gomma addosso e la borsa della spesa ai suoi piedi. Sentì il silenzio e la pazienza di quei gesti ri-petuti, un giorno, due, un anno, dieci. Aveva sempre mangiato in fretta, mentre quel cibo diventava lui e gli permetteva di pensare, fare, andare. E il giorno dopo aveva sempre trovato il piatto preparato, e aveva mangiato in fretta…

Così, rivolto a sua moglie, le chiese improvvisamente: «Come si fa a pulire i fagiolini?» Lei lo guardò e sorrise contenta. Era la più bella dichiarazione d’amore che avesse mai ricevuto.

Anna Beckham, che occupava il posto numero settantadue – platea, penultima fila, vestita col suo tubino nero di crêpe di pura lana delle grandi occasioni, si tro-vò davanti a un cassetto e avvertì di nuovo il senso di disagio che provava sempre quando lo guardava. Era il cassetto di sinistra della sua scrivania, e sapeva bene

Page 301: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

301

che cosa ci avrebbe trovato dentro. Ma stavolta lo aprì e ne estrasse il mucchio di appunti che vi aveva lasciato per metà della sua vita. Era l’abbozzo del suo ro-manzo, una storia magica di gatti e ricette di profumi, che non aveva mai avuto il coraggio di terminare per paura di non trovare un editore. A che cosa potrebbe mai ambire la centralinista quarantaduenne di una società di assicurazioni, si di-ceva. Eppure da ragazza si era laureata col massimo dei voti in letteratura, e aveva ricevuto l’elogio della commissione… Ma poi accadono cose e la vita ti porta da un’altra parte… Intanto si trovò a scrivere, a cancellare, a copiare al computer; e mentre lo faceva i personaggi della storia saltavano fuori più vivi che mai e la face-vano sognare e divertire. Così decise che avrebbe certamente trovato un editore.

Quanto all’ingegner Kevin Brenner, seduto in seconda fila, si sentì stringere il collo e si rese conto di essere legato a un muro con la catena del suo pastore al-saziano Ming. Lo aveva chiamato col nome di un’illustrissima dinastia imperiale cinese, ma gli aveva concesso solo un metro e mezzo di libertà, perché non gli ro-vinasse il prato. Si accorse di avere negli occhi l’implorazione fedele del suo cane, e dentro di sé conobbe la disperazione di quella prigionia, mentre si lamentava e il sole d’estate scottava e qualsiasi ombra d’albero era troppo lontana per quella catena. Mentre si strofinava il collo, Kevin Brenner sciolse con la mente la catena di Ming. «Pazienza, avrò un prato un po’ più spelacchiato» si disse intenerito.

Ingo Verdes, che quel pomeriggio in metropolitana aveva detto «brutto cic-cione» a un ragazzo che gli aveva soffiato il posto a sedere, si sentì gonfiare… gonfiare… ancora gonfiare… e avvertì tutto l’imbarazzo del suo corpo enorme, il dolore del rifiuto e la fame, che fame di cibo non era, e lo sconforto e la paura; e fu sicuro che non avrebbe mai più detto «brutto ciccione» a nessuno.

Nella stessa fila Sarah Dundley, con una cornetta di telefono in mano, sentì dall’altra parte la propria voce che le urlava: «Cretina! Te l’avevo detto!» come aveva fatto lei ore prima con la sua amica Lora, a cui era scappata di casa la figlia; con un singhiozzo si alzò, chiese permesso e uscì un attimo per telefonare.

Susanna Polic, secondo ordine di palchi, terzo da sinistra, si trovò senza preav-viso a navigare sospesa per aria su un canotto. Già da tempo sognava di trasferirsi al mare e passare il resto della sua vita cullata dal rumore delle onde e dalle voci dei pescatori, ma aveva settantadue anni e temeva i commenti della famiglia.

Perfino il governatore fu visto vagabondare a notevole altezza nella zona del lam-padario centrale, vestito di un grembiulino a quadretti bianchi e azzurri. In effetti era proprio lui: rideva beato pensando che l’indomani avrebbe dato il nulla osta per quella scuola multietnica per l’infanzia di comunicazione non verbale, che gli era stata proposta da anni e gli era sempre sembrata una sparata da mezzi originali.

Page 302: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

302

Così, in questo modo magico, il teatro quella sera diventò mille posti diversi. Chi si alzava, chi volava, chi buttava per aria le scarpe troppo strette e la cravatta e s’infilava i suoi pantofoloni; chi prendeva finalmente la patente, chi partiva per il Nepal e chi bussava a una porta con un mazzo di fiori in mano: ognuno, a modo suo, cominciò a rintracciare un pezzetto della sua personale e inimitabile massima musica.

L’ultima nota si adagiò nell’aria con gentilezza.

Tutto quel trambusto cessò all’istante e tutti gli spettatori si ritrovarono come per incanto al proprio posto.

Ci fu silenzio.Magonda, di ritorno da una foresta di canne di bambù, si asciugò una lacri-

metta, Fango si soffiò il naso, il professor Indago si aggiustò gli occhiali. Mike e Brenda si guardarono con lo sguardo da gelato di crema squagliato.

L’applauso esplose improvviso e fu potente. Gli spettatori si alzarono in piedi e ridevano, piangevano, gridavano: «Bravo!», ringraziavano quel ragazzino sul pal-co, si congratulavano l’uno con l’altro senza sapere perché.

Ognuno aveva la certezza che quella sera si sarebbe portato a casa molto di più di un concerto.

Page 303: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

303

lxvi

«Ehiii! Cosa ne dite?» Magonda ritornò dal negozio duty free dell’aeroporto mo-strando un set di enormi unghie finte color melanzana con gli strass appiccicati.

«Ma che roba è?» chiese Martin.«Sono per il mio nuovo look. Dovrò pur mettermi qualcosa di carino per dare

lezioni da protettore di foreste ai turisti che vengono a Fiotuns, no?» Nessuno trovò parole adeguate per commentare. Solo Angelo, con le penne

arricciate, le disse: «Gusti, tu arrangiati.» E lei lo guardò indispettita.Erano andati tutti ad accompagnarli all’aeroporto: Mike e Brenda e il profes-

sore, e ora aspettavano insieme davanti al check in. Martin sarebbe partito per ultimo, più o meno venti minuti dopo gli altri.

Poi la voce della signorina annunciò che i passeggeri del volo a1247mv delle dodici e venti della Royal Norwegian Airlines per Oslo erano pregati di recarsi all’imbarco.

Ci furono baci e bacioni, e perfino Magonda si espresse in un abbraccio a Brenda. «Be’, allora noi andiamo» disse alla fine Fango, col naso un po’ rosso. «Ci si

vede, ragazzi. Alla prossima.» «Ehi!» lo fermò Mike. «E quella storia della signora Piersson, dell’aglio e dei

guanti, che cos’era? Non ce l’hai più detto…» «Uhm… Ecco, dovete sapere…» ci pensò lui. «Così, in breve…» «secondo avviso. i passeggeri del volo a1247mv delle dodici e venti

della royal norwegian airlines per oslo sono pregati di recarsi all’im-barco» incalzò di nuovo la voce della signorina.

«Guarda bello che dobbiamo andare» brontolò Magonda. «Ciao ciao!» Mandò un arrivederci con la mano e si mosse per allontanarsi, tanto cosa si deve fare, commossi o non commossi ci si doveva separare.

«Be’… oh… sì, non posso, adesso non posso!» dovette convenire Fango. E scomparve tra la folla trascinato da lei, che si portava Angelo in cima al cespo dei capelli.

Page 304: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

304

«Be’, Martin, qua un bacetto» sorrise Brenda chinandosi verso il ragazzino. «Buonissimo volo, e a presto. Io e Mike ce ne dobbiamo andare.»

«In gamba, campione» si unì Mike, e gli strinse un braccio con energia; e stro-finò forte la schiena di Charlie, che scodinzolò molto partecipe.

«Bye Mike, bye Brenda» salutò Martin. «Io e i miei vi aspettiamo a Panissa.» E con un ultimo ciao lanciato con la mano, Mike e Brenda si allontanarono.Rimase Indago, ad aspettare il volo con Martin; fino a che anche il ragazzo non

fu chiamato all’imbarco.I giornalisti arrivarono da non si sa dove, per qualche voce che s’era sparsa nel-

l’aeroporto. «Sono là! Sono là! Il professore è là!» «Ci dica, professore!» «Professore, per favore!» Molti flash si accesero, e poi le domande fioccarono. «È vero che si parla di metterla in lista per il premio Nobel?» «È vero che sta compiendo studi sulla risoluzione del problema alimentare?» «Ci può parlare della sua vita privata, professore?» A queste e altre domande lui non rispose.Poi una dei reporter, la più giovane, emerse dal gruppo e si fece avanti. «Profes-

sore, si vocifera che ci troviamo a una svolta epocale nelle ricerche sulla struttura dell’universo. Che cosa può dirci in proposito?»

Un sorriso arguto illuminò la faccia di Indago. «Discorso lungo» rispose, e dopo aver strizzato l’occhio a Martin si avviò verso

l’uscita.

Page 305: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

Appendici

Page 306: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

306

i

Sono una persona del tutto normale, regolarmente provvista della mia scorta di pregi e difetti: voglio dire che non mi è ancora mai capitato di sentire all’altezza delle scapole il tipico prurito che inconfondibilmente preannuncia lo spuntare di ali d’angelo. Però, così a naso, ho sempre ritenuto che ci sia qualcosa di sostanzial-mente buono nell’essere buoni, e qualcosa di sostanzialmente cattivo nell’essere cattivi. Poi possiamo discutere su ciò che s’intende per essere buoni, ma la sostan-za non cambia.

E ho sempre ritenuto, anche, che i nostri cinque sensi, dal momento che sono la cosa che ci collega alla vita, meritano di essere nutriti come si deve e non con schifezze, e così anche tutto il mondo del nostro corpo, dei nostri pensieri e delle nostre emozioni: sempre perché, così a naso, qualcosa mi diceva insistentemente che non tutto ciò che ci raggiunge va bene, non è lo stesso, così come non è lo stesso tutto ciò che produciamo: pensieri eccetera. Ce lo stanno dicendo da anni importanti branche del sapere quali la medicina psicosomatica e la più recente psiconeuroendocrinoimmunologia: sono scienze preziose, volte a operare nella cultura vigente un ampliamento dei concetti di uomo e di salute. Purtroppo, per diversi motivi, esse non sono ancora sufficientemente conosciute e tenute in considerazione dalla maggioranza della gente.

E a questo punto possiamo parlare del lavoro di ricerca del dottor Masaru Emoto, e di quanto sia impressionante la relazione tra i risultati di questo lavoro e ciò ho detto sopra.

Il dottor Masaru Emoto è uno scienziato e ricercatore giapponese, che ha ini-ziato la sua ricerca sull’acqua allorché negli Stati Uniti è stata messa a punto la macchina che misura le vibrazioni.

Ha esposto particelle d’acqua a diversi stimoli e successivamente le ha congelate e ha fotografato le forme che si creavano. La loro magia è sotto gli occhi di tutti, e per quanto mi riguarda non posso che provare felicità e stupore di fronte a ognu-no dei preziosi cristalli d’acqua che Masaru Emoto ci mostra.

È meraviglioso: io apro un libro, vedo immagini piene di poesia e di bellezza e

Page 307: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

307

mi viene confermato all’improvviso che è corretto che io decida di scegliere cosa fare, cosa dire e pensare, cosa ascoltare e guardare, e posso scegliere anche stelline e non è affatto obbligatorio che io mi circondi e mi nutra di poltiglia. I cristalli d’acqua ci parlano in modo così semplice che è impossibile non capirne il mes-saggio. Ci vorrà probabilmente ancora tempo perché la scienza ufficiale accolga come incontrovertibili questi risultati: ma, come ripeto, di fronte a essi è giusto porsi almeno qualche domanda.

E ancora: con le sue fotografie, Masaru Emoto ci presenta i doni del cuore, le sottili interazioni che avvengono tra le persone e tra tutte le cose, e ci rende visibi-le agli occhi quanto valga la pena di recuperare dentro di noi grazia e benevolenza. Non dimentichiamocelo: siamo fatti d’acqua per il settanta per cento!

In questo tempo di grande progresso scientifico, che purtroppo non sempre è a favore dell’uomo, dalla scienza stessa ci viene l’aiuto che ci serve per comprendere che dobbiamo finalmente ritrovare la capacità di distinguere. E poiché ormai è di-mostrato che la natura è capacissima di riconoscere da che parte stare, mi auguro che anche gli esseri umani ricomincino a saperlo fare…

Per chi fosse interessato a un approfondimento su questi temi, collegandosi a In-ternet e digitando «Masaru Emoto» appaiono sia le foto dei cristalli che una serie di validi indirizzi di siti sui quali documentarsi.

Page 308: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

308

ii

Laura Silingardi è musicista e musicologa e operatrice di cultura musicale per l’infanzia. Tiziano Fanceschi è un consulente informatico e organizzativo e un ricercatore.

Insieme viaggiano ovunque per far conoscere a quante più persone sia possibi-le quello che, grazie anche al loro lavoro e alla loro esperienza, è ormai un fatto acquisito: il mondo vegetale è vivente e senziente e comunica con l’uomo e con tutte le forme di vita, reagendo ai segnali che riceve.

Laura e Tiziano tengono conferenze e lezioni-concerto in cui Laura suona il violino mentre le piante sono collegate a un apparecchio dotato di sensori che, applicati alle foglie e alle radici, sono in grado di convertire il movimento linfatico in suono.

Quello che ne risulta è una melodia che non solo varia da pianta a pianta, ma che si presenta diversa anche nella stessa pianta a seconda del momento e della si-tuazione: può accadere infatti che essa cambi la propria «canzone» se nell’ambien-te entra qualcuno che la ama particolarmente, o che addirittura cessi di cantare se nel luogo in cui si svolge l’evento vi sono partecipanti scettici o che comunque non hanno un buon approccio al mondo vegetale.

Con l’aiuto del suo violino, Laura stimola un dialogo con la pianta, ed è riuscita anche a dimostrare che la stessa è in grado di seguire un percorso di apprendimento che la porta a suonare in sintonia con la melodia dello strumento, come se deside-rasse stabilire un’interazione e una comunicazione concreta con gli esseri umani.

È facile quindi, partendo da questa breve esposizione, dedurre che, se l’uomo potesse contemporaneamente applicare quei sensori a ogni forma vegetale esisten-te, sarebbe in grado di udire una sinfonia meravigliosa: una parte del «Canto del Creato» citato anche da san Francesco, che tutta la natura e tutte le cose, in ogni luogo conosciuto e sconosciuto, suonano senza interruzione.

Page 309: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

309

Ringraziamenti

Un grazie speciale a Lucia Nicoletti, insegnante di autentica e sentita vocazione, che ha visto nascere e crescere questo libro e, pur amando il computer come si può amare un fico d’India che ti trovi sotto a un piede, si è assoggettata a starci davanti intere giornate per seguire il mio lavoro. Lucia, nel tuo caso «insegnare» ha voluto davvero significare «imprimere un segno».

La mia eterna gratitudine anche a Luciano Nottolieri, che ha sopportato per tanto tempo i miei sproloqui solitari mentre scrivevo sul computer che aveva in rete e lui cercava di lavorare in pace, e per di più trovava la forza di incoraggiarmi. Luciano, capisco bene perché ora hai un computer soltanto…

Grazie a Sergio Piacentini, cognato e genio, e alle sue preziose consulenze tec-nologico-informatiche.

Grazie a tutti i miei amici per il loro calore e la loro partecipazione, per l’affetto che ci lega e per la vita che condividiamo.

A Laura Silingardi, per la sua sensibilità e la competenza che mi ha messo a disposizione.

A Daniele Biagini, mirabile professore di filosofia e uomo di spirito acutissimo e lieto.

Ancora, al professor Gennaro Pisco dell’Istituto Statale d’Arte Adolfo Venturi e a Cecilia Frigieri, che si sono impegnati moltissimo per la buona riuscita della parte grafica di questo lavoro.

Grazie a tutti coloro che mi hanno insegnato e che strada facendo tutti i giorni mi insegnano ancora.

Page 310: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

310

Verdechiaro nasce dalla fusione del verde e del giallo e rappresenta la realizzazione nel concreto di un progetto individuato attraverso l’intuizione: poter contribuire alla circolazione delle idee in cui crediamo. Le nostre proposte editoriali sono libri che portano il seme di un messaggio evolutivo che sentiamo in modo par-ticolare. Sono opere indirizzate alla mente e al cuore dell’uomo, che pensiamo non debbano mai essere disgiunti per il raggiungimento di una più profonda consapevolezza.

Che questi libri possano essere un faro per colui che desidera addentrarsi nel viaggio interiore.

Verdechiaro Edizionivia Montecchio, 23/2

42031 Baiso (Reggio Emilia)tel. 0522/598264 - fax 0522/993017

email [email protected]://www.verdechiaro.com

Page 311: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

Dipingere con la sorgenteAviva Gold

Dipingere con la sorgente è un libro di Artetera-pia, un modo ormai riconosciuto anche dalla scienza per riconnettersi con la propria parte più profonda e istintiva. Questo libro aiuta a risvegliare l’anima dell’artista che giace dentro a ognuno di noi. Un libro da leggere, studia-re, da vivere. Aviva Gold insegna a dipinge-re come fa uno sciamano, toccando l’anima della gente, facendo uscire la nostra parte più viva e che preme per essere riconosciuta e vis-suta attraverso l’espressione artistica.Aviva Gold, Master in Belle Arti e in Danza terapia, arteterapeuta, vive negli Usa, conduce seminari e conferenze in tutto il mondo, in-clusa l’Italia, dove è attesa di nuovo a breve.

Pagine 168 – € 18,00 – isbn 978-88-88285-45-0

Creati-vitàIl risveglio dell’energia creativa

Antonella Dalla Benetta

Un libro che insegna tecniche semplici, allegre e progressive per risvegliare all’in-terno di noi stessi l’Energia Creativa che è alla base di ogni processo di crescita e di apprendimento. È un viaggio attraverso i quattro livelli che compongono l’indivi-duo, per rinnovare, dare nuovo impulso a ciascuno di essi: il corpo fi sico, il mondo delle emozioni, quello dei pensieri e quello del senso delle cose. 31 esercizi progressivi, di cui 13 incisi sul cd allegato, accompa-gnano nel recupero di queste energie, alli-neandole sulla traccia dell’Essenza.

Pagine 112 – € 20,00 (include cd) isbn 978-88-88285-31-3

Page 312: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

Battiato another linkGuido G. GuerreraContiene un gran numero di conversazioni estemporanee, articoli, interviste e al cen-tro una lunga conversazione di Guerrera con Battiato su temi di portata generale, disegnata sullo schema concettuale dei ventidue arcani maggiori, che svelano il lato umano dell’artista e ne sottolineano il noto orientamento mistico.Battiato. Another Link è inoltre imprezio-sito dagli interventi di Manlio Sgalambro, Franco Cardini e Umberto Broccoli.

Pagine 128 – € 14,00 – isbn 88-88285-25-3

Il life coachingUna nuova tecnica al servizio delle po-tenzialità e della creatività individualeLuca Stanchieri

Il life coaching è una tecnica le cui basi spaziano dalla psicologia alla fi losofi a, dalla pedagogia all’antropologia e serve a chiarire i propri intenti, a raggiungere gli obiettivi, a trasformare i propri desideri in piani d’azione e ad armonizzarli con la nostra identità più profonda. È un libro pratico che fornisce strumenti per capire cosa vogliamo fare nella vita, per passare dal dire al fare.

Pagine 96 – € 12,00 – isbn 88-88285-15-6

Page 313: Graziella Mezzanotte · andare in negozio a ritirare la mia bicicletta dopo la chiusura. Ma sapete bene tutti quanti che dopo la chiusura del negozio di Gaspar, in questo paese, non

L’Alchimista FanciulloAlberto Beltrame

Il bambino magico che è in tutti noi reste-rà aff ascinato da questa storia. L’Alchimista Fanciullo viene da un mondo fantastico e lontano per accompagnarci a riscoprire l’entusiasmo per i nostri sogni. Il protago-nista, un ragazzo nel quale tutti possono riconoscersi, ha il cuore «malato d’indiff e-renza», e lo può salvare solo un atto d’amo-re sincero che lo renda di nuovo capace di provare empatia ed emozione per il mon-do e per la vita.

Pagine 72 – € 12,00 – isbn 978-88-88285-28-3

La Terra dei SogniLuca Carulli

Luca Carulli ci accompagna nell’aff ascinante mondo dei lupi, ai quali dà magistralmente voce in questo racconto metaforico. È la sto-ria di un lupo che ha il coraggio di uscire dal branco, di sognare una nuova terra che già sa esistere dentro e fuori di sé. Il giovane lupo inizia a esplorare il mondo che immagina al di là dei confi ni limitati delle credenze del branco. Appassionanti avventure e insegna-menti lo attendono prima di raggiungere la Terra dei Sogni, prove e sorprese, paura e amore. Libro per ragazzi e per adulti che non vogliono perdere la forza di sognare.

Pagine 128 – € 14,00 – isbn 978-88-88285-34-4