Graziano Pompili _ ORT

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pubblicazione in occasione della mostra di Graziano Pompili "ORT" al Castello di Pergine16 aprile - 6 novembre 2011 e della mostra DER WEG/ IL CAMINO Galleria d'Arte Niccoli Parma 28 aprile - 04 luglio 2011

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Graziano Pompili

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Con la collaborazione e il contributo del

Comune di Pergine Valsugana

Con il contributo e il sostegno di

Provincia autonoma di Trento - Dipartimento Cultura

Regione Autonoma Trentino - Alto Adige

Azienda per il turismo Valsugana - Lagorai - Terme - Laghi

Sant’Orsola Società Cooperativa Agricola

Associazione Gli Amici del Castello

Publistampa Arti grafiche

Si ringrazia per l’assistenza all’allestimento:

Roberto Anderle, Marco Baitella,

Silvano Bernabè, Stefano Frisanco,

Andrea Magossa, Claudio Moser,

Gianfranco Nicolini, Denis Pintarelli,

Manuel Pintarelli, Paolo Rossi

Un ringraziamento particolare a:

Leonardo Acri, Graziella Adami, Tiziano Baldini,

Vito Corradini, Rita Finzi, Patrizia Raimondi,

Renato Rubertelli, Giancarlo Tinacci,

Fornace Unieco, Correggio,

Marmi e Graniti d'Italia s.r.l.,

Rocchi Marmi Tornitura

Fotografie:

Theo Schneider, Dario Lasagni, Claudia Torricelli (pag. 7)

Traduzioni:

Studio Alias, Pergine

© Castel Pergine Srl - 2011

Publistampa Edizioni, Pergine Valsugana, Trentino

Arte/15 - aprile 2011 - Isbn 978-88-96014-28-8

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Graziano Pompili

al Castello di Pergine16 aprile - 6 novembre 2011

a cura diFranco BatacchiTheo SchneiderVerena Neff

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C’erano una volta, tanti anni orsono, nel lontano1997 dei geroglifici, poi trasformati in cuori, un’al-tra volta in dei fiori ed ora nel 2011, ha preso vitala “casa”. Negli anni, il castello e l’ambiente circo-stante, sono stati modificati, con dei segni, provo-cati dagli artisti e dalle loro “esposizioni stagionali”che hanno animato il maniero. Queste impronte in-delebili ci aiutano ad ordinare cronologicamente glianni e a connetterli con la quotidianità vissuta, dan-do un senso al castello e al nostro “fare”, permet-tendoci di mutare continuamente la nostra osser-vazione. Inoltre contribuiscono al fatto che unavisita al Castello diventi avvincente. Sono qui sem-plicemente, mai banali, umili ma orgogliosi, nonaspettano un nostro commento, la nostra opinio-ne, perché sanno benissimo che non possiamo pas-sare davanti a loro senza sentirci attraversati.

A vero dire non siamo dei galleristi, siamo osti,gestiamo un albergo in un edificio di mille anni,diamo da mangiare e da bere in sale medievali, ac-cogliamo dei turisti in caccia a luoghi d’interesse.Questo lo facciamo da vent’anni, con il sostengoassiduo e la partecipazione spirituale della famigliaproprietaria Oss-Ringold .

Abbiamo tanto rispetto davanti all’architettura unpo’ austera di questo maniero. Rinnovandolo met-tiamo degli accenti autonomi e contemporaneiche sottolineano il carattere del Castello. Ci piacemangiare e bere, non in maniera medievale, macosì come si mangia e beve nel 2011. Questo si ri-specchia anche nella nostra cucina: è leggera e di-geribile, chiara e locale, non rinnegando le sue ra-dici trentine ma nello stesso tempo ben ancorataal presente. Ci piace stare in mezzo a dei muri an-tichi o nella natura; circondati da arte autenticache ci tranquillizza e allo stesso tempo ci stimola.Gli stessi sentimenti vogliamo trasmettere ai no-stri ospiti. Il Castello non è un tempio di wellness,per fortuna, ma nello stesso tempo il suo fattoredel benessere è altissimo perché è molto rilassan-te, anti-stressante e molto stimolante.

ORT - LA CASA - IL CASTELLO: aspettiamo congioia un’altra stagione emozionante e mai banale.

Verena Neff e Theo Schneider

Einmal sind es Herzen, das andere Mal Blumen,1997 waren es Hieroglyphen, letztes Jahr Quadra-te, 2011 ist es das Haus. Jedes Jahr wieder, jedesJahr anders. Das Castello und seine Umgebungwerden je nach Jahr von ganz unterschiedlichenZeichen geprägt. Im Nachhinein helfen sie Theound mir, die Jahre zu ordnen, mit dem gelebtenAlltag zu verknüpfen. Sie geben dem Castello undunserem Tun einen Sinn. Sie verändern die Sichtaufs und zum Castello. Sie machen einen Besuchim Castello spannend. Sie sind einfach so da, niebanal, bescheiden aber stolz, erwarten keinenKommentar, keine Meinung, wissen sie doch ge-nau, dass man an ihnen nicht vorbeikommt, ohnedass sie uns ein bisschen verändern.

Aber eigentlich sind wir Gastgeber, keine Galeri-sten, führen ein Hotel in einem tausendjährigenGebäude, bewirten Gäste in mittelalterlichen Sälen,empfangen Touristen auf ihrer Jagd nach Sehens-würdigkeiten. Seit fast zwanzig Jahren. In der Ge-schichte des Castello sind das nur zwei Prozent.Mit der wertvollen Unterstützung und dem ideellenMittragen der Besitzerfamilie Oss-Ringold setzenwir aber alles daran, dass es in ein paar Jahren min-destens gefühlte zwanzig Prozent werden.

Wir respektieren die Architektur dieses Gebäudessehr, setzen mit den Renovierungen eigenständige,zeitgenössische Akzente, die den Charakter desCastello gar noch unterstreichen. Wir essen undtrinken gerne. Nicht mittelalterlich, nein so wieman 2011 isst und trinkt. Und so ist auch unsereKüche, leicht und bekömmlich, klar und territorial,die Trentiner Wurzeln nicht verleugnend, denZeitgeist aber auch nicht. Wir fühlen uns gernewohl, inmitten von echtem Gemäuer, in der Natur,umgeben von authentischer Kunst. Das alles beru-higt und regt an zugleich. Unseren Gästen soll esebenso ergehen. Der Wohlfühlfaktor im Castelloist gross. Natürlich ist es kein Wellnesstempel. Re-laxend, entstressend und stimulierend ist das Ca-stello aber gleichwohl.ORT - DAS HAUS - DAS CASTELLO: Wir freuenuns auf eine weitere, spannende, aber nie banaleSaison.

Verena Neff und Theo Schneider

C A S T E L P E R G I N E

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Anche quest’anno, sotto la guida di VerenaNeff e Theo Schneider, Castel Pergine apre lasua dicianovesima stagione, attraverso nuoviorizzonti artistici, i quali prendono dimensio-ne nelle stanze del castello e tra le due cintamurarie con sculture in marmo, legno e ter-racotta di Graziano Pompili. Tema centraledelle opere dell’artista è “ la casa” che tra-scende i confini del proprio spazio fisico.

La mostra a Castel Pergine, grazie alla sua lo-cazione esalta il carattere sperimentale deisuoi progetti di “cultura contemporanea”, al-l’insegna della qualità.

La famiglia Oss-Ringold, Theo Schneider eVerena Neff, offrono ancora una volta a tuttele persone l’osservazione di un’ arte creatanel presente, attraverso artisti conosciuti inambito internazionale, con sculture ideate pergli spazi del maniero perginese.

A nome di tutta l’amministrazione comunaleporgo a loro e a tutti coloro che hanno colla-borato per la realizzazione della mostra i piùsentiti ringraziamenti!

Silvano CorradiSindaco di Pergine Valsugana

Die neunzehnte Saison auf Castel Pergine be-ginnt auch dieses Jahr mit neuen künstleri-schen Horizonten. Werke aus Marmor, Holzoder Ton von Graziano Pompili sind währendder Sommermonate 2011 in den Sälen desCastello und im Park zwischen den beidenMauergürteln anzutreffen. Zentrales Themaist das „Haus“, das sich wie ein roter Fadendurch die ganze Ausstellung zieht.

Die Ausstellung auf Castel Pergine hebt dankdem besonderen Ambiente den experimen-tellen Charakter des Langzeitprojektes “zeit-genössische Kunst“ im Zeichen der Qualitäthervor.

Die Familie Oss-Ringold, Theo Schneider undVerena Neff offerieren auch diesmal allenBesuchern mit der Auswahl eines internationalbekannten Künstlers eine im Jetzt und speziellfür das Castello di Pergine geschaffene Kunst.

Im Namen der ganzen Gemeindebehördemöchte ich ihnen und allen, die zum Gelingendieser Ausstellung beigetragen haben, meinenherzlichen Dank aussprechen.

Silvano CorradiSindaco di Pergine Valsugana

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La mostra “Graziano Pompili: ORT”, curata daFranco Batacchi, Theo Schneider e VerenaNeff, è un’eccellente proposta culturale chenel 2011 allieterà i visitatori del castello diPergine. Pompili è un artista di chiara fama na-zionale, le cui opere sono presenti nelle colle-zioni di diversi musei d’arte contemporaneaitaliani e in numerosi spazi pubblici e privati. Èquindi con sincera gratitudine che accogliamoquesto artista poliedrico, il quale ha fatto pro-pri gli spazi della rocca di Pergine e vi ha co-struito un percorso di sicuro interesse.

Scenari emozionanti accompagnano il visitato-re, regalando alle scenografiche opere diGraziano Pompili pregevoli accostamenti conle architetture storiche del castello e con ilpaesaggio della Valsugana.

Arte e natura, tradizione e innovazione, storiae modernità si fondono così con successonelle composizioni esposte, suscitando emo-zioni in chi le osserva e coniugandosi alla per-fezione con l’ambiente circostante.

Ringrazio quindi gli organizzatori della mo-stra che, con il loro impegno, sanno regalareogni anno preziose occasioni di arricchimen-to culturale non solo per Pergine e per laValsugana, ma per tutto il Trentino e le re-gioni limitrofe.

Franco PanizzaAssessore alla Cultura, Rapporti europei e

Cooperazione della Provincia autonoma di Trento

Die diesjährige, von Franco Batacchi, TheoSchneider und Verena Neff kuratierteAusstellung „Graziano Pompili: ORT“, ist ei-ne ausgezeichnete kulturelle Offerte, die2011 die Besucher des Castello di Pergineerfreuen wird. Pompili ist ein Künstler vonklarer nationaler Berühmtheit. Seine Werkesind in verschiedenen Museen zeitgenössi-scher Kunst in Italien und in zahlreichen öf-fentlichen und privaten Räumen ausgestellt.Mit aufrichtiger Dankbarkeit begrüssen wirdiesen vielseitigen Künstler, der mit seinerKunst die Aussen- und Innenräume der Burgvon Pergine besetzt und bei allen Besuchernein sicheres Interesse wecken wird.

Die Werke von Graziano Pompili schaffenszenische Bilder, behaupten sich problemlosgegenüber der imposanten Architektur desCastello und der Landschaft des Valsugana.

Kunst und Natur, Tradition und Innovation,Geschichte und Moderne vereinigen sich er-folgreich in den ausgestellten Kompositionen.Sie erwecken beim Betrachter Emotionenund verschmelzen mit der unmittelbarenUmgebung.

Ich danke den Organisatoren der Ausstellung,die mit ihrer Arbeit jedes Jahr das kulturelleAngebot sowohl in Pergine und im Valsuganaals auch im Trentino und in den angrenzendenRegionen um wertvolle Erlebnisse bereichern.

Franco PanizzaLandesrat für Kultur, Europäische

Beziehungen und Genossenschaftswesen

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La scultura contemporanea è divisa, quasi da un secolo, su due fronti contrapposti. Quandonel 1919 la performance Tonsura di Marchel Duchamp scoppiò come un petardo nella cri-stalleria dei generi artistici tradizionali, ben pochi seppero prevedere quanto sarebbe acca-duto dopo un’altra guerra mondiale, allorché un’orda di fantasiosi aspiranti genialoidi avreb-bero cominciato a stringere d’assedio il fortino ortodosso: pallidi discendenti dell’abiuradadaista, installatori, imballatori, concettuali, poveristi, autolesionisti, contaminatori ed esibi-zionisti grandguignoleschi, i quali si sarebbero impadroniti con crescente successo dellegrandi mostre istituzionali, trasformando tali manifestazioni in bazar, macellerie, teatrid’avanspettacolo. A partire dagli anni ’50 (con Fontana) e poi, in un crescendo rossiniano chetocca l’acme parossistico alla fine degli anni ’70, esposizioni, musei e monumenti vengonooccupati e aggrediti da installazioni, performance materiali e corporali, da autori di happeningtalora innegabilmente valenti (Fluxus, Christo, Oldenburg, Boltanski, Marina Abramovic,Nitsch, Acconci, Gilbert&George, Burden, Gina Pane, Orlan, ecc.) e da molti contrabbandie-ri di cabaret e di teatro-danza quale arte plastica (ma i Momix, Merce Cunningham, BorisCharmatz e Pina Bausch se li mangiano tutti, senza pretendere di essere invitati ad “esporre”alla Biennale). I fenomeni di mercato e le bolle speculative (Hirst, Cattelan, ecc.) hanno con-tribuito a sostenere un fronte che ha bisogno di autocelebrare la propria apparenza mediati-ca per continuare a nascondere la sostanziale carenza di spessore tecnico e culturale delleproduzioni. I campioni di tale schieramento sono didascalisti, vale a dire coloro che trascor-rono buona parte del loro tempo nell’ideazione di titoli, ai quali poi adattano oggetti facil-mente riproducibili, in genere eseguiti da artigiani.Sul versante contrapposto operano gli scultori che non hanno abdicato al loro ruolo.Depositari di tecniche millenarie ed eredi di nobili civiltà artistiche, non hanno rinunciato aquell’autonomia di ricerca che è il sale del rinnovamento e della modernità. Sono i detentori– sempre più rari, a causa dell’avvento di una robotica elettronica che ha contaminato anchele scuole d’arte – della preziosa manualità che distingue gli artisti dai didascalisti. Dotati, alpari di quest’ultimi, di notevoli capacità speculative sul piano intellettuale, hanno ripercorsola lunga ed estenuante fatica dell’apprendimento, della conoscenza dei materiali, della misu-rata e consapevole occupazione dello spazio fisico e psicologico. Senza scorciatoie, hannocompiuto un percorso solcato nel tempo da mille orme, fino a trovare, ciascuno, il propriolessico espressivo.Nella straordinaria esperienza del Castello di Pergine, deliberatamente abbiamo evitato scel-te di tendenza, nell’intento di offrire una convincente panoramica sulla complessa e variegatasituazione della scultura italiana contemporanea. Ma siamo stati guidati da un discrimine: tuttigli artisti invitati a cimentarsi nel disagevole contesto ambientale che ospita le esposizioniappartengono al secondo fronte.Graziano Pompili, protagonista della 19ma edizione della mostra monografica perginese, è –al pari del compianto Francesco Somaini, che nel 2000 qui tenne la sua ultima grande antolo-gica – uno degli esponenti, la cui opera è paradigmatica del nostro assunto. La sua cultura siè formata su esperienze e interessi orientati non soltanto sulla classicità, bensì, ancor prima,sull’archeologia. Nato a Fiume (ora Rijeka) ed esule con la famiglia a Faenza, fin da bambinosi appassiona ai frammenti di oggetti d’artigianato antico che trova girovagando nei campi, inuna terra che è stata teatro d’incroci di civiltà. E a Faenza apprende i segreti della ceramica edella terracotta, tecnica in cui eccelle. Il lungo processo di avvicinamento all’attuale fase

Le mani, il lavoro, la storiaFranco Batacchi

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Die zeitgenössische Bildhauerkunst ist seit beinahe einem Jahrhundert in zwei einander entge-gengesetzte Fronten gespalten. Als im Jahr 1919 die Arbeit Tonsur von Marchel Duchamp wieein Blitz im Gebäude der traditionellen Kunstgattungen einschlug, waren nur wenige in derLage vorauszusehen, was nach einem weiteren Weltkrieg geschehen würde; dass nämlich eineHorde von fantasievollen Möchtegern-Genies beginnen würde, die orthodoxe Festung zu bela-gern – bleiche Abkömmlinge der dadaistischen Abschwörung, Installateure, Verpacker,Konzeptualisten, Poveristen, Selbstverstümmler, Verunreiniger und clowneske Exhibitionisten.Dass sie mit wachsendem Erfolg unsere großen institutionellen Ausstellungen an sich reißenund diese Veranstaltungen in Bazare, Metzgereien, Vorprogrammtheater verwandeln würde.Ab den 50er Jahren (mit Fontana) und später, in einem rossinischen Crescendo mit seinemHöhepunkt am Ende der Siebziger, werden Museen und Monumente von materiellen undkörperlichen Installationen, Performances, Happenings besetzt, deren Schöpfer zugegebe-nermaßen oft auch tüchtig sind, wie zum Beispiel Fluxus, Christo, Oldenburg, Boltanski,Marina Abramovic, Nitsch, Acconci, Gilbert&George, Burden, Gina Pane, Orlan usw. Abund zu profitieren sie in der Plastik von Kabarett und Tanztheater, doch können sie zumBeispiel neben Momix, Merce Cunningham, Boris Charmatz und Pina Bausch glatt einpacken.Und Letztere haben nicht einmal das Gefühl, dass sie auf die Biennale eingeladen werdenmüssten.Marktphänomene und spekulative Seifenblasen (Hirst, Cattelan, usw.) haben dazu beigetra-gen, die eigene mediatische Erscheinung selbst so zu zelebrieren, dass der wesentlicheMangel an technischer und kultureller Substanz verborgen bleibt. Champions dieserFormation sind „Schulmeister“, das heißt jene Art von Menschen, die einen guten Teil ihrerZeit darauf verwenden, Titel zu erfinden, denen sie dann leicht reproduzierbare, imAllgemeinen von Handwerkern gefertigte Gegenstände anpassen.Auf der andern Seite gibt es immer noch jene Bildhauer, die ihre Rolle ernst nehmen. Sie be-herrschen Jahrtausende alte Techniken, und als Erben edler Kunstzivilisationen verzichtensie nicht auf die Autonomie der Forschung, die das Salz in der Suppe der Erneuerung undModernität ausmacht. Sie beherrschen die aufgrund der aufgekommenen elektronischenRobotik immer seltener gewordene Handfertigkeit, die Künstler von „Schulmeistern“ unter-scheidet. Wie die „Schulmeister“ sind sie mit erheblichen spekulativen Fähigkeiten auf intel-lektueller Ebene ausgestattet, haben aber den mühseligen und erschöpfenden Weg desLernens beschritten, kennen die Materialien und wissen wie der physische und psychologi-sche Raum ausgewogen besetzt werden muss. Ohne Schleichwege sind sie einem Pfad ge-folgt, auf welchem im Laufe der Zeit tausende Spuren hinterlassen wurden, bis jeder von ih-nen seinen eigenen Ausdruck gefunden hat.Beim Projekt Castello di Pergine wurden bewusst trendorientierte Ausstellungen vermie-den, um so einen überzeugenden Überblick über die komplexe und vielfältige Situation deritalienischen zeitgenössischen Bildhauerkunst zu bieten. Einer klaren Prämisse sind wir je-doch gefolgt: Alle eingeladenen Künstler, die es mit diesem unbequemen räumlichenKontext aufnehmen, müssen der zweiten Front angehören.Graziano Pompili ist ebenso wie der verstorbene Francesco Somaini – er hatte im Jahr 2000im Castello seine grosse Retrospektive – einer der Exponenten, der mit seinem Werk bei-spielhaft unsere These unterstreicht. Seine Kunst basiert auf Erfahrungen und Interessen inder klassischen Kunst und vor allem in der Archäologie. Er wurde in Fiume, dem heutigen

Die Hände, die Arbeit, die GeschichteFranco Batacchi

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espressiva nasce da quelle prime esperienze, si sviluppa attraverso l’insegnamento a ReggioEmilia e i paralleli corsi accademici a Bologna, con Quinto Ghermandi e UmbertoMastroianni, fino ad approdare – nei primi anni ’80, quando si trasferisce a Montecchio, dovetrasforma una grande casa colonica in studio, laboratorio e abitazione – ai primi contatti conil marmo, che impara a conoscere spostandosi frequentemente in Toscana, a Carrara e neilaboratori di Pietrasanta. E qui apro una breve parentesi sul personaggio.Più volte ho espresso la convinzione che ogni artista vada considerato in base a ciò che con-cretamente realizza. Ne ho incontrati molti, di grande valore. Alcuni francamente detestabilisul piano caratteriale, ma non per questo meno stimabili; ciò che conta e che resterà, di co-storo, è l’opera. Tuttavia, quando si ha la fortuna di conoscere un artista che assomma nellapropria personalità tre fattori positivi: evidente talento, spessore culturale ed empatia, allorala collaborazione si trasforma in unità d’intenti. Organizzare e allestire questa mostra non èstato faticoso. È intuibile come la disponibilità al dialogo costruttivo dimostrata da GrazianoPompili discenda dalla sua lunga esperienza didattica. «Ho impiegato tanti anni a formarmicome insegnante e a diventare un bravo docente – ha dichiarato in un’intervista – e facendoquel mestiere ho imparato, apprendendo molto anche dai miei studenti». Dopo aver inse-gnato negli istituti d’arte, nel ’78 assume la cattedra di scultura in marmo all’Accademia diBologna, concludendo poi il segmento di carriera a Brera, quale docente di scultura nel cor-so di arte sacra. La frequentazione dei giovani, l’impegno nel sociale, il costante contatto conla realtà culturale popolare (è stato amico di Augusto Daolio, indimenticata voce e anima delgruppo musicale “I Nomadi”, e più volte Marco Paolini ha provato in anteprima i suoi mono-loghi nell’accogliente atelier di Montecchio Emilia) hanno contribuito alla crescita di un tena-ce artista-lavoratore. Una specie, purtroppo, in via di estinzione.Per conquistare il suo segno attuale, Pompili tocca tutti i materiali. Trovo molto pertinentile controcopertine di uno smilzo, ma prezioso catalogo edito nel 2002 in occasione di unamostra a Palazzo Sforza, nel comune di Cotignola: vi sono riprodotte le fotografie dei palmidelle sue mani, recanti le impronte del lavoro.Eminenti studiosi hanno sviscerato la poetica dell’artista e nel presente catalogo viene pub-blicato un fondamentale contributo di Sandro Parmiggiani. Alcuni anni orsono, KlausWolbert, presentando la rassegna “Poeticamente abita l’uomo” (titolo ricavato dalla porzio-ne di un verso di Hölderlin e allestita a Muhlacker, Enzkreis, in Germania), ha sottolineatol’importanza michelangiolesca del “levare”, inserendo Pompili nel solco della gloriosa storiaitaliana in questo campo. Effettivamente il “non finito” dei Prigioni può trovare eco in alcuneopere di Pompili, ove si alternano e si confrontano superfici nette, squadrate, lucenti con al-tre lasciate allo stato grezzo del blocco segato dalla cava. Ma, prima, si è compiuta la trafiladel figurativo, i doverosi omaggi ad Arp e soprattutto a Moore; e il fondamentale periododelle Ri-archeologie, in cui i prediletti reperti classici vengono magistralmente rivisitati, spez-zati con gesti quasi sacrileghi e successivamente ricuciti. Quelle suture apparivano come ge-sti di pacificazione e, ha osservato Claudio Spadoni, «marcavano intenzionalmente un rigoreche era la regola linguistica dell’immaginazione, e per altri versi l’artificio, il sottofondo lette-rario di una fantasia creativa interamente calata in un rigoroso esercizio del mestiere».Marco Meneguzzo ha paragonato la montagna Sainte-Victoire di Cézanne e gli “uomini neri”di Fontana ai motivi ispiratori della stele e della figura con l’ombra di Pompili. È innegabileche la Pietra di Bismantova, un rilievo roccioso sopra le colline reggiane, possa aver esercitato

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Rijeka, geboren und zog schon bald mit seiner Familie nach Faenza. Als Kind begeisterte ersich für das, was er auf seinen Streifzügen in den Feldern findet, in jener Erde, woZivilisationen sich kreuzten. In Faenza erlernt er die Kunst der Keramik und desTonbrennens, zwei Techniken, worin er Meister ist.Der lange Prozess der Annäherung an die jetzige expressive Phase beginnt mit jenen erstenErfahrungen. In Reggio Emilia gibt er Unterricht und besucht parallel dazu akademischeKurse in Bologna mit Quinto Ghermandi und Umberto Mastroianni. Anfang der achtzigerJahre zieht er nach Montecchio und baut dort ein großes Bauernhaus in Studio, Werkstattund Wohnung um. Er kommt zum ersten Mal mit Marmor in Kontakt, vertieft seineKenntnisse und begibt sich häufig in die Toskana nach Carrara und die Werkstätten vonPietrasanta.Jeder Künstler ist auf der Grundlage dessen zu betrachten, was er konkret realisiert. Vielenbin ich begegnet. Einige, ehrlich gesagt, waren unausstehlich, aber dessen ungeachtet warensie nicht weniger achtbar. Was zählt und was von ihnen bleibt, ist das Werk. Wenn manaber das Glück hat, mit Künstlern zusammenzuarbeiten, die die drei positiven Faktoren,nämlich offensichtliches Talent, kulturelles Format und Einfühlungsbereitschaft, in sich verei-nen, dann verwandelt sich die Zusammenarbeit in komplette Übereinstimmung.Die Organisation und die Errichtung dieser Ausstellung waren überhaupt nicht mühsam.Graziano Pompilis Bereitschaft zu einem konstruktiven Dialog rührt von seiner langen didak-tischen Erfahrung her. „Ich habe viele Jahre darauf verwendet, mich als Lehrer auszubildenund ein guter Dozent zu werden“, erklärt er in einem Interview, „und bei der Ausübung die-ses Berufs habe ich mich weitergebildet, indem ich vieles von meinen Studenten erlernte“.Nach der Lehrertätigkeit an Kunstgymnasien übernimmt er 1978 den Lehrstuhl fürMarmorbildhauerei an der Kunstakademie in Bologna und ist anschliessend als Dozent fürBildhauerei im Lehrgang der Sakralen Kunst an der Brera tätig. Der Umgang mit denStudenten, das Engagement im sozialen Bereich, der Kontakt zur Volkskultur – er war langemit Augusto Daolio befreundet, der unvergesslichen Stimme und Seele der Gruppe INomadi, und mehrfach rezitierte Marco Paolini seine Monologe im gemütlichen Atelier vonMontecchio Emilia – haben zur Entwicklung eines hartnäckigen, leider nur noch selten anzu-treffenden Arbeiter-Künstlers beigetragen.Bevor er das auf das heutige Zeichen kommt, befasst sich Pompili mit allen Materialien. Sehraussagekräftig sind die Umschlagsseiten eines kleinen, aber wertvollen Kataloges, der 2002anlässlich einer Ausstellung im Palazzo Sforza in Cotignola herausgegeben wurde: SeineHandflächen tragen die Spuren der Arbeit.Herausragende Wissenschaftler haben die Poetik des Künstlers ausführlich behandelt. In die-sem Katalog wird ein wesentlicher Beitrag von Sandro Parmiggiani veröffentlicht. Vor eini-gen Jahren hat Klaus Wolbert mit seiner Ausstellung in Mühlacker, Enzkreis / DeutschlandDichterisch wohnet der Mensch – der Titel entstammt einem Vers von Hölderlin – dieBedeutsamkeit des „Entfernens“ von Michelangelo hervorgehoben, und Pompili damit insKielwasser der glorreichen italienischen Kunstgeschichte eingereiht. Tatsächlich findet des-sen unvollendete Skulpturengruppe I Prigioni in einigen Werken Pompilis ein Echo. Saubere,kantige, glänzende Flächen stehen anderen in rohem Zustand direkt aus dem Steinbruch ge-schnittenen Blöcken gegenüber. Zuerst durchläuft er jedoch noch eine Epoche desFigurativen mit gebührenden Ehrerweisungen an Arp und vor allem Moore, später dann eine

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una forte suggestione sull’artista; come annota Pier Luigi Capucci, è un elemento naturale alquale «sono stati attribuiti poteri, sacralità, capacità evocative, dimensioni poetiche… con lasua collocazione così particolare e la sua forma così familiare di domus. Nota fin dall’antichità(a nord, ai piedi della rupe è stata scoperta una necropoli etrusca), celebrata da Dante nellaCommedia, la Pietra di Bismantova è un esempio delle capacità evocative della natura inter-pretata dalla dimensione simbolica umana, ovvero della peculiare capacità umana di trasfor-mare tutto in segni, di attribuire significati, di umanizzare il mondo».Quando percorriamo le sempre più rare strade sterrate (garanzia di mancate cementifica-zioni circostanti) che costituiscono le estremità capillari del ramificatissimo sistema viarioitaliano, se scorgiamo un edificio costruito sul profilo dorsale di un monte, immediatamenteci sorgono spontanei due interrogativi: come saranno riusciti ad arrivare fin lassù con i ma-teriali? Chi può abitare in un luogo tanto impervio e isolato? Lo scultore sardo CostantinoNivola ha scavato tane nella roccia, incastonandovi piccole case. L’immaginazione di Pompilicorre a briglia sciolta e non è difficile presumere che anch’egli abbia risposto a tali domanderiproducendo la misteriosa simbiosi tra natura e artificio.Tuttavia le convergenze che lo hanno portato all’estrema sintesi degli esiti più recenti, misembrano più composite. In esse sono certamente confluite visioni dirette lontane (le co-struzioni terramaricole dell’età del ferro, «i dolmen, i menhir entrano nel suo mondo reale efantastico», segnala Vittoria Coen) e vicine (siano esse i casotti delle reti a bilancia lungo idelta adriatici dei fiumi romagnoli, o «le palafitte, sia che si staglino isolate su un lago pro-sciugato di terracotta, sia che s’alzino a creare una composizione che sa di paese», osservaWalter Guadagnini). Sono il frutto di una progressiva defoliazione del superfluo, «conosconoi ritmi dolorosi della distanza, della perdita e del naufragio delle certezze. Ma insieme hannoacquisito la pazienza tibetana della riflessione, quel sortilegio che riconduce il dinamismo deltempo nel pozzo concentrico della propria interiorità» (Giorgio Cortenova). E ValerioDehò ha prospettato un’interessante variabile: «Non vi è soltanto un senso di arcaico nellesculture e nelle installazioni… vi è anche il segno di una premonizione, di un possibile ritor-no al futuro»; in particolare, nelle opere intitolate Domotica, «Graziano Pompili costruiscedelle architetture spontanee al servizio di un’umanità in fuga dalla civiltà dell’inutile».Il rischio, nella stratificazione di significati che arricchisce queste opere, è di scavare tanto afondo nei meandri dei moventi, fino a perdere di vista i risultati. Poiché la ricerca, come ac-cade a quasi tutti i veri artisti, è un mezzo e non un fine. Giacometti parte dall’idoletto etru-sco, Melotti forse dai geroglifici sumeri, ma il loro obiettivo è la definizione di un linguaggioche consenta di parlare dell’oggi con una lingua conosciuta. È la comunicazione, l’interazionetra soggetto creativo, oggetto prodotto e fruitore riguardante. Pompili riesce a stabilire ilcollegamento, il contatto, con disarmante, ma apparente facilità, mettendo in pratica la notaaffermazione di Pablo Picasso: «Ho impiegato una vita intera per riuscire a disegnare comeun bambino».Anche l’artista emiliano potrebbe sottoscrivere quella frase. Il suo lungo percorso nell’imma-gine è infine pervenuto al suo tema più noto: la casa. Una casa essenziale, come appunto vie-ne tracciata dal segno incantato di un bimbo che delimita il luogo per antonomasia (Ort), lasede di ogni emozione, il nido della vita. L’archetipo interpretato dall’artista è l’approdo aun luogo dell’anima, profondamente radicato nella storia e nella memoria dell’uomo, che al-tri hanno frequentato analogamente (ne cito uno per tutti, il pittore tedesco Huber Kiecol)

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Periode der Re-Archäologie, während der er Lieblingsklassiker neu interpretiert, mit fast fre-velhaften Gesten zerteilt und wieder zusammengefügt. Die Nähte erscheinen wie Gestender Versöhnung.Marco Meneguzzo hat das Gebirge Mont Sainte-Victoire von Cézanne und die „schwarzenMänner” von Fontana mit den anregenden Motiven für die Stele und die Figur mit demSchatten von Pompili verglichen. Es ist unbestreitbar, dass die „Pietra di Bismantova“, eineFelsformation über der Hügellandschaft von Reggio nell’Emilia, einen starken Eindruck aufden Künstler hinterlassen hat, wie Pier Luigi Capucci anmerkt. Es handelt sich um einNaturelement, dem „Kräfte, Heiligkeit, beschwörende Fähigkeiten, poetische Dimensionenzugesprochen wurden … mit ihrer besonderen Lage und ihrer dem domus so sehr ähneln-den Form. Bekannt seit der Antike – am Fuße der Felsen wurde eine etruskische Nekropoleentdeckt – , zelebriert von Dante in der Commedia, ist die „Pietra di Bismantova“ einBeispiel für die beschwörenden Fähigkeiten der Natur, interpretiert von der menschlichensymbolischen Dimension, beziehungsweise von der besonderen menschlichen Fähigkeit, allesin Zeichen umzusetzen, Bedeutungen zuzuweisen, die Welt zu humanisieren“.Wenn wir einen dieser immer seltener gewordenen Schotterwege entlang gehen, irgend einGebäude auf einem Hügelrücken entdecken, stellen sich uns sofort spontan zwei Fragen:Wie mag es wohl gelungen sein, mit dem Material bis nach oben zu gelangen? Wer mag aneinem solch unzugänglichen und isolierten Ort leben? Der sardische Bildhauer CostantinoNivola hat Grotten in den Felsen gehauen und kleine Häuser darin eingefasst. DieEinbildungskraft von Pompili galoppiert zügellos. Unschwer lässt sich erahnen, dass auch erauf diese Fragen mit der geheimnisvollen Symbiose von Natur und Kunst eine Antwort ge-funden hat.Doch scheinen mir die Konvergenzen, die ihn zur extremen Synthese der jüngstenErgebnisse geführt haben, uneinheitlicher zu sein. Einerseits gründen sie auf antikenVisionen, wie zum Beispiel die Terramare-Konstruktionen aus der Eisenzeit. „Die Dolmen,die Menhire treten in seine reelle und fantastische Welt ein“, meint auch Vittoria Coen. Aufder anderen Seite werden nahe liegende Eindrücke verarbeitet, wie die kleinen Häuser inden Deltas der Flüsse, die aus der Romagna in die Adria strömen. Oder mit den„Pfahlbauten, die sich isoliert aus einem See aus Terrakotta erheben und so eineKomposition schaffen, die an eine Ortschaft erinnert“, beobachtet Walter Guadagnini. Siesind das Ergebnis einer progressiven Entlaubung des Überflüssigen, „sie kennen die schmerz-haften Rhythmen der Entfernung, des Verlustes und des Schiffbruchs der Gewissheiten.Doch gemeinsam haben sie eine tibetanische Geduld der Überlegung erworben, jenenZauber, der zur Dynamik des konzentrischen Brunnens des eigenen Innenlebens zurückführt” (Giorgio Cortenova). Und Valerio Dehò hat eine interessante Variable erkannt:„Nicht nur ein archaischer Sinn wohnt in den Skulpturen und den Installationen inne… auchein Zeichen der Vorwarnung, einer möglichen Rückkehr in die Zukunft“. Insbesondere inden Werken mit dem Titel Domotica „baut Graziano Pompili spontane Architekturen imDienste einer Menschheit auf, die vor einer unnötigen Zivilisation flieht“.Das Risiko in der Schichtung von Bedeutungen in den Werken besteht darin, dass so sehr inden Tiefen der Beweggründe gegraben wird, dass man die Ergebnisse aus den Augen ver-liert. Denn die Forschung, so wie bei fast allen wahren Künstlern, ist Mittel und nichtZweck. Giacometti geht vom etruskischen Kleingötzenbild aus, Melotti vielleicht von den su-

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ma che egli declina partendo molto più da lontano. La sua, è una casa solida, squadrata, chiu-sa. Dorata, candida o vissuta dal tempo, declinata in un colore rosato, graffiato, memore dilunghe stagioni di sole e grandine, di bava di lumaca e d’intonaco bruciato dal gelo, di umidenebbie e aridi solleoni. Casa che si moltiplica galleggiando su una selva di palafitte o prolifi-cando in guisa di villaggio. Casa che si specchia in un oscuro laghetto artificiale, dentro ilprofilo lucente di una barca dei sogni.Per la mostra nel castello l’artista ha rielaborato alcune composizioni note e realizzato ex novoopere di dimensioni monumentali: la casa illusoriamente costruita con blocchi cubici, le duechiese stilite issate al culmine di colonne in terracotta, la magica versione della casa nel pra-ticello sull’altipiano ricavato da un calco di basalto. Non mancano cenni antologici, come lecomposizioni metalliche di sagome umane acefale imprigionate nei perimetri domestici e ilconio in negativo dell’elementare profilo edile ricavato su lamiera (l’insegna all’esterno dellaprima torre) e su blocco di marmo (nella cappella gotica). Di particolare impatto un enormedipinto (smalti e ruggine su metallo) che attraversa diagonalmente il salone d’ingresso.Anche in questo caso – come si è verificato nelle edizioni più riuscite dell’esposizione – leopere sembrano abitare in naturale simbiosi con la particolare configurazione del contesto.In questo ambiente, le apparizioni delle sculture di Graziano Pompili corrispondono ad al-trettanti eventi. E quando, a novembre, si provvederà a smontare le installazioni, il piccolo,dorato simulacro apotropaico issato sul totem sorretto da anfore, svettante nel ventoso cie-lo trentino, lascerà un grande vuoto.

Venezia, marzo 2011

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merischen Hieroglyphen. Ihr Ziel ist immer die Definition einer Sprache, mit der man zeit-genössisch kommunizieren kann: eine Wechselwirkung zwischen kreativem Subjekt, erzeug-tem Objekt und dem jeweiligen Betrachter. Pompili gelingt die Verbindung mit entwaffnen-der, scheinbarer Leichtigkeit. Er setzt die bekannte Behauptung von Pablo Picasso um: „Ichhabe mein ganzes Leben dafür gebraucht zu lernen, wie ein Kind zu zeichnen“.Pompilis langer Weg hat endlich sein bekanntestes Thema erreicht: das Haus. Es ist ein es-sentielles Haus, so wie es ein Kind zeichnen würde: Ort aller Emotionen, als Nest desLebens. Tief in der Geschichte und im Gedächtnis des Menschen verwurzelt ist das Haus ar-chetypisch ein Ort, wo die Seele wohnt. Andere, wie zum Beispiel der deutsche MalerHubert Kiecol, haben das Thema auf eine ähnliche Art behandelt. Pompili startet aber vonweiter her. Sein Haus ist ein solides, kantiges, geschlossenes Haus. Golden, schneeweiß, vomWetter imprägniert, roséfarben, zerkratzt, in Erinnerung an prägende Jahreszeiten mitSonne und Hagel, Schneckenschleim und Reif, feuchten Nebeln und dürrer Sommerhitze. Einmultipliziertes Haus auf einem Wald von Pfahlbauten, das sich wie eine Ortschaft ausbreitet.Ein Haus im glänzenden Profil eines Traumschiffes, das sich im dunklen See spiegelt.Für die Ausstellung auf der Burg hat der Künstler einige seiner bekannten Kompositionenüberarbeitet, aber auch ganz neue Werke von monumentaler Grösse geschaffen: das illuso-risch mit kubischen Blöcken gebaute Haus, die beiden Stylit-Kirchen zuoberst auf denTerrakotta-Säulen, die magische Version des Hauses inmitten einer Wiese auf derHochebene aus Basaltstein. An anthologischen Zeichen fehlt es nicht: metallischeKompositionen von menschlichen kopflosen Silhouetten, gefangen in häuslichen Umrissen,die Negativprägung des elementaren Bauprofils aus Blech auf der Ankommensseite desEingangsturms und aus Marmor in der gotischen Kapelle. Besonders eindrucksvoll ist dasenorme Gemälde aus Email und Rost auf Metall, das diagonal den Eingangssaal durchzieht.Auch in diesem Fall scheinen die Werke eine natürliche Symbiose mit dem ganz speziellenKontext einzugehen. In dieser Umgebung erzählt jede Skulptur eine eigene Geschichte.Wenn dann im November alle Plastiken abgebaut sind und so auch das kleine, goldene Hausauf dem langen Totem, der sich auf 18 Amphoren stützt, nicht mehr dem Nordwind desTrentino ausgesetzt sein wird, dann wird eine grosse Leere spürbar sein.

Venedig, März 2011

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L’esposizione di Graziano Pompili al Castello di Pergine Valsugana consente – per il numeroe la varietà delle opere, realizzate nei diversi materiali in cui l’artista ama esprimersi, per lepossibilità offerte dalla loro collocazione all’esterno, in un paesaggio in cui si fondono l’incan-to di una natura incontaminata e i segni possenti dell’umana presenza, e all’interno delCastello, un edificio ricco di storia e di tramandi – di avviare una riflessione, non dico con-clusiva, ma certo con una qualche ambizione di completezza, sul suo percorso, anche se quiesso si mostra soltanto attraverso un pur ampio e articolato compendio del lavoro degli ul-timi tredici anni. Dunque, in questa esposizione sono assenti i lavori che Pompili realizzò intutto il corso degli anni Ottanta, le poetiche Ri-archeologie, specchio dell’amore di lunga datadell’artista per l’archeologia e per le tracce di un passato che mai lui potrebbe rimuovere:bassorilievi e sculture di animali mitologici, di figure umane, di teste, di oggetti – persistenteretaggio visivo dell’arte classica e antica –, recavano, ben evidenti, attraverso i ganci di ferroche tenevano uniti i frammenti in cui erano stati “rotti” dopo la cottura, i segni di una vo-lontà di ricomporre, di rimettere assieme, e di un desiderio di svelare quanto una forma chesi era inabissata nel tempo, e che si credeva perduta, potesse ancora comunicare. Né sonopresenti, in questa mostra, le opere in terracotta che, nella seconda metà degli anni Ottanta,segnarono l’evoluzione di Pompili verso sculture in cui corpi e busti senza testa fuoriusciva-no da vasi circolari alti e stretti o da urne funerarie – l’evocazione di una sorta di resurre-zione, di corpi morti che tornano alla luce nello splendore delle loro fattezze –, e il successi-vo approdo, qualche anno dopo, al tema ancestrale della casa, che da subito l’artista hacominciato a svolgere arricchendo la gamma dei materiali impiegati. Oltre alla mai dismessaterracotta, Pompili fa allora ritorno al marmo abbandonato quindici anni prima, con un fer-vore e un’ansia di cimentarsi con le diverse tipologie strutturali, e i vari colori che il marmoe il granito possono assumere; ecco le lamiere che l’artista tratta in modo da renderne appa-rentemente più lunga l’esistenza nel tempo, instaurandovi sopra la ruggine; ecco il ferro, illegno, gli smalti e i disegni su carta. L’irruzione di nuovi materiali non fa sì che qualcuno diessi venga eliminato dalla scena per fare posto a qualcun altro, ma si assiste piuttosto all’in-gresso sul palcoscenico di nuovi attori, chiamati a dare soluzione a esigenze particolari, non-ché alla rivisitazione dell’uso di certi materiali che l’artista conosce molto bene: nel caso del-la terracotta, riuscire a rappresentare, in un’opera memorabile del 1997, Autoritratto conombra, una figura fangosa, materialmente e letteralmente plasmata manciata dopo manciata;nel caso del ferro, raffigurare la traiettoria dei fulmini che scendono dal cielo a percuotere laterra, oppure, attraverso una lastra collocata dietro a una persona o una casa, rendere ilprofilo dell’ombra che esse proiettano.Se possiamo affermare che le opere raccolte da Pompili in questa mostra esprimono in ma-niera straordinariamente pregnante lo spirito profondo del suo lavoro, è perché in esse con-tinuamente riaffiorano quell’attenzione e quel fascino, propri dell’artista, per le tracce, ancheminime, dell’umana presenza nel corso di una storia che va perdendosi nel buio di un tempolontanissimo, alle quali l’artista allude con un lirismo che via via si è andato facendo, insieme,più intenso ed essenziale. Negli anni Novanta, e ancora con maggiore nitidezza di visionenell’ultimo decennio, Pompili ha continuato a realizzare opere che sono l’esito di un ininter-rotto fervore e fermento della memoria, che è in fondo il lievito segreto di tutto il suo lavo-ro, con questo continuo riaffiorare, mescolarsi e fondersi, di echi di forme, di sguardi e diimmagini che la storia umana e quella dell’arte ci hanno tramandato. Dunque, se l’artificio del

Memoria e poesia delle tracce dell’umanoSandro Parmiggiani

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Die Ausstellung von Graziano Pompili in der Burg von Pergine Valsugana erlaubt es mir –aufgrund der Anzahl und der Verschiedenartigkeit der Werke in Materialien, mit denen derKünstler sich normalerweise ausdrückt, und aufgrund der Möglichkeiten durch ihreAufstellung einerseits im Freien in einer zauberhaften Landschaft, wo die unberührte Naturmit den kraftvollen Zeichen menschlicher Anwesenheit verschmilzt, und andererseits imInnern dieser geschichts- und überlieferungsträchtigen Burg –, eine Überlegung über seinenWerdegang einzuleiten, der sicher nicht abschließend ist, aber doch nach Vollständigkeitstrebt. Er zeigt sich hier durch einen umfangreichen und gegliederten Abriss seiner Arbeitder vergangenen dreizehn Jahre. In dieser Ausstellung fehlen die Arbeiten, die Pompiliwährend der gesamten achtziger Jahre realisiert hat, die poetischen Re-Archäologien,Spiegelbild seiner alten Liebe zur Archäologie und zu den Spuren einer Vergangenheit, die erniemals auslöschen könnte: Flachreliefs und Skulpturen von mythologischen Tieren, mensch-lichen Figuren, Köpfen, Gegenständen – andauerndes visuelles Vermächtnis der klassischenund antiken Kunst. Mit Eisenklammern werden die nach dem Brennen zuerst gebrochenenFragmente zusammengehalten und tragen so ganz offenkundig die Spuren seines Willens, sieneu zu gestalten und seines Wunsches zu zeigen, wie eine Form aus vergangener und verlo-ren geglaubter Zeit noch kommunizieren kann.Ebenso fehlen in dieser Ausstellung die Werke aus Tonerde, die in der zweiten Hälfte derAchtziger die Weiterentwicklung Pompilis hin zu Skulpturen kennzeichneten. Körper undkopflosen Rümpfe ragen aus hohen und schlanken Rundvasen oder aus Aschenurnen herauswie eine Art Beschwörung von wiederauferstandenen toten Körpern, die in der Pracht ihrerZüge ans Licht zurückkehren. Nach wenigen Jahren landet der Künstler beim atavistischenThema des Hauses, das er sofort bearbeitet und dabei die Auswahl der verwendetenMaterialien erweitert. Neben der niemals beiseitegelegten Tonerde kehrt Pompili zumMarmor zurück, den er fünfzehn Jahre zuvor verlassen hatte, mit dem Feuereifer und derBeklemmung, es mit den verschiedenen strukturellen Typen aufzunehmen, mit den unter-schiedlichen Farben, die Marmor und Granit annehmen können, den Blechen, die derKünstler auf eine Art und Weise behandelt, die ihre Lebensdauer zu verlängern scheint, in-dem er Rost anbringt, dem Eisen, dem Holz, dem Email und den Zeichnungen auf Papier.Das Erscheinen von neuen Materialien bewirkt nicht, dass eines von ihnen aus der Szeneverdrängt wird, um Platz für ein anderes zu schaffen; anstatt dessen wohnt man dem Auftrittvon neuen Akteuren auf der Bühne bei, die gerufen wurden, um Lösungen für besondereAnsprüche zu bieten, sowie der Neuauslegung gewisser Materialien, die der Künstler sehrgut kennt: im Fall der Tonerde gelingt es ihm mit einem denkwürdigen Werk aus dem Jahr1997, Selbstporträt mit Schatten, eine schlammige, buchstäblich von Hand aufgetragene Figurzu schaffen; im Falle des Eisens gelingt es ihm, die Bahn der Blitze, die vom Himmel fallen,oder durch die Aufstellung einer Platte hinter einer Person oder einem Haus, deren oderdessen Schattenprofil wiederzugeben.Wenn wir behaupten können, dass die Sammlung der Werke Pompilis, die in dieserAusstellung zu sehen sind, auf außerordentlich prägnante Art und Weise den tiefen Sinn sei-ner Arbeit ausdrückt, liegt es daran, dass in ihnen stetig jene Aufmerksamkeit und jeneFaszination auftauchen, die dem Künstler zu Eigen sind, aufgrund der, wenn auch geringfügi-gen Spuren menschlicher Präsenz im Laufe einer Geschichte, die sich in den Nebeln einerweit entfernten Vorzeit verliert, auf die der Künstler mit einem Lyrismus anspielt, der nach

Gedächtnis und Poesieder Spuren des MenschlichenSandro Parmiggiani

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reperto antico dissepolto, che riemerge dalla notte del tempo, proprio delle Ri-archeologie,viene venticinque anni fa progressivamente abbandonato, non è mutato, da allora, il senti-mento che è l’alimento segreto e perenne del lavoro di Pompili: l’idea che la poesia nascadall’incontro con l’inaspettato e il non-visto, con ciò che può apparire minuscolo, irrilevante,ma che comunque è la sola cosa che resta, l’umile eco che viene da lontano di esistenze chesi svolsero su quella stessa terra che noi, spesso senz’alcuna consapevolezza, ogni giorno cal-pestiamo. Anche nell’opera di Pompili (istriano d’origine, ma reggiano d’adozione – in terradi Reggio Emilia Graziano vive ormai da cinquant’anni…) le forme si evolvono per effetto diuna speculazione culturale e sentimentale, di un incessante lavorio che s’innesta sui fermentidell’immaginario, e si deposita nei disegni, negli schizzi che l’artista va continuamente, quasiautomaticamente, tracciando, nei quali, come diremo in seguito, s’accendono anche le felicisemplificazioni stilistiche degli ultimi anni, disegni che sono il progetto di un’opera che poi,nel corso della sua realizzazione, subirà mutamenti, magari esito di scoperte e di rivelazioniche s’annidano nel corpo stesso dei materiali. Mi piace qui ricordare che, in Pompili, la forma“bambina” della casa – nel senso che così viene disegnata e rappresentata nell’infanzia – nac-que per affinità segnica, e derivazione, dalla Pietra di Bismantova, l’altopiano dalle pareti astrapiombo che domina l’Appennino reggiano, e che alcune delle prime case da lui realizzate,appollaiate su scoscesi dirupi, fino a esserne quasi la continuazione materiale, per una miste-riosa mutazione genetica della roccia – così non ci appaiono pure gli alberi solitari, sullasommità di una vetta, che hanno le radici conficcate nella terra, e che idealmente ne diventa-no il suo prolungamento verso il cielo? – combinano il profilo di certi edifici e paesi del no-stro Appennino e la memoria del celebre paesaggio dei Pirenei di Magritte. Questa inizialeidea di una casa inaccessibile, collocata su un alto dirupo – insieme emblema di una solitudi-ne estrema e di una tensione alla fuga dal mondo, di sola difesa sicura dagli agguati e dalle in-sidie, di porto, di rifugio cui sempre si può fare ritorno – è continuata nel tempo. Le caseche sorgono entro un perimetro d’erba o d’acqua paiono la rievocazione di un idillio dorato,di un desiderio di estraniazione e di fuga “dalla pazza folla”, dalla frenesia insensata del mon-do, ma in realtà sempre conservano, nel contempo, qualcosa della fortezza, di un luogo to-talmente “altro” dal mondo esterno, che si difendono dal rumore del nulla che li assedia –mi piace ricordare qui che queste opere di Pompili trovano un’immediata corrispondenza inuna delle fotografie più celebri e poetiche di Luigi Ghirri, “Comacchio”: la solitaria casa ab-bandonata, circondata dall’acqua, nelle valli attorno alla cittadina sul Delta del Po. Per affinitàcon questa immagine, possiamo ricordare quanto Pompili sia stato intrigato dal profilo delleterramare (che in lui si fonde con la memoria dei paesaggi costieri, abitati dal trabucco, l’an-tichissima macchina da pesca, e dalle baracche per la pesca delle anguille) e dalla strutturadelle palafitte, cui Pompili allude collocando lo scheletro di una casa su un palo di legno o dimetallo (anche qui, quella casa è l’esito di un ramo in preda a contorsioni creative, o un fiorebizzarro misteriosamente sbocciato da un palo che si riteneva essiccato...): s’ergono al di so-pra della terra, queste costruzioni, sono dentro l’aria e tendono al cielo. “Poeticamente abi-ta l’uomo” è il titolo che l’artista ha dato a questo ciclo, in omaggio a un verso di Hölderlinreso celebre da un saggio di Heidegger: anche per Graziano “abitare” non significa avere ilpossesso di una casa, ma “esserci” poeticamente, “esistervi” nella consapevole pienezza dellapoesia, e non semplicemente trascorrervi i giorni, “vivervi”. Le suggestioni di Heidegger con-tinuano a manifestarsi in altri titoli di opere e di cicli dell’artista: “Sotto il cielo e sopra la

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und nach intensiver, aber auch nüchterner wird. In den neunziger Jahren und, mit einer nochgrößeren Schärfe der Vision im letzten Jahrzehnt, hat Pompili weiter Werke realisiert, diedas Resultat einer ununterbrochenen Leidenschaft und einer Arbeit des Gedächtnisses sind,die den geheimen Antrieb seiner gesamten Arbeit ausmachen, mit diesem ständigenWiederauftauchen, Vermischen und Verschmelzen von Widerhallen der Formen, der Blickeund der Bilder, die die Menschheitsgeschichte und die Kunstgeschichte überliefert haben.Hat er den Kunstgriff des antiken ausgegrabenen Fundes, der aus der grauen Vorzeit wiederauftaucht, der den Re-archäologien zu Eigen ist, vor fünfundzwanzig Jahren nach und nachzwar aufgegeben, so hat sich seitdem dennoch nicht das Gefühl verändert, das die geheimeund ewige Nahrung des Wirkens Pompilis ist: der Gedanke, dass die Poesie aus derBegegnung des Unterwarteten mit dem Nichtgesehenen entsteht, mit dem, was winzig, irre-levant erscheinen mag, aber das trotz alledem die einzige Sache ist, die bleibt, das bescheide-ne Echo, das aus der Ferne von Leben kommt, die auf derselben Erde gelebt wurden, diewir, oft ohne uns dessen bewusst zu werden, täglich mit Füßen treten. Auch im WerkPompilis (er stammt aus Istrien, Reggio Emilia ist seine Wahlheimat bereits seit fünfzigJahren) entwickeln sich die Formen infolge einer kulturellen und sentimentalen Spekulation,einer ununterbrochenen Betriebsamkeit, die in die Blüte der Fantasie mündet und sich inden Zeichnungen absetzt, in den Skizzen, die der Künstler stetig, fast automatisch, zeichnet,in denen sich auch die glücklichen stilistischen Vereinfachungen der letzten Jahre entfachen,Zeichnungen, die das Projekt eines Werkes sind, das dann im Verlauf seiner Realisierung Än-derungen erfahren wird, die vielleicht das Resultat von Errungenschaften und Offenbarungensind, die sich oft im Körper der Materialien einnisten. In Pompili entstand die „kindliche“Form des Hauses – im Sinne, so wie es in der Kindheit gezeichnet und dargestellt wird –auch durch Ableitung von der „Pietra di Bismantova“, dieser Hochebene mit denSteilwänden, die die Apenninen der Reggio Emilia beherrscht. Einige der ersten von ihm rea-lisierten Häuser sind zusammengekauert auf steilen Abstürzen, bis sie beinahe deren materi-elle Fortsetzung aufgrund einer geheimnisvollen genetischen Mutation des Felsen werden.(Erscheinen uns nicht ebenso die einsamen Bäume auf der Spitze eines Gipfels, die ihreWurzeln in die Erde geschlagen haben und die ideell ihre Verlängerung zum Himmel hinwerden?) Andere verbinden das Profil gewisser Gebäude und Dörfer unserer Apenninenund die Erinnerung an die berühmte Pyrenäen-Landschaft von Magritte miteinander.Diese anfängliche Vorstellung eines unzugänglichen Hauses hoch über einem Absturz – so-wohl Symbol einer extremen Einsamkeit als auch der Flucht vor der Welt, als einzige sichereVerteidigung vor Hinterhalten und Gefahren, als sicherer Hafen, als Zuflucht, zu der man im-mer zurückkehren kann – hat sich im Laufe der Zeit fortgesetzt. Die Häuser, die innerhalb ei-ner Begrenzung aus Gras oder Wasser emporragen, scheinen der Nachruf einer goldenenIdylle, eines Wunsches nach Entfremdung und Flucht „vor der verrückten Menge“, vor derunsinnigen Raserei der Welt zu sein, doch in Wirklichkeit bewahren sie sich zur gleichen Zeitstets ein gewisses Etwas einer Festung, eines vollkommen „anderen“ Ortes gegenüber deräußeren Welt, die sich vor dem Lärm des Nichts, das sie belagert, verteidigen. Diese WerkePompilis finden unmittelbare Entsprechung in einer der bekanntesten und poetischstenFotografien von Luigi Ghirri, Comacchio: das einsame, verlassene, von Wasser umgebene Hausim Po-Delta. Aus Affinität zu diesem Bild können wir anführen, wie sehr Pompili vom Profilder Terramare gefesselt war (das in ihm mit der Erinnerung an die Küstenlandschaften mit

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terra”, “ORT”, fino all’ultima serie di opere, “Il sentiero fra i campi”, in cui l’opera più non ècaratterizzata dal profilo di una casa che s’innalza sopra la terra, ma dal percorso sinuoso diun sentiero, sottile e poco profondo, appena visibile all’occhio più attento, che si snoda den-tro l’erba e fende la terra, e dagli appena percettibili rilievi che sono la memoria di antichitumuli, o dai piccoli incavi, le coppelle, scavati dagli uomini primitivi: tracce che la terra esibi-sce e lascia appena trasparire di una presenza umana che pareva spenta e per sempre sepol-ta nell’oblio.Abbiamo visto che, nel rappresentare la casa, Pompili ripropone la più tradizionale delle im-magini: quella forma geometrica chiusa, fatta di un parallelepipedo e di un tetto triangolare,che ogni bambino traccia quando comincia a cimentarsi con la sua rappresentazione. Eppure,quest’immagine infantile – “minimale”, se si volesse adottare un termine proprio del gergodella storia dell’arte – non è banalmente semplificatoria, perché racchiude in sé tutto il sen-so profondo della memoria della casa che ci portiamo dentro: simbolo fuori del tempo in cuis’incarna una certa visione del mondo; microcosmo impregnato di mito e di religiosità. Nellarappresentazione della casa, Pompili sempre ne esalta il valore simbolico: la casa si manifestae resiste ovunque, sulle vette più impervie e dentro l’acqua, su un prato verde d’erba e sullasommità di un albero; la casa sfida la corruzione e il decadimento del tempo, viene traspor-tata religiosamente, come una reliquia tenuta stretta al petto, da una persona, o viaggia suldorso di un cavallo, su una barca. Talvolta, una persona viene raffigurata con la casa ai suoipiedi, come se, dopo avere faticato fino allo stremo delle proprie forze per reggerla, quellapersona l’avesse deposta sulla terra, accanto a sé, e sentisse comunque il bisogno di guardar-la: l’uomo e la casa si guardano, e la casa diventa un frammento dell’umano, ne replica lesembianze, giacché quella casa dà sicurezza, è fonte di identità. Quando Pompili raffigura, inalcune sue sculture, una persona che trasporta una casa su una barca, subito andiamo con lamemoria alle antiche leggende dei popoli naviganti, alle rappresentazioni di quelle migrazioni,e percepiamo che quella non è solo una casa, ma l’emblema della memoria preziosa di unosguardo che l’artista, adempiendo alla funzione autentica dell’arte, deve sapere traghettarenel tempo, consegnandolo alle generazioni che verranno perché non se ne dimentichino, loserbino e lo facciano lievito del proprio immaginario.Se, come abbiamo tentato di spiegare, esiste una continuità profonda d’ispirazione nel lavorodi Pompili degli ultimi trent’anni, non è allora illusorio o velleitario cercare di valutare il suoruolo nell’ambito della scultura italiana e internazionale sulla base delle opere presenti inquesta mostra, giacché in esse persiste, affiora continuamente e si consolida il tramando dellavoro precedente, e di esperienze che dagli anni Cinquanta in poi la scultura moderna hapraticato. Abbiamo accennato ai due temi tra di loro interconnessi – la memoria della visio-ne propria dell’archeologia e il motivo ancestrale della casa –, ma con tutta evidenza ci sonoelementi strutturali che continuamente riemergono nell’opera di Pompili e la innervano. Adesempio, certe forme geometriche, come ad esempio il vaso cilindrico da cui, nella secondametà degli anni Ottanta, fuoriuscivano corpi senza testa che parevano venire a nuova vita, èdiventato, negli anni Novanta e Duemila, otre, alto e stretto – una corona di otri con il bor-do nero è, in Domotica (2008), collocata attorno alla base di un palo dorato che sulla som-mità sboccia in una casa: otri che sono, simbolicamente, nello stesso tempo, recipienti perraccogliere l’acqua piovana, per conservare degli alimenti o per offrirli alla divinità. APergine, Pompili ha installato quest’opera accanto a degli alberi, con sullo sfondo vette ora

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den fragilen Holzkonstruktionen und Baracken für Fisch- und Aalfang verschmilzt) und vonder Struktur der Pfahlbauten, auf die Pompili anspielt, indem er das Skelett eines Hauses aufeinen Holz- oder Metallpfahl setzt (auch hier ist jenes Haus das Ergebnis eines von kreativenVerrenkungen gepackten Astes, oder eine bizarre Blume, die auf rätselhafte Weise aus einemPfahl erblüht, den man für ausgetrocknet hielt…): diese Bauten richten sich über der Erdeauf, sie stecken in der Luft und strecken sich dem Himmel entgegen.Dichterisch wohnet der Mensch ist der Titel, den der Künstler diesem Zyklus gegeben hat, alsHuldigung an einen Vers von Hölderlin, den eine Abhandlung von Heidegger bekannt ge-macht hat: auch für Graziano heißt „wohnen“ nicht, den Besitz eines Hauses zu haben, son-dern dichterisch „darin zu sein“, „darin zu existieren“ in der bewussten Fülle der Poesie,und nicht nur um einfach die Tage darin zu verbringen, „darin zu leben“. Die Suggestionenvon Heidegger kommen in anderen Titeln von Werken und Zyklen des Künstlers zumVorschein: unter dem Himmel und über der Erde, ORT, bis zur letzten Reihe der Werke, derFeldweg, in dem sich das Werk nicht durch das Profil eines über der Erde erhebendenHauses kennzeichnet, sondern durch den gewundenen Verlauf eines schmalen und nichtsehr tiefen Weges, gerade eben sichtbar für ein aufmerksames Auge, durch das Gras schlän-gelt und die Erde durchpflügt, und durch die kaum wahrnehmbaren Erhöhungen, alsAndenken an die antiken Hügelgräber, oder durch die kleinen Vertiefungen, die Kupellen,die von den primitiven Menschen gegraben wurden: Spuren, die die Erde vorzeigt und kaumdurchscheinen lässt, Spuren einer menschlichen Präsenz, die ausgelöscht und für immer inder Vergessenheit begraben zu sein scheint.Das Haus stellt Pompili sehr traditionell dar: jene geschlossene geometrische Form, beste-hend aus einem Parallelogramm und einem dreieckigen Dach, so wie es jedes Kind zeichnenwürde. Und doch ist dieses kindliche „minimale“ Bild nicht banal vereinfachend, denn es be-inhaltet den innersten Sinn unserer Erinnerung an das Haus: ein antiquiertes Symbol, in demeine gewisse Weltanschauung Gestalt annimmt; ein Mikrokosmos erfüllt von Mythos undReligiosität.Bei der Darstellung hebt Pompili immer den symbolischen Wert des Hauses hervor, das sichüberall zeigt und behauptet, auf den unwegsamsten Gipfeln und im Wasser, auf einer grünenWiese und auf dem Baumwipfel; das Haus fordert den Verfall und die Dekadenz der Zeitheraus, es wird religiös transportiert, gleich einer Reliquie, die von einer Person eng an dieBrust gedrückt wird, die auf dem Rücken eines Pferdes oder auf einem Boot reist. Bisweilenwird eine Person mit dem Haus zu ihren Füßen dargestellt, so als ob jene Person, nachdemsie sich bis am Ende ihrer Kräfte damit abgemüht hat, es zu halten, es auf den Boden abge-stellt hätte, neben sich, und das Bedürfnis verspürte, es anzusehen: der Mensch und dasHaus sehen sich an und das Haus wird zum Fragment des Menschlichen, es bildet dessenZüge nach, denn das Haus verleiht Sicherheit, ist die Quelle der Identität.Wenn Pompili in einigen seiner Skulpturen eine Person darstellt, die ein Haus auf einemBoot befördert, geht unsere Erinnerung sofort zu den antiken Legenden der Seefahrervölkerzurück, zu den Darstellungen dieser Wanderungen, und wir spüren, dass jenes nicht nur einHaus ist, sondern das Symbol der wertvollen Erinnerung eines Blicks, den der Künstler, inErfüllung der authentischen Aufgabe der Kunst, über die Zeit hinweg zu befördern weiß, umes den kommenden Generationen zu überreichen, damit sie nicht vergessen, es zu bewah-ren und zum Antrieb ihrer eigenen Fantasie zu machen.

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innevate e che, nel corso delle stagioni, muteranno di sembianza, senza tuttavia ledere l’in-canto della visione che ora subito s’accende. In molte superfici delle sue sculture, Pompili re-plica la presenza delle coppelle, le piccole “scodelle” scavate dall’uomo preistorico su unabase rocciosa pianeggiante, talvolta tra di loro collegate con minuscoli canali, “sentieri tra icampi” – anche in questo caso l’immaginario può svilupparsi, giacché varie sono le ipotesiche cercano di spiegare la presenza di quelle forme: qualche culto (dell’acqua che, raccolta,feconda la terra, o del sangue che viene conservato dopo un sacrificio) o esperienza anti-chissima (contenitori di materiale che, bruciando, diventa fuoco che si intravede nella lonta-nanza). Altrettanto persistenti sono le fenditure che solcano il marmo (e, un tempo, la terra-cotta), e che ora sono diventati i nuovi “sentieri tra i campi”, che si snodano sinuosi comeun corso d’acqua che pigramente avanza, serpeggiando sulla terra fattasi liscia tolda di unanave in viaggio nello spazio; talvolta, una secca fenditura ha origine dentro la struttura stessadella casa, faglia inquietante che si propaga nel terreno e lo spezza. Retaggio dei valoriespressivi della materia, che Pompili così bene ha imparato a conoscere e ad esaltare nellalavorazione della terracotta, sono, nelle opere in marmo, l’alternanza di superfici levigate,che si fanno talvolta specchio che chiama la carezza di una mano, e di superfici grezze, poro-se, riarse, con la cromia, nel marmo bianco, che talvolta viene esaltata attraverso l’utilizzodel solfato di ferro. Ciò che affascina in queste opere è la loro continua capacità di accoglie-re segni, tracce minuscole, di riverberare manifestazioni di una natura che pur se ne sta al difuori dell’opera – pensiamo al ciclo Lightning dei primi anni Novanta, in cui Graziano raffigu-rava con il ferro il percorso delle saette che annichilivano le case e si spingevano fin dentro ilventre della terra –, come se l’artista continuamente volesse dare alla sua scultura un’anima,farla fuoriuscire dal puro reperto materiale inanimato, inscrivervi l’impronta, e la memoria,di vicende e trasformazioni, naturali e umane, affrontate e subite da quel microcosmo che sene sta, immobile, davanti ai nostri occhi: serbatoio, giacimento di un immaginario e di unapoesia che sta a noi coltivare.Da questo punto di vista, con questa mostra al Castello di Pergine Pompili ha ora l’opportu-nità di immergere le sue sculture dentro il corpo della natura – non più solo di fare intende-re, nell’opera, sussulti e forme di manifestazione della natura stessa –, di farle interagire conil grande spettacolo del mondo. Le sculture all’aperto, se sono in grado di misurarsi con lospazio, se hanno conseguito l’ambizione di modificarlo, hanno una loro capacità di prenderela parola che è del tutto diversa, e assai più ricca, di quanto un’opera, costretta in uno spaziochiuso, possa comunicare. Chi, come me, ama un grandissimo scultore americano, DavidSmith, di cui pure ha ammirato, con commozione, la mostra del 2006 al GuggenheimMuseum di New York, sa, attraverso le fotografie che documentano le sculture che lui, negliultimi anni della sua troppo breve vita, andava collocando nei campi attorno alla sua casa diBolton Landing, quanto quelle opere danzanti, allineate dall’artista, avessero una capacitàd’impatto ineguagliata, rispetto alla visione che se ne può avere in un museo o in un ambien-te chiuso. Allo stesso modo, le poche fotografie che Graziano m’ha fatto vedere, subito do-po avere concluso il suo lavoro d’allestimento della mostra al Castello di Pergine, mi confer-mano che proprio quella dovrebbe essere la destinazione ultima, elettiva delle sculture:starsene dentro l’aria e il sole, sotto le nuvole e la pioggia, dentro la nebbia che improvvisa-mente le rivela quando si dissolve, sfidare la sferza del vento, assumere un profilo di lucesotto la neve o la brina, perdersi dentro il tramonto e mostrarsi all’alba, starsene accanto a

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Es besteht eine tiefe Kontinuität der Inspiration in der Arbeit Pompilis in den letzten dreißigJahren. Es ist also weder illusorisch noch unrealistisch, seine Rolle auf dem Gebiet der italie-nischen und internationalen Bildhauerkunst auf der Grundlage der in der Ausstellung gezeig-ten Werke zu beurteilen. In ihnen dauert die Überlieferung der vorherigen Arbeit und dieErfahrung der modernen Bildhauerei der vergangenen sechzig Jahren fort, kommt ständig andie Oberfläche und festigt sich. Die zwei miteinander verbundenen Themen, das Gedächtnisder eigenen Vision der Archäologie und das atavistische Motiv des Hauses, sind vorherr-schend, doch ganz offensichtlich gibt es strukturelle Elemente, die ständig im Werk Pompiliszu Tage treten und es innervieren. Gewisse geometrische Formen, die zylindrische Vase,beispielsweise, aus der in der zweiten Hälfte der achtziger Jahre kopflose Körper herausra-gen, die zu neuem Leben zu erwachen scheinen, verwandeln sich in den Neunzigern und imzweiten Jahrtausend in hohe und enge Gefässe – ein Kranz aus Gefässen mit schwarzemRand ist in Domotica (2008) um den Sockel eines goldenen Pfahls aufgestellt, der an seinemäußeren Ende zu einem Haus aufblüht: Gefässe, die symbolisch aber auch dem Auffangenvon Regenwasser dienen, für die Erhaltung oder für Opfergaben an Gottheiten sind.In Pergine hat Pompili dieses Werk neben Bäumen installiert, im Hintergrund die noch ver-schneiten Gipfel, die im Verlauf der Jahreszeiten ihr Aussehen ändern, ohne jedoch denZauber des Anblicks, der sich sofort entzündet, zu beeinträchtigen. Auf vielen Flächen repli-ziert Pompili das Vorhandensein der Kupellen, die kleinen, vom prähistorischen Menschen inebene Felsenuntergründe gegrabenen, manchmal untereinander durch winzige Kanäle ver-bundenen „Schalen“, „Feldwege“ – auch hier entfaltet sich die Fantasie weiter: irgendeinKultus (des aufgefangene Wassers, das die Erde fruchtbar macht, oder des Blutes, das nacheinem Opfer aufbewahrt wird) oder eine sehr antike Erfahrung (Behälter von Material, dasdurch Brennen zu einem Feuer wird, das man von weitem sieht). Ebenso in der Zeit andau-ernd sind die Spalten, die den Marmor (und seinerzeit die Tonerde) durchfurchen und diejetzt zu den neuen „Feldwegen“ geworden sind, die sich kurvenreich wie ein träge vor sichhin fliessender, auf der glatt gewordenen Erde windender Wasserlauf schlängeln, Oberdeckeines Schiffes auf der Reise durch den Weltraum. Manchmal hat ein klarer Spalt seinenUrsprung in der Struktur des Hauses, beunruhigende Verwerfung, die sich im Erdbodenfortsetzt und ihn zerklüftet.Erbe der expressiven Fähigkeiten der Materie, die Pompili so gut kennt und in derVerarbeitung der Tonerde hervorzuheben weiss, ist bei den marmornen Werken derWechsel von polierten Flächen, die manchmal zum Spiegel werden und zur Liebkosung durcheine Hand auffordern, und groben, porösen, ausgedörrten Flächen, mit Farbtönen, im weißenMarmor, die so manches Mal durch die Verwendung von Eisensulfat verstärkt werden. Das,was in diesen Werken fasziniert, ist ihre fortlaufende Fähigkeit, Zeichen, winzige Spuren auf-zunehmen, Erscheinungen einer Natur widerzuspiegeln, die dennoch außerhalb des Werkesbleibt – denken wir an den Zyklus Lightning zu Beginn der neunziger Jahre. Hier stellteGraziano mit Eisen die Flugbahn der Pfeile dar, die die Häuser vernichteten und sich bis in dieTiefen der Erde gruben. Als wollte der Künstler ständig seiner Skulptur eine Seele geben, sieaus dem puren materiellen leblosen Zustand heraustreten lassen, den Eindruck und dasBewusstsein von Ereignissen und Verwandlungen der Natur und des Menschen hinterlassen,die jener Mikrokosmos, der unbeweglich vor unseren Augen steht, durchlebt und erlitten hat:Reservoir, Lagerstätte einer Fantasie und einer Poesie. An uns liegt es, sie zu pflegen.

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edifici che cambiano di colore al mutare della luminosità e accanto a piante coperte di foglieo ridotte a spettri, essere sfiorate dal volo ebbro degli uccelli, che poi, stanchi, finiranno perposarvisi sopra. Nello spazio aperto si misurano la forza espressiva e la grandezza di unoscultore, la capacità dell’opera di non farvi naufragio, di non essere irrilevante: qui la sculturatrova la sua identità profonda, la sua fisicità, nelle relazioni, come avviene a Pergine, che lesculture stabiliscono l’una con l’altra e con il paesaggio, riaffermando la loro indipendenza eautonomia – un tempo, occorre sempre ricordarlo, giacché queste tentazioni non sono maidebellate nemmeno nei nostri tempi moderni, la scultura veniva concepita come “servile” al-l’architettura...Qui le opere di Pompili interagiscono con la natura, con le sue costanti e le sue varianti, sifanno esse stesse natura, si mimetizzano e si confondono con il retaggio dell’umano fervore,o gli fanno da contrappunto o addirittura lo sfidano. Ad esempio, come non vedere che nellascultura su cui già ci siamo soffermati, Domotica (2008), gli otri alti e stretti che abbraccianoalla base il palo dorato si fanno, per suggestione della vicina cinta muraria, proprio una sortadi scudo eretto a protezione del palo e dell’inaccessibilità di ciò che di più prezioso se ne stasulla sua sommità, la casa? Pensiamo, inoltre, alle due torri fatte di cilindri sovrapposti in ter-racotta, ORT (2010), sulla cui sommità s’ergono diverse tipologie di case, strutture che dialo-gano con la torre circolare, dal tetto conico, del castello, che se ne sta lì accanto e che leosserva con sospetto o complicità. Da un altro lato della stessa torre, ecco le bianche pala-fitte, in ferro, di Domotica (2007), che, anche per vicinanza con la cinta delle mura e con latorre, si trasfigurano ai nostri occhi in una struttura di difesa o di offesa, che fa riaffiorare innoi la conformazione della falange macedone o di una più moderna rampa di missili. In un al-tro punto, ecco la casa/capanna in lamiera giallastra, Casa in oro (2010), con le facciate seg-mentate in quadrati, che pare da lontano una tenda – memoria delle case che si costruivanonella fanciullezza per i giochi –, l’accampamento di qualcuno in attesa di essere ammesso alCastello. Infine, sulla sommità di uno spazio aperto, davanti al profilo dell’intersezione di duevalli lontane, s’ergono le palafitte in ferro e smalto rosa, Domotica (2011), che diventano unasorta di tempio votivo… Vale forse la pena di chiedersi perché Graziano sia ricorso, nell’at-tribuire i titoli alle sue opere, a questo termine, “domotica”, che, come bene sappiamo, è lascienza multidisciplinare che s’occupa delle tecnologie che possono migliorare la qualità dellavita nella casa. Forse, con questo titolo e con questa peculiare configurazione della casa,protesa verso il cielo e ancora, pur esilmente, legata alla terra, in cui pare comunque affon-dare la propria radice, lui intende esprimere il suo pensiero su come vita e opera d’arte pos-sano fondersi – per dirla con le parole di Heidegger, che Graziano ama citare, «lo sbocciaredi un’opera ben riuscita non comporta forse il suo radicarsi in seno alla propria terra?» –,oltre che prefigurare una tensione verso l’assoluto.In verità, ciò che pare emergere con tutta evidenza dai lavori in mostra è un duplice proces-so interno alla scultura di Pompili. Da un lato, assistiamo a un arricchimento concettuale –sempre presente nell’artista, come già abbiamo visto, fin dalle prove degli anni Ottanta, enelle case lisce, levigate, che si distinguono e si distaccano dalla materia da cui pure hannoorigine: casa, dunque, come struttura di un pensiero fattosi corpo. Questo retroterra con-cettuale si è fatto di recente esemplarmente evidente nella raffigurazione del corpo di Cristoe delle persone che sono accanto a lui nelle stazioni della Via Crucis (2003), rappresentazione,attraverso manichini snodati senza testa, di un destino ineludibile che tutti coinvolge, e di una

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Mit dieser Ausstellung in Pergine hat Pompili nun die Möglichkeit, seine Skulpturen in dieNatur einzutauchen, sie mit dem großartigen Schauspiel der Welt interagieren zu lassen. DieSkulpturen im Freien haben ihre eigene Fähigkeit, zu Wort zu kommen, völlig anders als ineinem geschlossenen Raum. Ich schätze den großen amerikanischen Bildhauer David Smithsehr und habe seine Ausstellung im Jahr 2006 im Guggenheim Museum von New York be-wundert. Dank den Fotografien, die seine Skulpturen dokumentieren, die er in den letztenJahren seines zu kurzen Lebens in den Feldern rund um sein Haus in Bolton Landing aufstell-te, weiss ich, wie sehr doch diese tanzenden, vom Künstler in eine Reihe gestellten Werkeeine unvergleichliche Wirkung erzielen im Vergleich zur Ausstellung in einem Museum oderin einer geschlossenen Umgebung.Auf dieselbe Weise bestätigen mir die gleich nach der Montage aufgenommenen Fotografienvon der Ausstellung auf Castel Pergine, dass genau dieser Ort der freiwillig gewählteBestimmungsort der Skulpturen sein sollte: in der Luft und in der Sonne, unter den Wolkenund im Regen, vom Nebel umhüllt, der Wucht des Windes entgegen trotzend, unter Schneeund Raureif ein Lichtprofil annehmend, sich im Sonnenuntergang verlierend und beiSonnenaufgang zeigend, neben Gebäuden stehend, die die Farbe bei der Veränderung desLichtes wechseln und neben von Blättern bedeckten oder zu Schreckgespenstern übel zuge-richteten Pflanzen, vom trunkenen Flug der Vögel gestreift, die sich dann müde auf ihnenniederlassen. Unter freiem Himmel beurteilt man die Ausdruckskraft und die Größe einesBildhauers, die Fähigkeit des Werkes, darin nicht Schiffbruch zu erleiden, nicht irrelevant zusein. Hier findet die Skulptur ihre innerste Identität, ihre Körperlichkeit. Wie in Pergine bau-en die Skulpturen Beziehungen zueinander und zur Landschaft auf, müssen ihreUnabhängigkeit und Autonomie erneut behaupten. Und überhaupt: Einst wurde die Skulpturals der Architektur „dienend“ aufgefasst…Hier interagieren die Werke Pompilis mit der Natur, mit ihren Konstanten und ihrenVarianten. Sie selbst werden zur Natur, passen sich an und verwischen sich, äffen ihr nach oderfordern sie heraus. Bei der bereits erwähnten Skulptur Domotica (2008) werden die hohen undschmalen Gefässe, die den goldenen Pfahl am Sockel aufnehmen, zu einem zum Schutz desPfahles errichteten Schild mit dem unerreichbaren und wertvollen Haus auf der Spitze. Auf denSpitzen von zwei aus aufeinander geschichteten Tonerdenzylindern bestehenden Türmen, ORT(2010), erheben sich verschiedene Häuserarten. Es sind Strukturen, die mit dem Runden Turmmit seinem kegelförmigem Dach sprechen, der daneben steht und sie mit Misstrauen oderEinverständnis beobachtet. Auf der anderen Seite dieses Turms stehen die weißen Pfahlbautenaus Eisen von Domotica (2007), die sich ebenfalls aufgrund der Nähe zum Mauerring und zumTurm zu einer Verteidigungs- oder Angriffsstruktur verwandeln, die in uns Erinnerungen an diemakedonischen Phalanx oder eine moderne Raketenabschussrampe weckt.An einer anderen Stelle steht das Haus aus gelblichem Blech, Haus aus Gold (2010), mit denin Vierecke segmentierten Fassaden, das von weitem wie ein Zelt aussieht, ein Lager von je-mandem der darauf wartet, in die Burg eingelassen zu werden. Zu guter Letzt erheben sich,auf dem höchsten Punkt eines offenen Raumes, vor dem Profil des Schnittpunktes zweierferner Täler, die Pfahlbauten aus Eisen und rosafarbenem Email, Domotica (2011), die zu ei-ner Art von Votivtempel werden…Weshalb hat wohl Graziano bei der Betitelung seiner Werke den Begriff „Domotica“ ver-wendet, der die multidisziplinäre Wissenschaft bezeichnet, die sich mit den Technologien,

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male senza volto; pensiamo infine, per restare alle opere in mostra, a Poeticamente abita l’uo-mo (1998), con il profilo della casa dentro il blocco di marmo, assenza che si fa presenza.Dall’altro lato, Pompili è venuto accentuando, nelle sue opere, la vena lirica, talvolta elegiaca,e una semplificazione stilistica: un prosciugarsi delle forme, una loro riduzione a ciò che è es-senziale, quando per comunicare bastano “una frase, un rigo appena” – nasce, questa tensioneminimalista, dai disegni, dagli abbozzi di idee che l’artista traccia su qualsiasi foglio di carta chepassi sotto le sue mani. Esemplare di questo processo di semplificazione stilistica è il confron-to, da un lato, tra due lamiere, Dall’età del ferro (2003), con, sullo sfondo, i bagliori rossastri diun incendio, di una vampa che tutto avvolge, davanti a cui si staglia una casa-palafitta – ancorauna volta i segni neri dei pali conficcati nell’acqua o nel terreno si fanno, sulla sommità, casa,come se fossero vegetazione viva, che cresce e si dà una forma – e dietro, una sorta di spic-chio, di ellissi, che è una barca all’ormeggio accanto alla casa, e il grande Approdo (2011), in cuila barca riposa accanto a una capanna, e, dall’altro lato, la scultura ORT (2011), un’essenzialeopera in legno dorato, con i pali che s’ergono dall’acqua e immediatamente sono casa, conl’ellissi all’interno, lungo il bordo inferiore, che è la silhouette della barca: è del tutto evidente ilpercorso di radicale semplificazione stilistica intervenuta. Ecco, visivamente raffigurato, comelo stesso motivo, sorto nell’immaginario di Pompili, del rapporto tra una casa e una barca –reiterazione del simbolo di un viaggio che si conclude, o che temporaneamente s’arresta, perfare ritorno a quella casa che è simbolo di porto, di rifugio, di riparo, magari di un esilio nellasolitudine, ben diverso da quello vissuto in terre lontane… –, venga reso con esiti assai diver-si, nei quali la scultura ha la felice nettezza e essenzialità di una linea, e pare davvero farsiscrittura, disegno danzante dentro l’aria. Occorre, a proposito dell’idea di viaggio, rilevareche essa si esprime anche nel non-finito che sempre le opere di Pompili esibiscono: si trattadi un viaggio dentro la materia, alla scoperta dei suoi valori e dei suoi misteri, nel quale ciòche più conta non è il raggiungimento della meta, l’acquisizione di una forma definita e conclu-sa, attraverso la totale riduzione della materia stessa, ma il cammino, lo scavo, la frequenta-zione assidua della materia e dei suoi inconoscibili misteri.Pompili è uno degli scultori italiani, ed europei, di più sicuro interesse e fascino per le ragio-ni che siamo venuti spiegando, per questa sua ininterrotta capacità di tenere assieme, lirica-mente, memoria e vita, storia dell’arte e fervore immaginativo. Davanti a ogni sua opera, ilnostro immaginario viene sollecitato a muoversi: i boschi di piccole case in terracotta, in fer-ro, in legno – pensiamo ad ORT (2004), paese incantato della memoria –, s’ergono su esilisteli di ferro, con le case che sui loro lati recano squadrature che ne frammentano la super-ficie e, anche grazie agli accordi e alle alternanze tonali, ce ne consegnano una visione pro-pria dell’astrazione geometrica. Ancora, se noi guardiamo il rapporto tra la dimensione delmateriale che le sorregge e le piccole case che vi sono impiantate, ad esempio nelle due ver-sioni di Domotica del 2007 e del 2011, pensiamo non solo all’evoluzione del motivo delle pa-lafitte, ma anche a quelle casette per uccelli che vengono collocate nei giardini per invitarli afissare lì la propria dimora…In fondo, possiamo sostenere che le opere di Pompili abbiano felicemente saputo racchiude-re in sé il senso vero del moderno: eco e persistenza dell’antico, che s’innesta su un pensie-ro, su una peculiare visione del presente, e che tende a una semplificazione estrema dellarappresentazione, anche assumendo volutamente le sembianze di una forma incompiuta, ab-bozzata, ma sempre con quello slancio verso la felicità della creazione, della risoluzione

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die die Lebensqualität im Haus verbessern, befasst. Vielleicht will er mit diesem Titel unddieser besonderen zum Himmel hin gestreckten und schwach an die Erde gebundenenGestalt des Hauses seinen Gedanken zum Ausdruck bringen, wie Leben und Kunstwerk mit-einander verschmelzen könen. Um es mit den Worten Heideggers, den Graziano zu zitierenliebt, auszudrücken: „Ist die Entstehung eines gelungenen Werkes nicht damit verbunden,dass es seine Wurzeln in der eigenen Erde hat?“.Tatsächlich tritt mit den ausgestellten Werken in voller Deutlichkeit der der BildhauereiPompilis innewohnende zweiseitige Prozess zu Tage. Auf der einen Seite die Bereicherungdes Begriffs des Hauses als Struktur eines Gedankens, der Körpergestalt angenommen hat.Dieser begriffliche Hintergrund wurde vor kurzem deutlich bei der Darstellung des KörpersChristi und seiner in den Stationen der Via Crucis (2003) nahe stehenden Personen(Darstellung mittels gelenkiger Gliederpuppen ohne Kopf). Bei Dichterisch wohnet der Mensch(1998) mit dem Profil des Hauses im Marmorblock wird die Abwesenheit zur Anwesenheit.Auf der anderen Seite verstärkt Pompili in seinen Werken die lyrische Ader sowie die stili-stische Vereinfachung: die Formen zehren sich auf, sie werden auf das Wesentliche redu-ziert, es entsteht dieser Hang zum Minimalismus, in den Zeichnungen, den Gedankenskizzen,die der Künstler auf jedes Stückchen Papier zeichnet, das ihm unter die Finger gerät.Beispielhaft für diesen Prozess der stilistischen Vereinfachung ist zum Beipiel das Werk Ausder Eisenzeit (2003), mit dem rötlichen Schein eines Brandes im Hintergrund vor dem sichein Pfahlhaus abhebt. Einmal mehr werden die schwarzen Zeichen der ins Wasser oder insErdreich getriebenen Pfähle an ihrer Spitze zum Haus, als wären sie lebendige Vegetation,die wächst und sich eine Form gibt. Im Hintergrund eine Art Ellipse, ein Boot, das nebendem Haus vor Anker liegt. Oder das großartige Werk Landung (2011) aus vergoldetem Holzmit sich aus dem Wasser erhebenden Pfählen, die sofort Haus sind und mit der Ellipse imInneren, die die Silhouette eines Bootes darstellt: der Prozess der radikalen Vereinfachung.Hier ist gut ersichtlich, wie das Motiv der Beziehung zwischen einem Haus und einem Bootin der Vorstellung von Pompili entstanden ist. Die Wiederholung des unterschiedlich darge-stellten Symbols einer abgeschlossenen oder zeitweilig unterbrochenen Reise, ein Rückkehrzu jenem Haus als Symbol des Hafens, der Zuflucht, des Unterschlupfes, vielleicht eines Exilsin der Einsamkeit. Die Skulptur besitzt die treffende Klarheit und Nüchternheit der Linieund scheint tatsächlich zur Schrift zu werden, wie eine tanzende Zeichnung in der Luft. Auchhier wieder drückt sich die Vorstellung der Reise im Unvollendeten aus. Es handelt sich umeine Reise in der Materie, um ihre Werte zu entdecken und ihre Rätsel zu enthüllen. Eszählt nicht das Erreichen des Ziels, der Erwerb einer definierten und abgeschlossenen Formdurch vollständige Reduktion der Materie, sondern der Weg, die Ausgrabung, die unermüd-liche Erforschung der Materie und ihrer ungelüfteten Geheimnisse.Pompili vereint auf lyrische Weise Gedächtnis und Leben, Kunstgeschichte undVorstellungskraft und ist einer der italienischen und europäischen Bildhauer, der sicheresInteresse weckt und fasziniert. Vor jedem seiner Werke wird unser Vorstellungsvermögenangespornt. Bei ORT (2004) zum Beispiel erheben sich die Wälder von kleinen Häusern ausTonerde, Eisen, Holz auf schmalen Eisenstängeln. Es erinnert an ein verzaubertes Dorf. DieHäuser mit ihren quadratischen Behausungen und aufgeteilten Flächen vermitteln auch dankder Hell-Dunkel-Akkorde und –Wechsel eine Vision, die der geometrischen Abstraktion zuEigen ist.

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del problema scultoreo, negando ogni tentazione di accademismo, e non temendo di porsifuori dal tempo, lontano dalle sue mode e illusioni. Graziano Pompili ha dato voce – dalleRi-archeologie a Il sentiero tra i campi – a un’idea dell’umana esistenza, che si è messa in viag-gio dentro il mistero della vita e le asprezze del mondo con lo sguardo rivolto al futuro, macon i piedi saldamente piantati dentro il proprio tempo, portandosi addosso, con il simbolodella casa e le esili tracce dell’antico, il fuoco inestinguibile della memoria, senza la quale ci siperde nel cammino della vita. Diventano così, l’antico e la memoria, la garanzia, il vaglio perpotere meglio individuare ciò che è perenne e ciò che è effimero, ciò che vale e ciò che èsolo caduca illusione.Le sculture di Graziano Pompili al Castello di Pergine potranno, in questo 2011, essere vistenel corso di molte stagioni: in primavera, dentro il risveglio rigoglioso della natura; in estate,nella maturità piena dei suoi elementi; in autunno, nel declinare della luce, quando l’invernobatterà ormai alle porte. Sono certo che quando queste opere verranno rimosse, ci si sen-tirà orfani, privati di qualcosa che arricchiva e dava pienezza a questi pur straordinari luoghi:ci si sentirà, come dice bene la lingua inglese, homesick, e cioè si percepirà una separazione,si avrà nostalgia di qualcosa che ci apparteneva e in cui avevamo imparato a identificarci.Passato l’inverno, sarà di nuovo primavera, e le opere di un altro artista approderanno inquesti luoghi, ogni volta diversi e nuovi grazie alle sculture che vengono ad abitarli.

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Aufgrund des Verhältnisses zwischen den langen Stützen und der Dimension der darauf er-richteten Häuschen, wie zum Beispiel in den beiden Versionen von Domotica 2007 und 2011,denken wir weniger an die Entwicklung des Pfahlbauten-Motivs, sondern eher an die imGarten aufgestellten Vogelhäuschen, die Vögel einladen, sich darin einzunisten…Es ist sicher so, dass sich die Werke Pompilis perfekt im wahren Sinn des Modernen be-haupten können: das Moderne als Echo und die Fortdauer des Antiken mit einer besonderenAnschauung der Gegenwart dank einer extremen Vereinfachung der Darstellung. Es nimmtwillentlich die Züge einer unvollendeten, nur skizzierten Form an. Stets jedoch mit jenemWillen zur Schaffung einer treffenden Kreation, zur Lösung des bildhauerischen Problems.Jede Versuchung des Formalismus wird abgewehrt ohne Furcht, sich außerhalb der Zeit zustellen, weit entfernt von ihren Moden und Illusionen. Ausgehend von den Re-Archäologienbis hin zum Feldweg hat Graziano Pompili eine Vorstellung der menschlichen Existenz mit ei-ner Reise in das Geheimnis des Lebens und die Härten der Welt zum Ausdruck gebracht.Der Blick ist in die Zukunft gerichtet und doch sind beide Füße fest in der eigenen Zeit. DasSymbol des Hauses und die schwachen Spuren der Antike tragen das unauslöschliche Feuerder Erinnerung in sich, ohne die man sich auf dem Lebensweg verläuft. Das Antike und dasGedächtnis werden auf diese Weise zur Garantie, zur Prüfung, um zu erkennen, was fort-während und was vergänglich ist, was einen Wert hat und was nur eine flüchtige Illusion ist.Die Skulpturen von Graziano Pompili auf der Burg von Pergine können in diesem Jahr 2011in vielen Jahreszeiten gesehen werden: im Frühjahr, im üppigen Erwachen der Natur, imSommer, in der vollen Reife seiner Elemente, im Herbst, im Schwinden des Lichtes, wennder Winter bereits vor den Toren steht. Wir werden uns, nachdem diese Werke wegge-bracht worden sind, wie Waisenkinder fühlen, um etwas gebracht, das diese außerordentli-chen Orte bereicherte und erfüllte. Wir werden uns homesick fühlen, wir werden dieTrennung spüren, eine Sehnsucht nach etwas, das uns angehörte und mit dem wir uns zuidentifizieren gelernt haben. Ist der Winter dann vorbei, wird wieder Frühling sein undWerke eines anderen Künstlers werden an diesen Orten ihren Einzug halten.

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opere

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01. ORT, 2010

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02. Domotica, 2007

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03. ORT, 2010

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04. ORT, 2010

05. ORT, 2010

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06. Figura, 2003

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07. Domotica, 2002

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08. Palafitta, 2010

09. Domotica, 2011

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10. Figure, 2001

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11. Domotica, 2008

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12. Casa d’oro, 2010

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13. Approdo, 2010

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14. Der Feldweg, 2010

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15. ORT, 2009

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12. Senza titolo, 2010

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17. Approdo, 2011

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16. Stele, 2008

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18. Dall’età del ferro, 1992

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19. Dall’età del ferro, 2003

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20. ORT, 2005

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21. ORT, 2004/05

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24. Domotica

23. ORT (bozzetto)

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22. Poeticamente abita l’uomo, 2000

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27-30. ORT, 2010/2011

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25-26. ORT, 2011/203

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Montaggio dal 15 al 18 marzo 2011

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Dentro le mura

01 ORT pag. 41 2010 lamiera e smalto 80 x 80 x 25

02 Domotica pag. 42 2007 ferro e smalto 330 x 120 x 130

03 ORT pag. 44 2010 terracotta e erba 160 x 160 x 120

04 ORT pag. 47 2010 terracotta e colore 350 x 70 x 70

05 ORT pag. 47 2010 terracotta e colore 350 x 50 x 50

06 Figura pag. 50 2003 ferro, smalto e ruggine 150 x 80 x 80

07 Domotica pag. 52 2002 ferro e smalto 130 x 40 x 40

08 Palafitta pag. 54 2010 ferro e smalto 350 x 30 x 35

09 Domotica pag. 55 2011 ferro e smalto 350 x 120 x 120

10 Figure pag. 60 2001 ferro e smalto 210 x 140 x 120

11 Domotica pag. 62 2008 legno dorato e terracotta 500 x 155 x 155

12 Casa d’oro pag. 66 2010 ferro e smalto 350 x 250 x 250

13 Approdo pag. 68 2010 legno dorato 350 x 350 x 120

Cortile d’ingresso

14 Der Feldweg pag. 70 2010 terracotta e patina 80 x 160 x 120

Giardino interno

15 ORT pag. 72 2009 legno dorato 210 x 200 x 200

Sala delle Armi

16 Stele pag. 76 2008 bianco di paros e ferro 164 x 95 x 74

17 Approdo pag. 74 2011 lamiera e smalti 350 x 500

Sala Rosa

18 Dall’età del ferro pag. 78 1992 terracotta e patina 62 x 240

19 Dall’età del ferro pag. 79 2003 lamiera, smalto e ruggine 190 x 260

20 ORT pag. 80 2005 terracotta e ferro 137 x 50 x 50

Prigione

21 ORT pag. 81 2004/05 terracotta e ferro 150 x 150 x 225

Cappella

22 Poeticamenteabita l’uomo pag. 83 2000 marmo statuario e patina 85 x 80 x 25

Elenco delle opere

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Reception

23 ORT (bozzetto) pag. 82 legno dorato 24 x 23 x 20

24 Domotica(bozzetto) pag. 82 terracotta e legno dorato 59 x 16 x 16

Sala Cavalieri

25 ORT pag. 85 2011 bitume su carta Fabriano 100 x 90

Sala Nera

26 ORT pag. 85 2003 mista su carta 145 x 150

27 ORT pag. 84 2011 mista su carta Fabriano 90 x 70

28 ORT pag. 84 2011 mista su carta Fabriano 90 x 70

29 ORT pag. 84 2010 mista su carta Fabriano 90 x 70

30 ORT pag. 84 2011 mista su carta Fabriano 90 x 70

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Studio di Graziano Pompili,“L’Archivio” misura ambiente

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il cammino

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I GUARDIANI DEL MISTRAL1982, terracotta87 x 115 x 50 cm

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Ort (Luogo) è il titolo per la mostra di Graziano Pompili a Castel Pergine.

Der Weg (Il cammino) è la strada che porta a quel luogo e che viene riassunta nella mostradi Parma.

È un percorso che parte dalla polvere degli scaffali dello studio ed arriva alle sue ultime ope-re. Un racconto nato da una lunga, amichevole chiacchierata con l’artista, ricco di particolari,di storie raccolte negli anni. Una memoria, dalla quale riaffiorano le sue prime idee, i suoiprimi progetti, le sue origini e i suoi cambiamenti. La mostra di Parma è tutto questo.Un’antologica che permette a Pompili stesso di rivisitare i propri lavori, anche quelli consi-derati più accademici e per questo lasciati al passato. Un incontro con il cammino che l’arti-sta ha fatto in questi anni. Intimo, confidenziale. Come sono confidenziali i luoghi e i tempiche Pompili interpreta: l’amore per l’archeologia, la Pietra Bismantova, i sentieri lungo i cam-pi che circondano casa sua. Non è un caso che abbia intitolato molte sue opere o mostre,tra le quali lo stesso Ort, con parole tratte dalla poesia, in primis Hölderlin riletto daHeidegger. Perché, come dice Hölderlin, “poeticamente abita l’uomo” ed è proprio così chePompili immagina il trinomio uomo-casa-ambiente. È la poesia che fa abitare ed è la poesiache costruisce. Ed in questo modo, poeticamente, Pompili scolpisce la pietra, la modella o lamantiene al suo stato rozzo. Innalza palafitte in ferro dalla forma elementare che ricordanole primitive terramare. Stende grandi lamiere e le disegna.

Un’opera, nella mostra di Parma, è particolarmente significativa per il suo percorso.Un pannello di terracotta patinata con calchi di attrezzi da contadino.«[…] Questo lavoro è nato nel lontano ’78, come dimostrazione, per i miei studenti all’accademia dibelle arti di Bologna, per la realizzazione di un calco in gesso. Lo stampo è rimasto inutilizzato per an-ni. Verso la fine degli anni ’90 l’ho poi trasferito nel mio studio e dopo un pò di tempo l’ho calcato conla creta. È rimasto ancora così (di terra cotta ) in attesa.. e nel 2008 ho deciso per questa patina neradi ossido di ferro, ed è finalmente diventato “Opera”. È cambiata la sua identità, seppur mantenendoben chiara la sua origine. Nata come prova didattica è diventata un’opera d’arte […]».

Der Weg | Il camminodi Cecilia Lucia Dealessi

ARCHEOLOGIADEL CONTEMPORANEO1978-2008, terracottae ossido di ferro nero

95 x 440 cm

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I riferimenti all’uomo, al suo lavoro manuale e alla sua capacità di modificare il paesaggio so-no evidenti. Una storia di 30 anni e volontà di cambiamento.

Vedere lo studio di Graziano Pompili è come percorrere la sua mente. Tutto il suo percor-so artistico dagli anni ‘70 ad oggi si concentra nelle stanze di un vecchio fienile della campa-gna emiliana. La polvere che si è sedimentata sugli oggetti, sugli attrezzi, sulle sculture è latraccia evidente di questo percorso, intenso, vivo e sempre dinamico. Una vera bottega dilavoro più che un atelier d’artista, con il fascino tipico dei casali di campagna e le sculture inbella mostra. E’ qui che Graziano Pompili crea le sue opere. Un luogo dove la τέχνη (techne)greca, la manualità unita all’idea del bello, si respira in ogni anfratto ed è fondamento del suolavoro fin dagli anni ‘70. Gli scaffali sono come un libro aperto: sono il diario della sua vita edella sua attività, motivo per cui non deve stupire che tra frammenti di ri-archeologie o auto-ritratti si trovino un vaso di Pozzati o del figlio Martino oppure un pezzo di carro agricolo.Sono piacevoli intrusioni nella vita di Pompili, ognuna collegata ad un aneddoto o storia per-sonale. Ognuna legata, in qualche modo, alla personalità dell’artista, disponibile, semplice enello stesso tempo molto profonda. Ciascuna con una sua importanza, grande o minima chesia, ma facenti parte, tutte, di un unico percorso.

OMPHALOS2006, marmo statuario

13 x 26 x 30 cmcollezione Privata, Parma

ARCHEOLOGIA DEL CONTEMPORANEO1978-2008, terracotta e ossido di ferro nero95 x 440 cm

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Accademia

Nel 1970 Pompili esce dall’Accademia. Ama usare il marmo e levigarlo come i grandi maestridel passato. Forme organiche, naturali, sinuose e piene che rimandano alle prime Maiastra oai Neonati di Brancusi, alle curve di Arp, di Moore, di Cardenas.

Tracce

Impronte lasciate dall’uomo sul suo cammino o dalla natura nel corso del tempo. Tracce im-presse nella terracotta, come fossili di epoca incerta. Il nobile marmo viene abbandonato permateriali poveri ed il binomio uomo-ambiente inizia a prendere peso nella poetica di Pompilisotto forma di studio geologico, paleontologico ed antropologico. Un riferirsi ad ere primiti-ve dove il segno inciso nella pietra era comunicazione, simbolo e crescita culturale. Un pas-sato lontano da riscoprire sotto metri e metri di terra.Con la sua curiosità Graziano Pompili rivisita la storia dell’arte. A partire dai grandi bassori-lievi con ghirlande di fiori e frutta paragonabili alla verità che traspare dalle ghirlande delMantegna fino ad arrivare, alla metà degli anni ‘80, alle Ri-Archeologie.

INCONTRO1975, marmo greco28 x 36 x 17 cm

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Ri-Archeologie

«Ho sempre desiderato fare una grossa scoperta archeologica…i miei pomeriggi estivi fra le zolle nei pressi di casa.

Vi trovavo di tutto, insetti strani, lumache giganti, serpi.Sassi colorati e terrecotte […]

Ed ora l’ho fatta, l’ho inventata ma mi emoziona lo stesso»

Inventare una scoperta archeologica. Scavare nella memoria della storia, estrarre con dili-genza i suoi frutti più belli e riportarli alla luce. Anche sotto forma di frammenti. Una classi-cità senza tempo, un passato indefinito ma con segni ben distinguibili. Compito dell’uomo èdecifrare questi segni, ri-portare alla luce ciò che la storia ha lasciato. È un’archeologia im-maginata. Divini acroliti in terracotta, modellati, cotti, spaccati e poi rimessi insieme in modoevidente. Busti acefali, centauri, sarcofagi, mani e piedi. Il tutto ritrovato in un luogo indefini-to, in un tempo indefinito, fino a quel momento muto ed improvvisamente libero di farsi co-noscere e raccontare.

RIARCHEOLOGIE2011, Studio di Graziano Pompilimisura ambiente

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«Vassi in Sanleo e discendesi in Noli, montasi su Bismantova e ‘n Cacumecon esso i piè; ma qui convien ch’om voli; dico con l’ale snelle e con le piumedel gran disio, di retro a quel condotto che speranza mi dava e facea lume»

(Dante, Purgatorio, canto IV, vv.25-30)

La Pietra Bismantova rappresenta un punto di svolta. Quel dirupo piatto come una tavola espigoloso come un vetro infranto avvicina Pompili allo studio della terra e dei suoi cambiamen-ti millenari. Con la Stele del 1987 in terracotta, il suo interesse si sposta sul paesaggio. La terrasi modifica e viene modificata dall’uomo. E Bismantova, con il suo sottosuolo, altro non è senon la visione e la presa di coscienza del segno che l’azione del tempo lascia sul paesaggio.Bismantova, vista da lontano, è una roccia o è una casa? Ecco il terzo elemento, che ritorna:l’uomo. La pietra diventa casa.Il genius loci per eccellenza, il posto dal quale si parte per poi sempre tornare. Dove ci sisente al sicuro. Casa intesa non tanto come elemento architettonico che occupa un ambien-te, quanto come identità di un luogo e dell’uomo che lo abita.La rappresentazione del paesaggio naturale si trasforma in paesaggio abitato.

SCULTURE2011, Studio dell’artistadimensioni ambiente

PAESAGGIOcon la Pietra di Bismantova,1989, terracotta, 20 x 70 cm

TERRAMARE2009, smalto su lamiera

240 x 360 cm

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Paesaggi verticali e paesaggi urbani

Prima in terracotta, poi, dalla fine degli anni ‘80, di nuovo in marmo. La pietra spezzata vienemodificata il meno possibile. Un accenno di casa, elementare, sulla cima, quasi fosse un ere-mo come gli antichi monasteri delle Meteore in Grecia. Irraggiungibile, inavvicinabile, ma te-stimonianza, ancora una volta, dell’unione uomo-natura. A differenza delle opere degli anni‘70, il marmo non è più materia nobile, è solo materia, pietra.

OMPHALOS2008, marmo statuario ed erba180 x 220 x 160 cmFondazione Pablo Atchugarry,Punta De L’Este - La Barra, Uruguay

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POETICAMENTEABITA L’UOMO

1999, pietra d’Istria,h 600 cm

Pirano, Slovenia

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Con l’introduzione del paesaggio e dell’icona casa, il linguaggio di Pompili si districa su varifronti frequentati ancora oggi. Case incise nella roccia, come le Rock Houses del ‘90, palafitteslanciate e aggettanti verso l’alto, lamiere o carte con silhouettes in negativo di abitazioni pri-mitive. Sentieri che movimentano il terreno, ripercorrendo luoghi vicini all’artista e metaforadi passaggio. L’artista cerca l’ ‘ομφαλός (omphalos - ombelico) dei paesaggi.Se per i greci l’ombelico del mondo era la pietra posta al centro della terra sulla quale fucostruito il tempio di Apollo a Delfi, per Pompili è il punto centrale dal quale tutto cominciae nel quale tutto finisce e ogni luogo può potenzialmente diventarlo, mantenendone la stessasacralità e ritualità.

SOTTO IL CIELO E SOPRA LA TERRA2003, granito nero Zimbawe16 x 55 x 35 cm

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STELE CON OMBRA2006,

marmo bianco di Pharose ferro, h 80 cm

«[…] Il vasaio Butade Sicionio scoprì per primo l’arte di modellare i ritratti in argilla;ciò avveniva a Corinto ed egli dovette la sua invenzione a sua figlia, innamorata di un giovane.

Poiché quest’ultimo doveva partire per l’estero, essa tratteggiò con una linea l’ombradel suo volto proiettata sul muro dal lume di una lanterna;

su quelle linee il padre impresse l’argilla riproducendone il volto;fattolo seccare con il resto del suo vasellame lo mise a cuocere in forno […]».

Plinio il Vecchio, Storia naturale [XXXV, xv]

Ultimo aspetto essenziale, elaborato nel corso degli anni e poi mai abbandonato, è l’ombra.Ombra equivale ad assenza. Ombra è duplicità. Buio. Rappresentare l’ombra per Pompilivuol dire dare spessore ad una casa appena tratteggiata su una carta. Evidenziarne il positivoaccostandola al suo negativo. Vuol dire utilizzare il metallo per rendere materiale, palpabile econcreta la linea d’ombra di un paesaggio in pietra. L’ombra è colore. È parte integrantedell’opera.

Un insieme di poesia, curiosità, manualità, eleganza e delicatezza. Un linguaggio lineare conalle spalle una cultura millenaria. L’identità dell’uomo studiata attraverso il paesaggio che locirconda.

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PAESAGGIO VERTICALE1997, marmo e ferro72 x 22 x 21 cmcollezione Privata, Genova

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STELE1998, marmo e ferro,

h 220 cmcollezione Privata, Lugano

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Esposizioni personali

2011 ORT, Castel Pergine, Pergine ValsuganaDer Weg, Galleria Niccoli, Parma

2010 Der Feldweg, mostra personale Galleria Franco Bertaccini, Marina di RavennaSotto il cielo e sopra la terra, allestimento del nuovo accesso

alla cripta della Cattedrale di Reggio Emilia2009 Mostra personale, Galleria Romberg, Roma2008 Poreklo (Origini), Obalne Galerie, Pirano, Slovenia

Omphalos, scultura in marmo e erba per la Fondazione “Pablo Atchugarry”Punta De L’Este, La Barra (Uruguay)

Terramare, Sala espositiva Park Hotel, Marina di RavennaMostra personale, Galleria La Meridiana, PietrasantaSlata Hisa (casa d’oro), scultura in ferro per Koroski Pokrajinsk,

Muzej, Ravne, Slovenia2007 Poeticamente abita l’uomo, Galleria Maria Cilena, Milano

Presentazione dei bozzetti delle opere realizzate nel parco di Spoerri,Seggiano - Museo Pecci, Prato

Il profano e il sacro (con Daniel Spoerri), S. Petri, Lubecca2006 La memoria del sacro, Palazzo Magnani, Reggio Emilia

Installazione di una scultura in marmo nel Giardino di Daniel Spoerri, Seggiano (Siena)Vetrina, Galleria Romberg, Roma

2005 Intervento scenico per Traiettorie 2005, Rassegna di musica contemporanea,Teatro Farnese, Parma

2004 Miraggi, Mostre al castello, Comune di Castel S. Pietro TermePoeticamente abita l’uomo, Pirano (Slovenia),

scultura in pietra d’Istria (realizzata nel 1999)2003 Bianco e Nero, Galleria Radium Artis, Reggio Emilia

Personale, Fondazione Gaibazzi - Galleria Niccoli, Parma2002 Galleria Liba, Pontedera

Gli universali della cultura, Palazzo Sforza, Cotignola (RA)Comune di S. Martino in Rio (RE), Rocca EstenseGraziano Pompili, Alte Kelter, Mühlacker (Enzkreis)

2001 Guardare il cielo e misurare la terra, Nonantola (MO), Palazzo Comunale,Sala delle Colonne

Associazione culturale “Il Fondaco”, BraArtipici Carteriani, Modena

2000 Disegnando, Praxxis, Zug, SvizzeraLust auf Form, Galerie Norbert Ebert, DarmstadtAutoritratti, Circolo degli Artisti, Faenza

1999 Sotto il cielo e sopra la terra, Artefiera di Bologna, Galleria NiccoliRi-archeologie, Landhaus Bauer Fischbachtal, Francoforte

1998 Galleria Arte Borgogna, MilanoLa casa dell’ombra, Galleria L’Ariete e Istituto di Cultura germanica, Bologna

Esposizioni

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1997 Il tempo grande scultore, Biblioteca del Comune di S. Ilario (RE)Galleria Niccoli, Parma, il tempo grande scultoreGraziano Pompili, Opere, Tour Fromage, Aosta

1996 Galleria Percorsi, Castelfranco VenetoPersonalmente, Sala giardini, Civici Musei, Reggio EmiliaSculptures, Galerie Les Ciclades, Antibes

1995 Studio Cris Van Looy, FaenzaIl luogo dell’uomo, Galleria Alphacentauri, Parma

1994 L’arte da usare, Studio Jelmoni, Piacenza, Galleria Zelig, BariMuseé d’Art, Saint Paul de Vence

1993 Artefiera, Galleria Peira, BolognaSotto il cielo e sopra la terra, Galleria Il Patio, RavennaPoeticamente abita l’uomo, Galleria Casati, BergamoPoeticamente abita l’uomo, Galleria Civica, Montecchio Emilia

1992 Dall’età del ferro, Palazzo Ruini, Reggio Emilia1991 Terrecotte e carte, Galleria Peira, Bra

Origini, Palazzo del Governatore, Cento1990 Artefiera, Galleria Emporium, Bologna

Paesaggi immoti, Castello dei Pio, CarpiLightning, Chiostri di S. Domenico, Reggio Emilia (ex Stalloni)

1989 Massi erratici, Emporium Arte Contemporanea, IvreaOrigini, Sala della Partecipanza, Pieve di Cento

1988 Grande Ombra, Studio Gaia, FaenzaMitologie della modernità, Gallery Club, San Benedetto Po

1987 La forma della cenere, Studio Cavellini, BresciaRi-archeologie, Galleria 2E, SuzzaraImago, Galleria d’arte moderna, Palazzo dei Diamanti, Ferrara

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Esposizioni collettive

2007 Mostra dei bozzetti delle opere del Giardino di Daniel Spoerri,Museo Pecci, Prato

L’Astratto presente, Museo MAGI di Pieve di Cento, a cura di Vittoria CoenArtefiera di Bologna, Galleria NiccoliArtefiera di Bologna, Galleria Radium ArtisGNAM, Gastronomia nell’arte moderna, Parma, a cura di Andrea Gambetta

2006 Artefiera, Bologna, Galleria NiccoliVerona, Collezioni AuroraLiberolibrodartistalibero, Terza Biennale del libro d’artista -

Museo Archeologico di SpoletoMecenati, l’artista e il committente, PesaroBiennale di Scultura di Carrara, CarraraLa forma dell’acqua, scultura a quattro mani con Alberto TimossiPescocostanzo, L’AquilaMostra Nuove Acquisizioni, MAR di Ravenna, a cura di C. Spadoni

2005 Open Air, Università degli Studi di ParmaXIV Quadriennale di Roma; Fuori tema, Italian feelingL’opera e lo spazio, Sculture del ’900,

Fondazione Cassa di Risparmio di BolognaScenografia per “Androgino”, dramma filosofico di Marco Rebeschi, ModenaXXIV Biennale per un Museo della Scultura, Gubbio - Provincia di PerugiaArtefiera di Bologna, Galleria NiccoliArtefiera di Bologna, Galleria Radium ArtisMuseo-albergo Albornoz, Spoleto, “116” camera d’artistaL’uomo e il suo cammino - 20a Biennale del Muro Dipinto

Comune di Dozza2004 Artisti da Reggio Emilia, una provincia non provincia

Galerie G. Olomouc (Rep. Ceca); Palazzo Magnani (R.E.)Artefiera, Galleria Niccoli, BolognaEstensioni Metamorfiche, Comune di Castell’Arquato, Piacenza

2003 Nove artisti sulla via del sale, Provincia di Cuneo, Regione Piemonte2002 Le Pietre bianche, Pola

En plein air, Pieve di Cento2001 Biennale d’arte Mediterranea, Dubrovnik

Biennale delle Arti e delle Scienze, Salerno2000 Figure del ’900, oltre l’Accademia, Accademia di Belle Arti, Bologna

Ex voto per il millennio, Museo Nazionale della Certosa di Calci, PisaDi terra e di respiro, Pinacoteca Civica di Bondeno, FerraraL’immagine della parola, Loreto, AnconaReggio: cent’anni d’arte, Comune di GualtieriAnatomie del paesaggio, Comune di EsteBehausung-Kunstforum, Seligenstadt

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2000 Scolpire la città, arte contemporanea e spazi urbani, Reggio EmiliaPrima Biennale di scultura, Finale EmiliaLe mani pensano, Palazzo Magnani, Reggio Emilia

1999 Dialogo fra Generazioni, Giardini Malaspina, PaviaCorte delle Giare, Ragazzola, Parma

1998 Neuen Bildhauer aus Europa - Neuen Plastische Positionen,Babenhausen

Artefiera, Galleria Niccoli, BolognaReggio Arte, Galleria Rino Costa, Reggio EmilaArtissima, Galleria L’Ariete, Torino

1997 Artefiera, Galleria Niccoli, BolognaReggio Arte, Galleria Rino Costa, Reggio EmiliaAspects du paysage contemporain, Espace Peiresc, ToloneMnemosine, il mito e la memoria, Imagery, BariMonviso, re di pietra, Crissolo, Pian del ReRaccolta del disegno contemporaneo, Nuove acquisizioni, Palazzina

dei Giardini, ModenaLinee della ricerca artistica 1965-95, Palazzo Re Enzo, BolognaLuoghi dell’arte, Palazzo Bellini, Comacchio

1996 La forma della cenere, installazione, Teatro Scandicci, FirenzeSituazioni scultura, Massa CarraraElementi, Magazzini del Sale, CerviaParaxo ’96, AndoraEcoscultura, DiodonaArtissima, Galleria Overstudio, TorinoFatto ad arte, TodiGolfo Mistico, Galleria Romberg, Latina

1995 Artefiera, Galleria Mazzocchi, BolognaAttraverso l’immagine, Santa Maria della Pietà, CremonaCollettiva, Palazzo Farnese, OrtonaIn armonia, Pavullo, ModenaCollettiva, Milo, CataniaArtissima, Galleria Overstudio, Torino

1994 Artefiera, Galleria Peira, BolognaSentiero d’arte, Lizzano in BelvedereRitorno al mare - Omaggio a Pino Pascali, Polignano a marePremio Sulmona, SulmonaSculptures, Galerie Les Cyclades, Antibes

1993 Arte contemporanea, I Biennale, BolognaMostra mercato della ceramica, Galleria Niccoli, Faenza

1992 Sogni di carta, Galleria Peira, BraPer la casa di un sindacato, ex Foro Boario, Reggio EmiliaArte e Architettura, XI Biennale, PenneOro, Galleria Alphacentauri, Parma

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1991 Artefiera, Galleria Peira, BolognaScultura di terracotta, Castellamonte

1990 Artefiera, Galleria Peira, BolognaParaxo, Castello di AndoraXXXIV Premio Campigna, Santa Sofia di RomagnaPietra nascosta, pietra messa a nudo, Centro Storico, L’AquilaLe ragioni dei materiali, Galleria Mazzocchi, ParmaUn itinerario sul filo della scultura, Sala Civica, Aosta

1989 Pagine, libro, Galleria Cavellini, BresciaFigure del fiume, AdriaStazione di servizio, Romberg Arte Contemporanea, Latina

1988 Premio G. Marconi, BolognaTerraceramica, Rocca Paolina, PerugiaBassorilievo, immagine, memoria, Castel S. Pietro TermeDomus poetica, Chiostro ex Cappuccini, LugoMosca chiama, QuistelloIsola d’arte, Galleria Peira, BraTerracotta, immagini, colori, Castellamonte (To)Sculture, Arican Dream Village, Malindi

1987 Goethe a Cento, Auditorium S. Lorenzo, CentoGalleria Asinelli, BolognaProposte, Galleria Niccoli, MilanoEra il maggio odoroso, Pari e Dispari, CavriagoAmbiente, immagine, paesaggio, ex Cavallerizza, BresciaTraviata, Isola della Boschina, OstigliaPer fare un albero, Pinacoteca comunale, Quistello

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Graziano Pompili è nato a Fiume (Istria) nel 1943; tre anni dopo la sua famiglia si è trasferita a Faenza,dove Pompili ha ricevuto la sua prima educazione artistica, apprendendo soprattutto l’uso della terracottae della ceramica. Frequentando l’Istituto d’Arte di questa città, Pompili segue il suo principale maestro,Biancini, che gli trasmette fin da ragazzo il desiderio di fare scultura. In seguito frequenta l’Accademia diBelle Arti di Bologna dove frequenta il corso di scultura. Dal 1970 soggiorna per lunghi periodi a Carrara,dove apprende le tecniche del marmo, e della fusione in bronzo nelle fonderie di Pietrasanta. Si dedica alladidattica, insegnando dapprima ceramica e plastica all’Istituto d’Arte Chierici di Reggio Emilia, poi sculturain marmo all’Accademia di Belle Arti di Bologna e infine scultura riferita all’arte sacra all’Accademia diBrera a Milano.

Pompili ha realizzato negli anni numerose mostre personali in gallerie pubbliche e private, in Italia e all’e-stero. Fra le sue mostre personali ricordiamo: Galerie Les Cyclades, Antibes 1996 (Francia); “Il tempogrande scultore”, Galleria Niccoli, Parma 1997; Tour Fromage, Aosta 1997; Galleria Arte Borgogna Milano1998; Landaus Bauer, Francoforte (Germania)1999; galerie N. E., Darmstadt 2000 (Germania); Circolo de-gli Artisti, Faenza 2000; Sala delle Colonne, Comune di Nonantola 2001; Alte Kelter a Muhlacker nel 2002(Germania); Bianco e Nero, Galleria Radium Artis a Reggio Emilia; personale alla Fondazione Gaibazzi conGalleria Niccoli, Parma nel 2003; Miraggi, mostre al castello, Castel S. Pietro Terme nel 2004; “La memo-ria del sacro”, Palazzo Magnani, Reggio Emilia nel 2006; “Poeticamente abita l’uomo”, alla Galleria MariaCilena a Milano nel 2007; “Il Sacro ed il Profano” (con Daniel Spoerri) in st. Peter Lubecca (Germania).“Poreklo” nella Obalne Galerie di Pirano (Slovenia), nel 2008; una mostra personale alla Galleria Romberga Roma, nel 2009.Fra le mostre collettive si possono menzionare la Quadriennale di Roma “Nuove Generazioni” 1975;“Fiorino d’Oro” a Firenze in Palazzo Strozzi 1976; “Terra d’Italia”, Ancona 1983; “Ricognizioni anni 1980-85”, Erice 1985; un intervento, nel 1986, alla Biennale di Venezia, Padiglione Arte e Biologia, curato daGiorgio Celli; “Ritorno al mare, omaggio a Pino Pascali”, Polignano Mare, Bari 1994; Biennale d’ArteContemporanea a Dubrovnik 2002; Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo a Salerno, 2002;Nove Artisti sulla Via del Sale, provincia di Cuneo, 2003; Opera Bianca “trovanti” Massa Carrara, 2003;XIV Quadriennale di Roma, 2005; l’Opera e lo spazio, Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, 2005;XXIV Biennale di Gubbio, 2005; Intervento scenico per “Traiettorie 2005” Teatro Farnese, Parma;GNAM, Gastronomia nell’arte moderna, Parma 2007; presentazione dei bozzetti delle sculture del giardi-no di Spoerri al Museo Pecci di Prato nel 2007; Biennale d’arte “Roncaglia” S. Felice sul Panaro, 2008.Nella vasta produzione di Graziano Pompili, non si possono non ricordare le numerose opere di grandidimensioni realizzate per spazi pubblici o privati: a Bidgoszcz Polonia 1976 per il Pawaz Muodgjieci; aBengasi (Libia) nel 1979, per gli ingressi dello zoo park; a Parma nel 1979 per la piscina pubblica di viaZarotto; a Pieve di Cento nel 1988 per la collezione Bargellini; a S. Polo d’Enza nel 1985, Monumento allaResistenza; a Sant’Ilario d’Enza per il centro culturale “Mavarta” nel 1997-99; a Lizzano in Belvedere nel1994, sentiero d’arte nel parco del Corno; nel 2001 per le collezioni di Palazzo Forti a Verona, una grandescultura in marmo; per Ogasajama (Giappone) un’opera in marmo “River’s landscape” in occasione deimondiali di calcio; nel 2002 per il Comune di Reggio Emilia una scultura rappresentante una palafitta inlegno dorato; nel 2004 una grande scultura in pietra d’Istria per il Comune di Pirano (Slovenia).Nel 2006, colloca un’opera in marmo, terra ed erba nel giardino di scultura di Daniel Spoerri a Seggiano(Siena). Nel 2008 per la nuova sede della C.C.C. di Bologna realizza una scultura in legno dorato e terra-cotta di 9 mt. di altezza in occasione del centenario della coop. Nel marzo 2008, soggiorna e crea unascultura ambientale per la fondazione Atchugarry a Punta De L’Este in Uruguay: “Omphalos”. Nel settem-

Biografia

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bre 2008 è invitato a Ravne na Koroskem (Slovenia) dal Pokrajinski Muzej a realizzare una grande sculturain ferro. Slata hisa.Le sue opere fanno parte delle collezioni di diversi musei d’arte contemporanea italiani come il MAMBOdi Bologna, Collezioni civiche di Aosta, il MAR di Ravenna, il MAGI di Pieve di Cento, la Galleria civica aModena, civici musei di Reggio Emilia, la Fondazione Mazzotta, il Museo Pecci a Prato, la Collezione dellafondazione Carisbo di Bologna, il Museo della Scultura di Gubbio, il MUSMA di Matera, il museo diocesanod’arte sacra di Reggio Emilia. Collezione civica del Palazzo Forti a Verona.Fra i critici che si sono occupati del lavoro di Pompili possiamo citare Rossana Bossaglia, Claudio Spadoni,Walter Guadagnini, Luca Massimo Barbero, Luciano Caramel, Janus, Lia De Venere, Sandro Parmiggiani,Klaus Wolbert, Valerio Dehò, Marinella Paderni, Adriano Baccilieri, Marilena Pasquali, Marinella Bonaffini,Marco Vallora, Vittoria Coen, Eleonora Frattarolo, Pierluigi Capucci, Marco Meneguzzo, Gianluca Marziani,Franco Batacchi, Danilo Montanari, Cecilia Lucia Dealessi.Vive e lavora a Montecchio Emilia e a Carrara.

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1981, G. Celli, Atemporale, Civici Musei, Reggio Emilia - testo in catalogo1983, M. Pasquali, F. Solmi, Terre d’Italia, Pinacoteca Civica, Ancona - testo in catalogo1984, M. Vescovo, S. Giorgio sulla luna, Gallera Corraini, Mantova - testo in catalogo1984, C. Spadoni, De Via Aemilia, Cà Vendramin, Venezia - testo in catalogo1985, R. Bossaglia, Ricognizioni anni ’80-85, Erice - testo in catalogo1986, R. Bossaglia, Ri-Archeologie, Civici Musei, Reggio Emilia - testo in catalogo1987, Janus, Imago, Galleria Civica, Palazzo dei Diamanti, Ferrara - testo in catalogo1987, E. Longari, Proposte, Internazionale d’arte contemporanea Milano - testo in catalogo1987, C. Costa, Incineratio 7, “Bollettino della Vittoria”, 2 Febbraio1987, G. Caliceti, Non avere forma, “Bollettino della Vittoria”, 2 Febbraio1987, F. Gozzi, Goethe, L’immagine e il suo confine, Auditorium S. Lorenzo, Cento1987, M. Corradini, Per fare un albero, Pinacoteca Comunale, Quistello (MN)1988, A. Baccilieri, Bassorilievo, immagine, memoria, Castelsanpietro1988, A. Baccilieri, Grande ombra, Gaia Studio, Faenza1988, P. Degiovanni, Domus poetica, Chiostro ex Cappuccini, Lugo1988, L. M. Barbero, V. Erlindo, Mosca chiama, Quistello1988, G. C. Boiani, Terracotta, immagini, colori, Castellamonte1988, G. R. Manzoni, Isola d’arte, Bra1989, C. Spadoni, Figure del fiume, Sala Civica, Adria1989, L. M. Barbero, Lontano una figura errante, sala della ex Partecipanza, Pieve di Cento - testo in catalogo1989, G. Bonomi, L’arte analoga, Sala della ex Partecipanza, Pieve di Cento1989, G. R. Manzoni, Origini, Sala della ex Partecipanza, Pieve di Cento1989, A. Dragone, Come ti scolpisco Malindi, “La Stampa”, 2 marzo1990, C. Spadoni, Paraxo ’90, Castello di Andora1990, C. Spadoni, Paesaggi immoti, Castello dei Pio, Carpi1990, W. Guadagnini, Lightning, Galleria Comunale ex-Stalloni, Reggio Emilia - testo in catalogo1990, E. Pontiggia, Le ragioni dei materiali, Galleria Mazzocchi, Parma1990, M. Venturoli, Un itinerario sul filo della scultura, Sala Civica, Aosta1990, M. Apa, Pietra nascosta, pietra messa a nudo, Centro Storico, L’Aquila1990, C. Spadoni, XXXIV Premio Campigna, Sala Civica, Santa Sofia di Romagna - testo in catalogo1991, R. Daolio, Origini, Palazzo del Governatore, Cento1992, S. Parmiggiani, Per la casa di un sindacato, ex Foro Boario, Reggio Emilia1992, S. Evangelisti, Variazioni, Palazzo Re Enzo, Bologna1992, A. Gasbarrini, Arte e architettura - XI Biennale, Penne1992, P. Cappucci, Arte contemporanea - I Biennale, Lugo1992, G. Berti, Oro, Galleria Alphacentauri, Parma1992, L. Caramel, La scultura lingua viva, “Iterarte”, n. 341992, A. B. Del Guercio, Storia di un progetto espositivo ed una mostra, Palazzo Ruini, Reggio Emilia1993, E. Frattarolo, Sotto il cielo e sopra la terra, Galleria Il Patio, Ravenna1993, A.B. Del Guercio, Ho costruito una verticale sulla pianura, Montecchio Emilia1993, S. Parmiggiani, Conversazione con Pompili, Montecchio Emilia - testo in catalogo1994, Ugo La Pietra, L’arte da usare, Studio Jelmoni, Piacenza1994, L. de Venere, Presentazione, Galleria Zelig, Bari1994, P. Ugolini, Palafitte-Ritorno al mare, Polignano a Mare

Bibliografia

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1994, V. Tassinari, Dimore del tempo cancellato, “Titolo”, n. 151994, A. Riccioni, Sentiero d’arte, Lizzano in Belvedere1995, M. Corradini, La casa di Pompili, “Archivio”, gennaio1995, M. Corradini, Attraverso l’immagine, Cremona1995, V. Coen, Il luogo dell’uomo, Galleria Alphacentauri, Parma - testo in catalogo1996, L. Caramel, Ecoscultura, Diodon - testo in catalogo1996, R. Merchiori, Presentazione, Galleria Percorsi, Castelfranco Veneto1996, S. Moretti, Personalmente, Civici Musei, Reggio Emilia1996, F. Altman, Voyage hors du temps, “Nice Matin”, 27 ottobre1996, V. Coen, Strutture fondamentali, “Art in Italy”, n. 51996, N. Micieli, Situazione scultura, Massa Carrara1996, A. Baccilieri, M. R. Bettini, Elementi, Cervia1996, A. Lombardi, P. Speciale, +Mela-Male, Galleria Romberg, Roma1996, M. Vescovo, Paraxo ’96, Andora1996, S. Parmiggiani, La ricerca artistica negli anni Settanta-Ottanta, Montecchio Emilia1996, Ugo La Pietra, Fatto ad arte, Todi1997, L. De Venere, Mnemosine, il mito e la memoria, Imagery, Bari - testo in catalogo1997, L. Caramel, Opere 1988-1997, Tour Fromage, Aosta - testo in catalogo1997, W. Guadagnini, Il tempo, grande scultore, Galleria Niccoli, Parma - testo in catalogo1997, R. Pasini, Linee della ricerca artistica 1965-95, Palazzo Re Enzo Bologna - testo in catalogo1997, R. Monticelli, Aspect du paysage contemporain, Espace Periesc, Tolone1997, A. Lombardi, Luoghi dell’arte, Palazzo Bellini, Comacchio1998, L. Bonini, Pompili, Galleria Borgogna, Milano1998, M. Pasquali, La casa dell’ombra, Galleria L’Ariete, Bologna1999, V. Dehò, Domotica, Palazzo Santa Margherita, Modena - testo in catalogo1999, M. De Micheli, Stele del Bianello, Bibbiano, Reggio Emilia1999, R. Bossaglia, Mezzo secolo di scultura italiana, Pavia - testo in catalogo2000, N. Micieli, Ex voto per il millennio, Museo Nazionale Certosa di Calci (Pisa)2000, V. Tassinari, Di terra e di respiro, pinacoteca civica di Bondeno(Fe)2000, M. Dell’Acqua, Reggio,100 anni d’arte, Comune di Gualtieri2000, M. L. Trevisan, Anatomie del paesaggio, Comune di Este2000, B. Krimmel, Behausung-Kunstform, Seligenstadt2000, N. Micieli, Biennale di scultura, Finale Emilia2000, F. Franceschini, Graziano Pompili, Circolo degli artisti, Faenza2000, M. Pasquali, L’immagine della parola, Loreto - testo in catalogo2000, V. Dehò, Scolpire la città, Reggio Emilia - testo in catalogo2000, S. Parmiggiani, Le mani pensano, Palazzo Magnani, Reggio Emilia - testo in catalogo2000, G. Cortenova, Autoritratti, Circolo degli artisti, Faenza2000, A. Panzetta, Scultura: dal primo Novecento al figurazionismo contemporaneo, Accademia di B.B.A.A.

di Bologna - testo in catalogo2001, N. Raimondi, Guardare il cielo e misurare la terra, Comune di Nonantola, Sala delle Colonne2001, M. Bonaffini, L’uomo abita il mondo, Modena2001, S. Abraham, Materia e senso di scultura, Bra2002, P. Capucci, Gli universali della cultura, Palazzo Sforza,Cotignola, (RA) - testo in catalogo

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2002, Klaus Wolbert, Pensieri sulla forma creativa e narrativa dello scultore Graziano Pompili,Mulhacker - testo in catalogo

2002, S. Parmiggiani, Traghettare lo sguardo, Mulhacker - testo in catalogo2002, Marinella Paderni, Il tempo grande scultore - testo in catalogo2003, Nico Orengo, Nove Artisti sulla via del Sale - testo in catalogo2003, Benedetta Masera, La casa dell’artista, ART’È, intervista2004, Sandro Parmiggiani, Artisti da una provincia non provincia - testo in catalogo2004, Alberto Mattia Martini, Estensioni Metamorfiche - testo in catalogo2005, Marinella Paderni, Open Air, Università degli Studi di Parma - testo in catalogo2005, Vittoria Coen, L’opera e lo spazio, sculture del ’900 - testo in catalogo2005, Valerio Dehò, XIV Quadriennale di Roma, Fuori tema - testo in catalogo2005, Giorgio Bonomi, XXIV Biennale per un Museo della Scultura - testo in catalogo2005, Marilena Pasquali, L’uomo e il suo cammino - 20a Biennale del Muro Dipinto - testo in catalogo2005, Tullio Masoni, Senza testa per l’oltre, a margine della via crucis di Graziano Pompili “TITOLO”

anno 8 XVI n° 482006, Valerio Dehò, III Biennale del libro d’artista, Museo Archeologico di Spoleto2006, Sandro Parmiggiani, La memoria del sacro, Palazzo Magnani Reggio Emilia - testo in catalogo2006, Marco Vallora, La memoria del sacro, Palazzo Magnani Reggio Emilia - testo in catalogo2006, Luciano Manicardi, Via Crucis. La mutezza della violenza, Palazzo Magnani, Reggio Emilia - testo

in catalogo2006, Marilena Pasquali, Mecenati, l’artista e il committente, Pesaro - testo in catalogo2006, Marinella Bonaffini, La forma dell’acqua, Pescocostanzo - testo in catalogo2008, Marco Meneguzzo, A ciascuno la sua Sainte, Victoire - testo in catalogo2008, Sabrina Basoni, Il poeta della materia, IF Reporter - intervista2010, Francesco Tedeschi, Note per la “via Crucis” di Graziano Pompili. Itinerario di arte e spiritualità, Milano,

Università Cattolica del sacro Cuore2010, Danilo Montanari, Pietre che parlano, Ravenna - testo in catalogo2011, Franco Batacchi, Le mani, il lavoro, la storia

Sandro Parmiggiani, Memoria e poesia delle tracce dell’umanoCecilia Lucia Dealessi, Der Weg / Il cammino

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SOTTO IL CIELO E SOPRA LA TERRA2010, Cattedrale di Reggio Emilia

Dimensione Ambiente

Proprietà della Cattedrale- riproduzione concessadall’U.B.C. della Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla

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Castel Pergine ringrazia:

Comune di Pergine Valsugana

Provincia Autonoma di TrentoDipartimento Cultura

Regione Autonoma Trentino -Alto AdigeAutonome Region Trentino-SüdtirolRegion Autonóma Trentin-Südtirol

AssociazioneGli Amici del Castello

ARTI GRAFICHE | EDIZIONI

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con il contributo di

Un ulteriore ringraziamento a:Corrado BeldìCinzia BigiJessica e Ursula BoschiEnrico CasarettiAlessandra e Renato CocconiGastone FilippoElena ForinValeria e Marcello ForinLuigi KoellikerAlice MancaPierCarlo MarinDaniela e Fabio MontalbettiEdoardo OrlandoniCristina e Marco ParizziMarco ScottiDaniela SeveriNina e Artan (Shalsi)Corrado Zanichelli

Video Ursprung realizzato da Martino Pompili

Si ringraziano:Alessandra GuidettiClaudia TorricelliStudio Sisterloi

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1991 Fabrizio Plessi1994 Davide Scarabelli1995 Toni Benetton1996 Giorgio Celiberti1997 Riccardo Licata1998 Carlo Lorenzetti1999 Mauro Staccioli2000 Francesco Somaini2001 Pino Castagna2002 Michael Deiml2003 Eduard Habicher2004 Piera Legnaghi2005 Romano Abate2006 Annamaria Gelmi2007 Nane Zavagno2008 Santorossi2009 Mirta Carroli2010 Carlo Ciussi2011 Graziano Pompili

Le grandi mostrenel Castello di Pergine

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