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Grandi eventi per rilanciare la provincia di Viterbo di Andrea Alessi Storico dell’arte

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Grandi eventi per rilanciare la provincia di Viterbo

di Andrea AlessiStorico dell’arte

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Nel 2004 la mostra sulle pitture della tomba François e quella su Del Piombo e Michelangelo

A Palazzo degli Alessandri le opere di Mattia e Gregorio Preti

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LA POLITICA DEI GRANDI EVENTI

Il trasporto della Macchina di Santa Rosa, ma non solo. È sui grandi eventi cultura-

li che si indirizzano sempre di più le politiche di valorizzazione della Tuscia. Al di

là del “colore” delle varie amministrazioni locali, negli ultimi anni, anche sulla scia

degli esempi che provengono dalla vicina Umbria, sembra essersi rafforzata la consa-

pevolezza dell’esistenza, in questa provincia, di un patrimonio storico e culturale sul

quale puntare per il rilancio dell’economia locale. Due mostre per due grandi eventi

hanno segnato, in questa direzione, il 2004: “Notturno sublime” sulla “Pietà” di Seba-

stiano del Piombo e Michelangelo, allestita al museo civico del capoluogo, e “Eroi etru-

schi e miti greci” sugli affreschi della tomba François, allestita nel castello di Vulci tra

Montalto di Castro e Canino. Due grandi eventi che probabilmente non hanno trova-

to la giusta risonanza nazionale, ma in ciò la provincia di Viterbo sconta da un lato una

sorta di inesperienza nel settore e da un altro lato la vicinanza con Roma capitale e con

l’Umbria, che, in fatto di eventi culturali, catalizzano, come è normale che sia, l’atten-

zione dei media. La strada comunque è stata imboccata e infatti anche nel 2005 non

mancheranno altre iniziative in questa direzione. Non a caso proprio il 2005 si apre

con un’altra mostra di rilevanza nazionale: stiamo parlando di quella su Mattia e Gre-

gorio Preti inaugurata il 16 dicembre a Palazzo degli Alessandri, nel cuore della Viter-

bo medievale, a cura dell’amministrazione provinciale.

EROI ETRUSCHI E MITI GRECI

Aperta fino al 31 dicembre 2004 al Castello della Badia di Vulci, è la prima esposizione

nel nostro Paese del celebre ciclo pittorico staccato nel 1863 nella tomba etrusca dei Sa-

ties nella zona della necropoli di Ponte Rotto a Vulci. Si tratta in assoluto di una delle

più importanti testimonianze etrusche. Il rinvenimento della tomba fu opera dell’ar-

cheologo Alessandro François (da cui adesso prende il nome). La tomba è molto grande

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Alle pagine precedentiLo splendido giardinoall’italiana di Villa Lantea Bagnaia, dove nel marzo del 2004 si è tenuto unimportante convegnointernazionale di studi.

Vulci: ponte e castellodella Badia.

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e al suo interno fu rinvenuta una serie di ricchi corredi che dopo la morte di François,

nello stesso 1857, furono venduti a musei e privati. Le pitture staccate andarono invece

tutte agli eredi Torlonia, proprietari allora delle terre dove sorge la necropoli, che que-

st’anno ne hanno concesso sia il restauro sia l’esposizione. Il filo conduttore del ciclo pit-

torico, risalente al IV secolo avanti Cristo, è il dualismo Etruschi - Romani, con i primi

che, avvertendo sempre di più la politica espansionistica della città del Tevere, cercano di

opporsi ad una fine che invece è già nell’aria. Nel castello della Badia di Vulci le pitture

staccate sono state messe in mostra dalla Sovrintendenza dell’Etruria Meridionale nel

contesto di una ricostruzione della tomba stessa a grandezza naturale: esse pertanto si

mostrano come si presentavano al momento della scoperta. Tali affreschi furono “strap-

pati” dal supporto murale originale nel XVIII. Era il 1857 quando il principe Alessandro

Torlonia, che, nel novembre del 1855, con la morte della principessa di Canino divenne

proprietario di tutte le tenute che erano state di Luciano Bonaparte, diede incarico al

François di effettuare degli scavi per ricercare l’ingresso del grande tumulo della Cuccu-

mella. Il caso volle che all’inizio della campagna di scavi tutta la tenuta della Badia fos-

se coltivata a grano, ragion per cui lo scavo della Cuccumella fu rinviato alla fine della

stagione. Il François concentrò allora le sue ricerche in località “Ponte Rotto” e fu lì che,

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OLa celebre Pietàrealizzata daSebastiano del Piombosu disegno diMichelangelo.

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negli ultimi giorni dell’aprile di quell’anno, scoprì gli straordinari ambienti della tomba

dei Saties. L’importanza di questa straordinaria scoperta risiede nell’interpretazione di

queste pitture, le quali rappresentano scene greche di carattere mitologico insieme a

scene di storia etrusca e romana. Il sepolcro che ospitava i dipinti è caratterizzato da

una complessa pianta articolata in sette camere.

NOTTURNO SUBLIME

La Pietà di Sebastiano del Piombo, conservata al museo civico di Viterbo, è stata proposta

dal 29 maggio al 30 luglio 2004 in una mostra che, grazie ad accurate indagini, ha rivelato

al pubblico tutti gli aspetti della tecnica esecutiva, chiarendo soprattutto scientificamente

la vera storia del dipinto: fu Michelangelo a disegnare il cartone, Sebastiano del Piombo

invece lo “colorò”. Opera fondamentale della cultura artistica cinquecentesca, sul suo re-

tro sono stati realizzati importanti disegni autografi del Buonarroti e preparatori per la de-

corazione della volta Sistina a Roma. Le indagini sono state condotte coinvolgendo le mag-

giori istituzioni pubbliche specializzate nel settore della diagnostica. Tali indagini hanno

dunque sollecitato una serie di letture dell’opera che richiedono ulteriori approfondimenti

e verifiche, i cui risultati saranno discussi in un convegno internazionale di studi che si

terrà a Viterbo nel 2005, cui parteciperanno tra gli altri anche il museo del Louvre, la Na-

tional Gallery di Londra e il Kunsthistorisches Museum di Vienna. Capolavoro del Cin-

quecento italiano, la Pietà è considerata all’unanimità un dipinto in cui si verifica la rara

unione tra colorito veneto e disegno toscano. È proprio su questo nodo che si articola l’in-

tera questione. Come ha chiarito la curatrice del catalogo, Costanza Barbieri, si tratta di

un dipinto realizzato a quattro mani. In particolare, le indagini hanno confermato che

Michelangelo ha fornito il cartone per le figure del Cristo e della Vergine, mentre Sebastiano

ha eseguito materialmente l’opera. Questo sodalizio tra Michelangelo e Sebastiano non cor-

risponde, però, al classico rapporto maestro-discepolo, poiché, quando giunse a Roma, il

pittore veneziano era già un artista maturo. Se Sebastiano poteva comunque trarre van-

taggio dalla collaborazione con Michelangelo per una sua decisa affermazione nel pano-

rama romano, quale interesse aveva il grande maestro toscano nel fornire un disegno pre-

paratorio per un dipinto condotto da altri? La verità è che gli artisti in quell’epoca viveva-

no in un clima di grande competizione e inimicizie, in particolare è nota la rivalità tra Mi-

chelangelo e Raffaello. Inoltre, se il Buonarroti era osannato come il più grande disegna-

tore vivente, allo stesso modo era considerato meno bravo del Sanzio sul piano del colore.

Ebbene, Michelangelo proprio per questo chiese aiuto al veneto Sebastiano del Piombo il

quale era noto invece per conferire profondità prospettica avvalendosi, da bravo veneto, di

un ampio spettro di colori. Fu così che Michelangelo fornì a Sebastiano il suo disegno che,

unito al colorito del veneziano, poté osteggiare Raffaello. Nella mostra viterbese, ricchi ten-

daggi, luci soffuse e atmosfere suggestive hanno enfatizzato, con quieto silenzio di triste so-

litudine, la notte del Venerdì Santo. I colori scelti per l’impaginazione degli spazi espositi-

vi non a caso hanno sottolineato le tinte (azzurro, marrone, rosso) utilizzate con grande

equilibrio dal Luciani. La mostra si è rivelata un giusto mix tra innovazione tecnologica

(plasma che proiettavano immagini di confronto, pannelli retroilluminati che mostrava-

no indagini tecnologiche all’avanguardia e postazioni multimediali corredate di suggesti-

vo accompagnamento sonoro), imponendosi allo spettatore per le geniali impostazioni

d’impianto sia in materia museografica che museologica. Il visitatore infatti si è trovato im-

merso in un’atmosfera di sublime quiete non esente da intenso pathos, dove le opere sono

state finalmente contestualizzate e per questo comprese da tutti.

MATTIA E GREGORIO PRETI: IL TAGLIO DELLA LUCE

Organizzata dalla Provincia di Viterbo, è stata inaugurata il 16 dicembre presso il presti-

gioso Palazzo degli Alessandri, nel suggestivo quartiere di San Pellegrino a Viterbo. Mat-

tia Preti, detto il Cavalier Calabrese, nacque a Taverna (Catanzaro) nel 1613. Giunse a

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Roma agli inizi degli anni 30 entrando in contatto con la pittura di Caravaggio e dei ca-

ravaggisti. Importanti per la sua formazione furono i suoi viaggi ricordati dalle fonti ma

di cui non si ha notizia certa. Quasi sicuramente si trovò nell’Italia settentrionale dove si

accostò alla pittura emiliana dei Carracci, di Lanfranco, del Guercino e alla pittura vene-

ta del Veronese. Alla fase romana della sua attività appartengono gli affreschi in San Gio-

vanni Calibita e nell’abside di Sant’Andrea della Valle. Successivamente, a Napoli eseguì

grandi serie di affreschi e numerose pale d’altare diventando personalità di spicco nella

città. Tra il 1657 e il 1659 eseguì gli affreschi votivi per la peste, oggi perduti; eseguì il ci-

clo sul soffitto della chiesa di San Pietro a Maiella, con Storie della vita di San Pietro Ce-

lestino e Santa Caterina d’Alessandria, le due redazioni del Figliuol prodigo che oggi si

trovano al museo di Capodimonte e a Palazzo Reale a Napoli, il San Sebastiano per la chie-

sa di Santa Maria dei Sette Dolori e la Madonna di Costantinopoli nella chiesa di San’A-

gostino agli Scalzi. Nel 1661 l’artista si stabilì a Malta dove, come pittore ufficiale dei Ca-

valieri dell’Ordine, fu impegnato nella decorazione della cattedrale di San Giovanni a La

Valletta con Storie del Battista e in numerose tele per le chiese dell’isola. Morì nel 1699 a

La Valletta. Sono state esposte per questa lodevole iniziativa viterbese un numero consi-

stente di opere molte delle quali di proprietà privata. La mostra “Mattia e Gregorio Pre-

ti: il taglio della luce” si prefigge, attraverso i numerosi prestiti, di ricostruire, a partire dal

percorso dei pittori nella provincia viterbese (Nepi, Sutri e San Martino al Cimino), le tap-

pe essenziali della loro opera con l’ambizioso fine di esaminarne il loro percorso artisti-

co: Siena, Milano, Napoli, Gubbio. Attenzione particolare è stata riservata dagli organiz-

zatori ai capolavori maltesi, per cui in questa occasione la Repubblica di Malta ha forni-

to il suo patrocinio e un totale di 5 opere. Queste, tre delle quali di proprietà di monsi-

gnor Azzopardi a Rabat, sono state restaurate per l’occasione dal laboratorio di restauro

di Viterbo, mentre le rimanenti due opere sono state messe a disposizione dal Museo Na-

zionale de La Valletta. Attraverso un percorso espositivo che conta un numero importan-

te di opere (27 per l’esattezza) è stato ricostruito l’iter procedurale di uno degli allievi più

dotati di Caravaggio di cui l’aspetto scientifico è stato analizzato dal maggiore studioso

dell’argomento J. T. Spike, curatore dell’evento. La mostra aperta fino al 31 gennaio 2005

sarà visitabile tutti i giorni seguendo l’orario consuetudinario del museo. Anche per que-

sto evento, il cui biglietto di ingresso è gratuito, è prevista la pubblicazione del catalogo

in vendita presso il book shop allestito nel museo.

CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI “VILLA LANTE A BAGNAIA”

Un altro grande evento culturale nel 2004 è stato questo convegno, che si è tenuto nella Sa-

la Regia del Comune dal 18 al 20 marzo. Un appuntamento importante per Bagnaia e Vi-

terbo non solo per il richiamo culturale che l’evento ha dato a tutto il territorio della Tu-

scia, ma soprattutto per la portata internazionale di studiosi presenti all’evento: erano ben

35 da tutto il mondo e di molte tra le più prestigiose università. Il convegno si è prefissato

di indagare su uno dei massimi gioielli di architettura rinascimentale del mondo, vanto del

Paese e punto di riferimento per i maggiori prototipi di architettura e pittura rinascimen-

tale. Sono state espresse infatti le relazioni con il giardino dei Boboli di Firenze, con Prato-

lino, Bomarzo, Villa d’Este a Tivoli, Villa Adriana, Caprarola (Palazzo Farnese) e Castello di

Fontainebleau in Francia, nonché con molte strutture inglesi e americane, valga da esem-

pio il parallelismo con Villa Vizcaya in Florida. In questa occasione sono state riaperte en-

trambe le palazzine al pubblico e si sono potuti ammirare i gioielli nascosti dell’architettu-

ra e gli arredi. Per dare le giuste dimensioni del convegno, è necessario dire che l’evento ha

contato i contributi di studiosi giunti a Viterbo da Philadelphia, New Orleans, Oxford, Pa-

rigi, Berlino, Roma. Durante la tre giorni è stato risolto il ruolo svolto dall’architetto, cre-

duto essere Jacopo Barozzi da Vignola, e sono stati affrontati i molteplici problemi relativi

all’attribuzione delle pitture del noto complesso. È in programma per la primavera 2005 la

pubblicazione degli atti affidata all’Electa del gruppo Mondadori.

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