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Governance, competitività e reti nell’area euro-mediterranea: trasporti, energia e telecomunicazioni Algeria, Egitto, Giordania, Libano, Marocco, Tunisia Italiano

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Governance, competitività e reti

nell’area euro-mediterranea: trasporti, energia e telecomunicazioni

Algeria, Egitto, Giordania, Libano, Marocco, Tunisia

Italiano

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INDICE

RAPPORTO DI SINTESI Presentazione di Giuseppe Pennella.................................................................................... 7

I - Il sistema delle infrastrutture e delle reti..................................................................9 Introduzione .......................................................................................................................... 10 1 Trasporti .............................................................................................................................. 11

1.1 Lo scenario euro-mediterraneo .................................................................................... 11 1.2 Il quadro nazionale ......................................................................................................... 21 1.3 Le regioni meridionali e mediterranee ........................................................................ 26 1.4 Nodi critici e questioni aperte in sei Paesi del Mediterraneo................................... 36

2 Energia................................................................................................................................ 41 2.1 Lo scenario euro-mediterraneo .................................................................................... 41 2.2 Il quadro nazionale ......................................................................................................... 49 2.3 Le Regioni meridionali nel contesto mediterraneo ................................................... 53 2.4 Nodi critici e questioni aperte in alcuni Paesi del Mediterraneo ............................ 57

3 Telecomunicazioni ............................................................................................................ 59 3.1 Lo scenario euro-mediterraneo .................................................................................... 59 3.2 Il quadro nazionale ......................................................................................................... 68 3.3 Nodi critici e questioni aperte in alcuni Paesi del Mediterraneo ............................ 71

II – Governance, sistemi produttivi e reti i sei Paesi del Mediterraneo ..................73 Introduzione .......................................................................................................................... 74 1 Algeria ................................................................................................................................ 76

1.1 Governance dei sistemi produttivi ............................................................................... 76 1.2 Trasporti, energia, telecomunicazioni .......................................................................... 77

2 Egitto ................................................................................................................................... 81 2.1 Governance dei sistemi produttivi ............................................................................... 81 2.2 Trasporti, energia, telecomunicazioni .......................................................................... 82

3 Giordania ........................................................................................................................... 85 3.1 Governance dei sistemi produttivi ............................................................................... 85 3.2 Trasporti, energia, telecomunicazioni .......................................................................... 86

4 Libano................................................................................................................................. 90 4.1 Governance dei sistemi produttivi ............................................................................... 90 4.2 Trasporti, energia, telecomunicazioni .......................................................................... 91

5 Marocco............................................................................................................................. 95 5.1 Governance dei sistemi produttivi ............................................................................... 95 5.2 Trasporti, energia, telecomunicazioni .......................................................................... 96

6 Tunisia ............................................................................................................................... 100 6.1 Governance dei sistemi produttivi ............................................................................. 100 6.2 Trasporti, energia, telecomunicazioni ........................................................................ 102

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APPROFONDIMENTI TEMATICI III - Governance dei sistemi produttivi in sei Paesi del Mediterraneo

Introduzione

1 Algeria 1.1 Quadro macroeconomico 1.2 L’intervento pubblico in economia 1.3 L’Algeria nel commercio internazionale 1.4 Gli Investimenti Diretti Esteri 1.5 Il sistema imprenditoriale algerino

2 Egitto 2.1 Quadro macroeconomico 2.2. L’intervento pubblico in economia 2.3 L’Egitto nel commercio internazionale 2.4 Gli Investimenti Diretti Esteri 2.5 Il sistema imprenditoriale egiziano

3 Giordania 3.1 Quadro macroeconomico 3.2 L’intervento pubblico in economia 3.3 La giordania nel commercio internazionale 3.4 Gli investimenti diretti esteri 3.5 Il sistema imprenditoriale giordano

4 Libano 4.1. Quadro macroeconomico 4.2. L’intervento pubblico in economia 4.3 Il Libano nel commercio internazionale 4.4 Gli Investimenti Diretti Esteri 4.5 Il Sistema imprenditoriale libanese

5 Marocco 5.1. Quadro macroeconomico 5.2. Il marocco nel commercio internazionale 5.3 Gli investimenti diretti esteri 5.4 Il sistema imprenditoriale marocchino

6 Tunisia 6.1 Quadro macroeconomico 6.2 L’intervento pubblico in economia 6.3 La tunisia nel commercio internazionale 6.4 Investimenti diretti esteri 6.5 Il sistema imprenditoriale tunisino

IV – Governance delle reti in sei Paesi del Mediterraneo Introduzione

1 Algeria 1.1 Quadro introduttivo 1.2 Telecomunicazioni 1.3 Energia 1.4 Trasporti

2 Egitto

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2.1 Quadro introduttivo 2.2 Telecomunicazioni 2.3 Energia 2.4 Trasporti

3 Giordania 3.1 Quadro introduttivo 3.2 Telecomunicazioni 3.3 Energia 3.4 Trasporti

4 Libano 4.1 Quadro introduttivo 4.2 Telecomunicazioni 4.3 Energia 4.4 Trasporti

5 Marocco 5.1 Quadro introduttivo 5.2 Telecomunicazioni 5.3 Energia 5.4 Trasporti

6 Tunisia 6.1 Quadro introduttivo 6.2 Telecomunicazioni 6.3 Energia 6.4 Trasporti

V - Lo strumento di vicinato, partenariato e di adesione Introduzione

1 La politica europea di vicinato nel Mediterraneo 2 La cooperazione euro-mediterranea: dal partenariato al vicinato 3 L’esperienza dei fondi MEDA e lo strumento di vicinato e partenariato 4 Lo strumento di preadesione (IPA)

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Presentazione di Giuseppe Pennella La crescente attenzione dedicata dall’Unione europea al tema delle interconnessioni e delle infrastrutture di rete in primo luogo trasporti, energia e telecomunicazioni, nell’area euro-mediterranea, evidenziata dai documenti programmatici per il periodo 2007-2013, inerenti la European Neighbourhood Policy ed il nuovo Obiettivo 3 dedicato alla cooperazione territoriale, trova un significativo riscontro sia nei documenti programmatici nazionali e regionali del nostro paese che nelle politiche nazionali attivate dai paesi della sponda sud del Mediterraneo.

Su queste tematiche è in corso un processo di convergenza che rappresenta, al tempo stesso, un presupposto e un vincolo per la piena realizzazione dello sviluppo dell’area euro-mediterranea. Questa prospettiva passa, infatti, necessariamente attraverso una promozione ed un migliore funzionamento delle reti infrastrutturali.

Il forte ruolo giocato dalle interconnessioni può, in prospettiva, portare ad una nuova configurazione spaziale del territorio euro-mediterraneo, con il moltiplicarsi di nodi, reti e corridoi. Esiste già una mappa dell’area euromediterranea, per così dire “invisibile”, non riportata nelle nostre ordinarie cartine geografiche, fitta di reti, di corridoi, di nodi, di interconnessioni, di piattaforme così come si evidenzia dal logo del volume in queste pagine presentato. Queste reti “invisibili” danno ragione di quanto, sia in campo economico che istituzionale, si sta portando avanti attraverso programmi, progetti e investimenti che determinano complesse questioni di regia e di monitoraggio sulla tenuta e funzionalità del sistema delle reti. La governance e la competizione dei mercati stanno trovando, su questo terreno, le ragioni per una loro nuova sinergia sia nella promozione e gestione che nello sviluppo della rete e delle reti. La costituzione ed il buon funzionamento di questo sistema di reti sta diventando il terreno su cui misurare sia i nuovi presupposti per lo sviluppo che i nuovi rapporti tra governance e mercati.

È, infatti, proprio di questo nostro tempo moderno la riflessione sulla natura pubblica o privata della costituzione, regolamentazione, accesso e monitoraggio del sistema di reti. Questi nuovi temi aprono una nuova dimensione del rapporto tra locale e globale, tra Europa e Mediterraneo, tra pubblico e privato, tra economia ed istituzioni, etc.. Quello che sarà del sistema delle reti, avrà effetti sull’ oramai statico concetto di libero mercato. Pervenire ad un libero mercato, come è noto, è stato, per altro verso, l’obiettivo centrale della dichiarazione di Barcellona, obiettivo previsto per il 2010. Una nuova competizione non avverrà, infatti, solo nei e tra mercati di beni e servizi ma anche tra e con le reti. Reti interconnesse, di semplice e funzionale regolamentazione, di facile manutenzione che sappiano raccordare le vocazioni dei territori, l’economia, le istituzioni, le amministrazioni, le risorse presenti e future si rappresentano come i nuovi capisaldi dello sviluppo. Tali nuove configurazioni produrranno effetti tra aree ricche e povere, aree del nord e del sud dell’Europa, connettendo centri eccellenti e livelli marginali, attribuendo nuovi ruoli ai territori ed alle amministrazioni. Sembra esservi un consenso unanime circa le potenzialità che un tale processo porta con sé, soprattutto quale occasione per le regioni italiane meridionali e per il sistema Italia nel suo complesso di concretizzare il vantaggio specifico di prossimità di cui il nostro paese gode nel Mediterraneo.

Più volte si è fatto riferimento, in termini generali, all’opportunità di promuovere lo sviluppo di piattaforme territoriali transnazionali attestate sui corridoi transeuropei e sulle autostrade del mare, in grado di valorizzare il potenziale competitivo locale dei territori, saldando bisogni dei sistemi nazionali con il sistema europeo ed extraeuropeo; beneficiando dell’incremento dei traffici delle risorse e delle opportunità economiche che si incrociano nel bacino del Mediterraneo. In particolare è stato evidenziato la possibilità per il Mezzogiorno d’Italia di aumentare la capacità di intercettare e organizzare i flussi generati dall’interscambio tra Europa, bacino del Mediterraneo ed Estremo Oriente e di fungere quindi da snodo logistico di riferimento.

Allo stesso modo è stata evidenziata, in tema di telecomunicazioni, la necessità di capitalizzare i successi italiani nel campo dell’innovazione per garantire che il nostro paese non sia solo un

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grande mercato di telecomunicazioni ma anche una realtà capace d’integrare tutta la filiera produttiva: tecnologia, prodotti, servizi1.

La complessità degli obiettivi prefissati impone, pertanto, di ragionare, fin da adesso, sulle possibili criticità del processo in avvio. Occorre in sostanza iniziare, già da ora, a soffermarsi sui punti nodali in cui le reti infrastrutturali si incrociano con amministrazioni e con i sistemi produttivi, punti in cui più forte è avvertita la tensione sulla tenuta della rete medesima ed in cui più cogente è la possibilità di potersi avvalere di “registi” e di “saldatori” di una rete che, al tempo stesso, è amministrativa, economica e tecnologica.

Una conoscenza integrata sulle reti dei trasporti, dell’energia e telecomunicazioni riferita ai paesi del Mediterraneo ed alle regioni italiane direttamente interessate dalla politica di connettività dell’UE, diventa, pertanto un punto di partenza indispensabile per tale governance. Solo saldando i dispositivi amministrativi/istituzionali, che operano nel campo delle reti infrastrutturali, con i bisogni economici di chi promuove le reti, si può giungere ad una governance efficace ed integrata delle reti coerente con le regole proconcorrenziali. La questione centrale affrontata nella nostra ricerca è stata quella di raccordare i bisogni economici territoriali e relativi promotori della costituzione delle reti, con la governance delle istituzioni e connesse delle amministrazioni, che seppur espressioni di culture differenti, hanno invece il compito della definizione delle regole, della tutela e del monitoraggio della rete medesima. Le conoscenze necessarie per governare i processi delle nuove reti infrastrutturali vanno, pertanto, arricchite con ulteriori studi che investano congiuntamente i sistemi produttivi ed i sistemi istituzionali dei territori coinvolti in questa nuova configurazione spaziale del territorio euro-mediterraneo.

Definita la base di partenza e gli elementi costitutivi iniziali del processo di connessione dei territori, amministrazioni e sistemi produttivi va specificato che questo concetto di rete, a cui si fa riferimento, assumerà sempre più una natura dinamica e non statica. Occorre cioè considerare, sin da ora, l’importanza di un processo di sviluppo della rete, la sua evoluzione non solo nord-sud ma anche est-ovest, tenendo in considerazione la possibilità di estenderla ad altre regioni e ad altri paesi limitrofi per esempio i Balcani ed i paesi dell’est europeo.

In un tale processo si necessita di una programmazione e di una cura che faccia da garante sul buon funzionamento della rete, assegnando una particolare rilevanza alle funzioni di “regia”, di “saldatura” della rete medesima, soprattutto negli snodi, laddove si incrociano le amministrazioni con i sistemi produttivi. Queste funzioni hanno necessità di una cura non episodica ma programmatica assegnandone la titolarità ad autorità indipendenti e neutrali in grado di intervenire senza turbare la naturale evoluzione dei processi economici in corso. È con questo spirito che abbiamo elaborato questi primi documenti di studio e di ricerca con unteam interno di ricercatori e di analisti ed accogliendo sollecitazioni di Amministrazioni regionali e locali, ci siamo dati carico di attivare un seminario di approfondimento cointeressando istituzioni e partner economici.

La ricerca e la relativa pubblicazione è organizzata in 5 sezioni.

Le prime due in inglese, francese ed italiano:

I – Il sistema delle infrastrutture e delle reti

II – Governance, sistemi produttivi e reti: schede di sintesi.

Le successive tre sono state elaborate solo in lingua italiana e sono diffuse in fascicoli separati:

III – Governance dei sistemi produttivi in sei Paesi del Mediterraneo

IV – Reti materiali e immateriali in sei Paesi del Mediterraneo

V - Lo strumento di vicinato e partenariato e lo strumento di adesione. 1 Cfr: “Relazione annuale sull’attività svolta e sui programmi di lavoro”,Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, giugno 2006.

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I - Il sistema delle infrastrutture e delle reti

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Introduzione Nella prima parte della ricerca vengono affrontate, in tre capitoli differenti, le tematiche inerenti le infrastrutture e le reti dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni. Ciascuna di queste tematiche viene analizzata con riferimento alla dimensione euro-mediterranea, attraverso la presentazione del quadro istituzionale e regolamentare comunitario con una ricognizione dei principali programmi e progetti dell’Unione europea per il periodo 2007– 2013. Una seconda sezione è dedicata al quadro nazionale italiano, attraverso una analisi dei documenti programmatici che afferiscono ai tre settori in questione, con particolare attenzione alle indicazioni contenute nel Quadro Strategico Nazionale (2007-2013). La terza sezione attiene alla dimensione regionale e fornisce una sintesi dei piani di trasporto regionali e dei progetti in materia di infrastrutture e reti energetiche delle regioni meridionali e mediterranee.

La seconda parte della pubblicazione contiene, invece, una sintesi delle tematiche inerenti la governance dei sistemi produttivi e delle reti infrastrutturali - trasporti, energia e telecomunicazioni – in sei Paesi del Mediterraneo: Algeria, Egitto, Giordania, Libano, Marocco e Tunisia. Per ciascun Paese, dopo una breve presentazione del quadro macroeconomico, ci si sofferma sulla governance dell’intervento pubblico in economia, procedendo ad un commento in merito alla presenza dello Stato nei diversi settori dell’economia. Una considerazione speciale ricevono le riforme relative alla regolamentazione del mercato e della concorrenza e gli aspetti istituzionali inerenti la costituzione e il funzionamento di autorità di vigilanza e controllo dei mercati. In maniera dettagliata sono affrontate le dinamiche che investono, in materia, le reti dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni. Costituiscono, inoltre, oggetto di indagine: il grado di apertura internazionale dell’economia di questi Paesi e la loro integrazione nel commercio internazionale; la struttura del tessuto industriale ed i diversi programmi varati dai sei Paesi con il fine di accrescere la competitività dei propri sistemi produttivi.

La ricerca si completa con tre sezioni di approfondimento (disponibili esclusivamente in lingua italiana) contenenti una versione integrale dei Report Paese relativi alla governance dei sistemi produttivi e dei Report Paese sulle reti materiali ed immateriali (trasporti, energia e telecomunicazioni), con una specifica attenzione dedicata all’evoluzione normativa ed alle attività regolative e/o di tutela della concorrenza svolte da Autorità pubbliche o da Agenzie indipendenti nei settori in questione nei sei Paesi del Mediterraneo. Un ultima quinta sezione è dedicata alle politiche dell’UE in materia di prossimità.

Il lavoro di ricerca, svolto in maniera collegiale si è avvalso di specifici contributi segnalati a pie’ di pagina in ciascun elaborato.

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1 Trasporti

1.1 Lo scenario euro-mediterraneo2 Il rafforzamento dei legami politici, economici e sociali tra le due rive del Mediterraneo, generato dall’ampliamento e dall’approfondimento della partnership euro-mediterranea rende indispensabile lo sviluppo di una rete euro-mediterranea di trasporti, tanto nella sua dimensione Sud-Sud (collegamenti tra partner del Mediterraneo) che Nord-Sud (interconnessione con la rete transeuropea di trasporto).

La costruzione delle reti energetiche e di trasporti viene considerata sia una precondizione fondamentale del nuovo partenariato euro-mediterraneo che una modalità che incentivi ad avviare processi di integrazione sopranazionale fra i Paesi partner del Mediterraneo. Ma uno spazio mediterraneo comune presuppone, inoltre, la costruzione di una rete di infrastrutture fisiche basata su un’armonizzazione legislativa e procedurale che raccordi la governance economico-istituzionale con i processi produttivi dei luoghi e dei territori che tali reti attraversano.

Le azioni previste nella rete dei trasporti si articolano in base agli obiettivi individuati dalla Commissione sullo sviluppo della rete euro-mediterranea di trasporto del 2003. Più in particolare, i programmi previsti riferiscono della promozione di uno spazio aereo euro-mediterraneo, al rafforzamento della sicurezza marittima, alla promozione del piccolo cabotaggio e delle autostrade del mare e allo sviluppo del sistema di navigazione satellitare Galileo anche nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo.

Gli stanziamenti di ciascun programma sono strettamente collegati alla fase di identificazione di progetti specifici. Le attività previste mirano a predisporre la realizzazione di una rete di trasporti euro-mediterranea e, a lungo termine, dell’area di libero scambio, attraverso l’introduzione di programmi di assistenza tecnica, formazione e di scambi mirati alla realizzazione di capacity building e ad una graduale armonizzazione delle procedure. Fig.1: Rete euromediterranea dei trasporti

Fonte: The Trans-European Transport Networks

2 Elaborazione a cura di Paola Russo e Clementina Persico

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1.1.1 L’evoluzione della politica dei trasporti dell’Unione verso il Mediterraneo La tematica dei trasporti, sebbene abbia acquisito una priorità strategica alla luce della prevista integrazione con le reti europee, non costituisce un ambito innovativo di intervento per l’Ue.

Già nel 1995, infatti, con la Dichiarazione di Barcellona era stato posto l’accento sull’interconnessione delle reti di trasporto mediterranee con la rete transeuropea e lo sviluppo di collegamenti sud-sud. La quinta Conferenza euro-mediterranea dei ministri degli Affari esteri svoltasi a Valencia (Spagna) il 22-23 aprile 2002 e il Piano di azione adottato in quell’ occasione ribadirono il carattere prioritario dello sviluppo delle reti e delle infrastrutture di trasporto nel Mediterraneo, in particolare le interconnessioni.

La strategia europea di collegamento delle rotte di trasporto con i Paesi vicini, elaborata nel corso delle conferenze paneuropee dei trasporti di Praga (1991), Creta (1994) ed Helsinki (1997), non aveva infatti sino ad oggi previsto il coinvolgimento dell’area mediterranea, mentre aveva per inverso già strutturato una specifica rete (i “corridoi”) nell’Europa Centro-orientale e Balcanica.

Nel Consiglio europeo di Copenaghen del 12 e 13 dicembre 2002 fu affrontata la tematica del collegamento fra la rete transeuropea dei trasporti e il Mediterraneo; le indicazioni sono confluite nella già citata Comunicazione della Commissione del giugno 2003, che sottolineò l’esigenza dello sviluppo di una rete di trasporti euromediterranea. La stessa comunicazione, del resto, denota una scarsa integrazione e cooperazione sub-regionale che necessita di un impulso da parte dell’Ue; tale tema è diventato prioritario alla luce dell’interesse strategico che riveste, anche ai fini della realizzazione dell’area di libero scambio.

La strategia Ue mirata alla creazione di una rete di collegamento fra i Paesi dell’Unione e le aree ad esso limitrofe comprende anche: il Tina - Transport Infrastructure Needs Assessment (finalizzato allo sviluppo delle linee di trasporto nei Paesi dell’Europa orientale), le aree paneuropee di trasporto - Petra (che coprono le zone marittime del Mediterraneo, del Baltico, del Mar Nero e dello ionicoadriatico); il corridoio transiberiano (che congiunge i corridoi paneuropei alla Cina, alla Corea e al Giappone); il corridoio meridionale (che li collega con l’Asia centrale attraverso Turchia e Iran); il corridoio Nord-Sud (che collega i corridoi al Golfo Persico, attraverso Russia e Asia centrale); il Tra ceca - Transport Corridor Europe-Caucasus-Asia (che congiunge i corridoi all’Asia centrale attraverso il Caucaso, ripercorrendo tratti dell’antica Via della Seta).

La costruzione della rete transeuropea dei trasporti, che prevede dunque l’inter-connessione e l’interoperabilità delle reti di trasporto nazionale all’interno dell’Ue, costituisce per l’Unione Europea un fondamentale elemento finalizzato allo sviluppo del Mercato interno e al rafforzamento della coesione economica e sociale.

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Figura 2: Corridoi transeuropei programmati sul territorio italiano

Fonte: The Trans-European Transport Networks

1.1.2 Comunicazione 376/2003 per lo sviluppo di una rete euromediterranea di trasporto Tutte le economie avanzate si basano su reti di trasporto affidabili, numerose e competitive per favorire le relazioni commerciali internazionali e garantire le basi della crescita economica. Pertanto, la vulnerabilità attuale della rete di trasporto sulle rive sud ed est del Mediterraneo, dovuta ad un reticolato insufficiente, ad una mancanza di mezzi di gestione del traffico, a un’apertura incompleta dei mercati di trasporto, ma anche alla scarsa cooperazione subregionale, costituisce un ostacolo importante all’investimento e allo sviluppo economico e sociale della regione. Un rafforzamento della cooperazione subregionale permetterebbe evidentemente di sfruttare meglio le complementarità facilitando l’istituzione e il funzionamento della rete euromediterranea di trasporto. La realizzazione di questa rete darebbe un maggiore impulso all’integrazione sud-sud.

Con la Comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo sullo sviluppo di una rete euromediterranea di trasporto (Com (2003) 376), la Commissione ha inteso formalizzare e sistematizzare la materia della politica comunitaria dei trasporti. Obiettivo della comunicazione è stato quello di promuovere la cooperazione con i Paesi del sud del Mediterraneo al fine di migliorare le infrastrutture di trasporto e sensibilizzare i soggetti pubblici e privati.

La Comunicazione definisce le sfide di questa rete e le sue caratteristiche, prendendo in considerazione anche le limitazioni inerenti al suo sviluppo, sia che si tratti di preoccupazioni di sicurezza che di finanziamento. Negli ultimi anni sono infatti emerse nuove necessità e obblighi aventi un impatto diretto sul settore del trasporto nel Mediterraneo: sviluppo del turismo, preoccupazioni di sicurezza legate ai rischi del trasporto marittimo di idrocarburi e del terrorismo internazionale o crescente configurazione del Mediterraneo come zona di transito, in particolare a causa dell’aumento dei flussi di traffico in provenienza dall’Asia.

I flussi di trasporto tra le due rive del Mediterraneo sono molto intensi e l’Ue è il principale partner marittimo e aereo di questa regione, e in particolare del Maghreb. Parallelamente, sono emersi nuovi vincoli e nuove esigenze per quanto riguarda lo sviluppo turistico, le preoccupazioni in materia di sicurezza e di terrorismo internazionale.

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L’esercizio di pianificazione della rete e di individuazione dei progetti prioritari è stato avviato nel quadro del programma Meda. Per la preparazione dell’ elenco di progetti di infrastrutture prioritarie, la Commissione raccomanda un approccio per corridoi, che consente di definire meglio tali priorità. A titolo indicativo, si possono citare due corridoi multimodali, particolarmente atti a promuovere l’integrazione regionale:

• Il corridoio multimodale transmaghrebino: una rete ferroviaria e autostradale che permetterà di collegare le principali città del Marocco, dell’Algeria e della Tunisia.

• Il doppio corridoio del Mediterraneo orientale: il corridoio parte dalla Bulgaria, attraversa la Turchia per dividersi in due rami: uno che passa lungo la costa attraversando la Siria, il Libano, Israele e quindi l’Egitto, l’altro che attraversa gli altopiani siriani e giordani.

Figura 3: Corridoi di Trasporto Mediterranei

Fonte: The Trans-European Transport Networks

1.1.3 Trasporto marittimo Nell’ambito dello sviluppo futuro dei rapporti tra l’Unione europea e i Paesi del Mediterraneo, emerge senza dubbio la centralità strategica del trasporto marittimo nella fase di riconfigurazione strategica delle reti di trasporto e delle Autostrade del mare.

Il ruolo centrale del trasporto marittimo viene ribadito anche dal precedente Commissario ai Trasporti Loyola De Palacio, che raccomandava di puntare sul mare per sopperire alla mancanza di una completa rete ferroviaria euro¬pea ed alla congestione stradale che ormai affligge l’intera Europa, garantendo allo stesso tempo un trasporto a consumo energetico inferiore e di minore impatto ambientale. Il ruolo centrale del trasporto marittimo impone di concentrare gli sfor¬zi comuni sullo sviluppo di alcuni strumenti fondamentali quali:

• alta qualità della modalità di trasporto marittimo basata su una offerta di servi¬zi frequenti ed affidabili, economicamente bilanciata con i volumi di traffico delle Autostrade del Mare, offrendo al tempo stesso servizi speciali per quanto concerne le formalità doganali e la sicurezza, agendo appropriatamente sulla qualità di equipaggi, navi e porti;

• un aggiornato livello di cooperazione finanziaria tra il settore pubblico e priva¬to che consenta il finanziamento di iniziative intese a sviluppare l’infrastruttu-ra Autostrada del Mare allo scopo di creare nuove linee regolari di Short Sea Shipping che possano essere qualificate come linee di interesse generale ed a promuovere l’intermodalità.

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La collocazione dell’Italia e più in particolare delle regioni insulari si rivela geo¬politicamente strategica, in quanto potenziale piattaforma per servizi logistici di cerniera tra l’Europa e l’area mediterranea; quest’ultima si configura come un nuovo interessan¬te teatro di scambi, con la presenza di eventuali concorrenti ed un attendibile incre¬mento del traffico di transito, perciò ricco di nuove opportunità di sviluppo.

Trasporto marittimo a corto raggio “Per trasporto marittimo a corto raggio si intende il movimento di merci e pas¬seggeri via mare tra porti situati nell’Europa geografica o tra questi porti e porti situati in Paesi non europei con una linea costiera sui mari chiusi alle frontiere dell’Europa”. (Comunicazione 317/1999 della Commissione europea).

La Commissione europea ha presentato una prima comunicazione sul tema nel 1995, cui fece seguito nel 1997 una relazione di avanzamento. L’ultima comunica¬zione in tema di trasporto marittimo a corto raggio risale al 1999.

Le ragioni principali per cui si dovreb¬be promuovere il trasporto marittimo a corto raggio all’interno del bacino italiano del Mar Mediterraneo sono state così individuate:

1) promuovere la sostenibilità generale dei trasporti: il cabotaggio dovrebbe costi¬tuire un’alternativa valida (e sotto certi aspetti più ecologica) del trasporto stra¬dale, ormai saturo;

2) rafforzare la coesione delle aree, economiche prima e geografiche poi, interessa¬te da questa modalità di trasporto, facilitando le connessioni tra le diverse regio¬ni e rilanciando le zone periferiche;

3) aumentare l’efficienza dei trasporti in generale, per soddisfare la domanda attua¬le e futura legata alla crescita economica.

A tal fine il trasporto marittimo a corto raggio dovrebbe diventare parte integrante della catena logistica, nonché un effettivo servizio door-to-door.

Malgrado la scarsità di statistiche sufficientemente aggiornate e parti¬colareggiate su scala nazionale per il cabotaggio, i dati disponibili indicano che, nell’ultimo decennio, questa modalità di trasporto è sistematicamente cresciuta, come cresciuto è anche il volume del traffico in generale ed in particolare dei container nei principali porti italiani. Si può tranquillamente affermare che quello del trasporto via mare è un set¬tore in crescita, e in effetti i maggiori porti italiani si stanno attrezzando per creare infrastrutture sempre più nuove e efficienti a sostegno di questa modalità di tra¬sporto.

In tema di cabotaggio non si può non parlare di porti. I tempi di sosta, i limiti infrastrutturali, le tariffe non trasparenti, i livelli di servizio non sempre efficienti e gli equipaggiamenti non sufficientemente dotati degli scali portua¬li costituiscono un problema da risolvere per il trasporto marittimo a corto raggio. I porti dovrebbero promuovere il cabotaggio nell’ambito delle loro strategie di com¬mercio globali, magari prevedendo, come alcuni porti italiani stanno già facendo, dei terminal adibiti solamente al trasporto marittimo a corto raggio, nei quali ven¬gano anche forniti servizi specializzati per questa modalità. La scelta del cabo¬taggio per un porto implica, quindi, considerare una nuova organizzazione dei terminal ed implementare nuove tecnologie per i mezzi navali.

Altro aspetto essenziale è la realizzazione di Autostrade del mare che colleghi¬no i corridoi e i fronti marittimi degli Stati membri e dei Paesi vicini.

1.1.4 Autostrade del mare nel Mediterraneo L’incremento dei servizi di trasporto mare-terra riveste un ruolo strategico nella politica di riequilibrio modale dei trasporti. Lo scopo è quello di creare un sistema integrato di collegamenti che fornisca un’alternativa al trasporto su gomma, garantendo così una ripartizione più razionale del traffico merci e superando i problemi di congestionamento della rete stradale nazionale.

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L’espressione “Autostrade del mare” è stata utilizzata per indicare il trasporto effettuato su quei percorsi, in parte “tracciati” (le tratte terrestri) e in parte “non tracciati” (le tratte marittime), in una logica di trasporto door-to-door che può consentire trasporti tra aree del nostro Paese in alternativa e ugualmente competitivi rispetto a quelli effettuati sulle autostrade terrestri.

Per tradurre in termini concreti il ruolo strategico del nostro Paese nell’ambito dell’infrastrutturazione logistica, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si è confrontato con tre distinti interlocutori: quello comunitario (allargato ai 10 nuovi paesi), quello bilaterale con i Paesi del Mediterraneo dell’Unione Europea e infine quello nazionale. A livello comunitario, a conferma dell’importanza che il Governo ha riconosciuto al trasporto marittimo nel contesto del Sistema dei trasporti nazionale ed europeo, va ricordata la “Carta di Napoli”, sottoscritta il 4 e 5 luglio 2003 a Napoli, nel corso del Consiglio informale dei Ministri dei Trasporti dell’Unione europea, con la quale si è affermata la necessità di facilitare i collegamenti oltre confine, specialmente quelli penalizzati da vincoli naturali, migliorando in tal modo la competitività dell’Unione europea. In tale ambito, i Ministri hanno accolto con favore il rapporto del Gruppo di Alto Livello sul Ten-T, ribadendo il ruolo chiave del concetto di “Autostrade del Mare”.

A livello bilaterale c’ è da ricordare la costituzione del gruppo di esperti per lo sviluppo del trasporto marittimo a corto raggio e delle “Autostrade del mare”, avvenuta a Livorno il 15 febbraio 2002, nonché la dichiarazione congiunta dei Ministri dei Trasporti d’ Italia, Francia, Spagna, Grecia e Portogallo sulla cooperazione regionale per lo sviluppo della navigazione a corto raggio nel sud dell’Europa, siglata a Napoli il 5 luglio 2003 durante il Consiglio Europeo dei Ministri dei Trasporti.

Il programma Autostrade del Mare è stato inserito a livello Comunitario nella lista dei progetti prioritari con l’obiettivo di un necessario riequilibrio fra le modalità di trasporto.

Per il nostro Paese, da un lato il predominio di fatto del trasporto su gomma, dall’altro la predisposizione geografica ad efficaci alternative marittime, configurano tale programma come assoluta necessità, peraltro in sintonia con quanto previsto dal programma del nuovo Governo. Lo sviluppo della strategia nazionale e regionale nei confronti delle politiche di cooperazione nel Mediterraneo passa dunque per l’attuazione del Progetto n.21 “Autostrade del Mare” del Programma TEN-T. Il progetto prioritario n.21, contenuto nella decisione 884/2004, evidenzia quattro corridoi principali all’interno dei quali sviluppare le proposte di autostrade del mare; tali progetti, in quanto rientranti nei cosiddetti “quick start project” sono destinati a ricevere particolari attenzioni da parte della Commissione e di conseguenza una linea privilegiata per il loro finanziamento.

Si ricordano qui di seguito le principali rotte di autostrade del mare evidenziate all'articolo 12 bis della decisione 884/2004:

• Autostrada del Mar Baltico (che collega gli Stati membri del Mar Baltico a quelli dell’Europa centrale e occidentale) incluso il collegamento attraverso il canale Mare del Nord/Mar Baltico (Canale di Kiel) (2010);

• Autostrada del mare dell’Europa occidentale (che collega il Portogallo e la Spagna via l'Arco atlantico, al Mare del Nord e al Mare d’Irlanda) (2010);

• Autostrada del mare dell’Europa sud orientale (che collega il mare Adriatico al mar Ionio e al Mediterraneo orientale per includere Cipro) (2010);

• Autostrada del mare dell’Europa sud occidentale (Mediterraneo occidentale), che collega Spagna, Francia, Italia, compresa Malta, e che collega l’autostrada del mare dell’Europa sud orientale.

L’adozione dell’articolo 12 bis delle “Linee guida per le TEN-T” del 29 aprile 2004 fornisce il contesto legale per i finanziamenti alle autostrade del mare e individua tre obiettivi principali per i progetti in questo settore:

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1. la concentrazione dei flussi di traffico merci e anche passeggeri sulla modalità di trasporto marittima;

2. l’aumento della coesione tra gli Stati membri, infatti è previsto che nei progetti di autostrade del mare siano coinvolti almeno due Stati europei;

3. la riduzione della congestione stradale attraverso lo spostamento dei flussi di traffico verso altre modalità di trasporto.

Per rendere le autostrade del mare un successo, dovrebbero essere tenute presenti tre condizioni principali:

1. si deve fare una scelta riguardo ai porti, ai corridoi intermodali e ai servizi per poter ottenere la necessaria concentrazione dei flussi di traffico;

2. tutti gli attori della catena logistica devono essere coinvolti e impegnati in questi progetti;

3. le autostrade del mare hanno bisogno di mettere in campo le migliori tecnologie nella catena logistica al fine di essere attrattive per i possibili utilizzatori.

La Commissione si è posta come scadenza ultima, per la realizzazione di un network operativo ed efficiente di autostrade del mare, il 2010; è per questo motivo che si sta attivando per realizzare e rendere finalmente operativi i progetti relativi alle stesse. Fig 4: Autostrade del Mare

Fonte: The Trans-European Transport Networks

Inoltre, l’intermodalità del trasporto marittimo a corto raggio potrà essere poten¬ziata grazie alla partecipazione ai progetti pilota del programma Marco Polo.

1.1.5 Il programma “Marco Polo” Il Consiglio europeo di Goteborg del 15 e 16 giugno 2001 ha posto il riequilibrio dei modi di trasporto al centro della strategia per lo sviluppo sostenibile.

Nel 2002 la Commissione Europea ha adottato la Proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alla concessione di contributi finanziari comunitari destinati a migliorare le prestazioni ambientali del sistema di trasporto merci prevedendo un nuovo dispositivo finanziario per promuovere l’intermodalità denominato “Programma MARCO POLO”.

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“MARCO POLO” ha sostituito il precedente Programma PACT (Pilot Action for Combined Transport - 1997-2001) che mirava ad aumentare il ricorso al trasporto combinato sostenendo finanziariamente iniziative commerciali originali (azioni pilota) nel settore dei servizi di trasporto combinato.

Il programma Marco Polo mira a ridurre la congestione delle infrastrutture stradali e a migliorare le prestazioni ambientali dell’intero sistema di trasporto trasferendo una parte del traffico merci dalla strada verso la navigazione marittima a corto rag¬gio, la ferrovia e la navigazione interna.

“Marco Polo” fissa obiettivi quantificati e verificabili di trasferimento modale.

L’obiettivo finale è contribuire al trasferimen¬to del trasporto internazionale di merci dalla strada al trasporto marittimo a corto raggio, la ferrovia e la navigazione interna.

Il programma contribuisce al finanziamento di tre tipi di progetto:

a. Azioni di trasferimento modale che mirano al trasferimento di una parte del traf¬fico stradale verso altri modi di trasporto, mediante aiuti per la fase di avvia¬mento di nuovi servizi di trasporto merci non stradale.

b. Azioni catalizzatrici per progetti innovativi volti a compensare le insufficienze strutturali dei mercati (la creazione di autostrade del mare o di servizi interna¬zionali di trasporto ferroviario di merci di qualità, gestiti sulla base di uno spor¬tello unico).

c. Azioni comuni di apprendimento.

Il programma Marco Polo è applicato alle azioni che riguardano il territorio di almeno due Stati membri o che riguardano il territorio di almeno uno Stato membro e il territorio di un Paese terzo vicino.

1.1.6 La portualità nel Mediterraneo Soprattutto nel Nord Africa la maggior parte dei flussi di commercio transfron¬taliero si avvale di vie di comunicazione marittime rendendo i porti nodi assoluta¬mente cruciali.

Semplificare le operazioni portuali è ovviamente una priorità dato che il porto non è più solo luogo fisico di scambio di modi e merci ma punto inter¬modale di interconnessione, come suggerisce anche la stessa Commissione europea parlando di reti transeuropee di trasporto.

Molto frequentemente le operazioni portuali sono complesse, e ostacoli buro¬cratici, disfunzioni causate dai controlli e in definitiva una cattiva gestione dei porti costituiscono ostacoli al pieno sviluppo del potenziale di questi Paesi nel settore trasportistico marittimo.

La ristrutturazione dei porti costituisce senza dubbio la questione ritenuta più urgente ai fini di una riforma nel settore del trasporto marittimo; un’altra questione rilevante è quella del mercato delle navi, emerge sempre più la necessità di un nuovo quadro per questi traffici così come per le attività di transhipment.

Per comprendere quali caratteristiche operative deve possedere un porto del Mediterraneo per essere competitivo sul mercato internazionale e quale modello organizzativo deve adottare per risultare efficiente e funzionale, è necessario disporre di una base informativa adeguata del traffico marittimo nel suo complesso.

Nel corso degli ultimi 10 anni la portualità affacciata nel Mediterraneo ha com¬piuto importanti passi per recuperare il divario con le infrastrutture presenti nel Nord Europa che hanno contribuito a realizzare una nuova centralità del Mediterraneo nel quadro degli interscambi internazionali.

Gli elementi fondamentali che caratterizzano il trasporto marittimo dell’area mediterranea sono: l’elevato numero di porti con collegamenti sia intra¬mediterranei che extramediterranei, la frequenza almeno settimanale dei servizi, non solo tra le aree economiche più forti, ma anche in relazioni di nicchia; il note¬vole apporto generato dal transhipment che sta promovendo lo

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sviluppo di sistemi portuali che da soli non sarebbero in grado di produrre volumi di traffico sufficien¬ti per attirare scali diretti dei grandi servizi intercontinentali.

Hanno acquistato maggiore significato sistemi portuali rappresentativi di aree logistiche, sempre più svincolate dai confini gestionali e perimetri nazionali. In proposito, si potrebbero anche sfruttare le potenzialità offerte dall’ ICT, nonché dall’e-business, per aumentare l’efficienza degli affari portuali e delle attività commerciali e logistiche, che rivestiranno un ruolo sempre più predominante nel nuovo scenario economico.

La riforma del settore dei trasporti si presenta come una condizione necessaria per identificare soluzioni alternative, cambiamenti organizzativi e strutturali.

I fruitori dei trasporti “non muovono più beni ma gestiscono flussi” e risulta a tal proposito auspicabile un approccio sistematico alle diverse questioni che rivol¬ga meno attenzione alle infrastrutture fisiche, e più ai servizi logistici. Il settore pub¬blico è chiamato così a creare un ambiente compatibile con le dinamiche di merca¬to e funzionale alle nuove esigenze dei clienti.

Il nuovo ruolo dell’Ict, le nuove attrezzature per i porti e il nuovo ruolo degli intermediari logistici sono fattori che vanno a modificare il settore dei trasporti nella sua totalità e al tempo stesso richiedono nuovi investimenti e cambiamenti lì dove diventano evidenti le ineffi¬cienze e le inadeguatezze nelle strutture.

Cambiamenti negli scambi commerciali e nel mercato trasportistico hanno profonde implica¬zioni per l’integrazione dei Paesi in via di sviluppo nell’economia internazionale. La creazione di uno spazio comune di trasporti richiede anche di minimizzare costi di transizione e distanze economiche, e rimuovere frizioni e barriere. Trasporti transfrontalieri costosi, non affidabili e eccessivamente lunghi richiedono politiche di riforma e investimenti nelle infrastrutture.

Molte delle riforme necessarie avranno luogo a livello nazionale e molti proget¬ti rimangono essenzialmente nazionali o sopranazionali. Ciò rischia di confliggere con l’obiettivo della politica di vicinato di sviluppare relazioni a livello sub-statuale. Per questa ragione è fondamentale che – sulla base di questi progetti – si inco¬raggino e sviluppino dei progetti di cooperazione a livello locale, transfrontaliero, che possano esser sia di tipo industriale o turistico sia di tipo people-to-people.

Inoltre i progetti nel settore dei trasporti non saranno realizzati né rapidamente né in maniera ordinata e dipenderanno da circostanze politiche e finanziarie non facilmente prevedibili. È perciò conveniente che l’attenzione venga rivolta ad alcu¬ne tratte limitate e che su queste si cerchi di costruire una rete di progetti di altro tipo (turistico, industriale, ambientale eccetera) che ne rafforzino la credibilità e dunque la realizzabilità, oltre a poter suscitare processi imitativi nel resto della regione mediterranea.

1.1.7 Trasporto aereo Il trasporto aereo, come quello marittimo, svolge un ruolo di primaria importan¬za, specialmente in seguito dello sviluppo del settore turistico e alla mobilità delle popolazioni immigrate.

L’obiettivo dichiarato dalla Comunicazione della Commissione è di miglio¬rare le capacità aeroportuali e l’integrazione dei sistemi di gestione del traffico aereo in vista della creazione del Cielo unico europeo. Le iniziative in tal senso includeranno eventualmente anche la conclusione di accordi «Cielo aperto» tra l’Ue e i partner mediterranei interessati nonché la partecipazione all’Agenzia euro¬pea per la sicurezza aerea.

La Comunicazione della Commissione per una politica comunitaria nel settore dell’aviazione con i Paesi vicini (Com 2004/74) La Commissione ritiene che l’attuazione di una politica aerea nei confronti di tutti i vicini della Comunità allargata deve essere considerata come un obiettivo politico importante.

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Essa si dichiara, a tale riguardo, in favore di un approccio coerente flessibile: da un lato, tramite negoziazioni, sulla base di un modello unico di mercato dell’aviazione, con tutti i Paesi con i quali la Comunità è già impegnata in una cooperazione paneuropea nel settore dell’aviazione; e dall’altro, tramite negoziati, sulla base di accordi euro¬mediterranei nel settore dell’aviazione con tutti i partner mediterranei che partecipano al processo di Barcellona, a partire da Marocco, Libano e Giordania. Per quanto riguar¬da la Turchia, la Commissione propone l’apertura di discussioni preliminari in vista di giungere successivamente a un accordo.

Da un punto di vista economico la maggior parte dei paesi vicini della Comunità allarga¬ta sono suoi importanti partner commerciali. Per essi, la Comunità è il principale part¬ner commerciale e il riferimento principale della loro politica economica.

Considerato che l’impatto dei trasporti aerei sull’economia generale è sempre stato in crescita (l’impatto economico complessivo dei trasporti aerei sulla produzione lorda mondiale è stimato pari ad almeno 850 miliardi di euro), si può affermare che il miglioramento delle relazioni nel settore del trasporto aereo tra la Comunità allargata e i Paesi vicini contribuirà anche alla reciproca crescita economica, in modo particolare nel campo del turismo o del commercio di beni e servizi.

Tuttavia è evidente che la crescita economica basata sul trasporto aereo è compati¬bile con lo sviluppo sostenibile solo a determinate condizioni. A tal fine, la Commissione ha già manifestato preoccupazioni riguardo all’esenzione fiscale per il carburante per aeromobili ottenuta con accordi bilaterali di servizio aereo. Occorre anche osservare che negli ultimi anni la Commissione ha riscontrato il crescente inte¬resse a instaurare relazioni più strette in materia di trasporto aereo da parte dei Paesi vicini che prima d’ora non avevano partecipato ad alcun negoziato con l’Unione euro¬pea.

Inoltre, sono stati avviati contatti con i Paesi vicini interessati: la maggior parte di essi ha manifestato interesse a trovare una risposta a questo problema giuridico grazie a un accordo con la Comunità. Parallelamente ai negoziati necessari per conformare al trattato gli accordi bilaterali vigenti, la Commissione ritiene necessario un approccio più completo, in cui la Comunità dovrebbe negoziare un insieme di accordi nel settore del tra¬sporto aereo tra la Comunità e i Paesi già disponibili a farlo.

La Commissione intende concludere con tutti i suoi partner del Mediterraneo accordi di aviazione che siano il più possibile simili tra loro. L’esperienza che verrà acquisita mediante i negoziati e l’applicazione degli accordi potrà costituire una futura base per un approccio a livello (sub)regionale. A lungo termine si potrebbe anche ipotizzare la creazione di uno spazio aereo comune euromediterraneo, come già suggerito nella recente comunicazione della Commissione sullo sviluppo di una rete euromediterranea di trasporti.

Come si è detto, la Comunità intende realizzare un autentico mercato unico dell’aviazione per tutti i Paesi firmatari attraverso lo Spazio aereo comune europeo. Tuttavia, considerate le differenze riscontrabili nel settore aereo di ogni Paese terzo potenzial¬mente interessato (sul piano giuridico, amministrativo ed economico) e il fatto che i negoziati nel settore del trasporto aereo con i partner del Mediterraneo non si ter¬ranno in vista di un’adesione a una data determinata, l’idea di estendere la norma¬tiva comunitaria sull’aviazione e di servirsi delle istituzioni comunitarie non costi¬tuisce la migliore forma di avvio dei negoziati. Rispetto a questi Paesi la Commissione propone, dunque, un approccio basato su accordi di aviazione classi¬ci, con focalizzazione regionale se possibile e senza escludere una più ampia coope¬razione nei settori di comune interesse.

Solamente la conclusione di accordi di apertura del settore del trasporto aereo con tutti i partner coinvolti potrebbe evitare la frammentazione delle relazioni in materia di trasporto aereo. Inoltre, ciò potrebbe facilitare le operazioni tra i diversi partner del Mediterraneo e aumentare quindi le possibilità di un’integrazione (sub)regionale. È quindi necessario che i negoziati con i differenti Paesi rispettino una linea coerente.

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La Commissione ritiene che alla base della sua politica aerea mediterranea sarà necessario un nuovo tipo di accordo: accordi euromediterranei di trasporto aereo (Euro-Mediterranean Aviation Agreements - Emaa). Si tratta di accordi che si basano sull’approccio tradizionale degli Open Aviation Agreements (Oaa) che disciplinano una serie di aspetti essenzialmente legati alla reciproca apertura del mercato e all’eliminazione delle barriere economiche al commercio e agli investimenti. Secondo questo approccio, ciascuna delle parti dell’accordo sarà, in sostanza, responsabile dell’applicazione dell’accordo stesso nel proprio territorio e nei confronti dei propri cittadini. Inoltre l’accordo prevedrà determinati controlli per garantire l’adempimento delle obbligazioni assunte, compre¬se le informazioni sul sistema adottato dagli altri Paesi per evitare distorsioni della con¬correnza e il controllo di tale sistema.

Formeranno parte integrante di ogni accordo disposizioni in materia di sicurezza tecnico-operativa (safety) che tengano in considerazione le procedure e le norme appli¬cabili sul territorio comunitario e gli sviluppi in corso (compresa la creazione dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea). Lo stesso dicasi relativamente alla protezione delle persone, delle installazioni e degli aeromobili.

Per quanto attiene il controllo del traffico aereo, l’accordo dovrebbe assicurare il massimo impulso verso l’armonizzazione e l’integrazione.

1.1.8 Trasporti terrestri e altri settori Collegamenti efficienti tra hinterland – porti e aeroporti, network di strade e fer¬rovie costituiscono le priorità nei trasporti terrestri. Per come è concepita la coope¬razione regionale, l’identificazione di ingorghi fisici lungo questi corridoi e un coordinamento di misure di facilitazione sono delle priorità.

Il trasporto terrestre è principalmente su strade, e a tal riguardo l’industria dei camion assume una valenza particolare. Camion supercarichi danneggiano le stra¬de e violano la sicurezza e le regole ambientali. Come per i settori marittimo ed aereo, regolamentazioni ambientali e tecniche moderne sono auspicabili.

Per quanto riguarda il trasporto di merci con treni, la ristrutturazione delle com¬pagnie statali si pone come una questione di alto impatto in termini di efficienza. Anche in questo campo, opportunità per la partecipazione privata sono piuttosto limitate.

La Riforma doganale è una delle questioni più urgenti dell’agenda politica per la quale il vantaggio in termini di facilitazioni dei trasporti è altissimo. A tal riguardo, l’esperienza libanese con la riforma delle dogane è esemplare in termini di efficien¬za, riduzione e semplificazione di operazioni burocratiche e snellimento dei tempi.

1.2 Il quadro nazionale

1.2.1 Quadro strategico nazionale 2007-2013 La politica dei trasporti nazionale è stata segnata dagli obiettivi tracciati dal Piano Generale dei Trasporti e della Logistica (PGTL) del 2001, ripresi e sviluppati nei Piani regionali dei trasporti (PRT) e nelle pianificazioni a valle (Piano delle infrastrutture strategiche, Piani ANAS e Ferrovie, per esempio).

È dunque alla luce di tali obiettivi e, in generale, della politica nazionale per le reti e i collegamenti che può essere valutato l’intervento della politica regionale diretto prioritariamente al Mezzogiorno. Da questo punto di vista, l’esperienza del periodo 2000-2006 indica come lezione generale che la politica regionale per il Mezzogiorno sia fondata su una pianificazione nazionale strategico- operativa, centrale e regionale, che, a partire da opzioni per le grandi reti di collegamento intereuropeo, fissi selezionate priorità e realistici tempi di attuazione per la progettazione e l’attuazione.

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Per quanto concerne gli obiettivi di sviluppo della rete di trasporti a livello nazionale, la politica regionale, nazionale e comunitaria, dovrà concentrarsi sul rilancio della logistica per il ricollocamento strategico dei porti e aeroporti italiani e dei servizi ad essi connessi, sfruttando il potenziale di crescita insito nei traffici di merci dall’Estremo Oriente verso l’Europa occidentale.

Secondo quanto contenuto nel Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 occorre seguire dei percorsi nuovi ma di notevole impatto sull’intero sistema in termini di efficacia ed efficienza.

Si tratta di seguire 5 lezioni specifiche. La prima riguarda l’azione di rafforzamento della capacità progettuale degli enti di gestione delle reti, soprattutto per ANAS e RFI (Rete Ferroviaria Italiana); seconda priorità è il superamento della netta separazione, attualmente esistente, fra progettazione e valutazione dei grandi progetti per poter disegnare contestualmente l’infrastruttura, la sua manutenzione e la gestione del servizio offerto; va rafforzata, ancora, la strategia d’attuazione dei processi di apertura destinati alla concorrenza di settore a livello nazionale e regionale (trasporto pubblico locale), creando le condizioni favorevoli a tale scopo e sostenendo, in coerenza con le normative comunitarie, la crescita di nuovi operatori per nuovi collegamenti. Quarto momento di riflessione, a cui fa seguito obbligatoriamente l’azione, è il consolidamento dei risultati conseguiti attraverso la creazione di una rete aeroportuale del Mezzogiorno meglio collegata con gli hub internazionali e ampliando i relativi servizi per lo sviluppo di nuovi segmenti del mercato turistico e per la creazione di rotte transnazionali di medio raggio dedicate al raccordo con i Paesi dello Spazio economico Europeo (SEE) e del Mediterraneo. In ultimo, sono da individuare modalità utili ad estendere il modello di Autostrade del Mare ai Paesi del Mediterraneo, offrendo alla logistica del Mezzogiorno l’opportunità di fungere da snodo delle grandi rotte transoceaniche, con diramazioni sia verso il centro Europa che verso i grandi mercati asiatici.

Assumerà rilievo l’accelerazione della fase di progettazione per le opere in Legge Obiettivo e la fissazione di priorità e di tempi di attuazione affidabili. All’interno di tali opere rilevante è la scelta di organizzare per corridoi plurimodali l’insieme degli interventi che dovranno garantire le connessioni fra l’Italia e l’Europa ed il loro inserimento nei corridoi paneuropei la cui gestione, affidata al coordinatore di corridoio, deve inoltre garantire che le scelte fatte siano coerenti con gli obiettivi generali del corridoio stesso.

È indispensabile che la fissazione di priorità e tempi sia accompagnata, a differenza di quanto sinora avvenuto, da un monitoraggio adeguato dell’attuazione delle opere.

Permane, un rilevante problema di territorializzazione degli interventi, ossia della loro integrazione con l’offerta di altri servizi collettivi locali, necessari a garantire agli interventi stessi un impatto significativo sullo sviluppo. L’intensità dell’impatto dipenderà anche dal grado effettivo di concorrenza e pluralità di attori che entreranno nel mercato del trasporto pubblico locale contribuendo a migliorare e rendere più capillare l’offerta di servizi.

Per quanto riguarda la logistica interna e internazionale, nel periodo 2000-2006, il suo sviluppo ha interessato sia alcuni nodi fondamentali, quali i porti e gli interporti, sia aspetti di riorganizzazione dell’efficienza della catena logistica. Si è assistito, infatti, all’apertura alla concorrenza nel trasporto merci ferroviario, a migliori condizioni per il trasporto combinato, fino alle banche dati dell’autotrasporto per ottimizzare i carichi di ritorno.

Volgendo l’attenzione al Centro-Nord, si è posto l’accento sullo sviluppo dell’intermodalità e delle autostrade del mare, al fine di porre le basi per sfruttare a pieno i vantaggi derivanti dalla conformazione e posizione dell’Italia al centro del Mediterraneo.

Allo stesso tempo, si è andata formando una conoscenza tecnologica e gestionale della logistica (in particolare con l’esperienza della gestione pubblico- privata degli interporti) sorretta da un interesse delle Università e Scuole di alta specializzazione per la logistica.

Purtroppo il Mezzogiorno non ha dimostrato di essere capace ad agganciare il descritto processo di modernizzazione del sistema logistico nazionale. Appaiono ancora non completamente

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definite, nel quadro della politica nazionale, le opzioni concretamente praticabili circa la possibilità di investire in un collegamento organico della gestione e della logistica dei porti e degli aeroporti per sfruttare la posizione geografica dell’Italia, e del Mezzogiorno in particolare, nell’area mediterranea e dei Balcani. Figura 5: Tracciato dei corridoi transeuropei in Italia: corridoio I e VIII

Fonte: The Trans-European Transport Networks

1.2.2 Il piano generale dei trasporti e della logistica (2001): obiettivi raggiunti e nodi irrisolti La diagnosi del settore dei trasporti all’anno 2001 metteva in luce gravi carenze di tipo infrastrutturale, gestionale ed organizzativo e, in generale, una inadeguata qualità del servizio offerto.

I principali elementi di criticità erano nel seguente modo rilevati:

• forte squilibrio verso la strada: la domanda di trasporto (soprattutto passeggeri) è cresciuta a ritmi molto sostenuti a causa dell’aumento del reddito, delle abitudini e degli stili di vita dei cittadini, della dispersione territoriale delle residenze e degli insediamenti produttivi, dei processi di terziarizzazione e dei nuovi modi di organizzazione della produzione. Il trasporto merci su gomma aveva acquistato quote crescenti, con notevoli ricadute sociali, ambientali ed economiche. L’analisi dei volumi di traffico, sia per i passeggeri che per le merci, confermava l’assoluta prevalenza del trasporto su strada.

• La disomogeneità dei servizi nelle diverse aree del Paese: fenomeni di congestione si verificavano prevalentemente nelle regioni del Centro-Nord; bassi livelli di accessibilità, causati dall’insufficiente qualità dei servizi e delle infrastrutture di trasporto, erano invece presenti nel Mezzogiorno. Entrambi i fenomeni costituivano un ostacolo allo

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sviluppo sociale ed economico: al Nord la congestione frenava le prospettive di sviluppo, al Sud le carenze del sistema dei trasporti contribuivano a impedirne il decollo.

La struttura imprenditoriale degli operatori del settore risultava sostanzialmente debole. L’impresa privata italiana di trasporto, specie nel comparto merci e logistica e nel settore aereo, agiva in una posizione subalterna rispetto a concorrenti esteri che erano, e sono ancora, di gran lunga più strutturati per dimensione, capacità imprenditoriale, livelli di innovazione organizzativa e tecnologica.

Per consentire un utilizzo più efficiente e sostenibile del trasporto merci e raggiungere una dotazione di servizi di alta qualità, l’ex governo proponeva di privilegiare nelle scelte di carattere finanziario, normativo, infrastrutturale e sistemico quelle che soddisfacessero i requisiti della domanda di logistica integrata, secondo le best practices in atto nel settore a livello mondiale.

Ciò significava promuovere efficienza e imprenditorialità in tutti i comparti del trasporto merci, in funzione di una sempre maggiore specializzazione dei servizi per rispondere alle caratteristiche delle diverse filiere di prodotto, con particolare attenzione alla distribuzione di beni di largo consumo, alla distribuzione urbana, alla gestione delle merci pericolose, al trattamento dei prodotti deperibili, al trasferimento delle unità di trasporto intermodali su ferrovia e su cabotaggio, alla sicurezza dei rifornimenti energetici e degli approvvigionamenti industriali, applicando anche i più moderni sistemi di monitoraggio della qualità ai servizi regolari di trasporto terrestre, marittimo, ferroviario e aereo.

Per le infrastrutture, si proponeva, in una logica di sistema a rete, di dare priorità alle infrastrutture essenziali per la crescita sostenibile del Paese, per la sua migliore integrazione con l’Europa e per il rafforzamento della sua naturale posizione competitiva nel Mediterraneo.

L’individuazione delle priorità vedeva come momento iniziale l’analisi della domanda (attuale e futura) di mobilità sia di merci che di passeggeri, per arrivare all’individuazione dei servizi più idonei a soddisfarla: a partire dalla rete esistente furono quindi identificati gli interventi tesi ad assicurare il livello di servizio desiderato, raggruppandoli in differenti scale di priorità.

Gli investimenti infrastrutturali dovevano essere indirizzati allo sviluppo di un sistema di reti fortemente interconnesso, che superasse le carenze e le criticità di quello precedente. Per conseguire questi obiettivi si individuò un Sistema Nazionale Integrato dei Trasporti (SNIT), inteso come insieme integrato di infrastrutture sulle quali effettuare servizi di interesse nazionale ed internazionale che costituivano la struttura portante del sistema italiano di offerta di mobilità delle persone e delle merci; la funzionalità dello stesso doveva necessariamente essere assicurata, anche finanziariamente, dallo Stato.

L’individuazione dello SNIT consentiva anche di delineare una chiara articolazione delle competenze e delle responsabilità tra i diversi livelli di governo, e nello stesso tempo offriva ai governi locali il quadro di riferimento entro cui operare le proprie scelte; consentiva altresì di pervenire alla formulazione di proposte riconducibili ad un disegno organico, superando una prassi basata su interventi settoriali spesso motivati da esigenze di breve periodo.

1.2.3 Piano per la logistica (2006) Con la delibera CIPE del 22 marzo 2006, il Governo approvò il Piano per la Logistica del gennaio 2006. La politica dei trasporti, in particolare dell’autotrasporto e della logistica, rappresentava una sfida incentrata su 4 punti fondamentali: primo fra tutti, interventi sulle infrastrutture allo scopo di recuperare il gap con i partners europei e i Paesi terzi, soffermando l’attenzione in particolare sui temi dei valichi alpini e delle portualità; secondo focus riguardava la sicurezza; terzo l’intermodalità; e quarto regole e mercato. In tale prospettiva, il Piano della logistica aveva l’intento di assicurare un’armonizzazione tra l’offerta infrastrutturale e la domanda di trasporto, individuando alcune linee prioritarie di intervento così sintetizzabili:

• riequilibrare il sistema modale sulle grandi direttrici, in particolare per il traffico merci;

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• riorganizzare la portualità e l’areoportualità;

• alleggerire la mobilità nelle grandi aree urbane;

• mettere in sicurezza il sistema trasportistico;

• ridurre il differenziale negativo nei confronti degli altri Paesi europei, in termini di competitività;

Il Piano della logistica viene a configurarsi, sotto il profilo infrastrutturale, quale continuità programmatica del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica, del 2001 e riferimento chiave per ogni azione strategica nel comparto delle infrastrutture e del territorio.

Le indicazioni strategiche contenute nel piano hanno portato alla identificazione territoriale delle seguenti «macro-aree di interesse logistico», macro-aree che, con adeguata caratterizzazione funzionale, possono diventare le piattaforme logistiche del Paese:

• la piattaforma logistica del nord-ovest;

• la piattaforma logistica del nord-est;

• la piattaforma logistica tirrenico- adriatica del nord;

• la piattaforma logistica tirrenico- adriatica centrale;

• la piattaforma logistica tirrenico sud;

• la piattaforma logistica adriatica sud;

• la piattaforma logistica del Mediterraneo sud;

Nel contesto macroterritoriale di cui sopra, la rete portante è costituita da:

• nove grandi hub di attrazione per il combinato terrestre: Novara, Milano, Verona Quadrante Europeo, Padova, Bologna, Roma Nord, Napoli-Marcianise, Bari, Catania; hub che intercettano i flussi di traffico sulle principali direttrici di trasporto e fungono da porte di accesso ad un sistema più complesso, costituito dal resto della rete dei terminali ferroviari intermodali, che completa, insieme alla rete degli interporti, della retroportualità e delle piattaforme di filiera, la struttura di distribuzione delle funzioni trasportistiche e logistiche;

• undici poli di concentrazione dei traffici per il combinato marittimo: la Spezia/Savona-Genova Venezia/Chioggia, Trieste/Monfalcone, Ravenna, Livorno/ Marina di Carrara- Piombino, Civitavecchia- Olbia, Ancona, Napoli- Salerno, Bari-Brindisi, Palermo- Trapani, Catania/Augusta-Messina; poli rafforzati dalle strutture retroportuali ed interportuali, che fungono da polmone operativo laddove la dimensione degli spazi portuali non sia tale da consentire il massimo livello di integrazione con il territorio di influenza;

• sette hub portuali: Gioia Tauro, Taranto, Cagliari;

• due hub aeroportuali cargo: Milano Malpensa, Roma Fiumicino;

Detto sistema portante, programmato nella logica di uno sviluppo diffuso del territorio, deve essere adeguatamente supportato sia da una rete infrastrutturale, che migliori l’accessibilità alle macro-aree di cui sopra, sia da una rete telematica integrata, entrambe finalizzate a migliorare i livelli di capacità della rete, gli standard degli operatori e la gestione delle imprese dei servizi di trasporto e logistica anche ai fini della sicurezza;

Il rafforzamento delle funzioni trasportistiche e logistiche deve essere accompagnato da un nuovo modello organizzativo attraverso l’offerta di servizi integrati.

In particolare, le misure di politica dei trasporti identificate nel piano sono dirette a:

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• favorire la crescita dimensionale delle imprese, disegnando un percorso di progressiva riduzione degli aiuti all’autotrasporto, da attribuire secondo una formula premiale, e prevedendo l’istituzione di un «fondo di garanzia» per l’accesso al credito, alimentato anche da contributi delle aziende;

• riequilibrare la competitività delle aziende italiane di autotrasporto rispetto a quelle straniere, tramite la riduzione del carico fiscale e l’eventuale revisione della tassa di permesso annuale;

• assicurare una efficiente allocazione del traffico, prevedendo, tra l’altro, il passaggio alla «tariffazione di corridoio o di area», un sistema di pedaggio che porti alla «separazione del traffico», incentivi al traffico marittimo ro-ro e al trasporto combinato;

• rinnovare il parco veicoli anche con incentivi alla rottamazione;

• definire misure di de-regolamentazione e de-legificazione in modo da abbattere qualsiasi barriera al mercato dell’autotrasporto;

Il «Piano della logistica», che è stato considerato naturale e necessario complemento della «legge obiettivo» per il riposizionamento dell’Italia sul piano geoeconomico, pone i cardini per una intensificazione degli scambi con il nord Europa ed il Mediterraneo e individua l’Italia stessa quale testa di ponte per i traffici transoceanici, permettendo così di recuperare un gap di quattro punti percentuali rispetto alla media dei costi logistici europei.

Il piano definisce l’architettura e la cornice di opportunità organizzative e regolative, utili ad assicurare certezza programmatica agli operatori del settore. Tra i punti chiave da finanziare:

• i centri attrezzati per il combinato terrestre e marittimo e le aree di sosta attrezzate per l’autotrasporto, anche ai fini della sicurezza, nonché le piattaforme logistiche e la retroportualità in attuazione della rete portante sopra specificata;

• dare attuazione alle politiche per la logistica delle macro-aree attraverso un’unità di coordinamento e pervenire anche alla definizione di accordi di programma tra nodi presenti all’interno dello stesso corridoio;

• implementare un sistema logistico integrato e diffuso in termini di infrastrutture fisiche e di architettura telematica di supporto.

1.3 Le regioni meridionali e mediterranee Come emerge dal documento “Le proposte per un nuovo sistema dei trasporti e delle infrastrutture del Mezzogiorno”, del 2 febbraio 2006, il Coordinamento delle Regioni del Mezzogiorno ha individuato nel settore della mobilità e della logistica una delle questioni meridionali di maggiore rilevanza, considerandola al tempo stesso anche una priorità nazionale. Una maggiore qualità dei servizi di trasporto ed il recupero del divario infrastrutturale del Mezzogiorno rappresentano una pre-condizione essenziale per lo sviluppo economico dell’area, con ricadute positive per l’intero Paese, ancor di più nell’ambito dell’attuale scenario internazionale. Su questo tema finora è mancata una pianificazione ed una programmazione unitaria delle Regioni del Mezzogiorno che consentissero di realizzare l’integrazione delle reti e dei servizi; si è proceduto con una frammentazione su scala regionale che ha portato, tra le altre cose, alla definizione di un lungo elenco di progetti, talvolta non coerenti tra loro, ed alla inefficienza palese di collegamenti e servizi fra le diverse aree del Mezzogiorno. D’altro canto le risorse destinate alla realizzazione degli investimenti sono state storicamente inadeguate per quantità e limitate per capacità e velocità della spesa. Per un nuovo corso della questione meridionale dei trasporti è, allora, necessario e fondamentale che le Regioni del Mezzogiorno progettino un intervento strutturale che copra il medio-lungo periodo (10-20 anni) con un approccio strategico integrato nella pianificazione delle infrastrutture e dei servizi, costruendo

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una propria proposta forte ed unitaria, da sottoporre all’attenzione delle forze politiche, imprenditoriali, economiche e sociali del Paese. Una proposta innovativa che parta da una programmazione chiara e che privilegi la concentrazione delle risorse verso interventi ritenuti prioritari sulla base di strategie ben definite, in una visione di sistema con la identificazione certa delle risorse e dei tempi necessari. Una proposta che preveda una serie di strategie integrate e multimodali intervenendo sulle infrastrutture ed anche sui servizi, nonché sugli aspetti normativi, gestionali e tecnologici per costruire “un nuovo sistema della mobilità e della logistica”, integrato nelle sue componenti funzionali, attrattivo per qualità e livelli di servizio, accessibile al territorio. Una proposta che individui nuove fonti e nuovi meccanismi di finanziamento oltre a nuovi sistemi organizzativi che consentano di garantire una capacità di spesa coerente con i programmi e i tempi definiti.

L’assoluta priorità del tema dei trasporti e della logistica nel Mezzogiorno è ampiamente condivisa dal sistema politico ed economico italiano. E’ tuttavia necessario che questo convincimento venga tradotto in una politica coerente ed efficace, che superi i limiti innegabili delle politiche di sviluppo del Mezzogiorno messe in campo nei decenni passati. L’ importanza crescente, emersa in questi anni, della dimensione macroregionale nel governo del territorio, fornisce al Mezzogiorno l’opportunità di riorganizzare il proprio modello di sviluppo in modo più unitario ed autonomo che in passato.

D’altro canto anche nel Documento Strategico Preliminare Nazionale e nel Documento Strategico Mezzogiorno, previsti dalle Linee Guida per l’elaborazione del Quadro Strategico Nazionale per la politica di coesione 2007-2013, si sottolinea con evidenza l’assoluta priorità del tema dei trasporti e della logistica per il Mezzogiorno e l’opportunità di un approccio strategico unitario per la presenza, da un lato, di problemi e difficoltà comuni che solo insieme possono essere affrontati e, dall’altro, di grandi occasioni di sviluppo che solo attraverso la condivisione di opzioni strategiche possono essere sfruttate fino in fondo. Si tratta di definire sin dalla fase di formazione del programma delle Regioni del Mezzogiorno le priorità politiche di fondo per portare al governo nazionale indicazioni condivise e quindi più forti, ma anche per utilizzare nel modo migliore i fondi regionali attuali e del nuovo Programma Europeo delle Regioni Obiettivo 1. La proposta deve partire, anzitutto, dalla determinazione di un nuovo modello di mobilità che, sulla base dei bisogni di mobilità delle persone e delle merci, definisca un piano di servizi integrati di trasporto idoneo a soddisfare la domanda con un adeguato livello prestazionale, rispetto al quale individuare, poi, le priorità e, quindi, definire le infrastrutture necessarie per l’attuazione del piano. Una proposta innovativa che sovverta la logica della “lista della spesa” in cui, per non scontentare nessuno, si inseriscono infrastrutture senza una visione di sistema, senza la identificazione delle risorse e dei tempi necessari per realizzare un miglioramento visibile e progressivo delle condizioni di accessibilità. Una proposta che preveda una serie di strategie integrate e multimodali intervenendo sulle infrastrutture ma anche sui servizi, nonché sugli aspetti normativi, gestionali e tecnologici al fine di dar luogo ad “un nuovo sistema della mobilità e della logistica”, integrato nelle sue componenti funzionali, attrattivo per qualità e livelli di servizio, accessibile al territorio.

1.3.1 La centralità del Mezzogiorno nel Mediterraneo e nello scenario internazionale Il Mezzogiorno, grazie alla posizione geografica strategica al centro del Mediterraneo, rappresenta una piattaforma logistica naturale da valorizzare e potenziare attivando relazioni efficaci con gli altri Paesi mediterranei, anche in relazione alla crescita dei traffici con il Far-East e soprattutto alla prossima istituzione (2010) della Zona di Libero Scambio. La visione futura per l’area mediterranea non può che incentrarsi sul concetto di “Sistema Mediterraneo”, ovvero sulla creazione di un insieme di relazioni privilegiate tra i diversi Paesi Mediterranei. E’ importante allora che il Mezzogiorno d’Italia, sfruttando anche la propria posizione geografica, assuma un ruolo da protagonista all’interno del processo di creazione del “Sistema Mediterraneo”, sviluppando relazioni ed integrazioni di natura culturale, economica, e sociale con gli altri Paesi Mediterranei ed in particolare con quelli della riva sud. Per favorire e supportare tale processo bisogna prevedere l’introduzione di nuovi collegamenti diretti marittimi ed aerei tra il

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Mezzogiorno e queste aree ed il potenziamento delle infrastrutture strategiche a tale scopo attraverso la creazione di un sistema integrato di porti, interporti ed aeroporti funzionalizzandoli per direttrici di traffico e per specializzazioni merceologiche. E’ importante, inoltre, favorire e sostenere l’interconnessione e l’interoperabilità tra i corridoi transeuropei TEN (Trans European Network) (in particolare tra il corridoio I e il corridoio VIII) e tra le reti di trasporto mediterranee e la rete transeuropea TEN, in modo da assicurare lo sviluppo di corridoi nazionali che, partendo dal Mezzogiorno, possano collegarsi a quelli europei. Fig. 6: Interventi del PON trasporti

Fonte: www.infrastrutturetrasporti.it

1.3.2 I Piani di Trasporto Regionali (Regioni Obiettivo 1) La Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha approvato lo scorso giugno un documento recante “Proposte delle Regioni e delle Province Autonome sui temi delle Infrastrutture e dei Trasporti”con il quale si propone, tra l’altro, di attivare un tavolo permanente Governo-Regioni che diventi luogo di confronto e di concertazione interistituzionale per l’attuazione di scelte strategiche sul piano istituzionale e sul piano territoriale. Tale tavolo viene considerato un importante strumento per una migliore valorizzazione dei territori interessati nella fase di programmazione delle infrastrutture strategiche di interesse generale, agevolando l’individuazione delle priorità di intervento in relazione al grado di avanzamento dei piani regionali di infrastrutturazione e in relazione alle risorse finanziarie disponibili.

Nel documento citato viene espresso particolare interesse per il ruolo dei porti, alla luce della nuova centralità assunta dal Mar Mediterraneo nei commerci internazionali con il conseguente aumento dei traffici effettivi e potenziali per i porti italiani. Si ritiene pertanto opportuno procedere con una legge di riforma, classificazione dei porti e misure normative che rendano disponibili le risorse destinate agli investimenti per l’infrastrutturazione anche di interporti e piattaforme logistiche, oltre il miglioramento dell’efficienza dei collegamenti e dei servizi ferroviari e dei terminal intermodali.

In tema di programmazione dei Sistemi di Infrastrutture per i Trasporti e la Viabilità, le Regioni ritengono che il documento base di riferimento sia il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica del 2001 nel quale viene specificato che gli interventi sulle infrastrutture non incluse

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nel Sistema Nazionale Integrato dei Trasporti diventano di competenza delle Regioni stesse che provvedono alla redazione dei loro Piani Regionali dei Trasporti (PRT).

Per garantire la necessaria coerenza degli strumenti e delle scelte di programmazione, viene innanzitutto definita una metodologia generale di pianificazione dei trasporti cui le Regioni sono invitate ad aderire, per consentire omogeneità dei contenuti e confrontabilità delle esigenze e delle proposte. Si proponeva per i PRT un “processo di pianificazione” e cioè una costruzione continua nel tempo del disegno di riassetto dei sistemi di trasporto regionali attraverso azioni che tendessero a superare la tradizionale separazione di una programmazione tipicamente settoriale, qual è quella trasportistica.

Regione Basilicata3 Nel Documento Strategico Regionale del 30 dicembre 2005 per la nuova programmazione 2007-2013, la Regione Basilicata si propone come nodo logistico a servizio dell’intero sistema trasportistico del Sud Italia avendo l’obiettivo di portare a compimento del grande nodo definito dall’asse Sud-Nord Lauria- Potenza- Melfi- Candela (che collega il Porto di Gioia Tauro al sistema portuale adriatico e al corridoio TEN VIII) e dagli assi trasversali Est-Ovest che possono collegare Napoli con Taranto e Salerno con Barletta insieme a Napoli e Bari (per realizzare la connessione dei corridoi TEN I e VIII). In una prospettiva di integrazione ed apertura verso i sistemi logistici ed infrastrutturali delle altre regioni del Sud bisogna anche predisporre gli strumenti amministrativi ed operativi per strutturare con la Regione Campania e la Regione Puglia un collegamento tra i corridoi T.E.N. I e VIII in modo da rafforzare le connessioni tra i due versanti tirrenico ed adriatico. La Basilicata, che pure non è dotata di porti, è tuttavia posizionata in un’area geografica strategica proprio per realizzare il collegamento e la messa a sistema di questi importanti sistemi portuali che potrebbero trasformare il Sud in una vera e propria piattaforma logistica alternativa a quella esistente oggi nel Nord Europa.

Deve essere chiaro infatti che questo ambizioso obiettivo è conseguibile solo con il rafforzamento dei collegamenti logistici fra sistema portuale ed aeroportuale e poli produttivi locali, con particolare attenzione ai distretti industriali, al fine di migliorarne le capacità di accesso ai mercati di esportazione. Per questo bisogna prevedere una strategia integrata che coinvolga più efficienti collegamenti viari e ferroviari fra l’hinterland produttivo e gli scali portuali ed aeroportuali più importanti del Sud Italia, realizzando strutture adeguate per movimentare efficacemente i prodotti delle imprese meridionali destinati all’esportazione e bisogna realizzare strutture intermodali che siano adatte alle specificità delle produzioni dei sistemi imprenditoriali del Mezzogiorno.

Tuttavia, non si può non valutare l’attuale grave sottodotazione infrastrutturale, sia del Sud Italia nel suo complesso, che della Basilicata in particolare; tale situazione deve far riflettere sulla necessità di agire in modo intensivo nel corso del prossimo periodo di programmazione 2007-2013 e, per superare l’ampio deficit esistente, appare dunque cruciale il coordinamento delle politiche nazionali e regionali nel settore dei trasporti per aumentare l’efficacia della spesa pubblica incrementando la sinergia, ancora troppo labile, tra la programmazione nazionale e la programmazione regionale nei settori delle infrastrutture stradali e ferroviarie.

Le logiche della Legge Obiettivo e del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica vanno riviste, pur continuando ad operare per la realizzazione dei progetti già strutturati e sulla base di studi fattibilità già certificati, quali la trasversale Sud- Nord (l’autostrada Lauria-Potenza-Candela-Foggia), che velocizza i collegamenti tra dorsale tirrenica e quella adriatica, l’asse Salerno-Potenza-Bari ed il corridoio mediano Murgia-Pollino (che connette la A14 con la A3). Nel settore ferroviario, agendo per strutturare un sistema che estenda le ricadute economiche dei sistemi portuali a tutto il territorio meridionale, bisognerà realizzare il collegamento Matera-Bari

3 Fonte: www.basilicatanet.it - Documento Strategico Regionale, dicembre 2005.

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e bisognerà potenziare il collegamento Salerno-Potenza-Taranto, anche valutando la realizzazione dell’estensione della rete ad alta velocità da Napoli fino a Taranto.

A livello regionale nel settore delle infrastrutture la programmazione regionale ha già maturato il Piano della viabilità, il Piano dei trasporti e il relativo aggiornamento, gli Accordi di Programma Quadro specifici e numerosi studi di fattibilità, nonché progettazioni di vario livello.

Tra gli obiettivi prioritari che si intendono perseguire nel campo dei trasporti ci sono l’integrazione modale e l’unificazione del sistema tariffario, il rilancio delle ferrovie, la liberalizzazione del trasporto su gomma e l’implementazione del trasporto sostenibile, incentivando l’uso di autobus ecologici. Il riordino del settore dovrà migliorare l’accessibilità del territorio sia verso i nodi esterni principali di connessione con gli snodi più prossimi alla Basilicata delle reti europee (porti, aeroporti, linee ad alte velocità) sia attraverso le aree interne della regione meno servite e porterà al superamento delle sovrapposizioni e dei parallelismi, grazie ad un’attività di regolazione operata dai Comuni e Province secondo gli indirizzi regionali. E’ in previsione la strutturazione di un sistema di tariffazione integrata, che consentirà con unico titolo il trasporto su tutte le linee regionali, attraendo nuove fasce di utenza e monitorando complessivamente tutto il sistema anche sotto il profilo della qualità e della sicurezza.

In relazione alla grande infrastrutturazione bisogna accelerare i tempi per la realizzazione delle direttrici trasversali di comunicazione viarie e ferroviarie in precedenza citate ma anche avviando a compimento importanti piattaforme logistiche quali la superficie aeroportuale regionale di Pisticci e l’Interporto di Tito.

Regione Calabria4 Oggetto dell’ Accordo di programma quadro sul Sistema delle Infrastrutture di Trasporto della Regione Calabria, è l’attuazione di un programma di interventi sui sistemi ferroviari, sulla viabilità, sugli aeroporti e porti , al fine di assicurare una migliore accessibilità al territorio regionale.

Interventi strategici in tal senso vedono, in primo luogo, la realizzazione di una rete di sistemi di trasporto stradale correlata allo sviluppo sostenibile ed idonea a garantire un adeguato livello di servizi per i flussi di traffico esistenti, nonché l’aumento della sicurezza e la conseguente riduzione dell’incidentalità; il potenziamento delle principali linee ferroviarie per realizzare un congruo spostamento modale di quote di traffico dal sistema su gomma a quello su ferro; la realizzazione di interventi di ammodernamento dei servizi portuali ed aeroportuali; il recupero, dal punto di vista funzionale, della rete stradale regionale esistente al fine di avvicinare i centri abitati di montagna ai poli costieri, onde facilitare i collegamenti con le grandi opere nazionali.

La realizzazione di tali interventi prende forma in un’ottica di programmazione integrata e nella prospettiva di concentrazione delle operazioni, allo scopo di pervenire ai seguenti sistemi infrastrutturali e direttrici: un sistema stradale con adeguamenti di strade esistenti e costruzione di nuove trasversali; un sistema portuale commerciale e turistico; un sistema aeroportuale ben strutturato nella regione; un sistema ferroviario nelle aree metropolitane di Lamezia Terme-Catanzaro e Villa San Giovanni-Reggio Calabria.

L’accordo siglato il 30 agosto 2006 tra il neo-ministro dei Trasporti, Bianchi, il presidente della Regione Calabria, Loiero, l’amministratore delegato di RFI (Rete Ferroviaria Italiana), Moretti, il presidente del Consorzio per lo sviluppo industriale della provincia di Reggio Calabria, Fragomeni e il presidente dell’Autorità portuale di Gioia Tauro, Grimaldi per il rilancio del porto di Gioia Tauro, è un passo importante per lo sviluppo trasportistico regionale, non solo portuale. Con un progetto di raccordo ferroviario con la rete nazionale e di integrazione con le linee internazionali, volto a far diventare lo scalo marittimo di Gioia Tauro una delle più grandi piattaforme logistiche del Mediterraneo, si intende non solo contrastare la concorrenza straniera

4 Fonte: www.regione.calabria.it - APQ Infrastrutture di trasporto, maggio 2002.

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degli scali spagnoli e olandesi, ma avere un ruolo importante per il traffico-merci in Italia e in Europa. L’accordo sancisce il passaggio della gestione e della manutenzione del fascio di binari dello scalo merci di Gioia Tauro a RFI che comporterà la realizzazione del raccordo ferroviario della stazione San Ferdinando (interna al porto) con Rosarno, in modo da consentire lo sviluppo del trasporto dei container via terra lungo i corridoi ferroviari esistenti (oggi la prosecuzione avviene via mare o su gomma), usufruendo dei servizi gestiti da Trenitalia, in modo da incrementare la competitività del sistema logistico, con guadagno di tempo, costi, sicurezza. La rete ferroviaria e i corridoi Ten (Trans European Network) funzioneranno come moltiplicatori e l’integrazione del sistema portuale italiano con i trasporti europei avrà effetti positivi sull’intero sistema socio-economico del Meridione. La Regione Calabria ha assunto l’onere dell’investimento per 13 milioni di euro finalizzati all’ammodernamento tecnico per gli standard di sicurezza nazionali (impegno assunto con RFI) e si è impegnata ad erogare 608mila euro l’anno per la manutenzione e la gestione del raccordo ferroviario.

Regione Campania5 La Regione Campania con la Legge Regionale del 28 marzo 2002 n. 3 “Riforma del Trasporto Pubblico Locale e Sistemi di Mobilità della Regione Campania” ha disciplinato il sistema di trasporto pubblico locale (T.P.L) ed i sistemi di mobilità regionali. Coerentemente con i criteri e gli indirizzi del Quadro Comunitario di Sostegno 2000-2006 (QCS) attuati dallo Strumento Operativo per il Mezzogiorno (SOM) e con le linee programmatiche introdotte dal decreto legislativo n. 422/97 e dal Piano Generale dei Trasporti, la legge si propone, essenzialmente, le seguenti finalità:

• assicurare la migliore accessibilità e fruibilità del territorio regionale per tutti, attraverso lo sviluppo del sistema integrato dei trasporti e della mobilità della regione, sia nello spazio mediante nodi di interscambio, sia nel tempo con l’integrazione oraria;

• favorire il riequilibrio della ripartizione modale attraverso il miglioramento della qualità del servizio di trasporto pubblico, contribuendo così alla riduzione della congestione, dell’inquinamento e dell’incidentalità;

• incentivare nuove regole per la scelta dei gestori di servizi di T.P.L. in modo da acquisire una maggiore efficacia, efficienza e qualità, intese sia come più adeguata risposta alla domanda di mobilità, sia come più favorevole rapporto tra i costi e i benefici nella produzione dei servizi favorendo, nel contempo, lo sviluppo di modelli organizzativi e finanziari congruenti con i programmi di intervento e di politica dei trasporti di interesse regionale e locale, promuovendo altresì la separazione tra le funzioni di amministrazione e gestione dei servizi di T.P.L.

Dando seguito alla legge 3/2002 la Regione Campania ha attivato il processo di programmazione delle infrastrutture nel settore dei trasporti, approvando il “Programma Generale degli interventi infrastrutturali” con il quale è stato disegnato il quadro delle esigenze di mobilità del territorio regionale, le strategie generali di intervento, le azioni e gli obiettivi per ciascun settore riportato a sistema. In particolare i “sistemi” di riferimento, riguardano:

1. la metropolitana regionale (con la connessione alla rete ferroviaria);

2. la viabilità (regionale e nazionale);

3. la portualità (turistica e commerciale);

4. gli interporti;

5. gli aeroporti.

5 Fonte: www.regione.campania.it - Documento Strategico Preliminare per la Politica di Coesione 2007-2013, dicembre 2005.

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La strategia complessiva è finalizzata a incentivare lo sviluppo territoriale integrato con le strategie di mobilità, sviluppando il sistema del trasporto regionale secondo la logica dell’integrazione tra reti locali e le reti nazionali e fra i diversi modi di trasporto, della riduzione dell’impatto ambientale e della riduzione del costo generalizzato del trasporto.

Dal Documento Strategico Regionale Preliminare per la Politica di Coesione 2007-13 emerge una visione della Campania come Regione “aperta”. Il programma di sviluppo, di cui il prossimo sistema di interventi comunitari sarà uno degli strumenti attuativi, si basa sul principio che una concezione del futuro “chiusa” all’interno del territorio regionale non è sufficiente per dare corpo e sostanza alle ambizioni di crescita. Perciò la Regione Campania vuole interconnettersi sia ai programmi delle reti europee (corridoio I e corridoio VIII), contribuendo con le risorse a sua disposizione a realizzarle, sia lavorando con le altre Regioni meridionali e con il Governo nazionale a delineare un comune programma strategico “Sud, grande piattaforma logistica integrata nel Mediterraneo” per essere in grado nei prossimi decenni di intercettare i traffici che dalla Cina, dall’India e dall’Estremo oriente, dai Balcani e dall’Est europeo torneranno a solcare il Mediterraneo.

L’obiettivo è migliorare la competitività territoriale attraverso il completamento del sistema primario e secondario dei nodi e delle reti viarie, ferroviarie, portuali, interportuali, aeree, informatiche ed energetiche lungo l’asse longitudinale Nord-Sud e lungo l’asse orizzontale Est-Ovest, e loro interconnessioni. Garantire la sostenibilità ambientale degli obiettivi proposti per il decollo delle aree intermedie, promuovendo la qualità dei processi produttivi indotti localmente dai quali dipenderà il futuro equilibrio tra città e campagna dell’intero sistema regionale e meridionale.

In particolare, la Regione Campania intende investire nella risorsa “mare” anche dal punto di vista dello sviluppo delle vie di comunicazione e del turismo e delle sue ricadute industriali ed economiche, attraverso il potenziamento e la diffusione dei servizi del Metrò del Mare e dei collegamenti marittimi con il resto del Mediterraneo; l’attenzione è rivolta all’ulteriore aumento dei traffici crocieristici (sia mediante la creazione di nuove stazioni marittime o l’adeguamento di quelle esistenti, sia mediante la diffusione di servizi di trasporto integrato che consentano la fruizione delle mete turistiche interne) e particolare interesse viene manifestato per lo sviluppo delle “Autostrade del Mare” con conseguente aumento dei traffici merci infra-Mediterraneo in transito dai porti della Campania.

La Campania assorbe infatti il 50% del traffico nazionale e il 60% di quello tirrenico delle Autostrade del mare, rendendo dunque opportuno puntare su sinergie e azioni di sistema per poter varare progetti con i quali attrarre ed utilizzare le risorse europee. Tra le misure adottate in questa direzione rientra l’allargamento della giurisdizione portuale napoletana con l’inclusione del porto di Castellammare di Stabia e il previsto allargamento anche con il porto di Torre Annunziata per poter spalmare traffici ed avviare investimenti, che avranno enormi ricadute sul piano occupazionale.

Il sistema portuale regionale grazie agli scali di Napoli e Salerno è tra i più vivaci e dinamici del Mezzogiorno; tali scali rappresentano la piattaforma naturale per gli interscambi commerciali con il Mediterraneo e costituiscono due esempi di eccellenza per quanto riguarda le autostrade del mare (Napoli e Salerno registrano infatti il 54% dei flussi delle Autostrade del Mare italiane).

Inoltre, si promuovono i centri di servizi logistici capaci di aiutare gli investimenti di imprese locali nazionali ed internazionali di trasporto. Il sistema logistico campano si avvarrà, anzitutto, della piena operatività dei tre interporti in fase di realizzazione, ovvero l’Interporto Sud-Europa (Marcianise), l’Interporto Campano (Nola) e l’Interporto di Salerno-Battipaglia. Altro elemento fondamentale per lo sviluppo del sistema logistico campano sarà la realizzazione degli aeroporti di Grazzanise e di Pontecagnano che, assieme all’esistente aeroporto di Capodichino, costituiranno un “sistema nel sistema”. Inoltre, assieme al previsto sviluppo dei due porti principali della Campania, Napoli e Salerno, si individueranno alcuni porti intermedi che ottimizzeranno i flussi di merci su tutto il territorio regionale. Sarà favorita altresì

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l’individuazione di aree nelle quali incentivare l’insediamento di centri di servizi logistici capaci di aiutare gli investimenti di imprese locali nazionali ed internazionali di trasporto, assemblaggio e seconda lavorazione di merci e prodotti. In sintesi, si punta ad una vera e propria “industrializzazione” del settore della logistica in Campania.

Altro punto di eccellenza della Regione è la creazione del Sistema della Metropolitana Regionale, che nel futuro dovrà garantire: accessibilità di persone e merci all’interno del territorio regionale, anche rispetto alle persone con mobilità, comunicazione ed orientamento differente; sostenibilità ambientale del trasporto, qualità, efficienza e sicurezza del sistema; stretta interconnessione con i collegamenti nazionali ed internazionali; decongestionamento delle aree metropolitane e riqualificazione di quelle periferiche.

La strategia che sottende la realizzazione di un sistema regionale così integrato e complesso influente su tutti i settori dello sviluppo (sociale, economico e ambientale), nonché tutto il territorio regionale e del Sud in genere (così come l’Europa e i mercati orientali grazie alla forte interconnessione generata dalla definizione dei Corridoi I e VIII), non può prescindere da un processo di condivisione tra attori istituzionali e pubblici e di integrazione delle considerazioni di carattere ambientale al fine di individuare, condividere ed attuare le scelte più sostenibili.

Regione Puglia6 Nel documento strategico preliminare della Regione Puglia per il quinquennio 2007-2013 adottato il 9 agosto 2006, capitolo particolare è destinato a Trasporti e Reti. Nel quadro di una politica che deve orientarsi maggiormente al completamento, all’integrazione e alla razionalizzazione delle reti, nella consapevolezza che gli investimenti nel settore dei trasporti rappresentano una delle azioni prioritarie per perseguire obiettivi più generali di riassetto ed innalzamento della competitività del territorio regionale, occorre individuare le priorità per la realizzazione degli interventi infrastrutturali nella regione. L’analisi riferita al settore dei trasporti in Puglia, evidenzia un grado di infrastrutturazione ancora inadeguato rispetto sia alle dinamiche della domanda e alle prospettive dell’innovazione tecnologica, sia ai processi di internazionalizzazione in atto e alle esigenze di ricollocazione strategica del sistema Puglia negli scenari internazionali che guardano all’Europa dell’est, al Medio Oriente, al Mediterraneo, sia ai livelli di accessibilità e qualità ancora migliorabili. La logica che dovrà presiedere alla individuazione delle priorità per la realizzazione degli interventi infrastrutturali per la Puglia deve partire dalla constatazione che, oltre al trasporto passeggeri e alle notevoli problematiche ad esso connesse, un vero impulso allo sviluppo della regione può venire dal potenziamento e dalla integrazione delle piattaforme logistiche, con particolare riferimento al nesso esistente tra la portualità e la retroportualità. Le ampie potenzialità della Puglia dovute alla sua collocazione geografica quale crocevia privilegiato rispetto alle direttrici di comunicazione nazionali ed internazionali, spingono a focalizzare gli investimenti, in atto e programmati, verso il Progetto delle Autostrade del Mare come valida alternativa al trasporto su strada nell’ambito del programma TEN-T dell’Unione Europea, nonché nel Piano Generale dei Trasporti e della Logistica del 2001. Obiettivi specifici degli interventi risultano: il potenziamento dei sistemi portuali ed aeroportuali (per i porti, con specifico riferimento sia alle necessarie infrastrutturazioni sia al rafforzamento della retroportualità e, per gli aeroporti, con riferimento al miglioramento della qualità dei servizi ed alla maggiore integrazione con gli altri servizi ed infrastrutture di trasporto regionali); il potenziamento del sistema ferroviario interregionale ed intraregionale (con specifico riferimento al rafforzamento e al collegamento dei Corridoi internazionali di trasporto VIII con l’Est Europa e I con la Campania ed il Tirreno); la promozione di target omogenei di servizi di trasporto nella regione (puntando in primo luogo su azioni volte ad innalzare il livello di servizio reale nei differenti contesti territoriali, nonché a

6 Fonte: www.regione.puglia.it - Documento Strategico Preliminare della Regione Puglia 2007-2013, gennaio 2006.

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favorire l’interoperabilità delle reti, il potenziamento del materiale rotabile, l’integrazione modale delle reti e, quindi, delle tariffe).

Regione Autonoma della Sardegna7 Nelle intenzioni della Regione, l’Aggiornamento del Piano Regionale per i Trasporti costituisce il riferimento strategico della politica dei trasporti della Regione Sardegna nel breve e medio periodo. Il PRT della Regione Autonoma della Sardegna presentato nel Settembre 2001 ha consentito di:

• fotografare la situazione del sistema dei trasporti in Sardegna in una fase storica in cui i trasporti nel mondo ed in particolare in Europa stavano modificandosi radicalmente (globalizzazione e liberalizzazione dei mercati, nuovi assetti normativi, etc.);

• proporre l’avvio di un nuovo processo di pianificazione dei trasporti attraverso il quadro di riferimento di un insieme di interventi, di ulteriori approfondimenti necessari e di metodi per le scelte successive, che costituisca un indispensabile e sistematico strumento per riportare a logica comune gli interventi di sviluppo della Regione Sardegna;

• affermare che la complessità dei fenomeni comporta una pianificazione del sistema dei trasporti sempre più approfondita e continua secondo l'evoluzione generale della disciplina e delle esperienze maturate nel mondo.

Gli obiettivi e le strategie individuati riguardano:

• l’integrazione della Sardegna nelle reti dei trasporti europee, mediterranee e nazionali diretta alla realizzazione della cosiddetta “continuità territoriale”;

• il potenziamento del corridoio plurimodale Sardegna-Continente attraverso il miglioramento della qualità, della produttività e della efficienza dell’offerta di trasporto;

• il rafforzamento delle connessioni interne al territorio per favorire le relazioni tra i sistemi urbani e per migliorare quelle interne ai nuovi distretti provinciali;

• il miglioramento della mobilità diffusa all’interno delle grandi aree urbane;

• il ruolo attivo che la regione Sardegna deve svolgere nella gestione delle politiche dei trasporti.

Per il raggiungimento degli obiettivi individuati il Piano regionale dei trasporti assume come idea di forza dello scenario di riequilibrio (sistema dei trasporti desiderato) la configurazione della Sardegna come un polo-regione, ovvero come un polo unitario nel sistema delle relazioni internazionali, ed integrato nelle interconnessioni tra i diversi sistemi insediativi e produttivi interni.

Più in particolare, così come ribadito nel Documento di Programmazione Economico-Finanziaria 2006-2008, la Sardegna gode di una posizione strategica nella prospettiva di cooperazione tra l’Europea e i Paesi della riva sud del Mediterraneo come piattaforma logistica naturale, già dotata di un buon sistema di infrastrutture aeroportuali e portuali, con annessi servizi logistici, e in grado di fornire i necessari servizi di base per l’attrazione di imprese che operano nel settore della logistica.

Il Piano Regionale dei Trasporti evidenzia la possibilità di intercettare i grandi flussi di traffico intercontinentale, di offrire servizi logistici ed intermodali (es. porto container Cagliari), di poter usufruire del supporto di realtà economiche orientate alle tecnologie dell’informatica e delle telecomunicazioni, nonché del sostegno di realtà scientifiche di livello internazionale (parco scientifico e tecnologico, Università).

7 Fonte: www.regione.sardegna.it - Piano Regionale Trasporti, settembre 2001.

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Regione Sicilia8 Nel Piano Regionale dei Trasporti e della mobilità in Sicilia, la Sicilia ha compiuto delle scelte significative e ha avviato notevoli investimenti nel settore delle grandi infrastrutture, nel completamento di alcune opere strategiche, nell’avvio della realizzazione del sistema degli interporti, degli autoporti e degli aeroporti, definendo una strategia che determini un’inversione di tendenza. Il Programma delle infrastrutture strategiche (Legge Obiettivo) per la Sicilia contiene investimenti programmati per 28,861 Meuro di cui quasi 11 miliardi di euro già stanziati per interventi in corso di realizzazione nell’ambito dei 5 AA.PP.QQ..

Dal Piano dei Trasporti Regionale della Regione Siciliana emergono delle direttive strategiche tra cui il rafforzamento della portualità siciliana, che punta a garantire una rapida ed efficiente movimentazione delle merci verso i paesi del Nord Europa e ad intercettare il traffico merci EST – OVEST. La rilevante rete di porti commerciali di cui è dotata la Regione è considerato un utile strumento per svolgere attività di trasporto ro-ro e feederaggio. I porti della costa meridionale ambiscono ad essere il raccordo con le coste del Nord Africa in vista dei possibili incrementi commerciali determinati dall’apertura dell’area del libero scambio, mentre i porti della costa settentrionale garantiranno il raccordo con gli altri porti italiani e con il resto dell’Europa.

In questo contesto si inseriscono anche gli interventi previsti nell’APQ Trasporto delle Merci e Logistica con il completamento della dotazione finanziaria per la realizzazione dei due interporti di Catania-Bicocca e Termini Imprese, e di una rete di sette autoporti diffusi su tutto il territorio regionale. Ciò consentirà anche di valorizzare l’investimento programmato da RFI nella nuova linea veloce tra Palermo - Catania e la velocizzazione della linea Catania - Siracusa che si collegano funzionalmente sia con l’interporto di Catania e Termini Imerese che, evidentemente, con il porto di Augusta.

L’ Accordo di Programma Quadro per il trasporto aereo (che prevede un programma di interventi sulle infrastrutture aeroportuali di Palermo, Catania, Lampedusa, Trapani, Comiso e Pantelleria) persegue l’obiettivo del potenziamento del trasporto aereo, esigenza fondamentale per accrescere la competitività del sistema produttivo regionale e per contribuire al riequilibrio territoriale.

Dai documenti della programmazione nazionale e regionale emerge inoltre la volontà di fare della Sicilia la “piattaforma logistica dell’Euro Mediterraneo” a servizio dell’intero “Sistema Paese” e dell’Unione europea data la particolare posizione geografica dell’ Isola nello scenario euro mediterraneo.

Le indicazioni del Piano Regionale dei Trasporti della Regione Siciliana, sono pertanto rivolte a favorire la creazione dei presupposti necessari per la infrastrutturazione logistica del territorio per stimolare la nascita di sistemi produttivi locali inseriti in reti di relazioni commerciali transnazionali. In ambito europeo l’ obiettivo individuato dal Piano Regionale dei Trasporti è quello di conferire ai porti siciliani, le funzioni di terminali strategici italiani della rete di trasporto europea in quanto meglio si collocano geograficamente, sia in termini di tempi di percorrenza e di capacità operativa, potendo accogliere direttamente i traffici con origine e/o destinazione dai mercati sulle principali direttrici di traffico est/ovest, nord-sud e viceversa. Particolarmente significativa è l’ attività dei porti siciliani, nell’ambito delle Autostrade del mare e per lo svolgimento del transhipment e dello Short Shipping. Sulla base delle suddette considerazioni e del disegno della rete dei corridoi transeuropei, va preso atto che il sistema portuale regionale configurato dal Piano, potrà assolve al ruolo di accesso del continente europeo attraverso il corridoio I (Palermo-Berlino) della rete TEN, al Nord Africa e per certi versi, con il Medio e l’Estremo Oriente. L’ obiettivo è quello di puntare alla creazione di una “PIATTAFORMA LOGISTICA INTEGRATA” sfruttando la particolare posizione geo-politica della Sicilia nel Mediterraneo, superando la logica dell’insularità come fattore penalizzante e di marginalità territoriale, ma piuttosto quale valore aggiunto per intercettare i flussi di traffico in continua crescita. 8 Fonte: www.regione.sicilia.it - Piano Regionale Trasporti, giugno 2002.

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1.4 Nodi critici e questioni aperte in sei Paesi del Mediterraneo Negli ultimi anni i governi di alcuni paesi del Mediterraneo (Algeria, Egitto, Giordania, Libano, Marocco, Tunisia), su cui si sono concentrati i nostri studi come si rileva dalla II parte di questo rapporto, hanno intrapreso ambiziosi processi di riforma volti a migliorare la governance e la competitività dei sistemi nazionali dei trasporti e relative infrastrutture.

Le misure adottate hanno avuto come finalità il rafforzamento del quadro istituzionale e amministrativo del settore, il miglioramento del contesto legislativo e di regolamentazione, l’apertura del settore agli operatori privati, la promozione della dimensione sociale e della sostenibilità dei trasporti e l’aumento degli investimenti diretti alla modernizzazione del settore trasportistico.

Pertanto, allo stato attuale, nei paesi del Mediterraneo sono stati compiuti significativi progressi in termini di ristrutturazione istituzionale e delle amministrazioni oltre che di adeguamento e aggiornamento delle capacità tecniche e delle risorse umane.

È inoltre in atto un processo di liberalizzazione dei servizi nei principali comparti del trasporto (trasporto merci su strada, settore aereo, settore marittimo) e anche rispetto agli investimenti per le infrastrutture, sono stati programmati numerosi interventi e piani futuri di espansione e sviluppo.

Le politiche trasportistiche nazionali sono state accompagnate da molteplici iniziative rese possibili grazie ad attività di cooperazione regionale e subregionale tra i paesi del Mediterraneo.

In particolare, tutti i paesi dell’area Meda hanno intensificato notevolmente gli sforzi per avviare processi di riforma del contesto istituzionale e amministrativo del settore dei trasporti.

Nonostante siano stati compiuti notevoli progressi in termini di riforme politiche, sociali, economiche e di regolamentazione del settore, rimangono ancora una serie di nodi irrisolti e di questioni aperte che necessitano di azioni decise da parte dei governi nazionali.

Dall’analisi dei sistemi trasportistici per paese (cfr. Report Paese Algeria, Egitto, Giordania, Libano, Marocco, Tunisia) , emerge un quadro regionale abbastanza diversificato che non consente di formulare una riflessione unitaria sulle necessità dell’area. Per quanto riguarda il contesto istituzionale, ad esempio, si rileva che in alcuni dei paesi analizzati esiste un solo Ministero incaricato della gestione di tutte le modalità di trasporto, sia per le infrastrutture che per i servizi (cfr. Libano, Marocco, Giordania), mentre in altri paesi le responsabilità in materia di infrastrutture e servizi sono invece ripartite tra due Ministeri (cfr. Algeria, Tunisia)9.

Se ne deduce che sebbene si parta da contesti differenti (ad esempio, in alcuni paesi come Giordania, Egitto, Libano il processo di separazione delle competenze è già in atto, mentre in Marocco, Tunisia e Algeria è ancora in una fase più embrionale), è opportuno l’impegno delle istituzioni di tutti questi paesi nel senso di modernizzare le strutture amministrative e le istituzioni come elemento necessario per rafforzare il sistema trasportistico nazionale e regionale.

Occorre inoltre intensificare gli sforzi anche per una maggiore integrazione e coesione delle reti infrastrutturali, per la diversificazione delle fonti di finanziamento e per una maggiore attenzione alle questioni legate alla sostenibilità e alla sicurezza.

Per poter utilizzare pienamente il potenziale dei settori marittimo ed aereo sono ancora necessarie riforme e misure di adeguamento (organizzazione e gestione dei porti, decentramento delle autorità portuali, minimizzazione dei costi di transizione, rimozione delle barriere, riduzione dei tempi e dei passaggi burocratici, armonizzazione legislativa con la normativa UE ecc.).

9 Tuttavia, nonostante queste differenze, è possibile evidenziare un elemento comune a ciascuno dei paesi analizzati che consiste nella ripartizione delle competenze alle diverse Direzioni all’interno dei Ministeri, ciascuna impegnata su un tema specifico.

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Per concludere, possiamo affermare che per la creazione di uno spazio comune in materia di trasporti è fondamentale che si inco¬raggino e sviluppino dei progetti di cooperazione a livello locale, regionale e transfrontaliero che includano, ma che vadano oltre, il mantenimento, l’ammodernamento e la riqualificazione delle infrastrutture esistenti.

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Tabella - Quadro di sintesi degli interventi infrastrutturali programmati dalle Regioni Meridionali per Trasporti e Infrastrutture. Regioni Infrastrutture portuali Infrastrutture Ferroviarie Infrastrutture aeroportuali Infrastrutture stradali Infrastrutture interporti

Basilicata

Pur non essendo dotata di porti commerciali, è tuttavia posizionata in un’area geografica strategica per favorire il collegamento e la realizzazione di importanti sistemi portuali.

Realizzazione collegamento Matera-Bari; Potenziamento collegamento Salerno-Potenza-Taranto, anche con l’Alta Velocità Napoli-Taranto.

Occorre avviare a compimento importanti piattaforme logistiche: Superficie aeroportuale regionale di Pisticci;

Autostrada asse Sud-Nord: Lauria- Potenza- Melfi - Candela Asse Salerno- Potenza- Bari Corridoio mediano Murgia-Pollino (connessione A14 con A13)

Interporto di Tito

Calabria

Accordo del 30/08/06 per il porto di Gioia Tauro come Piattaforma del Mediterraneo

Realizzazione del raccordo ferroviario stazione di San Ferdinando (interna al porto) con Rosarno,per lo sviluppo del trasporto dei container via terra lungo i corridoi ferroviari esistenti; Sistema ferroviario tra Lamezia Terme - Catanzaro e Villa San Giovanni - Reggio Calabria

Interventi di ammodernamento dei servizi aeroportuali per realizzare un sistema aeroportuale ben strutturato nella Regione.

Realizzazione di un sistema stradale con adeguamenti di strade esistenti e costruzione di nuove trasversali.

Interporto di Gioia Tauro; Interporto di Lamezia Terme.

Campania

Potenziamento e diffusione dei servizi del Metrò del Mare; Aumento dei traffici crocieristici; Sviluppo delle “Autostrade del Mare” con aumento dei traffici merci infra-Mediterraneo in transito dai porti della Campania; Allargamento della giurisdizione portuale napoletana; sviluppo dei porti di Napoli e Salerno.

Completare il sistema della Metropolitana Regionale; Interventi tesi a mitigare l’effetto “barriera” costituito dalla Linea FS Napoli – Salerno, mediante azioni di ricucitura del territorio;

Potenziamento aeroporti di Grazzanise e di Pontecagnano.

Interventi di potenziamento asse RM- CE- RC- PA (Corridoio I); Il collegamento fra i Corridoi I e VIII, tra il Tirreno e l’Adriatico, lungo il quadrilatero Napoli- Salerno- Bari - Barletta; valorizzazione delle aree intermedie della Campania, dando così centralità alle aree di AV e BN.

Interporto Sud-Europa (Marcianise); Interporto Campano (Nola); Interporto di Salerno- Battipaglia;

Puglia

Potenziamento ed integrazione delle piattaforme logistiche, e dei sistemi portuali con particolare riferimento al nesso esistente tra la portualità e la retroportualità; Focus degli investimenti per il Progetto Autostrade del Mare.

Potenziamento del sistema ferroviario interregionale ed intraregionale con specifico riferimento al rafforzamento e al collegamento dei Corridoi VIII con l’Est Europa e I con la Campania ed il Tirreno; Potenziamento del materiale rotabile.

Potenziamento dei sistemi aeroportuali e miglioramento della qualità dei servizi; Maggiore integrazione con i servizi e le infrastrutture di trasporto regionali.

Potenziamento Asse Bari –Napoli l

Sardegna

Recupero urbano del fronte mare/città per la promozione del turismo nautico/ diportismo e crocieristico; Integrazione funzionale e gestionale dei porti come sistema portuale unico; Classificazione dei porti di Oristano ed Arbatax come porti di interesse regionale e interregionale.

Potenziamento del corridoio plurimodale Sardegna- Continente; Realizzazione sistema Sardegna Centrale e Meridionale; Collegamento Tempio-Olbia –Aeroporto; Ammodernamento Cagliari-Oristano, variante San Gavino, riqualificazione stazioni, nodo di Olbia

Miglioramento dei servizi a terra negli aeroporti; Miglioramento dei sistemi di controllo traffico aereo; Ampliamento dei bacini di gravitazione e interconnessione tra gli aeroporti Alghero- Sassari, Olbia- aeroporto, Cagliari- aeroporto; Completamento aeroporto Tortolì

Realizzazione collegamenti zone costiere con l’interno collegamento Alghero-Sassari-Olbia collegamento Cagliari-Tortolì e Tortolì-Nuoro Nuoro-Olbia coordinamento ferro- gomma- nave.

Intercettazione dei grandi flussi di traffico intercontinentale attraverso l’offerta di servizi logistici ed intermodali

Sicilia

Interventi sui porti di Palermo, Messina, Catania e Augusta appartenenti al sistema SNIT; Favorire la costituzione di basi logistiche dei porti per l’ interscambio mare-mare per aumentare la competitività nel Mediterraneo; Favorire la realizzazione di approdi crocieristici nei porti realizzando collegamenti con gli aeroporti.

Messina-Catania-Siracusa Messina-Palermo Interventi nell’area calabrese per il miglioramento degli approdi F.S. e privati, per l’attivazione di servizi con mezzi veloci passeggeri per Messina e le isole Eolie e per la realizzazione del sistema integrato ferrovia-mezzi veloci tra Reggio Calabria e Messina.

Potenziare la capacità di trasporto degli scali aerei; Favorire il concetto di polarità del sistema aeroportuale, sviluppando l’ idea di baricentro di reti aeroportuali secondo le diverse vocazioni locali.

Collegamenti tra nodi urbani e tra aree costiere e dell’entroterra; Potenziamento dei sistemi tangenziali delle aree metropolitane.

Palermo-Termini Imprese; Catania-Bicocca; Gli interventi relativi ai due interporti di Palermo-Termini Imerese e Catania-Bicocca sono inseriti nel I° Programma delle Infrastrutture Strategiche di preminente interesse nazionale (Legge Obiettivo n. 443/01).

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Tabella: Indicatori quali- quantitativi delle dotazioni*, delle priorità programmatiche** e delle vocazioni territoriali*** delle infrastrutture dei settori trasporti ed energia Regioni Meridionali.

INFRASTRUTTURE REGIONI

Infrastrutture portuali

Infrastrutture Ferroviarie

Infrastrutture aeroportuali

Infrastrutture stradali

Infrastrutture interporti

Infrastrutture trasporti nodi e reti

indice sintetico

Infrastrutture energetiche

Indice sintetico dotazioni

0 54,8 0 89,9 0 13,8 39,8

Priorità programmatiche

⊥ ∆ ▬ ∆ ▬ ∆/⊥ Basilicata

Vocazione territoriale

NAZ IR NAZ IR IR IR/NAZ

Indice sintetico dotazioni

162,4 94,2 111,4 125,5 2,8 63,0 43,8

Priorità programmatiche

∆ ⊥ ▬ ⊥ ∆ ∆/⊥ Calabria

Vocazione territoriale

MED REG NAZ IR NAZ/MED NAZ/MED

Indice sintetico dotazioni

29,1 145,4 20 137,5 4,5 61,5 116,5

Priorità programmatiche

∆ ⊥ ▬ ⊥ ∆ ∆/⊥ Campania

Vocazione territoriale

REG/MED REG/IR NAZ/MED IR/NAZ MED REG/NAZ

Indice sintetico dotazioni

82,3 84,8 75,2 137,5 75,2 61,0 79,7

Priorità programmatiche

∆ ⊥ ▬ ⊥ ▬ ⊥/▬ Puglia

Vocazione territoriale

MED/REG IR/MED REG/NA IR MED IR/MED

Indice sintetico dotazioni

173,7 17,1 207,8 71,9 6,8 25,9 32,4

Priorità programmatiche

∆ ∆ ⊥ ⊥ ▬ ∆/⊥ Sardegna

Vocazione territoriale

IR/MED REG REG/NAZ REG MED REG/MED

Indice sintetico dotazioni

82,8 80,6 102,8 95,5 6,7 46,5 76,0

Priorità programmatiche

∆ ⊥ ⊥ ⊥ ∆ ∆/⊥ Sicilia

Vocazione territoriale

MED/REG IR NAZ/MED REG MED REG/MED

* Fonte: SVIMEZ- Rapporto 2005 sull’Economia del Mezzogiorno

Legenda: L’ indice sintetico (Italia= base100) per le infrastrutture portuali è basato sulle superfici di accosti, piazzali e magazzini; per le infrastrutture ferroviarie considera linee a binario singolo, linee non elettrificate, linee elettrificate e linee a doppio binario; per le infrastrutture aeroportuali considera superfici di piste, aree di sedime e di parcheggio; per le infrastrutture stradali considera la dotazione di strade comunali, provinciali, statali e autostrade; per le infrastrutture interportuali considera superfici, capacità di movimentazione e disponibilità di binari.

** PRIORITÀ PROGRAMMATICHE: ∆ alta; � media; ▬ stabile (Dati rielaborati sulla base dei Documenti programmatici regionali per la Politica de Coesione 2007-2013, dei Piani Regionali di Trasporto e Mobilità)

***VOCAZIONE TERRITORIALE: Regionale (REG); Interregionale (IR); Nazionale (NaZ); Mediterranea (MED) (Dati rielaborati sulla base dei Documenti programmatici regionali per la Politica de Coesione 2007-2013, dei Piani Regionali di Trasporto e Mobilità)

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2 Energia10

2.1 Lo scenario euro-mediterraneo

2.1.1 Premessa Le relazioni tra l’UE e i Paesi del mediterraneo sono governate dal Partenariato euromediterraneo inaugurato a Barcellona nel 1995 - Il Processo di Barcellona - comprende 12 paesi che si affacciano sul Mediterraneo: Algeria, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, L’Autorità palestinese, la Siria (Mashrek), la Tunisia (Maghreb) e la Turchia (la Libia assiste per ora come osservatore).

La politica energetica rappresenta un elemento fondamentale del Partenariato, tanto per gli Stati membri dell’Unione che per i partner mediterranei, sia in prospettiva della creazione di una zona di libero scambio euromediterraneo all’orizzonte del 2010 (obiettivo principale della Dichiarazione di Barcellona) che in vista di un significativo aumento della popolazione dei 12 Partner mediterranei. La domanda globale di energia è in crescita e si prevede che entro il 2030 sarà di circa il 60% superiore ai livelli attuali.

Il partenariato ha rappresentato nella politica della UE verso i paesi mediterranei un importante passo in avanti, andando oltre la precedente logica fondata interamente su accordi bilaterali intergovernativi. Il partenariato ha avuto l’ambizione di creare uno “spazio comune” dove la conflittualità e la separazione ha spesso prevalso sui fattori di integrazione.

L’energia è un settore centrale della cooperazione per due motivi fondamentali legati alla sicurezza d’approvvigionamento energetico dell’UE, quali:

1. l’importanza geografica dei paesi partner; i Paesi mediterranei hanno un ruolo strategico dovuto alla loro prossimità geografica tra l’UE, importatore d’energia, ed i paesi esportatori (i Paesi del Golfo e del Caucaso);

2. la presenza di importanti riserve di petrolio e di gas in alcuni paesi partner:così offrono una sicurezza d’approvvigionamento notevole per l’UE che soddisfa il proprio fabbisogno energetico ricorrendo a risorse esterne.

La cooperazione euro-mediterranea è attualmente in una fase più avanzata nel campo energetico che in altri settori. Con il Forum euro-mediterraneo dell’energia fu stabilito un quadro di cooperazione in cui era stato previsto un piano d’azione riguardante il periodo 1998-2002.

Nel Forum di Granada del 2000 (terzo forum), che costituisce una tappa importante nel processo di cooperazione, furono individuate alcune priorità, prima fra tutte l’importanza di una riforma del quadro legislativo e regolamentare.

Nei Paesi partner, vigendo un monopolio centralizzato e controllato dallo Stato, è necessaria una riforma del quadro giuridico e regolamentare del settore che proceda in parallelo a quella già intrapresa dagli Stati Membri. Tenuto conto che l’obiettivo fondamentale del partenariato è quella di promuovere una zona di libero scambio tra i paesi, al fine di soddisfare le esigenze di concorrenza del mercato, ne consegue la necessità di una riforma globale. Questa profonda integrazione è, in effetti, il centro della politica di vicinato, che propone l’integrazione progressiva all’interno del mercato europeo. Da questo punto di vista la politica di vicinato rappresenta un progresso sostanziale rispetto alla struttura del partenariato euro-mediterraneo.

Come si evince dai report Paese, occorrerà porre in atto misure di liberalizzazione (avvalendosi, a tal uopo, di autorità indipendenti di regolazione che agiscano autonomamente nei diversi tipi d’attività), promuovere sovvenzioni e favorire la partecipazione dei privati.

10 Elaborazione a cura di Salvatore Migliaccio e Antonella Leone

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Nella prospettiva della sicurezza dell’approvvigionamento energetico riveste un ruolo fondamentale l’interconnessione delle infrastrutture tra i paesi mediterranei e tra l’UE e i paesi partner. E’ necessario concentrarsi sia sulla modernizzazione delle infrastrutture esistenti che sull’attivazione di nuove reti.

Il rischio che si corre è che la politica di vicinato venga percepita dai Paesi mediterranei più interessati all’avvicinamento alla UE come un approfondimento delle relazioni bilaterali tra UE ed il singolo partner mediterraneo, a scapito dei tentativi di cooperazione multilaterale finalizzata alla “costruzione di una politica energetica regionale”.

La reazione dei Paesi mediterranei alle proposte avanzate nella politica di vicinato è stata difforme e l’obiettivo dell’avvicinamento al Mercato interno europeo non è universalmente condiviso. Per tale motivo la Commissione ha scelto, per il periodo transitorio (2004-2006), un processo di avvicinamento più tradizionale, partendo dalla componente “fisica”, ovvero dagli impianti infrastrutturali (energia-elettricità nel Maghreb, gas nel Mashereq, energia tra Israele e Palestina). Per tale motivo il New Neighbourhood Programme’s Strategy Paper and Indicative Programme for countries under the Euro-Mediterranean Partnership 2004-2006 destina l’80% dei fondi ai progetti infrastrutturali e soltanto il 20% alla cooperazione transfrontaliera e transnazionale.

2.1.2 L’energia nelle relazioni euro-mediterranee I Paesi Mediterranei hanno un’importanza fondamentale per quanto riguarda il settore energetico per il duplice ruolo che essi rivestono: sia per gli scambi commerciali energetici (petrolio e gas) in quanto si tratta, in parte, di transito di idrocarburi prodotti altrove (in Medio Oriente, Russia e, in prospettiva, Caucaso e Asia centrale) che come produttori di forniture energetiche europee.

Sul Mediterraneo si affacciano quattro paesi esportatori di idrocarburi, due di grande rilievo - l’Algeria e la Libia - e due di importanza limitata – l’Egitto e la Siria. Esistono delle diversità tra Mediterraneo occidentale (Maghreb, con elevate riserve di idrocarburi) e Mediterraneo orientale (Mashreq, con risorse relativamente limitate) in quanto Algeria e Libia rimarranno per molto tempo esportatori di petrolio (Libia) e di gas (Algeria) mentre la Siria sarà un importatore netto e l’Egitto importatore di petrolio. Tutto ciò condiziona le interconnessioni tra i paesi. Nel Mediterraneo occidentale esiste una rete di connessione Nord-Sud, basata soprattutto sulle risorse energetiche algerine, ma che va estendendosi alla Libia affinché possa quest’ultima svolgere un ruolo rilevante come potenziale nuovo membro del partenariato euro-mediterraneo e della politica europea di vicinato.

Per quanto riguarda le risorse del Mediterraneo orientale, non sembrano permettere consistenti volumi di esportazioni verso l’Europa ma possono dar luogo, invece, ad una rete di distribuzione nella stessa sub-regione: è l’ipotesi di un gas ring.

Nonostante la Turchia non sia inclusa nella politica europea di vicinato va ugualmente sottolineato il ruolo che ricopre come Paese di transito di idrocarburi e come potenziale sede di un mercato petrolifero.

L’ elevata intensità di flussi commerciali e di investimenti (le compagnie petrolifere europee sono ampiamente presenti nella produzione di petrolio e gas dei paesi mediterranei) non ha avuto come conseguenza un coerente e più forte ruolo della cooperazione energetica all’interno delle relazioni istituzionali euro-mediterranee. Infatti, nella dichiarazione di Barcellona del 1995 si accenna all’energia soltanto nel programma di azione allegato alla dichiarazione; un precoce tentativo di avviare una cooperazione euro-mediterranea nel settore è stato seguito da una lunga pausa. Dopo due conferenze ministeriali sull’energia nel partenariato, tenutesi poco dopo Barcellona (Trieste - 1996, Bruxelles - 1998), si è dovuto infatti attendere il 2003 perché il tema fosse rilanciato con le conferenze di Atene (maggio 2003) e Roma (dicembre 2003). Nel Forum Euromediterraneo tenutasi a Bruxelles (21 settembre 2006) i paesi e le organizzazioni hanno esaminato i progressi ottenuti nelle varie aree per la cooperazione Euro-Mediterranea in campo

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energetico per il periodo 2003-2006. Sono stati anche delineati i futuri orientamenti per la nuova cooperazione Euro-Mediterranea energetica riguardante il periodo 2007-2010.

2.1.3 I progetti europei e reti energetiche nell’area mediterranea Secondo la dichiarazione della conferenza di Atene, tenutasi nel maggio 2003, “la creazione di una partnership energetica euro-mediterranea deve essere basata sugli obiettivi della sicurezza degli approvvigionamenti, della concorrenza e trasparenza dei mercati, e della protezione dell’ambiente; il progressivo consolidamento di una politica energetica euro-mediterranea al fine di contribuire pienamente alla futura area di libero scambio deve essere basato sulla definizione di iniziative di politica energetica a carattere regionale e la realizzazione di progetti infrastrutturali di interesse comune”.

La cooperazione energetica è stata rilanciata anche come possibile antidoto alle difficoltà incontrate da altre forme di cooperazione regionale.

Un esempio di cooperazione con cui avviare l’integrazione tra partenariato euro-mediterraneo e nuova politica di vicinato è dato dalla possibile cooperazione energetica israelo-palestinese.

Nella fase transitoria (2004-06) i progetti previsti dal MEDA Neighbourhood Indicative Programme per il settore dell’energia (14 milioni di euro complessivamente, a cui si aggiungono altri 5 milioni di euro per progetti ancora da definire) si fondano sulle intese firmate durante la Conferenza Euro-Mediterranea dei ministri dell’Energia del dicembre 2003, intese relative a tre programmi subregionali:

1. l’integrazione progressiva del mercato elettrico nel Maghreb (copre Algeria, Marocco e Tunisia) con un’integrazione nel mercato interno europeo;

2. l’integrazione progressiva del mercato del gas nel Mashreq (che si fonda sulle risorse energetiche egiziane e copre Egitto, Giordania, Libano e Siria) con l’obiettivo di un’integrazione nel mercato interno europeo;

3. la cooperazione nel settore energetico tra Israele e l’Autorità Palestinese.

Le attività previste dal Meda Neighbourhood Indicative Programme relativamente a questi tre programmi riguardano soprattutto l’assistenza tecnica a favore dell’armonizzazione procedurale e normativa con l’obiettivo di promuovere un mercato sub-regionale che si potrebbe integrare con quello europeo.

Con la conferenza ministeriale di Roma l’Italia ha svolto e continua a svolgere un ruolo di primo piano. Il 15 ottobre del 2004 a Roma è stata lanciata – la Rome Euro-Mediterranean Energy Platform (REMEP), una struttura di supporto ospitata dal Ministero delle Attività produttive con l’intento di assicurare l’implementazione delle iniziative regionali definite nella conferenza ministeriale di Roma del dicembre 2003.

Questi progetti di cooperazione nel settore energetico rappresentano dei passi in avanti nella faticosa costruzione di intese regionali e sub-regionali e non possono essere sottovalutati.

Recentemente sono stati compiuti altri passi in avanti sia con la Comunicazione indirizzata alla Commissione da parte del Commissario Benita Ferrero-Waldner (Implementing and Promoting the European Neighbourhood Policy, SEC(2005) 1521, 22 November 2005) in cui si identificano alcune politiche prioritarie (prima a livello generale e successivamente a livello di singolo paese) che con il Consiglio di Competitività del 24 luglio 200611.

11 Con l’adozione dei nuovi orientamenti comunitari per le reti transeuropee dell’energia, che sostituiscono quelli contenuti nella decisione n. 1229/2003/CE, viene rafforzata la normativa di base della politica energetica dell’Europa, delineata dal Consiglio di primavera 2006. Il Consiglio “Competitività” del 24 luglio, ha concluso la procedura di codecisione avviata dalla Commissione europea con la specifica proposta del 10 dicembre 2003, approvando gli emendamenti adottati il 4 aprile scorso dal Parlamento

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Per tutta l’area inclusa nella Politica europea di Vicinato (i vicini sia mediterranei sia orientali) la Comunicazione evidenzia:

• l’integrazione e l’armonizzazione del mercato energetico europeo con quello dei paesi vicini;

• la sicurezza delle forniture e interconnessioni.

La Commissione europea ha definito una serie di progetti infrastrutturali “prioritari”, in cui rientra l’area mediterranea (si vedano le figure allegate). Come emerge dalla Figura n. 1 la priorità è assegnata alla costruzione e all’ampliamento di gasdotti (tra cui il Green Stream dell’Eni che collega la Libia alla Sicilia) e all’interconnessione delle reti elettriche. Per l’integrazione dei mercati energetici nell’area Euromediterranea negli ultimi otto anni sono stati allocati più di 55 milioni di Euro dal budget MEDA; inoltre, a supporto delle infrastrutture energetiche riguardanti i progetti “prioritari” per il completamento delle reti di elettricità e gas la Banca Europea d’Investimento ha destinato fondi per un importo pari a circa 2 miliardi.

2.1.4 Progetti nel Bacino del Mediterraneo riguardanti il gas La domanda di gas naturale è aumentata rapidamente nella regione mediterranea durante gli ultimi anni; tra il 1971 e il 2005 i consumi di gas naturale sono passati dai 27 ai 288 bcm (miliardi di metri cubi). Nello stesso periodo il contributo di gas nel bilancio energetico del mediterraneo è passato dal 6 al 26%.

Oggi il gas naturale è la fonte energetica con il più alto potenziale di crescita nel Mediterraneo. La domanda di gas passerà dai 288 bcm attuali ai 500 bcm e la quota di gas naturale nel bilancio energetico raggiungerà il 31% nel 202012.

Nei prossimi anni assisteremo ad un aumento delle esportazioni di gas dal Nord Africa grazie alle nuove infrastrutture.

Nella figura seguente sono riportati i progetti “prioritari” dell’UE per l’area mediterranea.

europeo. Le innovazioni più significative introdotte con gli emendamenti parlamentari riguardano: l’inserimento della nuova categoria dei progetti di interesse europeo lungo gli assi dei “progetti prioritari”; il riconoscimento di una loro priorità nell’accesso ai finanziamenti nell’ambito sia della pertinente linea di bilancio per le reti TEN-E, sia di altre forme di cofinanziamento comunitario; la possibilità di nomina di un coordinatore europeo nei casi in cui un progetto d’interesse europeo incontri notevoli ritardi o difficoltà di attuazione; la fissazione di adempimenti volti ad assicurare una loro rapida realizzazione. Entro sei mesi dall’entrata in vigore dei nuovi orientamenti, gli Stati membri interessati all’attuazione dei progetti d’interesse europeo dovranno presentare alla Commissione un calendario della procedura di approvazione della pianificazione, della fase di fattibilità e di progettazione, della fase di realizzazione dei progetti e della loro entrata in esercizio. Complessivamente, sono 42 i progetti di interesse europeo e di essi 12 interessano l’Italia, 8 per le reti elettriche e 4 per le reti del gas. 12 Rapporto OME “Energy & Gas Prospects in the Mediterranean Area” marzo 2006

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Figura - “Gas Export Projects in the Mediterranean”

Fonte: Rapporto OME “Energy & Gas Prospects in the Mediterranean Area” marzo 2006

I principali progetti, realizzati e in corso di realizzazione, nel contesto euromediterraneo sono:

• Il Transmed, ribattezzato “Enrico Mattei”, che entrerà a regime nel 2008 e sarà ulteriormente ampliato nel 2012; esporta il gas algerino da Hassi R’Mel attraverso la Tunisia fino a giungere in Sicilia, Mazara del Vallo, e da qui al resto d’Italia fino a Minerbio, in Emilia;

• Il Maghreb-Europe-Gas (MEG) concepito al fine di consentire il flusso del gas prodotto in Algeria verso Spagna e Portogallo (dal 1996 collega Hassi R’Mel alla città spagnola di Cordoba attraverso il Marocco);

• Il Medgaz per collegare Beni Saf alla città spagnola di Almeria con un’eventuale estensione fino alla Francia (costo stimato 1,3 miliardi di dollari e dovrebbe essere completato nel 2008);

• Il GALSI per collegare Algeria e Italia, passando per la Sardegna (costo 2 miliardi di dollari e tempo di conclusione stimato al 2008);

• Il gasdotto “Green Streem”;

• Il gasdotto Libia – Tunisia.

Il gasdotto Transmed (Enrico Mattei) Il gasdotto Transmed (recentemente ribattezzato “Enrico Mattei”, lungo 2.525 chilometri, che parte da Hassi R’Mel-Algeria- ed arriva a Minerbio, in Emilia), i cui lavori iniziarono nel 1978 ed entrato in funzione nel 1983, è stato uno dei principali risultati della cooperazione energetica italo-tunisina. Nel 1995 è entrata in funzione una seconda linea (Transmed II) parallela alla precedente che ha aumentato la capacità complessiva. I sei impianti di compressione costruiti per la prima linea Transmed, sono stati ingranditi e migliorati, per cui è stato necessario costruirne ex novo soltanto due. La prima fase di ampliamento del progetto andrà a regime nel 2008 e la conclusione è prevista nel 2012.Come emerge dalla Figura 2, Transmed ha rappresentato la prima fase della realizzazione, sempre più complessa, della rete di gasdotti che collegano l’Algeria ai

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principali consumatori europei.Il momento successivo di questa strategia di integrazione Nord-Sud fu nel 1996 con il completamento della Maghreb Europe Pipeline (GME), che attraverso il territorio del Marocco giunge in Spagna e Portogallo.Altri progetti in corso collegano l’Algeria direttamente ai mercati di consumo finale evitando il transito attraverso Marocco o Tunisia. Il costo stimato del gasdotto (Transmed I e II) – escludendo la sezione algerina – è di 6.030 milioni di dollari, di cui 3.715 milioni di dollari finanziati attraverso crediti. Figura - “Gasdotto Transmed”

Fonte: Rapporto OME “Energy & Gas Prospects in the Mediterranean Area” marzo 2006

Figura - Il West Libya Gas Project (WLGP o “Green Stream”)

Fonte: Rapporto OME “Energy & Gas Prospects in the Mediterranean Area” marzo 2006

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Il gasdotto “Green Streem”(iniziativa ENI), appena concluso, collega i giacimenti della Libia occidentale all’Italia fino a Gela, ha un’importanza rilevante per la futura formazione di un mercato Euro-Maghrebino del gas.

Il progetto di gasdotto Libia – Tunisia Si tratta di un progetto di gasdotto che, partendo dai giacimenti della Libia, riguarderà anche la Tunisia e dovrà collegare Mellita in Libia e Gabès in Tunisia; l’ entrata in funzione è prevista per il 2007. Dal punto di vista della Libia il progetto, seppure di assai minor rilievo rispetto al gasdotto verso l’Italia, rappresenta un ulteriore momento di sviluppo del settore del gas, finora rimasto sostanzialmente trascurato.

Il gasdotto Libia - Sicilia appena completato, che si aggiunge a quello storico proveniente dall’Algeria attraverso il territorio tunisino, permetterà alla Regione Siciliana di svolgere un ruolo centrale nel mercato del gas Euro-Maghrebino a cui la Commissione europea intende destinare particolare attenzione.

2.1.5 Progetti nel Bacino del Mediterraneo riguardanti l’energia elettrica La regione Euro-Mediterranea, come descritto dalla figura, può essere suddivisa in 4 blocchi:

• Blocco Mediterraneo Sud-Ovest (SWMB: Marocco, Algeria e Tunisia);

• Blocco Mediterraneo Sud-Est (SEMB: Libia, Egitto, Giordania, Siria e Libano);

• Blocco Turco (la Turchia fa blocco a sé);

• Mediterranean Isolated Sistem (Palestina, Israele, Cipro e Malta).

Il Blocco Europeo (UCTE 1&2: comprendente la gran parte dell’Unione europea più Bulgaria, Romania e i paesi balcanici) è interconnesso ai due blocchi SWMB e SEMB. Figura - “Electrical interconnections: UCTE Network & Mediterranean Ring”

Fonte: OME “Electricity Interconnections in the Mediterranean Countries” Maggio 2006

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Blocco Mediterraneo Sud-Ovest (SWMB: Marocco, Algeria e Tunisia): L’interconnessione sottomarina tra Spagna e Marocco è stata realizzata nel 1997 e connette l’area con quella UCTE. Ad essa se ne aggiungono altre 6: Algeria con Tunisia (4 connessioni) e con Marocco (2 connessioni)13. Una linea elettrica aggiuntiva tra Marocco e Algeria sarà tra breve realizzata e permetterà di passare dagli attuali 225kV a 400 kV. Le interconnessioni saranno rafforzate: infatti nel dicembre del 2003 è stato stipulato un accordo tra ONE, Red Electrica de España, ed un consorzio composto dalla norvegese Nexas e dall’italiana Pirelli per l’installazione delle infrastrutture sottomarine per la predisposizione di una seconda rete di interconnessione tra le due sponde dello Stretto di Gibilterra con lo scopo di duplicare il flusso di energia elettrica tra Spagna e Marocco. Anche l’interconnessione Tunisia – Sicilia, per l’esportazione dell’energia elettrica dalla Tunisia, riveste un’importanza considerevole ed offrirebbe ad ambo le parti una maggiore sicurezza nelle forniture ed un passo in avanti verso la creazione di un mercato elettrico Euro-Maghrebino.

Blocco Mediterraneo Sud-Est (SEMB: Libia, Egitto, Giordania, Siria e Libano) In quest’area sono state realizzate le seguenti connessioni:

• la Libia all’Egitto (1998);

• l’Egitto alla Giordania (1999);

• la Giordania alla Siria (2001).

In futuro è previsto ad Ovest il rafforzamento dell’interconnessione tra la Siria e il Libano, precisamente da Damasco alla città libanese di Kesara; per il Nord esiste già una linea ma non è operativa.

Blocco turco Include due linee di interconnessione esistenti tra la Turchia e la Bulgaria, ed un’altra tra il sud della Turchia e la parte Nord della Siria. Attualmente queste linee non sono in uso.

Mediterranean Isolated System Il sistema elettrico della Palestina, Israele, Cipro e Malta costituisce “un’isola elettrica” perchè non è connessa agli altri network elettrici del Bacino Mediterraneo. Questa situazione cambierà per la Palestina ed Israele che dovrebbero, invece, entrare a far parte del Mediterranean Ring a realizzazione ultimata delle due linee Egitto-Gaza e Gaza-Israele.

In conclusione, questi nuovi progetti potrebbero consentire una migliore interconnessione tra i paesi del SEMCs14 e il network europeo in modo da completare il Mediterranean Electricity Ring.

Nella tabella sono riportati i maggiori progetti di interconnessione delle reti elettriche.

13 OME “Electricity Interconnections in the Mediterranean Countries” Maggio 2006. 14 South East Mediterranean Countries

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Tabella - “Major Electricity Interconnection Projects in the Mediterranean Region”

Fonte: OME “Electricity Interconnections in the Mediterranean Countries” Maggio 2006

2.2 Il quadro nazionale

2.2.1 Premessa Dall’esperienza 2000 – 2006 sono state ricavate diverse lezioni - riguardanti l’efficienza energetica e le energie rinnovabili - la più importante è quella volta alla sicurezza degli approvvigionamenti, perseguibile attraverso il completamento delle interconnessioni, soprattutto per quanto concerne le reti transeuropee: oggetto di attenzione devono essere anche il miglioramento delle reti elettriche e il completamento e potenziamento delle reti di trasporto e distribuzione del gas15.

All’utilizzo delle fonti rinnovabili e alla efficienza energetica, nonché a colmare la disparità territoriale nella distribuzione del metano, il QCS destina circa il 2% delle risorse finanziarie dei Programmi Operativi Regionali.

A ciò bisogna aggiungere che, sempre in questi anni, il processo di liberalizzazione dei mercati dell’energia elettrica e del gas naturale in Italia è proseguito in un contesto di aumento della domanda di energia superiore ai livelli dell’offerta, e di ritardo nell’adeguamento delle infrastrutture e delle politiche di contenimento della domanda16.

Nel settore del gas naturale – dove l’operatore principale (Snam Rete Gas, società del gruppo ENI) mantiene il controllo delle infrastrutture di importazione e stoccaggio – si sono registrati minori progressi nella diversificazione dell’offerta e nell’adeguamento delle infrastrutture.

Il potenziamento delle reti (si veda Figura 5) e la realizzazione di nuove infrastrutture di produzione e di importazione e stoccaggio si pongono, quindi, come elementi indispensabili non solo per favorire l’effettivo ingresso di nuovi operatori di mercato, ma anche per garantire la sicurezza del sistema, adeguandolo ai nuovi fabbisogni.

15 “Documento Strategico Preliminare: Continuità, discontinuità, priorità per la politica regionale 2007-2013”, Novembre 2005 16 Rapporto Annuale del Dipartimento Politiche di Sviluppo, 2005

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Di seguito sono riportati gli interventi prioritari, presenti nel DSP 2007 – 2013, da attuare per raggiungere, nel 2013, gli obiettivi di coesione e competitività:

• realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (biomasse, biogas, eolico, fotovoltaico e idroelettrico con potenza non inferiore a 10 MW);

• sviluppo della piccola cogenerazione (di elettricità e calore) e trigenerazione (di elettricità, calore e freddo) distribuita ad alto rendimento in particolare per il soddisfacimento della domanda energetica su scala locale, in particolare da parte delle PMI, anche attraverso l’impiego di fonti rinnovabili;

• promozione dell’efficienza energetica sia nel settore industriale, attraverso il rinnovo degli impianti di produzione ad elevato assorbimento energetico, in particolare nel Mezzogiorno, sia nel comparto domestico, attraverso la promozione di interventi di efficienza energetica negli usi finali di energia;

• il sostegno a iniziative di ricerca e sperimentazione per la diffusione delle competenze e delle esperienze e sviluppo di tecnologie alternative, inclusa la produzione di carburanti attraverso l’impiego di fonti rinnovabili.

Tale politica potrà stimolare lo sviluppo e la crescita delle filiere produttive a livello nazionale.

L’attuazione degli interventi prioritari dovrà essere accompagnata da una politica nazionale di settore che miri allo sviluppo delle reti di trasmissione nazionale e di distribuzione locale in grado di assecondare un più ampio ricorso alle fonti rinnovabili, senza imporre vincoli ulteriori alla loro gestione efficiente.

Al fine di garantire la sicurezza delle forniture, l’Italia – come altri paesi europei – dovrà promuovere la diversificazione delle fonti primarie e la realizzazione di nuove infrastrutture di approvvigionamento di gas naturale, quali terminali di GNL, gasdotti, stoccaggi in sotterraneo. Figura – Snam rete gas – infrastruttura di rete

Fonte: www.snamretegas.it

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2.2.2 I servizi energetici I consumi di energia dell’Italia – sia di elettricità che gas – evolvono da alcuni anni a ritmi superiori a quelli della produzione. Incrementi relativamente elevati si sono riproposti anche nel 2005, anno in cui l’energia elettrica richiesta sulla rete è cresciuta a un tasso dell’1,5 per cento, con incrementi superiori al 3% in Lombardia e nel Mezzogiorno continentale.

Il bilancio del 2005 evidenzia significativi mutamenti nella struttura dei consumi finali per settori e fonti oltre che, soprattutto, nella composizione degli approvvigionamenti, della disponibilità per il consumo interno e della trasformazione dell’energia17. Tabella - Bilancio dell’energia in Italia nel 2005

Fonte: Ministero delle Attività Produttive

Grafico – Intensità energetica del PIL

Fonte: Elaborazione AEEG su dati Ministro delle attività produttive e ISTAT

Nel settore permangono problemi strutturali. Il tono concorrenziale dei mercati è ancora modesto, stante l’alta concentrazione dell’offerta e nonostante l’ampliamento delle possibilità di scelta del fornitore nell’elettricità e nel gas. Ritardi si registrano anche nel contesto europeo a motivo di un’insufficiente armonizzazione delle politiche settoriali.

Affinché la crescita registrata dai consumi energetici non pregiudichi la sicurezza e la qualità delle forniture è indispensabile potenziare la dotazione e la diffusione delle infrastrutture di rete (nuovi rigassificatori, completamento della metanizzazione).

Sebbene gli interventi necessari per superare la fase di stallo attuale si situino prevalentemente su scala nazionale (dove si colloca il governo delle reti energetiche di più alto livello, interconnesse a monte della fase di distribuzione, articolata su base locale in entrambi i settori), il processo di liberalizzazione e la persistente espansione dei consumi stanno producendo esiti differenziati fra i

17 Relazione annuale dell’Autorità dell’energia, Marzo 2006

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territori (maggior livello dei prezzi nell’Italia continentale centro-meridionale, a causa di un deficit di offerta locale: nel 2005 lo scarto rispetto alla zona a prezzo più basso, il Centro-Nord, è stato dell’ordine del 10 per cento).

2.2.3 Progetti da realizzare nel periodo 2006 - 200918

Piano per incrementare la disponibilità di stoccaggio: a. accelerazione della realizzazione di nuovi campi di stoccaggio che dovranno essere

operativi dal 2009.

b. conferimento per il 2006 da parte del Ministero dello Sviluppo Economico di cinque nuove concessioni di stoccaggio in corso di valutazione della VIA e l’offerta a terzi di nuovi giacimenti di gas esauriti da convertire a stoccaggio.

Piano per incrementare le immissioni di gas in rete a. azioni del Ministero dello Sviluppo Economico e dell’Autorità per l’energia elettrica e il

gas per l’accelerazione al 1°ottobre 2008 (rispetto all’attuale previsione dell’aprile 2009) della seconda fase del potenziamento dei gasdotti di transito in Austria (TAG: Trans Austria Gasleitung).

b. monitoraggio della realizzazione delle due fasi di potenziamento del gasdotto di transito in Tunisia (TTPC), rispettivamente previste per il 1° aprile 2008 con una capacità di trasporto pari a 3,2 mld di metri cubi di gas e per il 1° ottobre 2008 con una capacità di trasporto pari a ulteriori 3,3 mld di metri cubi di gas.

c. promozione della realizzazione di nuovi terminali di rigassificazione di Gnl. I primi potranno essere operativi non prima del 2008.

d. promozione dello sviluppo di nuovi gasdotti (operativi non prima del 2010) di interconnessione con la Grecia per l’importazione di gas dall’area del Caspio attraverso la Turchia (IGI, progetto per l’interconnessione Grecia-Italia) e con l’Algeria (progetto Galsi, gasdotto Algeria-Sardegna-Italia).

e. entrata in produzione di nuovi giacimenti nazionali operativi non prima del 2007.

Realizzazione di nuove capacità di importazione relativa ad alcuni progetti: a. i terminali per il Gas Naturale Liquefatto (GNL) di Brindisi e Rovigo per complessivi 16

miliardi di metri cubi l’anno.

18 http://www.attivitaproduttive.gov.it

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2.2.4 Il quadro normativo19 Il quadro normativo nel contesto internazionale e nazionale è in continua evoluzione, in particolare negli ultimi anni le Regioni stanno assumendo un ruolo sempre più importante in tutte le attività di pianificazione,. Nel settore dell’Energia, quindi,si è passati nell’ultimo decennio dal Piano Energetico Nazionale al Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR).

2.3 Le Regioni meridionali nel contesto mediterraneo Il Mezzogiorno è caratterizzato da consumi di gas naturale e di elettricità considerevolmente inferiori a quelli delle regioni del Centro-Nord e alla media europea, da una minore affidabilità delle reti esistenti, da un’inadeguata penetrazione della rete del gas naturale, nonché dal contributo esiguo di energia prodotta da fonti rinnovabili, nonostante il potenziale di energia eolica e solare.

Da tutto ciò si intuisce come la costruzione delle interconnessioni infrastrutturali nella realtà del Mezzogiorno, coinvolgendo soprattutto le città rivierasche, è sempre più indispensabile per garantire lo sviluppo socio - economico dell’ area, mediante il potenziamento dei gasdotti trans-mediterranei e balcanici, il miglioramento delle reti elettriche dei vari paesi e le loro interconnessioni, lo sviluppo di nuove fonti energetiche e di sistemi di controllo integrati.

Nel contesto mediterraneo (tenendo anche conto della nuove possibilità di apertura nei processi di collaborazione con la Libia) i diversi paesi già inseriti nel Processo di Barcellona sono gli interlocutori naturali di cui occorre analizzare le capacità produttive crescenti (in particolare Algeria e Egitto) con l’ ottica di proporre o applicare forme di maggiore autosufficienza dell’ intero bacino mediterraneo. Nell’ ambito delle politiche riguardanti l’ energia elettrica, negli ultimi anni si è avuto un incoraggiante processo di apertura dei mercati locali: Egitto, Marocco, Tunisia, Turchia e Giordania si sono progressivamente aperte alla liberalizzazione e privatizzazione dell’ industria e alla gestione cooperativa attraverso l’impiego di tender internazionali competitivi. Il punto di riferimento operativo è quello del completamento del Mediterranean Electricity Ring (come si è già visto nelle precedenti Figure) che permetterà di potenziare mercati energetici di tutti i Paesi rivieraschi nel Mediterraneo. L’ aspettativa è che, nonostante le tensioni politiche oggi esistenti (qualunque sia il livello di costo del petrolio e derivati), si possa generare una significativa capacità di risparmio da parte di tutti i Paesi mediterranei a nord e a sud, attraverso la collaborazione nella realizzazione sia di nuovi impianti produttivi, sia soprattutto di impianti di trattamento e distribuzione dei prodotti energetici in forma più razionale ed economicamente vantaggiosa (compreso il tema delle reti interne di distribuzione).

19 Di seguito sono riportate le leggi basilari per la promozione e regolamentazione delle fonti rinnovabili e dell’uso razionale dell’energia sono: • Legge 9 gennaio 1991 n.9 “Norme per l’attuazione del nuovo piano energetico nazionale: aspetti

istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali”.

• Legge 448/98, istituisce la “carbon tax” sulle fonti fossili, per la costituzione di un fondo da impiegarsi (anche) per la promozione di azioni di riduzione delle emissioni di gas serra.

• D.L. 79/99 (Bersani), in attuazione della Direttiva 96/92/CE sulla liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica.

• D.lgs. 164 (Letta), recepisce ed attua in ambito nazionale la Direttiva 98/30/CE sulla liberalizzazione del mercato del gas

• Protocollo d’Intesa della Conferenza dei Presidenti delle Regioni per il coordinamento delle politiche finalizzate alla riduzione delle emissioni dei gas-serra nell’atmosfera, Torino, 5 giugno 2001

• D.M. 24 aprile 2001, Promozione dell’efficienza energetica negli usi finali di energia. Sul fronte del risparmio energetico, i due recenti decreti del Ministeri dell’Industria e dell’Ambiente

• Deliberazione Autorità Energia Elettrica e Gas, 15 Maggio 2002, Accesso prioritario ai nuovi terminali di gas naturale liquefatto

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Bisogna segnalare come il tema dell’energia e dei rigassificatori stia aprendo una breccia tra le regioni meridionali e quelle del Centro Nord che sembrano essere più attive delle prime (nei processi decisionali in materia di localizzazione di rigassificatori). Il rischio è che i rigassificatori vengano localizzati nelle regioni che presentino una maggiore distanza dal Mediterraneo.

2.3.1 Progetti delle regioni Obiettivo 1: le reti interne e le reti Transeuropee di Elettricità e di Gas

Sardegna La Giunta Regionale ha approvato nel 2005 il nuovo Piano Energetico Ambientale Regionale in cui è delineata la strategia per fare uscire la regione dall’isolamento energetico. L’azione del Governo Regionale intende agevolare una interconnessione strutturale più solida della Sardegna con le Reti Transeuropee dell’Energia. Per perseguire questo obiettivo sono state individuate due strade: la prima consiste nel cogliere le opportunità offerte dall’UE per il potenziamento delle reti transeuropee, la seconda consiste nella diversificazione delle fonti di approvvigionamento dando impulso allo sviluppo delle fonti rinnovabili valorizzando le risorse endogene.

Progetti - disponibilità del nuovo cavo elettrico sottomarino SAPEI da 500 Mw che offrirà la possibilità di far transitare, dall’isola al continente circa 8.000 GWh in più per l’esportazione entro il 2008.

- gasdotto GALSI (già trattato nei paragrafi precedenti): si è arrivati ad un’ipotesi più valida dal punto di vista dell’integrazione transfrontaliera con la soluzione del gasdotto Algeria – Sardegna – Corsica – Italia al 2010, più conveniente sia dal punto di vista economico che strategico.

- Piano di metanizzazione per le reti urbane: si è redatto tale piano anche alla luce dell’importanza strategica affidata alla piattaforma terrestre sarda nel Mediterraneo nello sviluppo delle reti transeuropee dell’energia, in particolare tra il continente europeo e la costa nordafricana.

- Impianti termoelettrici utilizzando il carbone del Sulcis: il carbone continua a svolgere un ruolo importante nella possibile riduzione dei costi di produzione dell’energia elettrica, non si può tuttavia nascondere il fatto che esso ha il valore più alto dell’indice di emissione di CO2.

La legge n.80/2005 ha previsto che la Regione Sardegna assegni una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica; tale progetto intende realizzare una centrale con tecnologia di gassificazione, che prevede l’alimentazione a carbone Sulcis per un contributo non inferiore al 50% in energia termica e per il rimanente a carbone estero.

Sicilia Le esperienze di scambio bi-direzionale maturate nelle diverse sfere d’azione della tutela ambientale e dello sviluppo energetico rappresentano delle opportunità sulla base delle quali costruire percorsi di collaborazione stabili soprattutto con le altre regioni italiane e, in un’ottica di supporto a processi di crescita sostenibile, con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo.

Progetti - Realizzazione di due impianti di rigassificazione a Priolo e a Porto Empedocle, che attualmente sono in fase di VIA. I due nuovi impianti potranno trattare circa 17 miliardi di metri cubi annui che sommati ai circa 30 miliardi importati, via pipeline, dall’Algeria e dalla Libia, porteranno i volumi di gas importati in Sicilia a 47 miliardi di mc/anno. Una quantità davvero ragguardevole, corrispondente al 73% dell’attuale import italiano di gas.

- Incremento delle importazioni dalla Libia (GREENSTREAM) e dall’Algeria tramite i gasdotti esistenti o programmati, per soddisfare la crescente domanda europea di gas che, nel 2020, dovrebbe essere coperta al 60% dalle importazioni extra UE

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- E’ allo studio la proposta di realizzazione nel prossimo futuro di un elettrodotto tra la punta settentrionale della Tunisia (Kelibia) e la Sicilia; l’ importanza strategica del progetto consiste principalmente nel fatto che, grazie all’ elettrodotto sottomarino, la Tunisia esce dall’ “isolamento” energetico e si connette stabilmente al network europeo, potendo così, a seconda delle circostanze, esportare/importare energia dalla rete continentale, e a sua volta fungere da interconnessione con altri paesi del Maghreb.

Puglia Anche nella realtà pugliese negli ultimi anni vi è stata una tendenza che ha portato ad un sempre maggior utilizzo di gas naturale in sostituzione dei prodotti petroliferi, sia negli usi diretti del settore civile e industriale (e in minima parte in quello dei trasporti), sia nella produzione di energia elettrica.

E’ quindi reale la necessità di incrementare le capacità di approvvigionamento in termini quantitativi e, contemporaneamente, in termini di differenziazione dei luoghi di provenienza.

Un elemento che contribuisce ad influenzare la selezione degli obiettivi generali e specifici e che risulta presente nella Visione dello sviluppo regionale al 2013 riguarda la collocazione geoeconomica della Puglia nel più ampio Bacino del Mediterraneo ed in alcune direttrici internazionali di sviluppo che dall’Est conducono verso i mercati più sviluppati del Nord Europa.

Progetti - Rafforzamento del collegamento Ipiros (GR) – Puglia

- Rigassificatore di Taranto (in fase di VIA)

- Risorsa eolica off – shore

- Delocalizzazione degli impianti eolici (presenti sol nella provincia di Foggia)

- Gasdotto Turchia – Grecia – Italia, che approderà ad Otranto

Campania Il Piano Energetico Regionale afferma che: “Nell’ambito delle possibili azioni volte a promuovere il risparmio energetico e l’uso razionale dell’energia, la regione promuove ed incentiva, nei settori residenziale, terziario, della P.A., dei trasporti ed industriale interventi, azioni e progetti coerenti con gli obiettivi della politica energetica ed ambientale nazionale e regionale, con particolare riferimento agli interventi, alle azioni ed ai progetti che presentano maggiori potenzialità di applicazione nel territorio regionale”.

La Campania importa oltre l’81% dell’elettricità che consuma e la domanda è in continua crescita, con un tasso medio intorno al 2÷3%.

Progetti - Nuove centrali di grandi dimensioni sono al via libero finale dal Ministero dell'Ambiente, rispettivamente di 400-800-1200 MW per un totale di circa 3000 MW installati. A questi si dovrebbero aggiungere altri grandi impianti un po' più arretrati nell’iter di approvazione.

Interventi di sviluppo della rete elettrica da parte di Terna (Rete Elettrica Nazionale) possono così riepilogarsi:

1. Benevento - Foggia (+500 MW capacità produttiva liberata);

2. Matera - Napoli S.Sofia (+1000 MW di capacità produttiva liberata e con minori perdite di rete; 3. "Monte Corvino (SA) - Benevento" (+1200 MW di capacità produttiva liberata e minori perdite di rete);

4. Stazione area pedemontana Vesuvio (maggiore sicurezza di alimentazione nell’area Salernitana e minori perdite).

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Calabria Dal Documento Strategico Preliminare della Calabria 2007–2013 si legge: “Gli indicatori di dotazione infrastrutturale dell’Istituto Tagliacarne evidenziano nel 2005 divari ancora elevati rispetto alla media nazionale soprattutto negli impianti e reti energetico-ambientali, dove l’indice di dotazione raggiunge appena il 48.3% della media nazionale”.

Infatti anche se negli ultimi anni il divario tra Regione e resto d’Italia si sta riducendo, il sistema energetico regionale rimane caratterizzato da debolezze strutturali riguardanti il servizio di erogazione di gas e di energia elettrica.

Per quanto riguarda il gas metano, la regione si colloca all’ultimo posto, con la Valle d’Aosta, in termine di popolazione regionale servita (71,9% della popolazione totale), circa 20 punti percentuali in meno rispetto al resto dell’Italia e 7 punti rispetto al Mezzogiorno. La quota di produzione di elettricità da fonti rinnovabili rispetto alla produzione totale di energia elettrica è in aumento negli ultimi anni (dal 10,3% del 2000 al 20,3% del 2004). Inoltre l’incidenza del consumo di energia elettrica coperto da fonti rinnovabili ha raggiunto nel 2004 il 30,5% rispetto all’8,2% del Mezzogiorno e al 16% nazionale.

Per risolvere tale situazione negativa è stato approvato nel gennaio 2005 il Piano Energetico Regionale che prevede la realizzazione dei progetti sotto elencati.

Progetti - Centrale di cogenerazione da 800 MW a ciclo combinato alimentato a gas di Scandale (Crotone).

- L’autorità portuale di Gioia Tauro ha predisposto un insieme di opere, che prevede un investimento per la costruzione di un terminale di rigassificazione, realizzato nelle aree limitrofe al porto, per un valore di 600 milioni di euro interamente a carico dei privati. Attualmente in fase di VIA.

- Costruzione di wind – farm (piccole centrali di auto produzione).

Basilicata In materia di energia la Regione ha compiuto notevoli progressi nella fase di pianificazione dotandosi, nel settembre 2001, del Piano Energetico Regionale predisposto sulla base della ricognizione del fabbisogni energetici regionali. Da tale ricognizione emerge che la disponibilità di energia complessiva non è ancora adeguata a sostenere la domanda dell’utenza civile e delle attività produttive e rimane esigua la percentuale di energia disponibile prodotta da fonti rinnovabili.

Sotto il profilo dell’affidabilità del servizio offerto in particolare all’utenza produttiva, la rete di distribuzione dell’energia elettrica necessita di interventi di ammodernamento e adeguamento che consentono, da un lato, di recuperare il gap con il resto del Paese, e dall’altro di ottimizzare l’utilizzo degli impianti riducendo la perdita in rete, queste ultime connesse prevalentemente allo sviluppo medio delle linee di media tensione (il 25% delle linee MT ha lunghezze che superano i 30 Km mentre il 6% va oltre i 60 Km).

Il conseguimento degli obiettivi all’interno del settore comporta, come già illustrato, la riqualificazione della offerta energetica regionale, sia concentrando la produzione su fonti e tecnologie più rispettose dell’ambiente, sia migliorando gli standard di erogazione dell’energia. Ciò può concorrere tra l’altro a ridurre la dipendenza della regione dall’esterno.

Progetti Il POR Basilicata 2000 – 2006 ha dedicato all’energia una misura specifica all’interno dell’Asse I (Risorse Naturali), con una previsione di spesa di 34 milioni di Euro. In stretta relazione con quanto esplicitato nell’analisi dei bisogni, le linee di intervento da sviluppare concernono:

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- aiuti agli investimenti per la produzione di energia da fonti rinnovabili come definite nella direttiva 2001/77/CE;

- il sostegno alla domanda relativa al risparmio energetico ed al miglioramento dell’efficienza;

- il sostegno alle PMI per l’auto produzione di energia da fonti rinnovabili;

- programma regionale di completamento della metanizzazione.

2.4 Nodi critici e questioni aperte in alcuni Paesi del Mediterraneo Nel contesto mediterraneo si sono avuti e si avranno in futuro notevoli aumenti nei consumi di energia tali da richiedere sempre maggiori risorse finanziarie. Gli investimenti nel settore energetico nei paesi SEMCs all’orizzonte del 2010, sono stimati intorno ai 190 miliardi di dollari20.

Per quanto riguarda il gas le esportazioni dal Nord Africa grazie alle nuove infrastrutture che lo consentono (estensione delle reti esistenti e creazione di nuove), sono notevolmente aumentate. Nel 2005, infatti, la percentuale nel bilancio energetico del gas naturale è di circa il 64% in Algeria, 42% in Egitto, 42% in Tunisia, 40% in Italia e 38% in Libia21.

Dal 2020 ci sarà un aumento nei volumi di importazioni del gas: i Paesi del Mediterraneo importeranno approssimativamente 350 bcm (miliardi di metri cubi) e probabilmente il 50% di queste importazioni di gas proverrà dalla regione Nord-africana, soprattutto da Algeria, Libia ed Egitto22.

Il considerevole aumento della domanda complessiva di energia e di gas naturale è determinato dalla forte crescita della domanda di elettricità, che rappresenta circa il 50% della domanda totale del gas.

Il mercato del gas naturale nel SEMCs cresce più rapidamente di quello dei Paesi del Mediterraneo del Nord. Altri nuovi progetti per la produzione, il trasporto e distribuzione sono agli studi ed in corso di implementazione e di studio.

Per ciò che concerne l’elettricità23 per fronteggiare le crescenti richieste, dovranno essere realizzate nuove centrali, soprattutto nei paesi della sponda Sud, dove si stima una crescita più elevata della domanda.

I punti critici della questione sono:

- il costo elevato che occorre sostenere nella costruzione delle centrali elettriche nei paesi SEMB24: c’è quindi bisogno di finanziamenti consistenti; in tale area, infatti, per rispondere alla forte domanda di elettricità, occorrono finanziamenti per circa 50 miliardi di $.

- il Mediterranean electricity ring non è ancora perfettamente integrato, continuano ad esistere tre blocchi regionali distinti (SEMB – SWMB25 – UCTE26). Negli ultimi dieci anni grandi sforzi 20 OME Conferenza OME sugli “Investment Needs in the Energy Sector in the SEMCs by 2010’’, Lyon, marzo 22 -23 1999. Sono stati stimati nel 1999 intorno a 190 miliardi di dollari di cui 12 nel settore energetico nel SEMCs all’orizzonte del 2010, ed altri distribuiti tra i vari altri sub-settori così come segue: petrolio (32 miliardi di dollari), gas naturale (48 miliardi di dollari), settore elettrico (109 miliardi di dollari incluso il 60% per le centrali elettriche) e il settore del carbone (1 miliardo di dollari). Queste stime saranno aggiornate dall’OME negli studi in corso. 21 OME “Energy & Gas Prospects in The Mediterranean Area” marzo 2006. 22 Esportazioni totali di gas nel 2005 stimate per Algeria, Libia ed Egitto raggiungono circa 80 bcm (miliardi di metri cubi) di cui 64.5 bcm dall’Algeria, 8 bcm dalla Libia e 7 bcm dall’Egitto. 23 La produzione di elettricità nel Mediterraneo, tra il 1971 – 2003, è aumentata del 8% all’anno nei paesi SEM e del 3,7% all’anno in quelli della sponda Nord. Rapporto OME “Electricity interconnections in the mediterranean countries”, Maggio 2006. 24 SEMB, South Eastern Mediterranean Block

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sono stati compiuti per incrementare le interconnessioni, che precedentemente risultavano del tutto assenti nei paesi del Maghreb. Attualmente, fatta eccezione per la connessione tra Marocco – Spagna, le connessioni Sud – Sud restano molto deboli. Il Ring dovrebbe essere terminato tra il 2007 – 2008.

Dagli studi economici effettuati sulle interconnessioni elettriche che si verrebbero a stabilire una volta completato il processo MedRing, si nota come il risparmio di carburante sarebbe di diversi miliardi di dollari. Anche i risparmi sugli investimenti sono stimati addirittura più elevati.

Le questioni da risolvere sono essenzialmente due: da un lato occorrerebbe ottimizzare i consumi delle reti elettriche e, dall’altro, occorrerebbe rafforzare le interconnessioni tra i paesi SEMB. Queste interconnessioni consentono di ridurre la costruzione di nuovi impianti di corrente e di risparmiare sugli investimenti e sul carburante.

In conclusione, i cambiamenti che ci saranno, dal 2010 al 2020, nel settore elettrico, e in generale, per l’energia, incideranno sul futuro sviluppo economico dei paesi mediterranei e sulla loro cooperazione.

Questi aspetti saranno approfonditi maggiormente nei successivi country papers. Figura - “Gas Export Potential from SEMCs”

Fonte: OME, marzo 2006

25 SWMB, South West Mediterranean Block 26 UCTE, Union for the Co – ordination of Trasmission of Electricity

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3 Telecomunicazioni27

3.1 Lo scenario euro-mediterraneo28

3.1.1 Premessa Il quadro strategico in ambito europeo in materia di società dell’informazione e media è delineato nella Comunicazione della Commissione europea al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 1° giugno 2005, intitolata “i2010 - Una società europea dell’informazione per la crescita e l’occupazione”29

Con l’iniziativa i2010, la Commissione affronta in modo integrato le tematiche concernenti la società dell’informazione e le politiche in materia di audiovisivi nell’UE. La strategia mira a coordinare le azioni degli Stati membri per facilitare la convergenza digitale e rispondere alle sfide legate alla società dell’informazione.

La Commissione fissa tre obiettivi prioritari da conseguire entro il 2010: la realizzazione di uno spazio unico europeo dell’informazione; il rafforzamento dell’innovazione e degli investimenti nella ricerca sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC); la realizzazione di una società dell’informazione e dei media basata sull’inclusione.

Al fine di stimolare un mercato interno aperto e competitivo per la società dell’informazione ed i media, il primo obiettivo di i2010 risulta, pertanto, finalizzato a realizzare uno spazio unico europeo dell’informazione che offra comunicazioni in banda larga affidabili e sicure, contenuti di qualità e diversificati e servizi digitali.

La Commissione prevede, innanzitutto, di rivedere il quadro normativo delle comunicazioni elettroniche, compresa la definizione di una strategia efficace di gestione dello spettro delle radiofrequenze. Preme ricordare che attualmente tale quadro è composto dalla direttiva quadro 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, e da quattro direttive particolari: la direttiva relativa all'autorizzazione per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (2002/20/EC ); la direttiva relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e delle risorse correlate e alla loro interconnessione (2002/19/EC); la direttiva relativa al servizio universale (2002/22/EC); e la direttiva sul trattamento dei dati personali e sulla tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni ( 2002/58/EC).

A tale pacchetto si aggiunge, poi, la decisione relativa a un quadro normativo per la politica dello spettro radio (decisione 676/2002/EC).

Sempre nell’ambito del primo obiettivo rientrano le azioni rivolte a creare un quadro coerente per i servizi della società dell'informazione e dei media attraverso, in particolare: l’aggiornamento del quadro giuridico per i servizi audiovisivi, a partire da una proposta della Commissione di revisione della direttiva “Televisione senza frontiere” (Direttiva 89/552/CEE del Consiglio); la realizzazione di tutti gli adattamenti necessari alla parte dell’acquis comunitario che riguarda i servizi della società dell’informazione e dei media (2007); e la promozione a favore di un’attuazione rapida ed efficace dell’acquis esistente e aggiornato.

La realizzazione di uno spazio unico europeo dell’informazione, richiede, ancora, a giudizio della Commissione, l’adozione di una serie di azioni destinate ad apportare un sostegno continuo alla creazione e alla diffusione dei contenuti della strategia europea, attraverso programmi quali 27 Elaborazione a cura di Luciano Loffredo 28 La struttura della presente sezione del documento, dedicata alle infrastrutture e reti delle telecomunicazioni, pur mantenendo una disposizione uniforme rispetto alle precedenti sezioni (energia e trasporti), non contiene informazioni relative alla dimensione regionale a causa dell’assenza di programmazione/progettualità di rilievo da parte delle regioni in questo specifico settore. 29 COM(2005) 229.

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“eLearning” ed “eContentplus “ e i loro successori. Non poteva, infine, mancare un richiamo alla necessità di definire ed attuare una strategia che tenesse conto degli aspetti relativi alla sicurezza, in particolare attraverso la sensibilizzazione alle esigenze di auto-protezione, vigilanza e sorveglianza delle minacce associate al tema della gestione dei diritti digitali.

Il secondo obiettivo strategico fissato dalla Commissione riguarda il rafforzamento dell’innovazione e gli investimenti nella ricerca sulle TIC.

La Commissione mira ad incoraggiare le prestazioni nella ricerca e nell’innovazione nel campo delle TIC, per ridurre il divario con i principali concorrenti dell’Europa e propone, innanzitutto, di aumentare dell’80% il sostegno alla ricerca comunitaria sulle TIC entro il 2010, invitando al contempo gli Stati membri a fare altrettanto. La Commissione indica, inoltre, come sia necessario dare priorità ai principali pilastri tecnologici del Settimo programma quadro per la competitività e la ricerca (2007-2013) – “Costruire l‘Europa della conoscenza” - quali le tecnologie al servizio della conoscenza, dei contenuti e della creatività, le reti di comunicazione avanzate e aperte, i programmi di software sicuri e affidabili, i sistemi integrati e la nanoelettronica.

Sempre nell’ambito del secondo obiettivo strategico, la Commissione individua una serie di azioni fondamentali da realizzare:

• avviare iniziative di ricerca e diffusione volte a superare le principali strozzature, quali l’interoperabilità, la sicurezza e l’affidabilità, la gestione dell’identità e dei diritti che richiedono soluzioni di natura allo stesso tempo tecnologica e strutturale;

• definire misure complementari per incoraggiare gli investimenti privati nella ricerca e nell’innovazione nel campo delle TIC;

• elaborare proposte specifiche per una società dell’informazione per tutti, negli orientamenti strategici comunitari sulla coesione 2007-2013;

• definire politiche per il commercio elettronico volte a rimuovere gli ostacoli di natura tecnologica, organizzativa e giuridica all’adozione delle TIC con un occhio di riguardo alle piccole e medie imprese (PMI);

• elaborare strumenti per il sostegno a nuove forme di lavoro che favoriscono l’innovazione nelle imprese e l’adattamento ai nuovi bisogni in materia di competenze.

Il terzo obiettivo mira, infine, a realizzare una società dell’informazione e dei media basata sull’inclusione, il miglioramento dei servizi pubblici e della qualità della vita, per il rafforzamento, in ultima istanza, della coesione economica, sociale e territoriale. Il raggiungimento di un tale obiettivo richiede in primis la diffusione degli orientamenti politici sulla e-accessibilità e l’estensione della copertura del territorio con la banda larga, al fine di promuovere l’utilizzo dei sistemi TIC presso un numero maggiore di persone. Allo stesso tempo risulta opportuno, ad avviso della Commissione, promuovere un’iniziativa europea sull’inclusione elettronica (e-Inclusione) che tenga conto delle problematiche relative alle pari opportunità, alle competenze necessarie nel settore delle TIC e ai divari esistenti tra le diverse regioni europee. Indispensabile risulta, parimenti, l’adozione di un piano d’azione sull’amministrazione on-line (e-Government) e sugli orientamenti strategici destinati ad incoraggiare l’utilizzo delle TIC nei servizi pubblici. La Commissione intende avviare dei progetti dimostrativi per sperimentare, su scala operativa, soluzioni di ordine tecnologico, giuridico e organizzativo proprio nel settore dei servizi pubblici on-line.

Nuove tendenze nello scenario europeo delle telecomunicazioni30 Lo scenario europeo in tema di telecomunicazioni è attraversato da profondi cambiamenti che incidono sensibilmente sugli aspetti competitivi del settore. Al centro di questo processo 30 I dati e le informazioni contenute in questo paragrafo sono state tratte da: “Relazione annuale sull’attività svolta e sui programmi di lavoro” dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (2006).

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evolutivo vi è lo sviluppo delle reti di nuova generazione basate sul protocollo Internet (IP) e dei servizi convergenti da esse abilitati. Si assiste all’affermarsi di nuovi servizi integrati (integrazione delle attività mobili con quelle fisse) frutto di un processo di convergenza31.

La convergenza fisso-mobile riguarda, oltre che gli operatori integrati, seppur con forme diverse, anche i gestori presenti in uno soltanto dei due mercati delle telecomunicazioni.

Un secondo percorso riguarda le offerte convergenti di servizi di telecomunicazioni e contenuti audiovisivi. Lo scorso anno sono state intraprese molte iniziative convergenti che vanno da offerte di televisione su protocollo Internet (IP TV) alla televisione in mobilità (in vari standard tecnologici quali DVB-H, MediaFLO e DMB).

Gli operatori, allo scopo di controbilanciare la riduzione costante dei ricavi medi derivanti dal traffico voce e dai servizi a banda larga, iniziano quindi ad investire sulla fornitura agli utenti di servizi a valore aggiunto. La possibilità di fornire agli utenti servizi innovativi e la necessità di ottimizzare i costi di gestione e di manutenzione delle proprie infrastrutture sono i principali fattori alla base della decisione di effettuare una transizione verso reti di nuova generazione basate sull’utilizzo del protocollo Internet. Tali servizi (integrazione fisso-mobile e IP TV) richiedono, tuttavia, investimenti nella rete, volti a garantire una buona qualità del servizio.

In definitiva, la convergenza sta aggiungendo ulteriori servizi alle oramai tradizionali offerte voce e accesso a Internet a larga banda (double play) fornite dagli operatori di rete fissa; l’integrazione delle telecomunicazioni con il comparto audiovisivo amplia l’offerta dei servizi a quelli televisivi (triple play), mentre la convergenza fisso-mobile permette di completare la gamma, presentandosi agli utenti con un unico pacchetto di servizi di comunicazione (quadruple play).

L’avvento di prodotti e servizi finalmente convergenti sta quindi determinando profondi cambiamenti nello scenario competitivo del settore.

In questo scenario tecnologico e di mercato in continuo movimento, vi è stata una sensibile evoluzione anche nelle strategie regolamentari definite dalle Autorità di settore europee, ma non solo.

I temi al centro del dibattito riguardano, principalmente, le regole di accesso alle reti degli operatori incumbent, in particolare, quelle di nuova generazione, da parte degli operatori concorrenti (società di telecomunicazioni fisse, Internet Service Provider o fornitori di servizi Internet a valore aggiunto, quali i servizi vocali su protocollo IP, VoIP), lo status regolamentare degli operatori di telecomunicazione, da un lato, e degli operatori cavo dall’altro (in un contesto che vede questi operatori, tradizionalmente oggetto di regolamentazione diverse, offrire servizi analoghi) e la neutralità degli operatori di rete (il principio secondo il quale l’operatore che mette a disposizione le proprie reti di telecomunicazioni non attua alcun tipo di controllo sui contenuti veicolati).

Il dibattito circa le condizioni di accesso alle reti di nuova generazione degli operatori incumbent ha importanti risvolti circa la fornitura di servizi convergenti, in particolare dei servizi di IP TV, che sfruttano le potenzialità tecnologiche di tali infrastrutture.

Per gli operatori di telecomunicazioni l’offerta di tali servizi rappresenta, sia uno strumento di differenziazione della propria offerta e di fedelizzazione della propria clientela, sia una fonte di entrate alternative che potrebbero compensare il declino dei ricavi medi per utente derivanti dalla concorrenza sui servizi tradizionali. Le reti di nuova generazione permettono, inoltre, la predisposizione di servizi integrati fisso-mobile che consentono all’operatore di soddisfare tutte

31 Questa evoluzione ha caratterizzato numerosi operatori integrati: Telecom Italia, che nel 2005 ha integrato le due attività, e, negli anni precedenti, France Télécom e Deutsche Telekom; inoltre, nel mese di marzo di quest’anno, anche Telefonica ha realizzato la fusione tra i servizi di rete fissa e la sua divisione mobile.

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le esigenze di comunicazione dell’utente finale, ossia la possibilità di presentarsi al cliente con un’unica offerta integrata (fisso/mobile/Internet/IP TV).

Per questi motivi, le regole relative all’accesso alle reti di nuova generazione rappresentano uno snodo cruciale per il futuro assetto del settore.

Le Autorità di regolamentazione si trovano dunque nella situazione di dover individuare il giusto equilibrio che favorisca, da un lato, gli investimenti nell’innovazione delle reti e, dall’altro, assicuri le condizioni atte a garantire la libera concorrenza nel settore e nei singoli mercati che lo compongono.

Le iniziative intraprese dalle Autorità regolamentari negli ultimi anni hanno, in particolare, incentivato il passaggio a un modello di concorrenza basato sull’utilizzo di infrastrutture alternative a quelle dell’operatore incumbent.

Le misure adottate nei diversi contesti dipendono inevitabilmente dalla situazione infrastrutturale del Paese, e in particolare dalla presenza, o meno, di reti alternative a quelle degli incumbent.

L’approccio regolamentare comunitario, in particolare, si pone l’obiettivo di stimolare una concorrenza di tipo infrastrutturale e non di mera rivendita da parte degli operatori alternativi dei servizi wholesale degli incumbent; tale traguardo deve essere raggiunto in un contesto di mercati nazionali caratterizzati dalla presenza di poche (se non una) reti di accesso possedute dagli operatori dominanti. Le Autorità europee, ritenendo che nel breve e medio periodo non sia economicamente ipotizzabile la duplicazione delle reti di accesso, hanno quindi individuato nell’accesso disaggregato alla rete locale degli incumbent (il c.d. unbundling) lo strumento più idoneo per guidare il settore verso un tipo di competizione più matura.

La cooperazione euro-mediterranea in tema di telecomunicazioni ed Information Society Da quando il Partenariato euro-mediterraneo è stato avviato nel 1995 si sono svolte tre Conferenze ministeriali Euromed32 sulla società dell’informazione. Gli incontri ministeriali si sono intensificati di recente (due negli ultimi due anni), parallelamente alle iniziative intraprese per sviluppare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei partner mediterranei e colmare il digital divide tra le due sponde del Mediterraneo.

Le linee d’azione approvate nell’ultima Conferenza ministeriale Euromed sulla società dell’informazione svoltasi a Dundalk (Irlanda) il 10-11 aprile 2005 sono volte a:

• creare un dialogo euro-mediterraneo sullo sviluppo della società dell’informazione inclusa la regolamentazione delle comunicazioni elettroniche, la promozione delle infrastrutture per la banda larga e i servizi online basati su benchmarks e good practice;

• promuovere lo scambio in rete di conoscenze e informazioni in materia di sicurezza, lotta al cyber crime, protezione dei consumatori, spam e questioni legate alle privacy;

• considerare l’e-Government come una priorità per l’area (a tal proposito la Commissione viene esortata a esaminare la possibilità di inserirla nelle future iniziative);

• incoraggiare un maggiore uso delle ICT nell’istruzione in collaborazione con la Global e-School and Communities Initiative33;

• riesaminare l’attuale cooperazione EUROMED in materia incluso i progetti di assistenza tecnica nell’ambito di MEDA;

32 Euromed Ministerial Conference on the Information Society Dundalk 10/11 April 2005 Final Declaration, Euromed Report, Edition n°.88, 13 April 2005. 33 La Global e-Schools and Communities Initiative (GeSCI) è stata lanciata al Summit mondiale sulla Società dell’informazione svoltosi a Ginevra nel dicembre 2003. Obiettivo dell’iniziativa è quello di connettere migliaia di scuole e villaggi nei paesi in via di sviluppo attraverso le tecnologie di informazione e comunicazione.

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• definire una strategia congiunta di sviluppo.

Il Vertice euro-mediterraneo di Barcellona del 28-29 novembre 2005, dal canto suo, si è limitato a ribadire la necessità di implementare le raccomandazioni della Conferenza Euromed di Dundalk senza fare ulteriori progressi.

Iniziative per la riduzione del digital divide tra le due sponde del Mediterraneo Le principali iniziative di cooperazione regionale finanziate da MEDA in materia di società dell’informazione nel Mediterraneo sono le seguenti.

EUMEDIS (Euro-Mediterranean Information Society), avviata nel 1999, è un’iniziativa per lo sviluppo della società dell’informazione volta a ridurre il divario nelle tecnologie dell’informazione tra le due sponde del Mediterraneo. Essa è complementare al progetto NATP, una struttura regionale di regolamentazione del settore delle telecomunicazioni (si veda oltre).

Finora sono stati finanziati 22 progetti regionali con un budget complessivo di 46 milioni di euro. I progetti riguardano l’applicazione delle tecnologie della comunicazione nei seguenti campi: reti sanitarie, commercio elettronico, turismo e patrimonio culturale, industria, ricerca e innovazione, istruzione. Nel mese di Giugno 2006 si è svolta in Egitto, nella città di Alessandria, la conferenza finale di EUMEDIS, “Closing the digital gap in the Mediterranean region”. Nel corso della conferenza sono stati presentati i principali risultati raggiunti finora nell’ambito dell’iniziativa, specificando come tutte le attività legate ai progetti finanziati proseguiranno anche oltre tale evento conclusivo. EUMEDIS Pilot Projects’ Partners per country

Fonte: www.eumedis.net

EUMEDIS Pilot Projects by Sector Sector Title Budget EU

Partners MEDA Partners

EMED-TDS.COM Agrifood E-platform 2.249.314,00 € E-commerce

MEDCHARTNET - Digital maps for the Mediterranean coasts 8.395.360,58 €

11 21

Education AVICENNA - Virtual Campus for Open Distance Learning

4.615.774,00 € 26 63

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MED NET'U - Mediterranean Network for Unified Distance Learning

5.137.515,00 €

MEDFORIST - Education for E-business 2.812.044,00 €

MVU - Mediterranean Virtual University 3.992.065,00 €

ODISEAME - Open Distance Inter-University Synergies between Europe, Africa and Middle East 2.724.743,00 €

BURNET - Interconnection of Mediterranean Burns Centres 2.062.500,00 €

EMISPHER - Euro-Mediterranean Internet-Satellite Platform for Health, Medical, Education and Research

2.350.101,00 €

EMPHIS - Euro-Mediterranean Public Health Information System 3.349.292,00 €

EUMED CANCER - Euro-Mediterranean network for Genetic Medicine and Cancer Prevention 1.300.000,00 €

Health

PARADIGMA - Participative Approach to Disease Global Management 2.311.785,00 €

48 52

E-MED TEX-NET - Cluster for the Development of a Euro-Mediterranean Partnership Network in the Textile Clothing Sector

1.549.521,00 €

ICT SOLUTIONS MED SMEs - ICT Solutions in the Mediterranean SMEs 2.374.912,00 €

MEDPRIDE - Mediterranean Project for Innovation Development 2.281.836,73 €

MOUVEMENT EUROMED - Euro-Mediterranean Movement for Management and Quality by the tools of the Information Society in Small Businesses and Crafts Trades

2.099.865,00 €

Industry

SMITE - Improving Competitiveness of SMEs through IT-based Environmental business planning

1.622.997,40 €

24 65

DAEDALUS - Delivery of Mediterranean Destination Links in Unified Environment 2.510.367,91 €

MEDINA - Mediterranean by Internet Access, An Access Gate for Sustainable Development of Cultural Tourism in the Mediterranean Area

2.898.862,00 €

NETWORKED JOURNEYS - Tourist Itineraries following the ancient trade Routes of the Mediterranean: trade and culture a bridge between civilisations

1.339.532,00 € Tourism

STRABON - Multilingual and multimedia information system for the Euro-Mediterranean cultural heritage and tourism

3.705.000,00 €

44 34

Fonte: www.eumedis.net

Una menzione speciale, nell’ambito del programma regionale EUMEDIS, merita il progetto EUMEDCONNECT, che ha beneficiato di un finanziamento di 12.256.206,40 €.

EUMEDCONNECT è una rete Internet che collega istituti di ricerca e istruzione dei paesi del Mediterraneo ed è a sua volta collegata a GEANT , il network pan-europeo di ricerca e istruzione. Il progetto è coordinato da DANTE (Delivery and Advanced Network Technology to Europe), un’organizzazione composta dalle Reti nazionali di ricerca e istruzione di Francia, Gran Bretagna, Grecia, Italia e Spagna, che coinvolge anche le Reti nazionali di ricerca e istruzione di Algeria, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e Autorità Palestinese.

La prima fase del progetto, iniziata nel dicembre 2001, si è focalizzata sull’individuazione delle problematiche e delle aree di intervento per colmare il digital divide con la regione del Mediterraneo e favorire la partecipazione dei ricercatori della regione ai progetti europei e alle collaborazioni internazionali grazie al collegamento di GEANT ai network di ricerca e istruzione

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di tutto il mondo. La seconda fase, che si concluderà nel 2006, riguarda lo sviluppo effettivo del network.

A Catania, nel gennaio 2004, è stato stabilito presso l’Università il primo hub di EUMEDCONNECT (l’altro è a Cipro da dicembre 2004); quest’ultimo a sua volta è collegato al PoP (punto di presenza) di Milano che fa parte del GEANT. La città etnea è divenuta, grazie alla sua posizione geografica ed alle imprese del settore della tecnologia digitale che operano nel suo territorio, un punto nevralgico per i sistemi a fibra ottica che servono il bacino del Mediterraneo. Mappa – EUMEDCONNECT

Fonte: www.eumedconnect.net

Mappa – GEANT

Fonte: www.geant.net

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Mappa - GARR – Rete dell’Università e della ricerca scientifica italiana

Fonte: GARR

Il progetto MEDA Global Satellite Navigation System (GNSS) è stato lanciato dalla Commissione europea nel settembre del 2004 in concomitanza con l’inaugurazione dell’ufficio di cooperazione euro-mediterranea di Galileo, il programma di navigazione satellitare europeo. Il progetto mira alla promozione e alla diffusione di Galileo e dell’European Geostationary Navigation Overlay Service (EGNOS) nei paesi MEDA.

EGNOS, precursore di Galileo, è un progetto congiunto dell’Agenzia spaziale europea, della Commissione europea e di Eurocontrol per la navigazione satellitare. Esso si baserà sul lavoro e l’attivazione di tre satelliti geostazionari (ovvero con posizioni fisse sulla superficie della terra, al contrario dei satelliti GPS che sono orbitanti) e una rete di stazioni a terra di elaborazione dei ritardi del segnale emesso dai satelliti GPS. L'area di copertura del sistema è estesa, oltre all'Europa, anche a tutto il Nord Africa, includendo il nord del Marocco, la Tunisia, l'Algeria e la Libia (si veda la mappa).

In Italia si trovano un Master Control Center (MCC,) presso il centro di controllo del traffico aereo dell’aeroporto internazionale di Ciampino, due stazioni di monitoraggio dell’integrità e la variazione del segnale (RIMS, Ranging and Integrity Monitoring Stations), una a Ciampino e l’altra a Catania, che ricevono il segnale GPS e lo trasmettono ai centri di controllo per l’elaborazione, e due stazioni di terra per la navigazione, una nella piana del Fucino (Abruzzo) e l’altra a Scanzano (Palermo). Nell’isola di Djerba in Tunisia si trova invece uno dei due RIMS situati in Nord Africa (l’altro è a El Daba in Egitto).

Oltre al sistema EGNOS, esistono altri due sistemi gemelli, uno per il continente americano (WAAS), ed uno per l'estremo oriente (MSAS).

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Mappa - EGNOS

RIMS (Ranging and Integrity Monitoring Stations) raccolgono i segnali GPS (Global Positioning System è un satellite basato su un sistema di navigazione composto da 24 satelliti messi in orbita dal Dipartimento di Stato statunitense).

MCCs (Master Control Centres) elaborano i dati inviati dai RIMS e trasmettono alle stazioni che inviano il segnale a tre satellite geostazionari per poi rimandarli indietro agli utenti.

Fonte: European Space Agency

Progetti dell’UE per l’armonizzazione del quadro regolamentare e la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni nei paesi MEDA Il principale progetto finanziato dall’UE, attraverso il programma regionale MEDA, in materia di armonizzazione del quadro regolamentare e liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, nei Paesi del Mediterraneo, è il NAPT (New Approaches regarding Telecommunication Policy among Mediterranean Partners). Il NAPT ha, infatti, l’obiettivo specifico di accompagnare l’apertura del settore delle telecomunicazioni ed incrementare la partecipazione del settore privato nella modernizzazione delle infrastrutture dei Paesi della Riva sud del Mediterraneo. Il fine ultimo è dunque quello di sviluppare la competitività, migliorando la qualità e riducendo i costi dei servizi di telecomunicazioni in modo da favorire l’integrazione dei paesi partner mediterranei nell’economia internazionale.

La prima fase del progetto (1999-2002) ha riguardato le seguenti attività:

• organizzazione di eventi, tipo conferenze regionali di telecom per lo scambio di esperienze e informazioni;

• training per decision makers;

• relazioni pubbliche e comunicazioni (bollettini, newsletters, comunicati stampa);

• creazione di un Osservatorio delle Telecomunicazioni mediterranee.

Il NAPT II è iniziato a fine settembre 2005 e avrà un finanziamento della Commissione europea di 4 milioni di euro. Obiettivo della seconda fase è di fornire consulenza pratica alle autorità competenti nei paesi MEDA per la riforma normativa delle telecomunicazioni sulla base dei principi base della normativa europea in materia. Il programma avrà una durata di tre anni.

Sistemi di reti internazionali a fibra ottica che coinvolgono i territori del Mediterraneo In tema di interconnessioni da realizzarsi attraverso sistemi di reti a fibra ottica tra territori nel Bacino nel Mediterraneo, occorre, segnalare il progetto Sea-Me-We 4 (South East Asia-Middle East-West Europe 4) per la costituzione di una rete sottomarina di comunicazione a fibra ottica. Il network è stato lanciato nel marzo del 2004 da un consorzio di 16 compagnie internazionali di

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telecomunicazioni e collegherà l’Europa al Sud-Est asiatico, con una tecnologia a grande capacità di trasmissione, attraverso quasi 20.000 km di cavi. Un cavo a fibra ottica lungo 102 km collegherà Bizerte (Tunisia) a Palermo (i lavori sono iniziati il 30 marzo 2005) e da qui si connetterà al cavo principale che va da Marsiglia a Singapore attraversando Algeria, Tunisia, Italia, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Pakistan, Sri Lanka, India, Bangladesh, Tailandia e Malesia. Il cavo SEA-ME-WE-4, che risponde alla tecnologia DWDM (Dense Wavelength Division Multiplexing, una tecnologia ottica usata per incrementare la larghezza di banda sugli esistenti backbone a fibra ottica) aumenterà il numero delle bande passanti e quindi la capacità di trasmissione tra i paesi coinvolti e servirà per le comunicazioni telefoniche, Internet, multimedia e varie trasmissioni a banda larga e applicazioni di dati. Offre una capacità di 1,28 Tbit/s, che significa sei volte la capacità attuale. Il progetto, condotto congiuntamente dalla francese Alcatel Submarine Networks e dalla giapponese Fujitsu Ltd, ha un costo stimato di 500 milioni di dollari. Mappa - Sea-Me-We 4

Fonte: www.seamewe4.net

3.2 Il quadro nazionale34

3.2.1 Il mercato italiano delle telecomunicazioni Il primo aspetto che merita di essere messo in luce in questa breve analisi del quadro nazionale in tema di infrastrutture e reti delle telecomunicazione è di natura economica. E’interessante considerare, infatti, come in controtendenza rispetto ai dati nazionali sull’economia che fotografano una situazione di sostanziale stagnazione, l’industria italiana dei servizi di telecomunicazione abbia fatto registrare nel 2005 una crescita in valore del 4,3%, con un mercato che ha superato i 36 miliardi di euro.

Differente è stato il contributo dei diversi settori al raggiungimento di questo risultato positivo. La telefonia mobile, che da due anni ha sorpassato la telefonia fissa, si conferma primo mercato per fatturato (+7,8%)35

Sostanzialmente stabile è rimasto, invece, il mercato dei servizi di rete fissa (+0.4%)36. All’interno di questo settore un risultato davvero positivo viene registrato dai servizi Internet37, che mettono a segno un incremento di quasi il 20%. 34 I dati e le informazioni contenute in questo paragrafo sono state tratte da: “Relazione annuale sull’attività svolta e sui programmi di lavoro” dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (2006). 35 Ammontante a 19,6 miliardi di euro, con una crescita del 7,8%.

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Il dato di sintesi che emerge è che il divario tra i servizi su rete fissa e quelli di telefonia mobile va accentuandosi e risulta destinato ad aumentare anche in futuro. Grafico: Le dinamiche dei mercati italiani di rete fissa e mobile (ricavi, miliardi di euro)

Fonte: IDC 2006 * Previsioni

Il secondo aspetto che preme evidenziare concerne il contributo fondamentale che la regolamentazione delle telecomunicazioni, attraverso una sempre maggiore riduzione dei prezzi finali, fornisce per il contenimento dell’inflazione: caso unico sia tra i settori sottoposti a regolamentazione sia tra quelli in concorrenza. Nel 2005 i prezzi dei servizi di telefonia hanno registrato, infatti, una diminuzione dello 0,6%, a fronte di un aumento dell’inflazione dell’1,9%.

Complessivamente, nel periodo che va dal 1998 al 2005, i prezzi finali dei servizi di telefonia sono diminuiti del 15%, a fronte di un aumento medio dell’indice generale dei prezzi al consumo del 17%, e di una crescita del 15% dei prezzi del complesso dei servizi di pubblica utilità.

La diminuzione dei prezzi dei servizi di telecomunicazione risulta, poi, particolarmente accentuata se si considera un confronto con l’andamento dell’indice generale dei prezzi al consumo e quello delle tariffe di un paniere di servizi di pubblica utilità38, come emerge dal grafico sottostante. Grafico: Andamento dei prezzi al consumo e tariffe dei servizi pubblici (1990=100)

Fonte: elaborazioni Autorità su dati Ministero dell’economia e delle finanze

Il quadro macroeconomico non favorevole sembra, invece, influire negativamente sugli investimenti realizzati nel settore. Nel 2005 si è registrata una diminuzione media, rispetto all’anno precedente, del 2,8%, come messo in luce nella tabella sottostante.

36 Con un incremento dello +0,4% ed un valore di 16,5 miliardi di euro, per effetto di una flessione dei ricavi da telefonia vocale, -3,9%, solo parzialmente compensata dal lieve incremento dei servizi di trasmissione dati (+1,4%). 37 Il totale di questo mercato è di 3,3 miliardi di euro. Gli utilizzatori di internet hanno superato i 28 milioni. 38 Il paniere tiene conto delle tariffe praticate nei seguenti settori: elettricità, gas, telefonia, poste, radiotelevisione, ferrovie, acqua, trasporti urbani.

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Tabella - Investimenti in immobilizzazioni (milioni di euro)

Fonte: Elaborazioni Autorità su dati aziendali

Nonostante ciò, un’analisi più attenta del dato consente di evidenziare, comunque, aspetti di notevole interesse. In primo luogo, la diminuzione media si è ridotta in modo rilevante rispetto a quella dello scorso anno (-9,3%). Il dato degli investimenti degli operatori alternativi (OLO - Other Licensed Operator), è, in secondo luogo, in controtendenza, con un andamento positivo (oltre il 30%) degli investimenti nelle reti fisse. In particolare, quest’ultimo dato mostra in tutta la sua evidenza il passaggio a un modello di concorrenza basato sugli investimenti in infrastrutture; gli operatori alternativi stanno, di fatti, investendo nelle reti di accesso (facendo soprattutto ricorso allo strumento dell’unbundling) al fine di presentarsi come fornitori unici di prodotti integrati di comunicazione.

Una menzione speciale merita lo sviluppo delle offerte integrate fisso-mobile, in quanto, come si è già accennato in precedenza nella descrizione dello scenario europeo, si tratta di un processo che determinerà profondi cambiamenti, alcuni dei quali già evidenti, non soltanto nella fornitura dei servizi da parte degli operatori, ma anche nel futuro assetto competitivo del settore. Il processo di convergenza tra servizi di telecomunicazione fissi e mobili , riflette, infatti, la transizione delle infrastrutture degli operatori alle reti di nuova generazione (New Generation Network,NGN), basate sul protocollo Internet (IP, Internet Protocol). Tali reti di nuova generazione indicano una infrastruttura in grado di trasportare voce e dati sulla medesima rete fisica attraverso l’utilizzo della tecnologia di rete IP.

Si tratta di un modello radicalmente diverso da quello “storico” delle infrastrutture degli operatori di telecomunicazione fissi, caratterizzate da una molteplicità di reti fisiche differenti (ATM, PSTN e IP), sulle quali insistono tecnologie di rete differenti. A questa molteplicità di reti fisiche e di tecnologie si accompagna, inoltre, una pluralità di applicazioni specifiche per ciascun servizio. Il passaggio alle NGN semplifica notevolmente questo scenario, consentendo agli operatori di ottenere una riduzione dei costi operativi e di gestione delle infrastrutture, nonché risparmi relativi agli apparati di accesso (quali le centrali telefoniche). La semplificazione riguarda non soltanto la struttura fisica (determinando ad esempio un numero più limitato di nodi di rete) ma anche la struttura “logica” della rete. L’adozione di reti di nuova generazione comporta, in ultima istanza, la possibilità di fornire servizi e applicazioni a valore aggiunto in un’ottica convergente, sfumando la distinzione storica tra servizi di telecomunicazioni fisse e mobili.

3.2.2 L’Italia nello scenario competitivo internazionale Per quanto concerne invece la collocazione del nostro Paese nello scenario competitivo internazionale, possono segnalarsi alcuni punti di forza, tra cui, in primis, la promozione di servizi a innovativo contenuto tecnologico nel comparto delle telecomunicazioni. L’Italia è stata indicata in sede europea come un Paese d’eccellenza.

La Commissione europea, nel suo ultimo Rapporto sullo stato delle comunicazioni elettroniche in Europa, sottolinea, in particolare, il ruolo leader dell’Italia nella telefonia mobile e nell’unbundling, ed evidenzia l’importanza delle misure pro-competitive adottate dall’ ”Autorità per le garanzie nelle comunicazioni” che hanno, tra l’altro, consentito la riduzione dei prezzi di

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terminazione mobile e uno sviluppo della banda larga superiore a quello della media degli altri Paesi europei39

Il nostro Paese è al primo posto in Europa per la diffusione dei servizi di telefonia mobile di terza generazione (UMTS), con 10 milioni di linee attivate; è il primo Paese nel lancio commerciale della televisione in mobilità con tecnologia DVB-H; è nelle prime posizioni per la televisione su computer (IPTV).

Per quanto attiene gli aspetti di regolamentazione e liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, va notato come l’ ”Autorità per le garanzie nelle comunicazioni” abbia completato nel 2005 il nuovo assetto regolamentare del settore delle reti e dei servizi di comunicazione attraverso l’analisi dei 18 mercati rilevanti secondo il vigente quadro comunitario. Ciò colloca l’Italia a livello dei Paesi più virtuosi, assieme al Regno Unito e all’Olanda.

Un dato che merita di essere evidenziato è che il nostro Paese è il secondo in Europa per linee passate dal controllo dell’operatore storico ai concorrenti, con 1,6 milioni di linee, e con una tariffa di accesso ch’è la più bassa in Europa e ch’è destinata a ridursi ulteriormente nel prossimo anno.

A testimonianza del ruolo sempre più rilevante che l’Italia svolge in seno all’Europa nel settore delle telecomunicazioni può richiamarsi, infine, la recente decisione assunta dai 33 Paesi europei che compongono l’ERG, - l’Organismo che raggruppa i Regolatori europei- con la quale si è affidata all’Autorità italiana l’incarico di presidenza per l’anno 2007.

3.3 Nodi critici e questioni aperte in alcuni Paesi del Mediterraneo Il quadro che emerge dall’analisi svolta su sei Paesi del Mediterraneo su cui si sono concentrati i nostri studi (Algeria, Egitto, Giordania, Libano, Marocco e Tunisia), per quanto concerne gli aspetti legati all’evoluzione normativa, alle attività regolative e/o di tutela della concorrenza svolte delle Autorità pubbliche o da Agenzie indipendenti nel settore delle telecomunicazioni, risulta essere piuttosto vario ed articolato come si può rilevare dalla parte espositiva presentata nella seconda parte di questo studio. In prima istanza occorre notare come il settore delle telecomunicazioni sia il settore dove il grado di liberalizzazione in questi Paesi risulta più avanzato, se comparato ad energia e trasporti. Tale aspetto ha comportato di riflesso anche un accelerazione nel processo di creazione di Authority per la regolamentazione del mercato. Tutti i paesi esaminati hanno, infatti, già costituito (o stanno per farlo, come nel caso del Libano) un’ istituzione preposta alla regolamentazione del mercato, seppur con differenze assai grandi da paese a paese per quanto riguarda autonomia e efficacia di queste istituzioni. Un caso esemplare di funzionamento efficace dell’istituzione di regolamentazione del mercato è rappresentato dal Marocco, dove l’Authority ha dato prova della propria autonomia dal governo, opponendosi nel 2002 al tentativo di riportare l’intero settore delle telecomunicazioni sotto il controllo pubblico.

Un aspetto fondamentale, da tenere in considerazione per comprendere le dinamiche e le problematiche che caratterizzano i processi di liberalizzazione in corso nei sei paesi, riguarda le ragioni di fondo che hanno spinto i governi ad intraprendere tali processi. Sono le difficoltà finanziarie, infatti, ad avere spinto il processo di liberalizzazione dei paesi in questione, influenzandone il ritmo e la scelta dei settori in cui avanzare più speditamente. La scelta di dare priorità al settore delle telecomunicazioni si è basata sulla convinzione che attraverso la concessione di licenze per la telefonia mobile a operatori esteri, si sarebbe riusciti ad assicurare consistenti incassi a dei bilanci pubblici in difficoltà permanente. Il fatto che siano state considerazioni finanziarie (insieme ai fattori tecnologici, come nella diffusione della telefonia mobile) a guidare le scelte di liberalizzazione e regolamentazione autonoma dei mercati indica come non tutti i paesi mediterranei, qui considerati, abbiano tra le loro priorità la creazione di

39 Il numero di linee si è attestato complessivamente sui 7 milioni, facendo dell’Italia il quarto Paese europeo.

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mercati concorrenziali nel settore dei servizi di pubblica utilità, anche là dove considerazioni tecnologiche o sociali non giustifichino più il mantenimento di monopoli.

Ancora inesplorate risultano, pertanto, le potenzialità dei mercati di riferimento anche se negli ultimi anni si registra una generale tendenza all’espansione.

Lo testimonia il fatto che i paesi che per primi hanno dato avvio ad un processo di liberalizzazione, ad esempio la Giordania (1995 – comparto della telefonia mobile), hanno mostrato margini di crescita stupefacenti, basti considerare che in Giordania l’aumento del numero degli abbonati è cresciuto tra il 1999 e il 2005 da quota 60.000 a quota 3 milioni. Oltre alla questione del mancato sfruttamento delle potenzialità dei mercati bisogna aggiungere che in alcuni paesi, si riscontra una domanda inevasa di basilari servizi di telefonia fissa e una diffusione dei servizi internet ancora scarsa.

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II – Governance, sistemi produttivi e reti i sei Paesi del Mediterraneo

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Introduzione Qui di seguito è presentata una sintesi delle tematiche inerenti la governance delle agenzie e delle istituzioni preposte ai sistemi produttivi e alle reti infrastrutturali - trasporti, energia e telecomunicazioni – in sei Paesi del Mediterraneo: Algeria, Egitto, Giordania, Libano, Marocco e Tunisia. Le schede di sintesi sono tratte da elaborati presentati, in forma analitica, nelle sezioni III, IV e V della ricerca cui hanno contribuito Marcella Ascione, Laura D’Aniello, Luciano Loffredo, Clementina Persico, Paola Russo, Valeria Talbot, Franco Zallio.

Per ciascun Paese, dopo una breve presentazione del quadro macroeconomico, ci si sofferma sulla governance dell’intervento pubblico in economia, procedendo ad un commento in merito alla presenza dello Stato nei diversi settori dell’economia. Lo studio si concentra, in particolare, sulle privatizzazioni e sui processi di liberalizzazione intrapresi dai governi, cercando di comprendere il grado di avanzamento del percorso di transizione verso l’economia di mercato che vede impegnati, con diverso grado di intensità, tutti e sei i Paesi in questione. Particolare attenzione viene dedicata alle riforme relative alla regolamentazione del mercato e della concorrenza ed agli aspetti istituzionali inerenti la costituzione e il funzionamento di autorità di vigilanza e controllo dei mercati. Il report affronta in maniera dettagliata le dinamiche che investono, in materia, le reti dei trasporti, energia e telecomunicazioni.

Lo studio si sofferma inoltre sul grado di apertura internazionale dell’economia di questi Paesi e sulla loro integrazione nel commercio internazionale, in special modo con i paesi dell’area del Mediterraneo. I dati relativi alle quote di import – export negli scambi commerciali con i Paesi dell’UE ed il flusso di investimenti diretti esteri provenienti dagli Stati membri offrono un primo quadro di riferimento circa l’intensità delle relazioni economiche e commerciali che intercorrono tra i sei Paesi e gli Stati dell’Unione. L’analisi comprende, inoltre, le strategie adottate dai Paesi del Mediterraneo per migliorare l’attrattività ed il clima degli investimenti (istituzione di agenzie specializzate, one-stop-shop, zone franche, concessione di incentivi e sgravi fiscali, etc.). Il concetto di integrazione commerciale è raccordato con quello di “avvicinamento fisico”, verso la sponda Nord del Mediterraneo, e conseguentemente con il tema delle interconnessioni e delle infrastrutture di rete. Una lettura per Paese che tiene conto dei progetti, delle criticità e delle priorità in tema di infrastrutture (trasporti, energia e telecomunicazioni) costituisce una base conoscitiva fondamentale per comprendere a fondo tutte le potenzialità e le possibili implicazioni della nuova politica di prossimità dell’UE. I report forniscono in tal senso una descrizione analitica dei tre settori affrontando gli aspetti relativi alle reti dei trasporti (rete stradale, ferroviaria, portuale ed aeroportuale), dell’energia (fabbisogno energetico, mercato dell’energia e progetti di connessione transnazionali) e delle telecomunicazioni (mercato della telefonia mobile e fissa, servizi internet e investimenti in nuove infrastrutture).

Proprio in considerazione dell’adozione di misure di liberalizzazione e privatizzazione e di apertura dell’economia alla concorrenza internazionale40 è apparso opportuno considerare, nel lavoro di ricerca, anche le modalità attraverso le quali i governi dei Paesi della Riva sud stanno preparando il proprio tessuto industriale a fronteggiare la concorrenza internazionale. Con questo intento sono stati analizzati i diversi programmi varati dai sei Paesi con il fine di accrescere la competitività dei propri sistemi produttivi soprattutto in termini di qualità, prezzo e innovazione. Particolare attenzione è stata dedicata alle problematiche delle imprese di piccola e media dimensione le cui debolezze strutturali hanno richiesto l’adozione di precise misure di adeguamento gestionale, tecnologico e finanziario. E’ interessante notare, infine, come gli sforzi compiuti dai Paesi si sono concentrati su tre aspetti di particolare rilievo: la semplificazione delle procedure burocratiche ed amministrative, attraverso la creazione di sportelli unici; l’accesso al

40 In particolare il riferimento è all’entrata in vigore nel 2010 dell’Accordo di libero scambio tra i Paesi MEDA e l’Unione europea che comporterà l’ abbattimento delle barriere doganali e tariffarie.

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credito con l’istituzione di fondi di credito e garanzia; e l’offerta di servizi per l’assistenza tecnica alle imprese.

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1 Algeria

1.1 Governance dei sistemi produttivi L’economia algerina si caratterizza, negli ultimi anni (1999-2003), per ritmo di crescita sostenuto (media annuale del 3,8%) e per un buon livello complessivo degli indicatori macroeconomici. Dal 1999 il Paese ha beneficiato di un boom petrolifero continuo che ha generato un ammontare di entrate per lo Stato senza precedenti. Nel 2004 il tasso di crescita del PIL è stato del 5,2% e le proiezioni pluriennali, associate alla finanziaria per il 2005, fanno riferimento ad un tasso medio annuo di crescita del 5,3% per il periodo 2005 - 200941. La situazione del debito pubblico è in via di miglioramento. Il disavanzo del debito estero globale si é ridotto nel 2003 a 23,2 miliardi di dollari (contro i 25,3 del 2000), pari al 35% del PIL. La quota del debito in rapporto alle esportazioni é passato da 21,68% nel 2002 a 17,7% nel 2003. Questo netto miglioramento si è avuto nel 2003, eccezionale per quanto riguarda le entrate dovute alle esportazioni di idrocarburi (23,95 miliardi di dollari nel 2003 rispetto ai 18,1 del 2002), ed è stato confermato dai risultati del 2004 (31,6 miliardi di dollari delle entrate derivanti dalle esportazioni). Il tasso di inflazione si attesta intorno al 3,6% nel 2004, superiore alla media degli anni 2000-2003 (2%). Ancora, secondo i dati ufficiali, la percentuale dei disoccupati tende a diminuire regolarmente (17,7% previsto per il 2004 contro il 23,7% del 2003). Una analisi più dettagliata dei dati consente, tuttavia, di mettere in evidenza il carattere prevalentemente monoesportatrice dell’economia algerina, basti considerare che nel 2003 gli idrocarburi rappresentano il 98% delle entrate provenienti dalle esportazioni, il 48% del valore aggiunto ed il 28% della ricchezza nazionale. Risulta, pertanto, fondamentale per l’Algeria avviare una serie riforme in grado di modificare la struttura economica del Paese per rendere il proprio modello di sviluppo meno vulnerabile nel lungo periodo. In conseguenza di ciò, gli sforzi del Governo sono oggi orientati a svincolarsi dai due fattori trainanti dell’economia quali, appunto, la quotazione degli idrocarburi sul mercato internazionale ed il livello della spesa pubblica.

Può segnalarsi, in merito, il lancio nel 2001 di un piano pluriennale della spesa concepito in funzione della crescita: tale piano di rilancio - Programme de soutien à la relance économique (PSRE) - ha beneficiato di una somma pari a 525 miliardi di dinari algerini (7 miliardi di dollari), riuscendo ad assicurare, nel breve periodo, un considerevole sostegno alla crescita. Ad esso fa seguito un programma ambizioso quinquennale d’investimento (2005-2009) di 57 miliardi di dollari (55% del PIL del 2005), denominato “Programme complémentaire de soutien à la croissance économique”.

Nello stesso tempo, l’esigenza di aprire l’economia del Paese all’economia di mercato ha comportato l’avvio di un programma di privatizzazione di 1200 enti pubblici. Il controllo ed il coordinamento del programma sono di competenza del Ministero della Partecipazione e della Promozione dell’Investimento (MPPI) che si avvale di 27 società di gestione di partecipazione dello Stato, incaricate di vigilare sul rispetto delle procedure e di servire da interlocutrici con gli investitori interessati. Dal 2001 al 2005 lo Stato ha realizzato circa 270 operazioni di privatizzazioni di cui circa il 94% nel secondo semestre 2005. Nel 2005 le privatizzazioni realizzate sono state 102 di cui il 30% con operatori stranieri, di queste, 65 sono privatizzazioni totali.

Nel quadro generale delle riforme economiche, avviate dalle autorità algerine per consolidare l’instaurazione delle regole e delle modalità di corretto funzionamento di un’economia di mercato, va senz’altro annoverata la riforma del dispositivo legislativo in materia di concorrenza (ordinanza n. 03.03 del 19 luglio 2003) che introduce alcune novità di rilievo nella regolamentazione del mercato.

41 Cfr. «Note de présentation sur l'Algérie», Banca Mondiale, 2005, www.worldbank.org

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Su di un altro versante, prendendo in considerazione il processo d’integrazione dell’economia algerina nello scenario economico mondiale e regionale, può notarsi tuttavia, come, nonostante gli sforzi in materia di liberalizzazione, il volume degli investimenti diretti esteri risulti ancora limitato e per lo più concentrato, anch’esso, nel settore degli idrocarburi. Per l’anno 2005, la Banca centrale d’Algeria ha annunciato che gli IDE hanno raggiunto i 420 milioni di dollari, in calo in valore assoluto rispetto al 2004 di 200 milioni di dollari (-32,25%).

Allo stesso modo anche dalla lettura dei dati relativi alle esportazioni emerge che, escludendo gli idrocarburi che rappresentano nel 2005 il 97,96% del totale delle entrate provenienti dalle esportazioni (43,5 miliardi di US$), la partecipazione alle esportazioni algerine degli altri prodotti è del tutto marginale, rappresentando questi, esclusivamente, il 2,04% del volume complessivo dell’export, equivalente a 907 milioni di US$.

A questo punto deve aggiungersi che il percorso verso l’economia di mercato che va realizzandosi sotto la spinta delle riforme sopra accennate, ha avuto, inevitabilmente, l’effetto di fare emergere le debolezze e le criticità strutturali che affliggevano il sistema industriale e imprenditoriale algerino, cresciuto all’ombra di un forte protezionismo. Ciò ha reso necessario l’avvio di un vasto programma di revisione concernente la ristrutturazione delle zone industriali (circa 70) e delle zone di attività (circa 500). Il programma in questione è stato lanciato dal Ministero dell’Industria nell’agosto del 2005, nell’ambito del più generale Programma Quinquennale di Sostegno alla Crescita, e dispone di un budget pari a 2,8 miliardi di Dinari Algerini.

Oltre al programma di riqualificazione delle zone industriali e delle zone di attività, altri importanti programmi sono stati messi a punto dalle Autorità algerine indirizzati, nello specifico, al settore delle PMI. Il principale tra questi programmi è il Programma di Mise à Niveau delle imprese algerine. Tale programma prevede un insieme di misure di sostegno alle imprese e mira a: sviluppare il tessuto delle PMI in possesso di un potenziale di crescita; aumentare e salvaguardare i livelli di occupazione; e rafforzare le capacità delle imprese in relazione ad investimenti, partenariati ed esportazioni. Il programma si inquadra nell’ambito della legge n. 01-18 del 12 dicembre 2001 concernente la promozione delle PMI, e individua il Ministero delle PMI e dell’Artigianato quale organismo responsabile della gestione ed implementazione.

Nel 2005 la gestione del programma è stata affidata all’Agence Nationale de Développement de la PME (creata con decreto esecutivo n° 05 -165 del 3 Maggio 2005). L’Agenzia ha il ruolo fondamentale di esaminare le domande presentate dalla imprese interessate a prendere parte al programma concedendo gli incentivi per la realizzazione della mise à niveau.

Il Ministero delle PMI e dell’Artigianato gestisce, infine, un Fondo di Garanzia e di Crediti per le PMI (FGAR), destinato a garantire crediti bancari per investimenti da realizzarsi in progetti di trasformazione e produzione. Il sistema dei finanziamenti alle imprese si compone ancora di un Fondo speciale per la promozione della mise à niveau delle imprese e di alcuni dispositivi di microcredito gestiti in particolare da due agenzie l’ANGEM - Agence Nationale de Gestion du Microcrédit e l’ ANSEJ - Agence Nationale de Soutien à l’Emploi des Jeunes.

1.2 Trasporti, energia, telecomunicazioni

Trasporti La rete ferroviaria algerina si estende per 4200 km ed è gestita dalla Société nationale de transport ferroviaire (SNTF). Nell’ambito del programma di sviluppo del trasporto ferroviario, la SNTF ha lanciato nell’estate del 2005 due bandi di gara per lo studio e la realizzazione di due nuove linee ad alta velocità. I piani di modernizzazione comprendono, inoltre, il potenziamento del parco mezzi con l’acquisto di 30 nuove locomotive diesel. Va segnalato che al settore ferroviario sono andati 500 dei 700 miliardi di dinari concessi all’insieme dei trasporti pubblici nell’ambito del Programma complementare di sostegno alla crescita. Per dinamizzare alcuni

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settori e responsabilizzare le strutture interessate, la SNTF ha creato dieci filiali; ad ognuna è stato attribuito un settore di attività.

La rete stradale algerina, invece, è di circa 105.000 km. Nelle intenzioni del governo vi è l’estensione dei piani di privatizzazione all’intero sistema stradale algerino. Attualmente, infatti, il finanziamento della costruzione e della manutenzione delle strade è a carico dello Stato. Considerato che la maggior parte del trasporto delle merci all’interno del paese avviene su strada, lo sviluppo delle rete stradale è obiettivo prioritario del governo. L’attuale programma di sviluppo della rete stradale mira principalmente: al rafforzamento ed alla modernizzazione delle strade esistenti; al raddoppio di alcuni assi; e nel sud alla costruzione di nuovi collegamenti, in considerazione del fatto che le zone minerarie del sud risultano ancora mal collegate alla rete portuale. Nel mese di aprile 2006 il governo algerino ha selezionato alcune compagnie cinesi e giapponesi per l’assegnazione di contratti – per un ammontare di 11,5 miliardi di dollari finanziati interamente dal governo – per la costruzione di sei autostrade, per un totale di circa 1000 km.

Vista l’ampiezza del paese, il trasporto aereo continua ad essere uno dei più importanti mezzi per gli spostamenti interni. La rete aeroportuale in Algeria conta quattro grandi aeroporti – Algeri, Oran, Annata e Constantine – e 60 aeroporti più piccoli, molti dei quali sono in fase di modernizzazione per accogliere il traffico internazionale e un numero maggiore di voli domestici. Nell’ambito dei piani di privatizzazione del settore dell’aviazione è prevista la parziale privatizzazione della compagnia Air Algérie.

La maggior parte degli scambi commerciali e delle esportazioni di petrolio e gas in Algeria avvengono via mare, il trasporto marittimo ha, quindi, un ruolo fondamentale nello sviluppo economico del paese.

La legge n. 98-05 del 25 giugno 1998 ha introdotto, in materia di gestione del trasporto marittimo, uno schema organizzativo basato sulla separazione tra i compiti di servizio pubblico e le attività commerciali aperte alla concorrenza. Sono state così create tre Autorità portuarie su base regionale incaricate del servizio pubblico. Le Autorità partecipano, tra le altre cose, ai lavori di manutenzione, ristrutturazione e sviluppo delle infrastrutture portuarie di cui prima si occupava esclusivamente lo Stato.

Energia L’Algeria sta attraversando una fase di crescita economica dovuta principalmente alle entrate provenienti dall’aumento del prezzo del petrolio e del gas di cui è uno dei principali esportatori del Maghreb. I suoi principali clienti sono gli Stati Uniti, l’Italia, la Spagna, la Francia e il Brasile.

Le riserve di petrolio dell’Algeria sono stimate in 11,8 milioni di barili e si ritiene che il paese possieda ancora ingenti risorse inesplorate. Il settore petrolifero algerino è dominato dalla Sonatrach, azienda di proprietà statale. Attraverso le sue filiali la compagnia ha il monopolio della produzione, della raffinazione e del trasporto. Negli ultimi anni la ricerca di investimenti stranieri ha aumentato la fetta di produzione petrolifera in mano a compagnie straniere. Ciò non ha però portato all’apertura del settore, in quanto tutti gli operatori stranieri devono lavorare in partnership con la Sonatrach che detiene la maggioranza negli accordi di production sharing. Il più importante produttore straniero è Anadarko, seguono Bhp-Billiton, Amerada Hess, Cepsa e Agip.

Per quanto riguarda le risorse in gas, nel 2005 l’Algeria possedeva riserve di gas pari a 160 miliardi di metri cubi. La Sonatrach domina la produzione e la distribuzione all’ingrosso di gas, mentre la distribuzione del gas al dettaglio è controllata da un’altra azienda statale, la Sonelgaz. Il settore è stato aperto agli investimenti stranieri e vi sono numerosi produttori stranieri che hanno stretto accordi di partnership con la Sonatrach. Le esportazioni algerine sono dirette principalmente in Europa e negli Stati Uniti. Due importanti gasdotti permettono l’esportazione del gas algerino verso l’Europa. Si tratta del Transmed, ribattezzato “Enrico Mattei”, che da

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Hassi R’Mel attraverso la Tunisia giunge in Sicilia e da qui poi il resto dell’Italia. L’altro gasdotto è il Maghreb-Europe-Gas (MEG), che dal 1996 collega Hassi R’Mel alla città spagnola di Cordoba attraverso il Marocco. Il MEG è gestito da un consorzio internazionale formato dalla spagnola Enagas, dalla marocchina SNPP e da Sonatrach. Nel 2001 un consorzio guidato dalla spagnola Cepsa e dalla Sonatrach si è accordato per la costruzione di un nuovo gasdotto, il Medgaz, che dovrebbe collegare Beni Saf alla città spagnola di Almeira con un’eventuale estensione alla Francia. Il progetto dovrebbe essere completato nel 2008. A questo si aggiunge il progetto di un altro gasdotto, stavolta tra Algeria e Italia, via Sardegna, che fa capo al consorzio Galsi, costituito nel 2002 tra la Sonatrach, l’Enel e la tedesca Wintershall. Il progetto dovrebbe anch’esso concludersi nel 2008.

Negli ultimi anni si è registrato un notevole incremento della domanda nel settore elettrico. La rete elettrica del paese si estende per 217.500 km raggiungendo quasi l’intera popolazione. Vi sono diversi piani per incrementare la rete del 5% al fine di raggiungere le zone rurali isolate. L’Algeria esporta elettricità ai suoi vicini e vi sono piani per esportarla anche in Europa.

Per quanto concerne il mercato dell’energia, può notarsi come la legge 02-01 del 5 febbraio 2002 che stabilisce l’apertura del settore dell’elettricità e della distribuzione del gas via condotta alla concorrenza, abbia posto fine al monopolio di Sonelgaz, trasformandola in società per azioni. La riforma ha introdotto un quadro normativo stabile volto ad attirare finanziamenti privati e ha separato giuridicamente le funzioni di produzione, trasporto e distribuzione. La liberalizzazione del mercato è però, tuttora, lontana dall’essersi realizzata.

Telecomunicazioni Il mercato algerino delle telecomunicazioni ha visto un sensibile incremento delle proprie dimensioni a partire dall’entrata in vigore della legge 03/2000 che ha aperto la strada alla liberalizzazione del settore. Il primo passo in tale direzione è avvenuto con la creazione di una società per azioni, Algérie Télécom, che ha rilevato dal Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni il controllo dei servizi di telefonia fissa e mobile. Parallelamente il governo ha proceduto alla costituzione di un’Authority indipendente di regolamentazione e controllo che ha preso il nome di Autorité de la Poste et des Télécommunications (ARPT).

Da allora l’ARPT ha provveduto a concedere tre licenze per la telefonia mobile e una per la telefonia fissa, mentre Algérie Télécom ha operato decisivi investimenti per elevare la qualità dei propri servizi con particolare attenzione alla telefonia mobile.

Le compagnie operanti nella telefonia mobile sono la società pubblica Algérie Télécom Mobile (facente capo ad Algérie Télécom), con l’operatore Mobilis, e le società private Orascom Télécom Algérie e Watania Algérie Télécom, rispettivamente con gli operatori Djezzy e Nedjma.

La società a capitale privato che, invece, a partire dal marzo 2005, affianca Algérie Télécom nella gestione dei servizi di telefonia fissa è costituita da un consorzio di società egiziane composto da Orascom Telecom e Telecom Egypt che prende il nome di Consortium Algérien des Télécommunications.

Le tre compagnie operanti nella telefonia mobile hanno avviato importanti piani di espansione. Tra gli obiettivi prioritari vengono indicati l’ampliamento della copertura per il servizio GSM e l’introduzione, a partire dall’inizio del 2006, della tecnologia GPRS (General Packet Radio Service), che consente il trasferimento di dati a media velocità. Per questi e altri progetti Algérie Télécom ha pianificato di investire circa 2,5 miliardi di dollari entro il 2010.

Per quanto riguarda la telefonia fissa, Consortium Algérien des Télécommunications (CAT) ha ottenuto la concessione di una licenza della durata di 15 anni per costruire e gestire una linea di rete fissa in Algeria. Il consorzio di società egiziane avrà la possibilità di sviluppare servizi specifici quali quelli per la trasmissione veloce dei dati, ma anche di rispondere alla domanda inevasa di basilari servizi di telefonia fissa domestica. Intanto il governo algerino ha designato Banco Santander come advisor per la privatizzazione di Algérie Télécom.

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Per quanto attiene i servizi Internet, la loro diffusione è rapidamente cresciuta negli ultimi anni, raggiungendo, secondo i dati del governo per il 2004, 45 utenti ogni 1000 abitanti, contro i 16 per 1000 del 2002. Attualmente sono attivi sul mercato dei servizi di connessione alla rete circa 30 providers che affiancano l’operatore controllato dal governo algerino, DjaWeb. L’Algeria ha pianificato massicci investimenti per il settore dell’information technology nei prossimi cinque anni. Gli obiettivi dichiarati sono l’elevazione del tasso di penetrazione dei servizi Internet – con l’obiettivo simbolico di un computer per famiglia entro il 2010 – e l’estensione della rete a fibre ottiche, oltre i 35.000 chilometri di cavi ad oggi istallati.

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2 Egitto

2.1 Governance dei sistemi produttivi La situazione macroeconomica dell’Egitto può avvalersi di un ritrovato ottimismo dovuto ad una crescita della quotazione della sterlina egiziana rispetto al dollaro, alla fiducia degli operatori e delle autorità in un’apertura agli scambi internazionali, al miglioramento della competitività internazionale dell’economia egiziana, alla crescita delle esportazioni di merci ed a un aumento del PIL. A tali sviluppi fa, tuttavia, riscontro un aumento dell’inflazione ed un innalzamento del debito pubblico.

Gli indicatori macroeconomici del 2004/05 riflettono, quindi, un miglioramento della performance economica. La crescita nel 2004/05 è stata del 5%, le materie prime costituiscono la fetta maggiore (almeno il 52%) del PIL, seguite dal settore manifatturiero (32%) e dai servizi (16%).

Grazie alle politiche di apertura economica e di progressiva liberalizzazione dei rapporti commerciali con l'estero, l'Egitto, mercato emergente, opera oggi in un ambito di piena e crescente integrazione con i paesi occidentali, oltre che con il resto del mondo arabo e con l'Asia. Il 1 giugno 2004 è entrato in vigore l’Accordo di Associazione con l’UE che ha contribuito allo stabilimento e/o alla crescita delle quote di interscambio con i principali paesi partner occidentali. I dati ufficiali forniti dal FMI relativi all’interscambio generale dell’Egitto nel primo semestre del 2004 mostrano, rispetto allo stesso periodo del 2003, un significativo aumento delle esportazioni, cui si è tuttavia accompagnato un robusto recupero delle importazioni, determinando un peggioramento del saldo mercantile. Gli Stati Uniti si sono confermati il principale fornitore dell’Egitto, con una quota di mercato del 14,46 %, seguiti da Germania (7,56%) e Italia (7,23). L’Italia è, a sua volta, risultata il principale mercato di sbocco per le esportazioni egiziane (principalmente per la componente energetica ed i prodotti finiti), di cui ha assorbito il 17,42 %42.

Sul versante degli investimenti diretti esteri, essi provengono da più di 35 paesi stranieri, ma tre sono le principali fonti: l’Europa, gli Stati Uniti, e gli investitori arabi, in particolare i paesi del Golfo. Nel 2002 i paesi membri dell’UE con il più elevato stock di investimento sono stati nell’ordine Regno Unito, Francia, Germania e Italia con circa il 52 per cento dello stock complessivo di investimenti diretti esteri dell’UE. Settore d’eccellenza per gli investimenti italiani in Egitto è quello del petrolio e gas. Le opportunità di investimento riguardano anche il campo dell’energia, il settore bancario e finanziario ed il settore dell’ICT, settore, quest’ultimo, in cui l’Egitto presenta le maggiori opportunità nel mercato dell’area MENA.

Il clima degli investimenti in Egitto risente, tuttavia, ancora di alcune carenze: sul piano amministrativo si verificano spesso ritardi; l’applicazione delle tariffe doganali non risulta sempre coerente, stesso discorso può farsi per le procedure di controllo delle merci; inoltre risulta penalizzante l’assenza di una legge che regoli la concorrenza ed i monopoli.

Nonostante questi problemi, il basso tasso di inflazione e la situazione politica e sociale hanno favorito negli ultimi anni gli investimenti. Molte società multinazionali hanno scelto di investire in Egitto nei settori dell’edilizia, dell’agricoltura, della finanza, dell’industria pesante e delle industrie legate al turismo. Nel 2004/05 sono state stabilite 122 nuove imprese nelle free zones egiziane, rispetto alle 53 del 2003/04.

Le Free zones, istituite nel 1997, rappresentano una delle principali modalità di attrazione degli investimenti. In tali zone si applica un regime preferenziale che si estende anche alla possibilità di godere di particolari agevolazioni fiscali (da 5 a 20 anni di esenzione fiscale). Si applicano alle Free zones anche specifiche norme, che ne regolano i limiti territoriali e i tipi di attività che vi possono essere esercitate, nonché il pagamento delle royalties e le regole per l’entrata e l’uscita

42 Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2005

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delle merci. Le merci prodotte in tali zone e poi importate nel resto dell’Egitto sono considerate a tutti gli effetti come merci importate dall’estero. Di conseguenza, le importazioni di prodotti nelle Free zones non sono soggette ad imposte doganali od a tasse di vendita.

Una delle principali iniziative intraprese dal governo egiziano per incrementare la crescita economica del paese è rappresentata dal Programma di Modernizzazione Industriale, il cui budget totale ammonta a 430 milioni di euro. Il programma gode del più forte sostegno europeo nell’area dei paesi del Sud del Mediterraneo, con 20 milioni di euro erogati dall’UE. Gli obiettivi specifici sono lo sviluppo delle imprese (miglioramento della produttività, della qualità, supporto alle attività orientate all’esportazione, rafforzamento della competitività e della formazione), il supporto a determinati settori produttivi (attraverso lo stabilimento di 20 centri di resource delle imprese e la promozione di clusters locali o settoriali di imprese che hanno le stesse necessità).

Sempre nell’ottica di favorire la crescita economica dell’Egitto, il Ministero per il Commercio Estero ha emanato la legge 55 del 2002 finalizzata a promuovere la competitività dei prodotti egiziani. La legge prevede finanziamenti per la ricerca, per i centri di formazione e per le agenzie di marketing ed agevola le comunicazioni tra esportatori egiziani e le loro controparti nei mercati esteri. Ancora sul tema va menzionata la legge n. 1283 del 2002 che prevede la creazione di un Comitato Ministeriale per il rilancio e consolidamento della competitività delle esportazioni Egiziane, composto da membri del Ministero dell’Agricoltura, Ministero delle Industrie e della Promozione delle Tecnologie, Ministero delle Finanze, Ministero dei Trasporti e dell’Aviazione Civile.

2.2 Trasporti, energia, telecomunicazioni

Trasporti In Egitto, oltre il 95% del flusso di merci e circa il 70% di quello passeggeri avvengono su strada. Grazie ad un ampio programma di modernizzazione e di espansione iniziato nel 1980, l’Egitto dispone di 64.000 chilometri di strade, di cui circa 50.000 asfaltati, ma versanti in cattive condizioni. Alcune grandi opere sono state recentemente ultimate.

Per quanto attiene alla rete ferroviaria, si osserva un generale grado di inefficienza. Per questo motivo, il governo egiziano si propone, da un lato, di completare una rete infrastrutturale consona a consentire il transito delle merci che giungono via mare ai porti egiziani e che sono dirette all’Africa continentale e, dall’altro, di conseguire l’obiettivo di trasferire l’8% del traffico merci su rotaia (attualmente il dato è fermo al 3% circa).

Il governo ha anche introdotto alcuni incentivi per attrarre gli investitori esteri, avviando una prima e parziale apertura del settore e sta valutando l’opportunità di fornire concessioni per l’utilizzo degli estesi terreni adiacenti alle ferrovie. La prima compagnia privata operativa nel comparto ferroviario egiziano è la Sea Train Egypt – una joint venture composta dall’italiana Italian Sea Train srl, e le egiziane Egyptian Kadmar Group e Egyptian National Railways Jet – che ha avviato un progetto per lo sviluppo e la gestione di un collegamento ferroviario destinato al trasporto dei turisti diretti ai principali siti archeologici (la prima linea congiungerà Alessandria alla stazione di Giza).

La rete aeroportuale offre, invece, collegamenti con i principali centri turistici e con le città più popolose. L’Egitto dispone di 22 aeroporti, quasi tutti di proprietà statale. Per andare incontro alla prevista crescita del traffico turistico il governo ha annunciato un piano di investimenti per 2 miliardi di dollari finalizzato al potenziamento di 16 delle strutture aeroportuali esistenti e alla costruzioni di 7 nuovi aeroporti sulla base di contratti BOT (Build-Operate-Transfer). L’Egitto sta progettando anche di costruire nuovi terminal per gli aeroporti del Cairo e di Sharm el-Sheikh facendo ricorso ad un prestito della Banca Mondiale. Sulla via di una maggiore liberalizzazione del settore, la compagnia di bandiera egiziana EgyptAir ha ceduto ad alcuni operatori stranieri la gestione di alcuni dei più importanti scali internazionali del paese.

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Ma è la rete portuale egiziana ad assumere un ruolo economico e strategico centrale per il paese, in virtù della posizione geografica dell’Egitto. I porti marittimi sono, infatti, ad oggi in grado di gestire oltre 80 milioni di tonnellate di traffico merci all’anno e smaltiscono tra l’85% e il 90% del commercio internazionale egiziano. Il governo egiziano ha avviato un processo di parziale liberalizzazione del settore portuale concedendo in gestione a soggetti privati (sulla base di contratti BOT/BOOT- Build-Operate-Own-Transfer) i porti di Ain Sukna, di East Port Said e di Damietta. Nel marzo del 2005 è stato annunciato un accordo tra la Hutchison Port Holding di Hong Kong – la più grande compagnia mondiale del settore – e un consorzio guidato dalla Alexandria Port Authority per la modernizzazione, l’ampliamento e la gestione dei due terminal merci di Alessandria e Dekhaila, nel quadro di un contratto BOT di venticinque anni.

Energia Il settore energetico in Egitto rappresenta il 9 % al PIL. Durante l’anno fiscale 2003/2004 il paese ha esportato 18,5 milioni di tonnellate di idrocarburi. Nel 2004/2005 l’ammontare totale è salito a 27 milioni di tonnellate, con un aumento di quasi il 50%.

Nonostante un costante calo nei livelli della produzione di petrolio, l’estrazione del greggio continua a rappresentare una voce importante dell’economia egiziana. L’impoverimento dei giacimenti del Golfo di Suez ha consigliato l’avvio di attività esplorative nelle aree di frontiera come il Deserto occidentale al confine con la Libia, le aree offshore del Mediterraneo e i territori del Sinai che sono state intraprese da compagnie straniere (in primis BP e ENI) in partnership con la compagnia statale Egyptian General Petroleum Corporation (EGPC). Un’importante infrastruttura per l’esportazione del petrolio è la Suez-Mediterranean pipeline (Sumed). Essa rappresenta una via di transito per il petrolio proveniente dal Mar Rosso e destinato nel Mediterraneo alternativa e complementare rispetto al Canale di Suez. L’Egitto detiene il 50% del controllo dell’oleodotto e riceve diritti di transito pari al 27% del costo del greggio che scorre attraverso la pipeline.

Il governo ha incentivato negli ultimi anni l’utilizzo delle risorse in gas naturale, in particolare per le centrali elettriche, anche attraverso la concessione di licenze ad aziende private che si occupano dell’estensione della rete di trasmissione e di distribuzione del gas. E’in corso, inoltre, un progetto per lo sviluppo di un’articolata rete per l’esportazione del gas naturale. La prima fase del progetto prevede la costruzione di una pipeline capace di raggiungere i territori di Siria, Libano, Turchia ed eventualmente Cipro. La seconda fase vede il completamento del gasdotto, lungo un tracciato che collega il porto giordano sul Mar Rosso di Aqaba alla centrale di Rehab vicino al confine tra Giordania e Siria. La terza fase del progetto prevede la costruzione di un tratto dal confine giordano alla centrale siriana di Deir Ali e successivamente a Rayan, vicino a Homs.

Nel corso del 2005 l’Egitto ha concluso un accordo per l’esportazione di gas naturale in Israele che prevede la fornitura di 1,7 miliardi di metri cubi di gas per quindici anni a partire dalla conclusione del 2006, con l’opzione per un’estensione di ulteriori cinque anni.

Si registrano, inoltre, sensibili sviluppi nel comparto del gas naturale liquefatto (GNL). Alla fine del 2004 è entrato in funzione l’impianto SEGAS (Spanish Egyptian Gas Company) di Damietta in grado di garantire 5 tonnellate di gas naturale liquefatto all’anno. L’impianto è controllato dalla compagnia spagnola Union Fenosa in partnership con ENI (con una quota complessiva pari all’80%) e dalle egiziane Egyptian Natural Gas Holding Company (10%) e Egyptian General Petroleum Corporation (10%). Nel maggio del 2005 è entrato in funzione l’impianto egiziano per il gas naturale liquefatto, Egyptian LNG costruito dalla compagnia britannica Bg Group e dalla malesiana Petronas a Idku. Bg Group sta vagliando la possibilità di avviare la costruzione di un terzo impianto per la produzione di GNL. Con il funzionamento a pieno regime dei due impianti l’Egitto si appresta a divenire il sesto maggiore produttore di gas naturale liquefatto al mondo, con importanti prospettive di crescita.

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Nell’ambito del mercato dell’energia elettrica, negli ultimi anni in Egitto è stato avviato un processo di ristrutturazione e liberalizzazione. Tuttavia, lo stato svolge ancora un ruolo dominante, attraverso la Egyptian Electric Holding Company. Nel 2001 la EEHC ha separato le attività di produzione da quelle di distribuzione. Pertanto, attualmente, diverse società di produzione vendono ad un'unica società di trasmissione: l’EECH, che a sua volta vende l’elettricità ai consumatori e a nove società di distribuzione, di proprietà statale. L’esistenza di un unico acquirente non consente la concorrenza tra le società di produzione. Infine, per quanto riguarda le interconnessioni regionali, l’Egitto fa parte del Mediterranean Electricity Ring, che collegherà alcuni paesi del Nord Africa e del Vicino Oriente e che sarà a sua volta collegato con la rete europea. Inoltre, coopera con alcuni paesi africani per costruire una rete nell’ambito dell’Iniziativa del Bacino del Nilo.

Telecomunicazioni Il processo di liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni egiziano ha preso formalmente avvio nel 1991 con la definizione dell’Economic Reform Program.

Nel 1998 il governo egiziano ha intrapreso il cammino in direzione di un’effettiva liberalizzazione del settore con la trasformazione di Telecom Egypt in una società per azioni controllata dallo stato e con l’istituzione di un’Authority di regolamentazione indipendente denominata Telecommunication Regulatory Authority (TRA), ribattezzata poi National Telecommunication Regulatory Authority (NTRA).

Nel corso dello stesso anno la TRA, al fine di favorire il processo di liberalizzazione e di creare i presupposti per il consolidamento degli strumenti della concorrenza, ha concesso due licenze per la telefonia mobile.

Secondo quanto stabilito dalla Telecom Law del 2003, con la conclusione del 2005 Telecom Egypt cessa di detenere la titolarità esclusiva per la fornitura dei servizi di telefonia fissa e il monopolio delle strutture dei centri di transito internazionale delle telecomunicazioni. Ne consegue che, a partire dall’inizio del 2006, la fornitura dei servizi di linea fissa è stata formalmente aperta a nuovi potenziali operatori. Intanto il 14 dicembre del 2005 ha avuto luogo la privatizzazione del 20% di Telecom Egypt.

Il settore della telefonia mobile, in particolare, registra un significativo avanzamento nel processo di liberalizzazione. Il primo operatore, controllato da Telecom Egypt, attivò i propri servizi nel 1996. Nel maggio del 1998 fu rilevato da un consorzio denominato MobiNil. Nel novembre dello stesso anno la TRA ha concesso una seconda licenza al consorzio Vodafone Egypt. MobiNil, che iniziò ad operare con gli 83.500 clienti ereditati dalla Telecom Egypt, oggi conta circa 7 milioni di utenti. Complessivamente il tasso di penetrazione della telefonia mobile si attesta intorno al 17,5%, per un totale circa 13,5 milioni di utenti. Secondo le previsioni della NTRA la teledensità per la telefonia mobile dovrebbe raggiungere quota 20% entro il 2008-2009.

Per quanto riguarda la diffusione dei servizi Internet, essa è stata limitata dagli elevati costi, dall’insufficiente grado di conoscenza degli strumenti informatici e dall’inadeguatezza delle infrastrutture. Nel gennaio del 2002 è stato lanciato il servizio Internet gratuito che consente agli utenti di accedere alla rete pagando solamente il costo di una chiamata nazionale a fronte degli onerosi canoni di abbonamento fino ad allora vigenti. Il mercato della fornitura dei servizi Internet è frazionato tra una serie di providers che utilizzano la rete controllata da Telecom Egypt devolvendo alla compagnia nazionale il 30% dell’ammontare totale dei ricavi.

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3 Giordania

3.1 Governance dei sistemi produttivi La politica economica giordana è stata interessata, negli ultimi dieci anni, dall’attuazione di numerose e profonde riforme economiche volte a ripristinare stabilità fiscale e monetaria all’interno del Paese. Dopo la grave crisi debitoria del 1988-89 il Governo giordano si è rivolto al Fondo Monetario Internazionale (FMI) per concordare una serie di programmi strutturali tesi alla stabilità economica a medio termine, portati avanti dallo stesso FMI e dalla Banca Mondiale.

La politica economica giordana è stata indirizzata alla liberalizzazione del commercio per favorire l’integrazione a livello regionale e globale. Si è assistito ad un processo di ridefinizione del ruolo dello Stato, mediante l’attuazione di numerosi programmi di privatizzazione, l’incoraggiamento degli investimenti produttivi orientati alle esportazioni e la riduzione del tasso di disoccupazione e di povertà.

Le riforme, a fronte di un miglioramento degli indicatori macroeconomici, non hanno però avuto un impatto rilevante sull’aumento del tenore di vita della popolazione, mentre l’incertezza della situazione geopolitica regionale non agevola l’azione di riforma del governo giordano.

A partire dal 1995, con il Jordan Privatization Program, in collaborazione con la Banca Mondiale, quale ente amministratore di un fondo fiduciario per il sostegno al programma stesso, è stato avviato il processo di privatizzazione che ha interessato numerosi settori economici del paese. Ad oggi sono state portate a compimento diverse transazioni, anche in settori strategici, che hanno fornito al governo introiti per oltre 900 milioni di dollari (circa il 12% del PIL), mentre si prevedono, entro i prossimi quattro anni, investimenti diretti per complessivi 500 milioni di dollari.

Le riforme economiche hanno avuto un effetto positivo sull’economia giordana a partire dal 2000, quando si registrò un tasso di incremento del PIL del 4,2% che si è mantenuto costantemente in crescita, arrivando anche a superare la quota del 5%, ad eccezione del 2003, anno in cui si è misurato un abbassamento al 4,1%, quale conseguenza del conflitto in Iraq . Secondo quanto riportato nel rapporto ICE del 2005 e sulla base dei dati forniti dalle fonti ufficiali giordane e del Fondo Monetario Internazionale, nel 2004 la crescita del PIL si è attestata al 7,7% in termini reali, sostenuta principalmente da una forte domanda interna. Per quanto riguarda gli altri indicatori economici può segnalarsi che l’inflazione si è mantenuta bassa al 3,4%, mentre il tasso ufficiale di disoccupazione ha fatto registrare un lieve calo al 12,5%. L’indice della Borsa di Amman è invece cresciuto del 62%, testimoniando un notevole flusso di investimenti stranieri sul mercato mobiliare giordano.

Lo stato dei conti pubblici registra un deficit di bilancio pari al 1,9% del PIL mentre il rapporto debito pubblico/PIL è sceso di 10 punti percentuali attestandosi sull’ 88%. Il debito estero rappresenta circa il 66% del PIL. Nonostante i buoni risultati macroeconomici, sia il governo giordano che il Fondo Monetario Internazionale, continuano ad evidenziare gli elementi di debolezza strutturale dell’economia giordana ovvero una forte dipendenza dagli aiuti internazionali e un’estrema vulnerabilità rispetto alle fluttuazioni del prezzo del greggio.

Dal primo trimestre del 2005 l’andamento dei principali indicatori macroeconomici ha iniziato a destare preoccupazione. I finanziamenti internazionali si sono ridotti drasticamente, mentre il prezzo del petrolio ha continuato la sua rapida ascesa, aggiungendo un 5% del PIL al valore complessivo delle importazioni giordane. A ciò si aggiunge la fine dell’Accordo Multifibre, che ha frenato le esportazioni tessili verso gli USA, poiché è venuto parzialmente meno il vantaggio competitivo rappresentato dalle Qualifying Industrial Zones.

In tema di scambi commerciali con l’estero, va notatoche la Giordania soffre di un deficit strutturale nella bilancia commerciale, con importazioni che superano più del doppio il valore delle esportazioni. Il deficit commerciale è parzialmente coperto dal surplus nei servizi,

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principalmente per le rimesse estere ed il turismo. L’Europa è la principale regione di provenienza delle importazioni, pari a circa 1/3 del totale delle importazioni del paese. Le importazioni consistono principalmente in macchinari, materiale per i trasporti, prodotti agricoli e chimici, il che evidenzia la dipendenza del paese dalle importazioni per i beni capitali e per l’energia. I valori delle importazioni di petrolio e dei derivati del petrolio sono cresciuti dal 2000. Nell’ analisi delle esportazioni giordane, è possibile valutare l’andamento di quest’ultime e sottolineare i benefici economici ottenuti negli ultimi anni grazie al libero scambio.

La stabilità del tasso di cambio e l’apertura dei mercati hanno migliorato la specializzazione e promosso la diversificazione delle esportazioni. Il settore privato ha giocato un ruolo primario dagli anni ’90 in poi. Le esportazioni della Giordania si sono spostate, quindi, dal settore tradizionale dei minerali, quali fosfato e potassio, a prodotti ad alto valore aggiunto nella chimica, quali fertilizzanti, acido fosforico e prodotti farmaceutici.

La maggiore innovazione per gli investitori stranieri è rappresentata, invece, dalle aree Qualifying Industrial Zones (QIZ) , create nel 1996 per la cooperazione economica giordano-israeliana. Le QIZ sono parchi industriali la cui produzione può essere esportata, senza contingentamenti e con esenzioni fiscali, verso gli Stati Uniti . Il meccanismo previsto dalle QIZ costituisce un’interessante opportunità per le aziende, in particolare quelle del settore tessile, la maggior parte dei prodotti esportati negli USA dalle QIZ proviene, infatti, da questo settore. Attualmente esistono tredici QIZ e molte altre sono in programma. In termini di risultati raggiunti può registrarsi la crescita significativa delle esportazioni verso gli USA, ciò nonostante, si evidenziano alcune criticità: la produzione di beni al di fuori del settore tessile rimane limitata; poche tracce di new-Economy sono riscontrabili nella struttura aziendale delle QIZ; ed infine, scarsi effetti di spin-off si sono prodotti tra le industrie appartenenti alle singole QIZ.

Un’ evoluzione del modello di free-zone è rappresentata, invece, dall’Aqaba Special Economic Zone, ufficialmente annunciata nel maggio 2001 con l’obiettivo di attrarre circa 6 miliardi di dollari grazie ad investimenti stranieri nel settore del turismo, dei trasporti, dell’industria, del commercio, dei servizi ed in particolare nell’Information Tecnology e con l’intento di creare 70.000 posti di lavoro, numero tre volte superiore a quello dei posti creati sinora dal sistema delle QIZ. L’Aqaba Special Economic Zone prevede che nella città e nei suoi dintorni, le aziende manifatturiere e di servizi (ad eccezione di banche, assicurazioni e servizi nel campo dei trasporti) godano di un regime fiscale vantaggioso, con un’imposta sul reddito pari al 5%, un tasso del 7% sulle vendite, e nessuna tariffa doganale sulle importazioni. Non si prevedono, inoltre, contingentamenti o tariffe doganali per le merci prodotte in Giordania e destinate al mercato statunitense ed europeo.

3.2 Trasporti, energia, telecomunicazioni

Trasporti Il porto di Aqaba – situato a 300 chilometri, in direzione sud, da Amman – rappresenta l’unica infrastruttura portuale della Giordania. Il volume delle merci che vi transitano ha superato nel 2004 la soglia di 2,5 milioni di tonnellate (con il livello delle importazioni più che doppio rispetto a quello delle esportazioni) e continua a far registrare un trend positivo sotto l’impulso della crescita dell’economia del Regno hashemita e in ragione del fatto che è divenuto il principale luogo di ingresso del traffico merci destinato in Iraq.

Il governo giordano ha deciso di affidare la gestione del porto a soggetti privati. Dal 2001 Aqaba rientra nell’area di competenza della Aqaba Special Economic Zone Authority (ASEZA) e il porto è sotto la tutela della Aqaba Development Corporation (ADC) dal 2004.

La ADC ha intrapreso un progetto di ampie dimensioni, e del valore di 1 miliardo di dollari, per spostare a sud, a ridosso del confine con l’Arabia Saudita, le infrastrutture portuali esistenti al fine di liberare un’area da dedicare al flusso turistico e di ridisegnare ed espandere il porto.

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La rete aeroportuale giordana si compone, invece, di venti scali, tra aeroporti civili e militari. I principali aeroporti sono il Queen Alia International Airport ad Amman, il Marka International a Marka e il King Hussein International di Aqaba.

Il Queen Alia International Airport – il principale scalo della Giordania – si trova a 32 chilometri da Amman e rappresenta l’hub della Royal Jordan Airlines, la compagnia di bandiera giordana, oltre che lo scalo prescelto da decine di compagnie aeree straniere.

La rete aeroportuale giordana si trova al centro di più un ampio e complesso processo di modernizzazione, di privatizzazione e di liberalizzazione che interessa l’intero settore aereo del Regno. Un obiettivo immediato è quello di fare della Giordania il principale punto di transito per i voli aerei diretti in Iraq, consolidando la partnership tra la Royal Jordan Airlines, la Iraqi Airlines e una serie di fornitori di voli charter. La Royal Jordan Airlines ha inoltre lanciato un piano che prevede molteplici rotte regionali di breve-medio raggio e sta approntando le strategie necessarie a competere con i principali vettori internazionali a partire dal 2007.

Tra le principali Autorità competenti in materia di regolamentazione del settore trasporti in Giordania occorre menzionare la Public Transport Regulatory Commission, istituita il 16 novembre del 2001 con la legge 48/2001, e la Jordan Maritime Authority, un organismo governativo dotato di autonomia finanziaria ed amministrativa istituito con la legge 47/2002. Gli obiettivi principali per entrambe le Autorità, ciascuna nel proprio campo d’azione, sono: garantire servizi di trasporto di elevata qualità e conformi ai più recenti standard di sicurezza a costi sostenibili; aprire le porte a nuove opportunità di investimento; concepire nuove soluzioni per la specializzazione dei servizi di trasporto.

Per la PTRC compiti specifici sono: l’ organizzazione della rete del trasporto pubblico ed i suoi itinerari all’interno delle città e tra di esse, monitoraggio, supervisione e coordinamento delle attività delle imprese di pubblici servizi. Per la JMA sono previste funzioni: di controllo e di vigilanza sulla sicurezza per la navigazione all’interno delle acque territoriali giordane; di impulso verso il Ministero competente per ratificare le convenzioni marittime bilaterali, regionali e internazionali e seguire la loro implementazione. La Giordania è inoltre inserita nel progetto dell’High Level Group finalizzato alla creazione di assi transnazionali di trasporto tra i paesi dell’Ue ed i Paesi “vicini” . Un asse in particolare interessa la Giordania: il South Eastern Axis. Il progetto contempla la creazione di una rete di trasporti che congiunga l’Unione Europea al Caucaso, al Caspio, all’Egitto e al Mar Rosso, passando per i Balcani e la Turchia. Il progetto dovrebbe poi essere esteso in direzione della Russia, dell’Iran, dell’Iraq e di altri paesi del Golfo. Amman, più precisamente, diverrebbe parte della linea di connessione multimodale Ankara-Marsina-Siria-Giordania-Suez-Alessandria-East Port Said.

Energia La Giordania non possiede una quantità significativa di risorse petrolifere e per fare fronte alla domanda interna (circa 106.000 barili al giorno nel 2004) ricorre in larga misura alle importazioni.

La struttura delle importazioni petrolifere giordane è mutata drasticamente nel 2003 in seguito all’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti. Attualmente la Giordania si rivolge anzitutto a Kuwait e Arabia Saudita, che nel 2004 hanno riservato un trattamento di favore al Regno hashemita fornendo prodotti petroliferi a prezzi scontati, per poi applicare i prezzi di mercato dall’inizio del 2005.

Anche le riserve di gas naturale (circa 6,5 miliardi di metri cubi) risultano abbastanza modeste, il Paese dispone di un solo bacino per l’estrazione di gas a Risha, nella regione desertica orientale al confine con l’Iraq.

Competente in materia di regolamentazione del settore energetico è l’Electricity Regulatory Commission. L’Autorità, istituita nel gennaio del 2001, è disciplinata dalla legge n. 63 del 2002, nota come General Electricity Law, è dotata di personalità giuridica e gode della piena

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indipendenza finanziaria ed amministrativa. All’Autorità sono demandati e seguenti compiti: contribuire allo sviluppo e al mantenimento del settore dell’elettricità; incoraggiare gli investimenti per accrescere l’efficienza operativa del settore e contenere i prezzi di fornitura dell’energia elettrica; assicurare che le compagnie operanti nel settore osservino le norme vigenti in materia di protezione ambientale e di sicurezza pubblica; garantire che i licenziatari forniscano una quantità di energia elettrica sufficiente a soddisfare la domanda degli utenti; accertarsi che i prezzi stabiliti dai licenziatari siano congrui e tali da poterne finanziare le attività e da garantire loro un rendimento in linea con gli investimenti; e, infine, tutelare gli interessi dei consumatori e valutare il rispetto delle norme previste dalle licenze.

Gli organismi che sovrintendono al funzionamento della ERC sono il Consiglio dei commissari e lo Staff amministrativo. Il Consiglio dei commissari è composto da cinque membri, compresi il Direttore e il vice-Direttore, nominati dal Consiglio dei ministri su indicazione del Primo ministro. La carica di membro del Consiglio è incompatibile con la presenza di interessi diretti e indiretti in ogni comparto del settore dell’elettricità.

I membri del Consiglio rimangono in carica dai due ai quattro anni e il mandato è rinnovabile una sola volta. Il Consiglio si riunisce su iniziativa del Direttore, almeno una volta al mese, secondo le necessità imposte dalle circostanze. Le risoluzioni sono prese a maggioranza dei presenti e il voto del Direttore risulta preponderante in caso di parità.

Telecomunicazioni Il settore delle telecomunicazioni della Giordania ha visto l’avvio di un processo di liberalizzazione nel 1995 con l’approvazione della legge 13/1995 che ha posto le basi per una riforma di ampio respiro. Il primo comparto che ne ha beneficiato è stato quello della telefonia mobile.

Attualmente il mercato vede la concorrenza tra tre operatori: Fastlink, Mobilecom e il kuwaitiano Umniah Mobile Communications. La concorrenza tra i due principali operatori, Fastlink e Mobilecom, ha dato corso a una significativa riduzione dei costi e a uno stupefacente aumento del numero degli abbonati, balzato tra il 1999 e il 2005 da quota 60.000 a quota 3 milioni. Il mercato mostra di poter offrire ancora margini di crescita. Ad ampliare l’offerta di telefonia mobile è intervenuto l’ingresso sul mercato del servizio “Press to Talk” della compagnia XPress Telecommunications.

Nel 1997 la Telecommunications Corporation – istituita nel 1971 quale organismo governativo responsabile del controllo di vari settori delle telecomunicazioni – è stata trasformata in una società per azioni di proprietà del governo, la Jordan Telecommunications Company (JTC).

Si è trattato del primo passo verso la privatizzazione della telefonia fissa. Il secondo passo è stato compiuto nel dicembre del 1999 con la vendita di una quota pari al 40% della JTC ad un consorzio costituito da France Télécom (88%) e da Arab Bank (12%), la principale banca privata della Giordania, per una cifra pari a 508 milioni di dollari. Il terzo passo è avvenuto nell’ottobre del 2002 con la collocazione in borsa del 15% della compagnia giordana. Il governo giordano ha deciso di vendere la quota di JTC ancora nelle sue mani, ripartendola nel seguente modo: l’11% al consorzio guidato da France Télécom, il 10% alla Gulf Finance House del Bahrain, un ulteriore 10% alla kuwaitiana Nour Financial Investment, e il restante 5% al Fondo pensione delle Forze armate del Regno hashemita.

Complessivamente l’operazione porterà nelle casse del governo 705 milioni di dollari.

A partire dal gennaio del 2005 è venuto meno il monopolio dei servizi di linea fissa e internazionali detenuto da JTC e l’intero settore è stato aperto all’attività privata.

La diffusione dei servizi Internet è piuttosto modesta: circa venti abbonati ogni mille abitanti nel 2004 (con una media di sei utenti per ciascun abbonamento). Per incentivare la diffusione di Internet il governo ha favorito, nel febbraio del 2005 la stipulazione di un accordo tra JTC, Wanadoo, una banca locale e due aziende locali di assemblaggio di computer, per la fornitura di

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uno speciale pacchetto comprendente un computer ed un abbonamento ai servizi Internet ad un prezzo molto vantaggioso.

Per quanto attiene la regolamentazione del settore, l’autorità competente à la Telecommunications Regulatory Commission (TRC), istituita con la legge 13/1995, dotata di personalità giuridica e di autonomia dal punto di vista finanziario e amministrativo.

L’Autorità riporta tra le sue funzioni e le sue responsabilità: la regolamentazione dei servizi delle telecomunicazioni in adesione alla politica generale per il settore, il dovere di assicurare la fornitura dei servizi a costi equi, ragionevoli e sostenibili; la protezione degli interessi degli utenti ed il monitoraggio delle attività dei licenziatari; la competizione nei settori delle telecomunicazioni e dell’information technology; il controllo mirato ad impedire condotte anti-concorrenziali e in particolare l’abuso della posizione dominante; ed infine la formulazione di proposte per progetti di legge al Ministero delle telecomunicazioni e dell’information technology.

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4 Libano

4.1 Governance dei sistemi produttivi L’economia libanese si basa essenzialmente sul settore dei servizi che nel 2002 è arrivato a coprire il 70% del PIL, la capitale libanese è, infatti, uno dei più importanti centri bancari della regione. Il settore industriale è di piccole dimensioni ed è trainato dall’industria del cemento, mentre l’agricoltura è pari al 13% del PIL43.

Gli eventi politici del 2005 non hanno mancato di avere effetti negativi sull’economia del paese, provocando tra l’altro una riduzione degli investimenti e dell’esportazione di servizi, che negli ultimi anni avevano rappresentato il settore chiave dell’espansione. La crescita economica, prevista del 4% per il 2005, è stata pari a zero.

La fonte principale della vulnerabilità dell’economia libanese è rappresentata dai cronici squilibri dei conti pubblici. Alla metà del 2005 il debito pubblico era pari al 200% del PIL. Le amministrazioni che si sono susseguite nel paese non sono state in grado di riequilibrare i conti pubblici, con misure impopolari ma necessarie, quali l’aumento della pressione fiscale e la riduzione della spesa pubblica o attraverso un piano di privatizzazione.

Il mercato interno è di piccole dimensioni con preferenza per le merci importate. I settori più significativi delle esportazioni riguardano il cemento, alimenti e bevande, e i gioielli. Quest’ultimo settore, dominato dalla piccola comunità armena del Libano, è cresciuto notevolmente negli ultimi due anni.

Il valore complessivo dell’interscambio con l’estero per il 2005 è stato di 11,2 miliardi di dollari, di cui 9,3 hanno riguardato le importazioni e 1,9 le esportazioni. La bilancia commerciale libanese presenta un saldo negativo di 7,5 miliardi di euro44.

Mentre l’Italia è al 23° posto nella graduatoria dei paesi acquirenti (a causa della limitata offerta libanese), il Libano assorbe circa l’11% delle esportazioni italiane verso i 12 paesi arabi del Medio oriente ed è il terzo acquirente dell’area di prodotti italiani dopo gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita. Le esportazioni italiane verso il Libano sono costituite da prodotti della raffinazione del petrolio, tessile e abbigliamento, prodotti metallici, chimici, plastica e gomma, alimentari, impianti e macchinari.

Le principali misure attuate per avviare e sostenere il programma di privatizzazione libanese sono:

• Adozione della Legge n. 393 del 2000;

• Costituzione del Consiglio Supremo per la Privatizzazione (HCP), alla cui guida c’è il Primo Ministro, con il compito di fissare, eseguire e supervisionare il processo di privatizzazione in maniera trasparente.

Di particolare rilievo risulta la “Legge sullo Sviluppo Industriale” che ha quale principale obiettivo la creazione di un clima favorevole per gli imprenditori stranieri. Altri tipi di leggi si muovono nella stessa direzione cercando di offrire una serie di garanzie, innanzitutto sul piano legale, agli investitori stranieri (diritti di proprietà intellettuale, antidumping, legge sulla concorrenza).

La disciplina in materia di incentivi per gli investimenti è regolata, invece, dalla “Legge sugli investimenti n 360 del 2001” che divide il Libano in tre zone (A, B, C) offrendo esenzioni fiscali, sgravi e facilitazioni45.

43 Cfr : «Profil Pays Liban», FEMISE,Forum Euro-Méditerranéen des InstitutS Economiques, Novembre 2005. 44 Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero 2^ sem. 2005.

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Di seguito si fornisce un quadro insieme, dettagliato, del pacchetto di incentivi offerti dalla Legge n.360.

La zona A beneficia delle seguenti esenzioni, riduzioni ed agevolazioni:

1. Il permesso di lavoro di varie categorie, esclusivamente per quelle che curano i progetti, è previsto che almeno 2 impiegati devono essere di nazionalità libanese su uno straniero, e sono registrati nel Fondo Nazionale per la Sicurezza Sociale.

2. L’esenzione dell’imposta sul reddito per 2 anni. In questo modo le azioni effettivamente negoziabili sono non meno del 40% del capitale dell’impresa.

Le aree B beneficiano delle seguenti esenzioni, riduzioni e facilitazioni:

1. Il permesso di lavoro di varie categorie, esclusivamente per quelle che curano i progetti, è previsto che almeno 2 impiegati devono essere di nazionalità libanese su uno straniero, e sono registrati nel Fondo Nazionale per la Sicurezza Sociale.

2. L’esenzione dell’imposta sul reddito per 2 anni. In questo modo le azioni effettivamente negoziabili sono non meno del 40% del capitale dell’impresa. Questo periodo di esenzione deve essere aggiunto ad altri periodi di esenzione di cui ha beneficiato l’impresa.

3. Una riduzione dell’imposta sul reddito del 50% e sulle tasse sui dividendi del progetto, per un periodo di cinque anni. La riduzione deve essere applicata dopo la fine del periodo di esenzione, se l’investitore ne beneficia.

Le aree C beneficiano delle seguenti esenzioni, riduzioni e facilitazioni:

1. Il permesso di lavoro di varie categorie, esclusivamente per quelle che curano i progetti, è previsto che almeno 2 impiegati devono essere di nazionalità libanese su uno straniero, e sono registrati nel Fondo Nazionale per la Sicurezza Sociale.

2. L’esenzione dell’imposta sul reddito per 2 anni. In questo modo le azioni effettivamente negoziabili sono non meno del 40% del capitale dell’impresa. Questo periodo di esenzione deve essere aggiunto ad altri periodi di esenzione di cui ha beneficiato l’impresa.

3. Un’esenzione totale per un periodo di 10 anni dall’imposta sul reddito e dividendi sulle tasse del progetto, per un periodo di cinque anni. La riduzione deve essere applicata dopo la fine del periodo di esenzione, se l’investitore ne beneficia.

Su di un versante parallelo, le autorità libanesi hanno cercato negli ultimi anni di sostenere ed assistere il processo di sviluppo delle PMI attraverso l’adozione di una serie di programmi, finanziati anche grazie al contributo dell’UE e delle Nazioni Unite:

• Programma per la creazione di centri di sviluppo industriale per l’assistenza alle PMI;

• Programma di Modernizzazione Industriale (finanziato dall’UE);

• Programma di Sviluppo delle Capacità Competitive per le Industrie Libanesi (finanziato dall’UNIDO -United Nations Industrial Development Organization).

4.2 Trasporti, energia, telecomunicazioni

Trasporti Il settore dei trasporti e la rete stradale in Libano necessitano di profonde riforme e ristrutturazioni. Sulla carta esistono dei piani per il miglioramento della gestione del traffico,

45 Il Libano è il paese con il carico fiscale più basso al mondo, con un’aliquota d’imposta sul reddito delle imprese pari al 15%

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delle infrastrutture e del trasporto pubblico nonché per la privatizzazione della gestione aeroportuale. Il Ministero dei Lavori Pubblici e dei Trasporti è attualmente in fase di riorganizzazione interna. Essa prevede la divisione delle Direzioni del trasporto terrestre e del trasporto marittimo in due autorità separate e la creazione di una autonoma autorità dell’aviazione civile come ente di regolamentazione al posto della Direzione generale dell’aviazione civile.

Attualmente, il trasporto aereo dipende dalla Direzione generale dell’aviazione civile. Una legge del dicembre 2002 ha separato l’autorità di regolamentazione dalle attività. Un’altra legge del 2002 invece prevede la creazione di una Società di proprietà statale per l’aeroporto di Beirut che sia responsabile delle attività aeroportuali e dei servizi di gestione del traffico aereo. Il Libano ha annunciato di voler adottare una politica di “open skies” e ha negoziato un accordo orizzontale per l’aviazione con la UE che modifica gli accordi bilaterali che il paese aveva con i singoli stati membri dell’Unione.

La compagnia di bandiera libanese è la Middle East Airlines (MEA). Tra i piani del governo vi sarebbe anche la quotazione in borsa entro il 2006 di una percentuale che varia dal 10% al 30%. Altre due compagnie libanesi operano nell’aeroporto di Beirut: la Menajet che effettua voli charter e la TMA per i cargo.

Il trasporto marittimo è il sistema più utilizzato in Libano per il commercio con l’estero. La maggior parte delle merci (più del 70%) transita dal porto di Beirut. A causa della inefficiente gestione da parte dell’Autorità ad esso preposta, nel luglio del 2004 l’amministrazione del porto di Beirut è stata assegnata, con un contratto di 10 anni, a un consorzio formato dalla compagnia statunitense International Maritime Associates, dalla società britannica Mercy Docks e da un partner locale IPMB. Gli altri porti del paese, Saida, Tripoli e Tyre, sono gestiti da enti pubblici.

In Libano non c’è un’autorità marittima e a causa dell’inefficiente controllo statale sulle bandiere il paese è collocato nella categoria “a rischio molto elevato” della lista nera del Memorandum of Understanding di Parigi.

Per la mancanza di una rete ferroviaria interna, la rete stradale è il principale sistema di trasporto del Libano. Tuttavia, la maggior parte della rete stradale libanese si trova in pessime condizioni, con gravi carenze nel controllo del traffico e nella sicurezza stradale.

Nel luglio del 2005 il FEMIP (Facility for Euro-Mediterranean Investment and Partnership) ha concesso un prestito di 60 milioni di euro per la costruzione di nuovi tratti stradali in Libano. Si tratta della costruzione di 11 km di autostrada tra Taanayel e Masnada nella strada tra Beirut e Damasco e dei 6 km del raccordo anulare nella parte occidentale di Tripoli.

Energia Il Libano è un paese importatore tanto di petrolio quanto di gas. Nel 2004 il Paese importava il 22,8% del suo fabbisogno di petrolio dalla Russia e il 20,8% dai paesi del Golfo. Secondo i dati ufficiali, nei primi nove mesi del 2005 la spesa per le importazioni di petrolio è stata di 1,6 miliardi di dollari. Il consumo interno di petrolio si attesta, invece, intorno ai 108.000 barili al giorno.

Fino al 1988 il governo libanese deteneva il monopolio delle attività legate alle importazioni delle risorse energetiche e del mercato del petrolio, mentre oggi alcune compagnie private – Kogeco, Falcon, Pan Arab Inter-Trade, Gulf Intertrade, United, Norco e Gas al-Shark – beneficiano di una licenza che consente loro di importare e distribuire prodotti raffinati. La Direzione del petrolio istituita presso il ministero delle Risorse energetiche e idriche stabilisce i prezzi dei prodotti petroliferi in linea con l’andamento dei prezzi internazionali.

Nell’agosto del 2005 il Libano ha firmato con il Kuwait un contratto per l’importazione di 600.000 tonnellate di olio combustibile all’anno. Nel novembre dello stesso anno un contratto è stato invece firmato con la Sonatrach, la compagnia statale algerina del petrolio, per

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l’importazione di 1.1 milioni di tonnellate di olio combustibile e di 1 milione di tonnellate di gasolio per tre anni a partire dal 2006.

Il gas naturale è al centro di un processo finalizzato alla riconversione delle centrali elettriche alimentate a petrolio. Nel quadro di tale progetto è stata costruita una pipeline di 26 miglia, denominata Gasyle 1, che collega la centrale siriana di Baniyas con quella di Deir al-Ammar-Beddawi, nel nord del Libano. Attraverso la pipeline, ultimata nel marzo del 2005, transita un flusso di gas pari a oltre 1,5 milioni di metri cubi al giorno, destinato a raddoppiare nei prossimi anni. L’importazione del gas naturale è affidata ad un unico licenziatario privato. Nel gennaio del 2006 la Qatar Petroleum ha finanziato uno studio di fattibilità per vagliare la possibilità di riattivare la raffineria di Tripoli.

Oltre alla legge n. 549 del 2003 sulle raffinerie e il gas naturale che prevede l’incremento della presenza del settore privato nell’industria energetica, una nuova struttura dei prezzi e un diverso ruolo dello stato, non esistono leggi sulla concorrenza né una authority di regolamentazione autonoma per il settore.

A partire dal 1964 l’azienda pubblica Electricité du Liban (EDL), operante sotto il controllo del ministero delle Risorse energetiche e idriche, detiene il monopolio della produzione (controllo e gestione delle centrali elettriche), della trasmissione (transito dalle centrali alle “sottostazioni”) e della distribuzione (transito dalle “sottostazioni” intermedie ai singoli utenti) dell’energia elettrica sul territorio libanese. EDL genera oltre il 90% dell’energia utilizzata in Libano, con una produzione vicina ai 2000 megawatts. Le centrali elettriche sono prevalentemente di natura termica (con una produzione di energia pari al 97% del totale) mentre solo una quota marginale è riservata alle centrali idroelettriche.

Nel 2002 è stata approvata una legge (legge n. 462) che introduce una nuova disciplina del mercato dell’elettricità in Libano, con la previsione della liberalizzazione mediante la separazione tra soggetti deputati alla definizione delle politiche, alla detenzione della proprietà delle infrastrutture, e alla regolamentazione del settore. Tale legge tuttavia non ha ancora visto un’effettiva applicazione ed EDL continua ad operare in adesione alla normativa vigente dal 1964. E’ inoltre prevista la creazione un’Authority indipendente, denominata National Electricity Regulatory Body (NERB) per la regolamentazione e la vigilanza sul settore dell’elettricità.

Telecomunicazioni Il settore delle telecomunicazioni libanese è controllato dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni che possiede la maggior parte delle infrastrutture del paese (rete di telefonia fissa, cavi sottomarini, installazioni delle due reti di telefonia mobile). Il MPT è responsabile della pianificazione, delle politiche, delle gare d’appalto e degli investimenti nelle nuove infrastrutture, sebbene poi siano delle società a gestire la maggior parte delle operazioni nel settore della telefonia fissa e mobile nonché i servizi di trasferimento dei dati.

La rete fisica GSM è gestita da società private così come i servizi di trasferimento dei dati. La Sodatel, una joint venture creata nel 1993 dal governo libanese (50%), da France Telecom (40%) e da Telecom Italia (10%), ha avuto il monopolio del settore dei servizi di trasferimento dei dati fino alla fine degli anni novanta quando furono rilasciate cinque nuove licenze ad altrettante società private. Tutti gli operatori lamentano i costi eccessivi e la scarsa efficienza delle linee concesse in affitto dal governo.

Il processo di liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni del Libano è al vertice dell’agenda economica libanese anche se risulta ancora largamente incompleto.

La telefonia fissa è gestita da un unico operatore, Ogero, di proprietà dello stato libanese, mentre nel mercato della telefonia mobile sono presenti due operatori: Alfa, una joint venture composta dalla tedesca Deutsche Telecom e dalla saudita Fal Holding, e MTC Touch controllata dalla kuwaitiana Mobile Telecommunications Company.

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Il mercato della telefonia fissa vedrà l’avvio del processo di liberalizzazione con la creazione di una società per azioni denominata Liban Telecom, in una prima fase sotto il controllo esclusivo del governo, in seguito progressivamente privatizzata.

Il mercato della telefonia mobile ha visto una parziale liberalizzazione nel 1994 con l’ingresso sul mercato di due gestori privati che operavano sulla base di uno schema BOT (Build-Operate-Transfer). Il primo era la France Telecom Mobiles Liban (FTML), una joint venture tra France Telecom (67%) e Najib Miqati che deteneva il restante 33%. Il secondo gestore era Libancell posseduto dalla finlandese Sonera (14%) e da un consorzio di uomini d’affari libanesi tra cui Nizar Dalloul, genero di Rafik Hariri. Entrambi gli operatori lanciarono i loro servizi GSM nel 1995.

Nell’aprile del 2004, si è poi giunti alla concessione di due contratti di gestione delle frequenze per la telefonia mobile, di durata quadriennale alla compagnia kuwaitiana MTC, che opera in Libano con il brand MTC Touch, e Fal-Dete Telecommunications (FDT), una joint venture tra la saudita Fal Holding (40%) e la tedesca Detecon Intl, che opera con il brand Alfa.

Le due nuove compagnie hanno usufruito delle 420.000 linee già esistenti aumentandole a circa un milione. Il 75% del mercato è assorbito dalle schede prepagate.

Il Libano ha uno dei più sviluppati mercati di servizi Internet del mondo arabo. Il tasso di penetrazione si attesta attorno a 170 utenti per 1000 abitanti, contro i 92 dell’Egitto e i 36 della confinante Siria. Il mercato dei providers di servizi Internet ha visto un calo del numero di soggetti operanti ed una espansione dei più grandi (come Cybreia).

Il mercato delle telecomunicazioni libanese è disciplinato dalla Legge 431 del luglio 2002 . Tale legge prevede, tra le altre cose, l’istituzione di una Authority indipendente per il controllo e la regolamentazione delle telecomunicazioni, dotata di personalità giuridica e denominata Telecommunication Regulatory Authority (TRA) con il mandato di regolare il settore delle telecomunicazioni in maniera tale da creare i presupposti per la definizione di un contesto competitivo in grado di offrire una vasta gamma di servizi di elevata qualità a prezzi competitivi.

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5 Marocco

5.1 Governance dei sistemi produttivi Il Marocco è attualmente impegnato in un ambizioso processo di riforma del sistema economico che ha portato a straordinari risultati in tempi relativamente brevi. I conti pubblici sono in ordine, il debito estero è in diminuzione, l’inflazione è sotto controllo (1,6%), vi è una discreta stabilità valutaria ed una progressiva riduzione della spesa pubblica.

Il processo di trasformazione è stato avviato attraverso una serie di riforme economiche, politiche e sociali e attraverso una nuova politica industriale rivolta alla modernizzazione e al rafforzamento della competitività del tessuto industriale esistente.

Tale processo di trasformazione è evidentemente il segno tangibile della volontà delle autorità marocchine di elaborare politiche volte a consolidare ed incrementare i rapporti con l’estero, a cominciare dall’obiettivo dell’ Area di Libero Scambio Euro-Mediterranea per il 2010. Il dinamismo del Marocco sul piano internazionale è testimoniato da diversi elementi: le riforme economiche realizzate nel quadro del Programma di Aggiustamento Strutturale (PAS), sostenuto da FMI e Banca Mondiale; il disimpegno crescente dello Stato e le successive ondate di privatizzazione delle imprese che hanno determinato un riequilibrio sul piano della finanza pubblica e della bilancia dei pagamenti; e poi, ancora, dalle aspettative legate alla realizzazione dell’Area di Libero Scambio Euro-Mediterranea, dall’Accordo di Agadir siglato con Tunisia, Giordania, Egitto, e nel 2003 dall’implementazione dell’Area di Libero Scambio con gli Stati Uniti d’America.

Le principali criticità che, invece, emergono come elementi di forte ostacolo allo sviluppo del paese, sono riconducibili alle percentuali relative all’alfabetizzazione, l’indice di povertà, la disoccupazione e la bilancia commerciale negativa. Secondo i dati forniti dall’ Istituto per il Commercio Estero Italiano il Marocco ha, infatti, una bilancia commerciale tradizionalmente passiva, il deficit commerciale viene compensato solo grazie ai notevoli flussi generati dalle rimesse degli emigranti e dagli introiti del turismo.

Tornando al processo di riforma e adeguamento avviato dalle autorità marocchine a partire dagli anni ottanta, può evidenziarsi come le liberalizzazioni abbiano rappresentato un momento significativo di modernizzazione del sistema economico.

La maggior parte dei prezzi risultano, oggi, liberalizzati. Il governo, però, esercita ancora un’influenza diretta sui prezzi di un paniere di beni e servizi di base, attraverso il controllo esercitato delle imprese statali.

Altro elemento del processo di trasformazione è rappresentato dal programma di privatizzazione, voluto da re Hassan II, avviato nel 1993. All’inizio del 2001 con la ridefinizione delle attribuzioni alla Direzione della Privatizzazione, il programma è stato integrato nell’ambito del Ministero delle Finanze.

Le principali misure del programma hanno riguardato nello specifico:

• la liberalizzazione del commercio estero

• la liberalizzazione dei prezzi

• la soppressione progressiva delle sovvenzioni

• l’apertura dell’economia marocchina agli investimenti esteri

• la riforma del sistema fiscale

• la promozione delle esportazioni

• la ristrutturazione delle imprese di Stato.

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Per fare fronte al forte accentramento e formalismo amministrativo, che ha tradizionalmente caratterizzato alcuni settori della pubblica amministrazione marocchina, a partire dal 2003, le autorità marocchine hanno intensificato gli sforzi di riforma e modernizzazione istituzionale cercando di migliorare il clima degli investimenti e allo stesso tempo di favorire lo sviluppo del settore privato. Per rimuovere gli ostacoli alla creazione di nuove imprese, le autorità marocchine hanno adottato alcuni provvedimenti finalizzati alla realizzazione di sportelli unici regionali, ed hanno adottato una legge specifica sulla regolazione della concorrenza.

Di particolare interesse è l’apertura di centri regionali per l’attrazione degli investimenti diretti esteri.

Dal punto di vista legislativo il regime degli investimenti esteri in Marocco è, invece, regolato dalla Carta degli Investimenti Esteri del 1995. La Carta degli investimenti mira a migliorare le condizioni di investimento e quindi ad incoraggiarne l’afflusso, e prevede per gli investitori l’esonero:

• dall’imposta sul valore aggiunto sui materiali e beni strumentali acquistati localmente o importati

• dal prelievo fiscale all’importazione sui materiali e beni strumentali importati

• dall’imposta di licenza per i primi cinque anni di attività

• dall’imposta sulla società o delle imposte generale sui redditi (ridotta al 50% per le imprese esportatrici, dopo l’esonero per i primi 5 anni e per imprese insediate nelle regioni che richiedono un regime fiscale preferenziale durante i primi cinque anni).

Dal 1996 è stato istituito presso il Ministero delle Finanze Estere il Dipartimento per gli Investimenti Stranieri (D.I.E.), che fornisce informazioni ed assistenza, sia nell’organizzazione e nella pianificazione di incontri con operatori locali, sia nella risoluzione delle pratiche burocratico – amministrative, sia nella realizzazione dell’investimento.

Per quanto attiene la struttura del sistema produttivo marocchino va evidenziato che la maggior parte delle attività economiche si concentra nelle regioni delle due maggiori città del paese, Casablanca e Rabat, nonostante i tentativi del Governo finalizzati ad incentivare l’industrializzazione anche di altre regioni meno popolate. In riferimento a ciò, alla fine degli anni ‘90 è stato formulato un piano di sviluppo delle vaste province del nord in cui è concentrato il 20% della popolazione del paese. Diversi miliardi di dinari sono stati già investiti in tali aree per vari progetti riguardanti l’industria, l’agricoltura, la pesca, l’insegnamento ed il turismo.

Per quanto riguarda, infine, gli aspetti relativi alle dimensioni delle imprese che compongono il tessuto industriale in Marocco va messo il luce che secondo i dati del 2005, il 92% delle unità produttive nel settore privato è composto da imprese con meno di 200 dipendenti, queste impiegano il 66% della manodopera e rappresentano il 33% del PIL.

5.2 Trasporti, energia, telecomunicazioni

Trasporti Un contributo fondamentale al funzionamento del sistema economico del Marocco è fornito dalle infrastrutture portuali. Le ventiquattro strutture portuali esistenti gestiscono il 98% del volume complessivo del commercio marocchino, per un totale di oltre 56 milioni di tonnellate all’anno tra importazioni ed esportazioni. Un ruolo preponderante è svolto dal porto di Casablanca dal quale passa oltre il 35% del traffico mercantile in entrata ed in uscita dal territorio marocchino con un ruolo cruciale nei settori chiave degli idrocarburi e dei fosfati46.

46 Dietro Casablanca si collocano in ordine di volume di traffico i porti di :Jorf Lasfar (11.152.517 tonnellate); Mohammedia (8.280.194 tonnellate); Safi (4.865.434 tonnellate); Tangeri (3.420.721

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Le strutture autostradali sono, invece, poco sviluppate e si esauriscono lungo le direttrici che collegano Casablanca a Tangeri e Rabat a Fès. L'estensione totale della rete autostradale – appena superiore alla soglia dei 500 km – è decisamente modesta, anche se va sottolineato il decisivo incremento che si è registrato in questo segmento infrastrutturale nel corso degli ultimi anni. La tendenza in corso è esemplificata dal confronto tra i dati rilevati nel 1996 e quelli più recenti (2003): nell'arco di tale periodo si è pervenuti al raddoppiamento dell'estensione della rete autostradale.

In tale quadro si inserisce un fondamentale piano di investimenti avviato dal governo di Rabat che persegue l'obiettivo di realizzare entro il 2010 una rete autostradale di 1.400 km (quasi triplicando quella attuale), mediante il completamento di due autostrade: una che colleghi Casablanca e Agadir, passando per Marrakesh; l'altra che congiunga Fès alla città di Oujda, sita sul confine algerino.

La rete ferroviaria, controllata dalla compagnia marocchina Office National des Chemins de Fer (ONCF), si estende per 1907 km, con 1537 km di doppio binario ed i rimanenti 370 di monobinario. Nel 2004 si è dato avvio a due progetti di grande rilievo per rilanciare il settore ferroviario e dare impulso al traffico merci che risultava negli ultimi in sostanziale stagnazione (oltre 27 milioni di tonnellate nel 2002). Il primo di questi progetti riguarda la costruzione di 45 km di tracciato ferroviario (da Tangeri a Nouveau Port) a supporto della rete infrastrutturale sviluppata attorno al nuovo porto denominato Tanger-Méditerranée; il secondo concerne la realizzazione del collegamento ferroviario tra Taourirt e Nador (117 km). Nel dicembre del 2003, inoltre, Marocco e Spagna hanno stipulato un accordo per la costruzione di un tunnel ferroviario a doppio binario sotto lo Stretto di Gibilterra. Il tunnel progettato misurerà 39 km, 28 dei quali saranno sottomarini, e andrà a costituire il primo collegamento ferroviario diretto tra Europa ed Africa.

In tema di infrastrutture aeroportuali vale la pena notare che l’autorità nazionale incaricata della gestione - l’Office national des aéroports (ONDA) -, ha programmato di accrescere le capacità di gestione del traffico aereo per far fronte al previsto aumento del numero di passeggeri transitanti per il Marocco, che dall’attuale quota di 7 milioni dovrebbe giungere a 20 milioni nel 2020.

Nel febbraio del 2004, infine, il governo marocchino ha provveduto alla liberalizzazione del mercato del trasporto aereo e all’eliminazione della maggior parte delle restrizioni alle compagnie aeree desiderose di istituire rotte verso il Marocco.

Energia La dotazione di risorse energetiche del Marocco è piuttosto modesta e consta di un limitato livello di energie rinnovabili – idroelettrica, eolica e solare – di riserve di carbone in via di esaurimento e di irrilevanti riserve di petrolio e gas. La produzione di petrolio ammonta a circa 1.000 barili al giorno, mentre quella di gas a 50 milioni di metri cubi all’anno. Il Marocco con 11,4 milioni di tonnellate di petrolio importate nel 2003 (con un onere di circa 260 milioni di dollari, che è poi nettamente cresciuto negli ultimi due anni) risente di un elevato grado di dipendenza dalle forniture estere ed è piuttosto carente di infrastrutture energetiche. La prospettiva di scoprire rilevanti giacimenti di petrolio o di gas naturale è stata frustrata dal fallimento dei test effettuati nella regione nord-orientale dell’Haut Plateau, mentre l’esplorazione delle aree offshore richiede una mole di investimenti che determinano quanto meno un accantonamento temporaneo dei progetti in tale direzione.

Il territorio marocchino, tuttavia, riveste un ruolo cruciale nel complesso quadro delle reti energetiche mediterranee ospitando parte del tracciato del gasdotto Maghreb-Europa (MEG). Il MEG, divenuto operativo nel 1996, fu concepito al fine di consentire il flusso del gas prodotto in tonnellate); Laayoune (2.928.684 tonnellate); Nador (2.114.303 tonnellate); Agadir (2.105.672 tonnellate); Kenitra (204.580 tonnellate); Dakhla (67.514 tonnellate); Tan Tan (62.207 tonnellate).

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Algeria verso Spagna e Portogallo. I 1.850 km – 45 dei quali transitano sotto lo stretto di Gibilterra - del gasdotto sono ripartiti tra Algeria (520 km), Marocco (540 km), Spagna e Portogallo (per un totale di 745 km). Allo stato attuale la capacità del sistema si aggira intorno ai 9 bcm (miliardi di metri cubi) all’anno, ma in linea con quanto pianificato da un progetto di progressivo sviluppo dell’infrastruttura, l’obiettivo è quello di elevarne la capacità fino al livello di 18 bcm all’anno.

Ancora in tema di interconnessioni può notarsi come la rete di distribuzione dell’energia elettrica del Marocco sia stata collegata a quella della Spagna a partire del maggio del 1998. Per comprendere il grado di crescente integrazione tra i due paesi è sufficiente osservare come nel 2003 circa il 9% del consumo totale di elettricità del Marocco è stato importato dalla Spagna. In tale quadro tendenziale si colloca l’accordo stipulato nel dicembre del 2003 tra l’Office national de l’électricité (ONE), il distributore di energia elettrica spagnolo, Red Electrica de Espana, ed un consorzio composto dalla norvegese Nexas e dall’italiana Pirelli per l’installazione delle infrastrutture sottomarine necessarie alla predisposizione di una seconda rete di interconnessione tra le due sponde dello Stretto di Gibilterra. Tale opera, che dovrebbe entrare in funzione nel marzo del 2006, sarà in grado di duplicare il flusso di energia elettrica tra Spagna e Marocco.

Per quanto attiene alla liberalizzazione e regolamentazione del mercato dell’elettricità in Marocco, preme notare che la distribuzione permane nelle mani del governo, che la gestisce attraverso l’Office national de l’électricité (ONE). Secondo le ultime rilevazioni, la quota nazionale di produzione dell’energia elettrica è calata ad un terzo del totale, anche per effetto dell’avvio dell’attività di centrali di proprietà straniera e del completamento dei lavori di connessione con le reti di distribuzione di altri paesi. La prima centrale controllata da capitale privato è stata quella di Jorf Lasfar, gestita da un consorzio americano-elvetico a partire dal 1997. La Siemens Power Generation ha avviato un oneroso investimento (pari a circa 250 milioni di dollari) per la costruzione di una centrale a ciclo combinato inaugurata il 19 gennaio 2005 a Tahaddart, nei pressi di Asilah.

Telecomunicazioni Il settore delle telecomunicazioni è stato progressivamente aperto alla competizione ed è in via di rapida espansione grazie all’introduzione sul mercato di nuovi servizi e nuove piattaforme. Le potenzialità di crescita del settore rimangono sostanzialmente buone: il tasso di diffusione della telefonia cellulare è ancora piuttosto modesto – con 29 utenti ogni 100 persone nel 2004 – mentre quello per la telefonia fissa è decisamente basso – con 4,3 abbonati ogni 100 persone. L’Autorità statale incaricata della regolamentazione del settore delle telecomunicazioni è l’Agence nationale de régulation des télécommunications (ANRT) creata nel 1998.

Per quanto attiene il comparto della telefonia fissa, all’inizio del 2005 l'ANRT ha completato il processo di liberalizzazione del settore concedendo la seconda licenza per la telefonia fissa all’operatore Méditélecom, una joit venture guidata dalla compagnia spagnola telefonica e da Portugal Telecom – la cui offerta è prevalsa su quelle dalla locale Maroc Connect e dell’egiziana Orascom Telecom.

Gli ultimi dati relativi al mercato della telefonia fissa (aggiornati alla fine del 2004) che fotografano la condizione di monopolio precedente l’ingresso sul mercato dell’operatore Méditélecom, definivano un quadro in cui MT controllava un bacino di circa 1,3 milioni utenti, con un incremento del 10% rispetto all'anno precedente. Nel novembre del 2004 il governo marocchino ha disposto la vendita di un ulteriore 30,9% del capitale azionario di MT: una quota pari al 16% è stata ceduta direttamente alla compagnia telefonica francese Vivendi Universal, mentre una quota pari al 14,9% è stata collocata sui mercati azionari di Casablanca e Parigi.

Il settore della telefonia mobile è stato liberalizzato nel 2003 con la concessione di una seconda licenza (una terza sarà probabilmente posta all'asta del 2008) all'operatore Meditel, un consorzio di compagnie guidato dalla spagnola Telefonica e da Portugal Telecom. La liberalizzazione ha finora interessato i servizi GSM, VSAT (Very Small Aperture Terminal), GMPCS (Global

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Mobile Personal Communication Services) e 3RP. Per il prossimo anno l’ANRT sta preparando la liberalizzazione del settore della telefonia di terza generazione (3G) per la quale si prevede un’offerta da parte di tutte le compagnie operanti in Marocco.

Gli utenti di Internet, stando ai dati più recenti, risalenti ai primi mesi del 2005, sono grossomodo 3 milioni, mentre gli abbonati sono meno di 300.000. Il governo del Marocco sta cercando di ampliare il numero di utenti dei servizi di connessione alla rete informatica mediante un piano di sensibile contrazione dei costi di abbonamento.

Nell'ottobre del 2003 MT ha lanciato un servizio di connessione veloce mediante la Asymmetric Digital Subscriber Line (ADSL), attualmente disponibile nelle tredici più grandi città del Marocco.

Ad oggi non esiste alcuna regolamentazione deputata a disciplinare l'accesso ad Internet, anche se le autorità marocchine hanno tentato in talune circostanze di impedire temporaneamente l'accesso a siti web che pubblicavano materiale considerato illegale.

L'ingresso di operatori stranieri, quale la società fornitrice di servizi Internet Wanadoo, controllata da France Telecom, ha costretto MT a ridurre le quote di abbonamento mensile e ad abolire il canone di connessione.

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6 Tunisia

6.1 Governance dei sistemi produttivi La performance dell’economia tunisina è una delle migliori di tutto il Medio Oriente e dell’Africa del Nord, la situazione macroeconomica del Paese può considerarsi fondamentalmente solida, benché caratterizzata da un elevato tasso di disoccupazione (13,9 %), un rilevante e cronico deficit commerciale ( - 3.809,3 Milioni Dinari Tunisini) e da un sistema bancario da riformare (2004)47.

Nel 2004 in un contesto di accelerazione della crescita (5,6 % PIL), le politiche monetarie e di bilancio poste in essere dal governo, accompagnate da una accresciuta flessibilità nella gestione dei tassi di cambio, hanno prodotto un miglioramento significativo degli indicatori esterni. Il proseguimento del consolidamento del Bilancio statale ha consentito anche una flessione del debito pubblico in percentuale del PIL (47,3 %), in linea con il livello prevalente dei Paesi emergenti. L’aumento del tasso d’inflazione (+ 0,9%) iniziato nel 2003 viene, invece, attribuito prevalentemente a ritocchi dei prezzi amministrati, in particolare di prodotti alimentari non legati all’andamento della domanda.

Il peso dell’ intervento pubblico in economia va diminuendo, stando a quanto afferma il Ministro dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, le forze di mercato determinano la maggiore parte dei prezzi dell’economia tunisina, “l’87 % dei prezzi di produzione e l’81% di quelli di distribuzione è regolato da meccanismi di mercato, inoltre, il 96% della produzione è soggetta alla concorrenza internazionale”.

L’applicazione della normativa vigente in materia (Legge del luglio 1991 relativa alla concorrenza ed ai prezzi) è di competenza congiunta del Conseil de la Concurrence e della Direction Générale de la Concurrence del Ministero del Commercio.

In termini generali, nonostante il Paese abbia fatto considerevoli progressi sul fronte legislativo delle politiche per la concorrenza, permangono delle pratiche anticoncorrenziali, soprattutto a causa della debolezza e della mancanza di risorse del Conseil de la Concurrence.

Altro aspetto rilevante circa il tema dell’intervento pubblico in economia è quello riguardante l'apertura di nuovi settori dell'economia tunisina agli investimenti privati prevista nel X° Piano quinquennale di Sviluppo economico e sociale (2002-2006). La riforma e ristrutturazione del settore pubblico tunisino passa necessariamente attraverso il programma di privatizzazione dell’economia tunisina iniziato nel 1987 e tuttora in corso.

Per stimolare il processo di privatizzazione sono state adottate diverse misure di finanziamento, tra queste preme ricordare quelle finalizzate ad incitare le Sociétés d’Investissement à Capital Risques (SICAR) a partecipare alle operazioni di privatizzazione. Alcune linee di credito contrattate dalla Tunisia con la Banca Europea degli Investimenti sono state messe a disposizione delle SICAR per sostenere i programmi di privatizzazione. A partire dal 1987 sono state 185 le aziende privatizzate, gli investimenti stranieri hanno contribuito con una quota pari a circa il 74,4 % ai ricavi delle cessioni.

Sul versante del commercio internazionale il dato che emerge è che la Tunisia è il partner MEDA che ha realizzato i maggiori progressi per quanto concerne la realizzazione della Zona di Libero scambio con l’Ue. In conseguenza di ciò le esportazioni tunisine sul mercato dell'Unione hanno conosciuto una notevole crescita. La loro quota all'interno del totale delle esportazioni è passata dal 51% del 1976 all' 80% nel 2003. Quasi l'80% delle esportazioni destinate all'Unione europea sono costituite da prodotti industriali.

47 Tunisia - Rapporto Paese congiunto Ambasciate/Uffici Ice estero”, ICE, Sett. 2005.

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Consapevole dell'importanza degli investimenti diretti esteri, quale scelta cardine e parte integrante dell'economia del Paese, il governo tunisino ha, inoltre, fatto notevoli sforzi per migliorare il clima degli investimenti, sforzi premiati da un consistente aumento del flusso degli IDE e da un elevato numero di imprese che hanno deciso di delocalizzare in Tunisia.

Dal 1990 al 2004 gli investimenti diretti esteri sono cresciuti in maniera esponenziale. Nel 1990 essi erano 57,7 Milioni di Euro, nel solo 2004 hanno raggiunto i 1.229 milioni di Euro. Essi rappresentano ora il 10% degli investimenti produttivi, generano un terzo delle esportazioni ed 1/6 degli impieghi48.

Negli ultimi anni il Paese ha intrapreso importanti riforme strutturali adottando una serie di misure economiche, suggerite dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Mondiale e dall’Ue, mirate alla ristrutturazione dei principali settori dell’economia. Uno dei programmi più rilevanti intrapresi dal governo tunisino, finalizzato alla modernizzazione del settore industriale, è il Programma di “mise à niveau”.

Iniziato nel 1997 tale programma ha l'obiettivo di porre il sistema industriale tunisino ad un livello tale da poter fronteggiare la concorrenza internazionale, nel momento in cui tutte le barriere doganali e tariffarie saranno abbattute in seguito all'Accordo di libero scambio con l’Unione Europea. Il programma ha riguardato fino ad oggi 2005 imprese, con l'obiettivo, appunto, di raggiungere gli standard internazionali in materia di qualità e di costo; 1103 di queste si trovano attualmente ad uno stadio avanzato di messa in opera dei propri programmi di mise à niveau, per un costo totale di 2.079 MTND.

Uno sguardo d’insieme consente, in maniera più approfondita, di considerare tutte le altre principali iniziative avviate dal Governo per rispondere alle stringenti necessità delle imprese.

Per favorire la semplificazione delle procedure burocratiche ed amministrative la Tunisia ha introdotto un network di one-stop-shops che ha fortemente aiutato a semplificare le regole per la creazione di imprese riducendone fortemente i tempi.

In tema di accesso al credito per le imprese è stato predisposto un sofisticato network istituzionale (da ultimo si segnala la creazione della “banca delle piccole e medie imprese”, febbraio 2005). Le istituzioni principali coinvolte in materia sono le SICARs (Sociétés d’Investissement à Capital Risques) che hanno come loro principale funzione quella di partecipare al rafforzamento dei fondi propri delle imprese e ed il FOPRODI (Fonds de Promotion et de Décentralisation Industrielle) che, rivolgendosi ad i nuovi promotori d’impresa ed alle PMI, offre dei tassi di interesse particolarmente agevolati per favorire e promuovere appunto la creazione di impresa.

Molto è stato fatto per costruire una rete di servizi alle imprese efficiente e valida, in grado di offrire assistenza per ogni fase del ciclo di impresa, incluso l’export. Il sistema dei servizi è basato su un numero di istituzioni che hanno numerosi uffici regionali e che garantiscono lo stesso livello di servizi in tutto il territorio. La principale istituzione che si occupa di fornire assistenza alle imprese è l'Agence de Promotion de l’Industrie, istituto pubblico creato nel 1972 sotto la direzione del Ministero dell’Industria dell’Energia e delle PMI, organizzato in cinque centri d’intervento.

Infine sul versante delle politiche per l’innovazione si segnala la creazione di tecnopoli settoriali, distribuiti su tutto il territorio nazionale, ciascuno rispondente alle specificità della regione d'impianto. La promozione e lo sviluppo di tali tecnopoli ha nello specifico l’obiettivo di rafforzare i legami tra mondo dell’istruzione, della ricerca e della produzione.

48 Development Policy Review - Making Deeper Trade Integration Work for Growth And Jobs, Republic of Tunisia”, World Bank, Ottobre 2004.

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6.2 Trasporti, energia, telecomunicazioni

Trasporti La Tunisia si colloca al centro della congiunzione tra il bacino orientale e quello occidentale del Mediterraneo, questa posizione geografica la rende una terra strategica per la realizzazione del progetto di integrazione del sistema dei trasporti euro-mediterraneo.

A partire dal 1992, la politica dei trasporti tunisina si è essenzialmente concentrata sulla deregulation del settore, la privatizzazione delle compagnie dei trasporti e l’adeguamento infrastrutturale. La privatizzazione ha inizialmente riguardato le compagnie di trasporto terrestre, successivamente, è stato privatizzato il 20% della compagnia aerea di bandiera Tunisair ed è stata annunciata la privatizzazione di una parte della Compagnie Tunisienne de Navigation.

Per quanto riguarda le infrastrutture portuali, gli investimenti pubblici sono finalizzati alla realizzazione di opere di adeguamento strutturale e di informatizzazione di alcuni terminali. Le principali opere di ammodernamento avviate riguardano i porti di La Goulette e Radès, in quanto principali porti di transito del traffico di container e traghetti. Occorre, poi, menzionare il progetto relativo al nuovo porto marittimo di Efida Ville che potrà diventare un’estensione del corridoio per i carichi Nord Sud Rotterdam- Milano- Gioia Tauro (Italia) ed essere quindi una parte del corridoio Euro-Maghreb per i carichi.

Per quanto concerne la rete stradale, esiste attualmente un network di 20.000 km di strade primarie e secondarie asfaltate e ben mantenute ma vi è una sola autostrada a quattro corsie (140-km da Tunisi a Sousse, aperta nel 1996). Il progetto di collegamento di 51-km da Tunisi a Bizerte e di 67-km da Tunisi a Oued Zarga, direzione confine con l’Algeria, è quasi completo con un costo di TD225m (US$175m). Il governo tunisino è inoltre attivo nella pianificazione dell’ estensione della rete autostradale, incluso la sezione tunisina di 780-km dell’autostrada Transmaghrebina che rappresenta, tuttavia, un progetto a lunga scadenza.

La rete ferroviaria, di 2311 km (di cui 2256,5 Km della Société Nationale des Chemins de Fer Tunisiens, e 54,6 km della Société du Métro Léger de Tunis), è essenzialmente a binario unico ed a scarto metrico. I porti marittimi di Rades, Scusse, Sfax, Bizerte hanno un collegamento ferroviario con la rete SNCFT.

Il trasporto aereo è gestito dal Ministero dei Trasporti/ Direzione Generale dell’Aviazione Civile, OACA (Tunisia Civil Aviation and Airports Authority) e dalle compagnie aeree come TUNISAIR, Nouvel Air e Karthago. Nel 2003 la capacità totale dei sette aeroporti tunisini è stata 10,55 milioni di passeggeri per anno. Il numero di passeggeri che ha transitato negli aeroporti è stato 7,9 milioni.

In questo settore la presenza dello stato è ancora abbastanza forte. Negli ultimi dieci anni ci sono state delle iniziative legislative e commerciali per l’apertura del mercato. All’interno dell’UMA, un accordo è stato firmato nell’ambito del trasporto aereo con la Royal Air Maroc sulla base di un “code-sharing agreement” tra Tunisi e Casablanca. Gli accordi in materia di liberalizzazione del trasporto aereo si riferiscono soprattutto ai charter e al carico aereo di merci e sono stati firmati dai paesi della Lega Araba. Nel mese di dicembre 2003 un gruppo di paesi composto da Egitto, Marocco, Tunisia, Giordania, Libano ed Arabia Saudita si è, inoltre, riunito ad Amman per discutere accordi multilaterali finalizzati all’elaborazione di un progetto di liberalizzazione dei trasporti aerei a livello regionale.

Energia Il ruolo della Tunisia come paese di transito di risorse energetiche è di grande importanza. D’altra parte, il ruolo che la collocazione geografica attribuisce naturalmente alla Tunisia, di ponte tra i produttori energetici della riva Sud del Mediterraneo e i consumatori della riva Nord, è al centro degli obiettivi di lungo termine della politica economica tunisina. Il X Piano economico quinquennale prevede infatti – oltre la liberalizzazione del mercato (stimolata anche dall’Accordo euro-mediterraneo di associazione, che prevede che a partire dal 1° gennaio 2008 le norme sui

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prodotti petroliferi vengano armonizzate a quelle in vigore nella Unione europea) – la creazione di società miste e di reti di interconnessione con i paesi maghrebini confinanti.

Tra le principali interconnessioni si segnalano, relativamente al territorio europeo, il gasdotto Transmed (recentemente ribattezzato “Enrico Mattei”) rilevante risultato della cooperazione energetica italo-tunisina, entrato in funzione nel 1983 con una capacità iniziale di 12,5 miliardi di metri cubi di gas l’anno; nel 1995 è entrata in funzione una seconda linea (Transmed II) parallela alla precedente, che ha portato la capacità complessiva a 25 miliardi di metri cubi di gas l’anno, potenzialmente aumentabile fino a 31,5 miliardi di metri cubi di gas l’anno con l’aggiunta di due stazioni di compressione nella sezione algerina. La prima parte di questo ampliamento andrà a regime nel 2008 e l’ampliamento si concluderà nel 2012 per complessivi 6,5 miliardi di metri cubi di gas l’anno, addizionali rispetto ai 25 miliardi già in essere.

Preme ancora sottolineare, in materia, un progetto di gasdotto che parte dai giacimenti della Libia e che dovrà collegare Mellita in Libia e Gabès in Tunisia, con una lunghezza di 265 km, di cui circa 200 km in territorio tunisino e una capacità di 2 miliardi di metri cubi di gas l’anno. L’entrata in funzione del gasdotto è prevista per il 2007. Il costo del gasdotto è stimato in 275 milioni di dollari.

Le interconnessioni internazionali della Tunisia, con riferimento al settore elettrico, sono attualmente 6, di cui 4 con l’Algeria e 2 con la Libia; inoltre, l’entrata in funzione di una quinta interconnessione con l’Algeria è imminente.

Altre interconnessioni internazionali sono allo studio: Progetto ELTAM: la STEG – insieme alle consorelle SONELGAZ (Algeria), EEHC (Egitto), GECOL (Libia) e ONE (Marocco) – stanno effettuando uno studio di fattibilità tecnica ed economica relativo ad un progetto di interconnessione tra i paesi maghrebini e l’Egitto. Progetto ENCOURAGE: la STEG intende partecipare allo studio sui futuri “corridoi energetici” tra la UE e i suoi vicini orientali e meridionali. Progetto di interconnessione Tunisia-Italia: uno studio di fattibilità tecnica sulla interconnessione con l’Italia, avviato nel 2001, venne bloccato dalla mancanza di risorse finanziarie ma il progetto non è stato abbandonato.

Per quanto concerne invece gli aspetti relativi alla regolamentazione del mercato energetico va notato come la STEG (Société Tunisienne de l’Electricité et du Gaz) abbia il monopolio della distribuzione del gas naturale in Tunisia. Il mercato elettrico, invece, è in via di progressiva liberalizzazione. La STEG ha perso nel 1996 il monopolio della produzione di energia elettrica, ed è ora affiancata da due produttori indipendenti (CPC e SEEB) e da un certo numero di auto-produttori. La STEG mantiene comunque un ruolo preponderante (circa il 75% della produzione), seguita da CPC con il 20-25% e la piccola parte restante è divisa tra SEEB e auto-produttori.

Telecomunicazioni Le infrastrutture delle telecomunicazioni in Tunisia sono tra le più sviluppate del Nord Africa. Ciò si deve soprattutto agli ingenti investimenti che il governo ha fatto nel settore delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (ICT) a partire dalla seconda metà degli anni Novanta. Non a caso uno degli obiettivi principali del X Piano di sviluppo (2002-2006) è proprio quello di favorire lo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza.

Sempre a partire dalla seconda metà degli anni Novanta il governo ha iniziato un cauto programma di liberalizzazione delle telecomunicazioni. Nel 1997 la Tunisia ha firmato l’Agreement of Telecommunications Services dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), impegnandosi a liberalizzare progressivamente il settore delle telecomunicazioni secondo la seguente tabella di marcia: telex e trasmissione dei dati dal 1999, telefonia mobile dal 2000, telefonia locale dal 2003, e apertura del capitale di Tunisie Télécom agli investimenti stranieri per il 10% a partire dal 2002.

Alla fine di agosto 2005, il Ministero delle tecnologie della comunicazione ha avviato le procedure per la liberalizzazione del mercato della telefonia fissa che dovrebbe portare alla

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cessione del 35% del capitale di Tunisie Télécom a un partner strategico, che sia in grado cioè di portare capacità e capitali per ammodernare la rete di telefonia fissa e per promuovere i servizi a banda larga. Si tratterebbe della più grossa privatizzazione effettuata in Tunisia, con un guadagno stimato di 1,3 miliardi di euro.

Per la regolamentazione del settore delle telecomunicazioni la Tunisia ha adottato, nel gennaio del 2001, un nuovo Codice delle Comunicazioni (Legge n. 2001-1).

Per quanto riguarda la telefonia fissa, si è registrata una crescita costante: gli abbonati alla rete fissa sono aumentati del 7,2% tra il 1999 e il 2004 passando da 850.069 a 1.204.000 con un numero di 12 telefoni ogni 100 abitanti. Un dato certamente basso rispetto a quelli dei paesi sviluppati, ma significativo se comparato con quello degli altri paesi del Nord Africa: la Tunisia è seconda solo all’Egitto (13,52 per 100 abitanti) e distanzia notevolmente Algeria e Marocco (rispettivamente 7,08 e 4,30 ogni 100 abitanti).

Quanto alla telefonia mobile, sebbene la Tunisia abbia aperto il mercato alla concorrenza in ritardo rispetto ad altri paesi del Nord Africa, come ad esempio il Marocco, il settore ha avuto una rapida crescita dopo la concessione nel marzo 2002 della seconda licenza – il primo gestore è Tunisie Télécom dal 1996 - al consorzio costituito dall’egiziana Orascom Telecom e dalla kuwaitiana Wataniya dietro un corrispettivo di 454 milioni di dollari.

Dal 2002 al 2004 gli abbonati alla telefonia mobile sono passati da 561.434 a 3.735.695.

Internet è disponibile in tutto il paese attraverso un backbone a fibra ottica e accesso internazionale con cavi sottomarini e collegamenti terrestri e satellitari. Nel paese sono presenti 12 Internet provider, di cui sette di proprietà dello stato che servono esclusivamente gli uffici pubblici, le università e le scuole. I rimanenti cinque sono Planet Tunisie, 3S Global Net, Hexabyte, Tunet e Topnet.

L’uso di Internet in Tunisia è rapidamente aumentato negli ultimi anni. Secondo i dati del Ministero delle tecnologie della comunicazione tunisino, nel 2004 gli utenti della rete erano 835.000, contro i 150.000 del 1999 e nei primi otto mesi del 2005 si registra un aumento di quasi centomila unità.