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Associazione circolo Gramsci Bergamo Bergamo ottobre 2017 opera di Oliviero Passera –smalto lucido su tela 400x600 GLI OCCHI DI GRAMSCI Passato – Presente - Futuro Ricerca storica a cura del Laboratorio di Storia del “Circolo Gramsci - BERGAMO”

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Associazione circolo Gramsci Bergamo

Bergamo ottobre 2017

opera di Oliviero Passera –smalto lucido su tela 400x600

GLI OCCHI DI GRAMSCI Passato – Presente - Futuro

Ricerca storica a cura del Laboratorio di Storia del

“Circolo Gramsci - BERGAMO”

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In collaborazione con:

Aderiscono all’iniziativa: -Partito Comunista Italiano -Partito Democratico -Partito della Rifondazione Comunista -Sinistra Italiana -Art. 1 Movimento Democratici e Progressisti

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“Gli occhi di Gramsci” Cartolina

Guardando la grande tavola di Oliviero Passera, che è un Omaggio a Gramsci, i suoi colori mi riportano la “Guernica” di Picasso, mentre nella mente mi ritornano i versi della canzone di Claudio Lolli: Quello lì, (compagno Gramsci) 1973 “c’aveva già lui la faccia di chi c’insegna, aveva già/la sua strana testa grossa e l’aria di uno che ha freddo fin/nelle ossa/ Io lo sapevo quello lì, me lo sentivo quello lì, che non sarebbe/andato avanti molto”. Lolli ci restituisce il destino tragico della vita di Antonio Gramsci ma ci parla anche della grandezza delle sue idee e del suo pensiero che guarda al futuro e ci accompagna ancora oggi con le sue analisi nel mondo globalizzato. Questa grande cartolina, che viene dal passato e attraversa il presente, ci riporta al futuro. Con i suoi occhi, i suoi colori, che passano dall’azzurro grigio al giallo paglierino, al verde acqua, con i suoi personaggi tutt’intorno alla figura di Gramsci, suscita sensazioni e concetti che contestualizzano il pensiero gramsciano in una moderna attualità. Così Gramsci non ha più i suoi occhialini e lo si può guardare nel fondo degli occhi, mentre Verdi, Brecht e Chavez ci guardano attraverso i suoi pince-nez, e in alto a destra il francobollo di Manzù del 1987 a sorprenderci per la prima volta con quell’immagine inusuale e giovanile di Antonio Gramsci.

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Dal P a s s a t o - azzurro grigio Il pensiero di Gramsci ha forti radici, basti pensare alle numerose riflessioni e ai numerosi riferimenti nei Quaderni e nelle Lettere dal Carcere su Niccolò Machiavelli (1469-1527), dove Gramsci individua nel Machiavelli “il più classico maestro di politica per le classi dirigenti italiane” Q.43. La contestualizzazione del pensiero politico del Machiavelli consentirà a Gramsci le riflessioni sul concetto di egemonia come ricerca del consenso e sul Partito politico (nuovo Principe) come volontà collettiva e non autoritaria in un rapporto virtuoso tra classe dirigente e classe sociale, che si afferma nell’azione. Dove egemonia è cosa opposta a dittatura. Poi, incontriamo Antonio Labriola (1843-1904), che non fu per Gramsci una figura quantitativamente dominante ma rappresentò di fatto un riferimento positivo. Al momento dell’arresto, Gramsci aveva con sé a Roma i tre saggi di Labriola sul materialismo storico, oltre al cosiddetto quarto saggio, il frammento postumo intitolato “Da un secolo all’altro” che Gramsci ebbe con sé anche nel carcere di Turi. Nel Q. 11. del 1932/1933 Gramsci scrisse che bisognava “rimettere in circolazione la passione filosofica di Antonio Labriola, che è pochissimo conosciuta”. Fu infatti la filosofia della prassi il trait-union tra Labriola e Gramsci, per riaffermare il materialismo storico come filosofia originale e indipendente, diversa dal materialismo filosofico, dove la materia è dato ontologico e totalità dell’esistente.

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E qui Gramsci si richiama al Manifesto del partito comunista di Marx e Engels. Sarà proprio Labriola nel saggio “ Discorrendo di socialismo e di filosofia” del 1897 a usare l’espressione “filosofia della praxis”. Sicuramente anche Karl Marx (1818-1883) fu per Gramsci un punto di riferimento cui dedicò negli scritti giovanili (1913-1918) numerosi riferimenti, soprattutto al Marx filosofo. In un articolo sul “Grido del Popolo” del 04/05/1918 intitolato “Il nostro Marx” Gramsci affermerà che “Carlo Marx è per noi maestro di vita spirituale e morale”. Dopo l’arresto, i Quaderni stessi saranno per Gramsci un vero e proprio ritorno a Marx, qui infatti i riferimenti a Marx, non soltanto ricorrono continuamente ma – e questo è quel che maggiormente conta – sono strutturati secondo un processo di ripresa delle questioni fondamentali del marxismo, con un’indagine approfondita e rigorosa su questo pensatore non sistematico e in perpetuo movimento. Gramsci evidenzierà l’influenza esercitata dal marxismo su tutti gli altri indirizzi filosofici, specialmente di impronta idealistica e affermerà che il marxismo è una filosofia nuova e originale che si svilupperà con lo svilupparsi dei rapporti sociali, nella dialettica tra uomo e forze materiali di produzione. Ma anche la musica, nelle numerose osservazioni gramsciane, avrà un ruolo fondamentale nella cultura delle masse popolari e sostituirà in Italia di fatto quell’espressione artistica che in altri paesi fu data invece dal romanzo popolare. Infatti, in Italia, gli intellettuali furono talmente lontani dal popolo, cioè dalla nazione, che rappresentarono di fatto una tradizione di casta, estranea alle aspirazioni e ai sentimenti del popolo-nazione, che non fu mai rotta dal basso da un forte movimento politico popolare e nazionale. Così, per Gramsci, Giuseppe Verdi (1813-1901) sarà uno di quei geni musicali che seppe rappresentare con il melodramma italiano l’equivalente del romanzo popolare.

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E Gramsci, sorprendentemente moderno, saprà cogliere anche altri due aspetti del grande successo europeo del melodramma italiano: la straordinaria potenzialità comunicativa del linguaggio non verbale e i caratteri storico-culturali dei testi dei libretti, che non essendo mai nazionali ma basati sull’intrigo, le passioni e i sentimenti risulteranno popolari in tutti i paesi.

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Dal P r e s e n t e - giallo paglierino Il rapporto tra Gramsci e Giulia Schuct (Julca o nella sua variante più intima, Iulca 1894-1980) ci riporta invece un Gramsci umano, non più filosofo o pensatore, ma forte e fragile e allo stesso tempo tenero, razionale, intransigente, pedagogico. Giulia fu per Gramsci un riferimento imprescindibile, sia prima che durante il carcere. E’ qui impossibile riprodurre la varietà degli accenti e dei sentimenti dell’epistolario degli anni 1922/1937 e tanto meno ricostruire in queste brevi note l’intero percorso dialogico, diretto e immediato, tra Gramsci e Giulia, (che Gramsci sposò nel 1923 e da cui ebbe due figli, Delio e Giuliano). Si può però constatare che in Gramsci vi fu nei confronti di Giulia una doppia tensione, sentimentale e pedagogica e che durante gli anni del carcere il rapporto stesso fu messo a dura prova e segnato dal livello di incertezza delle condizioni individuali dei due, dalla distanza fra loro (Giulia nel 1927 era tornata a Mosca abbandonando l’insegnamento di musica in Italia), dalla pesante condanna che tutti sanno sta per abbattersi su Gramsci. Anche la loro corrispondenza personale, sottoposta a una doppia censura, impedirà di fatto ai due di raccontarsi sinceramente. Così le ombre scure “del mondo grande e terribile e complicato” si allungheranno anche su Giulia, che manifesterà i primi sintomi dell’epilessia che la affliggerà per tutto il resto dei suoi giorni, e che a Gramsci sarà tenuta nascosta. Né va dimenticato in questo drammatico contesto il Gramsci politico e

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segretario del Partito Comunista che non volle mai rinunciare alle sue idee e non chiese mai la grazia. Così, al diradarsi della corrispondenza di Giulia, (che continuerà a scrivere a Nino ma che non invierà la maggior parte delle lettere e che porterà con se chiuse nella borsa) Gramsci comprese di dover essere esplicito con Giulia e farla sentire libera dal vincolo coniugale “io sono un tuo amico, essenzialmente, e dopo dieci anni ho veramente bisogno di parlare con te da amico ad amico, con grande franchezza e spregiudicatezza (LC 772, a Giulia, del 25/01/1936). Per Gramsci, fin dal dicembre 1917, la figura di Lenin (1870- 1924) fu sempre centrale, anche se mai si rapportò ai suoi testi come a fonti indiscutibili. Nei Quaderni la presenza di Lenin fu per Gramsci quella di un rivoluzionario, prima che di un teorico, da equiparare a Marx. Per Gramsci Lenin fu di fatto un uomo di azione capace di estrarre dal marxismo quanto necessario a trasformare il mondo. In poche parole Lenin fu per Gramsci l’unico continuatore di Marx. Per Lenin fu centrale l’elaborazione dell’egemonia e questo fu il nodo individuato per attualizzare la dottrina quarantottesca della rivoluzione permanente. “Dirigere e non comandare”. Nel Che fare? infatti Lenin insiste sull’arretratezza della classe operaia, sulla sua subalternità all’egemonia dominante, quindi sulla necessità di un’iniziativa pedagogica di segno opposto, propedeutica alla costruzione di un nuovo sistema egemonico. In poche parole sia per Lenin che per Gramsci si trattò di affrontare nel concreto il problema della coscienza di classe, pensata come costruzione di un apparato egemonico che ruoti proprio intorno alla funzione del partito e al suo modo di rapportarsi con la base operaia e con le forze borghesi democratiche e antifasciste. Un’altra donna, Rosa Luxemburg (1871-1919) leader del movimento spartachista fu molto apprezzata dal Gramsci ordinovista, soprattutto per il modo con cui impostò il rapporto tra lotta politica e sindacale nel suo scritto Lo sciopero generale-

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il partito e i sindacati, scritto a ridosso della Rivoluzione russa del 1905 e pubblicato in Italia nel 1919. Per Gramsci, Rosa Luxemburg fu “tra i più grandi dei più grandi santi cristiani” (Il partito comunista, 04/09/1920 in ON 654) e tra i maggiori teorici dell’Internazionale per la teoria dell’imperialismo come espressione del capitale finanziario (Tasca e il Congresso camerale di Torino, 05/06/1920 in ON 541). Di fatto, nei Quaderni i riferimenti a Rosa Luxemburg sono limitati a due soli testi “Arrréts et progrés du marxisme” (1903) e “Lo Sciopero generale” che fra l’altro si muovono su ordini di questioni diverse. Ma per Gramsci il marxismo non può essere in opposizione con i sentimenti spontanei e Rosa Luxemburg fu la fautrice della tesi della rivoluzione comunista quale opera delle masse e non di un segretario di partito né di un presidente della repubblica a colpi di decreto. Gramsci ha quindi ben presente il problema del difficile rapporto dialettico di spontaneità e direzione consapevole. Ma anche nel teatro e nelle poesie di Bertolt Brecht (1898-1956) ritroviamo la denuncia puntuale contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e quella rabbia che non si lascia piegare dal pessimismo: dall’esilio Brecht, dal carcere Gramsci. “L’analfabeta politico” di Brecht e il famoso scritto di Gramsci “Odio gli indifferenti” della Città futura, 11/02/1917 – così simili- ci descrivono bene la concezione di vita e dell’impegno che ogni uomo deve avere. Così nel teatro epico del “Berliner ensemble” Brecht solleciterà e incalzerà lo spettatore a prender parte, sollecitando il dibattito e il giudizio.

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Dal F u t u ro - verde acqua Palmiro Togliatti (1893-1964) già animatore con Gramsci del movimento dei Consigli di fabbrica e fondatore dell’Ordine Nuovo, dopo la svolta di Salerno, fu del tutto in sintonia con i parametri gramsciani; dal blocco delle forze antifasciste, alla guerra di posizione, dalla democrazia progressiva al ruolo del partito come intellettuale collettivo che sa indirizzare, che sa governare, pur dall’opposizione, e sa essere egemone, che sa ben comprendere le radici storico culturali e sa rapportarsi con gli intellettuali. Con questa politica il PCI si affrancherà sempre più dal socialismo reale e saprà affermare, nell’Europa divisa in blocchi, la nuova politica dell’Eurocomunismo. Anche lo storico anglosassone Eric John Hobsbawm (1917-2012) che ha dedicato molte delle sue ricerche alla classe operaia inglese e al proletariato internazionale più volte nei suoi scritti si rifarà a Gramsci e alle sue analisi, proprio per il suo approccio verso le classi popolari e subalterne e per l’intuizione di quel rapporto dialettico tra chi governa e chi è governato, insomma tra potere ed egemonia. Di Hobsbawm ricordiamo il noto saggio “Il Secolo breve” del 1995 dove la celebre interpretazione di Hobsbawm ci propone un Novecento dimezzato: quello dell’inclusione in cui la politica aveva determinato la crescita culturale delle masse e dei diritti per tutti, e quello dell’esclusione dove, caduti gli argini che i partiti socialisti e comunisti avevano costituito, abbiamo il restringimento dei diritti e la globalizzazione delle iniquità.

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“Caro Nino, ti immagino come un compagno di lotta, un compagno di pensiero, un compagno di analisi della vita” così ebbe a dire Hobsbawm in una nota intervista del marzo del 2007. E anche nelle sue ultime riflessioni nel saggio “Come cambiare il mondo, perché riscoprire l’eredità del marxismo” (2011) più volte Hobsbawm ritorna sul pensiero di Gramsci cogliendo il nesso inscindibile nel pensatore marxista dell’intreccio tra riflessione teorica e azione politica. Anche la rifondazione democratica in America latina e la possibilità di un Socialismo del XXI secolo passa attraverso Gramsci. Le categorie della riflessione politica di Hugo Chávez (1954-2013) rappresentano per il Venezuela, ma anche per tutto il latino America, un’innovativa risposta politica che si ispira ad alcuni concetti gramsciani quali “classi dominanti” e “subordinate” o “oppresse”, “società civile” e “società politica”, “egemonia” e “blocco storico”. Chávez, che aveva letto Gramsci, in carcere nel 1992, sa attualizzare i suoi insegnamenti, applicandoli con originalità alla situazione storico sociale dell’America latina, definendo la sua azione a volte rivoluzione boliviana, a volte gramsciana. I concetti di “classe e nazione” sono qui riassunti nel termine spagnolo di “pueblo” che non è soltanto popolo ma anche villaggio, paese. Per Chávez occorre offrire uno strumento di comprensione al pueblo, che è in contrapposizione alla città moderna, dove è concentrato il potere della borghesia coloniale e di tutte le élites borghesi con le sue sovrastrutture. Occorre creare nel pueblo la coscienza dello sfruttamento e dell’esclusione per creare una nuova classe politica che si riconosca nella Patria grande dell’America latina. In tal modo il pueblo avrà un nuovo pensiero, nuove idee, una coscienza rivoluzionaria, costruita a partire da quell’intreccio di storia, tradizione, cultura, abitudini, valori, insomma un marxismo che si fonde sulle tradizioni nazionali di Bolivar e Martì.

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Ma l’insegnamento gramsciano lo possiamo trovare di fatto nelle numerose leggi e norme costituzionali che mirano a creare il consenso popolare della società civile, con l’istituzione delle Mission, delle Commisssioni, dei Consigli, con l’istruzione obbligatoria, le trasmissioni radiofoniche di contrasto all’informazione privata delle numerose TV locali in mano alla borghesia e da ultimo con la creazione del nuovo partito socialista. Infine, il poeta, scrittore e regista Pier Paolo Pasolini (1922-1975) che nella sua inquieta sperimentazione esistenziale, ideologica e linguistica instaura con Gramsci un dialogo “impossibile”. La sua poesia “Le ceneri di Gramsci” del 1954 darà anche il titolo a una raccolta di 11 poesie pubblicate nel 1957. Pubblicata sulla Rivista Nuovi Argomenti (n. 17/18 nov. 55-feb. 56) è uno dei testi fondamentali della poesia italiana del ‘900. In quest’opera d’impegno civile, che si pone anche su un livello ideale-etico-estetico troviamo le contraddizioni e le speranze di un’epoca (dalla rinascita ai fatti di Ungheria) in una progressione di contrasti fra il poeta e Gramsci, fra l’intellettuale borghese e la lotta di classe, fra il chiassoso quartiere e la quiete funebre del cimitero dove è sepolto Gramsci, fra la passione e l’ideologia, fra la ragione e la realtà; dove la solitudine dei due, sia sul piano simbolico che metaforico, rimane sempre un punto di confronto preferenziale, di dialogo, e lo “scandalo di essere con te e contro di te”. Pasolini incontrò sempre, fino alla fine, la “fratellanza “non ingiallita di Gramsci, della sua sottile, grande guida” (Pasquale Vozza, “Il Gramsci di Pasolini” Rivista filosofica Lo Sguardo, n. 19/2015).

Alberto Scanzi Associazione Circolo Gramsci Bergamo

Atti del Convegno “Gli occhi di Gramsci” - Bergamo, Ottobre 2017

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INTERVISTA ad Oliviero Passera a cura di Gianni Pesticcio -Sappiamo che questa grande tela (smalto lucido) è frutto in qualche modo di un lavoro collettivo fatto con il Laboratorio di Storia del Circolo Gramsci di Bergamo. Cosa l’ha spinto a lavorare in questo modo e perché? Premetto che con il Laboratorio di Storia del Circolo Gramsci di Bergamo ho già lavorato negli anni passati sul tema dell’Olocausto e delle Leggi razziali in Italia realizzando anche alcune importanti mostre. Ciò ha facilitato di molto i rapporti personali e anche il modo di lavorare. La grande tela “ Gli occhi di Gramsci”, nell’80° anniversario della morte di Gramsci, vuole essere non solo un progetto grafico ma anche un più vasto progetto di comunicazione che sappia suscitare empatie universali; quindi comunicare Gramsci. -Quanto conta, allora, la presentazione dell’oggetto rispetto all’oggetto stesso? Quali valori e contenuti ha voluto trasmettere? La tela è come una grande scatola della memoria, una cartolina che ci arriva dal passato, carica di immagini che girano tutte intorno alla figura di Gramsci, ed evocano momenti della sua vita e il suo pensiero. Lo stile si avvicina al collage, ma importanti sembrano i colori che attraversano il tempo… Uso molto il colore… La mia tavolozza interiore è formata da colori molto accesi ma, qui, ho voluto dare colore al tempo formando una superficie vibrante, sensibile alle variazioni

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temporali che passano dal passato, al presente, al futuro; da Macchiavelli a Brecht a Chavez… La luce gialla del presente è molto importante e suggestiva per la costruzione del futuro. -In generale, quale rapporto si è instaurato con i compagni del Circolo Gramsci? Sono stati per me interlocutori importanti, perché occorre sempre conoscere e approfondire l’essenza del personaggio e le sue idee per poterle poi comunicare, definire i suoi contorni, raccontare la sua storia, “inventare” anche la “sua ragione di essere oggi”. L’arte non è fine a se stessa, deve saper comunicare, e ciò rende tutto più semplice. -Il segreto per la riuscita di un logotipo? Fare tanti schizzi e poi farli riposare. E ricominciare. A un certo punto quello che hai disegnato ti risponde, vuole dialogare con te, e si manifesta. Bisogna lasciare spazio anche alle incertezze e a possibili sbagli. “Leggere e conoscere “Gramsci non è impresa facile. -Qual è, alla fine, l’idea della grande tela “Gli occhi di Gramsci”? Tradurre la percezione di Gramsci, in un flusso emozionale tra presente, passato e futuro. In definitiva sono gli occhi di Gramsci a riportare al centro l’uomo, le diseguaglianze, la libertà. Contro tutti i fascismi.

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Biografia Oliviero Passera Nato il 4 marzo 1971 Oliviero Passera attualmente è proiettato verso l’orientamento artistico dell’action painting – la pittura-azione. Il “messaggio” del lavoro di Oliviero Passera è dato da un interesse per la storia sociale dell’uomo in relazione al suo background politico e comunitario. L’artista analizza elementi laterali e obliati della storia progredita e sincrona, riflettendo sul rapporto tra le didattiche e l’incremento civico dell’uomo, tra la storia dell’umanità e le condotte politiche. Passera è autore di una particolare evoluzione sintetica, ma al tempo stesso è inflessibile e immaginifico, capace di associare oggettività storica per dar forma a una narrazione pittorica idealista e utopistica. …Trento Longaretti, rettore della cattedra di pittura all'Accademia Carrara di Bergamo dal 1953 al 1978 scrive: “…quello di Passera è uno sterminato apparire e cancellarsi, riflesso di un fermento di inquietudini e negazioni che lo spingono a un vagare ininterrotto in tutti gli “ismi”, sorretto comunque da una fantasia brillante e da una capacità di mestiere non comune.

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Mostre Personali

“Fuori Forma” 12 marzo – 25 marzo 2004 Galleria d’arte “Art Action” - Bresso (Mi)

Opere di Pace” International Peace Observatory 4 giugno – 25 giugno 2005 - Treviolo (Bg)

“Tra sogno e realtà” 23 novenbre - 22 dicembre 2010 Villa Labus - Botticino Mattina (Bs)

“La bella Italia” 20 ottobre - 20 dicembre 2011 Museo Regionale - Leczna (Polonia) Museo Lubelskiego – Lublin (Polonia)

“Iperbole” 27 novembre – 15 dicembre 2011 Caffè Letterario - Bergamo “I volti della memoria” 9 aprile - 22 aprile 2012 Sala Esposizione Centro Civico – Verdello (Bg)

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“Olocausto” 11 dicembre 2014 – 30 gennaio 2014 Chiesa di S. Sisto - Bergamo

“Live Painting” 27 novembre 2015 Parco Comunale – Verdello (Bg)

“Nemmeno con un fiore” 17 novembre – 27 novembre 2016 Sala Polivalente “La Solidarietà” - Dalmine (Bg)

www.olivieropassera.it e-mail: [email protected]

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Programma Iniziative

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