Glaucoma e cecità

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Glaucoma e cecità Responsabile scientifico Michele Iester, Professore Associato di Oftalmologia, Clinica Oculistica Università di Genova Autori Michele Figus, Dirigente medico, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Paolo Fogagnolo, Dirigente medico, Ospedale San Paolo, Università degli Studi di Milano Paolo Frezzotti, Ricercatore universitario, Azienda Ospedaliera Universitaria senese Michele Iester, Professore Associato di Oftalmologia, Clinica Oculistica Università di Genova Luca Rossetti, Direttore clinica oculistica Ospedale San Paolo, Milano

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Glaucoma e cecità

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Glaucoma e cecità

Responsabile scientificoMichele Iester, Professore Associato di Oftalmologia,

Clinica Oculistica Università di Genova

AutoriMichele Figus, Dirigente medico, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Paolo Fogagnolo, Dirigente medico, Ospedale San Paolo, Università degli Studi di Milano

Paolo Frezzotti, Ricercatore universitario, Azienda Ospedaliera Universitaria senese

Michele Iester, Professore Associato di Oftalmologia, Clinica Oculistica Università di Genova

Luca Rossetti, Direttore clinica oculistica Ospedale San Paolo, Milano

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Indice

Introduzione Pag. 3

Capitolo 1 Pag. 6Il problema della cecità in Italia: epidemiologia

Capitolo 2 Pag. 29La cecità da glaucoma: il ruolo della diagnosie dei fattori di rischio

Capitolo 3 Pag. 57Cecità e glaucoma.Risultati di uno studio clinico multicentrico

Capitolo 4 Pag. 69Casi clinici

Capitolo 5 Pag. 96Travoprost e associazione fissa Travoprost/Timololo nella terapia del glaucoma

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Il glaucoma è una malattia che tipicamente interessa l’età avanzata. Sappiamo che è una condizione frequente come riportato dai tanti studi epidemiologici condotti pressoché in ogni parte del mondo e ne conosciamo bene la tendenza alla progressione al punto che, se non adeguatamente trattato, il glaucoma può esitare in cecità. Sebbene sia riconosciuto che il glaucoma rappresenti la seconda causa di cecità al mondo e la prima non reversibile, di cecità da glaucoma si parla piuttosto poco. Anche la letteratura pubblicata sull’argomento non è abbondante e gli studi epidemiologici con prevalenza e incidenza che abbiamo a disposizione si contano sulle dita di una mano. Sicu-ramente mancano dei dati italiani che riportino statistiche recenti. La frequenza della cecità varia anche a seconda dei criteri utilizza-ti per definirla e non tutti gli studi adottano i parametri considerati dall’OMS; inoltre, anche se una malattia come il glaucoma può pe-nalizzare l’acutezza visiva, il danno interessa primariamente il cam-po visivo, potenzialmente ridotto al punto di rendere il paziente non vedente anche se permane un visus centrale quasi normale. Pertanto la definizione di cecità da glaucoma dovrà considerare sia l’acutezza visiva sia il campo visivo, e in particolar modo la posizione degli sco-tomi che, ovviamente, hanno un impatto molto diverso sulla qualità di vita del paziente in base alla loro centralità e profondità. Per quanto i dati che emergono dagli studi siano, per le tante varia-bili coinvolte, difficilmente confrontabili, la cecità da glaucoma non è affatto un’evenienza rara. E se si considera che la popolazione, per lo meno nei Paesi come il nostro, invecchia molto rapidamente e con del-le aspettative di vita verso fasce di età dove la frequenza del glaucoma è elevatissima, ci si aspetta che sia ancor meno rara in futuro. Secon-do i risultati dello studio finlandese di cui il primo autore è Forsman i pazienti ciechi in entrambi gli occhi sarebbero il 15% e tale quota sale fino al 26% se si considerano quelli ciechi in un solo occhio. Se si guarda invece lo studio americano condotto nella Olmsted County i pazienti con glaucoma che diventano ciechi in un periodo di circa 20 anni sono circa il 20%. Sono indubbiamente numeri che fanno rab-brividire e che ci appaiono lontanissimi da quello che vediamo tutti i giorni nelle nostre cliniche. Forse solo perché non abbiamo mai ana-lizzato i nostri dati con la dovuta attenzione e metodologia. Imparare a guardare la velocità di progressione del danno funzionale dei nostri pazienti è un esercizio fondamentale per identificare coloro che sono

Introduzione

a rischio di cecità e cercare di modificare il decorso della malattia con una condotta terapeutica più adeguata. Se i pazienti arrivano alla cecità è fondamentalmente per due ragioni: la prima, e decisamente la più frequente, è la diagnosi tardiva. Purtroppo ancora oggi, nono-stante le tantissime possibilità diagnostiche, a volte persino esagera-tamente sofisticate, molti pazienti arrivano all’attenzione dell’oculi-sta troppo tardi. L’assenza di sintomi naturalmente favorisce questo ritardo. Ma spesso, forse troppo spesso, alla diagnosi si arriva già nelle fasi avanzate nonostante che il paziente sia seguito più o meno regolarmente da uno specialista. E non sono soltanto problematiche nostrane, ma certamente diffuse anche nei Paesi cosiddetti “svilup-pati”. Come è possibile che una malattia così comune come il glauco-ma possa comportare ancora delle importanti difficoltà diagnostiche? Probabilmente si fa ancora troppo affidamento sulla rilevazione to-nometrica e davanti a dei valori “normali” (al di sotto del fatidico 21!) per molti specialisti il glaucoma cronico ad angolo aperto è il glauco-ma a bassa pressione e quindi, per definizione, un’entità quanto meno rara. Evidentemente non ci ha insegnato abbastanza l’Early Manifest Glaucoma Trial, dove la pressione oculare media all’inclusione era di circa 20 mmHg. E certamente questo studio non è il solo a fornir-ci numeri simili, in particolar modo se l’arruolamento deriva da uno “screening” della popolazione. Per quanto siano benvenuti tutti gli ausili diagnostici sempre più automatizzati in grado di migliorare in-dubbiamente le capacità diagnostiche, maggior attenzione andrebbe posta all’esame della papilla ottica. Uno studio americano ha mostra-to che assai spesso durante una visita oculistica l’esame della papilla ottica non viene nemmeno eseguito! Vorremmo tanto credere che qui da noi non è così. Una via da percorrere è senz’altro la sensibilizza-zione verso la semeiotica di base per la diagnosi del glaucoma, magari promuovendo un modulo di formazione permanente. Probabilmente anche grazie alla diffusione della tecnologia, il futuro sarà più roseo. La seconda ragione che porta verso la cecità è una condotta terapeu-tica inadeguata a controllare la malattia. Anche qui l’eccesso di con-fidenza verso l’interpretazione del dato tonometrico gioca un ruolo tristemente importante. È scenario comune vedere dei pazienti se-guiti per anni con una funzione visiva che precipita verso la cecità e una condotta terapeutica inadeguata e mantenuta come tale nel tem-po. E quando chiediamo al paziente: “ma non si rendeva conto che

Luca Rossetti

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stava peggiorando?” La tipica risposta che ci si sente dare è: “Sì, ma la pressione andava sempre abbastanza bene…”. Sono convinto che ci sia una grossa quota di pazienti che non riceve la terapia giusta, sia nel senso di un trattamento esagerato (anche in assenza di alcun segno della malattia), sia, e soprattutto, nel senso di un trattamento insufficiente (anche quando il danno va avanti velocemente). Utile al fine di ridurre tale pericolo è l’applicazione del recente concetto di “monitoraggio della velocità della progressione” e il messaggio chia-ve “fate tanti esami del campo visivo” che sicuramente ci indirizza alla miglior condotta terapeutica. Ovviamente non basta fare esami del campo visivo: bisogna anche saperli guardare ed interpretare. Un ottimo punto di partenza è valutare con attenzione come vanno i propri pazienti, magari anche quantificando quanti sono diventati ciechi e perché. Lo sforzo presente in questo corso è quanto mai ap-prezzabile. In particolar modo va sottolineata l’importanza di questo studio multicentrico a livello non soltanto nazionale, che ha misurato la prevalenza e l’incidenza della cecità da glaucoma e quelli che ne sono i fattori di rischio. Speriamo che l’obiettivo della ricerca (e del presente corso) ovvero quello di sensibilizzare i colleghi verso questa temibile evoluzione della malattia, riesca a farci riflettere sul fatto di come una miglior capacità diagnostica combinata ad una più adegua-ta condotta terapeutica possano evitare quanto più possibile di giun-gere alla cecità.

Luca RossettiOspedale San Paolo

Università di Milano

Introduzione

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Capitolo 1

Il problema della cecità in Italia: epidemiologia

Paolo Frezzotti

Il Glaucoma è un gruppo di patologie oculari, il cui danno si esplica nella perdita progressiva di fibre nervose del nervo ot-tico, con conseguente compromissione del campo visivo. Secon-do la definizione classica, per porre diagnosi di glaucoma occor-reva la contemporanea presenza di tre elementi: tono oculare elevato, escavazione della papilla ottica e danno al campo visi-vo. Dal 1996 l’American Academy of Ophthalmology ha conia-to una nuova definizione di glaucoma cronico ad angolo aper-to: “neuro otticopatia su base multifattoriale in cui si verifica una perdita caratteristica delle fibre del nervo ottico”. Ciò im-plica che il glaucoma in una fase precoce può essere caratteriz-zato da campi visivi perfettamente normali e quindi nella nuova definizione della malattia non deve essere necessariamente pre-sente un deficit funzionale rilevabile all’esame del campo visi-vo o un aumento della pressione oculare. Attualmente infatti le ipotesi principali che spiegano il danno al nervo ottico racchiu-dono tre fasi principali che vanno da una riduzione della perfu-sione del nervo ottico e delle sue fibre, danno meccanico della lamina cribrosa, accumulo di glutammato nello spazio extra-cel-lulare con tossicità delle cellule. In tutti i casi, si ritiene che alla base della genesi delle alterazioni ci sia una intrinseca suscet-tibilità del nervo ottico e un incremento del tono oculare oltre un livello ‘critico’ per il nervo ottico stesso: da qui nasce il con-cetto di target pressorio identificato come quel valore al di sot-to del quale il danno glaucomatoso è improbabile e che per de-finizione è stabilito essere uguale o inferiore ai valori ‘normali’ (20 mmHg). Ecco perché la definizione più attuale di glaucoma sembra proprio essere quella di una neuropatia ottica progres-siva che se non diagnosticata precocemente o trattata adeguata-mente evolve verso la cecità. Da qui ne evince un altro concet-to importante: la letteratura ci pone di fronte ad una difficoltà di metodo ne-gli studi epidemiologici, di prevalenza e incidenza della malattia proprio per la sua natura multifattoriale e di definizione speci-fica della stessa. Con il termine di epidemiologia (dal greco επι= sul, δημος= popolo e λογος= discorso, studio) si intende la disci-plina biomedica che si occupa dello studio della distribuzione e frequenza di malattie e di eventi di rilevanza sanitaria nella

Cap. 1 Il problema della cecità in Italia: epidemiologia

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popolazione. Parlare di epidemiologia in una patologia come il glaucoma è quanto mai importante perché la patologia glau-comatosa rappresenta la prima causa di cecità irreversibile al mondo. Infatti il glaucoma rappresenta una malattia ad eleva-to impatto sociale: seconda causa assoluta di cecità al mondo e prima causa di cecità irreversibile. 800,000 mila affetti in Italia, con prevalenza del 2.5% nella popolazione di etnia caucasica so-pra i 40 anni come emerge dall’Egna-Neumarkt studio del 1998 condotto su una popolazione di circa 5816 persone del Trentino Alto Adige. Si stima che in Italia ci siano 1,500,000 persone che presentano ipertensione oculare (pressione intra-oculare al di sopra dei valori considerati per dato statistico nei limiti della norma (21 mmHg) in assenza di danni morfologici o funzionali a carico delle fibre nervose del nervo ottico). A 5 anni dall’ini-zio dello studio il 10% dei pazienti ipertesi oculari può sviluppa-re glaucoma. Il 90% degli ipertesi oculari non va invece incontro a malattia. La terapia riduce del 50% il rischio di conversione da ipertensione oculare a glaucoma come sottolineano Kass et al. nel “The Ocular Hypertension Treatment Study” del 2002 e Mi-glior et al. nel “Results of the European Glaucoma Prevention Study” del 2005.È stato invece stimato da uno studio condotto presso l’Abbasi Shaheed Hospital (Karachi) che le persone affette da glaucoma in tutto il mondo siano all’incirca 66.8 milioni di cui 6.6 milioni sono cieche: tra la varie tipologie di glaucoma, quello ad ango-lo aperto è il più rappresentato e riguarda il 90% di tutti i casi e i cui fattori di rischio non sono stati ancora del tutto identi-ficati. Lo studio analizza la frequenza di sviluppo del POAG in 149 pazienti di età compresa tra i 30 e i 70 anni tenendo conto dei danni funzionali al campo visivo e i danni anatomici a cari-co del nervo ottico. I risultati mostrano come esista una elevata frequenza a sviluppare un POAG nella fascia di età superiore ai 50 anni sottolineando come il processo di invecchiamento rap-presenti una condizione di rischio importante per il glaucoma (infatti esso ne aumenta l’incidenza da 4 a 10 volte rispetto alla fascia di età più bassa), che però può presentarsi in qualsiasi fa-scia di età, rendendosi molto insidioso e quindi terribilmente pe-ricoloso nella fascia di età giovanile, considerata statisticamente

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“poco” a rischio.La maggior parte dei lavori scientifici tiene conto anche dell’et-nia e indica una forte prevalenza ed una comparsa più preco-ce del glaucoma nella etnia africana. Probabilmente la diffusa ipertensione e anemia in questa popolazione è un fattore favo-rente al ridotto apporto di ossigeno a carico della testa del ner-vo ottico e quindi alla suscettibilità al danno glaucomatoso. Uno studio di Quiegly comparso sul British Journal Ophthalmology nel 1996 sottolinea nel dettaglio quanto avviene in tali popola-zioni come riportato in tabella 1.Il glaucoma cronico ad angolo aperto è la forma più comune nei paesi occidentali: la prevalenza media per età nei soggetti con più di 40 anni, tratta da vari studi sulla popolazione, ammonta a circa l’1.6% nei soggetti di origine caucasica e al 4.6% nella po-polazione di etnia nera; il 4% della popolazione di etnia cauca-sica affetta da glaucoma e l’8% di quella nera è cieca bilateral-mente. La prevalenza del POAG aumenta esponenzialmente con l’età, circa l’1% dei caucasici di età superiore ai 50 anni è affet-ta da glaucoma, valore che aumenta fino al 4% nei soggetti di 80 anni. Per la etnia nera i valori sono rispettivamente del 3% e del 13%. I casi di glaucoma su base genetica costituiscono invece il 5% dei casi di glaucoma primario, anche se data l’insorgenza

Cap. 1 Il problema della cecità in Italia: epidemiologia

Tabella 1

POAG(glaucoma primario

ad angolo aperto)

PACG(glaucoma primario

ad angolo chiuso) Tot.Popolazione

Cina 7,444,663 22,333,990 1,288,704,314

India 5,591,042 5,591,042 1,435,699,181

Sud-Asia 4,224,819 4,224,819 769,979,570

Europa 6,945,870 609,287 1,116,845,880

Africa 7,026,081 46,285 723,834,244

America Latina 1,278,751 560,285 506,533,880

Oriente 640,040 280,719 323,624,981

Totale 33,151,266 33,646,997 6,165,222,154

Totale di glaucoma primario 66,798,263

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ad età più o meno avanzata, questo dato è spesse volte sottosti-mato. Il glaucoma ad angolo stretto primario rappresenta inve-ce la maggiore causa di cecità da glaucoma al mondo: comune nelle popolazioni di origine est-asiatica: le popolazioni dell’Ala-ska, Canada e Groenlandia sono le più colpite e i cinesi sono più a rischio rispetto alle popolazioni native del sud-est-asiatico. Il rischio di glaucoma ad angolo chiuso in India è inferiore rispet-to a quello osservato in Cina, ma maggiore rispetto all’Europa. Il rischio relativo di chiusura d’angolo è due-tre volte maggiore nelle donne rispetto agli uomini e cresce dopo i 30 anni di età. In Cina si stima vi siano circa 1.7 milioni di persone cieche per glaucoma e più del 90% di questi casi è attribuibile al glaucoma ad angolo primario ad angolo chiuso. Gran parte degli studi epi-demiologici e di prevalenza sul glaucoma è stata realizzata in Nord-America ed in Europa dove comunque il POAG, come già ripetuto in precedenza, rappresenta la forma di glaucoma più comune. L’età ha un effetto rilevante sulla prevalenza del glau-coma, poiché la prevalenza cresce al crescere dell’età. Qui di se-guito vi riportiamo i risultati della prevalenza del glaucoma pri-mario ad angolo aperto e chiuso e dell’ipertensione oculare in vari studi su popolazioni caucasiche e su quelle afro-americane e afro-caraibiche (Tab. 2-3-4).

Questi dati possono essere parzialmente estesi anche alla popo-lazione italiana, pur con alcune riserve legate soprattutto alla differente composizione etnica della popolazione USA rispetto a quella italiana, in quanto i soggetti di colore, come abbiamo già detto sono più predisposti al glaucoma. Si può quindi prevede-re anche nel nostro Paese un notevole incremento dei glaucoma-tosi nei prossimi due decenni. La situazione italiana può essere derivata da tre studi epidemiologici condotti nell’ultimo decen-nio in Sicilia, nel Lazio e nell’Alto Adige. In tutti e tre gli studi è stata esaminata la popolazione a partire dai 40 anni e vi è sta-ta una adeguata partecipazione allo studio, compresa fra 67% e 84% degli arruolati. A Casteldaccia, vicino a Palermo, è stata ri-scontrata una prevalenza del glaucoma cronico ad angolo aperto dell’1.2%. Lo studio condotto nell’isola di Ponza invece ha messo in evidenza una prevalenza del 2.5%. Infine ad Egna-Neumarkt,

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Cap. 1 Il problema della cecità in Italia: epidemiologia

Tabella 2Prevalenza del glaucoma primario ad angolo aperto e dell’ipertensione oculare in vari studi su popolazioni caucasiche

Studio Roscommon Beaver Dam Rotterdam Dalby Blue Mountain

Caucasici delle

Barbados

Caucasici di Baltimora

Intervallo di età studiato (%) Oltre i 50 43-84 Oltre i 55 55-69 Oltre i 49 40-84 Oltre i 40

Prevalenza del glaucoma primario ad

angolo aperto (%)

1.9 2.1 1.1 0.9 2.4 0.8 1.3

Prevalenza dell’ipertensione

oculare (%)3.6 3.7

Tabella 3Prevalenza del glaucoma primario ad angolo aperto in studi su popolazioni afro-americane e afro-caraibiche

Studio St Lucia Afro-americanidi Baltimora

Afro-caraibicidelle Barbados

Afro-caraibicidi Londra

Intervallo di età studiato (anni) Oltre i 30 Oltre i 40 40-84 Oltre i 35

Prevalenza del glaucoma primario ad angolo

aperto (%)8.8 4.2 7.1 3.9

Tabella 4Prevalenza (%) del glaucoma ad angolo chiuso, da sindrome pseudoesfoliativa e secondari

Studio Roscommon Beaver Dam Dalby Blue Mountain

Caucasici delle Barbados

Caucasici di Baltimora

Glaucomaad angolo chiuso

o stretto0.09 0.04 0.07 0.3 0.4 0.9

Glaucoma da pseudoexfoliatio 1.33 0.07 2.4 0.8 1.3

Altri glaucomi secondari 0.09 0.27 0.2

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in provincia di Bolzano, è stata rilevata una prevalenza del 2%. Questi dati di prevalenza sono simili a quelli rilevati in altre popolazioni caucasiche dei vari continenti che sono inferiori a quelli della popolazione di colore (4.7%) e superiori a quelli del-la popolazione di origine mongolica.Lo studio eseguito a Beaver Dam in Wisconsin (condotto su una popolazione quasi interamente di etnia caucasica) ha riscontrato una prevalenza di glaucoma cronico ad angolo aperto del 2.1%, variando dallo 0.9% nella fascia d’età compresa fra 43 e 54 anni e il 4.7% nei soggetti di 75 anni e più.Le difficoltà nella diagnosi degli stadi precoci di glaucoma ren-dono difficili da ottenere le reali cifre sull’incidenza del glauco-ma: nel Bedford Glaucoma Survey è stata riscontrata una inci-denza annuale media dello 0.048%, mentre Armaly et al. hanno studiato 3,936 pazienti per 7 anni ed hanno messo in evidenza che hanno sviluppato un POAG con un tasso di incidenza an-nuale di circa lo 0.025%. È importante comunque ricordare che questa aumenta sicuramente all’aumentare dell’età; per una po-polazione caucasica l’incidenza aumenta dello 0.08/1000/anno per i soggetti di 40 anni e dell’1.46/1000/anno nei soggetti di 80. Valori ancora più elevati si riscontrano nelle popolazioni afro-americane e afro-caraibiche.Studi di prevalenza condotti presso l’Università del Ghana su 1843 pazienti (4.4% di tutta la popolazione facente parte di un di-stretto del Sud del Ghana, Akwapim) a partire dai 30 anni di età (1,785 effettivamente analizzati e 58 casi esclusi per opacità dei mezzi diottrici) mostrano come la patologia glaucomatosa cresca in maniera esponenziale in base all’età. Sono stati studiati 893 donne, 892 maschi con un range medio di età pari ad una me-dia di 50 anni, una media di 48 anni ed una deviazione standard di 14.43 anni. Alla fine dello studio, come riportato nella tabel-la 5, sono stati diagnosticati 158 casi di glaucoma, dei quali 149 (94.3%) erano POAG, mentre 9 casi (5.7%) PACG. Inclusi nei PO-AG sono stati riscontrati 33 casi (20.9%) di glaucomi normo-ten-sivi, con una percentuale totale di nuovi casi diagnosticati del 93%. 11 casi (6.9%) con storia familiare positiva per glaucoma e 5 casi di ereditarietà scoperti al momento dello studio. La tabel-la 5 mostra come una prevalenza del glaucoma nella popolazione

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del Ghana è pari ad una percentuale dell’8.4% (8.2% nelle donne, 8.65 nei maschi) con un intervallo di confidenza del 95%. Nes-suna differenza di sesso nella prevalenza del POAG per tutte le fasce di età (P=0.66 per 30-100 anni; P=0.64 per 30-64 anni). La percentuale di prevalenza del glaucoma era del 7.7% per i 30 an-ni di età e oltre, 8.5% per i soggetti con o più di 40 anni con una percentuale media di prevalenza tra i 30-64 anni del 6.61%. Questo gruppo di pazienti rappresentava la percentuale maggio-re della popolazione studiata con l’82.12% dei casi (1467 perso-ne). La prevalenza del glaucoma si mostrava abbastanza irrego-lare dopo i 64 anni di età con tendenza all’aumento del 16.4% nei gruppi compresi tra i 65-100 anni che rappresentavano il 17.82% (318) della popolazione arruolata. Lo Studio ci mostra in manie-ra evidente come la prevalenza del POAG sia correlata all’età in maniera esponenziale con una crescita lineare fino ai 65 anni

Cap. 1 Il problema della cecità in Italia: epidemiologia

Tabella 5

Gruppi per età(anni)

No. di casi POAG

Popolazione totale Prevalenza (%)

30-34 15 252 6.0

35-39 13 224 6.7

40-44 16 257 6.2

45-49 13 200 6.5

50-54 18 245 7.3

55-59 8 124 6.5

60-64 13 165 7.9

65-69 10 100 10

70-74 12 90 13.3

75-79 13 48 27.1

80-84 13 49 26.5

85-89 0 16 0

90-94 3 9 33.3

95-100 1 6 16.7

Totale 149 1785 8.4

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che diventa invece esponenziale ed irregolare dopo i 75 anni. I gruppi etnici coinvolti includevano quello dell’Akwapim 55%, Ewe 155, e Ga e Adangbe 9%: la prevalenza del POAG nel pri-mo gruppo di popolazione era del 9.44% contro l’8.79% dell’Ewe. In sostanza lo studio dimostrava come non ci fossero variazioni statisticamente significative nell’insorgenza del POAG all’inter-no dei vari gruppi etnici studiati in relazione al sesso (la stessa prevalenza era comparabile a quella della popolazione nera vi-vente in Barbados e St. Lucia) ma, come al contrario, mostrasse caratteristiche differenti di crescita in base all’età dei pazienti arruolati nei diversi gruppi.Interessante notare come in uno studio realizzato nel Regno Unito sia stato messo in evidenza (in un periodo di tempo com-preso tra il 1 aprile 1999 e il 31 marzo 2000 (Tab. 6) come la prevalenza del POAG fosse di 978 casi su 100,000 persone di età

Tabella 6Nuovi casi di glaucoma tra il 1 aprile 1999 ed il 31 marzo 2000

Fasce di età(anni)

Numero totale di casi

Numero di individui registrati

Incidenza per 100.000/annoosservata (95% CI)

<40 1 114,089

40-44 4 13,945 28.68 (7.80 - 73.42)

45-49 0 13,332 0 (0 - 29.20)

50-54 1 13,155 7.60 (0.19 - 42.33)

55-59 6 9,884 60.70 (22.28 - 132.33)

60-64 3 8,934 33.57 (6.92 - 98.05)

65-69 10 8,180 122.24 (58.68 - 224.94)

70-74 10 7,337 136.29 (62.43 - 258.97)

75-79 14 6,171 226.86 (123.87 - 381.14)

80-84 7 3,330 210.21 (84.29 - 433.03)

85-89 8 2,034 393.31 (169.52 - 774.82)

>90 2 972

Totale 66 201,363

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compresa tra i 40 e gli 89 anni. Questi dati sono stati messi a confronto con quelli calcolati secondo il Tuck/Crick model di una popolazione standard di riferimento con 1230 individui per 100.000 persone della stessa età del gruppo in esame. Lo studio non riportava differenze statisticamente significative di preva-lenza tra quella rivelata dallo studio e quella calcolata dal mo-dello di riferimento. Scopo dello studio era quello di rilevare la prevalenza del POAG nel Regno Unito e di compararla con quella calcolata dal modello basata su studi epidemiologici e di comprendere quale delle due metodiche fosse la più valida da presentare al Servizio Nazionale della Salute per il calcolo del-la prevalenza stessa. Quello che sorprendeva era il fatto che la metà dei soggetti studiati presentava un POAG non precedente-mente diagnosticato e che quindi sulla base di ciò la prevalen-za calcolata dallo studio doveva risultare almeno per il 50% più bassa rispetto al modello epidemiologico di riferimento: proba-bilmente l’elevato numero dei nuovi casi di POAG diagnosticati al momento dell’arruolamento dei pazienti derivava da dei crite-ri diagnostici e di inclusione differenti da quelli del modello, a testimonianza di come al di là dell’etnia, del sesso e dell’età, il glaucoma rappresenti una entità variabile e difficile da definire e che ci pone ancora oggi di fronte a delle difficoltà di diagnosi, classificazione e management.Il Los Angeles Latino Eye Study (LALES) su 6142 pazienti sot-toposti ad esame oftalmologico completo, riporta una prevalen-za del POAG pari al 4.74% (con un intervallo di confidenza del 95%). La prevalenza sulla base dei soli ipertesi oculari senza se-gni e sintomi di malattia conclamata ammontava al 3.56% (95% CI, 3.12%-4.065) con una frequenza più elevata nei latini di età adulta rispetto ai giovani. Nessuna differenza è stata riscontra-ta nella prevalenza legata al sesso tra POAG e ipertesi ocula-ri. Il LALES rappresenta uno dei più grandi e importanti studi condotti con valutazione oftalmoscopica su etnie in America al-lo scopo di creare un modello standardizzato che racchiudesse vari aspetti della patologia glaucomatosa (Tab. 7). La maggior parte della popolazione analizzata per la prevalenza del POAG in USA era in larga parte di etnia nera e non-ispanica bianca, con un unico caso precedente esistente in letteratura eseguito

Cap. 1 Il problema della cecità in Italia: epidemiologia

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sui latini, detto Proyecto VER. In tale studio l’età specifica di prevalenza per il POAG oscillava tra lo 0.50%, nei soggetti com-presi tra 40-49 anni, al 12.63% nei gruppi di età più avanzata, 80 anni ed oltre. Una percentuale di prevalenza nettamente inferio-re rispetto al LALES probabilmente dovuta al fatto che la media dell’età e del tono oculare di partenza del LALES era inferiore rispetto al Proyecto VER. In quest’ultimo infatti la media della IOP e dell’età era compresa rispettivamente tra 18.5 mmHg (+/-8.7 mmHg) e 70.9 anni (+/-12.5 anni) mentre nello studio LALES la IOP era uguale 17.3 mmHg (+/-5.4 mmHg) e 65.4 anni (+/-11.8 anni). Probabilmente questa diversa percentuale di prevalenza era riconducibile a due fattori:1. alla diversità dei gruppi di razza analizzata nei due studi (nel Proyecto VER la maggior parte della popolazione (40%) era nati-va Americana, mentre nel LALES lo era solo il 5.3%);2. differenti metodi di analisi e di definizione utilizzati per la

Paolo Frezzotti

Tabella 7

Studio Gruppo Etnico

Prevalenza per fasce d’età (anni)

40-49 50-59 60-69 70-79 >80 Total

Baltimore Eye Study Neri 1.27 4.15 6.19 8.88 12.87 4.97

Barbados Eye Study Neri 1.4 4.1 6.7 14.8 23.2 6.8

LALES Latino americani 1.32 2.92 7.36 14.72 21.76 4.74

Proyecto VER Latino americani 0.5 0.59 1.73 5.66 12.63 1.97

Baltimore Eye Study Bianchi 0.18 0.32 1.53 3.33 1.94 1.44

Blue Mountains Eye Study

Bianchi 0.4* 1.3 4.7 11.4 3.0

Visual Impairment

ProjectBianchi 0.5 1.5 4.5 8.6 9.9 3.4

Roscommon Bianchi 0.72 1.76 3.2 3.05 1.88

LALES= Los Angeles Latino Eye Study.

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diagnosi del glaucoma ad esempio: un solo SITA fast e nessu-na fotografia simultanea del nervo ottico in Proyecto VER, men-tre 2 SITA fast con fotografia simultanea della papilla ottica in LALES con 2 specialisti oftalmologi in glaucoma per fare dia-gnosi ed un terzo per confermarla. L’età specifica di prevalen-za del POAG nei Latini del LALES era più elevata rispetto ai non-ispanici bianchi e simile a quella dei soggetti di etnia nera in USA (Baltimore Study, Tab. 7). Tuttavia, comparando la pre-valenza del POAG nei Latini con quella di altri studi condotti fuori dall’America essa risultava inferiore rispetto agli Afro-Ca-raibici e più elevata paragonata a quella dei non-ispanici bian-chi dell’Australia, Irlanda, Cina, e Paesi Bassi. Certamente fat-tori genetici e differenti metodi di analisi hanno contribuito a tali differenze di prevalenza. Nel LALES la prevalenza del PO-AG era più elevata nei latini di età adulta: negli ottantenni il rischio POAG aumentava di 16 volte (22%) rispetto ai cinquan-tenni (1.3%). Dunque un aumento della prevalenza legato all’età, ma senza significativa differenza di incremento di prevalenza del POAG quando lo si mette in relazione al sesso. Precedente-mente il Beaver Dam Eye Study e il Blue Mountains Eye Study hanno presentato risultati di prevalenza di ipertesi oculari nei non-ispanici bianchi: l’incremento di prevalenza legato all’età mostrava un range da 2.3% nei soggetti di età compresa tra 43 e 49 e il 7.7% tra 75 e 79, simili al LALES (1.7%-7.48%). Inoltre il Blue Mountains eye Study non mostrava incrementi di prevalen-za legati all’età per gli ipertesi oculari a differenza del LALES e del Beaver dam Eye Study. Il LALES mostrava invece diffe-renze legate al sesso a differenza degli altri due studi: la preva-lenza calcolata nelle seguenti popolazioni di ipertesi oculari era sovrapponibile a quella del LALES: non-ispanici bianchi 4.6%, Roscommon, Irlanda 3.6%, Beaver Dam 4.5% e Blue Mountains, Australia 3.7%. D’altra parte la prevalenza degli ipertesi ocu-lari stimata nel LALES differiva invece dalle seguenti popola-zioni: Andrha Pradesh 0.42%, non-ispanici bianchi in Melbourne 1.6%, non-ispanici bianchi nel Nord Italia 2.1% e neri Barbadian 18.4%. Il LALES in sostanza rappresenta uno dei più importan-ti e voluminosi studi sulla prevalenza del POAG e degli ipertesi oculari nei Latini e l’unico con la maggior parte di Latini nati

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in Messico: dato l’elevato numero dei partecipanti, circa l’82%, i risultati rilevati dal LALES sono paragonabili a quelli dei Lati-ni di tutta Los Angeles con unico limite quello di aver reclutato soggetti prevalentemente di sesso femminile ed anziani. In con-clusione: Latini in predominanza Messicani in Los Angeles han-no una prevalenza di POAG paragonabile a quella dei neri in USA e significativamente più elevata di quella calcolata nei non-ispanici bianchi; in più i Latini hanno una elevata prevalenza di ipertesi oculari. Se i risultati del LALES sono generalizzabi-li a quelli di tutti i latini degli USA, è stimato che più di 410,000 Latini possono essere affetti da POAG, e più di 301,000 posso-no avere ipertensione oculare in uno o entrambi gli occhi. Di questi 410,000 Latini, 310,780 è probabile siano non diagnostica-ti. In più dato che i Latini rappresentano una delle popolazioni più grandi in crescita negli USA ci si aspetta un aumento della età di sopravvivenza che conseguentemente porterà ad accresce-re il numero dei Latini con POAG. Infine, l’alta percentuale di POAG non diagnosticati sottolinea ancora una volta l’importan-za di uno screening e di una diagnosi precoce nel management del glaucoma.

Un interessante studio che invece ha affrontato la prevalenza del glaucoma in un paese importante ed in via di sviluppo è l’Andhra Pradesh Eye Study nel Sud India che riporta 27 casi di POAG accertato, 14 casi di sospetto POAG e 7 casi NTG con una prevalenza rispettivamente dell’1.62% (0.77%-2.48%), 0.795 (0.39%-1.41%) e dello 0.32% (0.105-0.78%) in pazienti di età supe-riore ai 30 anni e del 2.56% (1.22%-3.91%), 1.11% (0.43%-1.78%) e dello 0.42% (0.11%-1.12%) in pazienti di età superiore ai 40 anni con un aumento della prevalenza del POAG in relazione all’età (P<0.001). Dei 2954 soggetti reclutati, 1,399 partecipanti (55.5%) avevano più di 30 anni e 1,347 (53.4%) erano donne. 232 (9.2%) ap-partenenti ad un livello sociale molto basso, 920 (36.5%) basso, 1,033 (41%) medio e 267 (10.6%) elevato. 1556 (61.7%) erano Hin-du, 908 (2.8%) Musulmani e 58 (2.3%) appartenenti ad altre re-ligioni; 23 (0.9%) sono stati esaminati presso la propria abita-zione. 27 soggetti sono stati definitivamente classificati come affetti da POAG (età media 58.2, range 37-75 anni), la prevalenza

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aggiustata per età e sesso era di 1.62% (95% CI, 0.77%-2.48%) in soggetti con età superiore ai 30 anni e di 2.56% in soggetti con età superiore ai 40 anni. I 27 soggetti con diagnosi di POAG era-no di nuova diagnosi, quindi non erano stati precedentemente scoperti e trattati per glaucoma. 14 soggetti (51.9%) invece pre-sentavano danni glaucomatosi e tra questi tre pazienti presenta-vano addirittura una cecità bilaterale, due una cecità monolate-rale e gli altri 13 presentavano danni glaucomatosi moderati. I 14 casi con sospetto POAG presentavano un’età compresa tra 21-75 anni con un’età media di 49.2 anni e una prevalenza aggiu-stata con l’età ed il sesso di 0.79% nei partecipanti con età su-periore ai trenta anni e dell’1.11% con età superiore ai quaranta anni. In definitiva l’1.62% della popolazione di età superiore ai 30 anni presentava un POAG e lo 0.79% all’interno dello stes-so gruppo un sospetto POAG. Tale prevalenza risultava simile o maggiore a quella di popolazioni come il Nord-America, Europa, Australia, minore rispetto ai popoli Africani. I dati suggeriti da tale studio suggeriscono come il POAG sia una patologia relati-vamente comune nella popolazione urbana Indiana: in assenza di altri dati comparabili provenienti da altre popolazioni, sareb-be suggestivo analizzare in cifre l’importanza di tale patologia in India; si stimano circa 288 milioni di persone in India di cui 112 milioni hanno 30 o più anni, 1.8 milioni di questi sono affetti da POAG a cui si sommano 0.9 milioni affetti da sospetto POAG.In una review del Baltimore Institute è stato stimato il possibi-le numero dei glaucomi ad angolo aperto e di quello ad angolo chiuso tra il 2010 e il 2020 in 5 gruppi di soggetti di età superiore ai 40 anni appartenenti ad 8 gruppi etnici differenti: Cina, Euro-pa, India, Africa, America latina, Sud Est Asia, Giappone, Medio Oriente (Tab. 8). Nel 2010, le donne comprendevano il 55% dei ca-si di POAG, il 70% di quelli con PACG e il 59% di tutti i casi di glaucoma. Gli Asiatici rappresentavano la maggior parte dei pa-zienti con il 47% di quelli con POAG e l’87% con PACG. Dato as-solutamente allarmante era il numero di 4.5 milioni di pazienti con POAG che presentavano una cecità bilaterale, mentre i cie-chi bilaterali affetti da ACG erano invece 3.9 milioni. Nel 2020 il numero potrebbe aumentare rispettivamente a 5.9 e 5.3 milioni. Estremamente interessante inoltre notare come la percentuale

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della patologia glaucomatosa fosse già diagnosticata nella popo-lazione dei diversi studi in una percentuale molto diversa tra i paesi ad elevato tenore di sviluppo e quelli in via di sviluppo. Infatti nel POAG questa percentuale era del 34% nel primo ca-so e nell’8%; nell’ACG la differenza tra i due gruppi era ancora più impressionante contrapponendo un 67% nei paesi sviluppa-ti contro lo 0.1% di quelli in via di sviluppo. Il POAG risultava maggiormente evidente nei popoli Africani, con una uguaglian-za di prevalenza con i Latini Americani, i Cinesi e gli Africani in età avanzata; la prevalenza dell’ACG era molto elevata nei Ci-nesi, intermedia nei Giapponesi e bassa in Europa ed India. Il numero stimato sia per il POAG e per l’ACG era di 60.5 milioni di persone per il 2010 (Tab. 8) con la prevalenza maggiore di en-trambe le forme in Cina, seguita dall’Europa e dall’India. L’Afri-ca possedeva il maggior numero di glaucomi in pazienti anziani seguita dal Giappone e dall’America latina. Il numero assoluto di persone con POAG nel 2010 era il più alto in Europa (Tab. 9).Il gruppo europeo rappresen tava il 23.9% di tutti i POAG dei 5 gruppi seguito dal 4.7% della sola regione asiatica. Il più alto nu-mero di ACG nel 2010 era presente in Cina 47.5% della popolazione

Paolo Frezzotti

Tabella 8Numero di persone con glaucoma ad angolo aperto e glaucoma ad angolo chiuso combinate, 2010

Regione del

mondo

Glaucomi totali

CI più basso

CL più alto

Totale della popolazione

>40

Percentuale glaucoma rispetto

alla popolazione >40

CL più basso

CL più alto

Cina 15,782,196 11,114,702 23,640,340 593,278,000 2.66% 1.87% 3.98%

Europa 12,064,740 8,910,702 16,475,405 541,933,000 2.23% 1.64% 3.04%

India 11,944,896 9,443,597 15,447,556 468,426,000 2.55% 2.02% 3.30%

Africa 6,458,023 5,227,245 7,979,655 149,408,000 4.32% 3.50% 5.34%

America latina 5,677,158 3,252,201 10,035,372 169,215,000 3.35% 1.92% 5.93%

SE Asiatico 4,257,620 2,990,848 6,432,503 178,899,000 2.38% 1.67% 3.60%

Giappone 2,662,446 2,278,345 3,154,376 72,007,000 3.70% 3.16% 4.38%

Medio Oriente 1,618,718 1,171,439 2,268,907 110,094,000 1.47% 1.06% 2.06%

Mondo 60,465,796 44,388,425 85,434,114 2,283,320,000 2.65% 1.94% 3.74%

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totale e sommando le percentuali dei diversi paesi studiati dell’in-tera regione asiatica la percentuale di ACG arriva all’86.5% (Tab. 10). Nel 2010 74.0% degli affetti da glaucoma erano POAG, 26.0% ACG. La media della prevalenza per il POAG nel mondo nel 2010 era dell’1.96% e dello 0.69% per gli ACG (Tab. 11). Le donne rap-presentavano la categoria più predisposta al glaucoma primario: 59.1% di tutte le persone con glaucoma e più del 51.5% della popo-lazione media sopra i 40 anni. La prevalenza legata all’età per le 8

Cap. 1 Il problema della cecità in Italia: epidemiologia

Tabella 9Numero di persone con glaucoma ad angolo aperto, 2010

OAG totali CL più basso CL più alto % mondiale di OAG

Europa 10,693,335 7,599,188 15,040,703 23.9

Cina 8,309,001 6,695,433 10,423,439 18.6

India 8,211,276 6,812,711 9,937,413 18.4

Africa 6,212,179 4,992,103 7,722,626 13.9

America latina 5,354,354 2,943,534 9,697,792 12.0

Giappone 2,383,802 2,106,534 2,697,623 5.3

Sud Est Asiatico 2,116,036 1,744,523 2,580,354 4.7

Medio Oriente 1,440,849 1,001,315 2,082,944 3.2

Mondo 44,720,832 33,895,340 60,182,894

Tabella 10Numero di persone con glaucoma ad angolo chiuso, 2010

ACG totali CL più basso CL più alto % mondiale di ACG

Cina 7,473,195 4,419,269 13,216,902 47.5

India 3,733,620 2,630,886 5,510,142 23.7

Sud Est Asiatico 2,141,584 1,246,325 3,852,149 13.6

Europa 1,371,405 1,310,861 1,434,702 8.7

America latina 322,804 308,667 337,581 2.1

Giappone 278,643 171,811 456,753 1.8

Africa 245,844 235,143 257,029 1.6

Medio Oriente 177,869 170,124 185,964 1.1

Mondo 15,744,965 10,493,085 25,251,221

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popolazioni è stata calcolata in base a modelli regionali di riferi-mento sia per il POAG che per l’ACG e aggiustata in base alla GEE (generalised estimating equations), in modo tale da avere il tota-le dei POAG e degli ACG. Non è stata messa in evidenza nessuna

Paolo Frezzotti

Tabella 11Percentuale di OAG e ACG > 40 di età nelle diverse regioni

OAG ACG

Africa 4.16% Cina 1.26%

Giappone 3.31% Sud Est Asiatico 1.20%

America latina 3.16% India 0.80%

Europa 1.97% Giappone 0.39%

India 1.75% Europa 0.25%

Cina 1.40% America latina 0.19%

Medio Oriente 1.31% Africa 0.16%

Sud Est Asiatico 1.18% Medio Oriente 0.16%

Mondo 1.96% Mondo 0.69%

Tabella 12Numero di persone con glaucoma ad angolo aperto e ad angolo chiuso comparate, 2020

Regioni mondiali

Glaucoma totali

CL inferiore

CL superiore

Popolazione totale > 40

Ratio Popolazione

glaucomatosa > 40

CL inferiore

CL superiore

Cina 21,825,015 15,564,052 32,008,501 714,911,000 3.05% 1.64% 1.41%

India 16,088,243 12,661,836 20,921,034 610,439,000 2.64% 1.81% 0.82%

Europa 13,971,113 19,017,776 19,017,776 583,088,000 2.40% 2.13% 0.27%

Africa 8,359,451 10,360,282 10,360,282 190,366,000 4.39% 4.22% 0.17%

Am. latina 8,011,575 14,035,093 14,035,093 222,238,000 3.60% 3.40% 0.20%

SE Asiatico 6,005,711 8,976,978 8,976,978 234,717,000 2.56% 1.29% 1.26%

Giappone 3,084,669 3,686,374 3,686,374 77,968,000 3.96% 3.53% 0.43%

M. Oriente 2,295,407 3,210,499 3,210,499 151,907,000 1.51% 1.35% 0.17%

World 79,640,184 112,216,536 112,216,536 2,785,634,000 2.86% 2.11% 0.75%

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prevalenza legata al sesso per i POAG, mentre per i casi di ACG le donne costituivano la maggioranza. Questo studio quantifica la presenza della malattia nel 2010 in circa 60.5 milioni di persone af-fette da POAG e ACG con una stima di incremento delle diverse forme di glaucoma fino a 79.6 milioni di persone nel 2020 di cui il 74% saranno POAG (Tab. 12). Questa analisi prevede che nel 2020 l’Europa conserverà la leadership della prevalenza del glaucoma, seguita però dall’India e si stima che in Cina ci saranno 6 milioni di persone affette dal glaucoma (Tab. 13). Il totale della popolazio-ne nel mondo con POAG nel 2020 arriverà a 58.6 milioni, mentre quella con ACG arriverà a 20 milioni (Tab. 14). Il numero di ciechi per glaucoma nel 2020 si stima che arriverà a 11,114,117 individui includendo i 5,863,953 ciechi per POAG e i 5,250,164 ciechi per ACG.Il Chennai Glaucoma Study valuta la prevalenza e i fattori di rischio del POAG tra la popolazione urbana e quella rurale del Sud-India e ci mostra come il 94% dei pazienti abbia avuto la prima diagnosi nel corso dello studio; che l’1.5% dei partecipan-ti erano ciechi bilaterali e il 3.3% ciechi unilaterali e che la pre-valenza del POAG nella popolazione urbana rispetto a quella ru-rale era più elevata (Tab. 15).Lo studio ha analizzato 3850 soggetti dei 4800 inizialmente

Cap. 1 Il problema della cecità in Italia: epidemiologia

Tabella 13Numero di OAG nel 2020

OAG totali CL inferiore CL superiore % mondiale di OAG

Europa 12,397,352 8,834,379 17,371,262 21.1

Cina 11,733,463 9,478,881 14,637,523 20.0

India 11,076,123 9,169,246 13,437,368 18.9

Africa 8,040,780 6,439,995 10,027,097 13.7

America latina 7,559,113 4,193,288 13,561,883 12.9

Sud Est Asiatico 3,039,376 2,497,186 3,715,897 5.2

Giappone 2,749,598 2,417,389 3,127,327 4.7

Medio Oriente 2,043,721 1,422,895 2,947,352 3.5

Mondo 58,639,527 44,453,258 78,825,708

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arruolati: 1710 (44%) erano maschi, 2140 (55.6%) donne: età me-dia 54.8 +/-10.6 anni (range 40-103). Nella tabella 15 vengono ri-portati in dettaglio i dati comparativi tra la popolazione rurale e quella urbana; l’età: nessuna differenza tra gruppi partecipan-ti, la media dell’età della popolazione urbana era più elevata di quella rurale, 54.8 +/-10.6 vs. 53.8 +/-10.6 nei partecipanti. La prevalenza del POAG nella popolazione urbana era decisamente più elevata che nella rurale 3.51% vs 1.62%: in entrambi i gruppi essa aumentava all’aumentare dell’età.Il Rotterdam Study analizza l’incidenza del POAG nella popola-zione anziana: 3842 partecipanti allo studio di età media di 55 anni (il 78% dei quali ha contribuito al follow-up) dopo un fol-low-up di circa 6.5 anni (range 5.0-9.4 anni) ha mostrato l’insor-genza di 58 casi a rischio di POAG e 29 con diagnosi certa: il ri-schio a 5 anni era dell’1.2% per i casi probabili di POAG e dello 0.6% per quelli certi con una percentuale variabile dall’1% al 3% tra i 60 e gli 80 anni. Il rischio di sviluppare POAG era 5 vol-te superiore nei pazienti di età superiore ai 75 anni. Nella tabel-la 16 viene riportata la prevalenza-incidenza legata all’età che per il POAG ammontava ad 1.8% intorno ai 55 anni in crescendo all’1.4% tra i 55 e i 59 anni e al 2.6% da 80 anni in su.Abbiamo visto alcuni studi che hanno cercato di porre chiarezza

Paolo Frezzotti

Tabella 14Numero di ACG nel 2020

ACG totali CL più basso CL più alto % mondiale di ACG

Cina 10,090,552 6,085,171 17,370,978 48.0

India 5,012,120 3,492,590 7,483,666 23.9

Sud Est Asiatico 2,966,334 1,744,908 5,261,080 14.1

Europa 1,573,761 1,504,174 1,646,514 7.5

America latina 452,462 432,612 473,211 2.2

Giappone 335,071 203,299 559,047 1.6

Africa 318,671 304,784 333,185 1.5

Medio Oriente 251,686 240,720 263,147 1.2

Mondo 21,000,657 14,008,258 33,390,828

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su un aspetto quanto mai importante per comprendere l’impat-to sociale di una malattia la cui asintomaticità nelle fasi iniziali e l’irreversibilità del danno funzionale prodotto, ne fanno anco-ra oggi una malattia sottostimata e al tempo stesso già al pri-mo posto come causa di cecità irreversibile al mondo. Abbiamo visto anche come l’evoluzione stessa della definizione di glauco-ma e della maggiore attenzione/sensibilità delle procedure dia-gnostiche stiano contribuendo ad una migliore definizione dei confini numerici di questa patologia riscrivendone la prevalenza nei paesi ad elevato tenore di sviluppo e dando dei primi valori numerici significativi anche nei paesi in via di sviluppo. L’inte-resse sociale via via crescente grazie anche alla migliore quan-tificazione della prevalenza del glaucoma, spingono la comunità

Cap. 1 Il problema della cecità in Italia: epidemiologia

Tabella 15Confronto tra la popolazione urbana e rurale oggetto dello Studio

Parametri Rurale Urbana Valore PPartecipanti (%) 3924 (81.95) 3850 (80.21) <0.0001*Età media dei partecipanti (anni) 53.8 ± 10.6 54.8 ± 10.6 <0.008*Età media dei non partecipanti (anni) 52.5 ± 10.5 53.8 ± 10.9Maschi:Femmine 1760:2174 1710:2140 <0.0001*IOP (mmHg)Media 14.29 ± 3.32 16.17 ± 3.7497.5th percentile 21 2499.5th percentile 25 30Media CCT (microns) 505.9 ± 31.1 520.7 ± 33.4 <0.0001*VCDR 0.39 ± 0.17 0.43 ± 0.1797.5th percentile 0.7 0.7 <0.0001*99.5th percentile 0.8 0.8Asimmetria CDR 99.5th percentile 0.2 0.2Ipertensione 1273 1403 0.0001Diabete 291 795 <0.0001Prevalenza POAG (%) 64 (1.62) (33. 30. 1) 135 (3.51) (30. 105. 0) <0.0001Diagnosticati in studio (%) 63 (98.5) 127 (94.1) NSCecità bilaterale 2 (3.1) 2 (1.5) NSCCT = central corneal thickness; CDR = cup disc ratio; IOP = intraocular pressure;NS= not significant; POAG = primary open angle glaucoma; VCDR = vertical CDR*t test

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scientifica internazionale a migliorare sempre più le metologie osservazionali spingendosi fino a delle proiezioni futuribili ver-so le quali muovere investimenti e risorse atte a vincere la bat-taglia contro questa patologia ancora oggi troppo sottostimata e tardivamente diagnostica e curata.

Si ringrazia la dott.ssa Ilaria Motolese

Paolo Frezzotti

Tabella 16Tasso d’incidenza e incidenza a 5 anni di glaucoma ad angolo aperto probabile e diefinito

Fascia d’età (anni)

N. di Casi

Persone/annoa rischio

Tasso d’incidenza*(95% intervallo di confidenza) Incidenza a 5 anni (%)

Uomini 55-59 2 913 2.2 (0.5-8.8) 1.160-64 5 2,657 1.9 (0.8-4.5) 0.965-69 11 2,852 3.9 (2.1-7.0) 1.970-74 11 2,116 5.2 (2.9-9.4) 2.675-79 8 1,171 6.8 (3.4-13.7) 3.480+ 4 607 6.6 (2.5-17.6) 3.2

Complessivo 41 10,316 4.0 (2.9-5.4) 2.0Donne55-59 4 1,242 3.2 (1.2-8.6) 1.660-64 3 3,481 0.9 (0.3-2.7) 0.465-69 12 3,496 3.4 (1.9-6.0) 1.770-74 13 2,847 4.6 (2.7-7.9) 2.375-79 8 1,895 4.2 (2.1-8.4) 2.180+ 6 1,262 4.8 (2.1-10.6) 2.3

Complessivo 46 14,223 3.2 (2.4-4.3) 1.6Totale55-59 6 2,155 2.8 (1.3-6.2) 1.460-64 8 6,138 1.3 (0.7-2.6) 0.665-69 23 6,348 3.6 (2.4-5.5) 1.870-74 24 4,963 4.8 (3.2-7.2) 2.475-79 16 3,066 5.2 (3.2-8.5) 2.680+ 10 1,869 5.4 (2.9-9.9) 2.6

Complessivo 87 24,539 3.5 (2.9-4.4) 1.8*Il tasso d’incidenza era calcolato per 1000 persone/anno

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Cap. 1 Il problema della cecità in Italia: epidemiologia

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Capitolo 2

La cecità da glaucoma:il ruolo della diagnosi e dei fattori di rischio

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Il glaucoma e, in particolare, il glaucoma primario ad angolo aperto, è certamente una delle più importanti patologie oculari, sia per quanto riguarda la prevalenza e l’impatto socio-economi-co, sia per quanto riguarda la prognosi e la qualità di vita del paziente.Lo scopo della diagnosi è quello di poter iniziare una terapia il più precocemente possibile, in modo da bloccare la progressione della perdita di cellule ganglionari. Se calcoliamo che ogni anno si ha una perdita fisiologica di circa 5000 cellule ganglionari, ben si comprende che più tardi si instaura una terapia appropriata, più rilevante sarà la perdita.Il problema principale è che spesso si giunge alla diagnosi troppo tardi, quando la malattia ha già causato danni avanzati. Perché questo accade? Fattore importante è che la malattia sia priva di sintomatologia negli stadi iniziali. Il paziente non si presenta alla visita specialistica perché non ha sintomi né disturbi visivi. Spes-so, nonostante nel campo visivo ci siano già piccole alterazioni, il paziente non nota alcun fastidio; questo accade perché la malattia glaucomatosa è tipicamente asimmetrica, permettendo al pazien-te di sopperire al danno di un occhio con l’occhio controlaterale. Inoltre il cervello umano è in grado di ricostruire parzialmente l’immagine che uno scotoma visivo potrebbe alterare. In altre pa-role il nostro cervello estrapola i dati visivi che giungono per ri-costruire la parte mancante. Ovviamente viene a mancare la de-finizione iniziale e questo può essere percepito dal paziente come lieve annebbiamento visivo, ma non viene mai percepito, almeno negli iniziali stadi della malattia, come una macchia nera.Difficilmente il paziente si presenta in ambulatorio perché ha una sintomatologia collegata al glaucoma. In uno studio italiano è emerso che la maggior parte dei pazienti a cui si fa la diagnosi di glaucoma va dall’oculista per una visita di controllo o perché c’è stata una riduzione del visus da vicino. Pochi sono quelli che si fanno visitare per familiarità alla malattia.Importante è valutare l’età del paziente e ricordarsi che il glauco-ma primario ad angolo aperto (POAG) è una patologia che colpi-sce gli strati più anziani della popolazione. L’incidenza di difetti glaucomatosi del campo visivo in soggetti al di sotto dei 40 anni è dello 0.7%, mentre sale al 4.8% al di sopra dei 60 anni. Inoltre

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studi epidemiologici, come il “Baltimore Eye Survey”, hanno mo-strato che soggetti di razza nera e caraibica presentano una mag-giore incidenza rispetto a soggetti di razza caucasica1.La domanda: “qualcuno dei parenti soffre di glaucoma?” dovreb-be essere d’obbligo nelle anamnesi per glaucoma, da quando è no-ta l’alta incidenza di glaucoma primario ad angolo aperto in talu-ni alberi genealogici: il rischio di sviluppare la malattia è da 3 a 6 volte più alto per chi ha parenti di primo grado affetti. Inoltre

Cap. 2 La cecità da glaucoma: il ruolo della diagnosi e dei fattori di rischio

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Fig.1-5: 1) visione normale, 2) Visione con difetto paracentrale inferio-re, 3) visione con difetto arcuato superiore, 4) difetto arcuato superiore ed inferiore, 5) restringimento del campo visivo.

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da tenere in considerazione anche l’eventuale presenza di miopia e diabete, essendo considerati fattori di rischio medio per glauco-ma. Non si sa se questo sia dovuto al fatto che tali pazienti sia-no più portati a fare visite regolari di controllo o se ci siano ef-fettivamente alterazioni della matrice extracellulare e del tessuto connettivale nelle strutture trabecolari.

Dal punto di vista clinico, l’identificazione della malattia glau-comatosa è cambiata negli anni: mentre un tempo era basata principalmente sui valori di pressione intraoculare (IOP), ponen-do come cut-off tra normalità e malattia il valore di 21 mmHg, dall’ultima decade la definizione di glaucoma è cambiata a “malattia della testa del nervo ottico”, la cui diagnosi è basata sull’anormalità della testa del nervo ottico/strato delle fibre ner-vose retiniche e sull’anormalità del campo visivo, situazione ac-compagnata da una IOP troppo alta per la testa del nervo ottico: in questo modo un valore ideale di 16 o di 23 mmHg può essere “normale” o “da trattare”. Il livello della IOP è il principale fattore di rischio nello sviluppo di un’escavazione glaucomatosa papillare ed è l’unico parametro che è stato dimostrato essere trattabile.La sua importanza è indiscussa ma esistono concause di varia natura che rendono le strutture oculari (nervo ottico) più o meno resistenti nei confronti di un dato valore pressorio. Nasce il con-cetto di obiettivo pressorio (target IOP).Ovviamente questo rende la diagnosi più difficoltosa perché non abbiamo più un “numero magico”, ma la IOP deve essere valutata paziente per paziente e in associazione ad altri parametri strut-turali e funzionali. Un ulteriore fattore che può portare ad una diagnosi tardiva e quindi ad un danno ormai avanzato, è il fatto che i soggetti affet-ti da glaucoma a pressione normale, o “normal tension glaucoma (NTG)”, sono circa il 10-30%. Tale percentuale non è da sottova-lutare e un’attenta osservazione della papilla ottica potrebbe si-curamente aiutare nella diagnosi. Ricordiamoci che tale patolo-gia sembra essere più frequente nelle donne.Anche le variazione di IOP a breve termine (nella stessa giorna-ta) e a lungo termine (durante il follow-up) non dovrebbero essere

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sottovalutate, malgrado siano di significato clinico ancora dub-bio. Alcuni autori sostengono che le variazioni della IOP sono cli-nicamente importanti nel peggioramento dello stato della malat-tia, mentre altri sostengono che possono essere importanti solo nei pazienti con glaucoma a pressione normale. Comunque sia, variazioni della IOP > 5 mmHg possono essere più frequenti in occhi glaucomatosi quindi un singolo riscontro di pressione con-siderata “normale” non deve escludere a priori una diagnosi di glaucoma, così come un singolo riscontro di pressione elevata non può fare diagnosi di malattia. Ciò è importante nel momen-to di fare diagnosi.Importante parametro da tenere in considerazione è lo spessore corneale centrale (CCT), il quale è risultato essere correlato con una sovrastima o sottostima dei valori della IOP. Una cornea più sottile causa sottostima della IOP e quindi un possibile ritardo nell’inizio della terapia. Il CCT è un parametro indipendente da altri parametri oculari, non è associato ad errori rifrattivi, al-la lunghezza assiale, alla profondità della camera anteriore e al-la curvatura corneale; varia inoltre nell’ambito delle popolazioni glaucomatose: i neri americani hanno cornee significativamente più sottili; caucasici, cinesi, ispanici e filippini hanno valori di CCT comparabili, mentre i giapponesi hanno cornee più sottili dei cinesi e dei filippini.Per diversi anni, la tonometria ad applanazione è stata il metodo preferito per la misurazione della IOP e, ancora oggi, continua ad essere il solo metodo utilizzato nei trial clinici. Goldmann cono-sceva bene la relazione tra CCT e IOP affermando chiaramente, una volta introdotto il suo tonometro, che tale relazione era vali-da solo per un valore medio di spessore corneale di 520 µm, mi-surato con la pachimetria ottica2. Tale convinzione venne confer-mata da Ehlers3, che notò una relazione tra CCT e IOP in occhi glaucomatosi. Altro importante passo in tale direzione fu fatto con lo svilup-po della chirurgia rifrattiva (soprattutto della cheratectomia me-diante laser ad eccimeri e della laser in situ keratomileusis-LA-SIK) che portò gli oftalmologi a rivalutare l’importanza della curvatura anteriore corneale e del suo spessore; più piatta è la cornea infatti, più facile è l’applanazione e la correttezza nella

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misurazione della IOP mediante tecnica Goldmann. Dopo chirur-gia rifrattiva, la pressione intraoculare diminuiva al diminuire dello spessore corneale.Molti oftalmologi hanno iniziato a misurare routinariamente il CCT dimostrando importanti variazioni nello spessore cornea-le. Anche se variazioni estreme possono essere rare, nella chi-rurgia rifrattiva esse sono molto comuni, con un range norma-le di CCT probabilmente maggiore rispetto a quello prospettato da Goldmann e Schmidt4. Si è continuato, in seguito, a cercare di determinare l’impatto del CCT sulla tonometria ad applanazio-ne; nonostante ciò, nessun metodo di correzione della IOP in ba-se al valore del CCT è stato introdotto ed accettato dalla comu-nità scientifica.Solo le scoperte dell’Ocular Hypertension Treatment Study (OHTS)5-6 furono d’importanza tale da spingere gli oftalmologi a cambiare la loro pratica clinica; esso riconobbe il CCT come un importante fattore di rischio per la progressione dall’ipertensi-ne oculare al glaucoma primario ad angolo aperto. In un model-lo multivariato comprendente la IOP, il CCT risultò essere il fat-tore più importante nel modello predittivo. Questa scoperta fu convalidata nell’European Glaucoma Prevention Study (EGPS)7 e nell’unito modello predittivo OHTS/EGPS; ogni 40 µm di assotti-gliamento corneale centrale conferiva un aumento del rischio di sviluppare glaucoma in 5 anni di 2 volte8.Malgrado questo risultato, il dibattito è ancora aperto circa l’ef-fettivo ruolo del CCT, ossia se esso vada ad influenzare solamen-te la misurazione della IOP, se sia effettivamente un fattore indi-pendente di rischio che si basa su caratteristiche biomeccaniche dei tessuti oculari oppure entrambe le cose. Si ritenne che il CCT potesse influire sulla correttezza della tonometria o che forse fosse collegato ad un livello più fondamentale della fisiopatologia del glaucoma. Le conoscenze attuali delle caratteristiche corneali non permettono di giungere ad una risposta; è come se l’associa-zione con il glaucoma fosse più complessa della semplice presen-za di uno spessore anatomico.Per esempio, alcuni studi suggeriscono una possibile correlazio-ne tra spessore corneale e spessore della lamina cribrosa. Con l’età è stato dimostrato un aumento dello spessore della lamina

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cribrosa9; questo cambiamento strutturale della lamina, potreb-be avere implicazioni nel suo funzionamento in termini di com-pliance e reversibilità e potrebbe avere una particolare rilevan-za nel glaucoma: aumentando con l’età infatti, è stato identificato come forte fattore di rischio per lo sviluppo della malattia glau-comatosa. Nell’occhio non glaucomatoso invece, lo spessore cor-neale e quello della lamina cribrosa non correlano significativa-mente. Questo suggerisce che una presunta relazione tra CCT e suscettibilità al glaucoma non può essere spiegata da una corri-spondenza anatomica tra spessore corneale e lamina cribrosa10,11.Nonostante questo, cambiamenti sclerali risultano essere molto rilevanti nel glaucoma e proprietà sclerali, come l’elasticità e lo spessore, potrebbero essere lo specchio di quelle laminari. Ven-ne dimostrato, in uno studio sperimentale sul glaucoma condotto su occhi di scimmie, che un acquisito assottigliamento regiona-le nella sclera posteriore aumentava lo stress nella parete sclera-le, suggerendo che gli occhi con una sclera più sottile hanno un rischio più elevato di danno glaucomatoso12. Negli uomini è sta-to riportato un assottigliamento sclerale acquisito con una mio-pia sperimentale e c’è una forte evidenza epidemiologica che una miopia sempre più elevata sia associata ad una crescente preva-lenza di glaucoma13-16. Mentre queste associazioni sono valide per l’occhio glaucomatoso, ciò non vale in quello non glaucomatoso. In esso infatti non è sta-ta riscontrata alcuna associazione tra CCT, strato delle fibre ner-vose retiniche peripapillari17 e spessore della lamina cribrosa11.Non si sa se esista una corre lazione tra CCT e morfologia ed isto-logia laminare e dello strato delle fibre nervose peripapillari in occhi con glaucoma. In due studi basati su due popolazioni, l’Ear-ly Manifest Glaucoma Trial (EMGT)18 e il Barbados Eye Study19, i pazienti vennero arruolati quando il glaucoma, e non l’iperten-sione oculare, veniva diagnosticato. In particolare, nell’EMGT, i pazienti “nuovi diagnosticati” furono inclusi dopo uno screening di popolazione. Il reclutamento veniva basato sui cambiamenti del nervo ottico e/o del campo visivo, non della IOP. In entram-bi gli studi, nessuna associazione significativa fu trovata tra CCT e glaucoma. A differenza dell’OHTS, il protocollo EMGT non for-nì nessuna possibilità al CCT di influenzare il reclutamento o le

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scelte terapeutiche. Sempre nell’EMGT, seguendo i pazienti per 5 anni, il CCT non fu riscontrato essere un fattore predittivo significativo per la pro-gressione glaucomatosa19. Comunque, dopo 11 anni di follow up, Leske et al.20 trovarono che il CCT di base era un predittore si-gnificativo per la progressione del glaucoma, un risultato osser-vato in pazienti con IOP di base più alta e non in pazienti con IOP di base più bassa. Sfortunatamente, nonostante gli sforzi, sia l’OHTS che l’EMGT non possono provare che il CCT sia collegato al rischio glauco-matoso su un livello biologico. Nonostante ciò, le nuove scoperte dell’EMGT fanno capire che un tale collegamento è un’ipotesi ve-rificabile, valevole di una continua ricerca che porti a capire me-glio la fisiopatologia del glaucoma.Una correlazione tra CCT e malattia glaucomatosa è stata riscon-trata quando si è studiata la differenza di spessore corneale tra i due occhi in pazienti con il glaucoma, e si è trovato che una dif-ferenza di spessore corneale centrale tra i due occhi dello stes-so paziente potrebbe essere associata a uno stadio più avanzato del danno glaucomatoso nell’occhio con cornea più sottile21. 800 pazienti sono stati arruolati sulla base dell’analisi della perime-tria, della testa del nervo ottico e della misurazione della IOP. La differenza (Δ) tra i due occhi dello stesso paziente è stata calco-lata per tutti i parametri considerati e sono stati creati due sot-togruppi sulla base di Δ CCT, utilizzando come cut-off un valore di Δ CCT = 20 μm. Nessuna differenza significativa è stata trova-ta per Δ IOP, ma è stata trovata una differenza significativa tra i due sottogruppi per Δ MD, Δ PSD e C/D ratio dimostrando che una differenza di CCT tra i due occhi di uno stesso paziente po-trebbe essere associata ad uno stadio più avanzato della patolo-gia glaucomatosa nell’occhio con cornea più sottile e quindi a una prognosi negativa all’occhio con la cornea più sottile. In altre pa-role si può dire che una cornea più sottile risulta essere un fatto-re di rischio per la patologia glaucomatosa. Un esame come la pachimetria può essere molto utile per ottene-re un fattore prognostico per l’insorgenza di glaucoma in un pa-ziente con ipertensione oculare o per valutare la prognosi in un paziente con glaucoma, ma non deve essere unicamente eseguita

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per valutare la “reale” IOP. Dopo l’anamnesi e quindi la valutazione dei fattori di rischio del paziente, un’attenta visita oculistica con una buona osservazione della papilla ottica in midriasi dovrebbe essere sufficiente per in-dividuare i soggetti con una significativa perdita di fibre retini-che e per suggerire al paziente una serie di esami di approfondi-mento. Ma non sempre è così facile, infatti la presenza di aspetti differenti di canali sclerali e quindi di papille ottiche fa sì che non esista una netta distinzione tra papilla normale e con glauco-ma, ritardando il momento della diagnosi. Comunque esistono al-cuni elementi utili per identificare una papilla glaucomatosa che, quando presenti, possono essere fondamentali per la diagnosi: l’assottigliamento localizzato del bordo o la presenza di un notch, il colore della papilla22, ed eventualmente la presenza di vasi a “baionetta” o di emorragie peripapillari, un’asimmetria tra i due occhi del rapporto tra area dell’escavazione e quella della papil-la ottica (C/D ratio)23.Nei casi sospetti una fotografia o una diapositiva o ancor meglio un’analisi computerizzata della papilla ottica o uno studio delle fibre nervose retiniche peripapillari può essere utile subito per la quantificazione delle strutture studiate ma soprattutto per il follow-up per poter valutare eventuali cambiamenti tipici della presenza della malattia glaucomatosa. Attualmente abbiamo a di-sposizione molti strumenti per identificare la malattia negli sta-di iniziali, potendo quindi instaurare una terapia il più precoce-mente possibile. L’analisi del campo visivo rimane l’esame fondamentale nel glau-coma ed è la tecnica a cui viene riconosciuta maggiore impor-tanza per stabilire la diagnosi e per controllare l’andamento nel tempo dei pazienti affetti da glaucoma primario ad angolo aper-to. Sono disponibili svariati tipi di strumenti, di strategie e di programmi, ma il modo migliore di evidenziare le più precoci al-terazioni del campo visivo è di praticare una valutazione di so-glia dei 30°-24° centrali del campo visivo mediante perimetria statica. I programmi 24-2 o 30-2 dell’Humphrey Field Analyzer o i programmi G1 o G2 del perimetro Octopus sono quelli usual-mente più impiegati. L’esame del campo visivo è fondamentale sia nella diagnosi che nel follow-up dei pazienti con glaucoma24.

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Difficilmente l’esame del campo visivo crea dei falsi negativi, ma più facilmente dei falsi positivi che obbligano il paziente ad es-sere seguito per un certo periodo. Bisogna ricordare che l’esame del campo visivo è un esame psico-fisico che coinvolge emotiva-mente la maggior parte dei pazienti, questo coinvolgimento emo-tivo spinge il paziente a dimenticarsi o ad allungare i tempi tra un esame e l’altro ritardando in alcuni casi la possibilità di inter-venire precocemente e rallentare la perdita di cellule ganglionari retiniche. Chauhan e collaboratori hanno statisticamente mostra-to che per identificare la perdita di 2 dB di sensibilità all’anno è necessario fare almeno 3 campi visivi all’anno, se si diminuisce o si aumenta il numero di esami la capacità di identificare cam-biamenti aumenterà o diminuirà25. Accanto alla perimetria convenzionale o bianco su bianco, esisto-no altri tipi di perimetria chiamata non convenzionale che uti-lizza tecniche differenti per andare a testare la funzionalità del-le cellule ganglionari retiniche. Tra queste le più conosciute sono la perimetria blu su giallo (SWAP, short-wave automatted peri-metry) e la perimetria a duplicazione di frequenza (FDT). Negli ultimi anni la perimetria blu su giallo è stata dimenticata per la lunghezza dell’esame e per l’alta variabilità legata ad esempio al-la trasparenza del cristallino, mentre l’FDT è stato spinto come tecnica capace di fare diagnosi precoce di glaucoma, ma con dei margini di errore (falsi positivi) ancora significativi. È importan-te ricordare che queste tecniche perimetriche non-convenzionali possono identificare anche difetti precoci, cioè non ancora visibi-li alla perimetria bianco/bianco, ma nonostante ciò non possono sostituirla.

Per identificare la perdita di cellule ganglionari si utilizzano an-che strumenti computerizzati capaci di quantificare lo spessore dello strato delle cellule ganglionari in differenti aree del polo posteriore. L’analisi della papilla ottica può essere fatta oftalmoscopicamen-te oppure con altri strumenti tra cui, quello che ha assunto gran-de importanza negli ultimi tempi, è l’Heidelberg Retina Tomogra-ph (HRT; Heidelberg Engineering GMBH, Heidelberg, Germany). È un oftalmoscopio che usa un laser a scansione capace di fare

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una scansione della superficie retinica in multipli piani paralle-li. Sfruttando questo raggio laser confocale (il raggio emesso si trova sulla stessa direttrice del raggio riflesso) con una lunghez-za d’onda di 670 nm, consente di acquisire tre serie di immagi-ni della testa del nervo ottico e di ottenere un’unica immagine tridimensionale finale. Al termine dell’esame il software fornisce informazioni su una serie di parametri utili all’esaminatore per valutare lo stato iniziale o quantificare la progressione del dan-no glaucomatoso.I suoi parametri hanno dimostrato di avere una buona sensibilità e specificità nell’identificare i cambiamenti che avvengono in cor-so di patologia glaucomatosa26,27. Zangwill e collaboratori hanno pubblicato diversi studi in cui si è cercato di valutare la capacità diagnostica dell’HRT e la sua efficacia nel rilevare obiettivamente e quantitativamente cambiamenti glaucomatosi della papilla otti-ca, nonché di determinare se le sue misurazioni sono predittrici accurate dello sviluppo di un glaucoma primario ad angolo aper-to (POAG). Tali studi hanno dimostrato che le misurazioni topo-grafiche ottenute con l’HRT corrispondono molto bene alle stime stereografiche del C/D ratio orizzontale e verticale28, che gli in-dici e i parametri stereometrici ottenuti con l’HRT sono stati ri-levati essere statisticamente e significativamente associati con lo sviluppo del glaucoma. In un altro studio è stato dimostrato che quando la classificazione MRA (Moorfields Regression Analysis) globale, temporale inferiore e nasale inferiore era fuori dai limiti della norma, c’era un aumentato rischio di sviluppare glaucoma che variava dal 2.39 al 5.8029-30. Per portare sensibilità e specificità rispettivamente all’80 e al 90%, sono state ulteriormente introdotte da alcuni autori delle formu-le di analisi discriminanti (DAF)31-36. I punti deboli dell’HRT sono: il piano di riferimento, stabilito automaticamente dal sistema 50 µm al di sotto della superficie retinica e il contorno della papilla tracciato dall’operatore37, anche se si è visto che piccoli cambia-menti di posizionamento della linea di contorno non sono associa-ti a cambiamenti della capacità diagnostica38. Un nuovo metodo per analizzare la testa del nervo ottico senza usare una linea di contorno e il piano di riferimento è il Glau-coma Probability Score (GPS). Il GPS usa un modello geometrico

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in grado di ricostruire un’immagine tridimensionale della papilla sulla base di cinque parametri: dimensione e profondità dell’esca-vazione, ripidità del bordo, curvatura orizzontale e verticale del-lo strato delle fibre nervose retiniche. Tutto ciò ha permesso di ovviare al problema dell’esaminatore escludendone l’input. La ca-pacità diagnostica di questa nuova formula è stata confrontata con quella delle formule discriminanti e gli autori hanno mostra-to che usando l’HRT GPS è possibile differenziare occhi norma-li da occhi glaucomatosi con una capacità diagnostica lievemente minore rispetto a quella delle DAF e della MRA, ma senza qua-lunque tipo di interferenza esterna da parte dell’esaminatore39.Un altro strumento utile per individuare cambiamenti a livello papillare ma soprattutto a livello dello strato delle fibre nervose retiniche sono l’OCT e il GDx. L’OCT, o tomografia a coerenza ottica, è una tecnica non invasi-va che fornisce immagini ad alta risoluzione di sezioni trasversa-li della retina, del nervo ottico e del corpo vitreo. Viene eseguito dirigendo un fascio di luce sul fondo oculare e misurando con un interferometro a coerenza ridotta l’intervallo di tempo necessario per il ritorno della luce riflessa e la sua ampiezza. L’imaging ot-tenuto rappresenta una sezione trasversale del tessuto analizzato dal fascio di luce e viene rappresentato come immagine bidimen-sionale in scala di colori o di grigi secondo la diversa reflettivi-tà degli strati attraversati dalla luce. L’OCT ad elevata risoluzio-ne (UHROCT) permette di identificare piccole strutture retiniche come la membrana limitante esterna e lo strato delle cellule gan-glionari, impossibili da visualizzare con altrettanta chiarezza con l’OCT a risoluzione standard. È inoltre possibile avere infor-mazioni dettagliate sullo spessore retinico in maniera numerica e tramite mappa topografica.40-42

L’OCT si è dimostrato un importantissimo strumento per la va-lutazione dello strato delle fibre nervose e delle alterazioni a li-vello della papilla ottica. Nello studio condotto da Mwanza JC e collaboratori, in cui sono stati studiati 73 pazienti con glaucoma e 146 soggetti normali di età simile, si è visto che i parametri principali per discriminare un occhio normale da uno con inizia-le o modesto danno glaucomatoso erano lo spessore verticale del bordo, l’area del bordo, lo spessore delle fibre nervose a ore 7, lo

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spessore delle fibre nervose nel quadrante inferiore, il C/D ratio verticale e la media tra gli spessori delle strato delle fibre nervo-se. Tutti questi parametri possono essere studiati con scansioni OCT rendendo l’esame un importante passo nello screening del glaucoma43. Molti studi si sono proposti di confrontare l’efficacia e la capacità di discriminare un occhio sano da un occhio glauco-matoso utilizzando l’OCT e l’HRT. La maggior parte mostra una migliore capacità dell’OCT di rivelare un significativo decremen-to dello strato delle fibre nervose in zona peripapillare nei pa-zienti con sospetto glaucoma se comparati a soggetti normali44, di classificare parametri papillari e dello strato delle fibre nervose come alterati rispetto a quelli normali45, di avere una maggiore sensibilità nella misurazione dei parametri riguardanti lo strato delle fibre nervose46 e di possedere una maggiore riproducibilità e una minore possibilità di errore nella misurazione dei parame-tri di tale strato se confrontato con l’HRT47.

Il GDx è uno strumento sviluppato per la diagnosi precoce del glaucoma. La tecnologia su cui si basa, la polarimetria scanning laser, consente di misurare lo spessore dello strato delle fibre nervose retiniche peripapillare in maniera analoga all’OCT. Con-sente di analizzare le variazioni della polarizzazione della luce all’interno dello strato delle fibre nervose retiniche, causata dal-la birifrangenza degli assoni. Il grado di polarizzazione si misu-ra su un’area del diametro di 1.75 mm, concentrica alla papilla ottica: maggiore è lo spessore dello strato di fibre nervose, mag-giore risulta la polarizzazione. Questa tecnica fornisce immagi-ni a colori dello strato delle fibre nervose retiniche nei quattro quadranti. Lo spessore è definito per mezzo di una scala cromati-ca che va dal blu al rosso. Il rosso seguito dal giallo indica fibre nervose spesse, mentre il verde seguito dal blu segnala fibre sot-tili. La mappa ottenuta ha un aspetto a clessidra, perché le fibre sono più spesse nella parte inferiore e superiore. Le mappe del-la deviazione mostrano la localizzazione e l’entità delle anoma-lie, indicandole come piccoli quadrati colorati (pixel). Il grafico TSNIT (temporale-superiore-nasale-inferiore-temporale) è presen-tato nella parte inferiore del referto. Mostra i valori effettivi di spessore del paziente esaminato, confrontandoli con un campione

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normale pari per età all’interno di un grafico in colore che inclu-de i valori del 95% della popolazione. Nell’occhio sano, la curva cade nell’area colorata e presenta una doppia curvatura. L’indi-catore delle fibre nervose nella parte inferiore della tabella costi-tuisce un valore globale basato sulla mappa completa dello spes-sore; è il parametro ideale per discriminare l’occhio normale da quello glaucomatoso48.Confrontando i vari metodi di analisi della papilla ottica e del-lo strato delle fibre nervose per discriminare occhi con inizia-le glaucoma da occhi normali, è risultato che la valutazione con Stratus OCT, GDx e HRT3 ha lo stesso valore della stereogra-fia della papilla ottica e che la combinazione di valutazione dello spessore dello strato delle fibre nervose con lo StratusOCT e del C/D ratio con l’HRT dà un’alta precisione diagnostica49.Riassumendo, la diagnosi precoce del glaucoma è fondamentale per cercare di rallentare il più precocemente possibile la perdita irreversibile di fibre nervose retiniche ed evitare il rischio di ce-cità. Allo stesso tempo tale diagnosi è piuttosto difficile nelle fa-si iniziali in quanto molti parametri giocano un ruolo nello svi-luppo di tale malattia e quindi tanti parametri vanno valutati. A questo si aggiunge il fatto che il glaucoma è una malattia asinto-matica, almeno negli stadi iniziali, e asimmetrica, fatto che per-mette al paziente di compensare la perdita di campo visivo di un occhio con quello controlaterale per un certo periodo di tempo e

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quindi di non accorgersi del danno che si sta sviluppando. Esistono tutta una serie di patologie sistemiche che sono state di-mostrate essere in correlazione con il glaucoma primario ad an-golo aperto (POAG) e vengono considerate fattori di rischio50-52. Questo gruppo di patologie è generalmente, in via diretta o indi-retta, a carico dell’apparato cardio-vascolare. Ad ulteriore sup-porto del rapporto tra patologie sistemiche e POAG, i dati di nu-merosi studi di popolazione condotti negli Stati Uniti ed Europa (tra cui la scuola di Verona) i quali hanno messo in evidenza che una ridotta pressione di perfusione oculare è in forte correlazio-ne con un aumento della prevalenza ed incidenza del POAG. Il ruolo dell’ipertensione arteriosa sistemica è controverso: mentre nel Baltimore Eye Study e nel Rotterdam Study un’elevata pres-sione arteriosa sistemica è associata ad un incremento di preva-lenza del glaucoma ad angolo aperto, nel Barbados Eye Study e nell’Egna-Neumarkt Study non è stata segnalata alcuna correla-zione con tale patologia. In realtà aggiustando i dati per età si presume che l’ipertensione sistemica possa avere un effetto pro-tettivo sui soggetti con età inferiore a 60 anni ed un effetto nega-tivo su quelli con più di 70 anni. Pare che, nelle fasi precoci dell’ipertensione sistemica, prima che tale patologia causi un danno a livello dei piccoli vasi, l’aumento della pressione arteriosa possa favorire un incremento del flusso o aumentare la resistenza idrostatica alla chiusura dei piccoli va-si e quindi proteggere le cellule ganglionari ed i loro assoni dal danno. Con il tempo, quando si manifesta un danno a livello dei piccoli vasi ed aumenta la resistenza al flusso, può essere giusti-ficata un’associazione positiva tra ipertensione e danno a livello del nervo ottico52,56,57,58.Il problema potrebbe essere visto anche da un altro punto di vi-sta e valutare come il trattamento possa incidere sull’aspetto del-la papilla ottica. Negli anni ‘50, quando fu introdotta la riduzione farmacologica della pressione arteriosa sistemica, pazienti glau-comatosi stabili, ai quali venne somministrata una terapia an-tiipertensiva sistemica, mostrarono una progressione del danno a livello del campo visivo53. Nello studio di Salonicco, gli autori hanno evidenziato che i pazienti in terapia con diuretici aveva-no la papilla ottica più escavata rispetto al gruppo di controllo.

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Ovviamente questi pazienti non avevano il glaucoma ma erano in cura solo per ipertensione arteriosa54. Il trattamento dell’iperten-sione arteriosa sistemica può accelerare lo sviluppo del danno pe-rimetrico in quanto episodi ipotensivi sistemici sembra possano danneggiare la testa del nervo ottico55.

È stato dimostrato che esiste anche una correlazione tra pressio-ne arteriosa sistemica e IOP56-58. Un incremento di 10 mm Hg del-la pressione arteriosa sistolica e diastolica è associato ad un au-mento della pressione intraoculare che va da 0.24 a 0.25 e da 0.19 a 0.40 mmHg rispettivamente, a seconda dei diversi studi. Questa correlazione tra l’incremento della pressione arteriosa ed un in-cremento della pressione intraoculare è stato osservato in tutti i soggetti di ampi studi di popolazione56-58 ed è indipendente dal-la presenza di glaucoma; tale aumento della IOP è però di così modeste proporzioni da non rivestire significativo rilievo clini-co nella patogenesi della malattia glaucomatosa come nell’Egna-Neumarkt Study57.Ben più importante è l’evidenza che patologie a patogenesi ische-mica, come l’emicrania, sono più frequenti nei soggetti affetti da glaucoma a bassa pressione rispetto ai soggetti normali. Tutto questo, insieme alla dimostrazione della presenza di vasospasmo in alcuni pazienti con glaucoma a pressione normale rilevata da Drance59, porta a supporre che il vasospasmo possa avere un ruo-lo nella patogenesi del danno glaucomatoso60. I pazienti affetti da questa forma di glaucoma soffrono spesso di emicrania o fenome-ni di Reynaud e, in una certa percentuale di casi, presentano as-sociazione con patologie autoimmuni (artrite reumatoide, sclero-dermia, LES, artrite giovanile ecc). In questi casi si ritiene che il danno a livello del nervo ottico possa essere dovuto a due cau-se: una cattiva perfusione delle strutture nervose che vanno in-contro a episodi ischemici oppure a un supporto meccanico for-nito dalla lamina cribrosa insufficiente per qualità e quantità. La prima ipotesi si spiega con il fatto che il vasospasmo riduce il calibro dei vasi sanguigni causando un aumento della resisten-za con conseguente riduzione del flusso ematico. È quindi in gra-do di interferire con l’autoregolazione che dipende dalla capaci-tà delle arteriole di dilatarsi quando si verifica un aumento della

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pressione intraoculare o la riduzione della pressione sanguigna. Nelle persone con vasospasmo l’autoregolazione può essere po-co efficace e portare ad un’insufficienza circolatoria61. Nell’ulti-ma ipotesi, sembrerebbe che la lamina cribrosa sia danneggiata da un abnorme gradiente di pressione, non dovuto ad un aumen-to della IOP ma ad una pressione intracranica inferiore a quella normale. È probabile che tali pazienti possano essere diagnostica-ti in ritardo, andando incontro ad un danno più avanzato.Altri studi hanno evidenziato tramite l’utilizzo dell’eco-doppler alterazioni circolatorie nei soggetti glaucomatosi. In pazienti con glaucoma asimmetrico ed alterazioni del campo visivo monolate-rali, entrambi gli occhi mostravano una riduzione della veloci-tà di flusso ed un aumento dell’indice di resistività nell’arteria centrale della retina e nelle arterie ciliari posteriori brevi, alte-razioni queste non presenti in soggetti sani utilizzati come con-trollo. Inoltre i valori di velocità di flusso nell’arteria centrale della retina risultavano inferiori nell’occhio con danno perime-trico maggiore62.Da ciò si può dedurre che le alterazioni del flusso a livello del nervo ottico possono manifestarsi precocemente piuttosto che co-me conseguenza del danno glaucomatoso53, anche se clinicamente non è così semplice da determinare.Il flusso ematico a livello oculare dipende dalla pressione di per-fusione e dalle resistenze al flusso. Quanto più elevata è la pres-sione di perfusione tanto maggiore sarà il flusso sanguigno in un determinato distretto corporeo.Grandi studi di popolazione mostrano come una ridotta pressio-ne di perfusione diastolica sia associata ad un marcato e pro-gressivo incremento nella frequenza del glaucoma primario ad angolo aperto52,53,58. Nel Baltimore Study la prevalenza di glauco-ma aumenta quando la pressione di perfusione diastolica è infe-riore a 50 mmHg, mentre nello studio condotto sulla popolazione di Egna-Neumarkt la prevalenza inizia ad aumentare nettamen-te per valori di pressione di perfusione diastolica inferiori a 70 mmHg. L’importante rapporto tra pressione arteriosa sistemica e IOP nell’influenzare la malattia glaucomatosa è stato confer-mato anche da altri studi tra cui il Framingham Eye Study: tra i pazienti afferenti allo studio il rapporto pressione sanguigna/

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pressione intraoculare era significativamente più basso tra i sog-getti con difetti del campo visivo attribuibili al glaucoma, rispet-to ai soggetti senza difetti del campo visivo58. Sulla base di queste evidenze è chiaro come sia importante la valutazione del paziente in termini cardiovascolari, prendendo in considerazione la valu-tazione della pressione arteriosa nelle 24 ore. Il monitoraggio me-diante uno sfigmo-manometro automatico computerizzato (Holter pressorio) che misura i valori pressori dell’intera giornata è uti-lizzato per identificare e monitorare pazienti affetti da iperten-sione sistemica, ipertensione episodica (ad esempio quella causa-ta dal feocromocitoma) e ipotensione episodica come quella che si manifesta nell’ipotensione ortostatica63-66. Dalle misurazioni ottenute tramite il monitoraggio della pressio-ne arteriosa sistemica in popolazioni di soggetti sani ed ipertesi è stato definito un caratteristico profilo delle modificazioni del-la pressione sanguigna nelle 24-ore: durante il sonno sia la pres-sione sistolica che la diastolica subiscono un decremento; ap-prossimativamente tra le due e le quattro di notte è evidente un “trough”, mentre il valore di pressione più elevato si osserva co-munemente come uno “spike” transitorio immediatamente dopo il risveglio la mattina, o come un “peak” a metà pomeriggio67.I pazienti possono essere divisi principalmente in due gruppi: “dippers” o “non-dippers”, in base al criterio che, sia il valore medio diurno della pressione sistolica, sia quello della diastolica, si riducano di più del 10% durante la notte68.È possibile che fluttuazioni giornaliere molto ampie, causando una marcata caduta della pressione arteriosa notturna, siano in grado di compromettere l’apporto ematico alla testa del nervo ottico. Questo potrebbe essere clinicamente rilevante in pazien-ti con un’alterazione dell’autoregolazione67, in cui modesti insulti ischemici ripetuti che si manifestino durante la notte potrebbero essere responsabili di un danno di “riperfusione” a livello della testa del nervo ottico per attivazione degli astrociti67. Diversi stu-di hanno evidenziato che tra i pazienti glaucomatosi sono molto frequenti i cosiddetti soggetti “dippers” e i loro dips nella pressio-ne arteriosa notturna sono più ampi rispetto a quelli dei sogget-ti non glaucomatosi. Hayreh e coll. ha dimostrato una riduzione significativa (P <0.001) del 26% dei valori della pressione sistolica

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media e del 33% nella pressione diastolica media durante la not-te69-71. Inoltre Graham et al ha evidenziato che ci sono significati-vamente più “dippers” tra i soggetti con progressione del danno glaucomatoso rispetto a quelli in cui il difetto del campo visivo è stabile67. Tuttavia bisogna anche ricordare che il Canadian Glau-coma Study non è stato in grado di individuare alcun fattore di rischio vascolare significativamente associato alla progressione del danno glaucomatoso72.

In conclusione, una valutazione globale del paziente glaucomato-so si rende quindi indispensabile per meglio inquadrare ogni sin-golo paziente, per decidere quali strategie terapeutiche intrapren-dere, non solo in relazione alla patologia oculare, ma nell’ambito di una visione più ampia della “sindrome glaucomatosa”50.

Si ringrazia la dott.ssa Serena Telani

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Capitolo 3

Cecità e glaucoma. Risultati di uno studio clinico multicentrico.

Paolo Fogagnolo

Il glaucoma è una delle principali cause di cecità nelle popolazio-ni occidentali e il rischio di diventare ciechi è una delle principali paure dei pazienti glaucomatosi. Date queste due premesse, appare sorprendente come la tematica della cecità nel glaucoma sia argo-mento scarsamente affrontato in letteratura.Come precedentemente esposto, i dati epidemiologici sul ruolo della cecità nel glaucoma derivano da due studi: lo studio di Oli-ver et al.1 (analisi dei dati longitudinali della comunità di Olmsted County, Minnesota, in cui i pazienti con glaucoma che sviluppava-no cecità erano stati confrontati con un gruppo omogeneo di pa-zienti glaucomatosi e non ciechi) e quello di Forsman et al.2 (mirato a stabilire quali siano le cause e la prevalenza di cecità nel corso della vita in un campione di pazienti glaucomatosi afferenti a un solo centro medico privato).In questo capitolo, verranno presentati i risultati di una raccolta dati mirata ad identificare prevalenza, incidenza, cause e fattori di rischio di cecità in pazienti affetti da glaucoma e seguiti presso i Servizi di cura per il glaucoma di 7 centri universitari europei: Università degli Studi di Milano (Ospedale San Paolo), Università di Genova, Torino, Pisa, Roma, Siena, Università di Saragozza.Lo studio ha seguito un disegno retrospettivo su pazienti conse-cutivi con diagnosi di glaucoma. Sono stai inclusi 2402 pazienti, di razza bianca nel 99% (nera 1%), con alfabetizzazione nel 99%; 55% dei pazienti erano di sesso femminile. L’età della popolazione all’inizio dello studio era 68.7 ±11.5 anni, con una differenza significativa tra controlli (66.8 ±11.8 anni) e pa-zienti ciechi (72.0 ±10.1 anni, P<0.0001). La cecità si verificò a 73.3 ±10.2 anni; i pazienti ciechi erano nel 51% dei casi di sesso fem-minile. Il 70% dei pazienti era cieca prima dell’invio ai centri di riferimento. È importante sottolineare che, al fine di rendere l’analisi rappre-sentativa dell’intera popolazione glaucomatosa afferente ai centri di riferimento, non veniva applicato nessun criterio di esclusione eccetto l’assenza di glaucoma in almeno un occhio. Tuttavia va se-gnalato che la popolazione in studio, provenendo da strutture ter-ziarie, potrebbe non essere rappresentativa di altre popolazioni (ad esempio pazienti seguiti in ambulatori divisionali o in ambulatori privati).

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La diagnosi di cecità veniva effettuata seguendo i criteri proposti dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità, ovvero presenza di acuità visiva meglio corretta minore o uguale a 1/20 e/o costrizio-ne del campo visivo all’interno dei 5° centrali (ovvero, presenza di sensibilità di 0 dB in tutto il campo visivo eccetto all’interno dei 5° centrali).Sulla base di questa definizione, gli occhi testati coi campi visivi riportati in figura 1 sono affetti da danno severo ma non cecità. Viceversa, la figura 2 mostra il campo visivo di un paziente cieco.I dati di prevalenza del nostro studio sono riportati in Tabella 1. All’inizio dello studio, la prevalenza di cecità monolaterale era del 11.0% (262 occhi), bilaterale dell’1.6% (39 pazienti).Al termine dello studio, la prevalenza di cecità monolaterale era del 15.5% (372 occhi), bilaterale del 3.6% (86 pazienti).Ne risulta che la percentuale di pazienti convertiti a cecità bilate-rale è più che raddoppiata dall’inizio dello studio.Il numero di occhi convertiti a cecità nel corso dello studio era di 204 (9.7%). In questi pazienti, il tempo medio di insorgenza di cecità dalla prima osservazione era di 4.6 ±3.0 anni. Sulla base di questi dati, l’incidenza di cecità è del 1.1% annua.Le cause di cecità sono riportate in dettaglio nella Tabella 2. Osser-vando i dati alla fine dello studio, si evince che la causa preponde-rante di cecità è il glaucoma cronico semplice (che, includendo le forme pigmentarie e pseudoesfoliative, annovera il 61.4% dei casi), mentre il glaucoma acuto determina il 7.2% dei casi. Il glaucoma è frequentemente associato ad altre comorbidità: la degenerazione maculare causa cecità nel 7.6%, la miopia elevata nel 5.7%, le occlu-sioni venose nel 4.8%. Cause minori sono i traumi (3.5%), il distacco di retina (3.1%), il diabete (1.5%) e le patologie corneali (1.3%).

Paolo Fogagnolo

Tabella 1Dati di prevalenza e incidenza dello studio

Inizio studio Fine studio

Cecità monolaterale 262/2402 = 11.0% 372/2402 = 15.5%Cecità bilaterale 39/2402 = 1.6% 86/2402 = 3.6%Occhi convertiti da non ciechi a ciechi: 204/(2402-262-39) = 9.7%Follow-up: 4.6 ± 3.0 anniIncidenza di cecità: 1.1% / anno

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Cap. 3 Cecità e glaucoma. Risultati di uno studio clinico multicentrico

Queste distribuzioni sono all’incirca conservate se si considerano solamente i casi convertiti da non ciechi a ciechi, con l’eccezione della ridotta rilevanza di traumi, distacco di retina e patologie

Tabella 2Cause di cecità

Cause di cecità Occhi ciechi al termine dello studio (n=544)

Occhi convertiti da non cecità a cecità (n=204)

POAG 61.4 65.6 PACG 7.2 5.7 ARMD 7.6 7.6 Miopia 5.7 7.6 Vascolari (BVO. CVO) 4.8 7.6 Traumi 3.5 1.3 Distacco di retina 3.1 1.3 Diabete 1.5 1.9 Cornea 1.3 0.6 Altri 3.9 0.6

Tabella 3Studio dei fattori di rischio per la cecità

Popolazione Ciechi Controlli RR IC 95% PNon aderenza alla terapia 214 43 171 1.42 1.00-2.03 0.05Analfabetismo 13 4 9 2.44 0.75-7.97 0.12Familiarità per POAG 523 66 457 0.74 0.56-0.99 0.04Emorragie papillari 33 11 22 2.78 1.34-5.79 0.004Ipertensione 815 149 666 1.37 1.09-1.72 0.007Ipotensione 73 5 68 0.39 0.16-0.98 0.04Diabete 253 54 199 1.56 1.13-2.16 0.006Ictus 51 12 39 1.70 0.88-3.28 0.11Stenosi carotidea 27 5 22 1.24 0.47-3.30 0.66Ipercolesterolemia 57 12 45 1.47 0.77-2.81 0.24Emicrania 29 1 28 0.19 0.03-1.42 0.07FA-aritmia 39 11 28 2.18 1.07-4.42 0.03IMA- stenosi coronarica –Cardiopatia ischemica 42 10 32 1.72 0.84-3.54 0.13Horton 3 1 2 2.73 0.25-30.2 0.39Valvulopatie 16 1 15 0.36 0.05-2.75 0.30

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corneali. Lo studio dei fattori di rischio per cecità è riportato in Tabella 3. Per interpretare questi dati, bisogna ricordare che un Rischio Relativo (RR) maggiore di 1 è un rischio aumentato, mentre RR<1 è associato a un effetto protettivo. Per raggiungere significa-tività statistica, l’intervallo di confidenza del RR non deve interse-care il valore 1.Sulla base di queste premesse, i nostri dati suggeriscono che i pa-zienti affetti da glaucoma hanno un rischio aumentato di cecità in presenza dei seguenti fattori:- non aderenza alla terapia;- emorragie papillari;- ipertensione sistemica;- disturbi di conduzione cardiaca (fibrillazione atriale, aritmia);- diabete.La non aderenza alla terapia è un fattore di rischio ben ricono-sciuto per il peggioramento del glaucoma3. Il nostro studio ribadi-sce questo dato e stabilisce come la non aderenza alla terapia au-menti il rischio di sviluppare cecità del 42%. È tuttavia necessario ricordare che la raccolta di dati era basata sulle cartelle cliniche; pertanto i dati forniti su un tema così delicato nella interazione medico – paziente potrebbero essere parziali; sono stati considerati non aderenti alla terapia i pazienti che lo dichiaravano esplicita-mente e viceversa; in caso di mancanza di informazione il paziente non veniva considerato per questa analisi. L’aderenza alla terapia era riportata dal paziente come corretta nel 69% e non corretta nel 9%; non si poteva evincere questo dato nel 22%. Le emorragie papillari sono un fattore prognostico negativo per la progressione del glaucoma, in quanto associate a grave squili-brio dell’apporto ematico alla fibre ganglionari corrispondenti, con conseguente perdita del campo visivo4. Sulla base dei nostri dati, la presenza di emorragie papillari è il fattore di rischio più grave per lo sviluppo di cecità, in quanto il rischio è quasi triplicato.L’ipertensione arteriosa non è generalmente riconosciuta come fattore di rischio per conversione da ipertensione a glaucoma5, ma secondo i dati dello studio AGIS6 sembrerebbe costituire un fatto-re di rischio per la progressione del glaucoma (RR=1.49). I nostri dati sembrano confermare i risultati dell’AGIS, suggerendo un rischio aumentato di cecità del 39% nei pazienti con diagnosi di

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ipertensione sistemica.In presenza di disturbi di conduzione (fibrillazione atriale e arit-mia), il rischio di cecità è più che raddoppiato. Una possibile spie-gazione di questi dati è legata al fatto che, oltre all’ipertensione oculare (non considerata in questa analisi), ipertensione arteriosa e disturbi di conduzione sono dei fattori di rischio importanti per lo sviluppo di occlusioni venose, patologia che, come abbiamo visto sopra, è una frequente causa di cecità nella nostra popolazione in studio.Allo stesso modo, il diabete è un fattore di rischio per cecità (ri-schio incrementato del 56%), probabilmente non in quanto fattore peggiorativo del glaucoma, bensì in quanto associato a condizioni (edema ed ischemia maculare) che riducono frequentemente l’acu-ità visiva al di sotto del limite di 1/20 stabilito dall’OMS.Tra i fattori che potrebbero essere di rischio, ma che non raggiun-gono la significatività statistica dato lo scarso numero di casi, è da segnalare il grado di alfabetizzazione (RR=2.44, p=0.12). È noto che i pazienti con grado di scolarizzazione basso o nullo sono meno aderenti al regime terapeutico e all’iter diagnostico – fattori en-trambi associati con rischio di cecità.I fattori protettivi per sviluppo di cecità sono:- familiarità per glaucoma;- ipotensione arteriosa.La familiarità per glaucoma, fattore di rischio per sviluppare la malattia, è un fattore protettivo per sviluppare cecità (rischio diminuito del 26%). Le motivazioni di questo dato sono ben note: i pazienti con familiarità per glaucoma sono soggetti che si pre-sentano periodicamente a visite oculistiche al fine di diagnosticare un’eventuale malattia in fase precoce. Inoltre, in caso di diagnosi di malattia, il loro timore di sviluppare glaucoma avanzato deter-mina una aderenza ottimale allo schema diagnostico-terapeutico. Infine, l’oculista tende a essere più accorto ai cambiamenti precoci da glaucoma in caso di familiarità.La presenza di ipotensione arteriosa in anamnesi è risultato il fatto-re maggiormente protettivo per lo sviluppo di cecità da glaucoma, con un rischio ridotto del 61%. Questo dato è di difficile interpretazione, richiede cautela nell’interpretazione e necessita di essere verificato da altri studi. Sulla base della letteratura, l’ipotensione arteriosa non

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dovrebbe modificare il rischio di glaucoma7. Tuttavia, sono ben noti gli effetti dannosi di un ipoafflusso notturno grave (overdipping not-turni)8, legati alla drastica riduzione della perfusione oculare.Un’ipotesi a possibile spiegazione dell’effetto protettivo dell’ipoten-sione arteriosa è legata al fatto che, essendo questo fattore percepito come un rischio dall’oculista, determinerebbe scelte strategiche par-ticolarmente protettive per il paziente. Analogamente, i dati sull’emicrania sono di interpretazione non uni-voca. Su 29 pazienti che riportavano la presenza di emicrania, solo uno aveva sviluppato cecità. La presenza di emicrania risulterebbe quindi protettiva, abbattendo il rischio di cecità dell’81%; tuttavia la scarsa numerosità dei pazienti ciechi con emicrania rende l’analisi statistica non significativa.

A questo punto, l’analisi è stata ristretta solamente ai pazienti affetti da cecità dovuta a POAG (ovvero nel 61.4% della popolazione generale di pazienti ciechi, n=334). Il 60% (n=200) di questo gruppo si presenta-va con cecità all’esordio dello studio, mentre il restante 40% (n=134) sviluppava cecità nel corso del periodo di cura presso i centri dello studio.Avendo i pazienti con glaucoma una progressiva restrizione del cam-po visivo con preservazione di acuità visiva normale fino agli stadi terminali della malattia, è logico attendersi che il criterio che più fre-quentemente determina diagnosi di cecità sia il campo visivo. In effetti, nei 200 pazienti già ciechi per glaucoma all’inizio dello studio, il campo visivo era il criterio di cecità nel 93% dei casi, men-tre l’acuità visiva lo era solo per il 12% dei pazienti (nel 5% dei casi, i pazienti erano ciechi secondo entrambi i criteri). La MD in questi pazienti era -26.5 ±4.8 dB - dato che pone in drammatica evidenza la gravità del problema della diagnosi tardiva nei pazienti ciechi per glaucoma. Inoltre, la percentuale di referral presso i centri di stu-dio di pazienti già ciechi era più alto rispetto all’intera popolazio-ne (53% vs 40%). Questo significa che, presumibilmente, il pazien-te con glaucoma veniva inviato a centri di riferimento dopo avere ricevuto una serie di infruttuosi ‘tentativi’ di stabilizzazione della malattia e solo quando ormai il quadro era già irrimediabilmente compromesso.I 134 pazienti che hanno sviluppato cecità da POAG nel corso dello

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studio rappresentano di sicuro il gruppo più interessante analizzato in questo studio. Questi pazienti presentavano una MD di -17.1 ±8.3 dB alla prima osservazione presso i centri di studio, ovvero un danno mediamente severo. L’altro aspetto peculiare era che questi pazienti tendevano alla progressione del danno nonostante trattamenti ag-gressivi. Le caratteristiche pressorie di questi pazienti sono riassunte in Tabella 4: la IOP media, 17.1 ±6.6 mmHg all’inizio dello studio, veni-va abbassata di un ulteriore 14% nello studio, arrivando a valori medi di 14.6 ±3.5 mmHg; tuttavia questo abbassamento pressorio (ottenuto con terapie mediche massimali a cui venivano associate nel 75% dei casi chirurgia e/o laser) non era in grado di stabilizzare il campo vi-sivo, la cui deviazione media mostrava una velocità di peggioramento medio di -1.1 ±3.5 dB/anno. Si noti che, nei pazienti glaucomatosi non ciechi, la velocità di progressione media era inferiore di più di 5 volte: -0.2 ±1.6 dB/anno.Va tuttavia qui segnalato che il brusco abbassamento della IOP fu in grado di ottenere una reversione della cecità da glaucoma in 6 pazienti inviati come ciechi ai centri di riferimento (4 median-te trabeculectomia, 2 mediante terapia massimale associata a trabeculoplastica).Logicamente, eventi che causano una perdita improvvisa del campo visivo, come la degenerazione maculare e le occlusioni vascolari, rap-presentano degli importanti fattori di rischio per la velocità di peg-gioramento del glaucoma: in pazienti con degenerazione maculare, la velocità di progressione risultava quasi doppia rispetto ai pazienti ciechi per glaucoma (-1.8 ±1.1 dB/anno); dato che triplicava (-3.1 ±1.4 dB/anno) in presenza di patologie occlusive del circolo venoso. La miopia, al contrario, sulla base dei nostri dati non rappresenta un fattore prognosticamente negativo, non modificando la velocità

Cap. 3 Cecità e glaucoma. Risultati di uno studio clinico multicentrico

Tabella 4Caratteristiche pressorie dei pazienti che sviluppano cecità da glaucoma nel corso del follow-up

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IOP media (mmHg) 17.1 ± 6.6 14.6 ± 3.5Range (mmHg) 8 – 56 6 – 36 IOP > 18 mmHg (%) 17% 9% G

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di progressione verso la cecità, eccetto in 3 occhi, in cui la velocità di peggioramento era di -1.9 dB/anno.Questo studio presenta una serie di punti di forza: è stata analizza-ta una massa di dati enorme, e i dati ottenuti sono coerenti tra i sin-goli centri (ovvero, non sono state rilevate differenze significative tra i centri partecipanti); non veniva effettuata nessuna selezione dei pazienti (sulla base delle caratteristiche della papilla, del cam-po visivo, della pressione o dell’acuità visiva), eccetto la presenza di diagnosi di glaucoma in almeno un occhio. Inoltre, i criteri usati per diagnosticare la cecità sono stati (diversamente da altri studi) quelli proposti dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Pur utilizzando questi criteri severi, i nostri dati sono complessivamen-te in linea coi dati riportati da Oliver1 e Forsman2, che viceversa utilizzavano criteri meno restrittivi.È necessario segnalare anche i punti deboli dello studio, essen-zialmente legati al disegno retrospettivo e al fatto che la bontà dell’analisi effettuata è proporzionale alla bontà della compilazio-ne delle cartelle cliniche. Questo aspetto è di particolare rilevanza nello studio dei fattori di rischio (diabete, emicrania, ecc.), per la quale veniva considerata esclusivamente l’anamnesi riportata dal paziente. Inoltre, non è stata effettuata una suddivisione dei glau-comi cronici in forme (pseudoesfoliativo, pigmentario, normoten-sivo) che hanno un diverso grado di severità e progressione e sono associate a fattori di rischio diversi. Complessivamente, sulla base di questi limiti e sulla fonte dei dati (centri di riferimento per il glaucoma di cliniche universitarie), le conclusioni tratte da questo studio possono non essere rappresentative dell’intera popolazione glaucomatosa. Inoltre, alcuni limiti sono specifici del nostro studio. Uno studio longitudinale sulla progressione del glaucoma come il nostro diffi-cilmente può essere corretto per lo sviluppo di cataratta. Nel corso dello studio, 27 pazienti svilupparono cecità da cataratta e, una vol-ta operati, ritornarono a un’acuità visiva superiore a 1/20; questi pazienti sono stati inclusi nello studio, ma come controlli – ovvero la temporanea cecità curabile non è stata considerata. Lo svilup-po di cataratta ingravescente e la eventuale operazione influiscono sulla MD, parametro con cui si è calcolata la velocità di progressio-ne; si invita alla cautela nell’interpretazione di questi dati.

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Cecità e glaucoma.Considerazioni finaliI dati del presente studio sottolineano come, anche nel 2012 e in paesi cosiddetti sviluppati come l’Italia, il glaucoma sia una malattia estremamente pericolosa, in quanto la cecità interessa una persona con glaucoma su cinque.Di per sé, già questo dato meriterebbe una riflessione approfondi-ta sulla necessità di integrare l’attività di diverse figure sanitarie (oculisti, medici di base, farmacisti, ottici, optometristi) al fine di identificare i pazienti affetti da glaucoma prima che essi diventino sintomatici – ovvero prima che sia troppo tardi per curarli in ma-niera adeguata. Da questo punto di vista, è opinione dell’autore che le istituzioni e le organizzazioni sanitarie abbiano finora fallito nel fronteggiare il problema del glaucoma. Idealmente, tutte le perso-ne al di sopra dei 40 anni dovrebbero fare controlli oculistici perio-dici, ma è evidente dai nostri dati che ciò non corrisponde a realtà. La diagnosi resta tardiva, e questo fattore è tristemente associato a cecità. Difatti, i nostri dati dimostrano che, laddove la conoscenza è minore (pazienti analfabeti), il rischio di cecità è maggiore, mentre laddove vi sia alta consapevolezza della malattia (familiarità per essa), il rischio di cecità sia estremamente più basso.Come conseguenza, o si intensificano strategie di sensibilizzazio-ne alla necessità di visite oculistiche, o si progettano nuove strade per la diagnosi. Semplicemente, se il paziente non va dall’oculista, l’oculista deve andare dal paziente. Una strategia potrebbe essere quella di utilizzare le strutture sanitarie o para-sanitarie a cui gli ultraquarantenni accedono più frequentemente (per esempio, far-macie e negozi di ottica) per ottenere delle informazioni di primo livello (anamnesi) o di secondo livello (idealmente, una misura del-la pressione intraoculare con tecnica operatore-indipendente e una fotografia del fundus oculi) da analizzare da centri di riferimento per via telematica. Il nostro studio segnala in maniera inequivocabile che i pazienti destinati a sviluppare cecità perdono in media 1 dB all’anno rispet-to a 0,2 dB dei glaucomi-controllo. Questo dato implica che:1) è necessario misurare (con qualsiasi mezzo, purché si faccia!) la velocità di progressione;

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2) in caso di progressioni di 1 dB annuo o più, bisogna approntare atteggiamenti estremamente aggressivi fin dagli stadi più precoci.Se possibile, i glaucomi non devono arrivare a stadi di perdita fun-zionale avanzata perché in questa fase il danno rischia di diventare meno sensibile alla riduzione pressoria, come dimostrato dai pa-zienti che sviluppavano cecità da glaucoma nonostante una ridu-zione ulteriore della IOP di 14%; 3) i fattori di rischio vanno riconosciuti come un campanello di al-larme; in presenza dei più gravi, è necessario apportare dei cambia-menti terapeutici mirati a un maggiore abbassamento pressorio.

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Appendice 1. Elenco dei centri e del personalecoinvolti nel progetto sulla cecità nel glaucoma

(Blindness and Glaucoma Study Group)

Fogagnolo P., Digiuni M., Rossetti L.Ospedale San Paolo, Università degli Studi di Milano, Italy

Fogagnolo P., Tanga L., Oddone F., Centofanti M.G.B. Bietti Foundation - IRCCS, Rome, Italy

Frezzotti P.Università degli Studi di Siena, Italy

Iester M.Università di Genova, Italy

Figus M., Posarelli C.Università di Pisa, Italy

Fea A.M., Rolle T., Battaglino V.Università degli Studi di Torino, Italy

Ferreras A.Miguel Servet University Hospital.University of Zaragoza, Spain

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Capitolo 4

Casi clinici

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Caso 1. Il paziente TT di anni 86, affetto da glaucoma primario ad angolo aperto, presentava nel 2004 uno scotoma arciforme profondo nel quadrante supero nasale dell’occhio destro ed una acuità visiva conservata (10/10 corretti). Nell’occhio sinistro il danno appariva di maggiore entità con uno scotoma arciforme pressoché assoluto coin-volgente tutto l’emicampo superiore, in continuità con la macchia cieca; l’acuità visiva con correzione era pari ad 1/10 scarso.Il paziente era in terapia con una associazione fissa β-bloccante e ini-bitore topico dell’anidrasi carbonica, e nel corso del follow-up la te-rapia veniva mantenuta costante per rifiuto del paziente a qualsiasi altro presidio terapeutico.

Cap. 4 Casi clinici

Osservando una overview dei campi visivi dell’occhio destro (scala di grigi, mappa con le sensibilità dei singoli punti, total e pattern de-viation e mappa di probabilità) si può vedere annualmente un’esten-sione del difetto perimetrico associata dal 2004 al 2008 a fluttuazioni con peggioramento degli indici perimetrici totali Mean Deviation (MD) e Pattern Standard Deviation (PSD), fino alla comparsa di uno scotoma assoluto ad anello nel 2010 e una cecità perimetrica (stabilita secondo i criteri della WHO) nel 2011. La sensibilità foveale è conser-vata fino al 2010; nel 2011 con l’instaurarsi della cecità perimetrica si

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osserva anche una riduzione significativa della sensibilità foveale stes-sa. Da segnalare, nella storia clinica del paziente in esame, la comparsa di emorragie a fiamma a livello papillare nel 2008 in OD, a seguito delle quali il paziente veniva monitorato anche da un punto di vista sistemico in termini di pressione arteriosa e doppler dei vasi cerebro afferenti: non emergevano tuttavia alterazioni significative eccetto due placche fi-brocalcifiche a livello della parete del bulbo carotideo a destra e a livello del bulbo e all’origine della carotide esterna a sinistra, non emodinami-camente significative.

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La velocità di peggioramento calcolata sul valore di MD è di 2 dB l’anno nei 7 anni di follow-up.Da notare che in questo caso, come in altri casi successivamen-te, la strategia utilizzata per i primi due esami è Fastpac (non indicata in una patologia come il glaucoma), mentre dopo è la SITA-standard.

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L’occhio sinistro del paziente in esame presentava, al momento della dia-gnosi, un glaucoma in fase avanzata di malattia con un’acuità visiva che da 1/10 scarso con correzione passa a moto mano dal 2003 al 2006. Per si-mulare una situazione che si verifica frequentemente nella pratica clinica analizzeremo una serie di campi visivi dell’OS con il metodo della valu-tazione clinica: si apprezza la comparsa di uno scotoma assoluto a livel-lo del fascio papillo-maculare e quindi il rapido instaurarsi di una cecità perimetrica, oltre che in termini di acuità visiva; ovviamente ciò avviene in tempi più brevi rispetto all’occhio controlaterale data la presenza di un difetto più avanzato già al baseline. La soglia foveale e gli indici perimetri-ci nel corso del follow-up si riducono in maniera significativa.

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La velocità di peggioramento in quest’occhio è di 1.4 dB l’anno men-tre la cecità perimetrica viene raggiunta già nel 2007 dopo soli 3 anni di follow-up.

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Caso 2. Il paziente IP di anni 79 è seguito dal 2002 per glaucoma pri-mario ad angolo chiuso. Come appare evidente l’occhio destro pre-senta un glaucoma perimetrico in stadio molto più avanzato dell’oc-chio sinistro, che invece è normale.

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Nel corso del follow-up l’occhio destro del paziente viene sottoposto ad intervento di cataratta e glaucoma nel 2003 e successivamente nel 2008 di trapianto endoteliale per scompenso corneale. All’esame del campo visivo dal 2003 al 2005 si osserva nell’emicampo superiore uno scotoma assoluto in continuità con la macchia cieca che si estende infero nasalmente. Gli indici perimetrici presentano spesso fluttua-zioni in senso negativo.

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Nel 2007 appare evidente l’allargamento e l’approfondimento del di-fetto a tutto l’emicampo nasale con importante riduzione di MD e PSD. La soglia foveale appare ridotta in maniera significativa. Que-sto esame è stato eseguito con strategia SITA Fast (non indicata per il glaucoma).

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Non si osservano esami dal 2007 al 2011 quando all’ultimo controllo perimetrico si osserva una riduzione diffusa della sensibilità peri-metrica che si estende anche ai 10 gradi centrali. Il paziente mantie-ne tuttavia una acuità visiva in OD di 5/10: si tratta pertanto di un caso di cecità perimetrica ma non di acuità visiva.

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Caso 3. Il paziente MR di anni 85 viene visitato per la prima volta nel 2007; al momento della prima visita era in terapia massimale e presentava un glaucoma primario ad angolo aperto in OO. Tuttavia la malattia era in stadio avanzato in OD dove si osservava uno sco-toma assoluto con risparmio dei 10 gradi centrali, mentre in OS la sensibilità retinica era conservata, ma era presente una riduzione significativa della sensibilità foveale.

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Durante il follow-up nell’occhio destro si osservavano delle fluttua-zioni degli indici perimetri ci che progressivamente peggioravano fi no alla comparsa nel 2009 di una cecità perimetrica e visiva; il pa-ziente nello stesso anno veniva sottoposto ad intervento di cataratta e glaucoma con tecnica filtrante. Attenzione: i primi 2 esami della pagina sono con strategia Fastpac, mentre l’ultimo è SITA Fast).

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Nel 2011 il campo visivo nell’occhio destro mostrava una cecità com-pleta estesa a tutto il campo visivo. Calcolare la velocità di peggiora-mento in un paziente con un danno così avanzato ha una importanza relativa e può essere limitato da fluttuazioni. Ciononostante si osser-va una velocità di peggioramento di circa 1.75 dB l’anno. Da segnala-re che un caso del genere sarebbe stato seguito con più precisione con programmi 10-2, che esplorano la funzione centrale.

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L’occhio sinistro del paziente era stato sottoposto ad intervento combinato di cataratta e chirurgia filtrante nel 2009 e presentava all’esame perimetrico una riduzione della sensibilità foveale per una maculopatia coesistente con un allargamento della macchia cieca ed un salto nasale inferiore tendente a un difetto arciforme. La maculopatia può essere responsabile della bassa affidabilità evi-denziata dall’esame.

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Caso 4. Il paziente PA di anni 76 affetto da glaucoma pseudoesfolia-tivo è stato visitato nel 2002; all’epoca il paziente era in terapia mas-simale in entrambi gli occhi e all’esame del campo visivo presentava una sensibilità retinica conservata in OD. In OS era presente una riduzione diffusa della sensibilità retinica nella mappa di deviazione standard, non presente nella mappa di deviazione a pattern quadro suggestivo di opacità dei diottri, tipo cataratta. In OS era presente anche uno scotoma relativo nell’emicampo temporale inferiore.L’esame era stato eseguito con strategia SITA-Fast. In OS all’esame del segmento anteriore veniva segnalata una cataratta in evoluzio-ne con pseudoesfoliatio.

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Dall’osservazione delle perimetrie appariva evidente come nell’oc-chio sinistro vi fosse una progressione del difetto soprattutto nei 10 gradi centrali dal 2004 al 2009, 5 anni senza follow-up che determina-rono la necessità di un intervento filtrante nel 2010 a cui fa seguito tuttavia una cecità perimetrica nel dicembre 2011. Notare che i primi due esami della pagina sono con strategia Fastpac, gli altri sono correttamente SITA standard.

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Caso 5. Il paziente PVS di anni 81 era affetto da glaucoma prima-rio ad angolo chiuso di grado avanzato, già al momento della prima visita in entrambi gli occhi. È stato sottoposto per tale motivo ad intervento di sclerectomia profonda con un impianto nel lago scle-rale rispettivamente nel 2005 e nel 2007, e successivamente nel 2011 a nuovo intervento di trabeculectomia in OO.L’esame del campo visivo in OD presentava uno scotoma profondo chiuso ad anello, che interessava anche i 10 gradi centrali supero temporali e infero nasali, con residuo visivo ai 10 gradi temporali.Nel 2010 si osservava un’estensione ed un approfondimento del di-fetto a tutti i 10 gradi centrali con marcata riduzione degli indici perimetrici MD e PSD. Permaneva tuttavia un residuo visivo tem-porale confermato anche nella perimetria eseguita nel 2012. I primi due esami in entrambi gli occhi erano stati eseguiti con strategia Fastpac, quelli successivi con SITA standard.

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La velocità di peggioramento nell’occhio destro è bassa in questo caso (circa 0.6 dB all’anno), ma la presenza di un difetto avanzato e anulare centrale determina comunque la comparsa di cecità in soli 5 anni di follow-up.

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L’occhio sinistro di PVS all’osservazione perimetrica mostrava uno scotoma assoluto che interessava i 10 gradi centrali, in conti-nuità con la macchia cieca ed esteso anche nel quadrante supero nasale. Nel 2008 si osservava una fluttuazione positiva degli indici perimetrici con miglioramento di MD e PSD, tuttavia nel 2010 al successivo controllo il difetto appariva esteso infero nasalmente e approfondito.

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Il trend negativo (2.2 dB di peggioramento annuo) si confermava an-che ai successivi controlli dove si apprezzava una marcata estensio-ne e approfondimento del difetto. Da segnalare nel 2011 un’occlu sione venosa di branca inferiore in OS alla quale può essere in parte attri-buito il peggioramento dell’esame perimetrico.

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Caso 6. La Sig.ra AAM di anni 81, seguita dal 2004 per glaucoma pri-mario ad angolo chiuso, era già stata sottoposta ad intervento com-binato di cataratta e glaucoma in OS nel 2000 e ad iridotomia in OD.L’occhio destro veniva successivamente sottoposto nel 2008 ad in-tervento di glaucoma con impianto sopraciliare in oro e poi, per aumento della pressione intraoculare, ad intervento di trabeculec-tomia nel 2011.La perimetria di OD mostrava inizialmente un salto nasale superio-re che nei 6 campi visivi successivi si allargava e si approfondiva lun-go il fascio papillo-maculare.La paziente eseguì 6 campi visivi in 2 anni e la velocità di peggiora-mento era circa 0.5 dB l’anno.Gli esami in questa pagina sono tutti con strategia Fastpac.

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Dal 2005 al 2009 non si osservavano più perimetrie per la paziente in questione e nel 2009 il difetto perimetrico appariva molto più este-so con una marcata riduzione della sensibilità retinica nei 10 gradi centrali e un’isola di visione residua ai 30 gradi temporali. Gli ultimi campi visivi effettuati dalla paziente sono con il programma di soglia macula e viene confermato il difetto perimetrico centrale. Da notare che l’esame del 2009 (in alto a sinistra) era correttamente un SITA standard anche se sarebbe stato più appropriato un programma 10-2, quello successivo è un SITA Fast e quello ancora successivo un pro-gramma 24-2 con strategia SITA standard.

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L’occhio sinistro della paziente in esame partiva già da uno stadio di glaucoma avanzato con una riduzione della sensibilità retinica diffusa ai 30 gradi centrali e con una cecità perimetrica all’esordio e con una sostanziale stabilità degli indici perimetrici nel corso del follow-up, sebbene con alcune fluttuazioni. Anche in questo caso va-riano anche le strategie usate, partendo dalla Fastpac, passando at-traverso la SITA Fast per arrivare alla SITA standard con program-mi centrali.

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Caso 7. La Signora AD di anni 65 è affetta da glaucoma primario ad angolo aperto con concomitante patologia retinica vascolare; la pa-ziente ha infatti avuto una trombosi venosa centrale nel 2004. In OD osservando la serie delle perimetrie si osserva come il primo esame effettuato dalla paziente vada escluso dal follow-up. Da sottolineare inoltre la bassa affidabilità delle perimetrie per le numerose perdite di fissazione successivamente all’episodio di occlusione venosa e la continua variazione delle strategie. L’osservazione degli esami mo-stra una repentina riduzione della sensibilità retinica diffusa nei 30 gradi centrali, con ampie fluttuazioni da un esame all’altro, ma con uno scotoma assoluto entro i 10 gradi centrali presente nella maggio-ranza delle perimetrie presentate.In OS come si può osservare dalla stampa degli esami in sequenza crono-logica si passa da una sensibilità retinica normale nei 30 gradi centrali

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alla comparsa nel 2008 di uno salto nasale inferiore con scotoma relativo ai 30 gradi periferici con una fluttuazione negativa degli indici perimetri-ci al controllo successivo e un difetto che sembra allargato e approfondi-to, fino all’ultimo esame del 2011 dove viene confermato il salto nasale che però appare esteso sia superiormente che inferiormente ed approfondito; appare confermato anche lo scotoma relativo nei 30 gradi periferici.In questo caso sono stati eseguiti pochi esami perimetrici e il follow-up non è adeguato per evitare un peggioramento del campo visivo.Solo gli ultimi due esami hanno una strategia SITA standard.

Si ringrazia la dott.ssa Chiara Posarelli

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Capitolo 5

Travoprost e associazione fissa Travoprost/Timololo nella terapia del glaucoma

Luca Rossetti

Il glaucoma è una neurotticopatia progressiva che, se non adeguata-mente trattata, può portare a cecità. La sua potenziale gravità e so-prattutto la sua frequenza (circa 1-2% nella popolazione ultraquaran-tenne caucasica, ma ben più alta nelle popolazioni afro-americane ed afro-caraibiche) ne fanno certamente una malattia ad elevato interes-se socio-sanitario. La perdita progressiva delle fibre nervose retiniche comporta una ri-duzione del campo visivo che nelle fasi medio-avanzate della malattia è associata ad una qualità della vita compromessa nella maggior parte dei pazienti. Studi di provenienza anglo-sassone indicano che pazien-ti con danno bilaterale del campo visivo hanno un più elevato rischio di avere incidenti stradali, fratture da caduta ed hanno difficoltà nel-la lettura. La terapia viene instaurata al riconoscimento di una pressione oculare elevata (ritenuta pericolosa per il nervo ottico del paziente, anche in as-senza di un danno in atto) oppure al momento della diagnosi. Eviden-ze clinico-scientifiche indicano che il maggior beneficio della terapia si ottiene se si tratta la malattia nelle sua fasi più precoci; è pertanto es-senziale porre diagnosi di glaucoma nello stadio iniziale quando è pos-sibile aggredire la malattia con maggior successo. La terapia del glaucoma si basa sulla riduzione della pressione ocu-lare; altre forme proposte come la possibilità di intervenire sul flusso ematico alla testa del nervo ottico oppure con la neuroprotezione delle cellule ganglionari non hanno dato, ad oggi, ancora risultati definitivi. La terapia ipotonizzante si effettua con dei farmaci, da soli o in combi-nazione (fissa o non fissa), mediante un trattamento laser o con la chi-rurgia. Dati su ampie casistiche di glaucomatosi indicano che, comun-que, la maggioranza dei pazienti può essere trattata efficacemente con la sola terapia medica, anche se, molto spesso, occorrono più farmaci per arrivare ad un buon controllo dei valori di pressione oculare. Esistono svariate classi di farmaci per trattare il glaucoma e altre nuo-ve si stanno affacciando e presto saranno disponibili sul mercato. Il trattamento di prima scelta nella terapia del glaucoma è la monote-rapia con un derivato delle prostaglandine. La monoterapia è la tera-pia consigliata per iniziare il trattamento in quanto consente di capire quale è il suo reale effetto ipotonizzante e gli effetti collaterali ad essa correlati. La classe dei derivati delle prostaglandine comprende il lata-noprost, capostipite di questa categoria, il travoprost, il bimatoprost ed

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il tafluprost. Questi diversi principi attivi hanno però caratteristiche assai simili con qualche differenza sia in termini di capacità di ridur-re la pressione oculare sia in termini di tollerabilità. Sono state condotte numerose sperimentazioni controllate che hanno confrontato questi farmaci ed una serie di meta-analisi della letteratu-ra per delineare meglio le peculiarità di questa classe di farmaci. Me-diamente i farmaci di questa classe possono ridurre la pressione ocu-lare di circa il 30%, riduzione che viene considerata un buon punto di partenza per controllare la progressione della malattia. Tra i derivati delle prostaglandine travoprost sembra dotato di un ot-timo compromesso tra efficacia e tollerabilità: una meta-analisi della letteratura indica che il travoprost è più efficace nel ridurre la pressio-ne oculare in particolar modo nel pomeriggio (a 18 ore dalla sommi-nistrazione) e mantiene un effetto prolungato sul tono oculare anche nei giorni successivi alla somministrazione. Queste caratteristiche sa-rebbero specifiche della molecola se confrontata alle altre della stessa classe di farmaco. I derivati delle prostaglandine sono molto ben tollerati da un punto di vista sistemico, mentre localmente mostrano certamente più problemi rispetto ad altri farmaci come i beta-bloccanti. Effetti indesiderati più frequenti includono l’iperemia congiuntivale, l’aumento della crescita delle ciglia, la pigmentazione della cute perior-bitaria e solo più raramente altri effetti più gravi. Ciononostante, per quanto alcuni effetti collaterali come l’iperemia congiuntivale abbia-no una frequenza di una certa importanza, è raro che tale effetto com-porti la sospensione del farmaco. Gli effetti indesiderati sulla superficie oculare potrebbero essere incrementati dall’esposizione cronica al con-servante e, come vedremo di seguito, si è cercato di trovare una solu-zione a questo tipo di problema. Pur essendo molto efficaci sulla riduzione pressoria, se ragioniamo sulla pressione target del paziente glaucomatoso – ovvero quella pres-sione che dovrebbe essere sicura per il nervo ottico del paziente e quin-di associata ad una stabilizzazione del danno – ci rendiamo conto che sono frequenti i casi non controllati con la sola prostaglandina.Infatti, anche da studi clinici si evince che per mantenere una buona pressione oculare nel corso degli anni un solo farmaco non basta e que-sto si applica alla maggior parte dei pazienti con glaucoma. Fino al 75% dei pazienti con glaucoma iniziale ha bisogno di più farmaci

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per raggiungere la pressione oculare target. Occorre pertanto pensare ad una terapia di associazione che combini più principi attivi. Quando si considera la combinazione di farmaci è preferibile iniziare con l’uso di combinazioni fisse che hanno il vantaggio di risultare più comode e pratiche per il paziente, massimizzando così la compliance al trattamento e riducendo l’esposizione ai conservanti ed il rischio di wa-sh-out dei farmaci qualora per somministrazioni ripetute non venisse-ro rispettati gli intervalli corretti che consentono il miglior assorbimen-to del farmaco. Tra le associazioni fisse disponibili molto interessanti sono quelle che contengono un beta-bloccante ed una prostaglandina. Queste hanno il vantaggio di poter essere a loro volta somministrate una sola volta al giorno. Contengono il beta-bloccante che, almeno in teoria, andrebbe somministrato 2 volte al giorno: studi di comparazio-ne tra le associazioni fisse e quelle non fisse della prostaglandina con il beta-bloccante (dato regolarmente 2 volte al giorno) sembrano indica-re che l’associazione fissa in realtà perda molto poco in termini di effi-cacia e quindi, ragionando nell’ottica della semplificazione dello sche-ma terapeutico e della massimizzazione della compliance, risulterebbero preferibili.L’associazione tra timololo e travoprost (TTFC) è risultata molto efficace nel ridurre la pressione oculare e dagli studi di registrazione si evidenzia una riduzione da 7 a 9 mmHg rispetto ad una baseline di 25-27 mmHg (effetto superiore al 30%; addirittura 38% nello studio di Barnebey su oltre 260 pazienti). In particolare la riduzione della pres-sione era mantenuta nel tempo, anche a breve termine nel corso del-le 24 ore, con un profilo stabile che riduceva al minimo le fluttuazioni della pressione oculare. Anche sulla sicurezza dell’associazione fissa timololo-travoprost emer-gevano dati molto positivi, dato che gli effetti collaterali riscontrati era-no limitati a qualche fastidio alla somministrazione (meno del 10% dei casi) e ad effetti più che altro cosmetici come una lieve iperemia con-giuntivale 10-14% dei casi), una pigmentazione della cute in regione pe-riorbitaria ed un aumento della crescita delle ciglia. La combinazione tra timololo e travoprost è interessante anche per i meccanismi d’azio-ne sinergici dei 2 farmaci. Infatti il beta-bloccante riduce la produzio-ne dell’umore acqueo, mentre la prostaglandina agisce prevalentemen-te aumentando il deflusso uveosclerale. TTFC è efficace sia se somministrato al mattino sia se somministrato

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alla sera; studi condotti con valutazione della pressione oculare delle 24-ore mostrano che l’efficacia sembrerebbe superiore se l’associazione è somministrata alla sera e ciò per l’effetto del travoprost che risulta massimamente efficace tra 12 e 18 ore dalla somministrazione. Pertan-to sembrerebbe preferibile perdere parte dell’effetto del beta-bloccante (sicuramente più efficace se dato alla mattina) rispetto al miglior effet-to della prostaglandina quando data alla sera. Questo concetto è vali-do per tutti quei pazienti che hanno il picco di pressione intraoculare al mattino (la maggior parte dei pazienti glaucomatosi). Per quei rari casi in cui il picco è notturno probabilmente la sommini-strazione mattutina del farmaco risulterebbe preferibile. Ovviamente per “scoprire” queste caratteristiche del paziente e valutare al meglio l’efficacia della terapia occorrerebbe effettuare delle rilevazioni della pressione oculare nelle 24-ore, cosa al momento infattibile nella vasta maggioranza dei casi. È per questo che la somministrazione serale è quella più consigliata.Quale è il vantaggio in termini di efficacia della terapia in associazio-ne fissa rispetto ai suoi costituenti? Studi di efficacia dimostrano che TTFC è superiore sia alla monotera-pia con timololo (da 2 a 3 mmHg) sia alla monoterapia con travoprost (da 1 a 2 mmHg). In particolare studi sulla pressione delle 24 ore hanno dimostrato la netta superiorità di TTFC su travoprost nella maggior parte dei punti della curva circadiana. Sempre in tema di efficacia, TTFC si è dimo-strato più potente dell’associazione timololo/latanoprost con una diffe-renza media inferiore al mmHg ma statisticamente significativa; e più potente dell’associazione fissa timololo/dorzolamide con una differenza di circa 1 mmHg. Quando vengono confrontati i diversi farmaci per il glaucoma, mol-to spesso emergono delle differenze molto piccole in termini di capa-cità ipotonizzante. La domanda corretta da porsi è: una differenza di 1 mmHg (o persino inferiore) è clinicamente rilevante? Rispondere a questa domanda non è semplice e certamente se consideriamo il pro-blema soltanto sul singolo paziente verrebbe chiaramente da dire che ovviamente una differenza così piccola non è importante. Però forse il discorso va condotto secondo un’ottica un po’ diversa. Ci sono ormai diversi studi che indicano in maniera peraltro molto riproducibile che ad un dato abbassamento della pressione oculare

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corrisponda una determinata riduzione della velocità di progressione del danno funzionale. Quindi se noi applichiamo anche una modesta riduzione ulteriore della pressione oculare ad una vasta fetta della po-polazione dei glaucomatosi, dovremmo aspettarci dei vantaggi in ter-mini di gestione della malattia, rischio progressione e cecità di non poco conto. Purtroppo per il medico che ha davanti un dato paziente è molto difficile ragionare sui grossi numeri.Da non sottovalutare l’effetto positivo del beta-bloccante sugli effetti collaterali della prostaglandina: tutti gli studi clinici sulle associazio-ni fisse beta-bloccante prostaglandina sembrano dimostrare che l’asso-ciazione beta-bloccante/prostaglandina è meglio tollerata della sola pro-staglandina. Questo vantaggio probabilmente lo si vede di più per quei derivati delle prostaglandine con un profilo di sicurezza più a rischio di effetti collaterali, anche se un certo beneficio lo si vede in tutte le asso-ciazioni fisse che contengono un beta-bloccante. L’effetto del beta-bloc-cante per spiegare questo risultato non è del tutto chiaro anche se sia l’azione di anestetico locale, sia la capacità di ridurre l’assorbimento del-la prostaglandina potrebbero essere coinvolti. Certamente interessante è la possibilità di avere travoprost e la sua as-sociazione con il timololo senza il conservante cloruro di benzalconio (BAK). Esiste ormai una vasta letteratura che dimostra come l’uso cro-nico di BAK sia associato ad una sofferenza dell’epitelio della congiun-tiva e della cornea causando importanti disturbi alla superficie oculare (con segni e sintomi in oltre il 60% dei pazienti trattati per glaucoma). Il BAK, presente in tutte le preparazioni conservate, avendo un’azione anti-batterica, ha anche un’azione tossica che si manifesta con una ve-ra e propria degenerazione seguita dalla morte (per apoptosi) delle cel-lule degli epiteli. Più raramente è all’origine di fenomeni di allergia. A questo problema si è cercato di rimediare o con la rimozione del con-servante (preparati monodose) oppure con la sostituzione del BAK con un conservante meno tossico sulla superficie oculare. Possedendo anche un’azione favorente l’assorbimento del farmaco, l’eliminazione del BAK è sempre stata considerata in maniera molto critica. In realtà i dati pro-venienti da studi clinici indicano che le formulazioni con BAK e sen-za BAK possiedono un’azione ipotonizzante molto simile suggerendo che ricorrere al monodose è una strada percorribile. Il monodose ha però altri problemi potenziali tra cui, oltre alla possibilità di contaminazio-ne, la scarsa praticità della confezione che la rende poco adatta all’uso

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corretto in pazienti anziani. L’utilizzo di un conservante alternativo (Po-lyquaternium-1, Polyquad) ha permesso di migliorare la tollerabilità del-la terapia cronica con TTFC e di mantenere i vantaggi dei preparati conservati.

Lettura consigliataPhilippe Denis. Travoprost/timolol fixed combination in the management of open-angle glaucoma: a clinical review. Expert Opin. Pharmacother. 2011;12:463-471

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