Giovanna Zangrandi -...

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1 a cura di Myriam Trevisan Giovanna Zangrandi la pianura, la Resistenza, la montagna

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a cura di Myriam Trevisan

Giovanna Zangrandila pianura, la Resistenza, la montagna

Giovanna Zangrandila pianura, la Resistenza, la montagna

a cura di Myriam Trevisan

www.giovannazangrandi.com

Magnifica Comunità di Cadore

Magnifico Comune di Pieve di CadoreCittà Veneta della Cultura anno 2004

Comune di Galliera

Comune di Borca di Cadore

Provincia di Bologna

ISBRECIstituto storico bellunese della Resistenza e dell’età contemporanea

ISBREBOIstituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea provincia di Bologna

ANPISezione “Cadore Giovanna Zangrandi”

ANPISezione Galliera

Università La Sapienza - RomaDipartimento di Studi filosofici,linguistici e letterari

CAI Sezione di Pieve di Cadore

Pro Loco Galliera

Pro Loco TizianoAssociazione Turistica Pieve di Cadore

Pieve di CadorePalazzo della MagnificaComunità di Cadore20 agosto - 20 otobre 2010

Progettazione scientifica della mostra e del catalogoMyriam Trevisan

Realizzazione della mostraMyriam Trevisan, Roberta Fornasier, Achille Omar Di Leonardo

Progetto grafico del catalogoAchille Omar Di Leonardo

La Sapienza Università di Roma novembre 2010

Responsabile scientificoMyriam Trevisan

CoordinaMarina Zancan

Partecipano

Roberta FornasierArchivio Giovanna Zangrandi

Penny MorrisUniversità di Glasgow

Werther RomaniUniversità di Bologna

Enti promotori Mostra Seminario di Studi

Introduzione 9

Biografia 10

La pianura 14

La Resistenza 28

La montagna 58

Bibliografia delle opere 99

Bibliografia della critica 113

Sommario

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I luoghi della biografia di Gio-vanna Zangrandi si succedono negli anni scandendo le tappe di un’esistenza dolorosa ed in-tensa, segnata da scelte dra-stiche che sfidano la mentalità comune, e propongono un’im-magine di donna intelligente, libera e drammaticamente sola. La pianura emiliana è il luogo delle origini, l’alveo materno che si rivela però, a causa delle malattie mentali che colpiscono i parenti paterni, un ambien-te inquietante, simbolicamen-te rappresentato dalla “Palua”, il podere dove gli zii lavorano come fattori e dove la bambina, insieme ai genitori, trascorre i giorni di festività. In questi anni l’iniziale sentimen-to di libertà ispirato dai campi verdi che suscitano nell’animo di Zangrandi bambina la perce-zione di sentirsi parte integrante

della natura, “cucciolo nel val-lone”, si trasforma – quando il padre manifesta i primi sintomi di una malattia che lo indurrà a suicidarsi - in dolore latente, se-gnato dal timore che la felicità dell’infanzia stia per sgretolarsi. Il lago di Garda, dove si trasferi-scono nella vana speranza che il cambiamento climatico procuri un miglioramento nella salute del padre, diviene il luogo dell’at-tesa – di una guarigione che si rivela impossibile e di una cata-strofe che si sente imminente –, il momento di ingresso alla fase adulta, il rito di iniziazione alla maturità, che prevede un dram-matico passaggio attraverso il dolore e l’angoscioso sentimen-to dell’abbandono e della follia. Alla morte del padre, il suc-cessivo trasferimento delle due donne a Bologna apre la fase di formazione della ragazza che,

Myriam TrevisanLa SapienzaUniversità di Roma

Introduzione

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seguendo un’innata predisposizioni per le materie scientifiche - inizialmente castra-ta dai parenti paterni che la costringono a frequentare il liceo classico anziché quello scientifico – si laurea in Chimica, conse-gue il diploma di Farmacia e l’abilitazione all’esercizio della professione di chimico, avviando una promettente carriera universi-taria. L’immagine quindi che Zangrandi pro-pone di sé nei primi anni Trenta è altamente inusuale e fuori dagli schemi, antitetica allo stereotipo dominante che assegna alla don-na la possibilità di muoversi esclusivamente all’interno dello spazio domestico. La perdita della madre provoca un succes-sivo cambiamento di luogo e la montagna diviene la patria di adozione, lo spazio della libertà, dell’autonomia ma, anche, dell’ine-vitabile solitudine. Dopo alcuni anni tra-scorsi a Cortina, la scelta di militare nella guerra partigiana la induce a sperimentare la vita in alta montagna, in un contesto di grande rischio ed estrema precarietà: Zan-grandi, come staffetta, è ricercata dai tede-schi e trascorre l’inverno del 1944 lontana dai centri abitati. Al termine della guerra, svanito il sogno d’amore a causa della mor-te del comandante della brigata, Severino Rizzardi, dal nome di battaglia “Tigre”, di cui si era innamorata, continua per alcuni anni a vivere in alta montagna, gestendo il rifugio Antelao, per poi trasferirsi a Borca di Cadore, paese da lei preferito a Cortina, più “genuino” e “sincero”.La pianura emiliana, l’alta montagna in cui trascorre i mesi della lotta di Liberazione e la montagna cadorina sono quindi i luo-ghi che scandiscono le tappe dell’esistenza della scrittrice ma, contemporaneamente, sono anche i luoghi del suo immaginario

creativo. In tutte le sue opere, siano esse rese in forma autobiografica o romanzata, Zangrandi ripropone come ambientazione gli spazi da lei vissuti, svelando come, per lei, la vita si trasferisca inevitabilmente in scrittura, riproponendo, senza veli, gli sce-nari, i personaggi e i sentimenti del reale. Nel progettare una mostra che intende ri-percorrere le tappe della biografia intellet-tuale di Zangrandi si è rivelato inevitabile seguire questo itinerario scandito dai luo-ghi della sua vita, tappe di un percorso che trova nell’espressione letteraria la possibi-lità di rielaborare il vissuto nel tentativo di superare il dolore e i traumi esistenziali: la pianura simboleggia l’infanzia e la fase di formazione; l’alta montagna e la Resisten-za rappresentano la maturità e la scelta di un ideale politico per cui combattere; la montagna del Cadore è il luogo prescelto per una vita dedita alla scrittura, segnata però, contemporaneamente, dalla solitudi-ne e dalla malattia.

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1910 - 13 giugno - nasce a Galliera (Bologna).

1921 - la famiglia si trasferisce a Desenzano, sul lago di Garda.

1923 - 12 settembre - il padre pone fine alla propria esistenza, suicidandosi.

1923 - si trasferisce a Bologna insieme alla madre.

1929 - si diploma presso il liceo classico «Galvani» di Bologna.

1933 - 23 ottobre - consegue la laurea in Chimica presso l’Università degli studi di Bologna. Votazione 108/110.

1934 - 21 aprile - supera l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di chimico.

1934 - 6 novembre - consegue il diploma in Farmacia presso l’Università degli studi di Bologna. Votazione 75/90.

1934 - lavora come assistente volontaria presso l’Istituto di Geologia dell’Università degli studi di Bologna.

1935 - collabora con il corso di Geografia fisica, compilando le dispense per le lezioni.

1937 - 30 ottobre - muore la madre.

1937 - si trasferisce a Cortina dove insegna Scienze naturali presso l’istituto privato “Antonelli” e allena la squadra femminile di sci di Cortina.

1938 - avvia la collaborazione con «Cortina», «Cadore», «Atesia Augusta», «Dolomiti», pubblicando articoli, leggende e racconti.

1943 - inizia a militare come staffetta nella Brigata «Pier Fortunato Calvi», divisione Nannetti, zona Piave, con il nome di battaglia “Anna”.

1945 - fonda e dirige la rivista «Val Boite. Settimanale del Comitato di liberazione nazionale di Cortina e della Val Boite».

1946 - costruisce il rifugio Antelao, sulla sella di Pradonego, e lo gestisce fino al 1951.

Biografia

Dalla pianura alla montagna

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1951 - ritorna a vivere a Cortina.

1951 - esce la prima opera in volume, Leggende delle dolomiti, presso L’Eroica.

1952 - la raccolta di racconti Il cucciolo nel vallone è segnalata al Premio Deledda.

1953 - il racconto Gli ingrassavo le scarpe è selezionato al Premio Prato.

1954 - consegue il Premio Deledda con il romanzo I Brusaz, pubblicato nella collana “La Medusa degli italiani”, presso la casa editrice Mondadori, con cui avvia un rapporto di opzione per dieci anni.

1954-1981 - collabora con giornali e riviste a diffusione nazionale, quali «Amica», «Il Corriere di Napoli», «Epoca», «Gazzetta del popolo», «Gazzetta del Sud», «Il Gazzettino», «Gioia», «Il Mezzogiorno», «La Nazione sera», «Noi donne», «L’Unità».

1955 - prende la patente ed acquista una Fiat 600, affettuosamente denominata Maria Giovanna.

1957 - acquista un terreno a Borca, sotto le falde dell’Antelao, in cui costruisce dapprima una piccola casa in legno e quindi un fabbricato.

1957 - prende con sé il cane Attila.

1957 - pubblica Orsola nelle stagioni, presso Mondadori, nella collana «La Medusa degli italiani».

1959 - esce Il campo rosso presso Ceschina.

1960 - le viene diagnosticato il morbo di Parkinson. Prosegue l’attività di scrittura con sempre maggiore difficoltà.

1963 - pubblica I giorni veri, diario della militanza partigiana, presso Mondadori.

1966 - esce, presso Mondadori, la raccolta di racconti Anni con Attila.

1970 - pubblica la guida Borca di Cadore. Cenno storico e turistico, presso la Tipografia Piave di Belluno.

1972 - esce, presso Mursia, Il diario di Chiara.

1975 - pubblica la raccolta Racconti partigiani, presso Nuovi sentieri, Belluno.

1976 - esce Gente della Palua. Racconti , edito da Nuovi sentieri, Belluno.

1981 - esce l’ultima raccolta, Racconti partigiani e no, presso Tarantola libraio, Belluno.

1988 - 20 gennaio - muore a Pieve di Cadore, assistita da Arturo Fornasier, l’amico partigiano “Volpe”.

Pagina a fianco: Ritratto di bambina, Disegno eseguito da Giovanna Zangrandi (Archivio Giovanna Zangrandi).

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La pianura

L’infanzia, la formazione

Giovanna Zangrandi nasce a Galliera, in provincia di Bologna, il 13 giugno 1910 da Maria Tardini e Gaetano Bevilacqua, medico veterinario. Figlia unica, trascorre felice l’infanzia «nella casa tra le colline» come un «cucciolo nel vallone verde, ampio, [...] vasto dai campi terrazzati sul fiume», diviso tra una parte coltivata a grano e una zona boschiva, selvaggia, traversata da piccoli torrenti stagionali. La bambina trascorre le sue giornate libera, correndo per i prati e giocando con gli animali domestici: galline, conigli, maiali che vivono nel cortile. Ama, sopratutto, i cavalli, alloggiati nel recinto a fianco alla casa e vive la nascita del puledro Nuvolo come quella di un fratello. Il ricordo di Nuvolo rimane sempre presente nel suo immaginario e il cavallo diviene protagonista di uno dei suoi migliori racconti: Mio fratello Nuvolo che apre la raccolta Gente alla Palua.Il padre, «dottore delle bestie», è mitizzato

dalla figlia che lo ritrae «come un principe da favola», «un Cavaliere di Re Artù» o «un guerriero intabarrato di Attila». Dagli «occhi tristi e castani», socialista e ateo, è definito come un uomo dalla «coscienza della bontà», dal «ragionamento raffinato», dotato di «un’etica rigorosa e razionale» che educa la figlia al rispetto della libertà, insegnandole che «ogni essere umano è libero di pensare ciò che crede: il pensiero è inviolabile proprietà di ciascuno». La tranquillità familiare si incrina nei periodi festivi durante le visite agli zii del padre – tutti colpiti da diverse forme di malattie mentali - che vivono in un podere denominato “Palua”, dove lavorano come fattori. L’inquietudine e l’ansia di questi incontri rimane indelebile nel ricordo di Zangrandi che, diventata adulta, li trasferisce in scrittura nelle opere autobiografiche I giorni veri, Anni con Attila, Gente alla Palua e in un’opera di cui abbiamo solo

L’apparecchiavano come per nozze, non trascurando nemmeno fiori e tralci di edera, trionfi di frutta, spostati poi per infilare i piatti di portata sovrac-carichi, arrosti, cacciagione, anatre ripiene o schidionate di uccelli seguiti da taglieri di polenta, vini di uva con vetuste etichette di nascita e torte enormi. Tranne mio padre e mio zio Angelo che soffrivano di stomaco, tutti mangiavano come eroi di Omero, ce n’era di roba alla Palua, Cristo se ce n’era, non contava che la terra e le case fossero dei Conti Roale (Ehi, piccinin, Con-ti si scrive con la maiuscola.) ma, Cristo! di roba da mangiare non c’e’ mise-ria spolpa ancora questo cosciotto senti il sapore della faraona . . .

(Gente alla Palua, p. 31)

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il titolo, La casa degli zii, in cui avrebbe voluto parlare di sé e delle proprie origini. Alla fine degli anni Dieci il padre si ammala, manifestando una grave forma di depressione che lo condurrà alla morte. La bambina è sconvolta dalla trasformazione delle abitudini paterne e racconta di aver pianto silenziosamente sperando, invano, in una guarigione. Lo osserva mentre rimane a casa, avvolto in uno scialle, rimpiangendo il periodo in cui lavorava, spostandosi a cavallo per le campagne emiliane.Alla fine del secondo bimestre della quinta elementare la famiglia lascia Galliera per trasferirsi a Desenzano, sul lago di Garda, nell’illusione che il cambiamento climatico possa influire positivamente sulla salute dell’uomo. Poche sono le notizie riguardanti questi anni, segnati dal brusco passaggio dalla felicità dell’infanzia allo «strappo» dell’adolescenza, sconvolta dalla perdita del padre che decide di porre termine alla sua esistenza. Il suicidio rimane un tema costante nei suoi scritti e, durante gli anni della malattia, teme che il dolore la spinga a compiere lo stesso gesto del padre. Il timore, infatti, di aver ereditato dalla linea paterna un germe di follia è uno degli stimoli che la induce a dedicarsi alla scrittura, attività che le permette di sviluppare e di analizzare pensieri ossessivi che, riaffiorando alla coscienza, vengono così elaborati e superati. Al ricordo inquietante del padre e degli zii si contrappone quello della madre, donna «estroversa», che le trasmette gli ideali libertari del nonno, colonnello del Risorgimento, e le insegna che «siamo tutti figli di uno stesso padre, un Dio grande

senza corpo, senza nome».Il legame con i parenti paterni, però, non si interrompe e, trasferitasi a Bologna con la madre, è aiutata economicamente da uno zio che risiede in città, che però si intromette nella sua vita, influenzandone le scelte scolastiche: le viene infatti impedito di trasferirsi al liceo scientifico, considerata una «scuolaccia nuova», frequentata da persone di bassa estrazione.In prima liceo Giovanna Zangrandi è iscritta al Liceo «Galvani», dove consegue la maturità classica nel 1929. In questi anni abita in una casa «senza luce, peggio dei “piombi” di Silvio Pellico» e matura un senso di avversione verso la città, definita «vecchia antica e fetente [...], provinciale, retrograda». L’autrice, viceversa, si sente a suo agio in Cadore, dove trascorre le vacanze, luogo in cui riscopre quel senso di libertà che aveva caratterizzato l’infanzia.Svanito il sogno di studiare Agraria o Geologia – definite dai parenti «materie da contadini [...] o da avventurieri» - Zangrandi si iscrive a Chimica, laureandosi nel 1934 e conseguendo, nello stesso anno, il diploma in Farmacia. Superato l’esame di abilitazione per l’esercizio della professione di chimico, Zangrandi comincia la carriera universitaria inserendosi come assistente presso l’Istituto di Geologia e collaborando al corso di Geografia fisica. I materiali d’archivio non conservano nessun documento risalente a questi anni, sebbene l’autrice racconti di aver scritto un diario sin da bambina e di aver da sempre inventato storie per colmare il senso di solitudine che l’accompagna dall’infanzia.

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La pianura

Diploma di laurea in Zooiatria conferito al padre, Gaetano BevilacquaBologna, 27 giugno 1897Archivio Giovanna Zangrandi

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La pianura

Diploma di laurea in Chimica Bologna, 23 ottobre 1933

Archivio Giovanna Zangrandi

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La pianura

Diploma in FarmaciaBologna, 6 novembre 1934Archivio Giovanna Zangrandi

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La pianura

Diploma all’abilitazione all’esercizio della professione di chimicoRoma, 21 aprile 1934Archivio Giovanna Zangrandi

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La pianura

Alfred Edmund Brehm, La vita degli animali, 1890Libro del padre, Gaetano BevilacquaCollezione privata

“non avevo schifo delle bestie, no anche se vi distinguevo spietatamente «bestie da uccidere» e bestie da allevare

(a queste si poteva anche voler bene, un pochino, con equilibrio, si intende). Ero ferrata in zoologia, mi ci aveva istruito mio padre, aiutato dai dieci volumoni della storia degli animali del Brehm, ci aveva aggiunto anche nozioni darwiniane, mi entusiasmava l’idea

di aver avuto tanti simpatici e onorevoli antenati.

”(Il 47° cromosoma in Gente alla Palua, p. 55)

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La pianura

Gaetano Rovereto, Geologia, Hoepli, Milano 1931Libro universitario con annotazioni manoscritte

Collezione privata

“segretamente puntavo (casomai) au agraria o geologia; segretamente

perché avendole difese in casa degli zii, questi si erno scagliati tutti contro quelle materie da contadini, pfui,

o da avventurieri

”(Gente alla Palua, p. 51)

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La pianura

Dattiloscritto de Il cucciolo del valloneArchivio Giovanna Zangrandi

Raccolta di racconti,

segnalata al Premio

Deledda nel 1952,

dove è tematizzata,

per la prima volta,

l’infanzia

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La pianura

Pagina del diario rilegato del 1955, in cui parla della Casa degli ziiArchivio Giovanna Zangrandi

Nei diari dei primi

anni Cinquanta

Zangrandi ripetu-

tamente ipotizza

un romanzo, dal

titolo La casa degli

zii, in cui vorrebbe

narrare le proprie

origini. L’idea, però,

non riuscirà mai

a concretizzarsi in

scrittura

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La pianura

Pagine di diario in cui parla della Casa degli ziiPagine di diario, 1955Archivio Giovanna Zangrandi

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La pianura

Pagina di diario12 settembre 1937

Archivio Giovanna Zangrandi

Prima pagina di diario conservata in

archivio, in cui Zangrandi annota le sue

riflessioni, durante il viaggio di ritorno a

Bologna, dal Cadore

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La pianura

Gente alla Palua. Racconti, Nuovi sentieri, Belluno 1976Collezione privata

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La pianura

Album fotograficoArchivio Comune di Galliera

Album fotografico

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La Resistenza

L’impegno civile

Anch’io fui nell’occhio del ciclone, accanto ad altri umili, ma equilibrati e dritti, coscienti dei valori della vita: gente che sapeva indicarti un sentiero difficile, erto talora, ma pulito, chiaro, senza esaltazioni o aberrazioni.

(Gente alla Palua, p. 66)

Cresciuta in una famiglia liberale, tacitamente ostile al fascismo, Giovanna Zangrandi, negli anni della sua formazione, rimane estranea alla politica del regime. Trasferitasi in Cadore nel 1937, è costretta ad iscriversi al partito fascista per poter esercitare la professione di allenatrice della squadra femminile di sci di Cortina. Con l’8 settembre l’indifferenza nei confronti della politica si tramuta repentinamente in una netta scelta di campo che la vede impegnata, con il nome di battaglia “Anna”, nella brigata garibaldina “Pier Fortunato Calvi”, Divisione Nannetti. Sfruttando l’opportunità di passare quotidianamente il confine del Reich, fissato a Dogana, per recarsi ad insegnare nella sede distaccata della scuola a Pieve di Cadore, Zangrandi riceve mansioni di estremo rischio come staffetta e trasporta armi, stampa e disposizioni ai compagni che cominciano ad organizzare l’opposizione ai tedeschi in Cadore.La sua naturale predisposizione al disegno e le competenze geologiche acquisite negli anni universitari sono sfruttate dal comandante Sandro Gallo, “Garbin”, che le affida gli

importanti compiti di eseguire la mappa al 25.000 della zona e individuare i luoghi dove porre le mine per le azioni di sabotaggio.Individuata dai tedeschi, con una taglia di 50.000 lire, abbandona la casa di Cortina nel giugno 1944 e trascorre l’estate sorvegliando un gregge a Forcella piccola, sotto l’Antelao. Faticosamente riesce a riprendere i contatti con gli altri partigiani e con il nuovo comandante, Severino Rizzardi, “Tigre”; riceve il compito di aiutare la brigata Pisacane, formata principalmente da bolognesi che non conoscono bene i luoghi, ad uscire da un accerchiamento; trascorre l’inverno del 1944 insieme ad altri due partigiani, sulle Marmarole, per poi riprendere i collegamenti in Veneto, recandosi in bicicletta a Belluno e a PadovaTerminata la guerra il ricordo dell’esperienza vissuta si trasforma in scrittura e la tematica partigiana unisce, come un filo rosso, tutta la sua produzione, dal 1945 alla morte, nelle diverse forme narrative del diario, del racconto, del romanzo e dello scritto giornalistico.Appena conclusa la guerra Zangrandi, partecipando al progetto degli intellettuali

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italiani di contribuire alla ricostruzione morale e civile del Paese, fonda e dirige «Val Boite. Settimanale del Comitato di liberazione nazionale di Cortina e della Val Boite». Tra scritti di politica e attualità, costante è la presenza, nella rivista, del ricordo dell’esperienza partigiana, con testimonianze e riflessioni firmate dai diversi collaboratori e da Giovanna Zangrandi che vi pubblica molti articoli, di cui sette a tematica resistenziale, firmati Anna e Alda Bevilacqua. L’articolo Garbin, ricorda il comandante Sandro Gallo, ucciso dai tedeschi il 20 settembre del 1944; Mito garibaldino propone all’attenzione il legame tra lotte risorgimentali e guerra partigiana impersonato dai tragici destini di Calvi e Garbin; I caduti di Domegge è la cronaca oggettiva di una tragica esecuzione a danno di tre ragazzi morti per non aver tradito i compagni, che sottolinea il dovere di continuare a far vivere gli ideali resistenziali; Distaccamento “Memora” narra dell’inverno del 1944, trascorso in una roccia, nella cima della Memora, insieme a due compagni; Figure dal vero fornisce i ritratti di alcuni partigiani e i loro destini; Storia di una sahariana, il racconto più scopertamente autobiografico, narra il suo percorso di formazione, simile a quello di tanti giovani della sua generazione che, dopo aver inconsapevolmente aderito alla cultura fascista, indossando per l’appunto la sahariana, hanno acquisito una propria consapevolezza politica. Nel 1953 il racconto Gli ingrassavo le scarpe consegue il terzo premio al Premio Letterario Prato. In quest’opera Zangrandi narra la vita di staffetta dall’autunno del 1944 – quando deve abbandonare il paese, perché ricercata, e cominciare il duro inverno in montagna - alla primavera del 1945. Al

centro della narrazione è l’amore provato per il comandante Severino Rizzardi, “Tigre”, tragicamente ucciso dai tedeschi poco prima della fine del conflitto.Il ricordo di questi anni si ripropone più volte come materia narrativa e domina Il campo rosso, in cui il passato è rievocato con continui flashback, Caporale Rizzardi, opera progettata a partire dal 1956 ma non realizzata, Silenzio sotto d’erba, romanzo rimasto inedito fino al 2010, in cui il protagonista, Guido Brusaz, milita nella Resistenza, incontra la staffetta Anna, la cui descrizione coincide con quella dell’autrice, e narra la morte del comandante Sandro Garbin, nella curva di Lozzo.Solo dopo quasi vent’anni dalla fine del conflitto, Zangrandi decide di raccontare l’esperienza partigiana non più trasfigurandola in racconto ma esponendola in forma diaristica, in modo da conferire maggior veridicità ai fatti. Pubblica, dunque, nel 1963, I giorni veri, il suo capolavoro, in cui ripercorre gli eventi vissuti dall’autunno del 1942 alla Liberazione. La tematica partigiana è infine presente in molti dei racconti pubblicati su giornali e riviste nel corso degli anni o raccolti in volume. In Anni con Attila, su sette racconti presentati, due ricordano gli anni della militanza (La sahariana e Il primo della classe e altri); in Gente alla Palua, tra i complessivi otto racconti, due sono a tematica partigiana (La selce, Zilio) e in Racconti partigiani e no su diciassette, tredici rievocano episodi della guerra di liberazione (La cassa del Generale, Rolando, Lola, Un micino rosicchiato dai topi, La lettera di Irkutsh, I Maspert, Natale 1944, Sulla lastra, Cristina, Le due spie, I mandorli là in fondo, La casa di Angela, La guerra è finita).

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La Resistenza

Certificato al patriota conferito ad Alda Bevilacqua (Anna)Archivio Giovanna Zangrandi

“«Anna Sherpa» mi chiamavano. Veramente in diciotto anni di guerriglia avevo fatto più il portatore che la staffetta, orgogliosamente dapprima

con la «corvèe» paesane sotto spietati carichi, su per spietatissimi pendii, poi da sola durante tutto il bestiale ultimo inverno 1944.45 che ci

«regalò» l’ineffabile generale Alexander.

”( Torre Sonia in Gente alla Palua, p. 117)

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La Resistenza

Libretto personale del Ministero dell’Italia occupataArchivio Giovanna Zangrandi

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La Resistenza

Minuta di lettera di Anna al comandante Sandro Gallo, GarbinArchivio Giovanna Zangrandi

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La Resistenza

Disegni di ponti da sabotareArchivio Giovanna Zangrandi

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La Resistenza

Disegni di ponti da sabotareArchivio Giovanna Zangrandi

Disegni eseguiti da Giovanna Zangrandi su

incarico del comandante “Garbin”.

Sono fornite indicazioni per effettuare

sabotaggi, tra cui il disegno con

rappresentati i punti dove inserire la

dinamite per far saltare il ponte della

Ferrovia, tra Cortina e Ospitale

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La Resistenza

Disegni di ponti da sabotareArchivio Giovanna Zangrandi

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La Resistenza

Pagine manoscritte e dattiloscritte del racconto Distaccamento MemoraArchivio Giovanna Zangrandi

In questo racconto pubblicato in “Val

Boite” è narrato il periodo trascorso,

durante la militanza partigiana, sulla

Memora, in una roccia denominata “Il

lungomare”

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La Resistenza

Disegno della Memora e della roccia denominata “Il lungomare”Archivio Giovanna Zangrandi

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La Resistenza

Pagina del racconto dattiloscritto Natale 1944Archivio Giovanna Zangrandi

Il racconto, inserito nella raccolta

Racconti partigiani e no,

descrive il periodo trascorso nel

“Lungomare” della Memora”

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La Resistenza

Pagina del dattiloscritto di Gli ingrassavo le scarpeArchivio Giovanna Zangrandi

In questa pagina di Gli ingrassavo

le scarpe, racconto vincitore del

terzo Premio Prato 1953, è

narrato, nel finale, il momento in

cui Anna viene a sapere che il

comandante Severino Rizzardi,

“Tigre”, è stato ucciso

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La Resistenza

Fotografia di Severino Rizzardi, “Tigre”Archivio Giuseppe Pellegrinon

“Tutto qui avanti posso vederlo e averlo, posso camminare

sull’altopiano immenso fi orito del fi ore rosso, posso andare leggera

per caldi purpurei viali, posso avere Dario con me.

E non morti siamo, non fantasmi, vivi noi camminiamo nel campo

del fi ore rosso. Vivi, vivi.Ecco che io vado a paio del suo corpo elastico e bello, che non ebbi mai in vita, mai ed ora vi

cammino allacciata, sento la sua anca battere contro la mia, la

sua mano sul mio vestito leggero, troppo, la sua mano che stringe sul

mio seno, viva, terribilmente viva.Nell’immensità del campo rosso.

”(Campo rosso, p. 75)“A volte, viene dentro, tra i rami, il viso di quell’uomo che disse che non voleva donne fi no a primavera; vedo brillare nel buio i suoi occhi, come sono, dorati e selvaggi:

per essi gli demmo il nome di Tigre.

”(Gli ingrassavo le scarpe, pp. 57-8)

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La Resistenza

Disegno di ambientazione del romanzo Silenzio sotto l’erbaArchivio Giovanna Zangrandi

In questo schizzo è rappresentato il

bunker nel quale Caino, protagonista

del romanzo, viene rinchiuso.

42

La Resistenza

Pagina del dattiloscritto di Silenzio sotto l’erbaArchivio Giovanna Zangrandi

Pagina in cui è presentato

il protagonista Guido

Brusaz, dal nome di

battaglia “Caino”.

43

La Resistenza

In questi appunti l’autrice

decide di trasferire alcuni

aspetti di Severino (Tigre)

sul protagonista e riflette

sulla possibilità di inserire

anche Garbin (Sandro

Gallo).

Appunti preparatori di Silenzio sotto l’erbaArchivio Giovanna Zangrandi

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La Resistenza

Pagina del dattiloscritto di Silenzio sotto l’erbaArchivio Giovanna Zangrandi

Zangrandi non riesce a

rimanere estranea alla

materia narrata e si

inserisce come personaggio

minore. In questa pagina

il protagonista, Caino,

incontra la staffetta Anna

(nome di battaglia della

scrittrice)

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La Resistenza

Prima redazione manoscritta dei Giorni veriArchivio Giovanna Zangrandi

Il diario della militanza

partigiana, pubblicato nel

1963 con il titolo I giorni

veri, era denominato

inizialmente

“Contrabbando di uomini”.

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La Resistenza

Redazione dattiloscritta dei Giorni veriArchivio Giovanna Zangrandi

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La Resistenza

Introduzione manoscritta ai Giorni veriArchivio Giovanna Zangrandi

Introduzione manoscritta in cui

l’autrice dedica il lavoro ai suoi

compagni partigiani, morti nella

lotta di Liberazione.

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La Resistenza

Redazione dattiloscritta dei Giorni veriArchivio ANPI “Cadore-Giovanna Zangrandi”

Frontespizio in cui, oltre al

titolo definitivo“ I giorni veri.”,

sono annotati il sottotitolo

“Diario di una staffetta della

‘Calvi’ (1943-1945)” e varie

ipotesi di titolo, poi cassate: “La

pietà non serve”, “Quaderni”

“Persone, luoghi, avvenimenti, parole riferiti in questo diario sono veri, non si tratta di una ricostruzione romanzesca. I nomi di località sono

autentici e riscontrabili, quelli di persone pure, anche se per coloro che lo preferivano, che oggi non desiderano comparire, ho usato il nome di

battaglia. Solo per alcuni luoghi e persone, laddove l’agire fu squallido e penoso, mi sono imposta di siglare e cambiar nome, per un senso di civile

rispetto verso la persona umana.

”(I giorni veri, p. 6)

49

La Resistenza

I giorni veri, Mondadori, Milano 1963Collezione privata

50

La Resistenza

Lettera di Marco Forti a Giovanna Zangrandi sui Giorni veriMilano, 17/12/1962Archivio Giovanna Zangrandi

51

La Resistenza

Risposta di Giovanna Zangrandi a Marco FortiArchivio Giovanna Zangrandi

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La Resistenza

Fotografia di un mulo con abitante del CadoreArchivio Giuseppe Pellegrinon

Fotografia conservata da Giovanna

Zangrandi, probabilmente collegata

al racconto Rolando, che prende il

nome dal mulo protagonista, di cui

sono narrate le peripezie durante la

guerra partigiana.

“Lui non sapeva che sulla piazza dava un piccolo presiodio di tedeschi Alpenjager (gente

tranquilla fi nora).Lo catturarono [...] lo chiamarono Thor [...].

Rolando-Thor inspiegabilmente andò, forse i cruki erano riusciti a spersonalizzare

anche il mulo. [...] Rolando si impennò, mostrò i denti a chi tentava di trattenerlo, si buttò fuori strada con il

carico sbilanciato, incespicò e fece un volo pauroso per

la ripa, poi con un perfetto salto mortale, atterrò sul greto a zampe in aria con il basto sotto la schiena (e questo gli servì a non scavezzarsi le vertebre). Nel

colpo si spezzarono cinghie e legacci, si vide Rolando, indenne, libero, diabolico galoppar via, scomparire nella boscaglia, ai cruki non rimase che bestemmiare

in italiano.

”(Racconti partigiani e no, pp. 21-2)

53

La Resistenza

Pagina di diarioAgosto 1945

Archivio Giovanna Zangrandi

Al termine del conflitto Zangrandi riflette

nel diario sulle contraddizioni e le

difficoltà del dopoguerra.

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La Resistenza

Denuncia di possesso di una rivoltella 20 maggio 1946Archivio Giovanna Zangrandi

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La Resistenza

Foto di Anna nel giorno della LiberazioneIstituto storico della Resistenza di Belluno

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La Resistenza

Tessera ANPI1962Archivio Giovanna Zangrandi

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La Resistenza

Racconti partigiani e no, Tarantola libraio, Belluno 1981Collezione privata

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La montagna

La scrittura, la malattia

Poi la sera diventava notte, nella valle sottostante si accendevano lumi di case e di strade; qui non mi erano ostili come nella cittadina turistica che avevo lasciata. Qui tra me e la valle c’era solo un diaframma sottile (dato dalle precedenti scottature) e lo sentivo cadere via via. Ora guardavo quei lumi amorosamente, mi sentivo una di loro.

(Anni con Attila, p. 22)

In seguito alla morte della madre, avvenuta il 30 ottobre 1937, Giovanna Zangrandi lascia Bologna, interrompendo la carriera universitaria da poco avviata, per trasferirsi a Cortina. La montagna, frequentata negli anni d’infanzia durante i periodi estivi, rappresenta per lei la libertà e l’indipendenza, e si oppone, metaforicamente, alla pianura, simbolo di oppressione e di dipendenza. Nel tentativo di spezzare ogni legame con le origini, e con i traumatici ricordi che per tutta la vita affiorano nella sua scrittura, Zangrandi si definirà sempre «cadorina d’elezione», omettendo nelle sue pubblicazioni sia il nome che il luogo di nascita. Nel nuovo luogo di residenza lavora come insegnante di Scienze nell’istituto privato “Antonelli”, allena la squadra femminile di sci e trascorre il tempo libero sfidando le proprie possibilità, con scalate impegnative e discese con gli sci estremamente rischiose. La montagna le dà l’ebbrezza di superare i limiti e, come racconta nei diari, le permette

di sentire il proprio corpo privo di connotati umani, lontano dalla sfera della femminilità, simile ad una «macchina», «con lucenti tendini di acciaio», agile e pronto ad affrontare ogni pericolo. E il suo corpo, dai connotati meccanici e dagli istinti animaleschi, le permette di sopravvivere durante l’esperienza resistenziale, quando la forza e la prontezza sono indispensabili e, in particolar modo, durante il freddo inverno del 1944, trascorso interamente in montagna, tra le rocce e la neve, senza la possibilità di accendere il fuoco per il rischio di essere avvistata.La montagna rappresenta, inoltre, il luogo della solitudine e del silenzio e, nelle lunghe serate trascorse in casa, Zangrandi avvia l’attività di scrittura componendo racconti, leggende, romanzi ed articoli, in parte rimasti inediti e in parte pubblicati dal 1938 sulle riviste locali «Cortina», «Cadore», «Atesia Augusta», «Dolomiti». Inizialmente, per firmare le proprie pubblicazioni, trasforma il nome di battesimo in “Alda Bevilacqua”, poi, gradualmente, inizia ad usare diversi

59

pseudonimi (“Il Falco”, “Anna”, “Alda Labante”, “Gianna Zandi”, “Anna Zeta”, “G. Zeta”) e nel dopoguerra, infine, Giovanna Zangrandi, «nome comelicano». Attraverso un lungo processo che comincia con l’abbandono di Bologna e termina, dopo l’esperienza partigiana, con la scelta definitiva di un nuovo nome, non a caso di origine cadorina, nasce una donna nuova che tenta, per tutta la vita, di crearsi una nuova identità e di radicarsi in un paese diverso da quello d’origine.A Cortina, però, non riesce ad integrarsi e critica, da un lato, i villeggianti – la cui mondanità le risulta insopportabile – e, dall’altro, i paesani, che, durante la guerra, sentendosi legati per origine allo stato asburgico, hanno militato in campo opposto al suo. Nel 1946, fallita l’esperienza di direzione della rivista «Val Boite» e, sul piano privato, svanita l’illusione di potersi formare una famiglia, la sua esistenza è segnata da una nuova, brusca frattura: Zangrandi abbandona Cortina e si trasferisce in alta montagna, sulla sella di Pradonego, sotto l’Antelao, dove costruisce e gestisce un rifugio. In questi anni si interrompono le pubblicazioni su giornali e riviste ma, dai diari, si ricostruisce che l’attività di scrittura prosegue e la scrittrice comincia a raccogliere quelle leggende che, nel 1951, sono edite con il titolo Leggende delle Dolomiti dalla casa editrice L’Eroica.La solitudine della montagna è intervallata da incontri con uomini del Cadore, cacciatori o pastori, con i quali Zangrandi si sente a suo agio, accomunata da un rapporto sincero e diretto con la natura. Matura quindi in lei la riflessione di tornare in vallata, non nell’odiata Cortina, bensì in un paese con «gente viva, semplice, forte, senza gretti egoismi di clan, senza caste», «tra gente sana con cui [ha]

vissuto una guerra, mesi e anni di solidarietà sincera». Dopo aver ceduto il rifugio al Cai nel 1951, lavora, per anni, con l’obiettivo di potersi trasferire a Borca, in una casa costruita in un prato di fronte all’Antelao, e riuscirà a realizzare il suo sogno nel 1957.La montagna fa da sfondo a gran parte delle sue opere: nei Brusaz e in Orsola delle stagioni l’autrice ci offre degli indimenticabili ritratti di donne dedite al lavoro, votate ad un destino di rinunce e sacrifici; nel Campo rosso e nei Giorni veri il narrare autobiografico le permette di descrivere se stessa a contatto con la natura, sia durante la guerra che nell’esperienza di gestione del Rifugio Antelao; nei racconti, sfruttando la brevità della scrittura, traccia degli indimenticabili scorci di vita, principalmente in chiave autobiografica, in cui sono evocate le avventure del cane Attila e di un’infinità di personaggi incontrati, tra le valli del Cadore, nel corso degli anni. La scrittura le permette così di sentirsi pienamente radicata nel luogo di vita prescelto e di rendere vivi e reali i sentimenti, le abitudini, le modalità di vita della gente cadorina di cui ripropone, con totale immedesimazione, persino le modalità del parlato proponendo, in alcuni passi delle sue opere, come sperimentazione linguistica, la costruzione sintattica della frase propria del dialetto.Nonostante si compia il processo di fusione con il Cadore – come dimostra la scelta di parlare in veneto e di farsi chiamare dagli amici “Anna” – il legame con le origini non viene, però, mai meno e, al termine dell’esistenza, dopo una malattia ventennale che la riduce alla progressiva immobilità, scrive, come volontà testamentaria, di voler essere seppellita nel suo paese d’origine, a fianco dei suoi cari.

60

La montagna

Bozza di indice per un volume di leggendeArchivio Giovanna Zangrandi

Sin dagli anni Trenta

Zangrandi annota e raccoglie

le leggende che le vengono

raccontate dai pastori e

dagli abitanti delle valli,

durante le sue passeggiate

in montagna. L’idea di

pubblicarle in volume è,

dunque, precedente la

guerra ed è testimoniata da

numerose stesure consevate

in archivio. In questa pagina

si evince come l’autrice

tenti di abbozzare un indice,

annotando ipotesi di titoli e

rispettivi numeri di pagine.

Con l’ironia che caratterizza

la sua scrittura inserisce

commenti e incitazioni a se

stessa: “Ci siamo! Alè! Alè!

Filibustiere delle Valli”

61

La montagna

Leggende delle dolomiti, L’Eroica, Milano 1951Collezione privata

62

La montagna

Nota di diario25 Agosto 1949Archivio Giovanna Zangrandi

Annotazioni autografe riportate sulla ricevuta

del Rifugio Antelao, in cui, con ironia, fa un

bilancio esistenziale. Nel retro è presente

una nota di diario

63

La montagna

Pagina di diarioMaggio 1953

Archivio Giovanna Zangrandi

Pagina di diario con riferimento

all’opera Il campo rosso,

inizialmente denominata “Il fiore

rosso”

64

La montagna

Pagina di diario14 dicembre [1954]Archivio Giovanna Zangrandi

Nelle pagine di diario

sono frequenti le allusioni

all’attività di scrittura.

In questo caso l’autrice

riflette sul Campo rosso

e sulle protagoniste

dei romanzi I Brusaz e

Orsola nelle stagioni.

65

La montagna

Prima redazione dattiloscritta con correzioni autografe del Campo rossoArchivio Giovanna Zangrandi

Frontespizio manoscritto della

prima redazione dattiloscritta

con correzioni autografe del

Campo rosso, firmata Alda

Bevilacqua.

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La montagna

Il campo rosso (Cronaca di una estate 1946), Ceschina, Milano 1959Collezione privata

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La montagna

Redazione dattiloscritta dei Brusaz, con allegato foglio manoscrittoArchivio Giovanna Zangrandi

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La montagna

I Brusaz, Mondadori, ‘La Medusa degli italiani’, Milano 1954Collezione privata

69

La montagna

Brochure della presentazione del romanzo I BrusazArchivio Giovanna Zangrandi

Presentazione svoltasi

a Trento, il 25

febbraio 1955, con

la partecipazione di

Giovanna Zangrandi e

di Guido Lopez

70

La montagna

Disegno di ambientazione del romanzo Orsola nelle stagioniArchivio Giovanna Zangrandi

Zangrandi era solita eseguire

i disegni di ambientazione dei

suoi romanzi. In questo caso

immagina il paesaggio visto

dalla protagonista del romanzo

Orsola nelle stagioni

“Cammina leggera: la fatica della salita dà anzi al suo

corpo sano un senso di gioia fi sica, come di piacevole vittoria sul peso. Orsola non pensa che sia per la

sua giovinezza o per l’aria pura, in cui si mesce aroma di resine ed afrore di faggi; vuol dirsi invece che questo piacere di innalzarsi sulla valle, sulle case del paese, è certamente un sentimento

divino verso il cielo, un sentimento ch’è in noi.

”(Orsola nelle stagioni, p. 17)

71

La montagna

Pagina del riassunto di Orsola nelle stagioniArchivio Giovanna Zangrandi

72

La montagna

Pagina del riassunto di Orsola nelle stagioniArchivio Giovanna Zangrandi

In queste annotazioni

sintetizza le caratteristiche

dei vari personaggi

73

La montagna

Pagina di diario datata Milano15 dicembre [1955]

Archivio Giovanna Zangrandi

Nota di diario in cui la

scrittrice riflette, con

preoccupazione, sui

risultati artistici raggiunti

con Orsola nelle stagioni

74

La montagna

Orsola nelle stagioni, ‘La Medusa degli italiani’, Mondadori, Milano 1957Collezione privata

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La montagna

Dattiloscritto del racconto Più nienteArchivio Giovanna Zangrandi

Racconto incentrato

sulla tragedia della

diga del Vajont,

accaduta nel 1963

76

La montagna

Pagina del giornale L’Unità del 12 gennaio 1964Archivio Giovanna Zangrandi

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La montagna

Prima stesura di Anni con Attila, dal titolo Storia di un cane e altra genteArchivio Giovanna Zangrandi

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La montagna

Pagina di diario9 febbraio [1956]Archivio Giovanna Zangrandi

Pagina di diario in cui riflette sulla

possibilità di comperare una casetta di

legno e ne esegue degli schizzi

“Ed ecco che in paese sarebbero arrivati i

villeggianti, tutte brave e care persone, se presi ad

uno ad uno, ma...Per questa e per altre

importanti ragioni avevo deciso di montarmi una

baracchetta di legno fuori dall’ultima frazione alta, su di una specie di terrazza prativa ch’era stupenda e vasta là ai

margini del bosco: avrei veduto al mattino i larici

fumare dalla guazza greve, avrei sentitole falci frusciare

nei prati all’intornonelle albe chiare.

”(Temporali d’estate, in «Il Gazzettino», 14/9/1957)

79

La montagna

Pagina di diario25 ottobre 1956

Archivio Giovanna Zangrandi

“Approdai a B., verso sera, io e il cagnetto; è un piccolo paese

pulito dove faticosamente, a rate, avevo comperato un prato

e ci sognavo una piccola casa mia.Non so da quanti anni lo sognassi, senza inquilini, senza villeggianti,

razza balorda, senza vicini fi ccanasi, con un focolare col fuoco e magari un cane: da tanto sognavo. Tutte le mie carte, i miei libri, le mie cartelle di lavoro erano infarciti di disegni, schizzi, piante, carte millimetrate e lucidi, scarabocchi, misure, conti,

piccole camere tuttofare nei periodi di magra e qualcosa di più quando

la speranza svolazzava un poco. E mi portavo appresso una cartella

dove avevo alcuni disegni.Una ossessione; se ossessione è quella dell’uomo di essere libero,

sereno, senza odii e falsi sorrisi, senza ipocrisie e di poter lavorare in un

vano protetto da intemperiee da importuni.

”(iAnni con Attila, p. 15)

Schizzi della casetta in legno e

annotazione sul desiderio di realizzarla

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La montagna

Fotografia di Giovanna Zangrandi con Attila nella casa di Borca e in montagnaArchivio Giuseppe Pellegrinon

“Attila era diventato un lupo enorme con qualche variazione non

regolamentare rispetto alle forme ortodosse del pastore tedesco, il suo muso era leggermente più assottigliato, ma bellissimo e

vibrante, non aveva, come altri della sua razza, certa massiccia

teutonicità e questo mi piaceva assai. Aveva ancora pazzie, estrose mosse

da cucciolo, era disubbidiente e nomade, ma divideva equamente le

sue scorribande: da un lato la foresta alle spalle che conosceva metro a

metro per giorni di cammino, là era vivo, teso, osservatore, non aveva più niente in comune con i pastori tedeschi da cortile o da guinzaglio.

”(Anni con Attila, p. 43)

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La montagna

Anni con Attila, Mondadori, Milano 1966Collezione privata

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La montagna

Borca di Cadore, Tip. Piave, Belluno 1970Collezione privata

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La montagna

Prima redazione manoscritta del Diario di ChiaraArchivio Giovanna Zangrandi

Prima redazione del Diario

di Chiara databile alla fine

degli anni Trenta, pensata

come sceneggiatura

cinematografica, dal

titolo “Leggenda de

il Condottiero della

Montagna. Pietro Calvi”

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La montagna

Riassunto dattiloscritto del Diario di ChiaraArchivio Giovanna Zangrandi

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La montagna

Il diario di Chiara, Mursia, Milano 1972Collezione privata

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La montagna

Tessera della commissione per la tenuta degli albi professionali dei giornalistiArchivio Giovanna Zangrandi

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La montagna

Tessera dell’ordine nazionale dei giornalistiArchivio Giovanna Zangrandi

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La montagna

Tessera del sindacato degli scrittori1962Archivio Giovanna Zangrandi

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La montagna

Rubrica telefonicaArchivio Giovanna Zangrandi

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La montagna

Nota di diario datata 18 dicembre 1952 Archivio Giovanna Zangrandi

Pagina di diario in cui

allude alla scrittura di un

romanzo rosa-giallo e,

con ironia, riflette sulla

necessità di scrivere, per

motivi economici, opere

che non rispondono alle

sue esigenze creative

91

La montagna

Lettera manoscritta di Rolando Marchi a Federico FelliniMilano, maggio 1956

Archivio Giovanna Zangrandi

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La montagna

Lettera manoscritta di Alberto BevilacquaParma, 1 dicembre 1958Archivio Giovanna Zangrandi

Alberto Bevilacqua contatta la scrittrice

per proporle la pubblicazione di un

inedito sulla “Fiera letteraria”.

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La montagna

Lettera dattiloscritta di Elio Filippo AcroccaVenezia, 5 maggio 1959Archivio Giovanna Zangrandi

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La montagna

FotografieArchivio Giovanna Zangrandi

Giovanna Zangrandi

con Duilio De Polo, il

senatore Tissi e, seduti,

Camillo Toscani, Enrico

Cortellazzo, Chiamulera,

Arturo Fornasier in cima

al Campanile di Val

Montanaia

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La montagna

Fotografie di Giovanna Zangrandi in cordataArchivio Giuseppe Pellegrinon

“la nostra scelta di una libertà gioiosa e pulita aveva come estreme aspirazioni

le salite di roccia; non per tutti noi erano solo bravate, per alcuni la roccia

era già una ragione etica, anche se inconsciamente; era un mondo stupendo

e inumano, dove cessano alcune delle schiavitù, il peso e generalmente anche

il sesso, un regno superbo fuori dai fondovalle e dalle loro trappole, divise,

regolamenti, sudicerie e rotture di eccetera, dicevamo sfottendo e ignorando

forse le ragioni vere della nostra passione. Realmente ne avevo già dentro

il germe e a nulla sarebbero valse le contestazioni e le paure di mia madre.

”(Anni con Attila, pp. 99-100)

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La montagna

FotografieArchivio Giuseppe Pellegrinon

“Io anche senza guardare, sapevo com’erano queste

valli, più povere della conca felice, ma più mie; sono una zona limitata

delle Alpi, ma che ti lascia presumere tutto l’intrico vasto della Catena, fi no all’estremo occidente, o fi no ai valichi ultimi aperti sulla pianura

e con i fi umi dai greti sempre più vasti, fi n che

dopo bianchi ponti,si intricano di meandri e

canali, riverberano nelle tranquille acque i rossi

tramonti del mare

”(Anni con Attila, pp. 14-5)

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La montagna

FotografieArchivio ANPI “Cadore-Giovanna Zangrandi”, Archivio Giuseppe Pellegrinon

“Sotto il mio balcone, sotto la mia casa alta sul pendio sta la conca superba di questa cittadina, le sue montagne inimitabili: penso che sia

la conca più bella che esita nelle Alpi e forse nel mondo, è perfetta in tutto, dalle cime così disposte a gruppi, non vicine,

non troppo incombenti,al verde dei prati estivi, alla vastità morbida del candore

invernale. Perfetta.Anche gli agglomerati umani, il centro e i villaggi sono disposti giusti e le case rustiche grandi e belle: un posto, una natura così stupenda ti fa pigliare una cotta:

questa conca per me(e per tanti altri) giocò

il ruolo di Beatrice e Laura.Perfette, le cose perfette. Di

fuori.

”(I giorni veri, p. 14)

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La montagna

“Distesa nell’erba - i suoi fi li sottili sotto le palme - ascolto questi rumori e non sono sola, mi sento reinserita nel vivo mondo della gente dei paesi, delle valli, non solo queste, tante altre. I funambulismi di minime èlites sono lontani, vaneggiamenti complicati e forse inutili. Nella chiarezza

della sera ho il senso esatto che comunque il mio mondo vero è questo e mi basta: è valido giacchè è reale.

”(Ritorno in vallata, in «Unione sarda», 8/6/1965)

FotografieArchivio Giuseppe Pellegrinon

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Testi editi in volume

Leggende delle Dolomiti, L’Eroica, Milano 1951 Nordpress, “Campo Base”, Chiari (Bs) 2000.

I Brusaz, Mondadori, “La Medusa degli italiani”, Milano 1954 Mondadori, “Il Bosco”, Milano 1966

Il Poligrafo, Padova 2006, a cura e con introduzione di Antonia Arslan

Premio Deledda 1954.

Gli ingrassavo le scarpe, in aa.vv., Scarpe rotte eppur bisogna andar. Racconti del premio Prato 1951-54, Edizioni Avanti!, Milano-Roma 1954, pp. 55-72

Premio Prato 1953.

Orsola nelle stagioni, Mondadori, Milano 1957.Il campo rosso (Cronaca di una estate 1946), Ceschina, Milano 1959

Premio Bagutta-Tre signore 1960.

I giorni veri 1943-1945, Mondadori, Milano 1963Le Mani, Genova 1998, a cura e con introduzione di Werther Romani

Premio Resistenza-Venezia 1966.

Anni con Attila, Mondadori, Milano 1966 Premio Puccini-Senigallia 1966

Premio Enzo Grazzini-Salice Terme 1967.

Borca di Cadore. Cenno storico e turistico, Tip. Piave, Belluno 1970.Il diario di Chiara, Mursia, Milano 1972

Grafiche Longaronesi, Longarone-P. nelle Alpi 1999, rist. anast., con prefazione di Myriam Trevisan.

Le donne Brusaz, in Guido Piovene, Alberto Frasson (a cura di), Narratori del Veneto, Mursia, Milano 1973, pp. 214-26.Racconti partigiani, Nuovi sentieri, Belluno 1975.Gente alla Palua. Racconti, Nuovi sentieri, Belluno 1976.I fratelli Maspert, in Gianni Crovato, Alberto Frasson (a cura di), I narratori veneti. 25 racconti, Edizioni del Gazzettino, Mestre 1981, pp. 81-90.Racconti partigiani e no, Tarantola libraio, Belluno 1981.Gli ingrassavo le scarpe, in Giovanni Falaschi (a cura di), La letteratura partigiana in Italia 1943-1945, prefazione di Natalia Ginzburg, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 166-75.Più niente, in Gian Carlo Ferretti (a cura di), L’Italia raccontata. Pagine scelte dal 1921 a oggi, Editori Riuniti, Roma 1987, pp. 231-8.da I Brusaz, in Antonia Arslan, Adriana Chemello, Gilberto Pizzamiglio (a cura di), Le stanze ritrovate. Antologia di scrittrici venete dal Quattrocento al Novecento, Eidos, Mirano (Ve) 1991, pp. 265-75.Note di diario di Giovanna Zangrandi, a cura di Myriam Trevisan, in “Bollettino di Italianistica”, (2005), pp. 233-68.Racconti del Cadore, a cura di Myriam Trevisan, Officina Libraria, Milano 2010.Silenzio sotto l’erba, a cura di Myriam Trevisan, Nuovi sentieri, Belluno 2010.

Bibliografi a delle opere

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Articoli editi in rivista

Alda Bevilacqua, Paleogenesi delle Dolomiti, in “Cortina”, 4 (1938), p. 12.Ead., Cavalcate a Cortina montanara, in “Cortina”, 5 (1938), pp. 12-3.Ead., Cortometraggio sul corso, in “Cortina”, 3 (1939), p. 32.Ead., Ritorna primavera nella Valle di Ampezzo, in “Cortina”, 6 (1939), p. 13.Ead., Bambini cortinesi, in “Cortina”, 8 (1939), pp. 29-30.Ead., Ville ampezzane, in “Cortina”, 9 (1939), pp. 19-20.Ead., Ville di montagna, in “Atesia Augusta”, 6 (1940), pp. 49-50.Ead., Primavera di picchi e di valli, in “Atesia Augusta”, 7 (1940), pp. 38-40.Ead., Cinquanta volpi argentate a Pontechiesa, in “Cortina”, 1 (1940), pp. 27-8.A[lda] B[evilacqua], Possibilità di allevamento della pecora caracul nella Valle di Ampezzo, in “Cortina”, 3 (1940), p. 12.Alda Bevilacqua, Sciatrici cortinesi a Bardonecchia, in “Cortina”, 4 (1940), p. 29.Ead., Struttura geologica del Cadore, in “Cadore”, 1 (1941), pp. 11-6.Ead., Piante medicinali dell’area cadorina, in “Cadore”, 2 (1941), pp. 25-8.Ead., Cadore agricolo in linea, in “Cadore”, 4 (1941), pp. 11-3.Ead., Estate cortinese, in “Cortina”, 1 (1941), p. 6.Ead., La tradotta, in “Dolomiti”, 14/5/1942.Ead., Bambini in montagna, in “Dolomiti”, 27/8/1942.Il Falco, Alpini gente nostra, in “Dolomiti”, 25/10/1942.Id., Contadini bellunesi, in “Dolomiti”, 1/11/1942.Id., Migratori, in “Dolomiti”, 15/11/1942.A[lda] B[evilacqua], “Quelli della montagna”, in “Dolomiti”, 29/11/1942.Il Falco, Gente di cantiere, in “Dolomiti”, 6/12/1942.Id., Donne nostrane, in “Dolomiti”, 13/12/1942.Alda Bevilacqua, Racconto di guerra: Cap. Zane Barton, in “Dolomiti”, 20/12/1942.Ead., L’occhialeria in Cadore, in “Cadore”, 1 (1942), pp. 7-12.Ead., Noberto Cian e il ricupero delle navi affondate, in “Cadore”, 3 (1942), pp. 23-5.Ead., Antiche laudi religiose cadorine, in “Cadore”, 4 (1942), pp. 13-5.Ead., Re del Cadore vecchio Antelao, in “Cadore”, 6 (1942), pp. 28-30.Ead., Nuove piste e nuove attrezzature al Faloria, in “Cortina”, 2 (1942), pp. 15-6.Il falco, Artigiani bellunesi, in “Dolomiti”, 10/1/1943.Alda Bevilacqua, Mostre d’arte, in “Dolomiti”, 24/1/1943.Il Falco, Industrie nostre, in “Dolomiti”, 31/1/1943.a[lda] b[evilacqua], Gino Panchieri alla galleria “Cortina”, in “Dolomiti”, 7/2/1943.A[lda] B[evilacqua], Problemi del Bellunese: la selvicoltura, in “Dolomiti”, 28/2/1943.Alda Bevilacqua, Storia dei Battaglioni Cadore-Antelao, in “Dolomiti”, 7/3/1943.Ead., Leggende delle nostre montagne, in “Dolomiti”, 2/7/1943.Ead., Sono tornati i tempi in cui Berta filava, in “Dolomiti”, 25/7/1943.Ead., Sfollati e convalescenti a Cortina, in “Cortina”, 1 (1943), p. 25.Anna, Garbin, in “Val Boite”, 23/6/1945.Il Falco, D. D. Eisenhower, in “Val Boite”, 30/6/1945.Alda Bevilacqua, Essi non sapevano ridere, in “Val Boite”, 30/6/1945.A[lda] B[evilacqua], Ripresa industriale nell’Alta Italia, in “Val Boite”, 30/6/1945.Alda Bevilacqua, Parole, in “Val Boite”, 7/7/1945.Il Falco, Gli italiani della “Garibaldi”, in “Val Boite”, 14/7/1945.Alda Bevilacqua, Il pianto delle vedove, in “Val Boite”, 14/7/1945.

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Ead., La verità è sacra, in “Val Boite”, 14/7/1945.Ead., E un nostro commento, in “Val Boite”, 21/7/1945.Il Falco, Per voi signore!, in “Val Boite”, 21/7/1945.Alda Bevilacqua, Messa a punto, in “Val Boite”, 28/7/1945.Anna, Alle donne delle nostre valli, in “Val Boite”, 4/8/1945.Il Falco, Leggere e scrivere, in “Val Boite”, 4/8/1945.G[iovanna] Zangrandi, Vita e scopi dell’udi, in “Val Boite”, 4/8/1945.A[lda] B[evilacqua], Appello alla serietà, in “Val Boite”, 11/8/1945.G[iovanna] Zangrandi, I campi minati dell’Emilia, in “Val Boite”, 11/8/1945.Alda Bevilacqua, La grande infamia, in “Val Boite”, 18/8/1945.G[iovanna] Zangrandi, Cultura di masse, in “Val Boite”, 25/8/1945.Il Falco, Avanti, signori, si balla, in “Val Boite”, 1/9/1945.Anna, Mito garibaldino, in “Val Boite”, 1/9/1945.Ead., Recensioni. Vincenzo Costantini, partigiano della iii Banda, in “Val Boite”, 1/9/1945.Alda Bevilacqua, Scuola media in Cadore, in “Nuovo Cadore”, 29/9/1945.Ead., Una scuola moralmente sana per i figli delle proprie valli, in “L’Unità”, 27/2/1946.Ead., Genti ladine e genti ampezzane, in “Il Mattino del Popolo”, 8/8/1946.Giovanna Zangrandi, Ladinia, terra di leggende, in “L’Adige”, 11/8/1951.Ead., Elogio delle piste ovvero il Pocol vertiginoso, in “L’Adige”, 10/1/1952.Ead., Nuove strade e impianti di risalita per valorizzare l’oltrechiusa cadorino, “Il Gazzettino”, 15/2/1952.Ead., Lode alla originalità e alla pazienza. L’artigianato nell’Alta Gardena, in “L’Adige”, 19/3/1952.Alda Bevilacqua, Alpinismo di ieri e di oggi, in “L’Adige”, 22/7/1952.A[lda] B[evilacqua], Alberi, in “Gioia!”, 29 (1952), pp. 12-3.Giovanna Zangrandi, Si slancian nel cielo le guglie dorate…, in “Gioia!”, 30 (1952), pp. 4-5.Ead., Pomeriggio sulla Cresta Bianca nel regno dei «recuperisti», in “Il Gazzettino”, 4/8/1953.Ead., I camosci sono guariti, in “Settimo Giorno”, 45 (1955), pp. 48-51.Ead., Si riposa in Italia dopo la guerriglia nel deserto, in “Il Campione”, 26 (1956), pp. 12-3.Ead., La nuova strada del Pelmo ed alcuni fattori turistici e sociali, in “Il Gazzettino”, 23/7/1958.Ead., Rifugi dell’Antelao, in “Il Gazzettino”, 1/9/1958.Ead., Il tragico bilancio della zona Tre Cime e l’eroico prodigarsi delle guide alpine auronzane, in “Il Gazzettino”, 22/10/1958.Ead., Ragioni della mancanza del fenomeno teppistico, in “Il Gazzettino”, 17/2/1960.Ead., La Mostra della Resistenza giovedì a Pieve di Cadore, in “Il Gazzettino”, 31/5/1960.Ead., Il Comelico offre oggi al turista buona ricettività e ambiente sereno, in “Il Gazzettino”, 4/8/1960.Ead., Un nuovo rifugio sul Popera, in “Il Gazzettino”, 17/9/1960.Ead., Cadorini in America, in “Il Gazzettino”, 23/9/1965.Ead., Il Cadore ha diritto alle riserve comunali, in “Il Gazzettino”, 1/9/1966.

Racconti e romanzi editi in rivista

A[lda] Be[vilacqua], La leggenda dei camosci, in “Cortina”, 2 (1938), p. 15.A[lda] B[evilacqua], Montanara, in “Cortina”, 5 (1938), p. 13.Alda Bevilacqua, Gli spiriti della montagna, in “Cortina”, 6 (1938), pp. 17-8.

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Ead., La canzone della vita, in “Cortina”, 1 (1939), p. 26.Ead., Un leprotto pettegolo, in “Cortina”, 7 (1939), p. 26.Ead., Evasione, in “Cortina”, 10 (1939), pp. 23-4.Ead., Rammendo ai calzoni, in “Cortina”, 2 (1940), pp. 35-6.Ead., Steccata, in “Cortina”, 5 (1940), p. 24.Ead., La croda del silenzio, in “Cadore”, 5 (1941), pp. 35-6.Ead., Un carro di grassa, in “Dolomiti”, 13/6/1943.Ead., Fulmini di Popera, in “Cadore”, 1 (1943), pp. 25-8.Anna, Per i caduti di Domegge, in “Val Boite”, 7/7/1945.Ead., Distaccamento Memora, in “Val Boite”, 21/7/1945.Ead., Figure dal vero, in “Val Boite”, 11/8/1945.Alda Bevilacqua, Storia di una sahariana, in “Val Boite”, 11/8/1945.Ead., Il loro giorno, in “Il Nuovo ponte”, 25/4/1947.A[lda] B[evilacqua], I cirmoli di Rudo, in “Cortina”, 1 (1948), pp. 30-1.Alda Bevilacqua, Episodi ancillari, in “Il Popolo trentino”, 9/3/1950.Ead., La casetta del cuore, in “Il Popolo trentino”, 4/5/1950.Ead., Ottocento, in “Gioia!”, 5 (1950), p. 7.Ead., Elogio del motor-scooter, in “Gioia!”, 23 (1950), p. 7.Giovanna Zangrandi, La terza giovinezza, in “Gioia!”, 6 (1951), p. 3.Ead., Il matrimonio della signorina Emma, in “Gioia!”, 15 (1951), p. 3.Ead., Bambini 8, cani 40, in “Gioia!”, 19 (1951), pp. 9, 14.Ead., La mia terra era mare, in “L’Adige”, 18/6/1952.Ead., Una donna sulla cresta, in “Gioia”, 4 (1952), p. 9.Ead., I due fratelli, in “Gioia”, 36 (1952), pp. 26-7.Ead., Una donna tra le due guerre, in “Gioia”, 45 (1952), pp. 20-1.Ead., Ho sognato il mio presepe, in “Gioia”, 50 (1952), pp. 24-5.Ead., La casa del sogno, in “Gioia”, 2/8/1953.Ead., La maestra “dei gatti”, in “Gioia”, 49 (1953), p. 29.Ead., “Il viaggio di nozze”, in “L’Unione sarda”, 31/8/1954.Ead., Il fratellino cavallo, in “Gioia”, 3 (1954), pp. 24-5.Ead., I titolati di S. Erasmo, in “Gioia”, 5 (1954), pp. 24-5.Ead., La cova sotto la chioccia, in “Gioia”, 16 (1954), pp. 8-9.Ead., L’incontro di Tom, in “L’Adige”, 1/3/1955.Ead., Gli sci di Liuba, in “Il Campione”, 2 (1956), pp. 42-3.Ead., Paracarri, in “Journal”, 4 (1956), pp. 55-6.Ead., Il topo, in “Il Gazzettino”, 16/5/1957.Ead., La madre di Aldo, in “Il Gazzettino”, 21/6/1957.Ead., Peruzzola, in “Il Gazzettino”, 3/7/1957.Ead., Senza pedigrée, in “Il Gazzettino”, 24/7/1957.Ead., Notizie di cronaca, in “Il Gazzettino”, 22/8/1957.Ead., Temporali d’estate, in “Il Gazzettino”, 14/9/1957.Ead., Pupo il nano, in “Il Gazzettino”, 2/10/1957.Ead., La scarpa, in “Il Gazzettino”, 7/12/1957.Ead., Le volpi, in “Il Gazzettino”, 14/12/1957.Ead., Katina la miracolata, in “Rotosei narrativa”, 11 (1957), pp. 10-1.Ead., Mio fratello Nuvolo, in “Rotosei narrativa”, 19 (1957), pp. 10-2, 14.Ead., Banco di nebbia, in “Il Gazzettino”, 10/1/1958.Ead., Giorni di Sardegna: Burgos, in “Il Gazzettino”, 25/1/1958.

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Ead., Il cucciolaccio, in “Gazzetta del popolo”, 14/3/1958.Ead., Il camoscio della cresta, in “Il Gazzettino”, 22/3/1958.Ead., Pulè a Venezia, in “Gazzetta del popolo”, 13/4/1958.Ead., Dialoghi antichi, in “Il Gazzettino”, 19/7/1958.Ead., Felicina e il mitra, in “Gazzetta del popolo”, 30/7/1958.Ead., Ciro tra i pastori, in “Il Gazzettino”, 7/8/1958.Ead., Marmotte, in “Il Gazzettino”, 24/8/1958.Ead., Tende trasparenti, in “Gazzetta del popolo”, 24/8/1958.Ead., Le case dei morti. Diario di Sardegna, in “Il Gazzettino”, 10/9/1958.Ead., Un poeta. Diario di Sardegna, in “Il Gazzettino”, 20/9/1958.Ead., Gelsomina, in “Gazzetta del popolo”, 24/9/1958.Ead., Un vecchio. Diario di Sardegna, in “Il Gazzettino”, 6/10/1958.Ead., Saturnia tellus, in “Gazzetta del popolo”, 21/10/1958.Ead., L’omino delle macchinette, in “Il Gazzettino”, 10/11/1958.Ead., Papaveri nel grano, in “Il Gazzettino”, 20/11/1958.Ead., La lastra, in “Gazzetta del popolo”, 22/12/1958.Ead., Il presepe, in “Il Gazzettino”, 25/12/1958.Ead., La signora Asia, in “Rotosei”, 4 (1958), pp. 66-9.Ead., Mariagrazia, in “La Fiera letteraria”, 15/2/1959.Ead., Vecchio tango, in “Il Gazzettino”, 16/3/1959.Ead., La pastora, in “Il Gazzettino”, 13/4/1959.Ead., Il fuoco, in “Il Gazzettino”, 1/8/1959.Ead., Uomini-orsi, in “Il Gazzettino”, 3/9/1959.Ead., La casa sul valico, in “Rotosei”, 22 (1959), pp. 73-6.Ead., Il pane di Erminio, in “Il Gazzettino”, 31/1/1960.Ead., “Loro”, in “La Nazione sera”, 25/5/1960.Ead., Attila, in “La Nazione sera”, 31/5/1960.Ead., Chiromanti, in “La Nazione sera”, 11/6/1960.Ead., Finestre, in “La Nazione sera”, 17/6/1960.Ead., La miliare 152, in “La Fiera letteraria”, 26/6/1960.Ead., Viaggio con la zia, in “La Nazione sera”, 2/7/1960.Ead., La vigna, in “La Nazione sera”, 11/7/1960.Ead., Giulivo, in “La Nazione sera”, 28/7/1960.Ead., Tre tempi di Andraz, in “La Nazione sera”, 30/8/1960.Ead., Il piano regolatore, in “La Nazione sera”, 12/9/1960.Ead., Ritorno a Clifton, in “La Nazione sera”, 17/10/1960.Ead., Le tende trasparenti, in “La Nazione sera”, 27/10/1960.Ead., Passaggi nei mesi, in “La Nazione sera”, 14/11/1960.Ead., I ramponi della bisnonna, in “La Nazione sera”, 26/11/1960.Ead., Il vecchio sul ghiaccio, in “La Nazione sera”, 8/2/1961.Ead., Gli uomini-orsi, in “La Nazione sera”, 6/3/1961.Ead., Disgelo, in “La Nazione sera”, 5/4/1961.Ead., Senza «pedigree», in “La Nazione sera”, 4/5/1961.Ead., Fatto di cronaca, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 13/6/1961.Ead., Fantasmi e miti dell’Alto Adige, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 6/7/1961.Ead., Diario di una notte, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 8/8/1961.Ead., Il nano folletto, in “La Nazione sera”, 13/9/1961.Ead., La tacchina, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 28/9/1961.

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Ead., La paura del serpente, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 25/10/1961.Ead., Italia ’61, in “Fenarete”, 5 (1961), pp. 17-21.Ead., Lo scrittore, in “Corriere della Valtellina”, 14/7/1962.Ead., Lo scrittore, in “Libertà”, 14/7/1962.Ead., Lo scrittore, in “Il nostro tempo”, 15/7/1962.Ead., Lo scrittore, in “La Sicilia”, 23/8/1962.Ead., Il vecchio sul prato, in “Gazzetta del Sud”, 29/3/1963.Ead., Il vecchio sul prato, in “Corriere della Valtellina”, 30/3/1963.Ead., Il vecchio sul prato, in “Libertà”, 13/4/1963.Ead., Il vecchio e il prato, in “L’Eco di Bergamo”, 4/5/1963.Ead., Il vecchio sul prato, in “Gazzetta di Mantova”, 10/8/1963.Ead., Mio fratello Nuvolo, in “Madre”, 1/8/1963.Ead., L’americano del Cadore, in “L’Unità”, 27/8/1963.Ead., Diarii della precarietà, in “L’Unione sarda”, 31/8/1963.Ead., Diarii della precarietà, in “Gazzetta di Mantova”, 7/9/1963.Ead., Diarii della precarietà, in “La Prealpina”, 7/9/1963.Ead., L’americano del Cadore, in “L’Unità”, 27/10/1963.Ead., Lo scrittore, in “L’Eco di Bergamo”, 28/11/1963.Ead., Non servono i nomi, in “L’Unione sarda”, 22/12/1963.Ead., Non servono i nomi, in “Corriere della Valtellina”, 28/12/1963.Ead., Il cortile assediato, in “Prove di letteratura”, 20 (1963), pp. 3-28.Ead., Più niente, in “L’Unità”, 12/1/1964.Ead., Non servono i nomi, in “L’Eco di Bergamo”, 24/1/1964.Ead., Pulè alla Fenice, in “Libertà”, 5/2/1964.Ead., Pulè alla Fenice, in “Piccolo sera”, 8/2/1964.Ead., Il bimbo e il topo, in “L’Arena”, 4/3/1964.Ead., Il bambino e il topo, in “L’Unione sarda”, 5/3/1964.Ead., Il bambino e il topo, in “La Prealpina”, 8/3/1964.Ead., Il bambino e il topo, in “Libertà”, 15/3/1964.Ead., La bella circassa, in “Giornale di Brescia”, 3/5/1964.Ead., La bella circassa, in “La Sicilia”, 7/5/1964.Ead., La bella circassa, in “L’Unione sarda”, 7/5/1964.Ead., La bella circassa, in “Corriere mercantile”, 9/5/1964.Ead., Guerra fra le colline, in “La Prealpina”, 23/5/1964.Ead., Guerra fra le colline, in “Libertà”, 24/5/1964.Ead., La madre di Aldo, in “La Sicilia”, 21/10/1964.Ead., Zia Olga, in “Libertà”, 27/10/1964.Ead., La ragazza della mansarda, in “Noi donne”, 32 (1964), pp. 22, 27.Ead., La mia selce, in “L’Unione sarda”, 21/2/1965.Ead., Avviso matrimoniale, in “L’Unità”, 4/4/1965.Ead., Una scarpa, in “L’Arena”, 11/5/1965.Ead., La rivoltellina, in “La Prealpina”, 29/5/1965.Ead., Ritorno in vallata, in “L’Unione sarda”, 8/6/1965.Ead., Zia Olga, in “L’Unione sarda”, 23/7/1965.Ead., Il paracarro, in “Libertà”, 20/8/1965.Ead., La babbuccia di Cenerentola, in “L’Adige”, 30/9/1965.Ead., La babbuccia di Cenerentola, in “L’Unione sarda”, 7/10/1965.Ead., Occhi nel buio, in “Piccolo sera”, 8/10/1965.

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Ead., Natale nella metropoli, in “Libertà”, 21/12/1965.Ead., Festa nella metropoli, in “La Sicilia”, 23/12/1965.Ead., Natale nella metropoli, in “Corriere del giorno”, 24/12/1965.Ead., Davide e i gatti, in “L’Unità”, 27/2/1966.Ead., Diario di un giorno, in “L’Unione sarda”, 8/7/1966.Ead., Paura nel buio, in “La Voce di San Marco”, 9/7/1966.Ead., Paura nel buio, in “L’Unione sarda”, 16/7/1966.Ead., Paura nel buio, in “La Prealpina”, 20/7/1966.Ead., Frenatore di coda, in “La Sicilia”, 13/8/1966.Ead., I vestiti di zia Giuditta, in “La Sicilia”, 17/8/1966.Ead., Frenatore di coda, in “La Prealpina”, 18/8/1966.Ead., I vestiti di zia Giuditta, in “Provincia”, 24/8/1966.Ead., Bibi e la contessa, in “L’Unione sarda”, 31/8/1966.Ead., I funghi, in “La Sicilia”, 14/9/1966.Ead., Il solaio, in “L’Unione sarda”, 16/9/1966.Ead., Il frenatore di coda, in “L’Arena”, 21/9/1966.Ead., Paura nel buio, in “Corriere mercantile”, 8/10/1966.Ead., La vipera, in “La Prealpina”, 16/10/1966.Ead., Paura nel buio, in “L’Arena”, 26/10/1966.Ead., L’ultimo di Reana, in “Libertà”, 8/11/1966.Ead., Antico rito del fuoco, in “Corriere di Napoli”, 23-24/11/1966.Ead., Il fuoco, in “Libertà”, 13/12/1966.Ead., L’ultimo di Reana, in “Corriere mercantile”, 17/12/1966.Ead., Il fuoco, in “Giornale di Brescia”, 18/12/1966.Ead., Paura nel buio, in “La Sicilia”, 8/1/1967.Ead., Bestie e no, in “La Prealpina”, 19/1/1967.Ead., I vestiti di zia Giuditta, in “Giornale di Brescia”, 22/1/1967.Ead., Il ragazzo della panchina, in “La Sicilia”, 31/1/1967.Ead., Il ragazzo della panchina, in “La Prealpina”, 7/2/1967.Ead., Vecchi ombrelli, in “Libertà”, 19/2/1967.Ead., Vecchi ombrelli, in “La Prealpina”, 3/3/1967.Ead., Il fuoco, in “L’Arena”, 11/3/1967.Ead., L’omino delle macchinette, in “L’Arena”, 16/4/1967.Ead., Un turista, in “Libertà”, 16/4/1967.Ead., Chiromanti, in “L’Unione sarda”, 27/4/1967.Ead., Il fuoco, in “Provincia”, 7/5/1967.Ead., La cavalla Lina, in “Libertà”, 18/5/1967.Ead., Il solaio, in “Gazzetta di Mantova”, 26/5/1967.Ead., Il solaio, in “Libertà”, 28/5/1967.Ead., Sogni nel solaio, in “L’Arena”, 31/5/1967.Ead., La cavalla Lina, in “L’Arena”, 3/6/1967.Ead., La cavalla Lina, in “L’Adige”, 7/6/1967.Ead., Il solaio, in “La Prealpina”, 20/6/1967.Ead., L’alpinista, in “Libertà”, 25/6/1967.Ead., Val Salvella, in “Gazzetta di Mantova”, 7/7/1967.Ead., Val Salvella, in “Libertà”, 8/7/1967.Ead., L’alpinista, in “La Prealpina”, 15/7/1967.Ead., Val Salvella, in “La Prealpina”, 19/7/1967.

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Ead., L’alpinista, in “Il Cittadino”, 28/7/1967.Ead., Nebbia di ottobre, in “La Prealpina”, 30/7/1967.Ead., Nebbia di ottobre, in “Libertà”, 1/8/1967.Ead., Il ragazzo della panchina, in “Giornale di Brescia”, 14/8/1967.Ead., Una vacanza tutta diversa, in “Gazzetta di Mantova”, 21/8/1967.Ead., Una vacanza tutta diversa, “La Prealpina”, 27/8/1967.Ead., Il fungaiolo, in “L’Unione sarda”, 12/10/1967.Ead., Stretta di mano, in “L’Unione sarda”, 12/11/1967.Ead., Guerra per crode, in “L’Arena”, 25/11/1967.Ead., La… cosa, in “abc”, 8 (1967), pp. 24-7.Ead., Non «rimediare», in “Libertà”, 13/1/1968.Ead., Una crosta di formaggio, in “Libertà”, 20/1/1968.Ead., Il viso sotto il restauro, in “La Prealpina”, 21/5/1968.Ead., L’americano, in “Libertà”, 8/6/1968.Ead., La contessa, in “Corriere di Napoli”, 8-9/6/1968.Ead., Gioco d’ombre, in “L’Unione sarda”, 2/7/1968.Ead., Giustino l’erborista, in “Libertà”, 9/7/1968.Ead., Cristina, in “Libertà”, 30/8/1968.Ead., Cristina, in “La Prealpina”, 27/9/1968.Ead., La sceriffa, in “Corriere di Napoli”, 5-6/10/1968.Ead., Giustino, in “Corriere di Napoli”, 23-24/11/1968.Ead., Sofferto giudizio, in “L’Unione sarda”, 3/12/1968.Ead., La sceriffa, in “Il Cittadino”, 6/12/1968.Ead., La fidanzata del tenente, in “L’Unione sarda”, 28/12/1968.Ead., Un’ombra passò, in “Il Cittadino”, 29/3/1969.Ead., Un’ombra passò, in “Corriere di Napoli”, 12-13/4/1969.Ead., La fidanzata del tenente, in “Madre”, 15/5/1969.Ead., L’elicottero rosso, in “Amica”, 3/6/1969.Ead., Il lupo mannaro, in “L’Unione sarda”, 2/7/1969.Ead., La casa sul colle, romanzo a puntate, in “Amica”, dal 15/7 al 16/9/1969.Ead., Voci della segreta, in “Amica”, 21/10/1969.Ead., Lettere d’amore, in “Corriere del giorno”, 6/3/1970.Ead., Il cane vecchio, in “L’Unione sarda”, 24/3/1970.Ead., Il bosco di notte ascolta e parla, in “L’Unione sarda”, 2/4/1970.Ead., Lettere d’amore, in “Corriere di Napoli”, 18-19/4/1970.Ead., Chiromanti, in “La Nazione sera”, 11/6/1970.Ead., Un viaggio in bara, in “Libertà”, 6/10/1970.Ead., Uno strano viaggio, in “Il Cittadino”, 7/10/1970.Ead., Un viaggio in bara, in “Corriere del Ticino”, 7/10/1970.Ead., Un viaggio in bara, in “Provincia”, 7/10/1970.Ead., Viaggio in bara, in “La Prealpina”, 21/10/1970.Ead., Un viaggio in bara, in “Corriere di Napoli”, 28-29/11/1970.Ead., La lupa mannara, in “Corriere del Ticino”, 30/12/1970.Ead., Il pennabianca e le belle more, in “L’Illustrazione del medico”, 36 (1970), pp. 5-8.Ead., Il ritorno di Annibale, in “Corriere del giorno”, 5/1/1971.Ead., La lupa mannara, in “Libertà”, 7/1/1971.Ead., Ghiaccio sul ponte, in “Corriere di Napoli”, 30-31/1/1971.Ead., Il bosco ode e parla, in “Libertà”, 11/3/1971.

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Ead., Diario di una notte, in “Corriere del giorno”, 12/5/1971.Ead., xi comandamento, in “Corriere del giorno”, 1/6/1971.Ead., L’undicesimo comandamento, in “Provincia”, 24/6/1971.Ead., xi comandamento, in “Siracusa nuova”, 3/7/1971.Ead., Il bosco che parla, in “Corriere di Napoli”, 10-11/7/1971.Ead., La lupa mannara, in “Corriere di Napoli”, 7-8/8/1971.Ead., Il vinto e il figlio, in “La Prealpina”, 26/8/1971.Ead., Un caffè nella baita, in “Corriere del giorno”, 17/9/1971.Ead., Un caffè nella baita, in “Provincia”, 17/9/1971.Ead., Un caffè nella baita, in “Libertà”, 18/9/1971.Ead., L’aiutante Ghita, in “Corriere del giorno”, 7/10/1971.Ead., Un caffè nella baita, in “La Prealpina”, 9/10/1971.Ead., L’aiutante Ghita, in “Gazzetta di Mantova”, 15/10/1971.Ead., Fuoco d’autunno, in “L’Unione sarda”, 17/11/1971.Ead., Il cippo sul valico, in “Gazzetta di Mantova”, 29/11/1971.Ead., Ghiaccio sul ponte, in “Corriere del Ticino”, 27/12/1971.Ead., Buon Natale, Uiitt!, in “Rivista delle impiegate”, 4 (1971), pp. 6-7.Ead., Buon Natale, vecchia accorciatoia, in “Rivista delle impiegate”, 4 (1971), pp. 12-4.Ead., Guerra per crode, in “Corriere del giorno”, 25/2/1972.Ead., Rombo d’acque e di guerra, in “Il Gazzettino”, 3/3/1972.Ead., La signora parsimoniosa, in “La Prealpina»” 7/3/1972.Ead., La bella circassa, in “Corriere del giorno”, 12/3/1972.Ead., La signora parsimoniosa, in “Corriere del giorno”, 16/3/1972.Ead., Il leone domestico, in “Il Gazzettino”, 18/3/1972.Ead., Sera in cantiere, in “Corriere di Napoli”, 15-16/4/1972.Ead., Autostop verso il valico, in “Corriere del giorno”, 27/4/1972.Ead., Autostop verso il valico, in “Libertà”, 27/4/1972.Ead., Autostop verso il valico, in “Il Cittadino”, 29/4/1972.Ead., Periferia, in “Il Gazzettino”, 30/4/1972.Ead., Autostop verso il valico, in “La Prealpina”, 9/5/1972.Ead., Le genzianelle, in “Corriere del giorno”, 12/5/1972.Ead., Il figlio di tutti, in “L’Unione sarda”, 17/5/1972.Ead., Mariagrazia la ‘capa’, in “Corriere del Ticino”, 23/5/1972.Ead., Mariagrazia la ‘capa’, in “Corriere del giorno”, 24/5/1972.Ead., La vipera, in “Il Cittadino”, 26/5/1972.Ead., La vipera, in “La Voce di San Marco”, 1/6/1972.Ead., Genzianelle, in “La Prealpina”, 2/6/1972.Ead., La vipera, in “Corriere del giorno”, 9/6/1972.Ead., Il vecchio erborista, in “La Prealpina”, 11/6/1972.Ead., Le genzianelle, in “Libertà”, 13/6/1972.Ead., Il vecchio erborista, in “Corriere del giorno”, 15/6/1972.Ead., Il vecchio erborista, in “Libertà”, 16/6/1972.Ead., Il vecchio erborista, in “Il Cittadino”, 17/6/1972.Ead., Il vecchio erborista, in “La Voce di San Marco”, 22/6/1972.Ead., Il vecchio erborista, in “Madre”, 1/7/1972.Ead., La rivoltella, in “Il Mezzogiorno”, 8/7/1972.Ead., La rivoltella, in “Corriere del giorno”, 13/7/1972.Ead., La vipera, in “Eco di Biella”, 17/7/1972.

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Ead., La rivoltella, in “Voce del popolo”, 21/7/1972.Ead., La rivoltella, in “Corriere del Ticino”, 22/7/1972.Ead., L’erborista, in “Provincia”, 25/7/1972.Ead., Mio fratello Nuvolo, in “Il Mezzogiorno”, 20-22-25/7/1972.Ead., La rivoltella, in “Libertà”, 26/7/1972.Ead., Mio fratello Nuvolo, in “Corriere del giorno”, 26-27-28/7/1972.Ead., La rivoltella, in “Siracusa nuova”, 29/7/1972.Ead., Il vecchio erborista, in “Il Mezzogiorno”, 2/8/1972.Ead., Quelli delle rane, in “Provincia”, 4/8/1972.Ead., La vipera, in “Corriere di Napoli”, 5-6/8/1972.Ead., Quelli delle rane, in “Gazzetta di Mantova”, 7/8/1972.Ead., Quelli delle rane, in “Libertà”, 11/8/1972.Ead., Quelli delle rane, in “Giornale di Brescia”, 17/8/1972.Ead., Quelli delle rane, in “Il Mezzogiorno”, 17/8/1972.Ead., La vipera in treno, in “Il Mezzogiorno”, 18/8/1972.Ead., Il bambino e il topo, in “Corriere del giorno”, 25/8/1972.Ead., La rivoltella, in “Madre”, 1/9/1972.Ead., La madre di Aldo, in “Corriere del giorno”, 3/9/1972.Ead., La ragazza con la valigia, in “Provincia”, 3/9/1972.Ead., Quelli di Andraz, in “Libertà”, 6/9/1972.Ead., La rivoltella, in “La Prealpina”, 10/9/1972.Ead., Mio fratello Nuvolo, in “La Prealpina”, 14 e 21/8/1972; 4 e 11/9/1972.Ead., Quelli di Andraz, in “Il Mezzogiorno”, 12/9/1972.Ead., La rivoltella, in “Corriere della Valtellina”, 16/9/1972.Ead., Quelli delle rane, in “La Prealpina”, 20/9/1972.Ead., Un avviso matrimoniale, in “Gazzetta di Mantova”, 26/9/1972.Ead., Il sentiero nella roccia, in “L’Unione sarda”, 3/10/1972.Ead., Un avviso matrimoniale, in “Il Cittadino”, 5/10/1972.Ead., Velluto nero, in “Libertà”, 5/10/1972.Ead., Michelina e la cagna, in “Il Gazzettino”, 7/10/1972.Ead., Quelli di Andraz, in “Corriere del giorno”, 20/10/1972.Ead., Il bambino e il topo, in “Corriere del Ticino”, 24/10/1972.Ead., Quelli delle rane, in “Corriere di Napoli”, 28-29/10/1972.Ead., Taccuino del metrò, in “L’Unione sarda”, 1/11/1972.Ead., Quelli di Andraz, in “La Prealpina”, 2/11/1972.Ead., Velluto nero, in “Corriere del giorno”, 2/11/1972.Ead., Lea nel vasto prato, in “Corriere del giorno”, 9/11/1972.Ead., La madre di Aldo, in “Il Mezzogiorno”, 10/11/1972.Ead., La licantropa si difende, in “Il Gazzettino”, 15/11/1972.Ead., Quelli delle rane, in “Corriere del giorno”, 21/11/1972.Ead., Merica, Merica…, in “Corriere del giorno”, 3/12/1972.Ead., Merica, Merica…, in “Libertà”, 7/12/1972.Ead., Il pennabianca, in “Corriere del giorno”, 12/12/1972.Ead., La madre di Aldo, in “Corriere del Ticino”, 15/12/1972.Ead., Un presepe sopra Marx, in “Luce”, 24/12/1972.Ead., Lo gnomo e l’assessore, in “Corriere del giorno”, 28/12/1972.Ead., Lo gnomo e l’assessore, in “La Voce di San Marco”, 6/1/1973.Ead., Un presepe sopra Marx, in “Vita cattolica”, 6/1/1973.

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Ead., Mariagrazia la “capa”, in “Corriere del Ticino”, 8/1/1973.Ead., Lo gnomo e l’assessore, in “La Prealpina”, 9/1/1973.Ead., Lo gnomo e l’assessore, in “Libertà”, 10/1/1973.Ead., La villetta oltre la diga, in “Corriere del giorno”, 18/1/1973.Ead., Il leone, in “Corriere del giorno”, 20/1/1973.Ead., Velluto nero, in “La Prealpina”, 2/2/1973.Ead., La cappelliera di zia Lucy, in “Corriere del giorno”, 4/2/1973.Ead., L’erborista, in “Corriere di Napoli”, 3-4/2/1973.Ead., Il leone, in “Libertà”, 8/2/1973.Ead., I fratelli parsimoniosi, in “Il Cittadino”, 9/2/1973.Ead., I fratelli parsimoniosi, in “Vita nuova”, 16/2/1973.Ead., La villetta oltre la diga, in “Libertà”, 20/2/1973.Ead., I fratelli parsimoniosi, in “Libertà”, 23/2/1973.Ead., L’alba, in “Corriere del giorno”, 4/3/1973.Ead., Tre colpi in canna e una rosa secca, in “La difesa del popolo”, 4/3/1973.Ead., Merica, Merica…, in “Provincia”, 9/3/1973.Ead., Lo gnomo e l’assessore, in “Corriere di Napoli”, 17-18/3/1973.Ead., Daniela della montagna, romanzo a puntate, in “Amica”, dal 26/12/1972 al 19/3/1973.Ead., Il leone, in “Corriere del Ticino”, 23/3/1973.Ead., La villetta oltre la diga, in “Corriere del Ticino”, 30/3/1973.Ead., I bucaneve, in “Corriere del giorno”, 4/4/1973.Ead., Ritorno in vallata, in “Corriere del giorno”, 7/4/1973.Ead., Tre colpi in canna e una rosa secca, in “Il segno”, 14/4/1973.Ead., La ferrovia del Cadore, in “Libertà”, 9/5/1973.Ead., I fratelli parsimoniosi, in “Corriere di Napoli”, 19-20/5/1973.Ead., La ferrovia del Cadore, in “Corriere del giorno”, 10/6/1973.Ead., La guardiola di portineria, in “Corriere del giorno”, 23/6/1973.Ead., I vestiti di zia Giuditta, in “Corriere del giorno”, 26/6/1973.Ead., La guardiola di portineria, in “Libertà”, 29/6/1973.Ead., Il leone, in “Madre”, 1/7/1973.Ead., La guardiola di portineria, in “Corriere della Valtellina”, 7/7/1973.Ead., Occhi nel buio, in “Corriere del giorno”, 13/7/1973.Ead., Il ragazzo preistorico, in “Corriere del giorno”, 21/7/1973.Ead., Zia Olga, in “Corriere del giorno”, 31/7/1973.Ead., Il ragazzo preistorico, in “La Voce di San Marco”, 4/8/1973.Ead., Il leone, in “Corriere della Valtellina”, 11/8/1973.Ead., La fuga di Robertino, in “Amica”, 28/8/1973.Ead., I funghi, in “Corriere del giorno”, 8/9/1973.Ead., Cani e cristiani, in “Gazzetta del Sud”, 12/9/1973.Ead., Storia di cani e di cristiani, in “Corriere del giorno”, 13/9/1973.Ead., I funghi, in “La Prealpina”, 14/9/1973.Ead., I fratelli parsimoniosi, in “Illustrazione ticinese”, 21/9/1973.Ead., Storia di cani e di cristiani, in “La Prealpina”, 25/9/1973.Ead., Zia Olga, in “Corriere del Ticino”, 25/9/1973.Ead., Storia di cani e di cristiani, in “Libertà”, 26/9/1973.Ead., “El Toto” e la sua arca, in “Il Gazzettino”, 18/1/1974.Ead., La strada del formaggio, in “Provincia”, 2/7/1974.Ead., La cavalla, in “Provincia”, 10/8/1974.

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È una festa dello spirito la rivelazione di una nuova scrittrice, in “L’Unione sarda”, 31/8/1954.

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Tra canti e balli sardi l’assegnazione del Premio “Deledda”, in “La Nuova Sardegna”, 31/8/1954.

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ultimo aggiornamento, 20 agosto 2010