Giornalino14
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1
2
Poesia p. 3
Un saluto p. 4
Noi … del Consiglio p. 6
Ministeri e Dimensioni p. 8
Nel segno delle Missioni p. 18
I Laici Canossiani p. 20
L’Oggi di Dio per il Domani p. 21
L’educazione: radici e fiori p. 24
La Voce dei Territori p. 28
Parliamo di… p. 45
Semi di riflessione p. 56
Prossimi Appuntamenti p. 59
Freschi di Stampa p. 59
Le Sorelle Capitolari p. 60
SOMMARIO
3
Nell’anfratto della roccia
me ne sto assorta,
inseguendo i miei pensieri
intrisi di amarezza e di dolore
Come il vento d’oriente
oscilla quei pochi fili d’erba
calpestati da piedi benigni
e irrorati dalle lacrime
di uno spaurito drappello di donne.
Così accarezzo questa pietra
che custodisce le spoglie mortali
del mio Signore.
Un’ onda di nostalgia sale al petto
e si trasforma in pianto
E’ notte!
Il cielo mi appare chiuso.
Non c’è stella che brilli.
Nella atmosfera cupa che m’avvolge,
le palpebre si fanno pesanti
vorrei muovermi, tornare al nido
e consolarmi nei ricordi.
No, sembra dirmi quella pietra.
Aspetta ancora, ancora un po’.
Lo so. I sogni sono possibili!
Ma quale gioia sovraumana
irrompe in me?
La roccia è spaccata in due:
il riverbero della luce
che inonda cielo e terra
scolpisce la pietra in miriadi di gioielli,
i reconditi frastuoni dell’anima mia
cedono il passo all’armonia serena
di quest’ ora che esplode in Potenza e Gloria
Gesù non è più qui: “E’ Risorto”!
Sembra dirmi tutta la creazione
a una sola voce: “Torna e racconta”.
I miei piedi diventano ali,
la mia voce un dolce canto,
le mie mani un libro aperto.
M. Michelina Pinto
4
Carissime Madri,
il numero del nostro giornale, “Finestra sulla Provincia”, esce dopo l’evento del
XVI^ Capitolo Generale.
A nome di tutte voi, su questa prima pagina, rinnoviamo il nostro augurio e la nostra preghiera
per M. Annamaria Babbini, nostra Superiora Generale e per il suo Consiglio.
Grazie per il tuo “ SI’ ” Madre Annamaria!
Grazie per i vostri “ SI’ ”, Sorella Anne,
Sorella Elma, Sorella Sandra e Sorella Tina!
Il nostro Istituto possa camminare, grazie
anche alla vostra guida, sul cammino tracciato
da S. Maddalena nostra Fondatrice. Lei, a
partire dall’”Inspice”, ha tradotto il “Fac” con
scelte di amore concrete e leggibili, incarnate nei
diversi lembi di “terra sacra” in cui, per dono del Padre,
siamo arrivate.
Con voi desideriamo percorrere il nuovo tratto di strada.
Camminare assieme: questo è il nostro augurio e il nostro dono di Sorelle!
Camminare assieme, lasciando che lo Spirito guidi i nostri passi.
Desideriamo farvi un augurio speciale: il vostro percorrere le strade del mondo canossiano vi
doni di trovare ovunque Sorelle e Laici entusiasti della vita, corresponsabili nel rendere i “luoghi
canossiani” vivibili, armoniosi ed accoglienti, capaci di comunicare la bellezza che rende più facile
l’incontro e leggera la vita.
Possiate sperimentare, in ogni Comunità Canossiana, che i “poveri” si sentono a casa e respirano
aria feconda di bene, generatrice di dignità umana e cristiana.
Un saluto
5
Le Comunità in Italia vi aspettano! La penisola è lunga e bella: mari e monti, colline e pianure
si preparano ad accogliervi e facilitare il canto della lode a Dio Creatore.
Desideriamo anche ringraziare Madre Margaret Peter e le Sorelle del Consiglio Generale
uscente che per sei anni ci hanno accompagnato. Grazie per il bene profuso nell’Istituto.
Un grazie particolare vi diciamo per il bene all’ Italia e alle nostre Comunità.
Tu, Madre Margaret, con il tuo Consiglio, hai seguito con amore e interesse il cammino di
unificazione che abbiamo iniziato nel 2009.
Grazie a tutte voi e buon ritorno là dove il Signore vi chiama a vivere un nuovo tratto di
storia. Lui vi ricompensi e vi sostenga nel cammino.
A tutte voi, Sorelle, un augurio di buona estate. Sia un tempo propizio per prenderci cura
della nostra vita spirituale, per avere uno stacco dalla ministerialità, per sostare un po’ di più
in Comunità e coglierne aspetti profondi che si fanno leggibili soltanto attraverso lo “stare”,
il “condividere” gratuitamente.
Gli appuntamenti estivi prevedono anche il Capitolo Applicativo che si terrà dal 17 al 27
agosto.
A nome di tutte, vivremo quei giorni in clima di preghiera, ricerca, discernimento e decisione
per favorire il cammino formativo tracciato dal XVI^ Capitolo Generale.
Assieme a M. Giovanna, M. Adriana Sicilia, M. Adriana Poretto, M. Annalisa, M. Antonietta,
M. Elda e M. Natalina, un caro saluto a tutte e a ciascuna.
M. Marilena Pagiato Superiora Provinciale
Un saluto
6
QUASI UNA TORRE DI BABELE
Primo pomeriggio. Incontro con le capitolari
in sala bar. Tutte sorridono. Parlano.
Distinguo la mia lingua, comprendo il
francese, percepisco l’inglese, afferro
qualche parola di spagnolo, di portoghese …
Eh … , che difficoltà la comunicazione!
La tentazione di chiudersi in un gruppetto
di provenienza è superata grazie ai “giochi
di conoscenza”. Disagio inevitabile.
Approccio fraterno supportato, oltre che
dalla voce, dal linguaggio mimico e
gestuale.
Domani, all’appello riconoscerò le sorelle
con cui sono entrata in contatto verbale (si
fa per dire).
Si è concluso bene, a Dio piacendo, il primo
match.
ALL’INSEGNA DELLA TECNOLOGIA
Si inizia. Il miracolo si compie. Ci capiamo. Ognuna, munita di cuffia e di microfono può seguire il dibattito, intervenire nella discussione, grazie alla traduzione simultanea, non priva, però, di fatica.
Via via mi approprio di questa modalità. …
ma, che succede oggi? I microfoni non si
accendono, eppure l’energia elettrica c’è! Stop al lavoro. Non si può continuare. Si ricorre all’intervento di una sorella esperta che riesce a risolvere il problema.
Finalmente si scopre il “guastafeste”: un filo si è staccato dal sistema e tutto si è bloccato.
Ora si riprende. Ognuno pensa alla importanza della comunicazione, indispen-sabile nei rapporti interpersonali. fondamentale per la soluzione di situazioni gravi, anche nella relazione fra Stati.
ORATORIO SACRO
Nella Chiesa di S. Maddalena, in Ottavia, i Padri Canossiani hanno offerto a tutti
i membri del Capitolo, e non solo ad essi, una sacra rappresentazione sulla vita di Maddalena. Nel presbiterio il coro, i solisti, gli orchestrali hanno regalato ai presenti momenti di intense emozioni, di sublime spiritualità, di storia sulle origini del nostro Istituto: dall’immaginazione della Fondatrice all’attuazione concreta fino ai nostri giorni.
Habemus …
Dopo giorni di intenso discernimento e di preghiera, eccoci all’otto maggio, festa di S. Maddalena. Novità e complessità nella procedura per l’elezione e finalmente …
M. Annamaria Babbini, la nuova Generale è accolta da un affettuoso applauso. Immediatamente, viene diramata la notizia in ogni Provincia Canossiana. Il Sacerdote Delegato per la Vita Consacrata della Diocesi di Roma, che ha presieduto l’elezione, presiede la solenne Celebrazione Eucaristica di ringraziamento.
La nuova Madre Generale è la ex Vicaria. E’ italiana, ma è stata per lunghi anni missionaria in Argentina. Italia – Argentina … come Papa Francesco.
DA MARIA, CON GRATITUDINE
A Consiglio generale eletto, ci si è recati
al Santuario della Madonna “Ad rupes”,
in Provincia di Viterbo, per sciogliere un
inno di ringraziamento a Maria per il
proficuo governo del Consiglio uscente e
per impetrare benedizioni sul nuovo.
Celebra l’Eucaristia il Padre Generale dei Canossiani, P. Giorgio Valente.
Un momento conviviale si è vissuto al ristorante sulle sponde del lago di Bracciano. Si è ristorato così anche il corpo.
Noi … del Consiglio
7
DA FRANCESCO
Levata antelucana. Arrivo in Piazza S. Pietro di buon mattino: abbiamo sbagliato l’ora, vista la folla già radunata? No, ma nessuna paura!
Il biglietto collettivo ci conduce ai posti riservati. Ci sediamo in prima fila, dietro le transenne, a destra guardando la facciata della Basilica. M. Annamaria viene invitata a salire sul sagrato dove potrà salutare Papa Francesco che si intratterrà brevemente con lei, dopo la catechesi.
Il sole si fa sentire. La testa si scalda e non solo la testa. La piazza rumoreggia. Le ore sembrano non trascorrere mai. Finalmente, ecco la “papamobile”: il sorriso di Francesco, la sua presenza concreta e rassicurante suscitano un grido di gioia incontenibile.
Siamo riprese dalle telecamere, così ci racconteranno le sorelle rimaste a casa, contente come se fossero state con noi.
Ben due volte abbiamo la fortuna di vedere
passare il Papa davanti a noi e, la seconda
volta a piedi. Le sorelle argentine
sventolano la bandiera bianco-azzurra.
Francesco sorride, si ferma per qualche
istante. Una sorella gli regala un foulard di
Bakhita: Lui accetta e amabilmente
ringrazia e benedice.
UNICA RICREAZIONE
Sta per concludersi il tempo del XVI Capitolo Generale. La sera dell’ultimo
giovedì, la sala bar è teatro di convivialità fraterna. Clima festoso, disteso, come si conviene ai commiati importanti. Lo “spettacolo” si avvale di “numeri” significativi, annunciati con brio garbato, sapido e ironico, da due presentatrici che nulla hanno da invidiare alle reclamizzate colleghe delle varie TV.
Cantano le sorelle dell’America: “Corazon
americano”, le sorelle italiane: “Viva
l’Italia” di De Gregori.
Si esibiscono con grande espressività le
sorelle di Timor e le sorelle africane nei
loro tipici balli, sfoggiando i loro costumi:
un vero e proprio inno al colore, alla
forma, alla potenza evocativa.
Non manca la rassegna del saluto: quello
filippino, singaporese, malesiano,
indonesiano, australiano, giapponese:
tanti modi per un unico gesto. Viva la
diversità!
In un’atmosfera di gioia si conclude la
serata con un duplice omaggio:
a Madre Margaret e alle sue Consigliere,
accompagnato da un grazie per l’efficace
servizio svolto, e alla nuova Madre
Generale e alle neo-elette Consigliere,
unito all’augurio di un fecondo servizio per
i prossimi sei anni.
E poi? Applausi, abbracci, sorrisi.
m. Giovanna Radice
P.S. Comunicare l’impegno dei giorni trascorsi, l’intensità della preghiera, la coscienza della responsabilità del compito cui, come capitolare ero chiamata è per chi legge operazione facile. Personalmente, ho preferito semplici flash per farvi partecipi del mio vissuto.
Noi … del Consiglio
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In occasione della festa di S. Maddalena, i VivaLuce hanno proposto il musical
RiflettiCI, da loro interamente ideato e realizzato.
CHI SONO I VIVALUCE
I VivaLuce sono un gruppo di giovani, nati
nel giugno 2012, con le Madri Canossiane
di Verona, che si prefigge l’intento di
sperimentare, vivere e divulgare
esperienze di volontariato formativo nella
forma espressiva dell’arte musicale: canto,
ballo, recita, strumenti...tutto dal vivo.
Il gruppo di ragazzi sta scoprendo,
affinando e condividendo i propri doni,
dentro una proposta che invita a scegliere
la strada del bene e della verità per
partecipare alla costruzione di un mondo
in cui le diversità possono diventare ricchezza.
TESTIMONIANZA DI MADRE TERESA PRESA
Ho seguito passo passo tutta la gestazione dei VivaLuce. Questa meravigliosa realtà
ricca di potenzialità e bisogni variamente disseminati in adolescenti/giovani in cerca di
“casa” e di “regia”, pieni di creatività, iniziativa e di sogni da realizzare, che a volte
sembravano a portata di mano, altre volte sembravano dei miraggi…
Obiettivi chiari e condivisi; fatiche portate insieme; realizzazione di un primo progetto:
il musical Streetlight che ha favorito l’unità e la reciproca fiducia nel gruppo e in se
stessi, ma si può fare di più, però fin lì ci siamo!
Abbiamo visto che “è possibile” quindi si affronta una seconda sfida, un passo
ulteriore. Questo secondo passo porta alla creazione del primo musical dei VivaLuce:
RIFLETTICI. L’esperienza del primo anno ha insegnato molte cose. Il gruppo si è dato
un minimo di struttura: formazione, organizzazione, collaborazione, creazione e
rielaborazione, socializzazione.
I volti dei VivaLuce sono aumentati e ancora desiderano crescere. Questa è la loro
caratteristica: aprire le braccia a chi cerca dimora, per sostenere, incoraggiare e
camminare insieme, senza chiuderle per trattenere, lasciare piena libertà a chi entra e
non intravvede un cammino di libertà.
IL MUSICAL RIFLETTICI
RiflettiCI è nato con l’intenzione di dire la quotidianità delle nostre relazioni. Per
questo, quando abbiamo costruito la storia, e poi il copione, non abbiamo potuto fare a
meno di confrontarci con quello che era il nostro gruppo –i VivaLuce–, e constatare
quanto il “fare parte di” richieda sempre di mettere in gioco paure, aspettative, doti,
limiti… I nostri personaggi vogliono così esprimere ciò che a noi stessi sembra vero:
prima di tutto che possiamo scoprire chi realmente siamo e chi vogliamo essere solo se
ci lasciamo interrogare dalla presenza di un altro, se permettiamo ad un altro di
“rifletterci”, e poi, soprattutto, che, nonostante le nostre fragilità e il nostro non-
essere-amabili, c’è un Altro per eccellenza, Dio, di vera relazione, che ci ama
gratuitamente e preventivamente. Se ci lasciamo amare, Egli ci mostra come il dono di
sé sia davvero la chiave dei rapporti umani.
Alice Bianchi
Ministeri e Dimensioni
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RiflettiCi, un musical, una storia molto
attuale e positiva.
É stato naturale immedesimarsi nei
personaggi e vedere la loro trasformazione.
Emozionante!
Il punto centrale che accomuna tutte le
storie di vita che si intrecciano é lo
specchio.
Lo specchio fa vedere la profondità dell'anima di ogni personaggio e gli fa scoprire tutti i
doni che può mettere a disposizione degli altri, facendoli venire alla Luce.
VivaLuce: vi auguro di essere sempre Luce per tutte le persone che cercano di uscire
dal buio della violenza, della solitudine e dell'egoismo!
Alessandra Conati
Prove, registrazioni, momenti di confronto,
momenti di preghiera, momenti in cui abbiamo
cantato, ballato e recitato, momenti in cui
abbiamo affrontato i tratti più delicati di noi
stessi e momenti in cui eravamo felici.
Ecco, tutto questo è ciò che ha accompagnato il
gruppo VivaLuce per la realizzazione del musical
RiflettiCI.
Il musical è il risultato del lavoro del gruppo ottenuto
grazie all’aiuto di professionisti… ma è soprattutto il risultato
di un’armonia che ha unito cantanti, musicisti, attori e ballerine!
Lucia Dusi
Ministeri e Dimensioni
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Il tutto parte da una telefonata delle
madri di Como: “Volete venire tu e
Romeo a Verona per una giornata di
riflessione su Maddalena?”.
Tante volte ho sentito parlare di
Maddalena, della sua vita, delle sue scelte
e di quell’avventura iniziata più di
duecento anni fa sull’importanza della
formazione del cuore. Certo, non è l’unico
aspetto da prendere in considerazione
quando si parla di Maddalena di Canossa,
ma la pedagogia del cuore nella mia vita
di moglie, insegnante e aspirante madre
adottiva è sicuramente la cornice più
appropriata al cammino che sto vivendo;
per cui in accordo con Romeo, mio marito,
decidiamo di partecipare a questa giornata
di incontro.
Questa domenica così speciale ci ha
rigenerato spiritualmente, oltre ogni
aspettativa. Appena arrivati, l’incontro con
Alessandra, nostra amica e giovane
novizia, ci ha fatto assaporare la dolcezza
dell’amicizia e la gioia che solo le scelte
fatte con il cuore possono dare. La
meravigliosa accoglienza, che abbiamo
ricevuto come gruppo, ci ha fatto sentire
fin da subito parte fondamentale di questa
giornata.
Dopo questo momento ci siamo spostati in
un teatro poco lontano per assistere ad un
musical interamente realizzato dal gruppo
Vivaluce.
Lo slogan, utilizzato per presentare i
gruppi arrivati a Verona :“TU SEI
PREZIOSO AI MIEI OCCHI, TU SEI
PREZIOSO PER ME!”, ha subito fatto
breccia nei nostri cuori, perché è quello
che vorremmo che nostro figlio o figlia
adottivo, respirasse quando arriverà nella
sua nuova famiglia.
Dopo il pranzo con i giovani abbiamo
ripercorso alcuni luoghi significati per la
vita di Maddalena; dopo aver visto
Palazzo Canossa, abbiamo riflettuto sul
significato che ha per noi il termine
nobiltà e, senza volerlo, sono emersi i
valori sui quali, io e Romeo, abbiamo
costruito la nostra famiglia.
La scelta di Maddalena di abbandonare
ogni ricchezza e agio, per servire i poveri,
ci ha fatto comprendere l’importanza
della libertà nello scegliere. Quando si
crede che una scelta sia giusta, purché
fatta con il cuore, è necessario
perseguirla accettando di affrontare le
difficoltà e i momenti di sconforto che
essa ti pone, perché parte di un progetto
d’amore più grande. Abbiamo capito che
la nostra scelta di adottare un bambino
non è solo la soddisfazione di una
mancata genitorialità, ma un disegno
che, come famiglia, abbiamo scelto di
vivere e seguire.
Nella cripta della
chiesa di San Zeno
nel momento conclu-
sivo della giornata,
la celebrazione della
Santa Messa.
Dall’incontro casuale
con una famiglia adottiva abbiamo avuto
la conferma che Dio conosce il nostro
cuore e sa ciò di cui abbiamo bisogno,
ancor prima che glielo chiediamo.
L’importante è credere in Lui, come
Maddalena ci ha insegnato: “Amatelo ed
annunciatelo e con la Vita parlate di lui” e
così il nostro pensiero in quel momento
torna ad una frase del vangelo che
abbiamo scelto per il giorno del nostro
matrimonio “[…] da questo capiranno che
siete miei discepoli”.
Sofia e Romeo
Ministeri e Dimensioni
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Sono stata più volte nel corso di questi
anni nella Casa Madre di Verona, ma
credo che mai, come domenica scorsa,
mi abbia dato l’impressione di festa.
Assomigliava ad un porto dove i marinai
stanno per salpare o approdare sulle loro
navi, o ad un matrimonio dove non si
conoscono gli altri invitati, ma ci si
saluta e ci si sorride felici perché
consapevoli di conoscere i festeggiati e
di volere loro bene.
Una festeggiata in effetti c’era, eccome:
Maddalena! Erano proprio lei ed “il suo”
Istituto Canossiano che ciascuno dei
presenti sapeva di avere in comune con
gli altri.
Nel mio caso posso dire che grazie
all’incontro con le Madri, la mia vita sia
stata arricchita delle esperienze più
significative. Ed è stato un dono trovare
in quel luogo gli amici che nel corso di
questi anni le hanno condivise con me.
La giornata dal tema “Riflettici” è iniziata
nel teatro “Gresner” dove il gruppo dei
VivaLuce ha presentato un musical
ideato dai ragazzi stessi.
Che spettacolo meraviglioso! Non è
semplice catturare l’ attenzione di un
pubblico per più di un’ora… eppure ci
sono riusciti con grande naturalezza. I
balletti e la coreografia facevano pensare
ad un gruppo di attori tutt’altro che
dilettanti nell’esprimere la loro arte…
La storia che hanno messo in scena era
incentrata sulle dinamiche tra un gruppo
di ragazzi che appartengono ad una
compagnia teatrale e si ritrovano per
realizzare un musical.
Dentro l’esperienza teatrale, accompa -
gnata da un’ Insegnante, si intrecciano
le loro storie di vita, espresse dalle
emozioni più varie: rabbia, paura, voglia
di successo, gelosia, timidezza, felicità,
ansia, amore, depressione, orgoglio,
invidia ed altri umani sentimenti molto
attuali nella società odierna. La trama si
è rivelata ben costruita, divertente e con
un messaggio educativo ben chiaro:
ciascuno puo’ essere luce per l’altro.
Ognuno infatti prende coscienza di sé
attraverso l’altro, grazie al quale si
illumina..
Ho ammirato la bravura di ciascuno degli
attori, ballerini, musicisti e cantanti, ed
intravisto lo sforzo e la tenacia con cui
avevano costruito un vero capolavoro su
quel palcoscenico.
Il momento del pranzo è stata l’occasione
di incontro per vecchi e nuovi amici. Un
ristorante non avrebbe potuto essere più
accogliente e pittoresco dei portici e del
giardino della Casa Madre.
Nel pomeriggio era prevista una
suddivisione per i gruppi, a seconda delle
età. Per i giovani era stato pensato un
percorso per il centro città, seguendo i
luoghi significativi della vita di
Maddalena..
La giornata si è conclusa con la S. Messa
nella cripta della Basilica di S. Zeno. Una
pace particolare ed una beata quiete
hanno reso davvero santa l’atmosfera e
benedetta quella domenica che era ormai
giunta al termine.
Mi serviva una giornata intensa sul tema
delle relazioni!
Ancora una volta devo ringraziare le
Madri e Maddalena. Davvero, riflettendo
sul bene e sui valori grandi, si è in grado
di rifletterli agli altri e di essere luce viva
o VIVALUCE.
Elena (Pavia)
Ministeri e Dimensioni
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Ministeri e Dimensioni
A ritmo… di una straordinaria quotidianità!
Penso che quando si chiede di raccontare ciò
che di bello si possa fare in una Scuola
Canossiana durante l’anno, affinchè
l’educativo risponda sempre più alle istanze
dell’oggi della storia, in quel clima
carismatico in cui l’educare è assai
impegnativo, ma determinante per il futuro
dell’uomo e del mondo, si debba rispondere:
“Tutto”!
E, “particolarmente tutto”, sembra essere
oggi il “quotidiano straordinario” della nostra
Scuola che, evidenziando sulle divise degli
alunni lo stemma del casato di
Maddalena: “un cane con l’osso in
bocca”, intende forse esprimere la
tenacia e la fedeltà a quel carisma
fondazionale per cui, già i Canossa e
con essi le Canossiane, erano certi di
non mollare mai l’ osso … per quanto
potesse essere duro difenderlo dal… e nel
tempo! Ma un altro invito risuona continuamente
nel cuore e nella mente vivace e
poliedrica delle Sorelle e degli Educatori
che ne condividono lo stile: “Adeguatevi
ai tempi”! Ovvero: restate al ritmo della
storia come voleva la Fondatrice.
Ma quali tempi?
Ora è il tempo di linguaggi informatici che
non devono prendere l’anima di chi li usa…
Ora è tempo di tornare alla musica vera
in mezzo a tanto chiasso…
Ora è tempo di recuperare arte, teatro,
pittura, fotografia, perché il “bello e il buono”
torni ad essere il luogo comune del desiderio
infinito dell’uomo”…
Ora è tempo di recuperare spazi di
spiritualità e di divino…lasciati alle periferia
del cuore…
Ora è tempo di dare all’uomo tutta quell’attenzione di cui ha bisogno quando i
valori millenari della famiglia si perdono…quando i bimbi si smarriscono ed i giovani
reclamano una presenza diversa…quando la Chiesa ci chiede di restare, quali sentinelle, in
un educativo che non ha mai tregua, con la forza travolgente della testimonianza più che
delle parole!
13
Ministeri e Dimensioni
Ecco che cosa accade di straordinario e di bello nella scuola di Monza: tutti cercano di
restare semplicemente attenti alla storia e di interpretarne il linguaggio per trovare spazi
di vita, di cultura, di promozione umana e spirituale, ai fini di contribuire al costituirsi
dell’“Uomo nuovo” in ogni alunno, fino ad essere reso capace di vivere, nel futuro della
vita, con dignità e responsabilità nei confronti di tutti… indistintamente.
E’ con queste premesse che i collegi docenti programmano, fin dall’inizio dell’anno
percorsi di “Pastorale scolastica” che, in sintonia con le proposte diocesane, individuano
modi nuovi per pregare ogni mattina con la Chiesa e al ritmo dell’anno liturgico
componendo, al bisogno, opuscoli e depliant attraverso i quali le Insegnanti sollecitano
gli alunni a lodare Dio e, nei tempi forti, aiutare le Sorelle ad illustrarne i contenuti.
“Serate in concerto” è stato infatti uno dei progetti accolti dalla Scuola ai fini di ritornare
ai nostri ragazzi il gusto della musica e del canto. Proposto dai Responsabili delle
Superiori, è stato accolto anche dalla primaria che, benché già esperta in pentagrammi e
note, da quest’anno ha introdotto un’ora di musica sulla tastiera a partire dalla quarta
elementare. Così nei mesi di marzo e aprile si sono tenute, in l’aula magna, serate e
mattinate di concerto per genitori e alunni, culminate in una giornata straordinaria di
“Concorso a premi per categorie” dove, alunni grandi e piccoli, si sono cimentati sia nel
suono del piano come della chitarra.
Hanno cantato pure le migliori voci. Un vero successo che ha permesso alla Scuola di farsi
conoscere dai numerosi partecipanti alle diverse manifestazioni.
Il maestro Palma Ivano e la vincitrice del Concorso
Il Maestro Pagnussat Mauro a lezione in 5B
CONCORSO SCUOLE EXPO 2015
Il Progetto "Missione salute” “Lo Sport e l’Alimentazione” delle classi 3^A3^B Scuola Paritaria Maddalena di Canossa ha vinto il Terzo Premio
Non poteva mancare - in quest’anno di
preparazione al grande evento EXPO - che
qualcuno non cominciasse a farsi avanti per
prendere posto….Ci hanno tentato i ragazzi della
terza media con il “Progetto a fumetti
sull’alimentazione”. Ci sono riusciti vincendo un
assegno di 1000 euro!
Potrebbe sembrare cosa banale, ma arrivare
terzi ad un concorso così importante non è cosa
da poco!
14
Ministeri e Dimensioni
Il loro coraggio ha contaminato tutta la Scuola che già si è messa in all’erta per il
prossimo anno. Per questo i Presidi e il Gestore/Direttore: M. Mariangela Ravasio,
hanno pensato, ai fini di sensibilizzare tutti gli insegnanti all’evento, di convocare un
Collegio docenti in verticale con la presenza dell’esperta Dott. Elisabetta Soglio,
giornalista del “Corriere della sera” incaricata per l’Expo, la quale ha illustrato
ampiamente, con precisione e senso critico, tutto quanto è necessario ed interessante
per dare anche a noi la possibilità di esserci, come Scuola Canossiana, in quel fatidico
2015.
Arriva la Scuola dell’Infanzia
19 Marzo 2014 Festa del papà!
Non vi è mai capitato di vedere file di papà curiosi
ed emozionati che , dal mattino alle 7,30 fino
alle 17,30, arrivano alla scuola per poter giocare
un po’ con i loro figli e ricevere il dono che
ognuno ha preparato con tanto amore e con
tanta frizzante gioia?
Bene! Venite al Canossa dove Madre Maria e le
indefesse Insegnanti preparano, insieme alle
mamme, pasticcini, torte e vivande per fare festa!
C’è chi dice che sono cose da bambini dell’Asilo!
Che dica!...Questi non sa che sono le più belle e le più vere!.
Interessante e pieno di emozione è stata
pure, quest’anno, la rappresentazione dei
bambini della “SCUOLA DELL’INFANZIA”
che ha chiamato, in prima visione assoluta,
nel duomo di Monza, genitori, nonni, parenti,
amici… fino a riempirlo quasi totalmente.
Gesù abbraccia la croce.
“Rappresentazione sacra della vita e della passione di Gesù”
Ma al Canossa di Monza non è mancata neppure l’attenzione speciale ai
GENITORI, insostituibili responsabili dell’educazione dei figli. Quest’anno sono stati oggetto di particolare attenzione in primo luogo dai responsabili dei Licei che hanno proposto, ai fini di dare loro un aiuto concreto su come “trattare” con i figli adolescenti, due Corsi (biennio e triennio) di più incontri, nei quali, gli stessi, si sono confrontati la Psicologa Prof. Vilma Mauri, esperta in dinamiche relazionali adolescenziali e familiari, già presente nella Scuola da più anni. Il corso ha avuto molto successo, è stata un’esperienza positiva che si potrà ripetere ed ampliare, nei prossimi anni, ai vari ordini di scuola.
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Ministeri e Dimensioni
Anche i Piccoli della Scuola dell’Infanzia si sono dati da fare per proporre ai genitori, tra
preghiere, canti e danze, quei valori che sono ancora validi ed irrinunciabili alla famiglia
C’è un mondo infinito con case diverse
e bimbi di ogni colore. C’è un mondo
infinito, ma in ogni famiglia
chi regna Bimbi della Scuola dell’Infanzia è soltanto nella cappella della Scuola l’amore.
Genitori dell’Associazione Bakhita
E per finire non possiamo dimenticare la straordinaria
avventura vissuta da vari Genitori dell’Associazione
Bakhita” i quali, non contenti di tutti quei compiti
che già occupano il “loro anno scolastico” come:
Le Canossiadi, (giornata di gare sportive tra tutti gli
alunni del Canossa) la Corsa Campestre
(giornata di competizione, al Parco della Villa Reale,
delle Scuole Elementari e Medie di Monza), la
Festa della Scuola e affini …, quest’ anno non si
sono lasciati scappare l’opportunità di offrirsi come
volontari per l’iniziativa fatta dal Comune di Monza:
“Pulizie di Primavera”, iniziativa che ha visto Pulizie di primavera
centinaia di Monzesi ripulire giardini, strade, parchi, pareti esterne di cinte e case, invasi
da murales ecc I Nostri, armati di badili, vanghe, scope e stracci, hanno rriordinato il giardino della
Scuola e risistemato le aiuole e l’orto didattico… riservato ai bambini della Materna, là dove
i Nonni danno una mano appena possono. VOLONTARIATO
E queste ragazze che cosa fanno?
Sembra attendano che qualcuno
dica loro qualcosa
Forse attendono gli esami….
No! Come tanti altrì ragazzi
delle nostra Scuola Superiore
attendono di finire e partire…
come Volontari canossiani!
Capita così tutti gli anni.!
E la prossima estate saranno in 15!
Finiamo qui la condivisione di questa carrellata di gioia dove si è detto qualcosa di quanto
è, certe che ciò che verrà sarà ancora molto di più e molto di meglio… ma, nella saggezza
mai tramontata del Qoelet: “ad ogni giorno il suo affanno…” seguita dall’invito di Gesù.
“non preoccupatevi…il Padre mio sa ciò di cui avete bisogno…” e dalla nostra
Fondatrice: “ quattro povere donnicciole…ma innamorate di Dio e dell’uomo…”…
noi continuiamo a credere ed occupare umilmente il nostro posto, certe che qualsiasi cosa
potrà accadere, il futuro del nostro Istituto avrà il sapore di un educativo globale,
perché tutti siano veramente salvi in quell’ “umano” che si chiama Gesù. Sor. C . Roberta
16
Ministeri e Dimensioni
Il Terzo Ministero, ti arricchisce di una
umanità che ti rinnova ogni giorno la
vita.
E lentamente anche la vita cambia e
diventa migliore.
Da 29 anni presto servizio come
Assistente Spirituale alla casa di riposo
“Mons. F. Pertusati”.di Pavia della quale il
15 Giugno p.v. celebreremo i 200 anni di
fondazione.
Oggi questa casa l’abbiamo denominata: “la
Cattedrale dell’Amore”.
Sono le ore 9.30 di giovedi mattina. Bussa
alla porta del mio ufficio una anziana di
novant’anni, ospite da quasi dieci anni in
questa R.S.A, dopo 35 anni di
insegnamento nelle Scuole Primarie.
La Signora Lilli, lentamente avanza con il
suo girello, poi si siede a fatica accanto
a me e inizia con le lacrime agli occhi il
suo racconto.
“ Madre Rita, da tempo aspettavo di
poterla incontrare e parlarle, a tu per tu,
del mio grande dolore.
Presto compirò novant’anni e ancora non
riesco a perdonare a mia Madre. Ero una
bimba affetta da strabismo e mia
mamma non mi ha mai amato, la mia
patologia era per lei un disonore. Quante
sgridate, quante volte mi chiamava
davanti alle amiche :”sbarleg” (strabica)
Poi l’adolescenza, i primi problemi della
vita…..La giovinezza….l’età della scelta
della vita. Non una parola buona, non un
incoraggiamento
Finalmente, il matrimonio sortito bene; la
mamma continuava a biasimare tutta la
mia vita. Forse era anche gelosa di
questo mio matrimonio. Mio marito era un
bell’uomo, la mamma non voleva questo
giovane, era di troppo per me. Lui
persona di cultura e io ero….. Quanto
male mi ha fatto….
Alla nascita del primo figlio… non una
visita… non una telefonata.
Non meritavo tanto.
Nel cammino della vita il mio fisico è
raggiunto da un tumore alla
mammella…. Si trattava di dover fare
un intervento, che fisicamente mi
avrebbe menomata ancora di più….
Mio marito mi incoraggia.”
“Se possiamo ancora vivere un poco
insieme affrontiamo l’operazione, perché
io non ho amato la tua carne: ho
amato te. Il tuo cuore…la tua bontà….
La tua dolcezza il tuo spirito con tutto
quello che tu sei”.
“Poi la dipartita della mamma e il peso
nel mio cuore per non averla mai
saputa perdonare.
Madre, forse anch’io presto arriverò al
capolinea…. Come potrò essere
perdonata da Dio se io non so
perdonare?...
Madre, quanta luce lei ha donato e
dona ogni giorno ad ognuno di noi!....
Le sue parole sono scese lentamente
dentro il mio spirito. Sono le parole di
Gesù il Risorto. Giorno dopo giorno
capivo che una luce si faceva strada
nel mio cuore.
Mi aiuti a pronunciare per mia mamma
queste parole ” mamma, perdoniamoci a
vicenda per poterci abbracciare nel
regno della Vita”.
Dopo un momento di preghiera donavo
a lei, come Ministro dell’Eucaristia, la
Santa Comunione. Con gli occhi colmi
di una luce nuova mi abbracciava come
se davvero stesse abbracciando la sua
mamma. Allontanandosi con il suo
girello, mentre mi ringraziava ancora,
mi disse:”adesso posso anche morire.
Sono nella pace”.
M. Rita Montagna
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Dopo il mio trasferimento a Fidenza, il
cuore non ha smesso di battere per chi
si trova nella malattia, nella sofferenza
quotidiana, nel complesso dell’inutilità,
per chi vive il peso della solitudine,
l’incertezza del futuro e persino la paura
della morte. Ed è di questo che voglio
parlare.
Arrivata nella nuova sede, ho cercato
subito l’Ospedale per poter far parte del
gruppo dei Volontari ospedalieri. Mi
hanno affidato il reparto dell’Hospice,
dove, con grande gioia, mi reco due
volte alla settimana. Il reparto non è
dei più facili: accompagnare l’ammalato
al grande trapasso dell’incontro con Dio
non è un compito gradevole e più
ancora non lo è ascoltare i parenti in
preda ad una grande sofferenza.
Ci vuole pazienza e coraggio per
ascoltare; l’ascolto è un’arte difficile,
ma è la chiave segreta per entrare nel
cuore di chi sta vivendo l’esperienza del
dolore e del lutto.
All’ Hospice non ci sono solo persone
anziane, ma anche giovani e persone di
mezza età raggiunte dal male che fa
paura solo a nominarlo.
Il dolore dei parenti per un figlio che se
ne va ancora giovane, per un marito o
una moglie che lasciano figli piccoli è
straziante; essi sono spettatori
silenziosi e impotenti di qualcosa che
non possono cambiare, e questo è per
me il momento più difficile per regalare
una parola di speranza.
Ma, mi viene in aiuto l’ascolto paziente:
mi siedo accanto a loro, stringo le loro
mani per farmi sentire vicina, ascolto il
loro pianto, i sospiri, i lamenti e … poi
lo sfogo vocale.
Sono pochi quelli che escono vivi dall’Hospice;
se qualcuno ce la fa, cerco una continuità di
dialogo e di accompagnamento, visitandolo a
casa.
Ho incontrato, tempo fa, all’Hospice,
un’anziana signora di nome Luigina. Era
lucida, simpaticissima, parlava e ascoltava con
attenzione. Tra noi ci fu subito simpatia
reciproca. Dimessa dal reparto, volle darmi il
suo indirizzo e così andai a trovarla per
portarle la Comunione.
Prima di andarmene, mi consegnò una lettera
che accompagnò con queste parole: “L’ha
scritta mia nipote, ma è frutto del mio sacco
perché l’ho dettata io”.
Nella lettera era scritto:
“ Sono Luigina A. e mi trovavo all’Hospice per
una convalescenza. Un giorno vidi, con grande
sorpresa, entrare nella mia stanza una suora.
Quanta gioia mi ha dato!
Abbiamo parlato di tante cose e, alla fine, ho
scoperto che era una canossiana.
La mia gioia è cresciuta perché sono stata
alunna del “Canossa”. Sr. Anna è la persona
che ha sempre trovato la parola giusta per
me, aiutandomi a superare i momenti di
scoraggiamento che mi prendevano di tanto in
tanto…
Viene ora a trovarmi a casa….sono contenta di
averla incontrata…la porto nel cuore”.
Sr. Anna Prandini
Ministeri e Dimensioni
18
Nel segno delle Missioni
CIAO! Sono Elia, collaboratore alla Fondazione
Canossiana, e sono andato, dal 29
novembre al 13 dicembre del 2013, con M.
Bruna alla missione di Sao Tomè. È stata
la mia prima immersione in missione…vi
raggiungo per raccontarvi quanto ho visto,
sentito, vissuto…e per farvi partecipi di
questa porzione di terra africana.
Sao Tomè è un paradiso perduto, ma
anche luogo di povertà umana e materiale.
Le case non hanno né porte né finestre,
tanto non c’è niente da rubare. La natura,
ricca e rigogliosa, offre tutto ciò di cui gli
abitanti hanno bisogno, accontentandosi di
mangiare una volta al dì e vivere la vita
giorno per giorno, “eve leve” (piano,
piano) come spesso amano ricordare ai
rari stranieri e turisti.
Andarci significa mettersi in contatto con
la nostra parte più selvaggia, di
raccoglitori e cacciatori. I bambini escono
la mattina presto e si inoltrano nella fitta
foresta alla ricerca di alberi da frutto su cui
arrampicarsi per trarre il cibo sufficiente
per l’oggi e, se va bene, anche per il
domani. Adolescenti e adulti invece
prendono le imbarcazioni scavate nel
tronco degli alberi ed escono al largo
dell’isola nell’oceano a pescare qualche
pesce. Se la pesca va bene, potranno poi
rivendere, a lato della strada, ciò che
hanno pescato. Sempre sui lati della
strada, piccole catapecchie di legno e
lamiera, vendono acqua, carbone per
cucinare sulla brace, farmaci, sapone,
accendini.
Le case infatti non hanno il gas, molte
nemmeno l’elettricità, per cui si cucina
fuori dalla porta di casa, dove i bracieri
vengono accessi quando il sole è alto.
Senza l’elettricità non si ha nemmeno
bisogno di un frigo e l’acqua si va a
prenderla al fiume o al pozzo più vicino.
Lavare i panni significa molto spesso
perdere l’intera giornata, mezz’ora di
strada a piedi, quando va bene, sotto il
sole con la biancheria; il tempo di lavare
e che si asciughi al sole, per poi tornare
verso casa.
Quando si arriva sull’isola non si nota
subito la povertà, nascosta dai
bianchissimi sorrisi dei bambini sui volti
scuri di carnagione. Sono felici di farsi
fotografare. Una signora ci chiede di farle
una foto perché così, ci dice, viaggerà
insieme alla nostra macchina fotografica
fino in Italia e potrà dire di aver viaggiato
lontano, senza essersi mai spostata dal
suo paese di origine.
Quando si vanno a visitare i villaggi,
costruiti dai portoghesi, tutti escono dalle
loro abitazioni, spesso palafitte di legno,
per venire a salutare le Irmas, le Madri
Canossiane, che solitamente portano
qualcosa da mangiare, medicine per i
bisognosi o un gioco per i più piccoli.
Sono vestiti di stracci, spesso sporchi e
laceri. Pochi indossano scarpe; i più
camminano a piedi nudi nella terra
dell’isola, ormai incuranti della sporcizia,
degli animali o della fanghiglia che si
deposita dopo le piogge.
19
In questo contesto le Madri Canossiane
rappresentano un faro. Quando si
passeggia insieme a Madre Angelina a
Ribeira Afonso, nelle roça (villaggi rurali)
di Colonia Soriana, Caridade o Santa
Cecilia tutti vanno a salutarla, a
ringraziarla, a portarle in omaggio quello
che possiedono, frutta o pesce. Da
quarant’anni sull’isola, Madre Angelina è
un’ “Istituzione”; per merito suo è stata
costruita la prima scuola materna di
Ribeira Afonso, dove i bambini possono
ricevere un‘ istruzione, almeno un pasto al
giorno e cure mediche (soprattutto
vaccinazioni).
A Santana, dove risiede la seconda
comunità delle Madri Canossiane, Madre
Ermanna si occupa di molte famiglie
povere della zona, di offrire agli anziani
indigenti un sacchetto pieno di viveri una
volta al mese e, all’interno della casa delle
Madri, ospitare circa 20 ragazze, grazie al
progetto “Giovani donne”, che solo così
possono frequentare la scuola locale.
Nella capitale, Sao Tomè, le Madri
gestiscono una scuola materna, un dopo-
scuola e una scuola primaria e secondaria,
soprattutto per giovani fuori età scolare. Il
sistema scolastico è differente rispetto al
nostro, si parte a 6 anni con la scuola
primaria in 1a classe e si finisce a 16 anni
in 10a classe, con la possibilità di
proseguire l’11a e la 12a. La formazione è
essenziale per garantire ai bambini, agli
adolescenti e ai giovani di quest’isola la
speranza di una vita migliore. Solo
conoscendo modi di vivere diversi si può
dare a tutti loro l’opportunità di uscire
dalla povertà e di costruirsi un futuro
diverso per loro stessi e per l’isola.
Ancora tanti sono i bisogni materiali da
colmare, primo fra tutti la necessità di
un’educazione. Seguendoli nel loro
percorso scolastico possiamo anche
garantire un pasto al giorno: togliendo la
fame possiamo dare loro le energie per
studiare e trasformare la loro vita con
prospettive nuove.
Alcuni dei bambini adottati a distanza da
famiglie italiane adesso sono proprietari
di locali, lavorano nell’amministrazione
pubblica del paese o sono entrati come
insegnanti all’interno delle scuole, dando
ad altri bambini e bambine l’istruzione
che hanno ricevuto loro stessi in dono.
Per questi risultati speriamo che molti di
voi continuino a sostenere questi
bambini e bambine e altri amici si
aggiungano per fare in modo che, grazie
a questo piccolo ma importante aiuto,
diamo insieme l’opportunità di credere
nella speranza di un vita migliore.
Carissimi Amici e Benefattori!
Mi unisco allo scritto di Elia, che vi ha
descritto con vivacità la realtà
santonense.
Vi porto i saluti, i sorrisi, i grazie calorosi
e vivaci di tantissimi vostri protetti, che
abbiamo incontrato…le distanze e il
tempo, comunque, ci hanno impedito di
raggiungere tutti e alcune foto
arriveranno più avanti.
GRAZIE di cuore per la vostra
preziosa e costante collaborazione!!!
Abbiamo raccolto nuove condizioni di
disagio che necessitano di un sostegno:
potete passare parola ad amici e
conoscenti, offrendo la possibilità di
nuove adozioni?
Un saluto cordiale con riconoscente amicizia.
M. Bruna - Collaboratrice alla Missione
Nel segno delle Missioni
20
I Laici Canossiani
a Costalunga (BS)
Week-End nella Spiritualità Canossiana
…… Sabato 15 e domenica 16 marzo si è
tenuto a Costalunga (Brescia) presso le
Madri Canossiane un incontro di spiritualità
sul tema “Preghiera e spirito di preghiera
nella vita quotidiana di un laico”, guidato
da Padre Antonio Papa.
Il fine settimana prevedeva momenti di
meditazione sul tema, discussione di
gruppo, preghiera individuale e
comunitaria, Celebrazione Eucaristica,
proiezione del film “L’amore inatteso”.
Il tema della preghiera è stato trattato in
modo molto approfondito da Padre Antonio
che è riuscito a farci comprendere e
interiorizzare come la preghiera sia il frutto
maturo di una ricerca e di una vita attenta.
Essa ti porta a familiarizzare con Dio, a
frequentarlo, ad entrare in comunione con
Lui e a conoscerlo nei risvolti più intimi.
La preghiera è “SORPRESA” perché Dio
arriva quando vuole con le sue
illuminazioni.
Per aiutarci nella riflessione Padre Antonio
ha proposto testi tratti dai “Promessi
Sposi”, dagli Scritti di Maddalena e dalle
Sacre Scritture.
Di grande impatto è stato rileggere la
preghiera di fra Cristoforo prima di far
fuggire Renzo e Lucia, nella quale chiedeva
per loro la forza e l’amore di “volere ciò che
Egli ha voluto”.
Tutto questo era stato ben interiorizzato da
Santa Maddalena che mirava a
comprendere il volere di Dio prima di
ogni sua azione a favore dell’Opera.
La Via Matris, percorsa tutti insieme nel
grande e secolare parco della Casa al
momento del crepuscolo, ci ha fatto
guardare a Maria, pellegrina, come noi,
nel cammino della fede. Il sentiero della
sua vita è stato pieno di difficoltà proprio
come il nostro. Ha conosciuto la
sofferenza, l’incomprensione, l’angoscia,
ma non si è mai lasciata andare alla
disperazione.
Il film, proiettato dopo cena, raccontava
dell’incontro sorprendente, irrazionale e
sconvolgente di una persona atea con
Dio. Qui abbiamo visto come il Signore
sia riuscito ad emozionare, ad entrare
dentro, a toccare il cuore e a farsi vero e
intimo amico.
Anche dentro di noi è nata una forte e
commovente emozione che ci ha portato
a riflettere in modo sincero sul nostro
legame con Dio.
Bellissimo il paragone della preghiera con
gli scarponi da montagna. Le prime volte
che si indossano causano vesciche e
sofferenze; con l’utilizzo si adattano al
piede a tal punto che nessun altro li può
indossare comodamente e portano in
alto. Così, ognuno di noi, arriva al suo
personalissimo modo di pregare.
Abbiamo vissuto questa esperienza con
grande intensità sia nei momenti di
formazione e di preghiera, sia in quelli
conviviali. Abbiamo trascorso questi due
giorni come se fossimo una grande
famiglia, con semplicità, grande gioia e
serenità d’animo, avendo anche
l’opportunità di rafforzare i legami
d’amicizia fra di noi.
I tanti impegni, soprattutto familiari,
rappresentavano un ostacolo alla nostra
partecipazione, ma siamo riconoscenti
allo Spirito Santo (che sicuramente ci ha
messo lo zampino) che ci ha
accompagnato al meraviglioso incontro
con Dio, nostro Padre, e con i fratelli.
Mariella e Angela
21
La Parola è sempre stupendamente ricca di icone nelle quali troviamo dipinte tante
storie che ci riguardano: quanti luoghi sembrano essere metafora degli spazi da noi
abitati, quante persone ci pare abbiano i nostri tratti o quelli degli uomini e delle donne
del nostro tempo, quante parole dette potrebbero essere le nostre, quante parole
vorremmo fossero pronunciate o sentiamo pronunciate proprio per noi e per la nostra
vita...
Sfogliando le pagine del “Libro dei libri” e provando a cercare un quadro che abbia i
colori del nostro noviziato, ci imbattiamo in una perla del Vangelo, un momento di
un’intensità unica: l’incontro al pozzo di Sicar tra Gesù e la Samaritana.
Gesù (...) sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Giunge una donna
samaritana ad attingere acqua.
L’incontro al pozzo di Giacobbe avviene all’incirca a
mezzogiorno: l’ora non è casuale, siamo nel cuore della
giornata, nel tempo che separa il fiorire del nuovo giorno
dalla sua piena maturità; il mezzodì è anche il tempo in
cui il sole splende alto nel cielo e tutto è illuminato, niente
è in ombra. La donna di Samaria arriva con la sua brocca
per attingere acqua e trova qualcuno che è già lì e la sta
aspettando.
Anche noi siamo arrivate al “pozzo” del noviziato
nel “mezzogiorno” della nostra vita, in un passaggio
cruciale della nostra storia, con un’anfora carica di
desiderio di Dio: desiderio di offrire al Signore tutta la
nostra freschezza di giovani donne e di “lavorare” per Lui.
Arriviamo e... colpo di scena: Gesù è al pozzo, seduto,
aspetta proprio noi e ci invita a stare con Lui, a sostare
per qualche tempo perché ha qualcosa di importante da dirci. Ma come – ci chiediamo
–... la nostra anfora trabocca di energia appassionata e Tu ci chiedi di fermarci? Ma
come... appena abbiamo compreso la Tua chiamata, abbiamo lasciato tutto e abbiamo
corso a perdifiato per recuperare il tempo perso, per arrivare prima di Te e
sorprenderTi e Tu sei già qui?
Noviziato è scoprire che Gesù ci precede sempre nella strada che ci invita a
percorrere: ci chiama, ma poi corre avanti per prepararci la via e accoglierci; noviziato
è scoprire che Egli non ci chiama a fare, ma a stare con Lui, a godere della Sua
presenza; noviziato è scoprire che per Gesù nessun tempo è perso, anzi le esperienze
vissute – rilette e rielaborate alla Sua luce – diventano un bagaglio prezioso per il
futuro. Noviziato è tempo di rivoluzionare la propria “idea” di Dio, è trovarsi a tu per tu
con Lui per vivere un’intimità rivelatrice del Suo vero volto.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi
da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva (...). Chiunque
beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non
avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente
d'acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore - gli dice la donna -, dammi
quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere
acqua».
L’ Oggi di Dio per il Domani
22
Gesù regala alla Samaritana un’acqua capace
di dissetare per sempre, di dare tutto ciò che è
essenziale alla vita, anche oggi Egli è pronto
ad offrire la stessa acqua a chiunque si
avvicini al pozzo e sia disponibile a dialogare
con Lui, a mettersi in Suo ascolto.
Noviziato è “fare il pieno” di questa
acqua viva, linfa vitale del nostro cammino,
attingendo a diversi pozzi:
ll pozzo della Parola: la Parola è lo spazio
privilegiato dell’incontro con Dio, è «parola
viva che interpella, orienta, plasma
l’esistenza» (Giovanni Paolo II, Novo
millennio ineunte, 39); attraverso la Parola,
a cui dedichiamo tempi significativi di
ascolto e meditazione, noi novizie,
Alessandra e katrina, cerchiamo di nutrire
cuore e mente e di fare luce ai nostri passi.
Inoltre, frequentiamo alcuni corsi di Sacra
Scrittura (Antico Testamento e Nuovo
Testamento) presso l’Istituto Superiore di
Scienze Religiose di Verona per acquisire
strumenti e metodi per accostare
correttamente i Testi Sacri.
Il pozzo del Carisma Canossiano: vivere
la vocazione di Figlie della Carità, Serve dei
Poveri è, come sottolinea Maddalena stessa
nella prefazione alla Regola Diffusa, un
dono della grazia, una chiamata degna di
una risposta che è un impegno per la vita
«Avendovi Dio fatto un gran Dono mie care
Sorelle, nel darvi la Vocazione a questo
Santo Istituto di Carità, ed avendo voi il
dovere di corrispondere degnamente ad
una grazia sì grande»; anche noi novizie
dell’oggi sentiamo forte la gratitudine per il
Dono-Carisma ispirato a Maddalena e
siamo animate dal desiderio – che è anche
una responsabilità – di scoprirne la
profonda ricchezza e di assumerne lo
spirito e lo stile. La Regola di vita (64)
afferma che la novizia «viene iniziata alla
storia, alla vita e alla missione dell’Istituto
(...).
Si accosta in modo vitale e sistematico alla
Regola di vita». Il Noviziato, pertanto, è
occasione per avvicinarci gradatamente al
Carisma Canossiano, anzitutto attraverso
l’approccio guidato ai testi dell’Istituto:
la Regola Diffusa che leggiamo e
approfondiamo insieme alle sorelle della
nostra Comunità; la Regola di Vita a cui
siamo introdotte dalle lezioni della
Madre Maestra. Non mancano, però,
altre opportunità di conoscenza del
Carisma: ogni settimana, nella
magnifica cornice dell’archivio storico di
Casa Madre, culla dell’Istituto, insieme a
Madre Gabriella Mari, studiamo il
contesto storico, ecclesiastico e religioso
del tempo della Fondatrice, come pure
alcuni aspetti della storia passata della
nostra Congregazione; per qualche
mese ci ha accompagnate nel cammino
anche Padre Gianluigi Andolfo, il quale ci
ha prima guidate a capire la genesi del
Carisma in Maddalena e poi ci ha portate
alla scoperta delle cinque esperienze
mistiche della Canossa; inoltre abbiamo
avuto il dono di accogliere tra noi Madre
Sandra Maggiolo per un incontro
intensivo sulle Lettere di direzione
spirituale di Don Luigi Libera e sul
significativo cammino di liberazione che
il sacerdote ha fatto compiere alla
giovane Maddalena.
Il pozzo delle relazioni: Papa
Giovanni Paolo II nella Lettera alle
donne così si rivolge al “genio
femminile”: «Grazie a te, donna (...)!
Con la percezione che è propria della
tua femminilità tu (...) contribuisci
alla piena verità dei rapporti umani».
La donna, infatti, è capace di relazioni
veritiere e profonde, è tessitrice di
armonia tra gli uomini, ancora di più
dovrebbe esserlo una consacrata che
è chiamata a vivere «una castità
“feconda”, una castità che genera figli
spirituali nella Chiesa» (Papa
Francesco, Discorso ai partecipanti
all'assemblea plenaria della Unione
Internazionale Delle Superiore
Generali); pertanto nella nostra
formazione umana, spirituale e
canossiana occupano un posto
privilegiato le relazioni che viviamo
L’ Oggi di Dio per il Domani
Pozzo della Parola, del Carisma Canossiano, delle relazioni
23
e dalle quali ci lasciamo interrogare
ed educare per comprendere sempre
di più quella «fecondità spirituale» di
cui parla il Santo Padre Francesco e
che ci rende «vere icone di Maria e
della Chiesa».
La Comunità è la prima “palestra” in cui
sperimentiamo quotidianamente la
nostra capacità di intessere relazioni
mature e reciprocamente arricchenti;
svolgiamo, poi, un piccolo servizio
apostolico entrando così in contatto con i
destinatari della nostra missione, in
particolare con «i fratelli più bisognosi di
educazione, evangelizzazione» (Regola
di Vita, 53): essi ci aiutano nel nostro
cammino verso la povertà, «perché la
povertà si insegna e si apprende. Alla
povertà ci si educa e ci si allena» (Don
Tonino Bello). Altro spazio di relazione
che ci è offerto è l’internoviziato,
occasione di incontro e di formazione
insieme ad altre novizie appartenenti a
diversi Istituti Religiosi: esso è
un’opportunità straordinaria per
raccontarsi, per condividere le gioie, le
fatiche e i sogni del cammino, per
incoraggiarsi le une le altre, per sentirsi
Chiesa.
Ritornando alla Samaritana, Gesù le
dice:
«Va' a chiamare tuo marito e ritorna
qui». Gli risponde la donna: «Io non ho
marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene:
"Io non ho marito". Infatti hai avuto
cinque mariti e quello che hai ora non è
tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica la donna: «Signore, vedo che
tu sei un profeta (...)».
Il dialogo che Gesù attiva con la
Samaritana è un confronto capace di
mettere a nudo la donna in tutta la sua
fragile umanità: il Signore conosce ogni
piega della sua vita, ogni eventuale
tentativo della Samaritana di nascondere
qualcosa di sé appare vano, ma, d’altra
parte, è una possibilità che la donna
– stupita da quel viandante venuto
a mendicare un po’ di acqua – non prende
in considerazione, non ne avverte Il
bisogno perché si sente guardata con uno
sguardo d’amore non giudicante. Gesù la
conduce a guardarsi a sua volta con
tenerezza, ad amarsi: ecco il punto di
partenza di ogni rinascita, di ogni nuovo
inizio. Attraverso le parole del Messia la
Samaritana può scrutare con occhi nuovi
e veri se stessa e la sua storia.
Noviziato è scoprire, grazie all’incontro
con Gesù che è via, verità e vita,
l’autenticità di se stessi; è rinascere ad
una nuova vita perché sostare al pozzo
con il Figlio di Dio è un’esperienza che
apre a cammini inediti fuori e dentro di
sé... soprattutto dentro di sé.
La donna intanto lasciò la sua anfora,
andò in città e disse alla gente: «Venite a
vedere un uomo che mi ha detto tutto
quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?».
Uscirono dalla città e andavano da lui.
Concludiamo con un augurio, che il
“pozzo” del noviziato sia per noi un luogo
da cui partire, così come ha fatto la
Samaritana, e precipitarsi “in città” per
annunciare con entusiasmo la meraviglia
dell’incontro con il Messia; il fascino della
nostra vita che si fa testimonianza
luminosa, delle nostre parole di
instancabili cercatrici di Dio attirino al
pozzo di Gesù tanti fratelli e sorelle
assetati di pienezza e di felicità – la
nostra Maddalena era animata dalla
«brama di farlo conoscere e amare»
(Memorie III,49).
Chi incontra
davvero la Luce
non può che farsi
a sua volta luce
per gli altri!
Alessandra Cantaluppi
L’ Oggi di Dio per il Domani
“Noviziato e’ scoprire, grazie all’incontro con Gesu’ , che e’ via, verita’ e vita,
l’autenticita’àdi se stessi…”
24
A 70 anni dalla morte di Etty Hillesum, morta ad Auschwitz il 30 novembre 1943,
pubblichiamo la riflessione del Dott. C. Dall’Acqua, studioso della giovane ebrea olandese.
ETTY HILLESUM 3 ottobre 1942
“Cristo aveva proprio ragione quando, in un tempo pieno di dei vuoti e inariditi, parlava male delle cose terrene: diventa un’offesa a Dio il non vedere cosa ci è concesso ed offerto quaggiù nel nostro mondo. Ci è stato dato un tesoro che può
renderci totalmente felici fino al limite dei nostri sensi se ne facciamo un uso corretto. Il giusto
uso: è questo che fa la differenza. Dobbiamo davvero prendere tra le nostre mani il mondo sensibile con tutto il nostro cuore, colmi di stupore e di meraviglia per i beni che ci sono temporaneamente concessi. Nello stesso tempo, per dirlo in semplicità, è questo il vero modo di aprire il rapporto con Dio: ed è proprio quello
che san Francesco d’Assisi voleva esprimere col suo Cantico al sole. Il Cantico, nei suoi ultimi momenti di vita, era per lui più splendente della croce, che aveva solo la funzione di indicare il sole”. (R. M. RILKE Uber Gott, zwei Briefe 1933 –
traduzione A.C. Dall'Acqua )
Perchè Etty copia il brano nel suo Diario?
Era già stata più volte al campo di
Westerbork e certo comprendeva cosa il
destino (per tramite dei nazisti tedeschi)
riservava al popolo ebraico in generale e a
lei in particolare. Ma aveva imparato con un
lungo lavoro su se stessa ad aprirsi al
Mistero di Dio e a dialogare con Lui. Viveva
il presente ed era lieta, anche in quelle
disumane condizioni, per i doni che
continuamente ci vengono offerti. Spesso
nel suo diario dice che la vita è bella e la si
sente colma di gioia e di serenità.
“Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio nell'anno del Signore 1942, l'ennesimo anno di guerra...” (21 giugno '42)
“So tutto quanto e non mi preoccupo più per le notizie future: in un modo o nell'altro, so già
tutto. Eppure trovo questa vita bella e ricca di significato. Ogni minuto”!. (27 giugno '42)
“I dominii dell'anima e dello spirito sono tanto vasti e infiniti che un po' di disagio fisico e di dolore non ha troppa importanza... Sono in uno strano stato di addolorata contentezza.” (29 giugno 1943)
Chi conosce Etty Hillesum, chi l'ha seguita
passo dietro passo dal 9 marzo '41 quando
inizia a scrivere il diario fino al 7 settembre
43, giorno in cui parte per Auschwitz, non
si stupisce che continui ad affermare che
la vita è bella. Sa che Etty incarna
quanto Rilke afferma: “Dobbiamo
davvero prendere tra le nostre mani il
mondo sensibile con tutto il nostro cuore,
colmi di stupore e di meraviglia per i beni
che ci sono temporaneamente concessi.”
Etty ci aiuta a intendere la profondità e
l'alta realtà della perfetta letizia di San
Francesco.
Anche un apologo indiano può farci
comprendere le grandi possibilità
dell'esperienza umana:
“Un uomo sta camminando sul ciglio di un burrone: improvvisamente inciampa e cade. Mentre sta precipitando riesce ad aggrapparsi ad una radice fermando così la sua caduta.
Cercando una qualche possibilità di salvarsi,
guarda in basso e vede che in fondo al precipizio c'è una tigre affamata che lo sta attendendo per divorarlo. Poi guarda in alto per vedere se è possibile risalire, ma si accorge che all'inizio del precipizio c'è un'altra
tigre, anche lei pronta a divorarlo. In quella situazione senza via di uscita vede accanto a lui una fragola matura. Ne sente il profumo, stende una mano, la prende e la mangia. Ed è pieno di gioia per la bontà e la dolcezza di quel frutto prelibato che gli è stato offerto. “
Sembra una storia irreale. Etty invece
vive la verità profonda che questo
apologo contiene e ce la rivela. Scrive a
una sua cara amica il 7 agosto 1943 dal
campo di Westerbork esattamente un
mese prima di essere deportata ad
Auschwitz:
“Maria amichetta mia,
stamattina c'era un arcobaleno sopra il campo e il sole brillava nelle pozzanghere melmose. Quando sono entrata nella baracca dell'ospedale, alcune donne hanno esclamato: “Forse ci porta buone notizie? Ha un'aria così allegra” Ho escogitato una storiella a proposito di Vittorio Emanuele, di un governo
popolare e di una pace sempre più vicina, potevo forse scamparmela con quell'arcobaleno, anche se era l'unica ragione
della mia letizia?”
Antonio Carlo Dall'Acqua
Educazione: radici e fiori …
25
Educazione: radici e fiori …
Come sempre l’invito per la
presentazione del libro di A. Barban e
C. Dall’Acqua “Etty Hillesum, Osare
Dio” è arrivato anzitempo e, già, le
parole che avrebbero scaldato l’anima
e annullato le ore di autobus che per
andare avremmo dovuto affrontare per
giungere a Piedimonte ci proiettavano
lì.
Ma, come spesso accade, l’approssi -
Marsi del giorno dell’incontro deciso
tanto prima, aveva insinuato dubbi e
incertezze sul concreto suo realizzarsi:
le cinque o sei ore di autobus da
affrontare pesavano come macigni
sulla “serena routine” del giorno per
giorno che con le sue maglie strette
stringe il tempo in un apparente
quanto effimero abbraccio.
Ma, vinto l’abbraccio e allentate le
maglie, eccoci sull’autobus a dispensa-
re saluti: l’indecisione di partire era
presto scomparsa.
Che sorpresa cancellare di colpo le tre
ore di andata e arrivare a Piedimonte
senza nemmeno accorgersene, quan -
do, ad annullare il tempo ci sono
quattro sane chiacchiere fra amiche!
Giunti a Piedimonte siamo stati ospitati
nello splendido complesso monumen -
tale dell’ex convento di S. Tommaso
D’Aquino, sede del Museo civico, che
abbiamo avuto la possibilità di visitare
e che si è rivelato una meravigliosa
sorpresa perché conserva importanti
reperti di epoca sannita tra i quali
spicca la splendida statuina in bronzo
del “ corridore del monte Cila ” di
11 mm, rinvenuta nel 1928.
In questa cornice si è svolto l’incontro
con Padre Barban che già in altre
occasioni aveva citato Etty invitandoci
a leggerne il “Diario”e che noi, con
solerzia, avevamo anche comprato
durante il ritiro a Fonte Avellana, ma
che, come tanti buoni proponimenti e
tanti farò e dirò, era rimasto lì, confinato
sullo scaffale della libreria insieme a tanti
altri.
…Sì, sarà la solita storia: ebrea, i campi di
concentramento, l’orrore del troppo
umano….e quindi, occasione l’incontro,
abbiamo sperato che, almeno durante le tre
ore di tragitto, qualcosa avremmo letto, di
te, Etty…
…nemmeno quella, cara Etty, è stata
l’occasione giusta, perché, le chiacchiere e il
troppo umano hanno preso di nuovo il
sopravvento sulla tua storia….
Poi, finalmente, la conferenza di Don
Alessandro con quel suo modo di raccontare
e insieme istruire, con le sue parole,
amandoti, ci insegnava ad amarti! Presto ci
ha immerso nel tuo mondo e nella tua
storia: Etty, sei entrata nel nostro cuore!.....
La storia si dipanava intorno alla famiglia di
Etty, il rapporto, fondamentale, con il
“Maestro” e, il suo amore incommensurabile
per Dio. Ella, all’approssimarsi della
partenza per i campi di concentramento, in
una preghiera così esprime: “ti prometto
una cosa Dio …. cercherò di aiutarti affinché
tu non venga distrutto dentro di me … una
cosa, però, diventa sempre più evidente per
me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma
che siamo noi a dover aiutare te, e in questo
modo aiutiamo noi stessi ….”
… Sì, hai proprio ragione Etty, BISOGNA
OSARE DIO e imparare ogni volta a liberarlo
dai macigni così come scrivi in un passo del
tuo diario: “Dentro di me c’è una sorgente
molto profonda. E in quella sorgente c’è Dio.
A volte riesco a raggiungerla, più sovente
essa è coperta di pietre e sabbia: allora Dio
è sepolto. Allora bisogna dissotterrarlo di
nuovo. M’immagino che certe persone
preghino con gli occhi rivolti al cielo: esse
cercano Dio fuori di sé. Ce ne sono altre che
chinano il capo nascondendolo fra le mani,
credo che cerchino Dio dentro di sé…”.
Grazie per avercela donata Padre Barban
Antonietta Comodo e Grazia Rago
26
uando la vita ci sorprende cogliendoci
impreparati o delusi, quando nascono
nuovi percorsi, difficoltà e amarezze,
allora riscopriamo dentro di noi la forza
della formazione e degli insegnamenti
ricevuti. E ricordiamo i nostri “maestri”,
quelli che, con amore e dedizione, hanno
curato la nostra preparazione culturale e
umana. E ci ispiriamo ad essi sentendoli al
nostro fianco, procedendo nel cammino
della nostra vita, affrontando la quotidianità
e tutto quello che ci riserva. Più andiamo
avanti negli anni e più diventiamo
consapevoli dell’ampiezza e della valenza
della formazione raggiunta, perché
sappiamo che la nostra vita ne è colma e
pregnante.
Proprio in questa ottica s’inquadra il lavoro
di ricostruzione dell’iter storico dell’Istituto
Magistrale “Maria Immacolata” di
Piedimonte Matese, ex Piedimonte d’Alife.
Proprio ricordando il valore dell’educazione
ricevuta in questa scuola, ho voluto
colmare il vuoto da essa lasciato nella
memoria singola e collettiva dei
piedimontesi e in quella di tutto il
comprensorio matesino. Abbiamo il dovere
di ricordare i nostri benefattori: i fondatori
dell’Istituto “Maria Immacolata” e le madri
Canossiane, che, per circa un
Cinquantennio, l’hanno amorevolmente
guidato e curato. Non ho realizzato un
freddo e stereotipato resoconto dei fatti
avvenuti, ma ho voluto portare nella storia
le persone, con le loro passioni, i loro
interessi, i ricordi, la vita, perché, secondo
me, tutto ciò è importante e fondamentale
nella ricostruzione di un percorso storico. E
come non dedicare questo lavoro a madre
Elda Pollonara, stupendo esempio di
professionalità, umanità e spiritualità? Ella
ha lasciato un ricordo indelebile della sua
presenza nelle nostre coscienze e nelle
nostre vite, per tutto quello che ha
saputo trasmetterci con la potenza
lungimirante dei suoi insegnamenti e con
la forza della sua personalità.
Il mio lavoro “L’ Istituto Magistrale ‘Maria
Immacolata’ di Piedimonte [tra ricordi e
realtà storiche - cinquant’anni di
presenza di una scuola nel nostro
territorio]” adeguatamente supportato e
brillantemente presentato dall’amica
carissima Canossiana, madre A.S, si può
scaricare gratuitamente dal sito della
prestigiosa Associazione Storica del
Medio Volturno all’indirizzo:
http://asmvpiedimonte.altervista.org
Per la massima diffusione possibile di
questa storia canossiana e piedimontese
ho scelto la strada informatica, moderna
e veloce, adeguandomi ai ritmi e alle
esigenze odierne.
Un saluto e un grazie a tutti quelli
che vorranno leggere il mio lavoro e a
tutte le Canossiane del mondo che, ieri
come oggi, si prendono cura di noi.
Rosanna Onorii Ex allieva
Educazione: radici e fiori …
tra ricordi e realtà storiche cinquant’anni di presenza di una scuola nel nostro territorio
27
Educazione: radici e fiori …
Piedimonte Matese (CS)
n atto d'amore. Così definirei il libro
che Rosanna Onorii ha dedicato
all'Istituto Magistrale Maria Immacolata di
Piedimonte Matese e che è stato presentato
ufficialmente lo scorso 28 aprile, nella
Biblioteca comunale della città, nell'ambito
delle Giornate di Pedagogia, promosse dalla
Amministrazione comunale.
Ed ecco allora sfilare davanti al lettore le
immagini di foto sbiadite e le parole
dedicate alla fondatrice, Scolastica De
Crescenzo Grillo, alla prima diplomata,
Rosaria Orsini, al vescovo Virginio Dondeo,
che sostenne l'Istituto Magistrale e gli fece
ottenere nel 1955 il riconoscimento di
scuola parificata e legalmente riconosciuta,
favorendo l'arrivo a Piedimonte delle prime
suore Canossiane, lui che era stato Preside
dell'Istituto Magistrale Canossiano di
Cremona.
Compaiono poi i ricordi di tante allieve e
insegnanti e delle presidi, da Madre
Antonietta Marini a Madre Elda Pollonara,
alla quale l'autrice dedica il lavoro, fino
all'ultima, Madre Adriana Sicilia, che ha
presentato il libro insieme a chi scrive
queste poche righe e Rosanna Onorii.
L'Istituto Magistrale, in effetti, ha
rappresentato un momento fondamentale
della storia recente di Piedimonte Matese e
di tutto l'alto Casertano, favorendo in modo
massiccio, per mezzo secolo, l'accesso
all'istruzione superiore per tantissime
ragazze che non avrebbero avuto questa
possibilità, in molti casi,e che hanno
contribuito poi, con la loro opera di
insegnanti alla scolarizzazione di massa
raggiunta negli anni Sessanta e Settanta
anche in un territorio periferico e lontano
dalle rapide trasformazioni verificatesi
nello lo stesso periodo nelle aree
metropolitane più ricce ed industrializzate.
Molte di quelle ragazze animano ancora
oggi la scuola del territorio con la loro
passione per l'insegnamento e la loro
preparazione professionale, acquisita negli
anni del Magistrale e per questo, molte di
loro, hanno risposto all'invito rivolto da
Rosanna Onorii e hanno riabbracciato con
affetto Madre Adriana Sicilia, trascorrendo
insieme un bel pomeriggio a ricordare gli
anni lieti della adolescenza e della
formazione trascorsi insieme, tra i banchi
dell'edificio storico che si affaccia sulla
bella chiesa di San Domenico.
Costantino Leuci Vice Sindaco
e Assessore alla Pubblica Istruzione di Piedimonte Matese
28
La Voce dei TERRITORI VERONA
ella corsa frenetica delle nostre
giornate, si corre il rischio di non
accorgersi di chi ci sta vicino,
di chi ci passa accanto.
Camminavo un mattino per le vie di
Verona, con passo affrettato perché ero
un po’ in ritardo rispetto ai “miei”
programmi. Dovendo sorpassare un
signore che camminava adagio sul
marciapiede, per gentilezza, mi sono
girata verso di lui dicendogli:”Buon
giorno!”. Lui mi guardò e disse:”Perché
voi suore avete sempre fretta?” Ho fatto le
mie scuse e ho ripreso il mio passo.
Quello sguardo e quelle parole però mi
sono risuonate dentro. Ho rivisto le mie
giornate, le nostre giornate, dense di
attività, di impegni, di agitazioni: perché
noi suore abbiamo sempre fretta? Perché
spesso non troviamo il tempo di “stare”
con serenità e gratuità davanti al Signore,
davanti alla sorella, al fratello, in
atteggiamento di ascolto vero, di quanto
desidera comunicare?
Le nostre giornate sono piene di tanto
“fare”, ma come riusciamo a prenderci
cura del “come” fare e “come” stare
dentro le situazioni e i ministeri in modo
significativo e profetico, comunicando
parole di amore, di solidarietà, di
consolazione e di speranza, così che
l’altro, anche attraverso di noi, possa
gustare la bellezza della vita buona del
Vangelo?
Il nostro affannarci per voler arrivare a
tutto può dire poco o niente alla gente, se
non lascia trasparire la centralità del
Signore Gesù nella nostra vita.
Maddalena ci dice: “vi raccomando i miei
amati poveri”, ma aggiunge pure:
“soprattutto fate conoscere Gesù”.
Il povero percepisce, anche se non sempre
lo fa vedere, se andiamo a lui con cuore
libero, amorevole, disinteressato, se nel
nostro servizio di carità ci sta a cuore il suo
bene, la sua promozione vera.
Una persona mi ha detto: “ho incontrato in
treno una suora e, da come parlava, ho
capito che era una canossiana: avete uno
stile particolare che vi caratterizza!”
Sì, c’è uno stile, un carisma che trova le sue
radici in Gesù Crocifisso, espressione del
“più grande Amore” e che va alimentato e
curato costantemente.
Nelle nostre comunità, quest’anno,
sollecitate dal tema del XVI Capitolo
Generale: “ Inspice et fac…. perché il mondo
creda… ” stiamo riflettendo sulle virtù del
Crocifisso: Obbedienza - Umiltà - Povertà,
nel triplice aspetto biblico – antropologico –
carismatico, analizzando come queste virtù
trovano spazio nei “luoghi” della nostra
29
quotidianità, in particolare la sala
mensa, la cappella, il professato.
È una modalità assunta comunitaria -
mente che ci rende attente a rivedere
come lasciamo trasparire le virtù che ci
qualificano, nelle nostre relazioni con il
Signore, con le sorelle e con le persone
che accogliamo in casa o avviciniamo
nei ministeri di carità.
La Fondatrice ci raccomanda
caldamente di “essere unite con il
Signore e tra di noi” poiché “dalla
contemplazione di Gesù Crocifisso,
nasce la testimonianza gioiosa e
profetica.” (lett. M. Generale 26/5/2013)
Abbiamo un’ abbondante ricchezza di
fonti a cui attingere: la Parola di Dio,
della Chiesa, della Fondatrice, la vita
concreta di ogni giorno, le sfide che
vengono dalla società e dalla vita
quotidiana.
La riflessione sulle virtù del Crocifisso ci
rende sempre più consapevoli della
necessità di “stare” dentro il nostro
tempo, le nostre comunità, con le sue
incertezze, paure, fatiche, non con una
visione di morte, bensì con libertà e
apertura di mente e di cuore alla grazia
che Dio ogni giorno ci dona e ci apre
alla speranza. Tommaso ha faticato a
credere in Gesù risorto, ma non si è
allontanato dalla comunità, è rimasto
con gli altri discepoli e, lì, il Signore si è
fatto riconoscere.
Maria, che cercava Gesù tra i morti, ha
scoperto il Risorto quando si è sentita
chiamare per nome.
I due discepoli che hanno lasciato la
comunità per andare verso Emmaus,
scoprono la presenza viva del Risorto “allo
spezzar del pane”.
In cammino verso Emmaus
Nella comunità, nelle situazioni quotidiane, il
Risorto è presente.
E’ vero che siamo una minoranza nella
chiesa, in periferia, ma una minoranza
capace di testimoniare con la vita che Gesù è
Risorto, è il Vivente che cammina con noi e ci
chiede di camminare con lui.
È questa la Pasqua: un cammino tra le
vicende della vita quotidiana, facendo tacere
in noi ogni segno di lutto e di rimpianto per
Aprire gli occhi all’alba nuova che ogni giorno
spunta all’orizzonte e trasforma il nostro
passo stanco in una nuova corsa piena di
gioia e di speranza, per continuare ad
annunciare che Gesù è vivo in mezzo a noi.
Sr. Angelina Garonzi
La Voce dei TERRITORI VERONA
30
La Voce dei TERRITORI VERONA
Stupore e meraviglia coglie chi, nuova
in questa terra scledense, si trova a dover
rispondere a quesiti giunti dagli storici
locali poiché Schio, anche per ‘l’adozione’
di Bakhita come concittadina, nutre verso
l’Istituto un rapporto di familiarità e di
appartenenza.
Si sa con certezza che le Canossiane
giunsero a Schio per stabilirvi una
comunità il 2 luglio 1864; scelsero la sera,
partendo da Venezia nel pomeriggio.
Erano in sei: sor. Maria Chiurlotto come
superiora, sor. Maria Spascian, sor.
Chiara Cargnelli, sor. Luigia Rosada, sor.
Teresa Pollini. Alcune venivano dalla casa
di Verona ed altre da Venezia.
M. Luigia Navoni le accompagnava con
un’altra sorella per non essere sola al
ritorno. Lei, l’erede dei desideri di Chiara
Dalla Piazza, entrata a Santa Lucia (VE)
nel 1836 dopo essersi intrattenuta almeno
dal 1832, come testimoniato
dall’epistolario, in corrispondenza con la
fondatrice.
Nell’ultima lettera di questo carteggio,
scritta alla vigilia di Natale del 1833,
intuiamo la profondità della confidenza
spirituale che la univa a Maddalena.
«Mia cara Chiaretta non abbiamo in
questo modo, altro vero bene che fare la
volontà di Dio… Che vuole ch’io le dica, a
me pare che quando si trovano dei
bisogni spirituali nelle anime dispiace
certamente l’offesa a Dio, ed è pure un
gran conforto quando si può rimediarvi.
Le faccia coraggio [probabilmente a chi
l’aiutava con la scuola di Schio] colla sua
carità, come che sento aver ella già
fatto… Intanto facciamo bene quello che
abbiamo per le mani e cerchiamo in tutto
la divina Gloria e la salvezza delle anime.
Non si stanchi di raccomandarci al
Signore, e faccia pregare anche dalle
fanciulle per le ammalate. Noi non
mancheremo, da miserabili, di pregare
per lei…» (Ep, III/5, L. 2653).
Maddalena aveva preparato a Verona
una maestra per sostituire Chiara nella
scuola da lei avviata ma questa non
riusciva a lasciare Schio ed a Rosa
Dabalà, con confidenza amichevole
aveva chiesto di sollecitare Chiara a
decidersi per il sì o per il no. Gli scritti
successivi di Chiara a Maddalena, come
fa intuire la risposta appena citata, e la
sua entrata un anno dopo la morte di
Maddalena stessa, nel giorno del proprio
compleanno (2 marzo 1836), unitamente
alla sua morte avvenuta dopo solo 20
anni di vita religiosa, testimoniano la
sincerità di una vocazione, che dovette
pazientare per realizzarsi.
«Chiara istruiva ed educava – come dice
il cronista [di Schio, il Dalla Cà] – “con
affetto materno, con l’amabilità delle sue
angeliche maniere, con la carità del suo
benefico cuore”». (Cf. L’Istituto
canossiano a Schio, 1864-1964).
Nel maggio 1832 Maddalena le aveva
scritto che incontrandola a Verona «Le
farei conoscere la figlia, che a me pare
adattata a supplire in sua vece»
(E. Dossi, Ep, III/5, pg. 4137).
31
Dialogo epistolare che ci fa
intravvedere un impegno educativo già
ben avviato nel 1832 anche se mons.
Garbin, in un documento conservato
nell’archivio della casa, ne data l’inizio
ufficiale al 1833.
Si intuisce come il seme, quando
apparve alla luce, era già stato
piantato da tempo e cresciuto nella
casa di Chiara che, come tenera
madre, aveva anche “offerto un asilo
alle fanciulle abbandonate ed orfane,
ch’ella stessa educava angelicamente
nella sua casa”.(cf. riassunto cronaca
della Casa del 1945).
Non solo la scuola, ma anche una
forma di orfanatrofio sembrano
dunque, essere state le opere di
Chiara.
Appartenne, Chiara, a quelle prime
canossiane che dal convento di Santa
Lucia dovettero trasferirsi al Palazzo
Flangini, prima che la fondazione
canossiana fosse trasferita presso la
casa di S. Alvise. Come maestra era
soavissima e come infermiera non si
risparmiava; gracile di salute morì
piegata dalle fatiche come Maddalena
(cf. documenti Archivio Casa
Generalizia provenienti da quello di
S. Alvise).
Nel 1860 m. Francesca Lucca,
superiora a Venezia, aveva collaborato
per la prima spedizione di missionarie
canossiane. Quando M. Luigia Navoni
le succedette nel 1862, portava in
cuore il desiderio di Chiaretta di
fondare una comunità a Schio.
Il 2 luglio 1864, come suaccennato,
guidò la comitiva, pensando di
giungere inosservate per la scarsa luce
delle 21.00, ma non fu così.
Tutti le attendevano e, come in un corteo,
furono accompagnate in quella che era
stata la casa di Chiara Dalla Piazza, già
mancata da quasi otto anni, e tuttora sede
della scuola.
Il giorno successivo all’arrivo, ci fu
l’inaugurazione ufficiale: una funzione
liturgica, un ricevimento ed un discorso
d’occasione pronunciato dal parroco don
Gaetano Greselin, pubblicato 25 anni dopo
da mons. Garbin per testimoniare che gli
elogi e le attese iniziali non erano stati
eccessivi.
A 150 anni da questi eventi, Schio sembra
rivivere lo stupore che suscitano le opere
del Signore.
Nel 1844, a soli ventitrè anni, mons.
Alessandro Garbin (1821-1893), già
distintosi per la sua eccellenza negli studi,
fu incaricato del curriculum e conduzione
scolastica parrocchiale. Una sequenza di
difficoltà aveva privato la scuola della guida
delle due suore dorotee di Vicenza che
l’avevano condotta dal 1838 al 1847.
Ne seguì una rotazione di insegnanti ed una
continuità precaria. Nella cronaca della casa
si legge che “per un po’ di tempo cessò”
ovvero da 4 novembre 1847 ai primi mesi
del 1848 ma mons. Garbin e gli scledensi
“si adoperarono alacremente perché, nel
minor tempo possibile, essa potesse
riprendere la sua provvidenziale missione,e
il suo normale andamento.”
Si era in pieno risorgimento e nonostante le
difficoltà di gestione della scuola, per la
mancanza di una comunità religiosa che
se ne facesse carico, altri sogni presero
forma. Nel 1850 si pose la prima pietra del
Tempio della Sacra Famiglia, chiesa che
doveva diventare il cuore della realtà
educativa e della contrada; questo il sogno
di mons. Garbin, che vide realizzato solo
La Voce dei TERRITORI VERONA
32
La Voce dei TERRITORI VERONA
dal cielo; egli nell’opera versò tutto il suo
patrimonio umano e spirituale tanto che
fu chiamato dalle sorelle benefattore,
direttore e padre.
All’arrivo delle Canossiane, 150 anni fa,
si dette la priorità alla ristrutturazione
degli ambienti per motivi benefici ed il
tempio incompiuto fu chiamato ‘la
rotonda’ fino a che, solo dopo la morte di
monsignor Garbin avvenuta nel 1893, e
per opera del figlio Gioacchino
dell’architetto Bartolomeo Folladore che
l’aveva progettata, ne fu portata a
termine la cupola.
Il primo luglio 1886, la casa Nazareth,
già concepita da Chiara, fu ufficialmente
inaugurata per accogliervi bambine
orfane.
I benefattori furono insigni per
lungimiranza e magnanimità, donne e
uomini di buona volontà videro
nell’Istituto il luogo adatto per realizzare
i sogni della carità cristiana. Non
mancarono anche i tesori della devozione
spirituale che contribuirono a portare a
compimento l’opera di Dio.
E qui un’altra storia si intreccia con
quella di Chiara Della Piazza e
dell’Istituto a Schio. Bakhita (1869-
1947), non era ancora nata quando le
Canossiane vi giunsero nel 1864. Ella
arrivò in questa comunità educativa nel
1902.
Il tempio della Sacra
Famiglia, dopo i lavori
sospesi per oltre 35 anni,
poi ripresi nel 1899. fu
solennemente benedetto
il 13 ottobre del 1901, in
tempo per accogliere
Bakhita che qui visse per
quarantaquattro anni.
Se all’arrivo delle prime sorelle Chiara fu
benedetta quale “fondatrice di questa Pia
scuola femminile” (Lettera di m. Navoni del
20 luglio 1864), oggi a Bakhita è
riconosciuta la grazia della sua continuità.
Di fatto, gli scledensi, nella presente
scarsità di vocazioni religiose, di chiusura
di case e scuole, sono grati anche a
Bakhita, consapevoli che è lei ora a
conservare la presenza canossiana nella
città di Schio, sua casa adottiva.
Lo scorso 07 ottobre 2013, nel teatro
Canossa, alla presenza delle autorità locali,
di mons. Lodovico Furian, ex parroco della
parrocchia San Pietro in cui risiede
l’Istituto ed ora vicario del Vescovo di
Vicenza Beniamino Pizziol che
rappresentava, del parroco mons. Bruno
Stenco, del rappresentante del Sindaco,
della madre Provinciale Marilena Pagiato,
nonostante una pioggia fittissima, genitori,
ex alunni, e sorelle che qui vissero,
33
riempirono la sala per aprire il 150°
Anniversario della fondazione con una
memoria riconoscente per le opere che il
Signore della storia qui ha compiuto.
Anche nell’emergenza di periodi bellici
come quando la casa fu adibita ad
ospedale militare (1915-1919), l’ardore
della carità ha fatto sopravvivere quella
«coltura del cuore»
che le prime benefattrici reclamarono
anche per le loro figlie, dicendo a m.
Navoni, determinata ad accogliere le più
bisognose, che anche le fanciulle agiate
hanno «diritto alla coltura del cuore»!
Così Schio ha sintetizzato fin dall’inizio il
carisma dell’Istituto tanto che lo stemma
storico che si trova all’entrata della casa,
tra i nomi di illustri benefattori presenta un
libro chiuso sormontato da un cuore
‘acceso’ incoronato dalla scritta “Quid vis
amplius? [Ora cosa vuoi di più?]”
Due fiori, uno in boccio e l’altro
completamente aperto, sovrastano il
cartiglio marmoreo che presenta sia il libro
cartiglio marmoreo che il cuore, per
spiegare che è la “coltura del cuore” a
generare questo fiorire.
Questo motto di Orazio, usato anche da s.
Agostino, scelto per descrivere il carisma
educativo canossiano trasmette stupore,
meraviglia e riconoscenza al Signore per i
tanti frutti della carità qui maturati:
oratorio, associazioni e attività
giovanili e culturali, educandato,
orfanatrofio, scuole dell’infanzia,
primarie e secondarie, formazione
professionale oggi nella forma dei
corsi ENAC.
Come canossiane pensiamo che Maddalena
chiamava le scuole per le maestre
‘seminari’, ovvero luoghi di semina, ed alla
madre maestra chiedeva di piantare bene il
“Crocefisso nel cuore”.
Forse a qualcuna di noi sovviene anche una
melodia: “Il Signore ha messo un seme
nella terra del mio giardino, all’inizio del
mio mattino, ma il tempo del germoglio lo
conosce il mio Signore…” Sì, anche il
Crocefisso piantato nel cuore è un seme i
cui frutti solo il Signore conosce e la cui
crescita giunge al cielo.
Bakhita ce lo insegna, lei che seppe
suscitare tante vocazioni alla missione, ed
a Schio ancor oggi, mentre giubiliamo per
la sapienza che Dio ci rivela nella storia,
chiediamo al “Signore del raccolto” di farci
crescere nella sapienza del cuore per
essere profezia di nuova vita e speranza.
Sr. Maria Carla Frison
La Voce dei TERRITORI VERONA
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La Voce dei TERRITORI VERONA
Il 4 maggio, terza domenica di pasqua, c’era aria di festa in Casa Madre. Tredici sorelle,
con tanta riconoscenza a Dio, si sono ritrovate insieme per ricordare 60 – 50 – 25 anni
di consacrazione. È stato veramente un momento forte di emozione e di gioia ritrovarsi
dopo lungo tempo e condividere insieme quanto il Signore ha operato in ciascuna e
come le ha condotte lungo il cammino con la sua paterna amorevolezza, per vie inedite
e spesso sorprendenti.
Sul volto di ogni sorella si leggeva la gioia dell’incontro, la gratitudine a Dio per il dono
della vocazione e la sorpresa di come il Signore
le ha condotte lungo gli anni verso una sempre
più consapevole fedeltà al suo amore.
La celebrazione della giornata à stata ritmata dal
racconto dei due discepoli di Emmaus, che ha
spinto le sorelle a rileggere la propria vita alla
luce di questa Parola presa dalla liturgia del
giorno:
“si misero in cammino…. ardeva il loro cuore
…ascoltando la Parola … lo riconobbero allo
spezzar del pane”.
Anche le nostre sorelle un giorno si misero in cammino, attratte da una Parola che
sempre più ha acceso il loro cuore verso il Signore che le chiamava a “stare” con Lui, in
ascolto, per andare ai fratelli a “raccontare” il suo Amore.
Nel loro incontro, con Madre Annalisa, hanno condiviso quella “parola” che ha illuminato
la loro strada lungo il cammino. Dal loro racconto, permeato da un profondo senso di
gratitudine a Dio è emersa la ricchezza di un vissuto, segno della presenza dello Spirito
che crea sempre nuove sfumature di percorsi inediti verso la santità. Veramente, come
canta Giosy Cento, non ci dobbiamo mai fermare perché il Signore è sempre inedito a
qualsiasi età.
Quella “PAROLA” che ha vibrato in loro all’inizio, le ha condotte lungo il cammino e,
strada facendo, ha aperto gli occhi, la mente e il cuore verso “l’Amore più Grande”. Un
cammino che, vissuto nel presente, si proietta nella vita che continua, come ha bene
espresso una delle sorelle, la più giovane:
“Una cosa al Signore ho chiesto....abitare nella casa del Signore per contemplare la Bellezza del suo Amore e narrare le sue meraviglie..” Questa parola ha aperto una breccia e come un faro ha illuminato la mia via…..la casa di Dio: porta sempre aperta; così vorrei fosse ancora la mia vita di ogni giorno per custodire le meraviglie del Signore e poterle narrare con gesti e parole che nascono dall’intima comunione con Lui e si modellano sull’esempio delle mie care compagne Maddalena, Bakhita e tante altre sorelle che prima di me hanno abitato l’amore del Signore”.
35
La solenne Eucaristia, animata dalle sorelle di Casa
Madre, è stata celebrata dal Vescovo, Monsignor
Agostino Marchetto, fratello di Sr. Lina, che insieme
hanno ricordato il 50° anniversario di ordinazione e di
consacrazione.
Al termine della S. Messa, le sorelle festeggiate sono
salite nella Cella della Santa Fondatrice, dove Madre
Annalisa ha rivolto loro la parola di S. Maddalena che
si conclude con l’augurio:
“La carità sia la vostra unica ricchezza, il bene
irrinunciabile della vostra vita, il dono da offrire con cura e tenerezza di madre
ai fratelli e sorelle che il Signore vi fa incontrare”.
Con il canto a Maddalena, tutte si sono avviate
verso la sala della Samaritana, ex refettorio delle
Madri, per condividere il pranzo in gioiosa
fraternità, animato da canti, messaggi augurali e
power point opportunamente preparati.
Un grazie a Madre Annalisa e alle Madri della
comunità di Casa Madre che hanno
generosamente preparato e collaborato nei
minimi particolari per rendere la giornata un
gioioso, corale e fraterno rendimento di grazie e
di gratitudine a Dio .
Maddalena certamente ha gioito per queste sue figlie. A lei chiediamo di custodirle nella
fedeltà al carisma del più Grande Amore, per essere sempre “testimoni gioiose e
profetiche… perché il mondo creda”.
Sr . Angelina Garonzi
La Voce dei TERRITORI VERONA
36
La Voce dei TERRITORI MILANO
E’ sempre così!!! Quando aspettiamo qualcuno che amiamo o da cui ci sentiamo amati e
magari, questa attesa cade in un momento favorevole di grande vigilia, pregustiamo la
gioia dell’incontro e apriamo le finestre al bello e al simpatico!
Questo angolo del “bambino semplice” che è rimasto dentro di noi ci rende capaci di
entusiasmo e fa bene al cuore. Ed è avvenuto proprio così :
M. Natalina, la nostra Madre Territoriale,
è arrivata tra noi il 16 aprile e la
comunità ha gioito della sua presenza.
Come è sua generosa abitudine, ci ha
offerto la sua saggia e chiara parola, ci
ha donato un prezioso ricordo che aveva
tutto il sapore pasquale e insieme
abbiamo condiviso un dolce...rinfresco.
La comune conversazione ha avuto per argomento “le cose di lassù”: abbiamo espresso le
nostre modalità di ricerca per le cose che stanno in alto, nel cuore di Dio e sono riservate
a coloro che sanno amare.
Al termine di questo incontro fraterno Madre Natalina ci ha consegnato una preghiera
molto geniale che ci può aiutare attraverso le beatitudini a vedere con occhi di profezia
che ogni giorno va vissuto con lo spirito della risurrezione.
Le Madri della Rocchetta
37
Beato chi sa guardare gli altri con gli occhi di un
amico e accoglie ogni persona senza pregiudizi di
cultura, di religione o di razza.
Beato chi si impegna a vivere in armonia con i
familiari, i vicini, i colleghi, gli estranei, superando
le inevitabili difficoltà delle relazioni umane.
Beato chi non coltiva rancori, non dà peso a parole
e gesti sgraditi e non costringe gli altri a vivere
secondo le sue abitudini.
Beato chi comunica con rispetto e con dolcezza,ascoltando
le ragioni espresse dagli altri, soprattutto quelle dei più
deboli.
Beato chi è benevolo con se stesso e convive serenamente
con i propri limiti e non si meraviglia di quelli che nota
attorno a sé.
Beato chi sa far leva sempre sul bene per costruire un
mondo più sereno e positivo, in cui ciascuno possa sentirsi
a proprio agio.
Beato chi sa cogliere il valore delle differenze che caratterizzano ogni uomo e ogni donna,
perché esse manifestano il nome con il quale Dio chiama ciascuno di noi.
Beato chi coltiva in cuore il sogno che, lasciando emergere i colori delle nostre differenze,
vedremo apparire in cielo un grande arcobaleno, segno di fraternità e di pace che vestirà di
luce e di colori il mondo intero.
La Voce dei TERRITORI MILANO
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“Una telefonata inaspettata ha dato il via
ad un’esperienza singolare, assai formativa
soprattutto per i giovani. Un’insegnante di
Religione del liceo mi ha raggiunto
chiedendomi di poterci incontrare per
programmare insieme alcuni incontri di
animazione da promuovere con i ragazzi
della seconda classe superiore a vantaggio
delle nostre anziane ospiti. Per quattro
settimane consecutive gruppetti di 7 o 8
ragazzi e ragazze si sono alternati per
vivere insieme alle signore anziane un
pomeriggio di festa, all’insegna del canto,
della danza e del dialogo fraterno e
cordiale. La musica e il canto hanno subito
catalizzato tutti: giovani e anziani e
l’amicizia è nata spontanea e gioiosa.”
Sr. Milena Regazzoni
Ecco la testimonianza di una giovane:
“ Quando, su suggerimento della
professoressa Pesenti, nostra insegnante di
religione, abbiamo deciso di partecipare ad
un concorso sulla speranza, indetto dal
centro missionario di Bergamo, non
avremmo mai potuto pensare che
un’esperienza così semplice, avrebbe
potuto arricchirci così nel profondo.
“Sono le cose semplici a lasciare il segno”
E’ proprio vero, e noi abbiamo potuto
provarlo sulla nostra pelle, pochi mesi fa, a
pochi metri dalla nostra scuola.
Inizialmente avevamo pensato di portare
come esempio di speranza degli
avvenimenti globali, di cui noi tutti siamo a
conoscenza come ad esempio la volontà di
andare avanti nonostante la povertà, la crisi
e tutti i disagi sociali. Poi però la prof.
ci ha indirizzato verso qualcosa di molto
vicino a noi, qualcosa di cui forse,
proprio perché è così vicino, proprio
perché ci conviviamo ogni giorno, non ce
ne rendiamo nemmeno conto, qualcosa
che si chiama solitudine, e che persone
come i nostri anziani vivono sulla loro
pelle.
Così abbiamo deciso che sarebbero state
proprio loro le persone a cui avremmo
portato, nel senso concreto della parola,
un po’ di speranza. Ci siamo organizzati,
ognuno ha dato il meglio di sé, abbiamo
formato una squadra, una vera squadra,
ci siamo sentiti parte di un gruppo, in cui
ognuno era indispensabile.
Nei giorni di preparazione c’era chi si
dilettava in canti popolari, chi esprimeva
tutta la sua creatività in fantastici
lavoretti, chi preparava trucchi di magia
e chi disegnava.
Quello è stato il momento in cui tutti
stavamo lavorando per un obiettivo
comune, un momento che ci ha
veramente unito, un momento in cui ci
siamo sentiti una vera classe.
Finalmente dopo ore e ore di duro
lavoro, abbiamo potuto finalmente
portare il nostro lavoro e tutta la nostra
voglia di fare a quelle anziane della casa
di riposo delle suore canossiane di città
alta, che ci avrebbero ospitato per i
successivi quattro giovedì.
“C’è più gioia nel dare che nel ricevere”
La Voce dei TERRITORI MILANO
L’esperienza alla Casa di Riposo delle Suore Canossiane, Via Sudorno, Bergamo
39
I pomeriggi in loro compagnia sono stati
veramente indimenticabili,indimenticabili
come i loro sorrisi, le loro voci, che,
squillanti più che mai, ci hanno
accompagnato in canti della loro giovinezza;
indimenticabili le loro storie, storie senza
tempo, storie di amori, di amicizie, di gioie,
che loro hanno condiviso con noi con molto
piacere.
In quei pomeriggi ci siamo divertiti
tantissimo, perché ci siamo sentiti accolti
calorosamente, ci siamo sentiti a casa, forse
all’inizio eravamo un po’ titubanti,
ma sono bastate poche canzoni e qualche
ballo a cancellare quella linea sottile che
divideva le nostre generazioni.
E’ stato come se le nostre età si
annullassero, in quel momento ci
siamo sentiti molto vicini, e ciò che ci
legava erano i nostri sentimenti.
“Grazie”
Rimarrà sempre impressa a caratteri
cubitali nel mio cuore ciò che una delle
suore, sorridendo ci ha detto,
salutandoci dopo il nostro ultimo
incontro:“Sapete, loro non aspettavano
altro che il giovedì, per potervi
rivedere”. Queste parole mi hanno
veramente colpito, in quel momento
ho capito quanto di bello la nostra
classe aveva fatto, cosa avevamo
portato a quelle anziane, avevamo
portato loro la speranza.
Speranza, perché sappiano che non
sono sole, speranza, perché possano
continuare a vivere intensamente e
con allegria, speranza, perché alla fine,
non sono loro che devono ringraziare
noi, ma noi loro, perché ci hanno fatto
capire che le generazioni a volte
possono essere ad un soffio di
distanza.”
Sara Gatti (2 liceo Sarpi)
Bergamo città Alta
La Voce dei TERRITORI MILANO
40
Oggi, festa di santa
Maddalena, c’è fermento
nella nostra comunità;
nel pomeriggio ci sarà
la messa nel nostro
cortile e stasera ci
saranno i giovani che
incominciano il loro
cammino di formazione
per il grest. C’è tutto da preparare.
Alle tre e mezza alcune signore
cominciano ad arrivare, poi piano piano il
cortile si riempie, alle 16 si comincia il
rosario e alle 16,30 don Emmanuele, il
nostro giovane curato, arriva per
celebrare l’Eucaristia assistito dal parroco,
don Bruno.
La gente continua ad arrivare ed io che
sono qui per il primo anno ho modo di
constatare come la popolazione vuole
bene alle madri e a S. Maddalena.
Nell’omelia il don, con il suo entusiasmo
giovanile, parla della vita di S. Maddalena,
del suo guardare al Crocifisso come modo
di amare, parla della contemplazione
nell’azione e della sua attenzione alle
povertà, “proprio come farebbe un
canossiano ”dice qualcuna”, grazie
“donmanu” .
Segue un momento di fraternità, nel quale
la gente esprime alle madri la
riconoscenza per la loro presenza.
Ora c’è da preparare il secondo momento,
allestire l’ambiente per la serata.
Si comincerà con una pizza condivisa
insieme e poi interverranno le sorelle che
animeranno l’incontro.
Arrivano sorella Daniela D’Alessandro e
sorella Luisa Silini, in seguito arriverà sor
Antonella Rocca da Pavia con Alessandra e
Sara, due giovani del VOICA .
Nostro obiettivo è fare conoscere ai nostri
animatori Santa Maddalena e le nostre
attività, e far loro incontrare alcune
sorelle giovani. I giovani e gli adolescenti,
vengono numerosi, non si sa più dove
metterli.
Dopo un breve momento di preghiera e di
presentazione degli obiettivi da raggiungere,
animato da don Emmanuele, interviene
sorella Daniela con alcune immagini che
illustrano la vita di Santa Maddalena.
A sorella Luisa avevamo chiesto di parlare
della sua vocazione e, anche se con un po’ di
trepidazione, lo ha fatto molto bene,
attirando l’attenzione dei ragazzi e aiutandoli
a riflettere.
Parte con un video di Jovanotti il quale
racconta la sua vita, parla poi della sua scelta
vocazionale. Grazie Luisa.
Alla fine interviene sorella Antonella che
illustra alcune iniziative estive con i giovani
in Albania.
Alessandra ci racconta del suo rispondere al
“Vieni e seguimi” di Gesù andando con il
Voica ,in Africa, durante l’estate, nelle
missioni canossiane.
Sara ci parla della sua esperienza in Albania
con le madri.
E’ stata veramente una bella giornata in tutti
i sensi.
Insieme ringraziamo il Signore per questi
giovani e adolescenti che desiderano
spendersi per il bene, per gli educatori che
hanno organizzato e servito, e, soprattutto,
grazie a voi sorelle per il vostro contributo
alla buona riuscita di questa iniziativa; so che
vi è costata sacrificio, ciò nonostante, siete
venute contente di spendervi per il Regno.
Santa Maddalena, guardandoci, penso, ne
fosse compiaciuta.
Ci guidi lei e ci insegni a far conoscere e
amare Gesù in questo nostro tempo e a
questi nostri giovani-adolescenti.
Madre Teresa e le madri di Offanengo
La Voce dei TERRITORI BRESCIA
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La Voce dei TERRITORI PADOVA
…. Spesso capita di viaggiare sui treni dei pendolari, dove si vede scorrere lo
scritto illuminato “ treno ad alta frequentazione”…..
Anche nelle nostre case …. ci sono armadi, cassetti, ripostigli … ad alta
frequentazione : c’è chi toglie, c’è chi mette; c’è chi non usa e aggiunge, …. ma poi
nessuno toglie, e questi luoghi diventano mercatini dell’usato, con ordine sparso … e
rari compratori…
E così, ogni tanto, si fa visita…. a tanta ricchezza.
In una di queste occasioni, un cassetto ha messo in mostra
le sue meraviglie: tra queste una scatola di latta,
un po’ arrugginita, nata un tempo per contenere
i “baicoli veneziani”. Sorpresa: era la casa di mille
fili colorati di seta: …. una meraviglia!
Senza dubbio l’ha lasciata in eredità qualche sorella che di ricamo ben se ne
intendeva Che farne? Le mani sanno meglio usare la scopa, ma ben poco l’ago e il
filo per ricamare.
Ho chiuso il coperchio…., ma quei fili colorati sono rimasti impressi negli occhi e
anche nel cuore.
Come usarli…. in modo diverso?
Riflettendo ho pensato che ben si addicono ad un “ricamo” per la Quaresima.
L’itinerario quaresimale incoraggiato dalla Madre Provinciale, soprattutto “nel
rivedere le nostre relazioni fraterne in Comunità”, mi aiuta ad iniziare l’opera, ….
almeno come grande desiderio.
…….Userò il filo rosso per saldare qualche relazione, qualche strappo alla bellezza
della carità.
Con il delicato azzurro mi sforzerò di ricamare il cielo, quello che si assapora quando
si è ilari, quando si dà alle cose il peso che meritano,… e si tira avanti.
Il giallo brillante lo userei per ricamare il sole, quello che riscalda il nostro zelo, che
sa vincere le stanchezze interiori, quello che sa illuminare e scaldare anche il cuore
degli altri.
Con il verde darei un volto alla speranza. Se “la speranza viene a noi vestita di
stracci perché le confezioniamo un abito da festa” (Ricoeur), allora quel filo verde
avrà il compito di cucire non un semplice abito, ma un grande mantello da festa,
capace di avvolgere l’intera comunità.
Così coperte di speranza avremo la forza di vivere insieme l’itinerario quaresimale,
là dove si è….
con la percentuale suggerita da Etty Hillesum: “E, la dove si è, esserci al cento per
cento”.
Sr. Giulia Gallocchio
42
La Voce dei TERRITORI CATANIA
San Giovanni Galermo. Un quartiere ai piedi dell’Etna sembra portare con sé una “mala
sorte”, negli ultimi 40 anni. Sempre più diviso dal cemento: edilizia popolare e residenziale.
Blocchi che si colorano creativamente e blocchi che restano sempre uguali: grigio freddo,
come l’identità dei padri. Realtà così vicine ma tanto lontane.
Nulla sembra cambiare. I figli prendono strade diverse anche quando vanno a scuola e al
catechismo. Un’educazione scelta, per alcuni, un’educazione coatta per altri, molto vicini
agli “scarti umani”. Non è così, in realtà, ma il pregiudizio è ormai radicato. Non siamo tutti
uguali. I bambini lo sentono e stanno male; gli adolescenti non lo accettano e si ribellano; i
giovani tirano le somme e prendono strade diverse: l’università, il lavoro, la strada, il
carcere.
Gli adulti? Si ritirano nel loro mondo, quasi rassegnati ed impotenti. Non è così, per tutti. Il
coraggio della fede torna a farsi sentire, nel nostro quartiere, grazie ad una manciata di
donne e di uomini che credono ancora in un domani migliore, a partire dall’educazione,
nella scuola.
L’intuizione. Risorse culturali “a riposo” possono essere messe a disposizione dei bambini
nati e cresciuti nel “grigiore”. I bambini che vanno male a scuola, perché nessuno li aiuta a
leggere e scrivere, ad acquisire un metodo di studio, ad avere fiducia in se stessi, a sentirsi
al centro dell’attenzione e della cura educativa.
Come? A partire dall’aiuto di insegnanti, docenti,
professionisti in pensione, con la collaborazione
dei giovani, che operano in gratuità e con la
passione educativa di chi ha il cuore grande, in
pace, disponibile a spendersi per gli altri.
Tutto questo, per favorire una maggiore giustizia
sociale e rendere presente la forza liberante del
Vangelo. Gesù Cristo, oggi, si schiererebbe dalla
parte dei bambini più volte bocciati, nel nostro
quartiere popolare.
E Maddalena ci metterebbe l’anima per dare dignità a chi è perdente, in partenza. Pensieri
condivisi, da tempo, a casa Canossa, in via Auriga 16. Sorelle e Laici Canossiani hanno a
lungo pregato e fatto discernimento per capire come scendere in campo, oltre l’educativo
informale già presente a Balatelle.
43
La Voce dei TERRITORI CATANIA
Porte aperte, nella scuola del quartiere.
Sognavamo il “dopo scuola”, per affiancare i
ragazzi, ma il Signore ci ha offerto “la cattedra
dei poveri” in dialogo ed in contemporanea con
quella del “professore curriculare”. Alunni in
difficoltà, intelligenti ma irrequieti; alunni non
integrati nella classe, per le gravi lacune
accumulate nella Scuola Primaria; alunni
disturbati emotivamente, perché cresciuti troppo
in fretta, sulla strada della vita. Questi i ragazzi
della Quasimodo, la scuola media del Quartiere,
che possono accedere ad un percorso tutoriale di alto livello, sia professionale che
umano. Ben presto ne se accorgono, e lasciano il sospetto di essere considerati ancora
una volta “i diversi”, quelli delle case popolari. Incominciano a sentirsi trattati bene,
come persone: considerati e stimati, valorizzati e sostenuti, al centro dell’ attenzione
dell’adulto buono e competente, che ti vuole bene gratuitamente.
Ecco il segreto del cambiamento: sperimentarsi
amati personalmente e gratuitamente. Gli
insegnanti, inizialmente accolti con sospetto,
ottengono simpatia e fiducia da parte dei
ragazzi. Volti meravigliati e sorridenti.
Sperimentano, forse per la prima volta, la gioia
di andare a scuola: il miracolo più grande! Il
professore non è seduto in cattedra. Si fa
prossimo. Per questo lo chiamano professor
“Aiuto” e professoressa “Soccorso”. Un modo
simpatico, coniato dai ragazzi, per dire che
qualcosa sta cambiando, nella loro vita. Ed anche nella nostra.
Raccontare il bene. Quando tutto sembra andare alla deriva e il degrado culturale dire
l’ultima parola, è necessario raccontare il bene, tutto il bene possibile, il bene suscitato
dallo Spirito nel cuore umano per riaccendere la speranza in una società migliore. Ora lo
sappiamo per esperienza e ve lo comunichiamo con gioia: i “pensionati” sono una
risorsa preziosa, anche fuori casa. Insieme ai giovani, sono una vera potenza.
Valorizzare il loro tempo e la loro passione educativa significa raccogliere una buona
eredità per i figli che non possono contare sulla risorsa dei padri. Il Dirigente Scolastico
l’ha capito e si è giocato la sua carta migliore. Il “contratto di prestazione d’opera
intellettuale per attività e insegnamenti facoltativi e integrati” porta la sua firma ed il
consenso del Collegio dei Docenti. Il 24 gennaio 2014, resterà una data memorabile. La
data del bene possibile, grazie al carisma di Maddalena che vibra nel cuore di molti,
anche al Sud.
Brigida, Giovanni, Marta, Emanuele, Pietro, Alessandra, Tiziana, sr Santina – Caterina – Mariuccia
insieme a tutti i Laici Canossiani
44
La Voce dei TERRITORI CATANIA
Ritornare alla Quasimodo, dopo 20 anni, è
stato emotivamente un po’ triste!
Ho trovato una scuola molto cambiata
rispetto a quando la frequentavo, da
alunna.
Si è ridotto notevolmente il numero degli
studenti e, fra gli iscritti, una buona parte
o non ha voglia di far nulla o viene da
situazioni familiari difficili, dove la scuola
come Istituzione non ha alcuna
importanza. Non so se sono troppo
ottimista, ma sono convinta che con
questo progetto riusciremo ad ottenere
ottimi risultati ed anche a dare “più
credito” alla stessa scuola.
I professori, contenti, ci ringraziano
sempre per ciò che facciamo; per loro
siamo una grande risorsa, un grande
aiuto, perché in ogni classe ci sono “casi
difficili” da gestire e con la nostra
presenza possono lavorare più
serenamente.
Anche gli alunni sono contenti, perché ci
occupiamo di loro, intercettiamo la loro
svogliatezza e cerchiamo di aiutarli a
sperimentare che ce la possono fare.
Questi, gli “ultimi” della classe, con noi
diventano i “protagonisti”. Proprio loro, ci
chiedono di fare gli esercizi alla lavagna e di
esercitarsi più volte, per migliorare.
Grazie al nostro sostegno, sono riusciti a fare il
compito in classe e a prendere addirittura un
bel voto.
A distanza di anni posso dire che si sta
realizzando il mio “sogno nel cassetto”:
insegnare matematica. Non so se mai potrò
farlo per professione, ma è già una grande
soddisfazione poterlo fare come volontariato!
Alessandra Napoli
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10 maggio 2014, ore 5,30 del mattino, in
ottanta partiamo da Potenza: bambini
dell’Istituto Canossiano con genitori e
insegnanti e con un carico di entusiasmo
che ci spinge ad andare da Papa
Francesco. Da subito abbiamo accettato il
suo invito a r accoglierci numerosi in
Piazza e testimoniare la validità della
scuola, dell’educazione nella vita dei nostri
figli. E i indicarci la sua posizione. Ed
eccolo arrivare dalla nostra parte, il cuore
batte forte, i bambini lo acclamano
agitando le loro manine e il suo sguardo
incrocia il nostro, eloquente come mai.
Siamo contenti, felici, sappiamo di aver
comunicato con lui e la festa continua.
nfatti siamo proprio numerosi, oltre
300.000 persone, una folla
inimmaginabile, esultante al ritmo della
festa che nel pomeriggio si accende in
Piazza. Una festa che vede tutti insieme,
vicini anche se geograficamente lontani.
Chiediamo a quelli che ci sono affianco:
“da dove venite?”,- “da Vercelli, da
Siracusa, da Bologna, da Catania…..”.
Tutta Italia è lì a testimoniare il compito
che la scuola ha, quella scuola ormai così
bistrattata, criticata, svuotata del suo
intenso valore.
Eppure oggi siamo in tanti,
genitori, insegna nti, bambini, adolescenti.
Abbiamo voglia di lui, di Papa Francesco,
di sentirci vicini a lui e alle sue parole dolci
e taglienti, semplici e penetranti. Il ritmo
della festa aumenta. Papa Francesco è
arrivato, non lo vediamo subito, ma è
l’oscillare della folla e il suo grido di gioia a
indicarci la sua posizione. Ed eccolo
arrivare dalla nostra parte, il cuore batte
forte, i bambini lo acclamano agitando le
loro manine e il suo sguardo incrocia il
nostro, eloquente come mai. Siamo
contenti, felici, sappiamo di aver
comunicato con lui e la festa continua.
Ancora una volta il Papa comunicatore ha
raggiunto il suo obiettivo: ci ha invitati per
farci capire quanto importante sia
socializzare, proprio come a scuola. E’ lui a
dirlo:
”A scuola noi incontriamo persone diverse
da noi, diverse per età, per cultura, per
origine, per capacità. La scuola è la prima
società che integra la famiglia. La scuola ci
educa al vero, al bene e al bello. La vera
educazione ci fa amare la vita, e ci apre
alla pienezza della vita!
Ma Papa Francesco ci esorta anche a non
avere timore delle sconfitte perché, ci dice,
”è sempre più bella una sconfitta pulita che
una vittoria sporca”.
11 maggio 2014, ore 4 del mattino,
rientriamo a Potenza dopo circa 24 ore,
stanchi ma contenti, pronti ad offrire ai
nostri figli quell’energia che Papa
Francesco ci ha dato e a continuare il
nostro cammino di vita. Ognuno di noi
riporta nel suo cuore quello sguardo,
incrociato per pochi attimi, intenso,
profondo, più eloquente di qualsiasi
discorso mai ascoltato, lo sguardo di un
padre, di un fratello, di un amico pronto a
condividere i nostri tormenti. Nella mente
mi ritornano le parole di una madre al
proprio figlio, mentre camminavamo nel
fiume di gente: “Figlio mio, ricordati che
oggi potresti aver incontrato un Santo!”
Maria Gerardi
Parliamo di
10 maggio 2014
46
Il 12 maggio scorso è stato presentato a
Palermo il LESSICO STURZIANO, un volume
di ben 1.096 pagine scritto da 90 esperti del
pensiero teologico, filosofico, economico e
politico di don Luigi Sturzo, che trascorse gli
ultimi 13 anni della sua lunga vita (1871-
1959) presso il Convento delle Suore
Canossiane in Via don Orione a Roma.
Nel presentare il libro (edito da Rubbettino),
il Card. Paolo Romeo ha fra l’altro detto:
“Don Sturzo fu, soprattutto e innanzitutto,
sacerdote nel senso proprio del termine,
ossia uomo di Dio. Egli rimase fedele e
ubbidiente alla Chiesa anche nei momenti
più difficili della sua vita, quando egli,
antifascista, dovette bruscamente
interrompere l’azione politica, da lui
abbracciata come missione e come servizio
in favore del prossimo, e fu costretto a
recarsi in esilio all’estero. Accettò il martirio
della lontananza dalla Patria, dalla famiglia
e dagli amici. E affrontò le sofferenze morali
e le privazioni economiche rifugiandosi
nella preghiera e nello studio. Quando
e dove egli potè, si prodigò per aiutare
altri esuli senza guardare il loro
distintivo politico. La figura sacerdotale
di don Sturzo si staglia netta nello
splendore della sua profonda Fede in
Dio e nell’umiltà del costante servizio
alla collettività per la realizzazione del
bene comune, tanto che la Santa Sede
il 3 maggio 2002 ha accettato la ben
documentata richiesta di
canonizzazione dando inizio al relativo
processo”.
Posso testimoniare – essendo il
promotore di tale processo – che il
Postulatore della Causa, Mons. Luigi
Giuliani, trovò la “chiave di volta”,
ossia la validità della stessa, in una
commovente testimonianza di una
Suora Canossiana ultranovantenne,
che negli anni 50, partecipava spesso
alla Santa Messa celebrata da don
Sturzo e talvolta lo assisteva nel corso
dei suoi sobri pasti.
Ebbene una sera il sacerdote di
Caltagirone le confidò il suo vero
obiettivo nel dedicare tanto tempo alla
vita politica: “Ho cercato di
cristianizzare il mondo politico ed
economico italiano, di portare Dio in un
mondo, che non potrà mai produrre
buoni risultati per il popolo se non vive
e opera alla luce dei valori cristiani e
della dottrina sociale della Chiesa.
Quando all’inizio del secolo ricevevo
complimenti per la mia gestione
Parliamo di
47
amministrativa di Caltagirone come pro-
sindaco, rispondevo sempre: non è farina
del mio sacco, devo tutto al Vangelo e
alla Rerum Novarum di Leone XIII”.
Mons. Giuliani fu molto colpito da questa
preziosa testimonianza (una delle prime
da lui raccolte) e impostò le fondamenta
della Causa su questo generoso e nobile
obiettivo del Servo di Dio. Negli anni
successivi furono poi raccolte più di 100
testimonianze “de visu” o “de auditu” in
Italia e anche in Francia, Inghilterra e
Stati Uniti, paesi che ospitarono il
sacerdote siciliano nel corso dei suoi 22
anni di esilio.
Furono anni di studio e di riflessione,
anni provvidenziali perché gli
consentirono di scrivere molti libri di
natura religiosa e politica che fanno parte
della sua preziosa Opera Omnia, ancora
oggi oggetto di analisi e di proposte,
come si vede dalla recente pubblicazione
del LESSICO STURZIANO.
Il Card. Romeo ha concluso così il
discorso di presentazione del libro: “Oggi
la voce di quella coscienza critica,
assieme alle verità di un grande
insegnamento, riecheggia tramite tutta
una serie di scritti, in cui denunce,
problemi e soluzioni rimangono di una
impressionante attualità. Voglia il Cielo
che il LESSICO STURZIANO sia un
proficuo canale di trasmissione e di
propagazione delle sue idee,
indispensabile linfa, in questi nostri
tempi, per un rinnovamento morale e per
un rinascimento popolare alla luce degli
intramontabili principi cristiani”.
La fase diocesana della Causa – iniziata con
le prime fondamentali testimonianze di un
piccolo gruppo di suore canossiane, che
ebbero la fortuna di vivere sotto lo stesso
tetto in cui fu ospitato per 13 anni il Servo
di Dio – è ora prossima alla conclusione.
Entro l’anno l’enorme documentazione
raccolta verrà trasmessa alla Congregazione
per le Cause dei Santi presieduta dal Card.
Angelo Amato, il quale, nell’omelia di
chiusura dell’Anno Sturziano celebrato a
Caltagirone nel settembre del 2010, ebbe a
dire: “Il patrimonio socio-politico di don
Sturzo è interamente cristiano, frutto del
suo animo sacerdotale e della sua ansia
apostolica. La sua proposta non è la
creazione di una nuova ideologia, effimera
come le foglie morte in autunno. Egli
propone invece un cristianesimo evangelico
fatto di carità che unisce la terra al cielo e
gli esseri umani fra loro, in un vincolo
saldamente sorretto dalla grazia divina”.
Significativo un passo del suo testamento
spirituale: “Riconosco le difficoltà di
mantenere intatta da passioni umane la vita
sacerdotale e Dio sa quanto mi sono state
amare le esperienze pratiche di 60 anni di
tale vita; ma ho offerto a Dio e tutto
indirizzato alla sua gloria, cercando di
adempiere al servizio della verità”.
Non sorprende che il Card. Amato abbia
definito il Servo di Dio e uomo di Dio don
Luigi Sturzo come “un sacerdote esemplare
avviato agli onori degli altari”.
Giovanni Palladino Già Presidente
Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo
Parliamo di
48
Sono diverse le occasioni per scoprire
testimonianze, forme di impegno per gli
altri, tracce di una profezia della storia che
passa accanto a noi e nutre di speranze le
nostre esistenze.
Così è di Enrico Medi (1911-1974),
scienziato di fama, uomo impegnato nelle
Istituzioni, protagonista della vita della
Chiesa del Novecento. Basta scorrere
rapidamente alcuni suoi scritti o navigare
nei filmati offerti su internet, per scoprire
la sua capacità profetica di unire cielo e
terra, di trovare nelle leggi dell'universo,
rivelate dalle scienze moderne, la presenza
amorevole del Padre.
Nelle parti più piccole della materia, come
nelle incommensurabili grandezze celesti,
Medi non cessa mai di vedere la mano di
Dio che offre il meglio della sua creazione
all'uomo. Nelle sue riflessioni, risuona la
voce del Salmista: "Se guardo il tuo cielo,
opera delle tue dita, la luna e le stelle che
tu hai fissate, che cosa è l'uomo perché
te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché
te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno
degli angeli, di gloria e di onore lo hai
coronato: gli hai dato potere sulle opere
delle tue mani, tutto hai posto sotto i
suoi piedi [...] O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la
terra" (Sal. 8; 4-10). Questa voce l'ho
ritrovata nei discorsi pronunciati da
Enrico Medi all'Assemblea Costituente
(1946-1948) e alla Camera dei deputati
di cui fu componente nella prima
legislatura (1948-1953) e nella sesta
legislatura (1972 fino alla morte
avvenuta nel 1974). Mi ha
particolarmente colpito un suo
intervento del 6 maggio 1947
all'Assemblea Costituente, mentre si
discute la parte della Costituzione
repubblicana relativa ai rapporti
economici. Davanti allo strazio di decine
di migliaia di vite impantanate nelle
paludi della miseria, del dolore, della
malattia, Medi richiama il "dovere
altissimo di rimettere l'uomo nella sua
dignità di uomo".
Il suo costante appello alla dignità
umana non rimane su un piano
meramente teorico, né si esaurisce
nell'aiuto isolato dato da ciascun uomo
di buona volontà al sofferente, ma si
lega indissolubilmente alla costruzione
della democrazia repubblicana, alla
redazione della Costituzione intesa
come cuore pulsante di una società
giusta.
Parliamo di
49
Parliamo di
"E' quindi un dovere della società
democratica venire incontro a questo
mondo che lacrima, venirgli incontro e
tirarlo fuori della miseria [...]
Abbiamo il dovere di rimettere l'uomo
nella sua dignità di uomo, altrimenti che
società andiamo costruendo? [...] La
società che dobbiamo costruire non è una
società di elemosina, è una società di
corrispondenza di cuori". Quanto queste
parole parlano alle nostre coscienze di
oggi! Quali scenari di impegno civile
aprono a ciascuno di noi in un momento
così difficile per il nostro Paese. Mentre la
crisi economica continua a umiliare
speranze e desideri, mentre il Sud del
mondo ci porta, attraverso i barconi dei
migranti, tragedie che sembrano eredità
di altre epoche, le parole di Enrico Medi ci
aiutano a riscoprire il ruolo delle
Istituzioni, il nostro stare e vivere
insieme.
“ L'uomo diventa grande
quando nella sua piccolezza
raccoglie la grandezza dei cieli
e lo splendore della terra
e al Padre comune li offre
in adorazione e in amore.”
Enrico Medi
www.enricomedi.it
Vivere insieme non significa solo trovare
equilibri di mercato e opportunità di
profitto, come sembra volere tanta cattiva
pubblicistica. Vivere insieme è, come disse
Medi all'Assemblea Costituente, una forma
di "dedizione del proprio essere alla
chiamata dei fratelli".
In questo torniamo a scoprire quella
nobiltà dell'uomo come figlio di Dio, che
abbiamo visto nel Salmo prima citato.
Non a caso Medi, descrivendo un percorso
di impegno per gli ultimi, ebbe a dire
davanti all'Assemblea Costituente:
"quanto tante volte sentiamo, anche in
quest'Aula e fuori, che l'umanità è cattiva,
che gli uomini sono imbestialiti, cari
colleghi, non è vero. Noi tutti assistiamo
ad una dedizione di carità così generosa
che veramente commuove i nostri cuori".
Come fu la guida di una generazione
chiamata a ricostruire l' Italia dopo
la tragedia del fascismo e della
guerra, il buon Samaritano, grazie alla
testimonianza di persone come Enrico
Medi, possa ispirare ciascuno di noi che, a
vario titolo, tentiamo di traghettare
questo Paese verso approdi di solidarietà
e di pace.
Andrea Fedeli
50
Il Pontefice invita la comunità a "custodire la memoria del terreno" sul quale la santità di Papa
Roncalli "è germinata".
Cari amici bergamaschi,
avvicinandosi il giorno della canonizzazione del beato Giovanni XXIII, ho sentito il desiderio
di inviare questo saluto al vostro Vescovo Francesco, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose,
ai fedeli laici della Diocesi di Bergamo, ma anche a coloro che non appartengono alla Chiesa
e all'intera comunità civile bergamasca.
Vi invito a ringraziare il Signore per il grande dono che la sua santità è stata per la Chiesa
universale, e vi incoraggio a custodire la memoria del terreno nel quale essa è germinata: un
terreno fatto di profonda fede vissuta nel quotidiano, di famiglie povere ma unite dall'amore
del Signore, di comunità capaci di condivisione nella semplicità".
Certo, da allora il mondo è cambiato, e nuove sono anche le sfide per la missione della
comunità cristiana. Tuttavia, quell'eredità può ispirare ancora oggi una Chiesa chiamata a
vivere la dolce e confortante gioia di evangelizzare, ad essere compagna del cammino di
ogni uomo, "fontana del villaggio" alla quale tutti possono attingere l'acqua fresca del
Vangelo. Il rinnovamento voluto dal Concilio ecumenico Vaticano II ha aperto la strada, ed è
una gioia speciale che la canonizzazione di Papa Roncalli avvenga assieme a quella del
beato Giovanni Paolo II, che tale rinnovamento ha portato avanti nel suo lungo pontificato.
Sono certo che anche la società civile potrà sempre trovare ispirazione dalla vita del Papa
bergamasco e dall'ambiente che lo ha generato, ricercando modalità nuove ed adatte ai
tempi per edificare una convivenza basata sui valori perenni della fraternità e della
solidarietà.
Cari fratelli e sorelle, affido questo mio messaggio a L'Eco di Bergamo, di cui il giovane
sacerdote don Angelo Roncalli fu apprezzato collaboratore. Quando poi il ministero lo portò
lontano, egli ricevette sempre dalle pagine del L'Eco la voce e il richiamo della sua terra. Vi
chiedo di pregare per me, mentre assicuro il mio ricordo e la preghiera per tutti voi, in
particolare per i sofferenti, per gli ammalati - ricordando l’ospedale cittadino che avete voluto
dedicare a Papa Giovanni - e per il Seminario diocesano, tanto caro al suo cuore. A tutti
invio, nelle feste pasquali, la Benedizione Apostolica.
Papa Francesco
Parliamo di
il Papa scrive ai bergamaschi su L’Eco di Bergamo
51
Solo per Oggi
1. Solo per oggi cercherò di vivere alla giornata, senza voler risolvere il
problema della mia vita tutto in una volta.
2. Solo per oggi avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà;
non alzerò la voce; sarò cortese nei modi; non criticherò nessuno; non
pretenderò di migliorare o di disciplinare nessuno tranne me stesso.
3. Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere
felice non solo nell'altro mondo, ma anche in questo.
4. Solo per oggi mi adatterò alle circostanze senza pretendere che le
circostanze si adattino tutte ai miei desideri.
5. Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a qualche lettura buona,
ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così la buona
lettura è necessaria alla vita dell'anima.
6. Solo per oggi compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.
7. Solo per oggi farò almeno una cosa che non desidero fare e se mi sentirò
offeso nei miei sentimenti, farò in modo che nessuno se ne accorga.
8. Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò a puntino, ma lo
farò. E mi guarderò da due malanni: la fretta e l'indecisione.
9. Solo per oggi crederò fermamente, nonostante le apparenze contrarie, che la
buona Provvidenza di Dio si occupa di me come se nessun altro esistesse al
mondo.
10. Solo per oggi non avrò timori.
In modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di
credere alla bontà.
Parliamo di
di papa Giovanni XXIII
52
Ci sono più motivi per chiamare
straordinaria la celebrazione avvenuta il
27 aprile in Piazza San Pietro.
Il primo è che, nello stesso giorno,
vengono proclamati santi due papi:
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II;
l’ altro motivo, altrettanto particolare, è la
presenza all’evento di due papi:: il papa
attuale, Francesco, e il papa emerito,
Benedetto XVI. Sarà successa ancora una
cosa simile nella storia della Chiesa
cattolica? No, questo è un evento senza
precedenti.
Quando Papa Francesco annunciò, il 30
settembre 2013, durante il Concistoro, la
data della due canonizzazioni, non avevo
neanche immaginato di poter esser
presente all’ evento. Invece ci sono
andata e sono molto grata al Signore e
alle Madri Marilena e Marisa, per avermi
invitata a Roma in Casa Provincializia.
Giunta da Verona con un’altra sorella,
ho incontrato un gruppo di polacchi,
ospiti nella nostra casa di Don Orione. Il
Padre che li guidava, mi strinse la mano
e, presentandomi loro, annunciò che
avrei parlato della mia vocazione. Così,
più tardi, davanti a cinquanta persone
che mi guardavano incuriosite, mi sono
trovata a raccontare di me e a
presentare la nostra Fondatrice, santa
Maddalena di Canossa.
Era il mio primo incontro gioioso con i
pellegrini venuti a Roma dal paese
nativo di Papa Wojtyła. Poi, nelle
giornate successive, ne ho incontrato
moltissimi altri, lungo le vie e nelle
piazze; ho incontrato perfino i miei
amici e vicini di casa.
Mi sembrava a volte di non essere più a
Roma, ma in una delle città della
Polonia, nel sentire parlare dovunque la
mia lingua.
Parliamo di
53
La sera precedente la canonizzazione, ero
in Piazza Navona con i pellegrini polacchi
radunati per la veglia notturna. È stato
bellissimo sentire i canti e poter danzare,
con l’accompagnamento di un gruppo
famoso: i“Seminatori di Lednica”. Alle
22.00 sono tornata a casa per dormire
qualche ora prima di ripartire di nuovo.
L’entrata in Piazza San Pietro era possibile
solo a partire dalle 6.30, ma, con altre
due Sorelle, consapevoli della grande folla
prevista, siamo uscite da casa alle 3.00 di
notte, per raggiungere, in metropolitana,
la fermata di‘Ottaviano. Si procedeva
lentamente, tra la gente, lungo il breve
tratto di strada di via Ottaviano’ e solo
alle 6.45. abbiamo raggiunto la Piazza.
Che sollievo! Ci hanno fatto entrare! Non
per tutti, purtroppo, c’era il posto. Circa
mezz’ora prima della S. Messa, inizia a
piovigginare, inumidendo tutti e tutto.
In Piazza appare il papa emerito,
Benedetto XVI, che si siede accanto ai
cardinali. Scoppiano tonanti applausi che
si ripetono ogni volta che la sua immagine
si presenta sui maxischermi.
Preghiamo la Corona della Divina
Misericordia in questa seconda domenica
di Pasqua, solennità della Divina
Misericordia, voluta da Gesù stesso
tramite S. Faustyna Kowalska.
Inizia la solenne celebrazione in clima di
raccoglimento e di preghiera. Nonostante
il grigiore delle nuvole e l’aria fredda, ogni
tanto qualcuno sorride al vicino che
trova al suo fianco. Non c’era la paura di
non conoscersi e neanche di non parlare
la lingua dell’altro. Si percepiva un
senso di comune appartenenza alla
Chiesa, che confermava la santità di due
suoi figli, due papi amati da molti, e che
hanno condotto la “Barca di san Pietro”
in tempi storicamente difficili.
Oggi, ritornando a questa giornata,
sento un profondo gratitudine verso il
Signore che continua ad accompagnarci
con la sua grazia, umilmente nascosta
nei santi, quelli canonizzati e quelli che
vivono accanto a noi in una santità
semplice e quotidiana.
Lo Spirito Santo susciti in noi lo stesso
desiderio: di vita vissuta per il Signore e
per i fratelli, vicini e lontani. Ci
potrebbero aiutare le frasi dei nuovi
papi santi: di papa Roncalli: “Il mio
gran libro, da cui qui innanzi dovrò
attingere, con maggior cura ed affetto,
le divine lezioni di alta sapienza, è il
Crocifisso”. E di papa Wojtyła: “esigete
da voi stessi, anche se gli altri non
esigono da voi”.
La santità è un impegno prima di tutto
personale che richiede la decisione di
camminare alla luce di Gesù Cristo, che
per amore ci ha dato se stesso. Gesù ci
vuole felici con Lui e desidera che
facciamo tutti partecipi di questa Sua
gioia. Buon cammino a tutti verso la
santità!
Sr. Gabriela Szynol
Parliamo di
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- Viaggio di Papa Francesco in Terra Santa Papa Francesco ha chiesto ai fedeli di pregare per lui. "Sarà un viaggio strettamente
religioso. Primo, per incontrare il mio fratello Bartolomeo I, nella ricorrenza del
50esimo anniversario dell'incontro di Paolo VI con Atenagora I. Pietro e
Andrea si incontreranno un'altra volta e questo è molto bello! Il secondo motivo
è pregare per la pace in quella terra cha soffre tanto. Vi chiedo di pregare per
questo viaggio".
Papa Francesco incontra Bartolomeo I
a Gerusalemme
Il Papa al Cenacolo: da qui parte la
“Chiesa in uscita” animata dallo Spirito
- Francesco, Peres, Abbas in Vaticano pregano per la pace
L’invito ad un incontro di preghiera per la pace
lanciato da Papa Francesco nel suo recente
viaggio in Terra Santa fu immediatamente
accolto dal presidente israeliano Shimon Peres,
e da quello palestinese Abu Mazen.
La storica invocazione comune di pace delle tre
religioni monoteistiche si realizzò la sera del
giorno di Pentecoste, 8 giugno. Papa Francesco,
insieme al patriarca di Costantinopoli
Bartolomeo I, accolse i due capi di stato, con le
rispettive delegazioni, nel prato triangolare nei
Giardini Vaticani, con sullo sfondo la mole della
cupola di San Pietro. Gli abbracci che poi si
scambiarono tra loro e con il Pontefice, l'ulivo piantato insieme nei Giardini, la foto di
gruppo al termine del colloquio finale mostrarono al mondo come sia possibile aprire una
nuova via, a partire da una rafforzata vicinanza delle rispettive fedi, basata sul rispetto e la
fiducia reciproca. Papa Francesco affermò:«È un incontro che risponde all'ardente desiderio
di quanti anelano alla pace e sognano un mondo dove gli uomini e le donne possano vivere
da fratelli e non da avversari o da nemici».
M.R
Parliamo di
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“Le magnifiche opere d’arte qui riunite, scrigni di bellezza, appartengono alle ricchezze migliori dell’umano: in esse si
esprimono e grazie ad esse si destano le parti fini della nostra anima. Pensiamo anche la storia di queste opere: sono state
commissionate e create, e poi mostrate con orgoglio, custodite, protette con cura e sacrificio anche in mezzo a guerre e
sciagure naturali. Sono state restaurate, studiate, spiegate, fatte diventare materia di insegnamento. Di generazione in
generazione noi umani abbiamo fatto tutto questo, e continuiamo a farlo, mossi dal desiderio tenace e lieto di consegnare ai
nostri ragazzi, costi quello che costi, ciò che riconosciamo far parte del patrimonio irrinunciabile dell’umano più bello.
Una breve
presentazione del libro
Negli ultimi decenni la
Chiesa ha incoraggiato e
promosso, con slancio e
passione, la ripresa del
dialogo fra il cristianesimo
e il mondo dell’arte: il
magistero pontificio si è
espresso al riguardo con interventi
significativi: si pensi, ad esempio, all’
appassionato discorso
che Paolo VI rivolse agli artisti nel 1964, alla
Lettera che indirizzò loro Giovanni Paolo II e
alle parole di Benedetto XVI quando, al pari
dei suoi predecessori, volle incontrare i
“custodi della bellezza”. Ma si pensi anche
alla riflessione teologica che si è misurata
con questo tema e alle molte iniziative
promosse dal Pontificio Consiglio per la
Cultura, dalla Conferenza Episcopale Italiana
e dalle singole diocesi.
Il ripetuto appello a rinsaldare il legame fra il
mondo dell’arte e quello della fede
costituisce il contesto nel quale ho avuto
l’idea di questo libro. I dodici capitoli sono
divisi in due parti: nella prima viene
proposto il commento di un passo della
Bibbia, mentre nella seconda il commento
storico-artistico di un grande capolavoro
dell’arte raffigurante quel passo.
Ho voluto affidare la redazione di questi testi
a un gruppo di qualificati autori di diversa
sensibilità affinché, con le loro specifiche
competenze e differenti storie personali,
proponessero riflessioni capaci di addentrarsi
sia nelle pieghe della parola di Dio,
illuminando alcuni aspetti della vita di Gesù
dall’interno di una relazione con Lui, sia nella
pluriforme bellezza delle opere d’arte, in
grado di restituirci alla nostra umanità e al
cuore del cristianesimo.
Per secoli “i pittori hanno intinto il loro
pennello in quell’alfabeto colorato che
sono le pagine della Bibbia”, diceva il
pittore russo Marc Chagall, e le splendide
opere qui presentate lo rivelano
eloquentemente mostrando come alcuni
fra i maggiori artisti italiani abbiano
interpretato con il loro estro episodi della
storia della salvezza, narrazioni di quella
sacra Scrittura che è stata il grande
codice iconografico, oltre che letterario,
etico e culturale, della civiltà occidentale.
La scelta di proporre, insieme a questi
capolavori, i passi evangelici per esteso e
il loro commento, affidato a biblisti e
teologi, nasce dalla centralità che per tutti
riveste la storia di Gesù, consegnataci
nelle parole immutabili del Nuovo
Testamento. Tale centralità, in Occidente,
è determinata non semplicemente dal
fatto che il cristianesimo è l’humus nel
quale tutti siamo cresciuti, ma soprattutto
dal fatto che le decisioni riguardanti le
cose ultime - il senso, l’origine, la
destinazione - finiscono per assumere,
per tutti, la forma di una relazione con il
cristianesimo. I modi nei quali infatti si
può essere, e di fatto si è, in rapporto con
Dio sono moltissimi: ve ne sono di buoni e
felici, altri di negativi ed entrambi sono
molto differenziati. In Occidente abitiamo
tutti da qualche parte nel cristianesimo.
La parola di Dio, affermava l’indimenticato
cardinale Carlo Maria Martini, “ci
interroga, ci mette in questione e ci offre
delle risposte solo dopo aver messo in
crisi e verificato il nostro modo di porre
domande”. Questa parola è come una
spada a doppio taglio e penetra dentro
fino al punto di divisione dell’anima e
dello spirito, scruta i sentimenti e i
pensieri del cuore (Cfr. Eb 4,12).
Cristina Uguccioni
Parliamo di
Il volume “La forma di Dio”, a cura di Cristina Uguccioni, racchiude dodici passi biblici e dodici capolavori della pittura italiana raffiguranti quei passi, commentati rispettivamente da teologi e storici dell’arte.
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Semi di riflessione
In questi ultimi mesi due importanti
documenti di Istituto ci hanno raggiunte
nei nostri Territori:
il “Progetto Apostolico d’Italia”
e il” Piano di Formazione ”.
La elaborazione di intenti e contenuti
di tali documenti viene da lontano ed ha
convogliato nel suo laborioso itinerario -
come si avverte nelle introduzioni - il
contributo di molte persone che vi hanno
lavorato con passione e competenza.
L’afflato che permea abbondantemente
l’uno e l’altro di tali testi programmatici,
sia pure declinati in contenuti e termini
diversi e finalizzati a diversi scopi, lo si
può facilmente rintracciare nella comune
fiduciosa apertura ad un futuro di vita
nostra talmente nuova nella forma e nello
spirito da meritare dalla misericordia del
Signore il dono di quel supplemento di
Profezia necessario per continuare a
servirlo in un contesto culturale delicato e
difficile com’è quello in cui viviamo e
verremo a vivere.
Un futuro – si evince dalle premesse - di
generazioni che riceveranno e si
trasmetteranno reciprocamente il dono della
Profezia; di giovani in germoglio che se ne
lasceranno contagiare.
Un futuro di Comunità deste nell’attesa del
ritorno del Signore, che ne vivono il desiderio
scrutando gli spazi siderali. Comunità dalle
porte e dalle finestre aperte al bisogno di
pane e di gioia che è nel cuore di ogni
povero.
Il primo riflesso spontaneo che sorge nei
confronti di quante, superiore e sorelle di
varie estrazioni ed età, hanno contribuito
alla elaborazione dei testi, alla
conduzione di indagini conoscitive e alla
formulazione delle indicazioni operative che
ne costituiscono la ricaduta, non solo, ma,
soprattutto, che hanno offerto alla nostra
riflessioni prospettive così luminose e
stimolanti è quello di un “Grazie” veramente
cordiale.
Sappiamo bene che ogni generosa utopia è
come una sonda lanciata in uno spazio infido
e che i nostri desideri e le nostre speranze
sono chiamati a passare al vaglio di molte
prove ( le temperie culturali, i
ridimensionamenti, gli invecchiamenti, le
potature, le emarginazioni, le disaffezioni..).
La storia – anche quella delle istituzioni
religiose - ci ha insegnato molto in proposito!
E ,ciononostante, siamo ugualmente convinti
che la vittoria di Cristo sul “non ancora “
57
della nostra vicenda storica sta proprio
nel coraggio di una veramente ‘operosa
speranza’.
E’ proprio e soprattutto questo invito alla
speranza in un futuro che, attimo per
attimo, noi, proprio noi, e non quelli che
verranno, stiamo costruendo, che da
significato, dignità e profonda gioia,
comunque siano i nostri vissuti
esistenziali,a questo nostro presente che
tante, troppe, voci definiscono
crepuscolare.
In qualche parte delle riflessioni
conclusive del fascicolo sul Progetto Italia
si riporta un frammento di articolo dalla
rivista “Testimoni” in cui si parla di un
presente segnato dalla “stanchezza”, dalla
stanchezza” dell’essere stanchi”, da
paure, tristezze e nostalgie del passato,
dal rifiuto della precarietà, ecc.
In questa stagione di crisi che si protrae
da decenni tutto è veramente possibile
per chi è giovane e meno giovane.
Può essere che si dia, persino, anche
una più diffusa e latente modalità di
stanchezza Particolarmente atta ad
insidiare soprattutto chi vive nelle
periferie lontane dai centri trafficati della
metropoli e nelle quali ferve, comunque,
una qualche forma di vita.
La stanchezza di chi non perde tempo a
ragionare sui “massimi sistemi” dei grandi
piani e degli elaborati progetti e vive una
particolare versione dell’”Attende tibi ”
limitandosi a praticare le virtù della
pazienza e dell’adattamento, facendo,
giorno dopo giorno, il poco di bene che è a
portata di mano senza troppo brontolare
e senza porsi troppi perché.
Atteggiamenti, senz’altro, di tutto rispetto e
valore meritorio.
Il nostro essere Chiesa ci chiede e ci
spinge, comunque, a cercare incessante -
mente in regioni universali ed, appunto,
”ecclesiali” di respiro planetario il significato
della nostra vita personale, anche se oscura
ed insignificante, della nostra storia passata
e di quella presente, anche se confusa e
tribolata, per trasmetterne l’immensa
portata di valore alle generazioni future.
Ci chiede di vivere la fatica dell’Oggi che ci è
toccato in sorte, ma ci chiede anche di
motivare le ragioni di questa fatica
radicandole nel vivo di una Storia Sacra che
ci precede e ci accompagna.
Penso che, oltre all’apporto di una
collaborazione preziosa e necessaria, che
domanderà sempre più, nei prossimi anni,
alle più giovani di noi, coraggio, fiducia e
pazienza, sia soprattutto a questa tensione
alta di vita di fede e di speranza che si fa
riferimento quando, a conclusione del testo
del Progetto Italia si scrive:
“Affidiamo alla comprensione di tutte
le sorelle, più o meno giovani, il
presente Progetto …” o quando, in altra
sintesi conclusiva ( P. di F. p 118),
si afferma che è in forza di una
sempre maggiore consapevolezza
dell’Amore che ci avvolge e ci interpella
che noi diventiamo Figlie, Discepole e,
con Maria, madri di tutta l’umanità.
M. Isa Roda
Semi di riflessione
il “Progetto Apostolico d’Italia” e il” Piano di Formazione ”.
58
Non desidero raccontare la cronaca di un evento, per me, straordinario e neppure sollecitare l’attenzione al profondo e attuale Tema: “Inspice et fac perché il mondo creda: chiamate ad essere testimoni gioiose e profetiche” che ha caratterizzato il nostro XVI
Capitolo Generale.
Desidero condividere brevemente qualche
frammento dell’esperienza vissuta nel
Tempo di Grazia e nello spazio di
fraternità che il Signore mi ha chiamata a
vivere.
«Non ci ardeva forse il cuore nel petto
mentre conversava con noi lungo il
cammino?».
Si, lungo il cammino in attesa del
“grande giorno”, il cuore era in
subbuglio: timori, insicurezze, senso di
inadeguatezza, grandi desideri, perples-
sità, sogni, proposte, aspettative, sfide,
emozioni, abitavano la mia mente e il
mio cuore, le mie giornate e la mia
preghiera.
L’attesa è stata un rimettermi in
cammino con lui, un lasciarmi
riplasmare da lui, un liberare il cuore
trasformandolo, con l’aiuto della grazia
di Dio, in un “vuoto fertile” abitato dalla
fecondità e generatività dello Spirito
Santo e capace di vedere meglio ciò che
è apparentemente invisibile: la volontà
di Dio.
“Alla Locanda di Ottavia”
Con la gioia del Risorto, il cammino si
arricchisce di speranza e la gioia esplode
nell’incontrare, alla “Locanda delle Figlie
della Carità”, la vitalità dinamica della
grande e Internazionale Famiglia
canossiana. Intensa l’esperienza, a partire
dai primi attimi di avvio del Capitolo, di una
gioia profonda data dall’intuire la verità
delle parole che Santa Maddalena ci offre
nella prefazione alla Regola:
“Dio vi ha fatto un gran Dono (…)”… il
dono di appartenere totalmente al Signore
…il dono di un Carisma aperto alla vita,
attento alla persona, al servizio degli “amati
poveri”…vivo, attuale, incarnato nell’oggi
della storia, in 5 Continenti….
Quanto stupore ha provato il cuore
nell’ascoltare, vedere progetti di Carità,
realizzati in tutto il mondo… “là dove è
maggiore il bisogno.
Quanto desiderio autentico del cuore, nel
ricercare e discernere vie rispondenti alle
diverse sfide che mirano, in ogni parte del
mondo e attraverso i Ministeri di Carità,
alla promozione della persona umana
bisognosa di percepire e sperimentare il
proprio essere: Creatura Amata da Dio….
“Uscite, andate nelle periferie
esistenziali”
Quanta gratitudine nel vedere, segni
profetici, nascere dal dialogo in più lingue,
con più culture, tra le diversità di età e
formazione.
Benedico il Signore, sicuramente unita a
tutte le 62 Sorelle Capitolari, perché
quest’esperienza è stata, prima di tutto per
noi, tempo di rigenerazione interiore,
rinnovamento spirituale e ricchezza di
fraternità.
Guardando al futuro, oggi più di ieri, sento
la gioia di appartenere ad un Istituto
benedetto da Dio, fecondo di Carità nella
sua apostolicità e missionarietà, testimone
di fraternità profetica.
Operiamo da testimoni gioiose sulle strade
della vita offrendo a tutti quella speranza
gioiosa che appartiene ad ogni Figlie della
Carità Canossiana. Sr. Maria Grazia Bongarzone
Semi di riflessione
59
09-13 giugno Consiglio Provinciale - ROMA
27-29 giugno Giubilei Vita Religiosa (50°) - Ottavia ROMA
07-11 luglio Consiglio Provinciale - ROMA
24 luglio - 28 agosto Tappa estiva Sorelle Juniores - ASIAGO
26 luglio - 02 agosto Incontro formativo Sorelle Voti perpetui 2009 - ASSISI
10-14 agosto Esercizi Spirituali ex Allieve/i - CAMALDOLI
17-27 agosto Sessione Applicativa Capitolo Provinciale
S. FIDENZIO - VERONA
16-20 settembre Consiglio Provinciale ROMA
12 ottobre V Convegno Nazionale ex Allieve/i - SCHIO
31 ott.- 02 nov. Incontro Sorelle “Koinonia” ’84 - ROMA
Freschi di Stampa
1. Anna Previati “Edith Stein” EMI BO
2. Angelo Casati “Incontri con Gesù” Ed. Qiqajon Bose
3. Gianfranco Ravasi “Chi oserà dire: Io credo?
Navigazioni nell’orizzonte della fede” Ed. SanPaolo
4. Luis A. Gokim Tagle “Gente di Pasqua” EMI BO
5. Congregazione per l’Educazione Cattolica
“Educare al dialogo interculturale nella Scuola Cattolica” EV
Calendario dei Prossimi Appuntamenti
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Possa questo Capitolo accendere in tutte noi
l’anelito della nostra Fondatrice:
“essere ridotte in polvere perché Gesù sia conosciuto e amato”.
Maria, nostra Madre ai piedi della croce,
icona di integrazione
e “stella della nuova evangelizzazione”
ci aiuti ad essere testimoni radiose
di comunione, servizio,
fede ardente e generosa,
giustizia e amore ai poveri,
perché la gioia del Vangelo
si diffonda fino agli estremi confini della terra,
illuminando anche le periferie del nostro mondo” (EG, 288).
Con affetto,
Le Sorelle Capitolari