GiornaLED - Novembre 2012

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1 di Mirko Maggioni Dopo 4 lunghi anni di silenzio, nel nostro Ateneo si torna a parlare di elezioni e sembra più che doveroso ricostruire brevemente un quadro generale in merito a questo importante e delicato argomento. Ripartiamo dagli inizi, da quel lontano 2008, anno in cui gli universitari bergamaschi furono chiamati al voto per eleggere i propri rappresentanti all’interno del Consiglio d’Amministrazione, dei Consigli di Facoltà, del Senato Accademico, del Senato Accademico Integrato e dei diversi Comitati che concorrono a definire la struttura organizzativa del nostro Ateneo. Tali elezioni videro una scarsissima affluenza, tant’è che la percentuale dei votanti media si attestò intorno ad un misero 8%, un dato profondamente preoccupante che rimarca il diffuso ed incomprensibile disinteresse dei giovani verso le istituzioni che, concretamente, definiscono il loro intero percorso di studi ed inevitabilmente il loro futuro. Due anni dopo, siamo ormai nel 2010, viene approvata la legge n.240/10 (c.d.“Riforma Gelmini”) ed emerge la necessità di formulare un nuovo Statuto (e di prorogare i poteri alle cariche rappresentative). Ai sensi di tale legge l’elaborazione e la revisione del testo, prima affidate al Senato Accademico Integrato, ora spettano ad un organo pro tempore con funzioni redigenti, la c.d. Commissione Statuto”, sulla quale il Rettore si espresse in questo modo: “15 persone, emersione naturale delle professionalità e delle istanze della nostra Università, hanno lavorato molto e bene al punto che il testo è stato dispensato all’unanimità; è una commissione eterogenea dove gli studenti hanno chiesto di avere un ruolo centrale in termini istitutivi che gli è stato riconosciuto. Per me come Rettore è un valore importante”(la Rassegna Bergamo e Università). Vista l’enfasi con cui venne presentata e l’orgogliosa rivendicazione ostentata da qualche rappresentante, era più che lecito aspettarsi un elaborato di pregevole Quel mistero chiamato “Elezioni” UNIVERSITÀ ATTUALITÀ RUBRICHE Lettera aperta: separati in casa in UNIBG (pag 2) Docente universitario senza laurea in UNIBG (pag 2) Scarsa partecipazione studentesca (pag 3) Università nel Mondo violate da Hackers (pag 4) Legge elettorale (pag 5) Se questo è giornalismo (pag 6) Che cos’è facebook? ( pag 8) Festval di “Internazionale” a Ferrara (pag 9) Bassezze, di Gnoma Infingarda (pag 4) ARCIGAY: Lo spunto sensibile (pag 7) AMNESTY: Prigionieri dimenticati (pag 7) Raccontando, di Alessandro Pilia (pag 8) Bergherasmico, di Isacco Cividini (pag 9) ESCLUSIVA: INTERVISTA A MARTINA CAIRONI segue pag. (3) NOVEMBRE PIIIIIIIPPP PE- PIIIIIIIPPP PE-

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uscita di novembre di GiornaLED

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di Mirko Maggioni

Dopo 4 lunghi anni di silenzio, nel nostro Ateneo si torna a parlare di elezioni e sembra più che doveroso ricostruire brevemente un quadro generale in merito a questo importante e delicato argomento. Ripartiamo dagli inizi, da quel lontano 2008, anno in cui gli universitari bergamaschi furono chiamati al voto per eleggere i propri rappresentanti all’interno del Consiglio d’Amministrazione, dei Consigli di Facoltà, del Senato Accademico, del Senato Accademico Integrato e dei diversi Comitati che concorrono a definire la struttura organizzativa del nostro Ateneo. Tali elezioni videro una scarsissima affluenza, tant’è che la percentuale dei votanti media si attestò intorno ad un misero 8%, un dato profondamente preoccupante che rimarca il diffuso ed incomprensibile disinteresse dei giovani verso le istituzioni che, concretamente, definiscono il loro intero percorso di studi ed inevitabilmente il loro futuro. Due anni dopo, siamo ormai nel 2010, viene approvata la legge n.240/10 (c.d.“Riforma Gelmini”) ed emerge la necessità di formulare un nuovo Statuto (e di prorogare i poteri alle

cariche rappresentative). Ai sensi di tale legge l’elaborazione e la revisione del testo, prima affidate al Senato Accademico Integrato, ora spettano ad un organo pro tempore con funzioni redigenti, la c.d. “Commissione Statuto”, sulla quale il Rettore si espresse in questo modo: “15 persone, emersione naturale delle professionalità e delle istanze della nostra Università, hanno lavorato molto e bene al punto che

il testo è stato dispensato all’unanimità; è una commissione eterogenea dove gli studenti hanno chiesto di avere un ruolo centrale in termini istitutivi che gli è stato riconosciuto. Per me come Rettore è un valore importante”(la Rassegna Bergamo e Università). Vista l’enfasi con cui venne presentata e l’orgogliosa rivendicazione ostentata da qualche rappresentante, era più che lecito aspettarsi un elaborato di pregevole

Quel mistero chiamato “Elezioni”

UNIVERSITÀ ATTUALITÀ RUBRICHE

• Letteraaperta:separatiincasainUNIBG

(pag2)

• Docente universitario senza laurea in

UNIBG(pag2)

• Scarsapartecipazionestudentesca(pag3)

• UniversitànelMondoviolatedaHackers

(pag4)

• Leggeelettorale(pag5)

• Sequestoègiornalismo(pag6)

• Checos’èfacebook?(pag8)

• Festvaldi“Internazionale”aFerrara(pag

9)

• Bassezze,diGnomaInfingarda(pag4)

• ARCIGAY:Lospuntosensibile(pag7)

• AMNESTY:Prigionieridimenticati(pag7)

• Raccontando,diAlessandroPilia(pag8)

• Bergherasmico,diIsaccoCividini(pag9)

• ESCLUSIVA:INTERVISTAAMARTINA

CAIRONI

segue pag. (3)

NOVEMBRE

COPIA MENSILE

PRIMO NUMERO OTTOBRE 2012

da NoiMolti di voi si staranno chie-dendo cosa sia il giornale che tengono in mano. La domanda è più che legittima, ed essendo questa la nostra prima “uscita allo scoperto” ci sembra dove-rosa una breve presentazione.GiornaLED è un progetto di informazione attiva del colletti-vo LED (L'Effetto Domino): il nostro scopo è di sensibilizzare i lettori all'informazione, alla partecipazione politico-sociale, e alla conoscenza delle espres-sioni sociali, culturali, sportive e artistiche a livello territoriale, nazionale e internazionale.In un paese dove la differenza tra giornalismo e servilismo è spesso fin troppo labile, noi vogliamo distinguerci e fare informazione: ovvero svilup-pare una coscienza critica in grado di farci interpretare (o reinterpretare) in maniera autonoma gli avvenimenti che si sviluppano intorno a noi.Ispirandoci ai principi di liber-tà d’espressione e d’informazi-one, dichiarandoci fermamente contrari ad ogni sorta di discri-minazione e disuguaglianza (in conformità con tutti i principi di coesione e solidarietà sociale dello Statuto del collettivo LED), speriamo nel nostro piccolo di smuovere un po' le acque, di porci delle domande e di portare i nostri lettori a fare lo stesso.Non dobbiamo mai smettere di ricercare la verità, di informar-ci, per partecipare con quanta più consapevolezza possibile alla vita (politica e non) di un Paese sempre più in crisi.E il nostro altro non è che un piccolo ma fiducioso passo in questa direzione.

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SUDOKU FACILE

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SUDOKU MEDIO

Firme

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UNIVERSITÀ

Separati in Casa: lettera aperta di un’universitaria qualunque

Docente senza laurea, università di Bergamo senza Merito.

Qualche volta mi capita di andare in Caniana. Non che io lo faccia volentieri eh, ma mi tocca: la segreteria si trova solo lì. Però, appunto, non mi ci devo recare tutti i giorni, diciamo...uhm... più o meno una volta al mese. Ci vado più spesso solo se devo consegnare delle carte o cose così. Però, ripeto, generalmente io in Caniana (cioè in segreteria) non ci metto piede. E dirò di più: come sede non mi piace nemmeno! E’ triste e grigia, niente a che vedere con le storiche sedi di città alta, che a mio parere a quel cubo gli fanno un baffo. E poi la gente non è il massimo: ti fa la radiografia appena passi e se non vesti firmato noi sei dei loro. Cioè, ti disprezzano proprio. Ridicolo!Ok ok, calmiamoci. I miei sono solo luoghi comuni esasperati. Tuttavia...Quante volte mi capita di pensare davvero che recarmi in via dei Canina sia un inutile spreco di tempo (sottratto

alle ore di lezione, per la precisione)? Quasi sempre. Ed è vero che spesso mi sento pure osservata, anche se sono ben consapevole del fatto che si tratta di un’impressione dettata dal fatto di trovarsi in un luogo, in pratica, sconosciuto. Eppure non posso fare a meno di chiedermi che cosa pensino giuristi ed economi di noialtri: sanno della nostra esistenza? Conoscono le nostre sedi? Probabilmente no. Probabilmente si sentirebbero ugualmente osservati se dovessero recarsi in città alta. Tralascio di parlare della sede di Dalmine: chi l’ha mai vista veramente? Esiste davvero? E il CUS?Il fatto che gli studenti tra loro non si conoscano è piuttosto desolante. Tempo fa si era parlato di un campus universitario che avrebbe riunito tutte quante le sedi e gli uffici, ma poi il progetto è sfumato per mancanza di mezzi. Sarebbe stato davvero bello

poter disporre di un luogo in grado di aggregare e mescolare tutto il popolo studentesco dell’ateneo di Bergamo: conoscere altri studenti e frequentare corsi mai seguiti prima sono possibilità che potrebbero aiutarci a crescere tanto culturalmente quanto socialmente. Offerte interessanti, certo, ma per ora infattibili.

di Meursault

Viene molto spesso evocata, nel dibattito pubblico italiano, la necessità di promuovere il merito o, con termine ormai sdrucito, la “meritocrazia”. Tutti si affannano, soprattutto in tempi di elezioni, ad elogiarne le virtù, a ribadirne l’importanza. Tuttavia, come spesso accade, ai proclami roboanti non seguono fatti concretamente apprezzabili. Un esempio ci è dato dal caso che ha riguardato, di recente, proprio l’Università di Bergamo, dove per anni ha insegnato un professore non laureato. La questione che si è posta, a riguardo, non è soltanto etica, relativa ai valori che la “Universitas Studiorum” dovrebbe perseguire, bensì squisitamente giuridica. In effetti, ciò di cui si parla è oggetto di un procedimento penale in cui il professore risulta essere persona sottoposta ad indagini, ipotizzandosi che abbia commesso il reato di truffa ai danni dell’ università. Ma le vicende processuali faranno il proprio corso e

un equo giudizio accerterà l’eventuale responsabilità penale dell’accusato. Ciò che preme rilevare in questa sede, invece, è l’evidente carenza dimostrata dal nostro ateneo, in particolare dagli uffici amministrativi competenti all’assunzione del personale docente (quest’ultimo difatti si difende dicendo che non ha mai dichiarato di essere in possesso di una laurea). Nell’apprendere la notizia, le domande che sorgono spontanee sono le seguenti:- come può una persona non laureata accedere alla carica di docente universitario? - Come è riuscita l’università di

Bergamo, ma anche quella di Camerino, a farsi beffare in questo modo?Il titolo di laurea è un requisito indispensabile per partecipare al bando di concorso per il posto da professore a contratto, quindi risulta strano che le due università sopraccitate si siano lasciate “gabbare” da questa persona. Il fatto risale agli anni compresi tra il 2001 al 2005, e si spera che l’università faccia partire un’indagine interna, per capire come tutto ciò sia potuto accadere. E’ auspicabile che si giunga al più presto a chiarire la vicenda, perché l’immagine e la credibilità dell’università di Bergamo non crollino inesorabilmente.

APERTA

LETTERA

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UNIVERSITÀ

Scarsa partecipazione studentesca all’International Workshop University and Society: Challenges and Opportunities: di chi è la colpa?

di Alfredo Amadori

Si è svolto lunedì 15 ottobre nella nostra Università di Bergamo l’International Workshop University and Society: Challenges and Opportunities, convegno che ha avuto l’obbiettivo di sviluppare tematiche molto importanti che riguardano il mondo dell’università a livello europeo, trattando in particolar modo le questioni legate alle riforme imposte e gli ingenti tagli che, in particolar modo, hanno colpito le università dell’Europa Meridionale. Da elogiare lo sforzo dell’università di creare un momento di riflessione e di incontro tra molti attori della scena universitaria internazionale. Gli studenti che hanno potuto presenziare al convegno, sono rimasti piacevolmente colpiti dagli interventi dei vari ospiti dell’Università di Bergamo. Tuttavia rimane il fatto che, come al solito, a partecipare ad un evento del genere

erano davvero poche le “facce giovani”. Questa volta la colpa non è solo del giovane medio che “si disinteressa di tutto ciò che non lo tocca”, ma è stata una palese incapacità di pubblicizzare a dovere, tra i propri studenti, un evento simile. Nei corridoi dell’UNIBG, tutti sapranno sicuramente che il Ministro Profumo ha presenziato ad una conferenza nel nostro ateneo. Ma quanti sanno che cosa trattava la conferenza? Quanti conoscono il motivo per il quale è stato organizzato tale evento? Di cosa ha parlato il Ministro? (Per inciso: il Ministro è stato invitato per annunciare che l’UNIBG sarà uno dei tre atenei italiani che “diventeranno parte attiva nell’accordo che il ministero dell’Istruzione italiano ha siglato con l’equivalente cinese in tema di trasferimento tecnologico, governement e design industriale”).Sinceramente, un evento del genere è

stato “venduto” male a tutti noi studenti. Oltre alla pubblicità dell’evento, che come già detto è stata davvero inadeguata, l’università di Bergamo poteva organizzarsi in modo tale da permettere a tutti di poter partecipare all’evento (il numero limitato non è un ostacolo se predisponi dei proiettori per poter assistere comunque alla conferenza). Non ci vuole molto per coinvolgere noi giovani, che ne dite?

fattura, curato minuziosamente in ogni sua parte e che fosse in grado di attribuire alla figura dello studente il giusto peso all’interno del mondo L’aspettativa, a volte, è ben diversa da ciò che in concreto constatiamo, infatti, escludendo lo sbiadito formalismo inciso nell’art.1 co.3 che recita: “L’Università è una comunità di studenti, docenti, ricercatori e personale amministrativo e tecnico e di servizio. Essa persegue i propri fini nel rispetto e per la promozione della persona umana, con il concorso responsabile di tutte le componenti”, abbiamo appurato una sostanziale estromissione degli studenti dai vari organi. Nel Senato Accademico, ad esempio, avremo dalle prossime elezioni solo 3 rappresentanti ovvero il numero minimo disposto per legge, contro i 6 eletti fino al 2008. Come può essere realizzato l’illuminante “concorso responsabile” non consentendo a tutte le facoltà (ora dipartimenti) di

avere un rappresentante? Inoltre, gli studenti non potranno più partecipare ai Consigli di Dipartimento (l’organo decisionale) essendo ormai relegati nelle c.d. Commissioni Paritetiche. Tali Commissioni, che esercitano una funzione di mero controllo rispetto le decisioni prese in Consiglio, hanno anche la possibilità di elaborare eventuali proposte che saranno sottoposte al giudizio di un organo in cui manca completamente la rappresentanza studentesca. L’unica conquista, che ricorda molto il tipico “ specchietto per le allodole”, è il secondo rappresentante all’interno del Consiglio di Amministrazione. Un “contentino” di prestigio immediatamente neutralizzato da una seconda specifica scelta che ha reso solo facoltativo il nostro parere in materia di tasse. Grandi “affermazioni” , insomma, frutto del menefreghismo che purtroppo latita tra gli studenti. È chiaramente

impossibile chiedere a tutti di partecipare attivamente alla vita dell’Ateneo ma è più che doveroso riservare una particolare attenzione alla struttura che gestisce la nostra formazione, fondamento del nostro futuro. Tale attenzione, che si concretizza attraverso la scelta del proprio rappresentante, rende il partecipare alle elezioni un dovere imprescindibile. Ricordo quindi a tutti che le elezioni dei rappresentanti degli studenti per il biennio 2012/2014 si terranno Mercoledì 14 (dalle 9:00 alle 19:00) e Giovedì 15 (dalle 9:00 alle 15:00).

seguito pag. (1) Quel mistero chiamato “Elezioni” di Mirko Maggioni

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RUBRICA

UNIVERSITÀ

La Sapienza come Harvard: zero in difesa informatica

Bassezze di Gnoma Infingarda

di D. Tarolla

Di motivi per cui protestare gli universitari ne hanno sempre: tagli ai finanziamenti, costo delle iscrizioni, dei libri ecc. Ma c’è anche chi protesta a modo suo per motivi meno noti, come gli hacker del collettivo TeamGhostShell, che a ottobre hanno sferrato una mossa controversa attaccando i sistemi informatici di decine di università nel mondo. Risultati: 120mila dati di account di studenti e impiegati dall’università di Tokyo a quella di Uppsala(Svezia) con tanto di password e numeri di telefono e 36mila mail sono stati pubblicati in rete. Unica magrissima consolazione: per una volta università italiane come La Sapienza di Roma, Roma Tre e Tor Vergata (sempre Roma, le hanno manipolato la home page del sito) erano accostate ai più prestigiosi atenei di Harvard, Princeton e Cambridge. Ma perché bisognava scatenare tutto ‘sto pandemonio? Semplice, in realtà i danni

alle vittime informatiche sono stati lievi: la diffusione dei dati era volutamente sparsa e scollegata, con le password ancora cifrate e quindi era difficile unire i dati a ogni singolo studente, mentre molti numeri telefonici, come quelli dei professori, erano già pubblici e un solo numero di conto corrente è stato rivelato. Si tratta comunque di un reato ma il vero scopo è stato chiarito in un comunicato dagli hacker: dimostrare che se gli atenei non si doteranno di sistemi più sicuri qualche altro furfante smanettone potrebbe irrompere e diffondere dati ancor più privati come i codici delle carte di credito (problema soprattutto americano) che TeamGhostShell ha avuto il garbo di censurare. Messaggio ribadito da alcuni informatici ed esperti come Carola Frediani, autrice di un libro sugli hacker di Anonymous, che conferma come le difese informatiche universitarie siano un colabrodo: l’attacco sferrato infatti era un SQL Injection, «uno dei metodi più diffusi

e non particolarmente complessi, e hanno prelevato dati sensibili[…]queste violazioni mostrano lo scarso livello di sicurezza di molte organizzazioni che detengono informazioni su di noi». E d’ora in poi verrà potenziata la sicurezza informatica universitaria? Improbabile: già un anno fa ci fu un altro attacco hacker a 18 atenei italiani e la lezione sembra non sia stata ancora appresa. Ma l’ultima irruzione è stata profetica in America, dove pochi giorni dopo un altro gruppo hacker (o meglio “cracker”) ha violato i dati sensibili di 300mila tra impiegati, studenti, ex-alunni e persino dei candidati alle borse di studio di un college in Florida, senza risparmiarne i dati finanziari e delle carte di credito. Le vittime della frode sono già un centinaio, tra cui il rettore che ha amaramente costatato 600$ in meno sul conto bancario.

Sapete cos’è che mi fa girare gli ingranaggi?

Inerpicarmi su e giù per le salite di Città Alta, correndo da una lezione all’altra. Le sedi delle cosiddette Facoltà “umanistiche” dell’Università degli Studi di Bergamo sono spesso separate da un bel tratto di strada, oltre che da insormontabili barriere architettoniche. Dopo una mattinata da atleta -agonizzante più che agonistico- rammento di dovermi recare assolutamente in Segreteria; un momento, questo, di grande importanza per il Centometrista Universitario, che ha così la possibilità di espletare la sua migliore performance. ODIO. Perché bisogna arrancare fino alla sede di Giurisprudenza ed Economia per ottenere i servigi della Segreteria della mia Facoltà (che è, sottolineo, ubicata in Città Alta). Mi metto in marcia per una “passeggiatina” che neanche il Portatore dell’Anello tolkeniano affronterebbe a cuor leggero, e dato che la mia altezza è a tutti gli effetti pari a quella di un Hobbit, le mie gambe corte mi porteranno lì suppergiù per la data della mia laurea. ODIO VISCERALE. Arrivata a destinazione con lo stesso grado di presentabilità di Tom Hanks in Castaway, mi faccio strada tra gli studenti in uniforme (Hogan e Vuitton) per piazzarmi in fondo a una coda che ho visto solo per Magic Mike; penso che una volta finito tutto mi metterò direttamente in coda per andare a ritirare la pensione (allenamento, questo, essenzialmente inutile visto che la mia generazione, se lavorerà, continuerà a farlo anche dopo la morte). ODIO SENZA CONFINI. Continuo a chiedermi il perché di questa soluzione; è come se avessimo un cordone ombelicale che ci tiene ancorati a Giurisprudenza e alle sue sedi. Uniti, eppure divisi poiché gli sportelli sono separati per le due macro-aree di competenza. Ovviamente il mio sportello è quello la cui coda avanza più lentamente. Sarà che l’Università vuole forse che noi “umanisti” diventiamo dei figurini (forse per passare poi al grandioso stadio di “figuranti”?). Bene, cara Università, qualora tu avessi voluto renderci delle silhouette sappi che, nel mio caso, NON CI SEI RIUSCITA. Tiè.

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ATTUALITÀ

LEGGE ELETTORALE: TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO…di Gianluca Medina

La recente approvazione della bozza Malan, dopo mesi di promesse e lassismi, ha riacceso il dibattito su un tema molto caldo. La domanda che tutti i cittadini italiani si dovrebbero porre è: quanto è determinante la legge elettorale nello scenario politico italiano? Un tentativo di risposta in un Paese, dove la memoria è sempre troppo breve, può essere data solo alla luce di un’analisi storico-tecnica. Se già di per sé ogni legge elettorale ha difficoltà nel tradurre esattamente la ripartizione politica della nazione in seggi parlamentari, quando questo paese si chiama Italia, la complicata e storica frammentazione politica rende più incerto il successo dell’intento della legge stessa. Va detto che, come spesso si dimentica, non esiste una legge perfetta, una ricetta segreta che possa al meglio esprimere le esigenze politiche del paese. Vero è, infatti, che le diverse alternative in materia di legge elettorale esprimono posizioni tanto diverse quanto legittime, fin dal primo bivio che ogni legge si trova davanti, cioè la scelta tra sistema maggioritario o proporzionale. A grandi linee, si può infatti dire che il difetto di un sistema equivale al pregio dell’altro. Semplificando, i seggi messi in palio in ogni collegio nel proporzionale vengono spartiti in proporzione al risultato del voto, mentre nel maggioritario spettano tutti al partito vincente. Pertanto, il maggioritario fa sì che solo pochi e forti partiti si aggiudichino i seggi, con il pregio di favorire una stabile governabilità e con il difetto di non garantire un buon tasso di rappresentatività. Per il proporzionale invece è esattamente il contrario, anche se spesso si introducono metodi correttivi, come i premi di maggioranza o le soglie di sbarramento, per rendere più stabile il Parlamento che verrà eletto. A primo acchito, il sistema proporzionale può sembrare più giusto, nel senso che è ineccepibile che il Parlamento debba espressione democratica delle forze politiche del

Paese, ma eccovi due dati interessanti. Il primo è che oggi nel Parlamento Italiano risiedono esponenti di 24 partiti, nonostante l’attuale legge elettorale preveda soglie di sbarramento, mentre nel Parlamento Tedesco solo di 6. Il secondo dato, il più assurdo, è che per ben 3 volte è accaduto la ridicola situazione, aldilà del significato storico, in cui il Governo appena nominato si sia visto negare dal Parlamento la fiducia necessaria per l’insediamento. Nella storia repubblicana, si possono identificare 3 fasi dei sistemi elettorali italiani, la prima proporzionale: dove fin dai tempi dell’Assemblea Costituente si decise di favorire l’incessante dibattito tra tutte le diverse fazioni politiche che riemersero dopo il Ventennio: l’oscuro lato della medaglia però fu l’instabilità dei governi, tanto da giungere agli eccessi già accennati, e talvolta anche disegni delle coalizioni successivi al momento dell’elezione. La seconda fase si apre nel 1993, quando la Legge Mattarellum si prefisse il difficile obiettivo di correggere e rivoluzionare interamente il sistema, proponendo un sistema misto tra proporzionale (25 %) e maggioritario (75 %). La positiva diminuzione delle crisi di governo, ma non la totale scomparsa fu la dimostrazione di come i partiti minori risultavano ancora un elemento decisivo nelle maggioranze: nel 1994

fu il mancato appoggio della Lega Nord (8,4 %) a provocare le dimissioni di Berlusconi, mentre nel 1998 furono, tra l’altro, insanabili contrasti all’interno del PRC a far crollare il Governo Prodi I. Nel 2005 si apre la terza ed ultima fase, quella del Porcellum, come definita dal relatore Calderoli, che ha reintrodotto un intero sistema proporzionale e la novità del premio di maggioranza, che per risolvere una volta per tutte il problema delle maggioranze stabili. Se tale legge meritò l’appellativo di “porcata”, fu proprio per l’inefficienza del sistema del premio di maggioranza, che nella sua formulazione garantiva una forte maggioranza alla Camera ma non al Senato. Ed i ribaltoni, anche in questa fase, non sono mancati. Dopo questo lungo viaggio torniamo all’oggi: della bozza Malan si sa che riproporrebbe un proporzionale con un premio di maggioranza e soglie di sbarramento rialzate. Per concludere, se c’è qualcosa da imparare dai sistemi elettorali del passato è sicuramente l’importanza degli aspetti tecnici e dell’intento di cui si fanno carico, ma d’altro canto anche l’impossibilità di risolvere del tutto i difetti politici, se può passare il termine, del frazionamento partitico e politico italiano. Chissà se potrà farlo il terremoto politico di questi tempi. Ad Aprile 2013 l’ardua sentenza.

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ATTUALITÀ

Se questo è giornalismo.di Flavio Panteghini

Libertà. Che bella parola, quante sfumature di significato essa racchiude in sé! Oggi la troviamo ovunque, dai discorsi alticci da bar di paese ai nomi di partiti politici... Che stia diventando un tantino abusata?In questi giorni si parla molto di una sua particolare sfaccettatura, ovvero la libertà di stampa. Tutto è nato da Alessandro Sallusti, (neo)ex-direttore del Giornale condannato a 14 mesi di detenzione, 5 mila euro di multa e 30 mila di risarcimento dalla Corte d’appello di Milano. Galeotto fu “Dreyfus”, firmatario di un articolo pubblicato nel 2007 su Libero (quotidiano allora diretto proprio da Sallusti), colpevole di diffamare pesantemente un giudice titolare di Torino, Giuseppe Cocilovo. Nel ciclostilato mondo dell’informazione si è scatenato un putiferio, un vibrante coro di indignazione bipartisan, al quale sono subito seguite semplificazioni e banalizzazioni altrettanto bipartisan. Trovo quindi opportuno fare un po’ di chiarezza, onde evitare analisi grossolane di una vicenda sicuramente delicata.Innanzitutto, i fatti. Nel 2007 Valentina, ragazzina tredicenne di origine peruviane, incappò in una gravidanza indesiderata. Dopo averne parlato con la madre adottiva, la ragazza scelse di abortire. Per non mettere il severo padre adottivo al corrente della situazione scelsero di parlarne con un giudice titolare (Cocilovo, appunto), il quale decise di accordare il permesso anche senza l’assenso del genitore, agendo in modo perfettamente legale (infatti nei casi in cui non si riesca a trovare un accordo tra i genitori, oppure la ragazza non desideri farlo sapere alla famiglia, il giudice tutelare è pienamente autorizzato a procedere).Peccato che “Dreyfus” (che si è scoperto essere nientepopodimeno che il parlamentare pidiellino Renato Farina, già radiato dall’albo dei giornalisti per aver diffuso notizie false in cambio di denaro) abbia ricostruito la vicenda in

maniera “lievemente” diversa: secondo l’articolo pubblicato su Libero, Cocilovo costrinse la ragazza ad abortire, causandone il ricovero in quanto “a rischio suicidio”.Tralasciando altri elementi dell’articolo del non più anonimo Dreyfus-Farina (come la memorabile frase “se ci fosse la pena di morte e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso”), trovo tutta questa situazione assai pericolosa, sotto diversi punti di vista.Innanzitutto credo venga spontaneo chiedersi se sia giusta o meno l’incarcerazione di un giornalista. Sono d’accordo con chi sostiene che ciò non dovrebbe mai accadere, anche perchè ho paura che Sallusti dietro le sbarre possa costituire un pericoloso precedente. Se mi limitassi ad analizzare il caso specifico in tutto il suo squallore, forse -lo ammetto- la mia convinzione potrebbe vacillare, ma mi rendo conto che principi come questo siano troppo importanti perchè vi si possa rinunciare.Detto questo, ricordiamoci che Sallusti non è la vittima, ma il “colpevole” (ragione in più per temere un’incarcerazione che potrebbe renderlo “martire” agli occhi di molti).Il giornalista esercita un forte ascendente sui cittadini, in quanto fornisce loro gli elementi su cui basare il proprio giudizio. Di conseguenza ha il dovere deontologico di informarli pubblicando la verità (o almeno non mentendo consapevolmente). E il direttore di un giornale ha il dovere di controllare i suoi articoli. Punto.

Minare volontariamente e in maniera così profonda la credibilità umana e professionale di una persona non è forse qualcosa di estremamente grave? Inoltre Sallusti in cinque anni non ha mai rettificato le falsità pubblicate, nonostante le ripetute richieste di Cocilovo (che, come ha dichiarato più volte, si sarebbe accontentato di questo).Tutto ciò è un crimine contro l’autonomia di pensiero della stessa popolazione, che si vede negata la possibilità di costruirsi un’idea basata su fatti quanto più obiettivi.Non vale barricarsi dietro al concetto di libertà di stampa: un giornalista ha innanzitutto dei doveri nei confronti della libertà dei cittadini, e deve rispettarla. Vedendola da questo punto di vista, radiare dall’albo i responsabili di atti simili vi sembra davvero un’idea troppo estrema?Ribadisco, non voglio vedere Sallusti dietro le sbarre (per principio, per non creare precedenti, per evitare che l’ex direttore e certi suoi sostenitori proseguano su quella strada del vittimismo e dell’ “anti-magistratura “ che hanno già cominciato a battere), ma voglio sapere che schifezze di questo tipo (specialmente se reiterate, e questo vale sia per lui che per Dreyfus-Farina) non abbiano più modo di esistere. La vittima, lo ripeto, non è Sallusti. Le vittime sono i cittadini e il giudice diffamato. Un giornalismo perpetrato non da segugi dell’informazione ma da cani da riporto non merita difese. Cerchiamo di non scordarcelo.

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RUBRICA

RUBRICA

Lo spunto “sensibile”

“I prigionieri dimenticati”

Quando mi è stato chiesto di avviare una rubrica LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) curata da un attivista Arcigay Bergamo CIVES, ho iniziato a pensare ai temi da trattare in questo spazio e a come farlo. Un buon redattore dovrebbe dare risposta alla regola delle 5 W, quindi potrei iniziare presentando CIVES, dicendo chi siamo, cosa facciamo e bla bla bla. Ci sono diversi modi per trattare le tematiche LGBT, ma credo che in un giornalino di giovani le presentazioni formali non abbiano molto senso. Ergo, piuttosto che sciorinare lezioni ex cathedra, forse è giusto usare questo spazio come un momento di comunicazione informale e spontanea, “tra pari” direbbe un educatore, trattando le tematiche LGBT non all’interno di un articolo di giornale, ma come se fosse un racconto personale, fatto di concetti semplici, emozioni e incazzature (perché troppo spesso ci sono anche quelle). Forse comunicarci all’interno di una rubrica “leggera” diventa un mezzo per raccontare della comunità LGBT al di fuori delle cosiddette “sedi di rappresentanza”.Arcigay rischia di essere percepita come un’Associazione “che sta di là”, che non entra in contatto con i soci e con la gente comune. Difetto di forma? Difetti di comunicazione? Io non lo so, ma se così fosse, allora vanno trovate delle soluzioni per recuperare il legame forte con la comunità LGBT, così come con il territorio.Una può essere questa mezza pagina su LED, dove raccontare la vita quotidiana da attivista; circa 2000 battute al mese per esprimere il mio punto di vista, quello di un attivista, ma in primo luogo di una persona, unica nella sua identità, come del resto lo è ognuno di noi. Un racconto personale, dunque, all’interno del quale offrire spunti per il superamento dei pregiudizi sulla comunità LGBT, rivedendo gli stereotipi di riferimento, spesso sbagliati o originati dal voler generalizzare e banalizzare su una comunità variegata, inserita all’interno di una comunità ancora più eterogenea quale è la società contemporanea.

di Tangianu Davide Silvio

“I prigionieri dimenticati”. Così esordisce il titolo di testa dell’”Observer” il 28 maggio 1961. L’avvocato Peter Benenson denuncia una storia tanto assurda quanto reale: due studenti portoghesi vengono arrestati e condannati a sette anni di reclusione per aver brindato alla libertà.In quello stesso articolo, Benenson invita tutti i lettori a mobilitarsi a favore dei due studenti.In mille persone accolgono l’appello, in mille fanno risuonare l’eco di questo movimento; quel giorno nasce Amnesty International.Amnesty International è una Organizzazione Non Governativa creata per difendere i diritti umani, ovunque questi siano violati.Come Attivista ho potuto vivere sulla pelle una lotta non violenta portata a garantire quei diritti inviolabili degli

esseri umani, sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (DUDU), che troppo spesso la gente dimentica in un cassetto e che, ancora più di frequente, le persone non sanno di possedere.Amnesty si ritiene un’Organizzazione apartitica, poiché non permette sovvenzioni da partiti politici, governi o società, ma finanzia il proprio lavoro mondiale attraverso donazioni spontanee dei soci e dei sostenitori. In questo modo diventa un’Organizzazione incorruttibile e votata al proprio ineluttabile scopo: difendere e garantire i Diritti Inalienabili di più di 7 miliardi di Persone in tutto il mondo. Come agisce? Semplicemente raccogliendo firme. Gli appelli, completi di tutte le firme raccolte, vengono inviati sotto forma di lettera nei Paesi e alle Istituzioni dove Amnesty ha riscontrato, tramite un’accurata indagine imparziale, una o più violazioni dei diritti della DUDU.

Il corpo complesso di questa Organizzazione Mondiale ha reso più forte la propria influenza sui Paesi del nostro pianeta facendo di sé stessa un faro per coloro a cui sono sottratti quei diritti umani fondamentali.Gli appelli possono essere firmati sia in cartaceo, sia on-line grazie al sito italiano www.amnesty.it.Amnesty International è e rimane un punto di riferimento importante, una mano salda sulla pace e l’integrità della giustizia.

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ATTUALITÀ

Che cosa è facebook?di Martina Melgazzi

Dicono che Facebook sia lo specchio del nostro desiderio di un mondo senza antipatie, gelosie e inimicizie. Insomma, una meravigliosa oasi virtuale dove armonia e confidenza sembrano essere le parole d’ordine. Forse dovremmo chiudere un occhio, meglio due, sui perversi e paranoici meccanismi che portano molti di noi a sfogare in Facebook le nostre più recondite frustrazioni e invidie. Altro che oasi, qui siamo nella giungla. Effettivamente Facebook ci protegge dalla devastante complessità del mondo reale, semplificandoci assai la vita: ecco che al posto delle mille sfumature (non di grigio, né di nero o rosso) dei rapporti interpersonali, si sostituiscono tre pratici gradi di separazione tra gli utenti. Non-amici, amici, amici di amici. Che stupendo calderone! Alzi la mano chi non ha tra i propri amici almeno una persona che cordialmente non sopporta. Alzi la mano chi non ha mai avuto un amico, perfettamente sconosciuto, attraverso il quale Facebook consigliava di stringere amicizia con altri amici di amici, perfettamente sconosciuti anch’essi. Dove è il problema? Concediamoci senza remore a questo nuovissimo continente virtuale, dove tutti ci conosciamo e ci cerchiamo, dove ogni nostra azione ci cataloga e ci segue: possiamo finalmente lasciare il segno! Non è forse vero che Facebook eleva all’ennesima potenza tutte quelle piccole, quotidiane, squisite bugie che ci raccontiamo per scappare alla solitudine e alle inimicizie? Attenzione però: credete che dietro ogni account ci sia effettivamente una persona reale? Se la vostra risposta è sì, allora non siete al corrente di uno dei (tanti) problemi che sta attualmente facendo venire gli incubi al buon Zuckerberg e ai suoi collaboratori. Certamente, su Facebook ci sono ormai più di 900 milioni di utenti, ma almeno il 9% di essi sono dei fake profiles. Profili falsi. 83 milioni di account,

siano essi doppioni di fantasia, profili di aziende o veicolatori di spam, sono posseduti da persone inesistenti. Che tragedia per Facebook! Ovviamente, a sentire gli addetti ai lavori, lo sgomento è causato da profondissime ragioni etiche e di sicurezza. Siete scettici? Anche io, tanto più che esiste una piccola, insignificante, seconda ragione: il grandioso business fondato sui like agli sponsor pubblicitari. Più account, preferibilmente veri e sfruttabili, si interessano agli spazi pubblicitari sul social network, meglio è

Sacrifici e devozione. Sudore sugli occhi,che brucia. Chini il capo e sforzi la schiena. I muscoli fanno male ma il risveglio sarà ancor peggio. Il minuscolo assemblaggio legnoso e colorato che era Gull’s Wing si affaccendava muto nelle proprie attività. Dalla massaia al fabbro tutti sembravano come assopiti nel proprio disinteresse. Il destro lavorava come fosse mancino e viceversa:senza volerlo, ognuno volgeva i propri pensieri alla spiaggia. Il sole, camminando stanco verso l’orizzonte, dipingeva venature dorate sull’oceano ai suoi piedi,al di sotto del quale, branchi di pesci mutavano la loro forma in una sorta di melliflua danza macabra. Le onde si abbattevano tranquille,senza fretta, sulla fredda spiaggia metallica. I gabbiani stessi,stanchi di una giornata di caccia,stavano appollaiati qua e là a godersi la regolarità degli scrosci senza fine: come un pendolo,infatti, si ripetevano con la massima precisione. Tutto era immobile al di fuori di quegli occhi azzurri che,silenziosamente,tremavano su quel viso abbronzato e grinzoso. Il capitano era sul pontile,immobile. Mentre una brezza leggera gli bisbigliava qualcosa all’orecchio, l’odore pungente del sale era una carezza romantica ed aromatica alle sue narici. Scrutava senza tempo il globo ardente che così tante volte aveva visto scomparire e comparir poi più allegro che mai il mattino seguente .La durezza del suo volto, poco si abbinava con le lacrime che ora copiose gli abbracciavano la folta barba, la quale,un tempo,fiammeggiava di un impavido rosso. Cadevano nella culla del capitano ed era come una stretta di mano tra guerrieri germanici,come un abbraccio tra un orfano e la riscoperta madre. Il capitano era sul pontile,incerto. Si strinse il colletto del logoro doppiopetto blu e cominciò a sfregarsi le mani nodose ricercando un po’ di calore. Rivolse ora lo sguardo proprio sotto al pontile,al mare : “La vita sotto questa superficie increspata e senza forma” pensava “ deve essere come un sogno…immobile…fermo in un attimo di velluto blu,torbido ed indistinto come uno di quei sogni difficili da ricordare ” sorrise “tutto a ritmo di Chopin”. Rialzò lo sguardo che ora traspariva serenità e dolcezza.Gli occhi erano ancora umidi,ma seri,immobili. Alzò la mano destra,come per salutare un amico lontano e Gull’s wing,ridestandosi,riprese a lavorare con più leggerezza e vigore del solito. Come quando, ripresosi da una febbre molto alta,un uomo scopre che ha ancor più voglia di vivere e ridere.

Allesandro Pilia

Rubrica "raccontando"

(e più guadagni si ottengono). D’altronde, gli affari sono affari, e anche le stesse aziende, grandi o piccole che siano, lo sanno molto bene. Volete garantirvi una discreta pubblicità e numerosi fans? Vi consiglio di dare un’occhiata alla pagina Pagine aziendali creiamo su Facebook. Non preoccupatevi, assicurano la massima professionalità ed hanno un listino prezzi invidiabile: 300 euro per una pagina, 50 euro per 100 fans e 350 euro per il top, 1000 fans. La loro bravura è assicurata dalle 821 persone che hanno apportato like all’associazione: dando una veloce occhiata ai profili di questi utenti, palesemente fasulli ed inventati a tavolino, non saprei se ridere o ritenerla una geniale mossa autoreferenziale.

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ATTUALITÀ

Internazionale a Ferrara: una città in Festival

Torniamo alla nostra arte!

Isacco Cividini

Ebbene, il grande momento. La partenza, l’addio, la vita nuova in un paese straniero, una città lontana dove tutto e tutti sono sconosciuti e ogni cosa deve essere ricostruita da zero. L’anno Erasmus...Va bene basta, penso possa bastare così. Alla fine l’epica non mi si addice più di tanto, e soprattutto è piuttosto fuori luogo usarla per raccontare le (dis)avventure di uno studente bergamasco allo sbaraglio in giro per la Spagna. Quella che va a incominciare ora è una rubrica tutta speciale che racconterà il mio lungo anno di Erasmus a Madrid. Ovviamente non si tratterà solo di un mero racconto di feste, sbronze e incontri ravvicinati con umani e non di tutti i sessi esistenti, qualunque siano gli stereotipi imperanti sull’Erasmus (tutta invidia), ma bensì sarà (o almeno vorrei provare a renderlo tale) anche il racconto di una società, di una città e di un paese, dei loro problemi, dei loro pregi e difetti. Certo sembra una cosa molto molto pretenziosa, e vi domanderete prima di tutto chi me lo fa fare, secondo dove spero di andare, che tanto passerò i prossimi mesi in uno stato permanente di semincoscienza alcolica. Sarà quel che sarà, lasciatemi almeno i buoni propositi. D’altronde chi ben comincia è già a metà dell’opera, no?Per ora sappiate che ho una casa (e che gli ospiti son ben accetti), che l’ambientamento nel formicaio di studenti stranieri che c’è in questa città procede a gonfie vele e che tutto va nel verso giusto. Alla prossima puntata per il racconto dei primi mesi!

di Giulia Costantini

Immaginatevi Bergamo colorata e viva. Migliaia di persone da tutta Italia e dall’estero passeggiano per la città: la abitano, vivono e attraversano con curiosità e stupore spazi che noi conosciamo tanto bene. Immaginate di mischiarvi a loro per tre giorni di conferenze, dibattiti, interventi di giornalisti ed esperti, film e spettacoli a tutte le ore del giorno, negli spazi più belli della nostra città. Che ve ne pare di

questa Bergamo?Bene, tornate ora alla realtà. Questo è esattamente ciò che è accaduto a Ferrara dal 5 al 7 ottobre: come ogni anno ha ospitato il festival di Internazionale (una rivista settimanale che raccoglie i migliori articoli dai più importanti giornali di tutto il mondo). La città si trasforma, si colora di giallo ed è invasa da gente, parole e pensieri

Di Mara Piras

L’ultima volta vi avevo lasciati con un piccolo accenno all’Accademia Carrara e all’idea di mostrarvi di volta in volta ciò che nasce da noi studenti, giovani artisti.Il lavoro che vi propongo questo mese è frutto della mente e della mano (soprattutto!) di Natasha Rivellini, studentessa iscritta al 3° anno di Accademia di Belle Arti, nel Dipartimento di Arti Visive.Quest’opera, nata durante varie lezioni del corso di “Tecniche dell’incisione”, è una reinterpretazione di un dipinto del pittore lombardo Vincenzo Foppa, “I tre crocifissi” del 1456, (conservato peraltro nella Pinacoteca Carrara) e consiste in una riproduzione di una metà del quadro dipinta con inchiostro blu su un supporto di cartone che, utilizzato come matrice, è stato stampato su una superficie di carta velina; quest’ultima è stata poi piegata simmetricamente in corrispondenza della parte interrotta del quadro per ottenere infine un’immagine

da tutto il mondo, in ogni piazza, ogni cortile, nei teatri della città e nelle strade rosse. Mi sono sentita ignorante a Ferrara. Ignoro le notizie del mondo, e spesso percepisco come inutile e dannosa la politica dei “piani alti”, perché “tanto è sempre uguale”. Ma questi tre giorni lasciano dentro la voglia di approfondire e di capire cosa succede davvero intorno a noi, ora. Perché non è vero che è tutto uguale, perché un mutamento è in atto e passa anche attraverso manifestazioni come questa, in cui sentirsi ignoranti è il primo passo per andare oltre.

completa e visibilmente simmetrica.Il titolo, mantenuto volontariamente invariato, rimanda non solo al numero dei soggetti presenti nell’immagine, ma soprattutto al processo del lavoro stesso, caratterizzato appunto da tre passaggi differenti sopraindicati: la realizzazione della matrice, la copia della stessa e infine la copia della copia.Il risultato finale è una sorta di evanescente visione, una macchia evocativa che sembra crearsi e definirsi davanti agli occhi dello stesso osservatore.

Il Bergherasmico

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INTERVISTA

Per sentire il vento contro il visodi Pietro Salimbeni

Martina, presentati ai lettori di Giornaled. Mi chiamo Martina Caironi e sono una ragazza di Bergamo. All’età di 18 anni in seguito ad un incidente stradale ho subito un’amputazione della gamba sinistra. Dopo alcuni anni, ho deciso di ritornare a fare sport e iniziare a correre. Questo è stato possibile grazie ad una protesi tecnologica in fibra di carbonio che mi è stata data nel 2010. La mia specialità sono i 100m e in questi anni ho partecipato e vinto diverse competizioni. A Londra ho vinto l’oro e stabilito un nuovo record del mondo: 15.39 sec. Prima dell’incidente giocavi a pallavolo. Come mai dopo hai deciso di dedicarti all’atletica e non di continuare con il tuo sport (del resto presente alle Paraolimpiadi di Londra), il sitting volley?La pallavolo che giocavo io è uno sport che si pratica in piedi ed è molto dinamico. Il sitting volley invece è proprio un’altra cosa in quanto, nonostante l’alto tasso tecnico, si fa da seduti. A me non piaceva l’idea di non poter correre e saltare. Poi, mi sono affacciata all’atletica quasi per caso. Il mio obiettivo quando ho preso una protesi da corsa era quello di poter ricominciare a correre e, come dico sempre, di poter sentire di nuovo il vento contro il viso, sentire di poter andar veloce come prima. Poi mi hanno trascinato e mi sono lasciata trascinare volentieri nel mondo dell’atletica. Nel giro di pochi anni hai vinto molto e hai anche stabilito nuovi record. Forte dei tuoi risultati, con quale spirito e con quali aspettative ti sei presentata alle Paraolimpiadi di Londra 2012?Ero consapevole che se non avessi fatto cavolate sarei potuta arrivare sul podio. Lo sapevo perché erano i tempi a parlare. Io comunque mi sono presentata lì con lo spirito di fare una bella gara. Sapevo che le variabili erano tante: l’emozione di essere lì a Londra, il debutto alle Paraolimpiadi, le aspettative della gente e poi lo stress dovuto soprattutto alla pressione mediatica. Io ho cercato

di non pensare a tutto questo. Sono arrivata grintosa e carica e, anche se in un angolino del cuore mettevo in conto che qualcosa poteva andare storto, nel momento subito precedente alla gara mi son detta: “Marti, questa è l’ora X. Non far cavolate e daje!” 4 Come ci si prepara per arrivare alle Paraolimpiadi e vincere una medaglia?Ci vuole tanta costanza. Io ho iniziato ad allenarmi da fine autunno facendo preparazione fisica in palestra e aumentando gli allenamenti. A causa della mia vecchia protesi, che al momento uso solo per il salto in lungo, ho avuto dei problemi alla schiena . Poi ci si è messo il problema della caviglia e anche lì ho dovuto alternare gli allenamenti con il riposo e allenamenti in piscina.Comunque credo che l’ingrediente più importante della preparazione sia la voglia, la capacità di saper guardare a distanza l’obiettivo e di riuscire, con molta costanza, a fare piccoli passi per avvicinarcisi sempre più. 5 Le tue doti atletiche e la tua forza sono fuori discussione, le tue medaglie lo dimostrano. Per vincere così tanto, dopo aver vissuto un momento drammatico, bastano solo le proprie doti fisiche e un grande carattere?Si il fisico è importante senza alcun dubbio. Però è importante credere in

sé stessi e questa condizione mentale la raggiungi solo con l’affetto delle persone che ti stanno vicino. Nel mio caso oltre ai miei genitori e i miei amici devo ringraziare le persone che mi hanno introdotto a questo sport: il mio allenatore Mario Poletti e tutto il comitato paraolimpico che ha puntato su di me. Oltre a preparare bene il fisico è necessaria la prontezza di spirito. In questi momenti di massima tensione e stress devi saper gestire l’emozione e anche se tremi tutto il tempo non devi lasciarti intimorire.6 Progetti per il futuro?Studio cinese a spagnolo quindi vorrei andare in Cina per migliorarmi, in Spagna ci son già stata. Nel 2013 ho i mondiali a Lione, la laurea da raggiungere al più tardi nel 2014 e poi continuare ancora con gli studi. Un altro sogno è andare in sud America, in un viaggio per ritrovar me stessa, ma anche per portare la testimonianza di un’atleta paraolimpica in un paese che nella mia disciplina non ha presentato atleti. Finché ne avrò la forza voglio correre, studiare e viaggiare e alla fine di tutto mi piacerebbe insegnare per portare il mio messaggio e la mia esperienza alle nuove generazioni. Leggete l’intervista integrale sul nostro sito!

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GIOCHI

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Facile

SUDOKU

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FirmeChiara MiciaGiada Grassi

Paola MigliettaLaura Lipari

Alessandro PiliaMatteo Locati Matteo Pesenti

Federica BellavitiFatima Villa Akharuku

Daniele TarollaPietro SalimbeniMirko Maggioni

Alessandro OduroAndre OduroElsa AlbrigoniFabio Fusco

Alessia PalmaRoberto PinottiAndrea CastelliFlavio PanteghiniGiulia Costantini

Gaia ZanellaEnrico TerziMara Piras

Maria Giulia ColombiAlice Barcella

Alfredo AmadoriFrancesco Della Vite

Isacco CividiniAhsaan Javed

Gianluca MedinaZlatan Mrkva

Noemi Migliaccio

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Contatti:

Il laboratorio teatrale è completamente gratuito e

si svolgerà presso lo Spazio di Aggregazione Giovanile “Zuma”,

via Cavalieri di Viorio Veneto, 5 - Scanzorosciate (Bg)

Per maggiori informazioni scrivere a [email protected] o contaare il numero 377 9880194

Comune di Scanzorosciate

Assessorato alle Poliche Giovanili

PROGETTO GIOVANI

Laboratorio teatrale rivolto a

ragazze e ragazzi tra i 18 e i 24 anni Primo incontro di prova

Giovedì 15 Novembre 2012 Ore 20,45

Il gruppo teatrale

“Radici e Fronde” vi invita a partecipare a

Tute da lavoro

7PECCATICAPITALI

06/10 Lussuria 03/11 Ira 01/12 Gola 12/01 Invidia 02/02 Superbia02/03 Accidia 06/04 Avarizia