Gioco di Ma questi grillini L’EDITORIALE /1 prestigio? · nell’Europa occidentale e...

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WWW.DEMOCRATICA.COM n. 170 giovedì 19 aprile 2018 N on cessano le pressioni sul Pd affinché sostenga un governo con il M5S. Non si tiene però conto di un dato fondamentale: che l’interlocutore con il quale il Pd dovrebbe accordarsi non ha dato fin qui segno di essere minimamente affidabile. E se il tuo interlocutore non è affidabile, come puoi seriamente trattarci? Come puoi andare a vedere le carte di qualcuno che probabilmente sta barando? Questi sono interrogativi ineludibili in primo luogo per i fautori della linea del “diciamogli tre o quattro punti per noi prioritari e facciamoli partire”. PAGINA 2-3 Gioco di prestigio? Governo Verso un’intesa M5s-Lega con appoggio esterno di Berlusconi? Renzi: “Tocca a loro. Il 19 ottobre la Leopolda” Ma questi grillini non sono affidabili L’EDITORIALE /1 Dario Parrini “Carmine Spada intimò: ‘Tutti dentro, lo spettacolo è finito’. Io rimasi dentro” (Federica Angeli oggi in Tribunale) SEGUE A PAGINA 2 A 70 anni dalla fondazione dello Stato di Israele, ognuno può trarre dalla ricorrenza di questo evento storico uno spunto di pensiero sulle vicende che da sempre tracciano i confini che dividono e ricompongono il Vicino Oriente. Israele è stato ed è la realizzazione quasi miracolosa della rinascita nazionale del popolo ebraico, come esito di un movimento politico principalmente laico, all’inizio, il sionismo, frutto di un’elaborazione, che a partire dalla seconda metà dell’800, sorge come risposta ad una frustrante e drammatica crescita dei fenomeni di antisemitismo nell’Europa occidentale e nell’Europa orientale e in Russia. C ara Paola, abbiamo letto con interesse e attenzione la tua lettera su Democratica e siamo molto liete (e lieti) che stia nascendo un dibattito sul tema che abbiamo sollevato. In fin dei conti questo era l’obiettivo principale, fare in modo che la questione rientrasse in agenda, non certo costruire una corrente “di donne”. Israele, i 70 anni di una democrazia difficile Cara Concia, nessuna “corrente” di donne L’EDITORIALE /2 L’EDITORIALE /3 Emanuele Fiano Laura Puppato SEGUE A PAGINA 5 PAGINA 3 PAGINA 4 PAGINA 6 Merkel-Macron, si prova a ripartire Serianni: “Sanzioni a chi viola le regole” EUROPA BULLISMO

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WWW.DEMOCRATICA.COM

n. 170giovedì

19 aprile2018

Non cessano le pressioni sul Pd affinché sostenga un governo con il M5S. Non si tiene però conto di un dato

fondamentale: che l’interlocutore con il quale il Pd dovrebbe accordarsi non ha dato fin qui segno di essere minimamente affidabile. E se il tuo interlocutore non è affidabile, come puoi seriamente trattarci? Come puoi andare a vedere le carte di qualcuno che probabilmente sta barando?Questi sono interrogativi ineludibili in primo luogo per i fautori della linea del “diciamogli tre o quattro punti per noi prioritari e facciamoli partire”.

PAGINA 2-3

Gioco di prestigio?

Governo Verso un’intesa M5s-Lega con appoggio esterno di Berlusconi? Renzi: “Tocca a loro. Il 19 ottobre la Leopolda”

“Ma questi grillini non sono affidabili

L’EDITORIALE /1

Dario Parrini

“Carmine Spada intimò: ‘Tutti dentro, lo spettacolo è finito’. Io rimasi dentro” (Federica Angeli oggi in Tribunale)

SEGUE A PAGINA 2

A 70 anni dalla fondazione dello Stato di Israele, ognuno può trarre dalla ricorrenza di questo evento storico uno spunto di pensiero sulle vicende

che da sempre tracciano i confini che dividono e ricompongono il Vicino Oriente.Israele è stato ed è la realizzazione quasi miracolosa della rinascita nazionale del popolo ebraico, come esito di un movimento politico principalmente laico, all’inizio, il sionismo, frutto di un’elaborazione, che a partire dalla seconda metà dell’800, sorge come risposta ad una frustrante e drammatica crescita dei fenomeni di antisemitismo nell’Europa occidentale e nell’Europa orientale e in Russia.

Cara Paola,abbiamo letto con interesse e attenzione la tua lettera su Democratica e siamo molto liete (e

lieti) che stia nascendo un dibattito sul tema che abbiamo sollevato. In fin dei conti questo era l’obiettivo principale, fare in modo che la questione rientrasse in agenda, non certo costruire una corrente “di donne”.

Israele, i 70 anni di una democrazia difficile

Cara Concia, nessuna “corrente” di donne

L’EDITORIALE /2

L’EDITORIALE /3

Emanuele Fiano

Laura Puppato

SEGUE A PAGINA 5

PAGINA 3PAGINA 4 PAGINA 6

Merkel-Macron, si prova a ripartire

Serianni: “Sanzioni a chi viola le regole”

EUROPA BULLISMO

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2 giovedì 19 aprile 2018

Verso il voltafaccia di Di Maio: si lavora all’accordo con Lega-Fi

A dispetto di mille proclami dunque finisce con Di Maio che sceglie Berlusconi. Inutile girarci incontro: Elisabetta Ca-sellati sta costruendo (almeno finora) un puzzle che prevede

un governo M5s-Lega con l’appoggio di Forza Italia. E’ un colpo di scena in piena regola. Agli antipodi di quanto dichiarato solo 24 ore fa dal capo pentastellato - “mai con Berlusconi” - dal quale adesso ci sono da attendersi vacui e falsi politicismi secondo i quali Forza Italia non è influente sul piano dei numeri. Non tut-to è a posto, s’intende. Sono di non poco conto

i tasselli che devono ancora andare sistemati: dal nome del capo del governo, al programma, tanto per dire due cosette. Sul primo aspet-to appare difficile, se non impossibile, che Di Maio rinunci alla poltrona di palazzo Chigi (che avrebbe invece senz’altro perso nel caso di una futuribile intesa M5s-Pd), poltrona che invece è stata abbastanza snobbata da Salvini, pago di giungere nella stanza dei bottoni da detentore della golden share dell’esecutivo.

In quanto al programma, si ipotizza un ac-cordo minimo, in grado di far partire il gover-no, e poi si vede. Con Berlusconi nei pressi di palazzo Chigi, certamente “accontentato” sul piano delle garanzie per i suoi interessi poli-tici e privati. Questo è il vero punto politico dell’operazione.

E così ci troviamo di fronte a un gioco di pre-

stigio degno dei peggiori momenti della Prima Repubblica. Quello che si sta apparecchian-do è un accordo di potere, diretto dall’uomo che avrebbe dovuto rappresentare il “rinno-vamento” ma che invece si sta comportando come un doroteo di terza fila.

Da Elisabetta Casellati era salita la delega-zione del centrodestra con Salvini, Berlusco-ni (oggi silente e defilato, non più showman come l’altro giorno al Colle)) e Meloni. ”Nu-triamo la fondata speranza che si riesca fi-nalmente a superare la politica del no che in molti hanno portato avanti fino a oggi. Confi-diamo che il secondo partito superi i veti e ac-cetti finalmente di sedersi al tavolo parlando di programmi e non dai posti”, aveva detto un Matteo Salvini meno ingrugnito del solito: “A dispetto di quello che abbiamo letto sui gior-nali, speriamo che per reciproca volontà si parli di cose da fare come la crisi, l’ Alitalia e la riforma fiscale che sta a cuore anche al Movi-mento Cinque stelle”. Pace fatta con Di Maio? “Sì, ci sono dei segnali di novità dal M5S, con-fidiamo oggi in quel che dirà Di Maio”, aveva risposto Salvini.

Vedremo cosa succederà nelle prossime ore. Può darsi che Casellati faccia un terzo giro per limare l’intesa. E così alla fine ci troveremmo di fronte a un gioco di prestigio degno dei peg-giori momenti della Prima Repubblica, a un accordo di potere diretto dall’uomo che avreb-be dovuto rappresentare il “rinnovamento” ma che invece si comporta come un politican-te di terza fila.

Politica

Mario Lavia CONDIVIDI SU

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La Casellati cerca una nuova maggioranza, incognita sul nome del presidente del Consiglio

Ma questi grillini non sono affidabili

Tesi insostenibile per due ragioni.

Perché trascura la non trascurabile questione dell’antidemocraticità dei processi decisionali e della filosofia

istituzionale del Movimento 5 Stelle. E perché fa finta di non vedere che siamo di

fronte a un partito che pur di impadronirsi del governo è pronto a sostenere tutto e il contra-rio tutto, anche sui temi più grossi e scottanti, con la sveltezza trasformistica propria di chi è opacamente subalterno a un’impresa privata avente per oggetto sociale la direzione di una forza politica.

Si discetta con leggerezza di “contratto alla tedesca” dimenticando che in Germania a fir-mare il contratto coalizionale non è stato un partito con un altro che ha denigrato fino a un istante prima del voto, bensì sono stati tre par-titi (la Cdu, la Spd e la Csu) che hanno cofonda-to la Repubblica dopo la sconfitta del nazismo e governato insieme per 9 degli ultimi 13 anni.

È un soggetto negoziale affidabile un parti-to a giudizio del quale un governo con la Lega e un governo col Pd pari sono?

È un soggetto negoziale affidabile un partito

che muove dalla pretesa integralistica dell’ir-removibilità della propria indicazione per la presidenza del consiglio e tarocca il proprio programma elettorale dopo il voto?

È da soggetto negoziale affidabile passare in pochi giorni da posizioni anti-Europa e fi-lo-Putin a una linea europeista e pro-Nato?

È da soggetto negoziale affidabile avere un capogruppo al Senato che oggi parla di ri-levanti similitudini tra i programmi del M5S e del Pd, mentre appena dieci giorni fa, il 9 aprile, aveva invitato il Pd a farsi stampella dei grillini con il sofisticato argomento che ciò avrebbe consentito ai democratici di espiare i propri peccati?

Questi fatti vanno presi per quel che sono: manifestazioni di opportunismo deteriore.

Il professor Giacinto della Cananea, incari-cato da Di Maio di individuare i punti di in-contro tra il programma pentastellato e quelli degli altri partiti, non potrà che prendere atto che i programmi del Pd e del M5S sono incom-patibili.

Il reddito di inclusione non è il primo passo verso il reddito di cittadinanza.

È la sua negazione in termini di politica economica e sociale: la prima è una misura di sostegno attivo alla povertà, fattibile e coeren-te con la necessità di ridurre il debito pubbli-

co; la seconda è una misura assistenzialistica demagogica e sfascia-conti.

L’assegno universale per le famiglie con fi-gli e la riduzione degli oneri contributivi sulle baste paga, due punti che come il reddito di inclusione sono stati dei pilastri del program-ma elettorale del Pd, sono misure che costa-no quindici miliardi di euro e sono del tutto alternative all’abolizione della legge Fornero: da un lato le risorse per fare questa e quelle non ci sono, dall’altro è a tutti noto che la con-seguenza a medio termine di un incremento della spesa pensionistica in rapporto al pil è un aumento dei contributi previdenziali gra-vanti sulle retribuzioni.

Mentre la riduzione del costo del lavoro favorisce l’occupazione, il ritorno alle regole previdenziali ante-2011 avrebbe l’effetto di sfavorirla.

È difficile prevedere gli sviluppi dell’attuale crisi di governo.

Di sicuro quelli appena ricordati sono pro-blemi non ignorabili. Da questo punto di vi-sta non induce all’ottimismo il fatto che dalle elezioni siano trascorsi 46 giorni senza che i sedicenti vincitori siano stati in grado di far cessare i teatrini e di sbloccare la situazione politica con proposte credibili e nell’interesse del Paese.

Dario ParriniSegue dalla prima

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3 giovedì 19 aprile 2018Partito democratico

Cara Concia, nessuna “corrente” di donne

Cara Paola,

abbiamo letto con interes-se e attenzione la tua lettera su Democratica e siamo molto

liete (e lieti) che stia nascendo un di-battito sul tema che abbiamo solleva-to. In fin dei conti questo era l’obiet-tivo principale, fare in modo che la questione rientrasse in agenda, non certo costruire una corrente “di don-ne”. Condividiamo quanto hai scritto e stiamo lavorando per costruire un grande incontro delle donne democra-tiche, all’interno di un percorso che vuole coinvolgere anche gli uomini, ovviamente. «TowandaDem non è un gruppo chiuso e geloso di sé stesso, ma un momento di condivisione che ha già coinvolto migliaia di donne e uo-mini iscritti o con ruoli amministrativi e politici, in tutto il paese».

Ci permettiamo di fare alcune os-servazioni, non per rivendicare alcun-ché, ma perché, al fine di confrontarci è necessario conoscere le posizioni di ciascuna. «Speriamo che tu voglia fir-mare questo appello», che non è stato una semplice protesta (come tu stessa sottolinei evidenzia un problema non secondario dentro il pd) ma il frutto di un malessere che è esploso con queste elezioni; dove il PD ha percorso a ri-troso una conquista come la parità di genere. È necessario, riteniamo, dare merito al merito e crediamo che nes-suno possa obiettare sul fatto che «gra-zie a TowandaDem sia nato un dibat-tito molto forte» (anche con posizioni molto diverse e critiche tra loro, come è naturale). Possiamo davvero dire che il dibattito sarebbe nato con la stessa forza e attenzione, senza la pubblica-zione dell’appello? Le migliaia di firme raccolte sono servite a dare una scos-sa, ad accelerare i tempi, a pretendere l’attenzione dei dirigenti del Partito.

Infine, crediamo che non sia più tempo di ripartire ogni volta da zero, come se nulla fosse accaduto. Non vo-gliamo puntare il dito contro nessuno, ma siamo i figli della nostra storia, che è bene conoscere per non ripetere, lad-dove ha prodotto errori laceranti o ha creato disagio e incomprensione. Per ripartire, con più forza e consapevo-lezza superando i limiti del passato.

I problemi vanno affrontati con la volontà risolverli, anche se ciò potrà comportare tensioni o difficoltà. La cosa fondamentale è farlo avendo il PD come interesse principale. Ed è la base di ogni dibattito che ci interessa, l’uni-ca su cui costruire le scelte del futuro.

«TowandaDem era - ed è - una ne-cessità per il PD, era - ed è - un atto d’a-more per il nostro Partito».

gruppo promotore di Towanda Dem

Laura PuppatoSegue dalla prima

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Ben ritrovati, care amiche e cari amici. Ho saltato un paio di settimane nel nostro filo diretto e spero che possiate perdonarmi. Ho iniziato a viaggiare in giro per il mondo, come un ex premier deve fare, compatibilmente con gli im-pegni da Senatore. Viaggiare serve per restare aggiornato, per aiutare le realtà italiane, per imparare. La visita in Qatar è stata dovuta all’inaugurazione di una splendida Biblioteca Nazionale voluta dalla Sceicca Mozah che avevo incontrato a Palazzo Chigi: ricordate il nostro slogan “per ogni euro inve-stito in sicurezza, un euro investito in cultura”? Lo trovo più attuale che mai. La difesa della cultura, l’investimento nella conoscenza: questo è il primo modo per prevenire il terrorismo, per combattere la povertà educativa, per affermare una visione diversa della nostra società. Ci credo molto. E del resto, come diceva Marguerite Yourcenar, “fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro l’inverno dello spirito”. Vedere bambini e soprattutto bambine stare in biblioteca con un libro in mano è il gesto più rivoluzio-nario per il Medio Oriente e per il mondo intero. Non posso aggiornarvi sull’attività parlamentare perché fino a quando non si forma il Governo le Commissioni non partono. E l’Aula procede a rilento. D’altro canto eravamo stati facili profeti nel dire che dopo la bocciatura della riforma costituzionale formare un Governo sarebbe stato molto compli-cato per chiunque. Non faccio dunque polemiche: questa situazione era stata largamente annunciata da chi come noi aveva combattuto per quel referendum. Adesso, come abbiamo detto dal primo giorno, tocca ai vincitori delle elezioni. E vediamo se saranno in grado di farcela. Tocca a loro, come diciamo da sempre. Nel 2014, quando siamo andati al Governo, non avevamo tempo. Avevamo l’acqua alla gola. Nel giro di qualche settimana abbiamo dovuto dare la svolta. Nei primi 45 giorni - gli stessi che ci sperano dal voto del 4 marzo - avevamo già approvato le misure di urgenza: gli 80 euro, il tetto ai dirigenti pubblici, la diminuzione dell’Irap per le aziende, i primi decreti legge su PA e Lavoro. Avevamo del resto un PIL a meno 2%, il Fiscal Compact senza flessibilità in agguato, la questione immigrazione esplosa e una crisi aziendale dopo l’altra. Non potevamo permetterci il lusso di rinviare. Oggi la situazione del nostro Paese è migliore. E bisognerebbe avere l’onestà intellettuale di ricono-scerlo. Il Fondo Monetario ha appena rivisto al rialzo le stime sul PIL, gli occupati crescono secondo i dati INPS, i flussi migratori sono in netto calo. Persino su alcuni argomenti poco piacevoli come il pagamento delle tasse, chi in queste ore è alle prese con la dichiarazione precompilata tocca con mano le novità dei nostri mille giorni. C’è ancora moltissimo da fare. Ma l’Italia sta meglio rispetto a quattro anni fa grazie alle riforme. E se anche non ci viene riconosciuto dalla grande maggioranza dei commentatori, tutti sanno che questa è la verità. Chi in queste ore sta trattando per formare il Governo sa di non avere la spada di Damocle come avevamo noi quattro anni fa. Da italiano sono contento. Perché per noi l’Italia viene prima di tutto. Vi leggo sempre volentieri. A quelli che sentono la mancanza delle nostre iniziative politiche (e magari mi contestano di essere troppo lontano come mi hanno scritto in tanti dopo la pubblicazione di questo post) vorrei inviare un abbraccio grande. E l’invito a sbarrare nell’agenda le date 19-20-21 ottobre 2018. Quel fine settimana tornerà la Leopolda. Si chiamerà “La prova del Nove” e il titolo non ha bisogno di molte spiegazioni. Sarà il nono anno, certo. Ma non solo per questo sarà la prova del Nove. Sto ricevendo molte segnalazioni del popolo delle E-News su argomenti specifici da portare all’atten-zione del Senato. Vi sto leggendo e vedo che ci sono molti stimoli. Ci sono molti colleghi bravissimi e cercherò d’accordo con il capogruppo Marcucci di farmi aiutare da loro per affrontare i tanti spunti che mi state ponendo. Ai sindaci, soprattutto, dico che ci sono dei bravissimi colleghi - sia alla Came-ra che al Senato - che hanno fatto esperienza come primi cittadini. Vorrei che i sindaci di tutta Italia, di qualsiasi colore politico, sapessero che siamo a disposizione per cercare di affrontare insieme le questioni delle singole comunità. Proporrò che si costituisca un gruppo di lavoro su questi temi, coordinato da un ex sindaco. Pensierino della sera. Vorrei che arrivasse un abbraccio grande a Paolo Borrometi e a Federica An-geli. Sono due giornalisti, minacciati per ciò che hanno scritto. Minacciati cioè per aver fatto il loro lavoro. Vorrei che sentissero forte l’affetto del popolo delle E-News ma anche di tutte le donne e gli uomini di buona volontà del nostro Paese. Vivere sotto scorta non è piacevole nonostante la profes-sionalità degli agenti che ti aiutano. Farlo perché sei un giornalista è inaccettabile. Mi sono lamentato spesso del modo con il quale molte testate ci trattano (e continuerò a farlo, naturalmente :-) ). Ma vedere due ragazzi più o meno della nostra generazione rischiare la vita per quello che hanno scritto è inaccettabile. Un abbraccio a Paolo, un abbraccio a Federica, noi siamo con voi. Comunque e ovun-que. Un sorriso, amici E buon 25 aprile a tutti! Matteo Renzi

Enews di Renzi: “Lasciamo agli altri un’Italia migliore”

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4 giovedì 19 aprile 2018

Alle porte c’è un passaggio po-litico di notevole rilievo per il rilancio dell’Unione europea. E l’Italia rischia di non farne parte. Sebbene l’attuale gover-no sia ancora impegnato nelle

discussioni che riguardano la futura gover-nance europea – lo ha ricordato oggi il pre-mier Gentiloni – sarà complicato riuscire ad avere voce in capitolo nel prossimo Consiglio Ue di fine giugno senza un nuovo esecutivo le-gittimato dal Parlamento. In quella sede ver-ranno prese decisioni chiave per il futuro del Vecchio continente e non a caso nelle ultime ore è arrivato il pressing del Quirinale per un governo in tempi brevi. Tra i ragionamenti di Mattarella c’è anche la questione Europa, con la consapevolezza che politiche con la P ma-iuscola da parte di Bruxelles a favore dei cit-tadini riuscirebbero ad arginare i populismi anche in Italia. Lo stesso Gentiloni, oggi, chie-de “una soluzione politica in tempi rapidi”, ri-badendo come l’Italia non possa permettersi di restare fuori dalla dinamica che disegna il futuro dell’Ue.

Le scelte da fare per un rafforzamento del-la struttura istituzionale non sono poche. Sul

Merkel e Macron rilanciano l’Europa.E l’Italia dov’è?

Mondo

Stefano Minnucci CONDIVIDI SU

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Nel prossimo vertice Ue sul futuro del Vecchio continente il nostro Paese rischia di non avere alcuna voce in capitolo

Sicurezza e difesa comuneImmigrazione e diritto d’asiloNascita di un ministro delle Finanze unicoInserire o meno il Fiscal compact nei trattati europeiCompletamento unione bancariaPiano Juncker sugli investimenti Presidente unico della Commissione e del Consiglio europeoBilancio comune dell’area euroListe transnazionali dalle elezioni per Strasburgo del 2019

I temi caldi per il futuro del Unione europea

tavolo ci sono alcuni temi per i quali una con-vergenza europea risulta più semplice, come difesa e sicurezza, su cui peraltro si sono già raggiunte alcune intese: tutti i Paesi membri sono pronti a spendere di più per la difesa co-mune mettendo insieme le risorse a livello eu-

ropeo. Altro tema, più divisivo – su cui si può comunque raggiungere un accordo – riguarda invece l’immigrazione e il diritto d’asilo. Ci sono poi le questioni più complicate e diver-genti relative alla solidità finanziaria dell’Eu-rozona e all’unione bancaria.

E non è detto che in quest’ultimo caso sia il riformismo di matrice socialista a prevalere, con il conseguente rischio di trasformare even-tuali passi in avanti in passi di lato. Ad esem-pio, se è vero che la nascita di un ministro del-le Finanze unico rappresenterebbe una scelta di maggiore integrazione, è altrettanto vero che una sua declinazione a semplice burocra-te, garante rigido dei conti – come lo vorrebbe-ro i conservatori – finirebbe col rafforzare la linea del rigore e dei falchi anti-austerity. Con il conseguente rischio di un ulteriore ingros-samento del sovranismo e il sempre più netto distacco dei cittadini da Bruxelles.

Lo sa bene la cancelliera tedesca Angela Merkel che non a caso oggi a Berlino, in con-ferenza stampa congiunta con il presidente francese Emmanuel Macron, ha promesso che entro giugno Germania e Francia prenderan-no decisioni importanti per rilanciare Europa, “per proporre alle cittadine e ai cittadini euro-pei delle risposte alle grandi sfide attuali”. E il nostro Paese – con l’attuale governo avrebbe scelto di appoggiare quest’asse – ancora non è dato a sapersi da che parte politica si posi-zionerà visto che le posizioni ballerine di Lega e M5s sull’Europa (euro sì, euro no; regole sì regole no) sono piuttosto contrastanti e non la-sciano ben sperare.

Quel che è certo, invece, è il posizionamen-to di alcuni Paesi del nord Europa, che a gran voce respingono l’idea un bilancio dell’area euro per investimenti nei Paesi più fragili e chiedono procedure di default sul debito per i governi in difficoltà. Si tratta dei ministri delle Finanze di Olanda, Finlandia, Irlanda, Estonia, Lituania, Lettonia, Danimarca e Sve-zia che circa un mese fa hanno pubblicato un documento in cui viene contraddetto proprio lo spirito della condivisione proposto dall’asse franco-tedesco (e dall’Italia, fino a oggi).

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5 giovedì 19 aprile 2018

1947 - Risoluzione n. 181 delle Nazioni Unite che prevede la divisione della Palestina in tre parti, con uno stato ebraico sul 56% del territorio

1948 - 14 maggio: Nasce lo Stato di Israele che accoglie molti ebrei scampati alla Shoah.15 maggio: Guerra arabo-israeliana. La Lega Araba minaccia contro Israele “una guerra di sterminio e di massacro”. Armistizio nel 1949.11 dicembre: Risoluzione dell’Onu n. 194, che prevede che ai palestinesi «rifugiati che avessero voluto tornare alle proprie case e vivere in pace coi loro vicini, sarebbe stato permesso di farlo».

1956 - Seconda guerra arabo-israeliana con l’Egitto, a causa della chiusura del canale di Suez. Netta vittoria israeliana.

1968 - Inizia la lunga scia di sangue degli attentati palestinesi contro obbiettivi ebraici e israeliani in tutto il mondo.

1973 - 6 ottobre: nel giorno più sacro del calendario ebraico, gli eserciti di Siria ed Egitto attaccano a sorpresa Israele: è la Guerra dello Yom Kippur. Vittoria israeliana con i paesi arabi che accettano il cessate il fuoco.

1978 - 17 settembre: Firma degli accordi di Camp David tra Egitto e Israele

1988 - Agosto: Prima Intifada. Nasce il movimento islamico Hamas che proclama il Jihād contro Israele.

1993 - 13 Settembre: Firma alla Casa Bianca degli accordi di Oslo con storica stretta di mano tra il primo ministro israeliano Rabin e il leader del’Olp Araft

1994 - 4 maggio: Israele si ritira dal 70% della Striscia di Gaza e da Gerico.

2000 - Ottobre: Seconda Intifada dopo la ‘passeggiata’ di Sharon sulla spianata delle moschee.

2005 - Sharon decide il ritiro dei soldati e l’abbandono degli insediamenti nella Striscia di Gaza.

2008 - 27 dicembre: Dopo lanci di missili di Hamas su Tel Aviv. Israele si difende con l’offensiva militare “Piombo fuso”

2010 - 2 settembre: Obama tenta di far ripartire il processo di pace, incontrando il primo ministro israeliano Netanyahu e quello palestinese Abu Mazen.

70 anni di IsraeleLe tappe più importanti

I settant’anni di una democrazia difficile

Certo, la spinta decisiva alla nasci-ta e crescita dello Stato di Israele, fu data dall’abisso indicibile in cui l’ebraismo europeo era stato precipitato dalla soluzione finale nazista, certo i superstiti delle ca-

mere a gas di Birkenau o di Sobibor, uomini e donne temprati dalla resistenza allo stermi-nio programmato e quotidiano, furono i più tenaci costruttori di Israele; ma non di solo Shoah si nutrono le ragioni del diritto all’esi-stenza dello Stato di Israele ed il diritto alla difesa della sua esistenza.

Israele nasce come risposta alla millenaria discriminazione subita e come compimento alla propria definizione di popolo. Di casa di-rebbe David Grossman.

Israele nasce come risposta al dramma del proprio passato con una gravosa incognita costante sul proprio futuro.

Israele nasce come continuità storica della presenza ebraica in quel territorio ma la sua nascita determina l’identificazione come cor-po estraneo e nemico dal resto delle comunità arabe presenti. La storia della compresenza arabo-israeliana e dei conflitti arabo, palesti-no, israeliani in quel lembo di terra è lunga e tragica così come l’elenco dei lutti. Ma della tragedia non basta la descrizione. Serve indi-viduare principi e percorsi che traducano la necessità umana di pace. Da tempo in quella terra si scontrano due diritti; quello del popo-lo israeliano e quello del popolo palestinese. Il loro comune diritto a vivere in un proprio stato nazionale democratico, pacificamente accanto l’uno all’altro.

Io non credo serva più raccontare la sto-ria di questi 70 anni, i protagonisti di questa storia si raccontano storie diverse, ognuno spesso riconosce la verità solo dalla propria parte. La narrazione di una storia condivisa è lontana. Purtuttavia è sotto gli occhi di tutti

un mutamento sostanziale del corso di questa storia dagli anni 90 del secolo scorso ad oggi.

Se prima appariva centrale il tema del compromesso territoriale con i palestinesi; pace in cambio di sicurezza, territori in cam-bio di sicurezza, emblema del compromesso che portò Rabin a stringere la mano al nemi-co giurato di un tempo Yasser Arafat, l’appa-rire nel campo di nuovi fattori di ha cambiato di molto i fattori. L’assassinio di Rabin, per mano di un killer dell’estrema destra israe-liana, ha dato la stura ad un progressivo fal-limento di quell’accordo, e al successo della destra in Israele, così come il successo di Ha-mas nel campo palestinese, organizzazione che nel proprio Statuto vuole annientare lo Stato di Israele, ha di fatto annichilito la ca-pacità politica del successore di Arafat, Abu Mazen. Ma la modifica strutturale dell’assetto in Medio Oriente, è che da tempo prevalgono tra i palestinesi, in Heizbollah, in Iran e nel mondo islamico in genere, non solo istanze tout court di annientamento di Israele, senza più nessun collegamento con un conflitto di rivendicazione territoriale, ma prevale una mortale coincidenza tra ideologia di annien-tamento di Israele e i più classici fondamenti dell’antisemitismo. Le scelte politiche del go-verno di Israele, tra cui la responsabilità per me grave della prosecuzione della politica de-gli insediamenti, così come le scelte politiche di Hamas, che mai ha scelto di investire nella rinascita civile di Gaza con i soldi della soli-darietà internazionale ma solo in infrastrut-ture di morte o quelle di Abu Mazen, appaio-no oggi un di cui, in un quadro più grande e terribile, che comprende in queste ore, Siria, Turchia, Iran, Russia, Usa, il futuro della guer-ra al fu Califfato islamico. Un quadro difficile e non univoco, nel quale la speranza di una pace giusta per ogni popolo pretende oggi, in questo anniversario, la certezza della difesa del diritto dello Stato di Israele alla propria esistenza contro ogni ideologia di annienta-mento i rigurgiti di antisemitismo.

Israele

Emanuele FianoSegue dalla prima

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6 giovedì 19 aprile 2018

“Sanzionare per riaffermareil rispetto delle regole”

La notizia, e ancora di più il video che la accompagna, è di quel-le che lasciano agghiacciati. Un professore di un istituto tecnico di Lucca bullizzato e insultato da un alunno, che a fronte di una

insufficienza lo intima a “mettere un sei” perché “chi è che comanda qui?”, e poi anco-ra “si inginocchi!”, mentre tra i compagni di classe c’è chi filma e chi ridacchia.

Il professore, un sessantaquattrenne in-segnante di italiano e storia, non ha denun-ciato subito l’accaduto “per non rovinare i ragazzi”, ha spiegato, ma i bulli si sono di-mostrati poco furbi postando il video su Fa-cebook, cosa che ha spinto prima il preside e poi la Procura ad agire d’ufficio. Adesso sono tre i ragazzi indagati con l’accusa di violenza privata - a cui potrebbe aggiungersi quella di stalking - mentre sul fronte scolastico i tre ri-schiano una sospensione di oltre 15 giorni e una bocciatura d’ufficio.

Un episodio non isolato, quello di Lucca. Ma cosa sta succedendo ai nostri adolescen-ti? Ne parliamo con Luca Serianni, docente di Storia della Lingua italiana alla Sapienza, socio dell’Accademia della Crusca e dell’Ac-cademia dei Lincei e vicepresidente della so-cietà Dante Alighieri.

Professore come commenta l’episodio di oggi?È una notizia obiettivamente grave, così come lo erano su un altro piano quelle di genitori che picchiano insegnanti. Posso capire uma-namente l’idea dell’insegnante di far passa-re tutto sotto silenzio per non danneggiare i ragazzi, ma è fondamentale che la scuola si occupi anche di trasmettere il senso della cittadinanza e del rispetto delle regole. A 14

anni si è perfettamente in grado di compren-dere le proprie azioni, una sanzione severa è inevitabile e perdere l’anno, come è stato ipotizzato, lo sarebbe.

Non vanno chiamate in causa anche le famiglie?Certamente la sola sanzione non è sempre sufficiente a far ravvedere, ma ristabilire l’e-quilibrio in situazioni del genere è un prin-cipio che va affermato. Del resto non stiamo parlando di un episodio avvenuto in una pe-riferia disagiata, ma nella illuminata Lucca, e le reazioni dei genitori descritte dai giornali confermano l’impressione che questi ragazzi non provenissero da ambienti degradati. Cer-to è vero che da sempre i giovani in gruppo possono creare situazioni di affermazione di prepotenza, ma è un processo che va ferma-to. D’altra parte, oggi nella scuole le occasioni di confronto con le famiglie sono numerose.

Non è che non ci siamo accorti in tempo di un fenomeno, e adesso è troppo tardi?Non credo. Leggiamo di molti episodi ma continuo a pensare che non siano la nor-ma. Certo è forte il rischio di emulazione, un meccanismo potenziato dalle possibilità di diffusione e condivisione.

Una soluzione può essere la reintroduzione dell’educazione civica nelle scuole?Sì l’educazione civica andrebbe reintrodotta e rafforzata, senza però illudersi che possa essere sufficiente. Piuttosto chiediamoci, pur comprendendo umanamente episodi di las-sismo come quello del professore che non reagisce e non denuncia, se non facciamo il male dei ragazzi dando l’idea che tutto si giu-stifica.

Dunque la prima risposta non può che passare per la sanzione?Episodi simili vanno sanzionati nell’ottica della rieducazione, importante sempre ma ancora di più quando si tratta di ragazzini. Non bisogna avere paura della punizione, che rientra nel pacchetto educativo a mag-gior ragione di fronte a un’aggressione fisica con possibili risvolti penali. Anche in fami-glia la sanzione ha qualcosa di educativo: si punisce chi ci sta a cuore perché vogliamo che migliori.

In questi episodi non si sente l’eco dei modelli offerti dagli adulti, anche in politica?Senz’altro l’aggressione verbale a cui ci han-no abituato molte parti politiche è un fatto negativo. I nostri rappresentanti dovrebbe-ro essere i primi a dare l’esempio di un com-portamento ispirato al rispetto. Se viene meno questo, l’impressione poi è che tutto si possa fare.

Bullismo

Carla Attianese CONDIVIDI SU

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Il professor Luca Serianni: “La punizione ha un valore educativo, soprattutto per i più giovani”

Il video del professore bullizzatoa Lucca

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