Gidel e i, limiti della logica -...

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Kurt Giidel dimostrò che i sistemi matematici sono essenzial- mente incompleti: non tutto ciò che è vero è dimostrabile. Negli ultimi anni di vita spostò l'attenzione su una grande varietà di al- tri problemi, tra cui la relatività. Questa fotografia, del maggio 1958, venne scattata dal logico finlandese Veli Valpola nello stu- dio di Giidel all'Institute for Advanced Study di Princeton. I uomo ritratto nella fotografia qui di fronte appare inap- puntabile, riservato e un po' denutrito. Il suo volto e i suoi scritti so- no poco familiari alla maggior parte delle persone, se si escludono alcuni fi- losofi e logici matematici. Si tratta di Kurt Godei, noto per i suoi teoremi di incompletezza, le cui implicazioni sono di enorme portata per i fondamenti della matematica e dell'informatica. La storia della sua vita e della sua opera è quella di una continua ricerca di razio- nalità, perseguita nonostante ricorrenti crisi di instabilità mentale. GOdel dimostrò che i metodi mate- matici usati fin dai tempi di Euclide erano inadeguati per scoprire tutte le proposizioni vere sui numeri naturali. La sua scoperta, che minava alla base i fondamenti su cui la matematica era stata costruita fino al XX secolo, sti- molò i ricercatori a trovarne di alterna- tivi e suscitò un vivace dibattito filoso- fico sulla natura della verità. Le tecni- che innovative di GOdel, che si poteva- no facilmente tradurre in algoritmi computazionali, gettarono anche le ba- si della moderna informatica. Godei nacque il 28 aprile 1906 a Brno, in Moravia, secondo dei due figli di Rudolf e Marianne Godei, di origine tedesca, le cui famiglie avevano a che fare con l'industria tessile locale. Nella famiglia Góclel non c'era una tradizio- ne di studi. Il padre aveva frequentato una scuola commerciale, ma era ambi- zioso e, lavorando sodo, aveva salito tutti i gradini fino a diventare dirigente e poi comproprietario di una delle più grandi aziende tessili di Brno. Conqui- stata una certa agiatezza, poté acqui- di John W. Dawson, Jr. stare una villa in un sobborgo alla mo- da e mandare i figli a una scuola priva- ta di lingua tedesca dove entrambi riu- scirono molto bene negli studi. Nella scuola primaria e secondaria, il giovane Kurt non ebbe mai una valu- tazione inferiore a quella massima, tranne una volta (in matematica!). D'altra parte, non diede neanche pre- coci segni di genialità. Era un ragazzo molto curioso, tanto da guadagnarsi il soprannome di der Herr Warum signor Perché»), ma era anche intro- verso, sensibile e un po' malaticcio. A otto anni contrasse una febbre reuma- tica che, sebbene sembrasse non aver- gli lasciato alcun danno fisico, lo tenne lontano dalla scuola per un certo tem- po e gli procurò quell'esagerata preoc- cupazione per la propria salute e la propria alimentazione che doveva an- dare aumentando con gli anni. L'introverso Nel 1924, dopo essersi diplomato al Realgymnasium di Brno, una scuola superiore di tipo tecnico, Gidel lasciò la sua città natale per iscriversi all'Uni- versità di Vienna, dove suo fratello era andato quattro anni prima per fre- quentare medicina. L'economia di Vienna era allora in rovina, ma l'ate- neo conservava ancora molta della sua antica importanza. Per questo negli an- ni tra le due guerre, nonostante le ri- strettezze materiali, Vienna vide fiorire una sorprendente creatività nelle scien- ze, nelle arti e nella filosofia. Geidel si era inizialmente iscritto a fi- sica, ma dopo poco tempo, colpito dal- le lezioni di Philipp Furtwàngler e di Hans Hahn, passò a matematica. Si mise subito in luce per il suo notevole talento e dopo soli due anni di corso fu invitato a partecipare alle riunioni del gruppo di discussione che Hahn e il fi- losofo Moritz Schlick avevano istituito due anni prima. Il gruppo, poi diventa- to famoso come Circolo di Vienna, si ispirava agli scritti di Ernst Mach, esponente del razionalismo che ritene- va che tutto si potesse spiegare attra- verso la logica e l'osservazione empiri- ca senza ricorrere alla metafisica. Il Circolo mise Godei in contatto con studiosi come il filosofo della scienza Rudolf Carnap e il matemati- co Karl Menger e lo portò a conoscen- za degli scritti di logica matematica e filosofia. In particolare, il Circolo era immerso nell'opera di Ludwig Witt- genstein, che si occupava di stabilire fi- no a che punto il linguaggio potesse parlare del linguaggio. Questo potreb- be essere stato per Gedel uno stimolo a dimostrare qualcosa di analogo per la matematica. Alcuni dei membri del Circolo, tra cui Carnap, Hahn e il fisi- co Hans Thirring, si occupavano di fe- nomeni parapsicologici, argomento per il quale anche Godei dimostrò un vivo interesse. (Anni dopo faceva nota- re all'economista Oskar Morgenstern, suo amico fraterno, che in futuro sa- rebbe sembrata una grande stranezza che gli scienziati del XX secolo avesse- ro scoperto le particelle fisiche elemen- tari ma avessero trascurato di prendere anche solo in considerazione la possi- bilità dell'esistenza di fattori psichici elementari.) Godei, però, non condivideva l'im- postazione filosofica positivistica del Gidel e i, limiti della logica Il genio matematico Kurt Góclel si espresse nel lavoro con un'estrema razionalità, che però non lo accompagnò nella vita privata 88 LE SCIENZE 374/ ott o b re 1999 LE SCIENZE 374/ otto b re 1999 89

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Kurt Giidel dimostrò che i sistemi matematici sono essenzial-mente incompleti: non tutto ciò che è vero è dimostrabile. Negliultimi anni di vita spostò l'attenzione su una grande varietà di al-

tri problemi, tra cui la relatività. Questa fotografia, del maggio1958, venne scattata dal logico finlandese Veli Valpola nello stu-dio di Giidel all'Institute for Advanced Study di Princeton.

I uomo ritratto nella fotografiaqui di fronte appare inap-puntabile, riservato e un po'

denutrito. Il suo volto e i suoi scritti so-no poco familiari alla maggior partedelle persone, se si escludono alcuni fi-losofi e logici matematici. Si tratta diKurt Godei, noto per i suoi teoremi diincompletezza, le cui implicazioni sonodi enorme portata per i fondamentidella matematica e dell'informatica. Lastoria della sua vita e della sua opera èquella di una continua ricerca di razio-nalità, perseguita nonostante ricorrenticrisi di instabilità mentale.

GOdel dimostrò che i metodi mate-matici usati fin dai tempi di Euclideerano inadeguati per scoprire tutte leproposizioni vere sui numeri naturali.La sua scoperta, che minava alla base ifondamenti su cui la matematica erastata costruita fino al XX secolo, sti-molò i ricercatori a trovarne di alterna-tivi e suscitò un vivace dibattito filoso-fico sulla natura della verità. Le tecni-che innovative di GOdel, che si poteva-no facilmente tradurre in algoritmicomputazionali, gettarono anche le ba-si della moderna informatica.

Godei nacque il 28 aprile 1906 aBrno, in Moravia, secondo dei due figlidi Rudolf e Marianne Godei, di originetedesca, le cui famiglie avevano a chefare con l'industria tessile locale. Nellafamiglia Góclel non c'era una tradizio-ne di studi. Il padre aveva frequentatouna scuola commerciale, ma era ambi-zioso e, lavorando sodo, aveva salitotutti i gradini fino a diventare dirigentee poi comproprietario di una delle piùgrandi aziende tessili di Brno. Conqui-stata una certa agiatezza, poté acqui-

di John W. Dawson, Jr.

stare una villa in un sobborgo alla mo-da e mandare i figli a una scuola priva-ta di lingua tedesca dove entrambi riu-scirono molto bene negli studi.

Nella scuola primaria e secondaria,il giovane Kurt non ebbe mai una valu-tazione inferiore a quella massima,tranne una volta (in matematica!).D'altra parte, non diede neanche pre-coci segni di genialità. Era un ragazzomolto curioso, tanto da guadagnarsi ilsoprannome di der Herr Warumsignor Perché»), ma era anche intro-verso, sensibile e un po' malaticcio. Aotto anni contrasse una febbre reuma-tica che, sebbene sembrasse non aver-gli lasciato alcun danno fisico, lo tennelontano dalla scuola per un certo tem-po e gli procurò quell'esagerata preoc-cupazione per la propria salute e lapropria alimentazione che doveva an-dare aumentando con gli anni.

L'introversoNel 1924, dopo essersi diplomato al

Realgymnasium di Brno, una scuolasuperiore di tipo tecnico, Gidel lasciòla sua città natale per iscriversi all'Uni-versità di Vienna, dove suo fratello eraandato quattro anni prima per fre-quentare medicina. L'economia diVienna era allora in rovina, ma l'ate-neo conservava ancora molta della suaantica importanza. Per questo negli an-ni tra le due guerre, nonostante le ri-strettezze materiali, Vienna vide fiorireuna sorprendente creatività nelle scien-ze, nelle arti e nella filosofia.

Geidel si era inizialmente iscritto a fi-sica, ma dopo poco tempo, colpito dal-le lezioni di Philipp Furtwàngler e di

Hans Hahn, passò a matematica. Simise subito in luce per il suo notevoletalento e dopo soli due anni di corso fuinvitato a partecipare alle riunioni delgruppo di discussione che Hahn e il fi-losofo Moritz Schlick avevano istituitodue anni prima. Il gruppo, poi diventa-to famoso come Circolo di Vienna, siispirava agli scritti di Ernst Mach,esponente del razionalismo che ritene-va che tutto si potesse spiegare attra-verso la logica e l'osservazione empiri-ca senza ricorrere alla metafisica.

Il Circolo mise Godei in contattocon studiosi come il filosofo dellascienza Rudolf Carnap e il matemati-co Karl Menger e lo portò a conoscen-za degli scritti di logica matematica efilosofia. In particolare, il Circolo eraimmerso nell'opera di Ludwig Witt-genstein, che si occupava di stabilire fi-no a che punto il linguaggio potesseparlare del linguaggio. Questo potreb-be essere stato per Gedel uno stimolo adimostrare qualcosa di analogo per lamatematica. Alcuni dei membri delCircolo, tra cui Carnap, Hahn e il fisi-co Hans Thirring, si occupavano di fe-nomeni parapsicologici, argomentoper il quale anche Godei dimostrò unvivo interesse. (Anni dopo faceva nota-re all'economista Oskar Morgenstern,suo amico fraterno, che in futuro sa-rebbe sembrata una grande stranezzache gli scienziati del XX secolo avesse-ro scoperto le particelle fisiche elemen-tari ma avessero trascurato di prendereanche solo in considerazione la possi-bilità dell'esistenza di fattori psichicielementari.)

Godei, però, non condivideva l'im-postazione filosofica positivistica del

Gidel e i, limitidella logica

Il genio matematico Kurt Góclel si espresse nel lavorocon un'estrema razionalità,

che però non lo accompagnò nella vita privata

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I due fratelli, Kurt (a destra) e Rudolf (a sinistra), erano molto legati da piccoli, ma daadulti si allontanarono l'uno dall'altro. Questa fotografia fu scattata intorno al 1908.

Adele Porkert e Gódel erano una coppia improbabile, ma moltounita. Questa fotografia, scattata sulla terrazza di un caffè vien-nese, risale al periodo del loro lungo fidanzamento. Adele protes-

se Góclel dalle sue peggiori paure irrazionali e fu spesso l'unicapersona in grado di persuaderlo a mangiare. Più che a chiunquealtro, a lei si deve se Góclel rimase in vita e continuò a produrre.

Circolo, basata su un'estensione delleidee di Mach. Era piuttosto un platoni-co: pensava che al di là degli oggettiesistesse un mondo di concetti a cui gliuomini avevano accesso attraverso l'in-tuizione. Allo stesso modo, per lui unenunciato doveva avere un «valore diverità» definito - essere vero o falso -indipendentemente dal fatto che fossestato dimostrato o empiricamente con-fermato o rigettato. Secondo Géodel, ta-le filosofia costituiva un supporto allesue notevoli intuizioni matematiche.

Benché fosse un osservatore attentoe sicuramente dotato di talento, Géodelcontribuiva raramente alle discussionidel Circolo, a meno che non riguardas-sero la matematica. Timido e schivo,aveva pochi veri amici. Piaceva peròalle donne, e ne amava la compagnia.

Dopo il 1928 partecipò raramentealle riunioni del gruppo, ma si dedicòattivamente alle discussioni di mate-matica organizzate da Menger. Gli attidi quegli incontri venivano pubblicatisu una rivista annuale che Géodel con-tribuì a curare e su cui in seguito pub-blicò una decina di articoli.

Un genio reticenteDurante questo periodo, Gódel rag-

giunse improvvisamente una staturainternazionale in logica matematica,grazie soprattutto a due scritti che loimposero all'attenzione: uno era la suatesi di dottorato, presentata all'Univer-sità di Vienna nel 1929 e pubblicatal'anno seguente. L'altro era il suo arti-colo «Sulle proposizioni formalmenteindecidibili dei Principia Mathematicae sistemi a esse collegati», pubblicatoin Germania nel 1931 e presentato co-me Habilitationsschri ft (abilitazioneall'insegnamento) nel 1932.

La tesi, intitolata La completezza de-gli assiomi del calcolo funzionale delprimo ordine, risolveva un problemaaperto che David Hilbert e WilhelmAckermann avevano posto nel loro te-sto Grundziige der theoretischenLogik. Si trattava di stabilire se le rego-le comunemente accettate, e riportatenel libro, per operare su espressioni checontengano connettivi logici («e», «o»,eccetera) e quantificatori («per ogni» ed«esiste un», applicati a variabili nume-riche o insiemistiche) permettano, conl'aggiunta degli assiomi di una teoriamatematica, la deduzione di tutti e soliquegli enunciati che risultano veri inogni struttura che soddisfi gli assiomi.In parole semplici, si possono effettiva-mente dimostrare tutti gli enunciati veriper ogni interpretazione dei simboli?

La risposta attesa era affermativa, eGo:idei ne diede una conferma. La sua

tesi stabiliva che i princìpi della logicaelaborati fino ad allora erano adeguatiagli obiettivi che si proponevano, cioèa dimostrare tutto ciò che era vero sul-la base di un dato insieme di assiomi.Non dimostrava, tuttavia, che si potes-sero provare tutti gli enunciati relativiai numeri naturali sulla base degli as-siomi accettati della teoria dei numeri.

Questi assiomi, proposti dal mate-matico italiano Giuseppe Peano nel1889, includono il principio d'induzio-ne, secondo cui qualsiasi proprietà chesia vera per zero e sia vera per un nu-mero naturale n+1, dato che sia veraper un n qualsiasi, deve essere vera pertutti i numeri naturali. L'assioma po-trebbe apparire di immediata evidenza.I matematici, tuttavia, lo considerava-no problematico, in quanto non si rife-risce semplicemente ai numeri stessi,ma a proprietà dei numeri. Si ritenevache un simile enunciato di «secondoordine» fosse troppo vago e mal defini-to per servire da base alla teoria dei nu-meri naturali.

Di conseguenza, l'assioma di indu-zione fu respinto come uno schema in-

che obbediscono agli assiomi della teo-ria dei numeri ma che per qualche altroverso non si comportano come i nume-ri naturali.) Si potrebbe sfuggire a que-sto «teorema di incompletezza» assu-mendo come assiomi tutti gli enunciativeri. In questo caso, però, decidere sequalche enunciato sia vero o no diven-ta un problema a priori. Géodel dimo-strò che se si ppssono caratterizzare gliassiomi attraverso un insieme di regolemeccaniche, non ha importanza qualienunciati siano assunti come assiomi:se sono veri per i numeri naturali, qual-che altro enunciato relativo a quei nu-meri rimarrà indimostrabile.

In particolare, se gli assiomi non so-no in contraddizione l'uno con l'altro,il fatto stesso, adeguatamente codifica-to sotto forma di enunciato numerico,risulterà «formalmente indecidibile» -né dimostrabile né confutabile - sullabase di quegli assiomi. Qualsiasi provadi coerenza, quindi, deve fare appello aprincìpi più forti degli assiomi stessi.

Quest'ultimo risultato gettò nellacosternazione David Hilbert, il qualeaveva elaborato un programma per ga-rantire la fondazione della matematicaattraverso un processo «a cascata», incui la coerenza delle teorie matemati-che complesse si potesse derivare daquella di teorie più semplici ed eviden-ti. Go:idei, d'altra parte, non vedeva neisuoi teoremi di incompletezza una di-mostrazione dell'inadeguatezza delmetodo assiomatico, ma una prova del

fatto che non si possa completamentemeccanizzare il processo di derivazio-ne dei teoremi. Egli riteneva che i teo-remi giustificassero il ruolo dell'intui-zione nella ricerca matematica.

I concetti e i metodi introdotti daGéodel nel suo scritto sull'incompletez-za risultano di importanza centrale perla teoria della ricorsività, che sta allabase di tutta la moderna informatica.Estensioni delle sue idee hanno consen-tito la derivazione di numerosi altri ri-sultati sui limiti delle procedure com-putazionali. Uno è l'irresolubilità del«problema dell'arresto»: decidere, perun calcolatore arbitrario al quale siaassegnato un compito arbitrario, se ilcalcolatore finirà per arrestarsi e pro-durre un risultato o se si infilerà in unciclo infinito. Un altro è la dimostra-zione che nessun programma che nonmodifichi il sistema operativo del cal-colatore può individuare tutti i pro-grammi che lo fanno (teorema impor-tantissimo nel caso dei virus).

Fuga in AmericaGéodel trascorse l'anno accademico

1933-34 a Princeton, all'Institute forAdvanced Study appena fondato, dovetenne lezioni sulle sue prove di incom-pletezza. Venne invitato anche perl'anno successivo, ma poco dopo ilrientro a Vienna soffrì di un graveesaurimento nervoso. Si riprese in tem-po per ritornare a Princeton nell'au-

tunno del 1935, ma un mese dopo ilsuo arrivo ebbe una ricaduta e tornò atenere conferenze solo nella primaveradel 1937 a Vienna.

Non disponendo delle registrazionimediche confidenziali (fu seguito dauno psichiatra a Princeton), la diagno-si effettiva rimane ignota. Pare che isuoi problemi fossero iniziati con unaforma di ipocondria: aveva una veraossessione per la dieta e per i ritmi inte-stinali e per più di due decenni tenneuna registrazione quotidiana dellatemperatura del corpo e del consumodi latte di magnesia. Aveva il terrore diun avvelenamento accidentale e, in an-ni successivi, deliberato. Questa fobialo portò a evitare il cibo, fino a ridursialla denutrizione. Allo stesso tempo,però, ingeriva una grande varietà dipillole per un immaginario problemacardiaco.

Tranne che nei momenti di crisi, iproblemi mentali di Go5del incidevanosorprendentemente poco sul suo lavo-ro. La persona che gli dava la forza diandare avanti era Adele Porkert, in-contrata in un locale notturno viennesenegli anni dell'università. Adele era disei anni più vecchia di Géodel, lavoravacome ballerina e il suo volto era sfigu-rato da un nevo vinoso congenito. Isuoi genitori la consideravano scanda-losa perché era una divorziata cattoli-ca, ma i due erano devoti l'uno all'al-tra, e più di una volta, facendogli daassaggiatrice di cibo, Adele contribuì

finito di assiomi analoghi che si riferi-scono a formule specifiche invece che aproprietà generali dei numeri. Purtrop-po, questi assiomi non caratterizzanounicamente i numeri naturali, comevenne dimostrato dal logico norvegeseThoralf Skolem qualche anno primadel lavoro di Géodel: anche altre strut-ture li soddisfano.

Il teorema di completezza di Góclelafferma che si possono dimostrare tut-ti gli enunciati che derivano dagli as-siomi. C'è un guaio, però: se un enun-ciato è vero per i numeri naturali, manon lo è per un altro sistema di entiche soddisfano ugualmente gli assiomi,allora non lo si può dimostrare. La co-sa non sembrava particolarmente pro-blematica, in quanto i matematici spe-ravano che enti mascherati da numerima sostanzialmente differenti da essinon esistessero. A quel punto, il suc-cessivo teorema di Góclel ebbe l'effettodi un fulmine.

Nel suo scritto del 1931, Góclel di-mostrava che non tutti gli enunciati ve-ri per i numeri naturali sono dimostra-bili. (In altri termini, esistono oggetti

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Le proposizioni indecidibili

I I no dei più famosi contributi di &idei è la prova che alcuni enunciati relativi ainumeri naturali sono veri ma non dimostrabili. Sfortunatamente, una lunga

storia di tentativi di trovare enunciati che siano indecidibili - cioè né dimostrabiliné confutabili - ha portato a pochi esempi semplici. Uno è la seguente frase:

Questo enunciato non è dimostrabileLa frase può essere codificata sotto forma di equazione numerica secondo

una formula ideata da Gi5del. L'equazione non è dimostrabile e quindi confermail significato della proposizione in linguaggio naturale. Ma questo significa chel'enunciato è vero.

Un esempio meno banale ha a che fare con equazioni polinomiali. Si può so-stenere, per esempio, che una certa equazione polinomiale non ha radici (cioèsoluzioni) in numeri interi. Enunciati di questo tipo possono risultare indecidibili.

La prova di Gódel dimostrava che gli assiomi della teoria dei numeri sono in-completi. Vale a dire, esistono enunciati veri relativi ai numeri naturali che non sipossono dimostrare attraverso quegli assiomi. Il suo ragionamento implica cheesistano «numeri non standard» - entità che obbediscono agli assiomi di cui si èdetto ma che hanno alcune proprietà diverse da quelle dei numeri naturali. Datoche tutto ciò che si è dimostrato attraverso gli assiomi (in rosso) deve applicarsi atutte le entità che seguono gli assiomi, alcuni enunciati veri sui numeri naturali(in azzurro, verde e rosso) devono essere indimostrabili (in azzurro e verde).

ENUNCIATI VERIIN OGNI STRUTTURA

CHE SODDISFIGLI ASSIOMI

ENUNCIATI VERIPER UN PARTICOLAREESEMPIO DI NUMERI

NON STANDARD

ENUNCIATI VERISUI NUMERI NATURALI

ad alleviare i sempre più forti timori diGodei che qualcuno cercasse di avvele-narlo. Dopo un lungo fidanzamento, idue si sposarono nel settembre del1938, subito prima che Godei tornasseun'altra volta in America, dove tennelezioni all'Institute for Advanced Studye alla University of Notre Dame suinuovi entusiasmanti risultati che avevaraggiunto nella teoria degli insiemi.

Tra l'altro aveva risolto alcuni aspet-ti controversi della teoria relativa allecollezioni di oggetti. Alla fine del XIXsecolo, il matematico tedesco GeorgCantor aveva introdotto la nozione didimensione per insiemi infiniti. Secon-do quella concezione, un insieme A èpiù piccolo di un insieme B se, indipen-dentemente dal modo in cui gli elemen-ti di A sono posti in relazione biunivo-ca con gli elementi di B, alcuni elemen-ti di B rimangono non correlati. Suquesta base, Cantor dimostrò che l'in-sieme dei numeri naturali è più piccolodell'insieme di tutti i numeri reali.Avanzò inoltre l'ipotesi che tra i due in-siemi non ve ne sia alcun altro di di-mensione intermedia, congettura notacome ipotesi del continuo.

Nel 1908 Ernst Zermelo, un compa-triota di Cantor, formulò una lista diassiomi per la teoria degli insiemi. Tragli altri vi era l'assioma di scelta, se-condo il quale (in una variante) datauna collezione infinita di insiemi senzaintersezione, ciascuno dei quali conte-nente almeno un elemento, esiste uninsieme che contiene esattamente unelemento di ciascun insieme della colle-zione. Sebbene apparentemente incon-futabile - perché non si dovrebbe poterscegliere un elemento di ciascun insie-me? - l'assioma di scelta ha numeroseconseguenze fortemente controintuiti-ve. Implica, per esempio, che una sferapossa essere scomposta in un numerofinito di pezzi che si possono separaree riassemblare, utilizzando solo movi-menti rigidi, fino a formare una nuovasfera di volume doppio della prima.

C'erano molte resistenze ad accetta-re l'assioma come risultato acquisito. Imatematici sospettavano - a ragione,come poi fu dimostrato - che né l'as-sioma della scelta né quello del conti-nuo si potessero dedurre dagli altri as-siomi della teoria degli insiemi e il lorotimore era che l'uso di quei teoremi indimostrazioni potesse condurre a con-traddizioni. Godei, invece, dimostròche entrambi i princìpi erano coerenticon gli altri assiomi.

I risultati di Godei nella teoria degliinsiemi rispondevano a una questioneposta da Hilbert in un suo intervento alCongresso internazionale di matemati-ca del 1900. Si trattava di un successo

importante, ma non ancora sufficientea garantirgli una posizione accademicastabile. Durante l'anno trascorso all'In-stitute for Advanced Study e alla Uni-versity of Notre Dame, ebbe termine lasua autorizzazione a insegnare nelleuniversità austriache. Quando ritornòa Vienna per ricongiungersi con suamoglie, nell'estate del 1939, fu chiama-to a una visita militare e dichiarato abi-le al servizio nelle forze armate naziste.

Le paure si aggravanoFino ad allora, pare che Giidel si

fosse tenuto alla larga dai temibili svi-luppi della situazione europea. Si inte-ressava di politica ed era aggiornato suquanto succedeva, ma rimaneva stra-namente insensibile agli eventi. Forse

la sua incapacità di avere relazioniemotive con le persone gli aveva impe-dito di cogliere il significato di quelloche stava avvenendo. Sembrava ciecoal destino dei suoi colleghi e dei suoiprofessori, molti dei quali erano ebrei,e rimaneva immerso nel suo lavoromentre il mondo stava sfaldandosi. In-fine, si rese conto di essere coinvoltoanche lui.

In quella situazione disperata, disoc-cupato e prossimo all'arruolamento, sirivolse all'Institute for Advanced Studyper assicurarsi i visti di espatrio per sée per la moglie. I suoi sforzi ebberosuccesso, e nel gennaio del 1940 i dueiniziarono un lungo viaggio attraversol'Oriente sulla ferrovia transiberiana.Da Yokohama proseguirono per navefino a San Francisco e da lì in treno per

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Giidel in una delle sue quotidiane passeggiate con Albert Einstein nel campus dell'In-stitute for Advanced Study di Princeton. La fotografia risale al 1954.

Princeton, dove arrivarono intorno al-la metà di marzo.

GOdel non lasciò mai più gli StatiUniti. Dopo una serie di incarichi an-nuali, nel 1946 divenne membro per-manente dell'istituto. Due anni più tar-di ottenne la cittadinanza americana.(In quell'occasione, il giudice che dove-va farlo giurare commise l'errore dichiedergli la sua opinione sulla Costi-tuzione degli Stati Uniti, dando così lastura a una breve conferenza sulle sueincoerenze.) Giidel, però, non ottennel'incarico di professore fino al 1953 -lo stesso anno in cui venne nominatomembro della National Academy ofSciences - in parte perché i timori piùvolte espressi che dal suo frigorifero sisprigionassero gas velenosi sollevava-no continue preoccupazioni sulla suastabilità mentale. In quegli anni, il suoamico Albert Einstein si prese la curadi badare a Kurt il più possibile, facen-do una passeggiata con lui tutti i gior-ni. Pare che le loro conversazioni aves-sero su GOdel un effetto calmante.

Dopo l'emigrazione, G(idel abban-donò la teoria degli insiemi e si dedicòalla filosofia e alla teoria della relati-vità. Nel 1949 dimostrò la compatibi-lità con le equazioni di Einstein di uni-versi in cui fosse possibile il viaggio nelpassato. Illustrò quei risultati in un in-tervento al Congresso internazionaledi matematica del 1950, e l'anno suc-cessivo tenne la prestigiosa ConferenzaGibbs alla riunione annuale dell'Ame-rican Mathematical Society. Nell'inter-vallo tra questi due interventi, però, fua un passo dal soccombere a un'ulceraemorragica, trascurata e arrivata a unostadio estremamente avanzato a causadella sua sfiducia nei medici.

L'ultimo articolo di Giidel che siastato pubblicato risale al 1958. Da al-lora si rinchiuse progressivamente in sestesso, divenendo sempre più emaciato,paranoide e ipocondriaco. Apparve inpubblico per l'ultima volta nel 1972,quando la Rockefeller University gliconcesse una laurea honoris causa. Treanni dopo gli venne assegnata la Na-

tional Medal of Science, ma declinòl'invito a partecipare alla consegna deipremi adducendo motivi di salute.

11 1 0 luglio 1976, raggiunta a 70 an-ni l'età del pensionamento obbligato-rio, Gide' divenne professore emeritopresso l'istituto. Le sue responsabilità,però, non diminuirono: sua moglie, in-fatti, che per tanti anni lo aveva nutritoe protetto, era stata colpita da un ictusinvalidante qualche mese prima. Eraora il suo turno di prendersi cura di lei.Così fece, con grande dedizione, fino alluglio del 1977, quando Adele dovettesubire un intervento chirurgico diemergenza e venne ricoverata in ospe-dale per circa sei mesi.

Proprio in quel periodo morì di can-cro Morgenstern, l'amico che avevaaiutato a badare a Géidel dopo la mor-te di Einstein nel 1955. Giidel eraquindi solo con la propria paranoiache si andava via via aggravando. Inquella situazione, declinò rapidamente:la sua paura dell'avvelenamento loportò al digiuno, fino a farlo morire diinedia il 14 gennaio 1978.

Adele GOdel sopravvisse al maritoper tre anni. Alla sua morte, il 4 feb-braio 1981, lasciò i diritti sugli articolidi Gide' all'Institute for AdvancedStudy. Pur proscritta dall'esclusiva so-cietà di Princeton, era fiera del lavorodel marito e probabilmente si rendevaconto che GOdel non avrebbe conclusomolto se lei non lo avesse mantenutovitale.

Géldel pubblicò un numero molto li-mitato di articoli nel corso della sua vi-ta - meno di qualsiasi altro grande ma-tematico, se si esclude Bernhard Rie-mann - ma il loro effetto era statoenorme. In essi aveva affrontato quasitutti i settori della logica moderna. Ne-gli ultimi dieci anni, altri scritti sonostati tradotti dalla obsoleta stenografiatedesca che egli usava e sono stati pub-blicati nel terzo volume delle sue Co/-lected Works. Il loro contenuto, com-presa la formalizzazione della cosiddet-ta prova ontologica dell'esistenza diDio, ha iniziato ad attirare l'attenzione.Alla fine, la portata della sua opera ini-zia a essere riconosciuta anche al difuori della comunità dei matematici.

JOHN W. DAWSON, Jr., ha curato la catalogazionedegli scritti di Kurt GOdel all'Institute for Advanced Studydi Princeton. È stato uno dei curatori della pubblicazionedelle Collected Works di GOdel fin dall'inizio del progetto.Ha conseguito il dottorato in logica matematica all'Univer-sità del Michigan nel 1972 e attualmente insegna matema-tica alla Pennsylvania State University a York. Si interessadi teoria assiomatica degli insiemi e di storia della logica.

HOFSTADTER D.R., Gòdel, Escher, Bach: un'eterna ghirlan-da brillante, Adelphi, 1990.

SHANKER S. G., il teorema di Gisidel, Franco Muzzio, Pado-va, 1991.

FEFERMAN SOLOMON e altri (a cura), Kurt Góclel. CollectedWorks, voll. 1-3, Oxford University Press, 1986, 1990, 1995.

DAWSON JOHN W. Jr., Logica! Dilemmas: The Life andWork of Kurt Geidel, A. K. Peters Ltd., Wellesley, 1997.

94 LE SCIENZE 374/ ottobre 1999