Gf K Eurisko Cinqueminuti 45 Marzo 2012

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FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO

[ ]G Knumero 45 / marzo 2012

E’ un volume piccolo, ma non esile, che raccoglie e sviluppa “le discussioniper fornire nuovi stimoli e qualcheindirizzo alle idee di comunicazione di una banca, Intesa SanPaolo. Ciò avvenne alla conclusione di unafortunata stagione di innovazione, di linguaggi e di stili, avviata con il progettoperFiducia, un format di comunicazionelanciato dalla banca nel pieno della crisi(2009) e basato su corti cinematograficid’autore con al centro storie di coraggio e di riscatto” … “ci chiedevamo alloracome continuare - in altre forme e con altri contenuti - quell’esperienza, e per farlo abbiamo cercato di alzare il livello della nostra riflessione”. In sostanza, è stato creato un pensatoiocon alcune delle migliori menti della ricerca filosofica, sociologica,psicoanalitica, antropologica e mediatica. Che ha prodotto un outputagile e tostissimo, un booklet di 140pagine che si può scaricare gratis da internet (www.perFiducia.com). Che cosa cogliamo da questocondensato di idee di “pensatori forti”?Che tutto può e deve venirecontinuamente discusso e verificato, per quanto riguarda le certezze e i convincimenti durevoli su ciò che è desiderabile in Italia e dagli Italiani. Che i racconti dei partiti politici sonoquantomeno superati, che l’Italia non è né locale né globale, che i giovanisaranno anche senza lavoro, ma troppisono i NEET (not in employment,education or training); che senza welfarefamiliare saremmo davvero senza futuro. In una specie di fitness mentale il libroaiuta a cancellare le idee ricevutefavorendo inedite connessioni.

Ad esempio, per quanto riguarda il “Progetto Paese”, porta a riflettere sui perimetri da considerare, e sulla indispensabilità di analisi delle realtà locali, di distretto, e di sociocultura ambientale. E porta anche a riflettere su “l’UltimoMiglio”, non a caso lo stimolo arriva da una banca. In che senso? In quanto non va dimenticatoche comunicare è anche - soprattutto -contatto, percezione sensoriale di realtàda condividere. I touchpoint sonodeterminanti in tutti gli ambiti delloscambio socioculturale e lo sono ancheper quelle realtà che i clienti si ostinanoa chiamare “le banche” e che i tecnici di settore definiscono “gli sportelli”.Ebbene, quale progetto e quale destinoper “gli sportelli”? I rumors che si colgono non sono rassicuranti. I grandi brand bancari starebberosoffrendo la ridondanza dei punti di contatto, l’eccessiva numerosità di filiali acquisite in operazioni non sempre oculate negli anni precrisi.Da parte dei clienti - cioè di noi utentidell’Ultimo Miglio - si coglie una sorta di sconcerto di fronte a questi “sportelli”non raramente diventati “non luoghi”,privi di quel calore alla base della relazione efficace e dello scambio. Ci si chiede - giusto riandando al Progetto Italia - quali siano le idee dei grandi brand bancari. Che fine farà “la mia banca” si chiede il piccolo utente? Non tutti sono disposti a eccitarsi di fronte alla prospettiva del banking online. Quale idea di “filiale” sta nascendo?Sarebbe davvero utile discuterne.

[gm]

DAL PROGETTO PAESE ALL’ULTIMO MIGLIO

Sinergie nella comunicazione per l’Industria-Paese?

Lo abbiamo auspicato, suscitando nei lettori numerosi commenti, alcuni dei quali pubblichiamo

qui di seguito. Nel frattempo abbiamopartecipato, il 20 Febbraio scorso

in Intesa SanPaolo, alla presentazionedel libro “Viaggio in Italia.

Alla ricerca dell’identità perduta” a cura di Giulia Cogoli e Vittorio Meloni

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SINERGIE NELLA COMUNICAZIONE PER L’INDUSTRIA-PAESE?

da BIANCA MUTTI, S.IN.T. spa

COMUNICARE ONESTÀCome consumatrice e Manager di una piccola e media impresa, credo che ancor più che di coerenza si debba parlare di "onestà", un termine che per i latini indicava la qualitàumana di agire e comunicare in maniera sincera,leale e trasparente, in base a princìpi moraliritenuti universalmente validi. Parole comemacigni. E d’altra parte, sarà per deformazioneprofessionale, ma, quando si parla di comunicazione, non posso fare a meno di associarla alla creatività, qualità cheuniversalmente viene riconosciuta a noi Italiani.La creatività si radica fortemente in un progettodi rilancio del Paese, a maggior ragione se si pensa che nel 2009 è stata addirittura celebratacome una "competenza chiave per lo sviluppopersonale, sociale ed economico". Creatività non fine a se stessa, dunque, ma intesanel suo senso etimologico: creare, fare, maavendo sempre come fine ultimo l’utilità. E così, il passo tra creatività, utilità economica ed etica è breve. Fa poi riflettere che, tra le tante caratteristiche che ho letto esseretipiche della personalità creativa, ci sianol’insoddisfazione e l’autodisciplina. I tempi sono maturi per entrambe?

da VALERIA NOVELLINI, Il Sole 24 Ore

DIFFICILE PER LE BANCHE COMUNICARE ASSIEMELa proposta è senza dubbio molto interessante.Temo però che difficilmente sarà accolta dal sistema bancario/finanziario italianoe che le campagne di comunicazione "patriottiche" effettuate anche di recente siano sporadiche eccezioni. Al tempo delle privatizzazioni occorreva veicolare il concetto di "modernità" (dal pubblico al privato) ed era naturale il ricorso a comunicazionid’impatto. Oggi il messaggio è "si salvi chi può" e gli stretti requisiti patrimoniali imposti dall’EBA per le banche europee fanno sì che un messaggio di comunicazione bancario incentrato sul "Paese Italia" suonerebbe un po’ come un’auto-dichiarazione di "siamo all’ultima spiaggia".Forse questo tipo di comunicazione, sicuramenteinteressante, potrà avere più successo non appenavi saranno stati i primi segnali di ripresa, ed a mioparere sarà adottato in primo luogo dal settoreindustriale e solo in seguito da quello finanziario, che è stato a più riprese accusato di aver innescatola crisi (anche se non in Italia).

da ELSERINO PIOL, Presidente Fedoweb

PER L’AUTOREGOLAMENTAZIONE DEL WEBI segnali che giungono dall’Industry Internet sono moderatamente positivi: crescel’audience online ( + 7% nel gennaio 2012) con oltre 27,7 milioni di Italiani collegati alla rete tramite pc (Fonte Audiweb), crescono i siti di informazione con Repubblica.it e Corriere.it fra i più cliccati d’Italia e i portali - da MSN a Virgilio, a Libero -, aumenta Internet in mobilità, le applicazioni e l’adv sul mobile e ci si attende un trend crescente per la pubblicità su Internet nel 2012. Indicatori a favore di uno scatto della Rete e dell’economia digitale che già oggi rappresenta il 2% del PIL italiano e costituisce un volano di sviluppo per le piccole imprese. Su questo scenario incombe, tuttavia, una forte minaccia: l’entrata in vigore di regolerigide a tutela della privacy, “asimmetriche” rispetto alla concorrenza internazionale che possono danneggiare gravemente il settore. Mi riferisco alla bozza di decretolegislativo in approvazione presso il Consiglio dei Ministri per il trattamento dei datipersonali e la privacy nelle comunicazioni elettroniche. Il decreto recepisce la Direttivaeuropea (2009/136/Ce) che richiede che l’archiviazione di informazioni catturateattraverso i cookies, i file che registrano informazioni sull’accesso ai siti e sulla navigazione, possa avvenire solo se l’utente è stato informato della loropresenza e esprima il proprio consenso attraverso un sistema di opt-in (consensopreventivo) oppure di opt-out dove è richiesto un diniego a ricevere i cookies. La bozza dell’attuale decreto sembra escludere l’opt-out e rischia di compromettereattraverso regole particolarmente restrittive la navigabilità dei siti con conseguentedisaffezione da parte degli utenti, compromissione dei servizi erogati e danni rilevanti per tutta l’industria Internet basata sulla remunerazione della pubblicità online. Parliamo di danni allo sviluppo del business digitale, ma anche all’informazione. Come Presidente Fedoweb, Federazione operatori web, non posso non sottolineare che il modello di business centrato sulla pubblicità di editori e media web consenteoggi a milioni di persone di accedere quotidianamente a una informazione libera e di qualità. La partita in gioco è alta e Fedoweb insieme ad altre istituzioni della filiera ha presentato e sta ancora operando per soluzioni tecniche alternative quali l’opt-out o modalità che superino l’impasse opt-out/opt-in attraverso una bestpractice che recepisca il meglio di quanto fatto a livello europeo accompagnato da un codice di autoregolamentazione degli operatori. Ci auguriamo che il legislatore sia sensibile alle istanze proposte. In alternativa l’industria italiana Internet risulterà penalizzata sia nei confronti di altriPaesi Membri UE dove la direttiva è applicata in maniera disomogenea per l’incertezzagiuridica della materia, ma soprattutto verso gli operatori extra Ue che sino ad oggioperano con regole diverse e estremamente flessibili.Google o Facebook si muovono, ad esempio, sul mercato italiano ed europeo senzaessere imbrigliati dalla medesima legislazione. Non dimentichiamo che Google nel 2011 in Italia su circa 1 miliardo di pubblicità online si è aggiudicato oltre il 50% del fatturato ed è posizionato fra le principali concessionarie di pubblicità del Paese lavorando su tutti i media digitali. Peccato che giochi con regole diverse! Dal primo di marzo 2012 ha introdotto una nuova norma sulla privacy basatasull’utilizzo della modalità di opt-out che pur preoccupando il legislatore europeo - la UE ha chiesto una pausa per analizzare la normativa e il Cnil, l’authority franceseper la protezione delle informazioni personali, ha avviato un’indagine - è diventatapienamente operativa. Il nuovo regolamento consente a Google di combinare tutte le informazioni rilasciate dai suoi utenti per i diversi servizi utilizzati - da Gmail a YouTube a Google Maps, ad esempio, e di consolidare in una sola le norme di oltre 60 servizi. In pratica Google raccoglie una enorme quantità di dati su tutti i suoi utenti che può utilizzare per creare profili sempre più dettagliati da usare per migliorare e personalizzare la sua offerta di servizio per pubblicità sempre più mirate e personalizzate. Il quadro che ne esce è fin troppo evidente. Siamo di fronte a un sistema di regole estremamente sbilanciato che sfavorisce gli operatori dell’industy di Internet italiani ed europei rispetto alla concorrenza extraUE: un problema estremamente grave posto dalla “globalità” di Internet che richiedeai legislatori nuovi sforzi per ripensare un quadro di regole non penalizzanti perl’Europa ancorchè sicure e flessibili, e ai politici una nuova attenzione all’economia e ai contenuti digitali che rappresentano fattori di sviluppo e di democrazia.

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SINERGIE NELLA COMUNICAZIONE PER L’INDUSTRIA-PAESE?

da RICCARDO PARIGI, Must s.r.l.

ANTEPORRE A TUTTO LA VOGLIA DI ASCOLTAREDal mio osservatorio di consulente strategico di comunicazione per industrie (raffinerie, discariche, impianti chimici, shipping) credo di aver ben presente cosa significhi costruire una sinergia di intenti. Le mie esperienze positive si basano tutte su un semplice assunto: l’azienda deve essere credibile, umile e deve sapersi calare DAVVERO nei panni dei propri interlocutori. Mi chiedo quindi, traslando all’Industria-Paese il passaggio, se esistano la credibilità, l’umiltà e la volontà di ascoltare anche i propri oppositori. Mi verrebbe voglia di rispondermi che sì, questi valori ci sono, basterebbe solo mettere da partepresunzione, orgoglio, cecità e potere per ottenere un piacevole cambio di scenario. Volere è potere.

da ANDREA BARACCO, Renault Italia

IL MADE IN ITALY DELLE INTELLIGENZEIl tricolore esibito sulle pubblicità è un modo tattico per richiamare un patriottismo che è solo di facciata e che cerca con azioni populistiche di incrementare le vendite.Il valore del “Made in Italy”, invece, dovrebbe riverberarsi maggiormenteattraverso quello che un’azienda italiana produce e condivide con il nostroPaese, rappresentandone l’ingegno, l’intraprendenza, la risolutezza, il lavoro. Cibo, abbigliamento, design, turismo, sono oggi le fantastiche armi competitive del “Made in Italy”, legate, però, a dimensioni produttive contenute, difficilmente capaci di supportare l’economia di un Paese di 60 milioni di abitanti.Fix It Again Tony! è ancora il vissuto delle attitudini industriali italiane ed è su questo tema che, in un mercato globale, dovrebbe concentrarsiun progetto di comunicazione capace di accompagnare le aziende con rinnovata credibilità sui nuovi mercati e di stimolare un diffuso orgoglio di appartenenza nell’immaginario collettivo.E’ un esercizio da affrontare a più stadi, generando innanzitutto una consapevolezza diversa del nostro Paese, partendo dalla nuova dimensione “tecnico-politica” che ha segnato un turning point ben evidente. Su questa scia suggerirei di costruire una percezione aumentatausando la presentazione di storie, imprese, uomini che hanno saputo creare delle eccellenze manifatturiere.L’attendibilità dell’Italia industrialmente intelligente dovrà rivolgersi a un target di influencers sensibili alle opinioni generate tramite il racconto dei media e il networking, lasciando all’advertising un ruolo emotivo e magniloquente.“Fatti non parole” era un claim pubblicitario di alcuni decenni orsono che dovrebbe essere preso come mission di chi vorrà/dovrà occuparsi di questo lavoro. Qualche domanda su chi dovrebbe essere il regista di questa strategia di comunicazione dovremmo anche porcela. La singola azienda che sventola il tricolore fa un esercizio di stile; un comparto industriale che si muove compatto e con una visione sistemica è un segno forte e riconoscibile.Questo è un ruolo che solo le istituzioni possono avere e sostenere,affiancandosi alle imprese nelle loro sfide internazionali. Siamo stati geniali nel creare il “Made in Italy” dell’apparenza. È venuto il tempo di creare il “Made in Italy” dell’intelligenza.

da ROBERTO BAI,Roberto Bai & United Designers

PRIMA UN PROGETTO DI RESPONSABILIZZAZIONE Condivido abbastanza quanto esposto da Fornezza su questo tema, sicuramente il sentiment del consumatore non è dei migliori in questo particolare momento di crisima le istituzioni industriali e le realtà finanziarie di questo Paese non fanno nulla per cambiareconcretamente questo clima negativo, siano esse piccole, medie o grandi imprese.Il mio settore ad esempio, “la comunicazione di marca”, subisce ancora in molti casi un deficitmentale proprio della cultura imprenditoriale del nostro Paese, per cui diversi progetti, tesi a promuovere in modo nuovo un determinatoprodotto o una determinata vision aziendale senza un immediato ritorno economico, vengono ritenuti superflui e poco profittevoli.Faccio un esempio, realtà industriali di mediograndi dimensioni che preferiscono continuare a incrementare la presenza dei propri marchi a scaffale con continue azioni di push per l’inserimento dei prodotti, con l’obiettivo di aumentare costantemente i propri volumi di vendita. Queste realtà sono spesso incuranti dei valori che circondano il loro tessuto sociale,l’ambiente circostante in cui sono immersi e la qualità reale dei prodotti checommercializzano, ignorando consapevolmente la possibilità che alcuni di questi valori potrebberorientrare tra i propri assets rafforzandoli,incrementando così nel tempo la loro notorietà di marca e fiducia del consumatore in manieraesponenziale. Pertanto, al consueto suggerimento- comunicate meno, ma comunicatelo meglio - la risposta è pressoché identica e univoca, e cioè:dobbiamo fare tutto e al minor prezzo, il nostro obiettivo è la massima visibilità.Per concludere, Unicredit e Fiat predicano bene,ma razzolano male, basti ascoltare i dibattititelevisivi per prenderne atto, o basti osservare i loro atteggiamenti nel concreto: sia quando ti presenti a uno sportello bancario, sia quandoassisti inerte alle politiche industriali dei managerFiat … per non parlare del tasso di innovazionestilistica o l’affidabilità dei modelli immessi sul mercato. In sostanza, credo che prima di parlare di un progetto di comunicazioneindustria Paese, sarebbe utile affrontare un “progetto di responsabilizzazione industriaPaese”, un progetto dove le eccellenzeimprenditoriali vengano premiate e tutelate a investire sul territorio, e dove le stesse fungano da insegnamento per le generazioni di futuri imprenditori: l’Università dell’EticaImprenditoria Italiana, ad esempio.

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da STEFANO STORTI, Y2K Communication

RISCOPRIRE LE ORIGINI DI UN PAESE UNICO1. All’inizio del nuovo millennio si pensava che la crescita economica dei Paesi emergenti, che entravano nei mercati internazionali e si ponevano come nuovi concorrenti, fosse la causa dei tanti problemi racchiusi sotto il concetto di globalizzazione. Oscillando fra linee più difensive e linee più aperte, i vecchi Paesi industrializzati hanno cominciato lentamente a fare i conti con i nuovi competitor o partner, a seconda delle valutazioni. Oggi sappiamo che solo una collaborazione, con regole certe, può essere il modo giusto per coinvolgere questi Paesi in un mercatointernazionale che sia opportunità di sviluppo per tutti.

2. Questa crisi non è congiunturale o ciclica, ma conseguenza di una impostazioneliberista che ha costruito una serie di strumenti finanziari per ottenere il massimo del profitto nel minor tempo, utilizzando e spessostrumentalizzando l’economia reale. In questo modo l’economia non è piùstata concepita come uno scambio di beni e di servizi che utilizza il denaro e il profitto come strumento, ma il profitto diventa lo scopo esclusivo.

3. Negli ultimi decenni del secolo scorso il debito pubblico di tanti Stati - e in parte anche il debito privato - è cresciuto a livelli insopportabili.Questo indebitamento si è generato per ottenere facili consensi nel breve periodo. L’interlocutore della politica non era più un popolo in grado di affrontare sacrifici, anche grandi, ma una massa di individui, spessoraggruppati in corporazioni lobbistiche, che dovevano essere accontentati per ottenere voti; così non si sono affrontati i cambiamenti necessari. Interi Stati hanno buttato sulle spalle delle future generazioni un peso abnorme,senza curarsi delle conseguenze. Ma, di fatto, si sono esposti al di là di ogni ragionevolezza all’andamento dei mercati finanziari.

4. Alla base sta quindi un problema antropologico: volere tutto subito,senza nessuna relazione con il bene degli altri, promovendo un individualismo istituzionalizzato, sempre più sfrenato, che nega contro ogni ragione qualsiasi interdipendenza fra gli uomini, ed è irresponsabile verso le future generazioni.

5. Per questo oggi siamo di fronte a una scelta: o vogliamo essere schiavi degli eventi sempre più imprevedibili e incerti, cercando di inserirci nei diversitentativi di vecchie o nuove egemonie politiche ed economiche, oppure vogliamo essere protagonisti di un cambiamento, vivendo e promovendo il lavoro e le opere come espressione di una esperienza umana diversa, autentica, come soggetti che aprono dentro questa società spazi per una nuova socialità, per una nuova economia.

6. Sbaglierebbe l’Europa, non l’Italia, se rispetto alla crisi che vive, la rispostacomplessiva fosse soltanto legata ai singoli stati nazionali. Per un certo verso è stato così, ed è stato un errore. Gli stati nazionali non bastano: quando il G7 è nato nel ‘75, sulla base della graduatoria delle potenze delle economie mondiali,l’Italia è riuscita a starci dentro. E’ stata una delle grandi scelte di politicainternazionale del nostro Paese. Se dovessimo stilare, secondo le previsioni,l’elenco del Paesi del G8 del 2020, nessuno dei singoli Paesi europei ne farebbesingolarmente parte. Farebbero parte altri Paesi del mondo, i singoli Paesi europeisarebbero tutti fuori. Potremmo contare solo se ci fossimo come Europa. Questo vale per tutti. Quante volte i singoli Paesi pensano di poter giocare da soliun ruolo chiave? L’unica strada è quella, invece, di rispondere tutti insieme alla crisi. Come? Aprendoci a un “riconoscimento reciproco”.

Idee per l’IndustrIa paese

Dalle crisi non si può uscire “intatti”, come prima di entrarvi: la crisi esige un cambiamento. Ma come possiamo uscire “cambiati”e più “grandi?

Una delle più belle cattedrali del nostro Paese, il Duomo di Monreale, è una testimonianza ricca di un’epoca (il Medioevo), nella quale la circolazionedi genti, idee, culture e relative modalità espressive, era un fattore di conoscenza e di sviluppo della società e anche dell’economia. Qui c’è già un’idea di sviluppo, la capacità di mettere insieme valoridiversi e originali in un unicum espressivo (il Duomo di Monreale è un unicumassoluto dove si coniugano, insieme, latino, germanico, Islam, Bisanzio).Un altro esempio: l’euro medioevale e rinascimentale era “il fiorino”, la monetadi Firenze riconosciuta e utilizzata in più di metà del mondo conosciuto tra il ‘400 e il ‘500; veicolata nel commercio mondiale dai mercanti del Granducatoche avevano imparato a “trattare” con uomini di ogni cultura per negoziare una “eccellenza” italianissima: la seta. Quanta necessità per noi di riscoprire la coralità; allora, forse, come è scritto sul Duomo di Barga “piccolo è il mio, ma grande è il nostro”. L’Italia ha avuto nella sua lunghissima storia la capacità di far convergere“valori” assoluti in opere culturali, sociali ed economiche di rilevanzauniversale (distretti produttivi di eccellenza agroalimentare o del design,industrie/esempio di innovazione e solidità, produzione artistica e culturale nel suo complesso). Un patrimonio che è stato costruito facendo uscire gli uomini dalle opinioni e dalle sensazioni soggettive, che ha consentitoa intere generazioni di Italiani prima di noi, di portarsi al di là delle determinazioni culturali e storiche e di incontrarsi sui valori e sullasostanza delle cose. Uomini consapevoli che le opere sarebbero statedestinate al bene delle generazioni future, quindi uomini capaci di “gratuità” e amore al destino del prossimo.La verità apre e unisce le intelligenze; nell’attuale contesto sociale e culturale,in cui è diffusa la tendenza a relativizzare il vero, il giusto, il bello, a favore di interessi parziali e momentanei, gli Italiani possono recuperare la capacità di mediazione culturale che è scritta a chiare lettere nella loro storia. Senza mediazione culturale e senza apertura, la possibilità di crescita è residuale e ridotta in un ambito ristretto e privato di relazioni.L’Italia deve “prendere la palla” e portarla a centrocampo, rientrare nei grandiprogetti e processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale,nel dialogo tra i saperi e le competenze. Questo è il suo talento, la capacità di vedere prima degli altri dove sta un possibile bene comune; un patrimonioche è nella sua tradizione di pensiero; per giocare un ruolo di valore “originale”deve riscoprire la sua “origine”.

commenti SINERGIE NELLA COMUNICAZIONE PER L’INDUSTRIA-PAESE?

da ALBERTO MATTIACCI,Università degli Studi di Roma "La Sapienza"

VALORIZZARE I RUOLI GUIDA DEL PAESECredo che un piano efficace debba rifuggire dagli strumenti di massa, già usati nella precedente esperienza governativa,per poggiare, invece, su una chiamata all’endorsement da parte dello Stato a tutti coloro i quali ricoprano ruoli di responsabilità, pubblica e privata, nel Paese: top managere gente dello spettacolo, ricercatori universitari e sportivi ...La forte narrazione positiva può venire, a mio avviso, da un recupero del concetto di responsabilità di ruolo,abbandonando i personalismi fini a se stessi che hannocaratterizzato negativamente gli ultimi trent’anni. Comunicare la forza del Paese attraverso la capacità dei detentori di ruoli-guida di essere d’esempio e indirizzo per tutti. Un ritorno all’antico, insomma.

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SINERGIE NELLA COMUNICAZIONE PER L’INDUSTRIA-PAESE?

Si tratta di rilanciare il “Made in Italy” qui e ora, non certo fra qualche anno. Ma occorre capire primal’origine del pantano nel qualesiamo finiti e dal quale stiamocercando con enorme fatica di liberarci, altrimenti non c’è speranza di risollevarel’(ex) stellone.L’elemento sociale sul qualequalsiasi Paese deve far levaper le proprie sorti economicheè la cultura (umanistica e scientifica). L’Italia, cometutti sanno, è il Paese della cultura umanistica pereccellenza: per renderseneconto basta assistere a unadiscussione su qualsiasi tema,letterario, politico, storico tra inostri ragazzi all’estero. Qui si mostrano generalmentesuperiori ai loro coetanei,europei e americani. Ma quando si passa ad argomenti più squisitamentetecnici, come matematica,fisica, tecnologia, le cosecambiano radicalmente.Intrisi come siamo della culturacrociana e gentiliana, cadiamodi fronte a discussioni in cuiFrancesi, Tedeschi, Inglesi e Americani mostrano il portatodi una scelta culturale dei rispettivi Paesi che risale ad almeno due secoli fa.Esempi? Nei Paesi anglosassonil’altissimo livello scolasticonelle disciplinetecnico/scientifiche fu realizzato da uominilungimiranti come Bismark in Germania: qui sono nati i piùgrandi matematici e fisici della storia, come Gauss,Hilbert, Heisenberg, Pauli,Grossmann, Leibniz....Einstein.In Inghilterra fu proprio la scuola nei suoi gradimaggiori a gettare le basi della rivoluzione industriale, da Newton in poi (Darwin,Wallace, Thomas, Mach,Maxwell). Lo stesso discorsovale per la Francia, che, grazie

a Napoleone, diede un impulsofortissimo a questo aspettofondamentale del “patrimoniodi sapere” di una nazione(Pasteur, Lagrange, Laplace, Curie, Dirac …).

E da noi? L’Italia, grazie a Galileo, aveva creato leprime vere fondamenta dellascienza, alcuni decenni prima di Newton, ma tutte le successive espressioni di cultura scientifica sono statefrutto della passionespontanea, non organizzata,ossia non voluta politicamente,di un numero ristretto di geni:Levi-Civita, Beltrami, Marconi,Meucci, Fermi, Segre, infine Rubbia e Giaccone(ultimo Nobel italiano della fisica nel 2002). Ebbene, tutti o quasi tuttiquesti nostri straordinaripersonaggi hanno servito Paesi diversi dal loro diorigine! Soprattutto negli USA.Ora, se vogliamo domandarci il motivo profondo all’origine di queste fughe, c’è solo unarisposta: la pervasività dellacultura umanistico/cattolicache ci ha condotti a una sortadi lento e progressivorallentamento della nostracapacità di rimanere al passotecnologico con i tempi. Se ci domandiamo poi qualisiano state le ultimerealizzazioni di portataplanetaria del secolo scorsoche l’Italia ha prodotto,dobbiamo risalire addirittura a 50-40 anni fa: gli ultimiesempi sono stati infatti il primo PC da tavolo (BrevettoOlivetti, ingegner Perotto,precursore degli strumentiinformatici. Realizzato all’iniziodegli anni ‘60 un anno dopo la morte di Adriano Olivetti,fu prontamente acquistatodagli Americani della HP, che ne avevano subito capito la portata rivoluzionaria, per 900.000 $).

L’ultimo grande brevettoitaliano fu poi negli anni ‘70 il Common Rail della Fiat, epoca Romiti, lasciato in un cassetto fino a quandouna casa tedesca (Bosch) negli anni ‘80 non ne acquistò i diritti per quattro lenticchiefacendone un dispositivoindispensabile per qualsiasivettura Diesel. Insomma: c’è stata nel secoloscorso una precisa volontà,forse inconsapevole sulle conseguenze, di sottrarreall’Italia il bene più prezioso, la cultura scientifica. E così,l’energia nucleare, la chimica,l’elettronica, le telecomunicazioni,l’automobile, ossia ogni piùimportante e decisivo settoreeconomico industriale è statoletteralmente lasciato a sestesso, in un inarrestabiledeclino e in un panoramaassolutamente privo di una veduta strategica del “sistema Paese”.

L’Italia è rimasto perciò un Paese di “nicchie”:splendide, ma sempre nicchie:la Ferrari, la nanotecnologia, la biotecnologia, alcune perle di eccellenza nella sanità. Utili, sicuramente, ma non sufficienti per creareun’immagine di Made in Italycapace di competere con le iene dei Paesi cosiddettiemergenti.Ci siamo così cullatinell’illusione che il piccolofosse bello, e negli anni della “Milano da bere” eravamoquasi convinti che da quintoPaese economico più avanzatosaremmo riusciti a superareaddirittura la Gran Bretagna,per portarci al quarto posto!Ridicolo, così come è ridicolo,anzi tragico, tutto quanto è accaduto nei decennisuccessivi: nani, ballerine,tangentopoli, Cosa Nostra,berlusconismo, fugadrammatica di cervelli,

sanità malata, corruzione,evasione fiscale, debitopubblico alle stelle....E’ sufficiente tutto questo per capire quanto sia difficilerilanciare il cosiddetto Made in Italy?Ora dobbiamo pur domandarci:che fare? Io penso che finalmente un barlume di luce si intravvedain fondo al tunnel. Grazie a questa ventata d’ariafresca, che il cosiddetto“governo tecnico” ha portato,forse (sottolineato cento volte)si è voltato pagina.E se lasceremo che questaventata d’aria nuova portianche la politica a fare i contiseriamente con se stessa e a cambiare la propria faccia,le cose, forse, possonocambiare.

Io credo che solo i “tecnici”,che, però, sono veri e propripolitici, possano mettere manoa un grande “progetto Paese”:ne hanno la consapevolezza e gli strumenti culturali. La speranza è solo quella che da loro giungano iniziativecoordinate per una scuola più efficace, per un rientro dei cervelli, per una maggiorecultura sociale, per un “benePaese” davvero più condiviso.Credo che solo la veraconsapevolezza di chi siamo,così come delle potenzialità che possiamo ancora esprimerepossa farci riemergere e renderci ancora orgogliosi di noi stessi.Il che sarà possibile solo se ci sarà una nuovagenerazione di politici, più trasparente, meno corrotta, con una maggiore presenzafemminile, di donnedeterminate, resistenti a ognidifficoltà, sensibili, intelligentinel lavoro e nello studio. E vedo soprattutto da loro la futura via d’uscita da questanostra difficile situazione.

da BRUNO SALGARELLO, Tec Service s.r.l.

IL PROGETTO PAESE PASSA PER IL RILANCIO DELLA CULTURA SCIENTIFICA

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SE NON DESIDERA RICEVERE CINQUEMINUTI MANDI UN EMAIL A [email protected], INDICANDO NELL’OGGETTO REMOVE

Direttore responsabile Giuseppe Minoia

I SEMINARI DI GfK EURISKO

Il 18, 19 e 20 Aprile 2012 avrà luogo a Milano, presso il nuovo centro congressidell’Università “L. Bocconi”,il Salone del risparmio, il più importanteevento italiano interamente dedicato al settore del risparmio gestito, organizzato da Assogestioni. Un Salone che si propone di favorire lo sviluppo di relazioni commerciali all’internodel mercato e l’incontro diretto e privilegiato con il pubblico dei risparmiatori, ai quali sono dedicati momenti di incontro e occasioni di approfondimento.

GfK Eurisko e Prometeiasono stati invitati, il 18 aprile alle 13:00, aesporre a tutta la comunità finanziaria le principali evidenze emersedall’Osservatorio sui Risparmi delle Famiglie edizione 2012.

Titolo e temi della conferenza:

PRESENTAZIONE DELL’OSSERVATORIO SUI RISPARMI DELLE FAMIGLIE 2012GfK Eurisko & Prometeia

- Introduzionedi Alessandro Rota, Assogestioni

- Lo stato della domanda oggi e le possibiliconseguenze sulle strategie degli operatoriFabrizio Fornezza, GfK Eurisko

- Lo stato dell’offerta degli investimenti finanziari e uno scenario per i prossimi anniChiara Fornasari, Prometeia

Link alla pagina del programma della nostra conferenza sul sito del Salone:www.salonedelrisparmio.com

Per maggiori informazioni: Antonella Busi, Segreteria [email protected]

SALONE DEL RISPARMIO

GfK Eurisko si trova nella fortunata circostanza di conoscere “quasi tutto” sulla radio.Dispone infatti della più grande ricerca di basemai condotta, dove confluiscono quattro differenti e complementari fonti informative:

u da Sinottica tutta la dinamica evolutiva del mezzo radio, ed in quali contesti sociali e di consumo si sta più sviluppando

u sempre da Sinottica le specificità di posizionamento della radiorispetto agli altri mezzi

u dalle Ricerche qualitative ad hoc come è profondamente vissuto il rapporto con questo mezzo da parte degli ascoltatori

u da Radiomonitor le esatte dimensioni dell’esposizione e dell’ascolto, ad Aprile 2012(la ricerca è ancora in atto, ma le effettive dimensioni sono già evidenti)

u daEurisko Media Monitor (EMM) le sinergie con tutti gli altri mezzi,così da poter ottimizzare le pianificazioni multimediali, per qualsiasi target.

I risultati di questa unica Ricerca di base vengonopresentati in due appuntamenti da non perdere ai quali siamo lieti di invitarLa.

Per info sull’orario e per confermare la presenza: [email protected]

FINALMENTE LA RADIO MILANO 17 APRILE 2012PRESSO UNIONE DEL COMMERCIOCORSO VENEZIA

ROMA 18 APRILE 2012PRESSO HOTEL BOSCOLO EXEDRAPIAZZA DELLA REPUBBLICA

EURISKO�

Milano Via Monte Rosa, 15/17/1920149 Milano Tel. + 39 02 43.809.1 Fax + 39 02 [email protected]

Roma Piazza della Repubblica, 5900185 RomaTel. + 39 06 47.82.33.02Fax + 39 06 [email protected]

Ufficio Stampa Via Monte Rosa, 1920149 MilanoTel. + 39 02 [email protected]

G K

L’attuale fase di cambiamento del quadro sociale ed economico del Paese rende più che mai importante indagare le nuove strategiemesse in atto dai consumatori per far fronte alle difficoltà di contesto.Il seminario Climi Sociali e di Consumo sarà l’occasione per fare il puntodella situazione sui nuovi orientamenti dei consumatori. Si ricorda che il Seminario è riservato ai Sottoscrittori dell’indagineperiodica e continuativa “Climi Sociali e di Consumo”.

CLIMI SOCIALI E DI CONSUMO 2012

Chi non avesse ricevuto l’invito e intendesse parteciparVi - e quindi sottoscrivere la ricerca - è invitato a rivolgersi a Cristian Cutrona ([email protected]), Margherita Limido ([email protected]) o Antonella Pastore ([email protected])

MILANO 20 APRILE 2012PRESSO GFK EURISKO