Gestire il cambiamento e accrescere la produttività

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Un tema sempre molto scottante per le aziende ossia "come accrescere la produttività e gestire il cambiamento". Identificare le strategie da perseguire è un'impresa che richiede visione, squadra, capacità introspettive, ma non basta se poi non siamo in grado di monitorare se stiamo perseguendo quelle strategie in maniera efficace ed efficiente. Occorre sulla misurazione delle strategie, sul monitoraggio che deve essere applicato affinché la strada sia sì quella giusta e il suo percorso sia monitorato. Giusto per fare un esempio, supponiamo di aver pianificato di andare da New York a Washington in macchina e visitare tre musei. La vision che mi ha guidato può essere stata: "fare un viaggio che mi arricchisse culturalmente", la strategia può essere stata percorrere l'interstatale. Ma se non avessi considerato che è necessario percorrere 4 ore di autostrada, probabilmente avrei organizzato male il mio viaggio. Vision, strategie e loro misurazione sono un trinomio inscindibile, poiché l'azienda è un corpo in cambiamento e abbiamo bisogno di monitorare le nostre performance di viaggio per decidere se dobbiamo cambiare rotta.

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Come accrescere la produttività e gestire il cambiamento 21/10/2013 Relatore: Francesco Messina

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Innovare (due frasi inspiratorie)

1. Non puoi scoprire nuovi oceani finché non hai il coraggio di perdere di vista la riva.

2. La creatività è pensare nuove cose, l’innovazione è fare nuove cose.

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Gestire l’ordinaria amministrazione Gestire il cambiamento

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Prima conclusione: Tre fattori influenzano il tasso ottimale di crescita: 1) fattore finanziario, 2) fattore mercato; 3) fattore manageriale.

1) La sostenibilità finanziaria è un indicatore molto usato, se il cash flow diviene negativo l’azienda rischia di non poter rimborsare i prestiti che ha richiesto.

2) La crescita aziendale costantemente al di sopra della crescita del mercato può essere ottenuta tramite l’acquisizione oppure attraverso la diversificazione o un mix delle due strategie. Un forte numero di acquisizioni così come un’elevata diversificazione, sono negativamente correlate con le performance.

3) L’abilità a seguire più progetti contemporaneamente è funzione della struttura organizzativa, dei meccanismi di premialità per i lavoratori più meritevoli, delle caratteristiche della leadership nel team

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Focus sull’innovazione

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L’uso dei 7 perché e la tecnica di problem solving

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Se un problema è semplice

Esempio: 1)  Ho fame, mangio; 2)  Si è accesa la spia della benzina, vado dal benzinaio a fare rifornimento

Quando un problema è semplice?

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Se il problema è complesso

Esempio: 1)  Non riusciamo ad avere elevati standard nel servizio alla clientela 2)  Il cliente non compra più come prima 3)  I marmi del Lincoln Memorial si stanno rovinando…

Quando un problema è complesso?

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Il centralino non evade le chiamate in maniera efficace

•  Sintetizzare (trovare il problema, quello vero): – Troppi clienti? – La conversazione dura troppo? – Il problema è connesso ai contenuti della

chiamata?

Ipotizziamo che la sintesi sia: troppe telefonate per gli operatori presenti.

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troppe telefonate per gli operatori presenti

• Cosa sta succedendo? Siamo in grado di quantificare ciò che abbiamo rilevato in maniera qualitativa?

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7 Perché (Esempio di caso in cui ne

basta uno)

•  Perché a gennaio abbiamo inserito un nuovo prodotto

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7 Perché (Esempio più complesso)

•  Perché le persone non trovano le informazioni sul packaging

•  Perché abbiamo cambiato il packaging del prodotto e risulta meno chiaro

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A volte, questa fase si rivela più ostica del previsto. È possibile, infatti, che il team possieda delle credenze depotenzianti, sia cioè convinto che poco o nulla si possa fare in merito al miglioramento di un determinato processo. Così facendo, la semplice sequenza “perché” e “come” può rischiare di naufragare. In tal caso è indispensabile la presenza di un coach, che guidi il gruppo dall’esterno alla ricerca di soluzioni nuove.

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Bisognerà utilizzare delle tecniche di comunicazione più complesse. Chiedere semplicemente “cosa bisogna fare” rischia, infatti, di condurre verso la costruzione di un libro dei sogni, come abbiamo visto nel paragrafo ad esso dedicato, il team all’inizio potrebbe mostrare ostilità al cambiamento e anche non dichiarare un reale intendimento, porterà al naufragio dell’iniziativa.

Con tutte le scarpe dentro alla resistenza al cambiamento

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Cambiare…

E’ Facile! E’ Difficile!

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I fattori fondamentali che agiscono sul cambiamento individuale

Zona di comfort

Credenze

Motivazione

Più è ampia più è facile

Creano un punto di vista

Più è forte più è facile

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Far cambiare…

E’ Facile? E’ Difficile?

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I fattori fondamentali che agiscono sul cambiamento:

Zona di comfort

Credenze

Motivazione

Più è ampia più è facile

Creano un punto di vista

Più è forte più è facile

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Difficoltà di cambiamento e comfort zone

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Alcuni esempi

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Le fasi del cambiamento

•  I fase: Negazione •  II fase: Difesa •  III fase: Illusione / Delusione •  IV fase: adattamento. • V fase: Interiorizzazione.

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Le Credenze (c.d. pregiudizi) L’acquisizione della conoscenza procede attraverso molteplici percorsi culturali ed intellettuali fra loro interconnessi, determinati dalle particolari comunità sociali a cui si appartiene e dalle particolari esperienze cui si è sottoposti.

La struttura cognitiva di base ha la tendenza a consolidare convinzioni ed idee che si siano formulate nel lontano passato e che abbiano sempre riscontrato, nell'esperienza quotidiana, elementi di conferma. Naturalmente la permanenza costante in un medesimo contesto relazionale rende facile che le opinioni condivise in tale contesto si rafforzino a vicenda. Si tratta di modelli mentali fortemente strutturati ed incisi nella profondità della psiche del soggetto. La conseguenza di questo processo reiterativo è una marcata tendenza a non modificarsi o comunque a modificarsi lentamente e parzialmente.

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Le credenze

•  Sono profondi e radicati convincimenti • Delineano i confini del nostro universo

probabilistico •  Possono essere potenzianti o

depotenzianti

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Le credenze possono essere

•  Potenzianti • Depotenzianti

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Alcuni esempi in azienda Depotenzianti Potenzianti

Non ho tempo Non so organizzare il tempo in maniera diversa

Non posso prendermi queste responsabilità

Non conosco la materia

Nessuno è responsabile Non ho mai contribuito a definire i ruoli in azienda e non mi sono interrogato a fondo sul mio ruolo

Il mio superiore e i miei colleghi non mi ascoltano

Non so come comunicare in maniera appropriata le mie idee agli altri e condividerle

Qui si è sempre fatto così Non so come fare diversamente

Non ci riusciremo mai Non ci sono mai riuscito e ho provato sempre con la stessa strategia, non ne conosco altre.

Quel collega non capisce, inutile parlargli.

Non riesco a farmi capire dal quel collega

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Depotenzianti Potenzianti

Non so vendere Non ho ancora appreso cosa chiedere al cliente

Non lo so fare Vorrei imparare a farlo

Non si può fare Non conosco esempi di persone che ci siano riusciti

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Dopo aver chiesto cosa bisogna fare, quindi, prima di fissare gli indicatori di performance, sarà bene chiedere: quali errori hanno impedito di farlo fino ad oggi. Questa richiesta costringe gli interlocutori a ripensare criticamente agli errori fatti, e a rivedere se il percorso di miglioramento è realistico oppure no. Inoltre, bisogna comprendere se gli errori derivano da credenze depotenzianti che fino ad oggi ci hanno impedito di agire correttamente.

Quali errori hanno impedito di farlo fino ad oggi?

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Bisognerà quindi chiedere quali credenze depotenzianti abbiano contribuito a costruire l’errore che non ci ha ancora permesso il miglioramento in esame. Finalmente, analizzato il fenomeno in maniera più critica e matura, si potrà chiedere quale nuova credenza (potenziante) dovrà essere posta alla base della nuova azione e solo successivamente quale azione porteremo avanti, e quindi come misurarla.

Quali credenze hanno determinato gli errori che hanno impedito di farlo fino ad oggi?

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Un esempio può essere il seguente: se chiedessimo semplicemente: “per diventare tonico, muscoloso e perdere 5 kg cosa dovresti fare?”, molti risponderebbero: “attività fisica e corretta alimentazione”. Se ci fermassimo a questo livello, registreremmo il processo, cercheremmo di creare dei modi per misurarlo (ad es. rapporto tra massa grassa e massa magra) e proveremmo a fissare un calendario di attività e una dieta.

Il pigro e le sue credenze.

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Eppure, questa lista delle buone intenzioni molto probabilmente naufragherà. Perché in realtà, le domande più importanti sono quelle che seguono: 1) fino a questo momento, quali errori ti hanno impedito di fare la dieta e una sana attività fisica? La persona potrà quindi rispondere: “ho scelto la palestra sbagliata”, oppure, “non sono mai andato dal dietologo”, oppure, “non ho mai comprato le scarpe da ginnastica”.

Quali errori ti hanno impedito di fare la dieta e una sana attività fisica?

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Dietro queste prime risposte, si nascondono diverse credenze depotenzianti, alcune bizzarre e molto individuali: ma se non approfondiamo e ci accontentiamo della risposta, ci sembrerà scontato che, rispettivamente, andare nella palestra giusta, andare dal dietologo, comprare le scarpe da ginnastica condurrà al risultato. Invece non è così, la persona non farà nessuna delle azioni necessarie a riparare agli errori che evidenzia fin quando non sarà chiara la credenza depotenziante sottesa.

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In particolare quindi, chiederemo “qual è la credenza che ha determinato questo errore?” Alcuni risponderanno: non credo nelle diete, altri non ho tempo di andare a correre, altri ancora, credo che in palestra non si trovino persone simpatiche, etc. Questa è già un’analisi più profonda. Se prima non rimuoviamo queste credenze, non potremo compiere azioni forti verso un cambiamento. Ecco quindi che lo sforzo deve essere quello di ricreare delle credenze potenzianti, prima di capire quali azioni compiere.

Qual è la credenza che ha determinato questo errore?

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Alcune credenze potenzianti, in merito, possono essere: “credo di dover organizzare il tempo in maniera diversa”; “non conosco sport divertenti”; etc. L’azione conseguente, nel breve periodo, quindi, non sarà quella di entrare in palestra, ma riorganizzare il proprio tempo e informarsi su quali sport possono esser ritenuti divertenti. Gli indicatori da monitorare saranno quindi, oltre al rapporto massa grassa su massa magra, indicatori della quantità di tempo libero che l’individuo è riuscito a sottrarre a precedenti attività. A questo punto possiamo sintetizzare nuovamente il problema da affrontare, possiamo analizzarlo e trovare soluzioni.

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Le informazioni prodotte saranno quindi riversate nella balanced scorecard e periodicamente riviste. Non vi è un’unica foggia nella quale mostrare la balanced scorecard all’azienda. Ciascun management vuole leggere le informazioni in maniera personalizzata. L’importante è che siano presenti tutti gli ingredienti visti sopra e che la balanced scorecard sia utilizzata come strumento di apprendimento costante. Nel tempo, infatti, sarà indispensabile rivedere i parametri per riadattarli alle mutate esigenze dell’azienda e del mercato.

Considerazioni finali