[GDV F1 - 8] GDV/PP/PAG/MULTI 23/10/167.851311:1480748133... · Gian Marco Mancassola Pochi sanno...

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Gian Marco Mancassola Pochi sanno cosa sia, dove sia, cosa faccia e da chi sia composto. Il Cnel è l’oggetto misterioso di questa storia chiamata riforma costituzio- nale. È il lupus in fabula ri- svegliato dal letargo in cui si era rifugiato a villa Lubin, nel verde di Villa Borghese, il più bel parco di Roma. Se il 4 dicembre vincerà il Sì, oltre alla metamorfosi del Senato e al nuovo punto di equilibrio tra Stato e Regioni, la rifor- ma Boschi-Renzi cancellerà anche il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, candidato a scendere dal tro- no della Costituzione in com- pagnia delle Province: sulla carta, questo taglio si dovreb- be tradurre in meno poltro- ne, meno uffici, meno stipen- di. E tuttavia tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare del parlamento, che dovrà con- vertire in legge la revisione della Costituzione. ILCNEL. Il Consiglio naziona- le dell’economia e del lavoro è un organo di consulenza al servizio del governo e delle Camere su questioni econo- miche e sociali. Produce dos- sier e ha la facoltà di propor- re disegni di legge. È compo- sto da esponenti delle catego- rie economiche, delle orga- nizzazioni sindacali e delle parti sociali. Fino al 2011 era composto da 121 membri, poi dimezzati a 64 e oggi ri- dotti a 24, perché 40 si sono dimessi e non sono stati sosti- tuiti. Calcolano che in 60 an- ni di attività il Cnel abbia pro- dotto 96 pareri, 350 osserva- zioni e proposte, 270 rappor- ti e studi, 90 relazioni, 130 convegni e 14 disegni di leg- ge: nessuno è stato approva- to dal parlamento. Quanto ri- sparmieranno le casse statali da questo colpo di accetta? A pieno regime, il Cnel è arriva- to a costare intorno ai 22 mi- lioni di euro all’anno. Dal 2015 ai consiglieri non spetta- no più né l’indennità di 2.154 euro al mese, né i rimborsi. I costi attuali, stimati in 8,7 mi- lioni, sono quindi riconduci- bili alle spese di funziona- mento della sede e agli stipen- di della cinquantina di dipen- denti. Se la riforma passerà, l’ultimo atto del Cnel potreb- be essere il parere alla nuova legge di stabilità. LE PROVINCE. Il referendum del 4 dicembre rimette in gio- co l’abolizione delle Provin- ce, la cui storia ha attraversa- to i 155 anni dell’Italia unita come un fiume carsico, viven- do momenti di splendore a inizio Novecento e a cavallo tra anni Novanta e anni Ze- ro, ma anche eclissi come ac- cadde durante il Fascismo o nell’Italia a rischio bancarot- ta del 2011. Ci hanno provato in tanti, a sbarazzarsene, l’ultimo in ordine di tempo è stato il governo Monti, ma la Consulta gli ha fatto notare che non era sufficiente un de- creto legge, ancorché battez- zato “Salva Italia”. Oggi le Province sono 107, numero quasi raddoppiato rispetto al- le 59 con cui debuttò l’Italia unificata nel 1861. Il record venne toccato nel 2009, al termine di un quindicennio di creazionismo compulsivo che finì per esaurire i nomi, arrivando a formulazioni bi- zantine, dal Medio Campida- no a Barletta-Andria-Trani. Va detto che questo referen- dum sancirà, eventualmen- te, la cancellazione delle Pro- vince dalla Carta, ma è molto probabile che gli “enti di area vasta”, come si chiamano dal 2014, continueranno a so- pravvivere almeno nel medio periodo nella forma sagoma- ta dalla legge Delrio, che pre- serva alcune funzioni, dall’ambiente alle strade fino all’edilizia scolastica, ma sen- za organi ad elezione diretta. Quanto potrà essere rispar- miato dall’espulsione delle Province dalla Carta? In base ad alcune proiezioni messe in circolo da fonti governati- ve la cifra orbiterebbe intor- no a quota 320 milioni. E tut- tavia, un’importante sforbi- ciata è già stata assestata con la riforma Delrio: circa 160 milioni, in buona misura rica- vati dai costi per l’organizza- zione di elezioni che non si so- no più tenute e dalle indenni- tà non più percepite da presi- denti, assessori e consiglieri. Un ulteriore effetto potrebbe venire dalla vendita di palaz- zi, ma dipendenti e funzioni dovranno comunque essere trasferiti ad altre istituzioni: ecco perché la Ragioneria ge- nerale dello Stato, più volte sollecitata, ha alzato bandie- ra bianca di fronte a un calco- lo per ora imprecisabile. IL SENATO. Avevamo iniziato questo viaggio nel cuore del- la riforma costituzionale con la metamorfosi del Senato e qui torniamo per chiudere il cerchio. Perché il piatto forte di questo referendum, da qualsiasi parte lo si voglia ve- dere, è il nuovo Senato. La trasformazione, infatti, oltre a ridisegnare l’architettura democratica italiana, dovreb- be garantire cospicui rispar- mi, su cui si stanno accapi- gliando gli alfieri del “Sì” e del “No”. L’attuale costo del Senato è spannometricamen- te di mezzo miliardo di euro all’anno. Almeno 150 milio- ni, però, se ne vanno per il funzionamento di palazzo Madama, mentre altri 250 milioni sono assorbiti dalle pensioni degli ex dipendenti e degli ex senatori. La polpa dei risparmi attesi si concen- trerebbe quindi su emolu- menti, finanziamenti dei gruppi e indennità: in tutto si stimano circa 100 milioni. I nuovi senatori (ridotti da 315 a 100) conserveranno in- fatti semplicemente i loro sti- pendi di consiglieri regionali o di sindaci, senza aggiunte. Vale a dire? La riforma non dettaglia la questione al cen- tesimo di euro, ma fissa un tetto alle buste paga dei consi- glieri regionali, che non po- tranno guadagnare più del sindaco di un capoluogo. 3 - Fine VINCOLODIMANDATO Iparlamentarinonhanno vincolodimandato.La normaresisterebbeanche perimembridelnuovo Senato,chequindinon seguirebbel’esempiodel Bundesrattedesco,dovei rappresentantidiunland, perlegge,votanotuttiallo stessomodo.Saràil regolamentodelnuovo Senatoastabilirese l’organizzazioneingruppi parlamentaridebbaseguire ilprincipio dell’appartenenzapartitica odellarappresentanza territoriale. QUOTEROSA Lariformaritoccal’articolo 55richiedendolaparitàdi genere:«Leleggiche stabilisconolemodalitàdi elezionedelleCamere promuovonol’equilibriotra donneeuomininella rappresentanza».Normesimili sonoprevisteancheper l’elezionedeiconsigliregionali. PARTECIPAZIONE Lariformaintroduceancheil “dovere”diparteciparealle seduteinaulaein commissione:l’obbligoperi parlamentaripasserebbe quindidaisemplici regolamentidelleCamereal rilievodellaCarta costituzionale.Neifattiperla primavoltal’assenteismo diventeràincostituzionale. In60annidistoria ilCnelhaprodotto 14disegnidilegge dicuinessunoè statoapprovato dalparlamento IRISPARMIPROMESSI. SoppressionedelleProvinceedelCnel,trasformazionedelSenato,tettoaglistipendideiconsiglieriregionali:tuttiitaglidellariforma I COSTI DELLA POLITICA Ogni riforma è figlia del suo tempo. Anche questa, comunque vada a fi- nire il 4 dicembre, paga il pedaggio a un’attualità intessuta di sfiducia e rabbia contro indennità, vitalizi, prebende, diarie, rimborsi spese, benefit,immunità.Daanniildibatti- tosullapoliticaèorientatoallaridu- zione dei privilegi della élite che per gli elettori è sintetizzata in una parola: la Casta. E non è un caso se in buona misura la propaganda del “sì” fa leva proprio sul taglio dei co- sti della politica, inserito diretta- mentenellaCartacostituzionaleat- traverso la trasformazione del Se- nato in un organo non elettivo sen- za indennità e attraverso la sop- pressionedelleProvinceedelCnel, il Consiglio nazionale dell’econo- mia e del lavoro. La terza e ultima puntata di questo viaggio nel cuore della riforma Boschi-Renzi parte da qui, dalle zavorre di cui la mon- golfiera Italia vorrebbe liberarsi per volare più in alto. Verso ilreferendum Ultimatappadelviaggiodentrolariformacostituzionale 24 SONOI MEMBRI ATTUALIDELCNEL MAFINOAL2011ERANO 121 Finoal2011ilCnelera composto da121membri,chepoisonostati dimezzati a64eoggiridottia24, perché40sisono dimessi enon sonostati sostituiti IlpalazzodiMontecitorio,sededellaCamera Leregoledelgioco 107 SONOLE PROVINCE ITALIANE, RADDOPPIATEDALL’UNITÀD’ ITALIA OggileProvince italiane sono 107,quasiraddoppiaterispetto alle59incuil’Italiaera suddivisa nel1861.Il record futoccatonel 2009quandoerano 110 IL GIORNALE DI VICENZA Domenica 23 Ottobre 2016 8 Primo Piano

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Gian Marco Mancassola

Pochi sanno cosa sia, dovesia, cosa faccia e da chi siacomposto. Il Cnel è l’oggettomisterioso di questa storiachiamata riforma costituzio-nale. È il lupus in fabula ri-svegliato dal letargo in cui siera rifugiato a villa Lubin,nel verde di Villa Borghese, ilpiù bel parco di Roma. Se il 4dicembre vincerà il Sì, oltrealla metamorfosi del Senatoe al nuovo punto di equilibriotra Stato e Regioni, la rifor-ma Boschi-Renzi cancelleràanche il Consiglio nazionaledell’economia e del lavoro,candidato a scendere dal tro-no della Costituzione in com-pagnia delle Province: sullacarta, questo taglio si dovreb-be tradurre in meno poltro-ne, meno uffici, meno stipen-di. E tuttavia tra il dire e ilfare c’è di mezzo il mare delparlamento, che dovrà con-vertire in legge la revisionedella Costituzione.

IL CNEL.Il Consiglio naziona-le dell’economia e del lavoroè un organo di consulenza alservizio del governo e delleCamere su questioni econo-miche e sociali. Produce dos-sier e ha la facoltà di propor-re disegni di legge. È compo-

sto da esponenti delle catego-rie economiche, delle orga-nizzazioni sindacali e delleparti sociali. Fino al 2011 eracomposto da 121 membri,poi dimezzati a 64 e oggi ri-dotti a 24, perché 40 si sonodimessi e non sono stati sosti-tuiti. Calcolano che in 60 an-ni di attività il Cnel abbia pro-dotto 96 pareri, 350 osserva-zioni e proposte, 270 rappor-ti e studi, 90 relazioni, 130convegni e 14 disegni di leg-ge: nessuno è stato approva-to dal parlamento. Quanto ri-sparmieranno le casse statalida questo colpo di accetta? Apieno regime, il Cnel è arriva-to a costare intorno ai 22 mi-lioni di euro all’anno. Dal2015 ai consiglieri non spetta-no più né l’indennità di 2.154euro al mese, né i rimborsi. Icosti attuali, stimati in 8,7 mi-lioni, sono quindi riconduci-bili alle spese di funziona-mento della sede e agli stipen-di della cinquantina di dipen-

denti. Se la riforma passerà,l’ultimo atto del Cnel potreb-be essere il parere alla nuovalegge di stabilità.

LE PROVINCE. Il referendumdel 4 dicembre rimette in gio-co l’abolizione delle Provin-ce, la cui storia ha attraversa-to i 155 anni dell’Italia unitacome un fiume carsico, viven-do momenti di splendore ainizio Novecento e a cavallotra anni Novanta e anni Ze-ro, ma anche eclissi come ac-cadde durante il Fascismo onell’Italia a rischio bancarot-ta del 2011. Ci hanno provatoin tanti, a sbarazzarsene,l’ultimo in ordine di tempo èstato il governo Monti, ma laConsulta gli ha fatto notareche non era sufficiente un de-creto legge, ancorché battez-zato “Salva Italia”. Oggi leProvince sono 107, numeroquasi raddoppiato rispetto al-le 59 con cui debuttò l’Italiaunificata nel 1861. Il recordvenne toccato nel 2009, altermine di un quindicenniodi creazionismo compulsivoche finì per esaurire i nomi,arrivando a formulazioni bi-zantine, dal Medio Campida-no a Barletta-Andria-Trani.Va detto che questo referen-dum sancirà, eventualmen-te, la cancellazione delle Pro-vince dalla Carta, ma è molto

probabile che gli “enti di areavasta”, come si chiamano dal2014, continueranno a so-pravvivere almeno nel medioperiodo nella forma sagoma-ta dalla legge Delrio, che pre-serva alcune funzioni,dall’ambiente alle strade finoall’edilizia scolastica, ma sen-za organi ad elezione diretta.Quanto potrà essere rispar-miato dall’espulsione delleProvince dalla Carta? In basead alcune proiezioni messein circolo da fonti governati-ve la cifra orbiterebbe intor-no a quota 320 milioni. E tut-tavia, un’importante sforbi-ciata è già stata assestata conla riforma Delrio: circa 160milioni, in buona misura rica-vati dai costi per l’organizza-zione di elezioni che non si so-no più tenute e dalle indenni-tà non più percepite da presi-denti, assessori e consiglieri.Un ulteriore effetto potrebbevenire dalla vendita di palaz-zi, ma dipendenti e funzionidovranno comunque esseretrasferiti ad altre istituzioni:ecco perché la Ragioneria ge-nerale dello Stato, più voltesollecitata, ha alzato bandie-ra bianca di fronte a un calco-lo per ora imprecisabile.

IL SENATO. Avevamo iniziatoquesto viaggio nel cuore del-la riforma costituzionale con

la metamorfosi del Senato equi torniamo per chiudere ilcerchio. Perché il piatto fortedi questo referendum, daqualsiasi parte lo si voglia ve-dere, è il nuovo Senato. Latrasformazione, infatti, oltrea ridisegnare l’architetturademocratica italiana, dovreb-be garantire cospicui rispar-mi, su cui si stanno accapi-gliando gli alfieri del “Sì” edel “No”. L’attuale costo delSenato è spannometricamen-te di mezzo miliardo di euroall’anno. Almeno 150 milio-ni, però, se ne vanno per ilfunzionamento di palazzoMadama, mentre altri 250milioni sono assorbiti dallepensioni degli ex dipendentie degli ex senatori. La polpadei risparmi attesi si concen-trerebbe quindi su emolu-menti, finanziamenti deigruppi e indennità: in tuttosi stimano circa 100 milioni.I nuovi senatori (ridotti da315 a 100) conserveranno in-fatti semplicemente i loro sti-pendi di consiglieri regionalio di sindaci, senza aggiunte.Vale a dire? La riforma nondettaglia la questione al cen-tesimo di euro, ma fissa untetto alle buste paga dei consi-glieri regionali, che non po-tranno guadagnare più delsindaco di un capoluogo.•

3 - Fine

VINCOLODIMANDATOIparlamentari non hannovincolodi mandato. Lanormaresisterebbe ancheperimembridel nuovoSenato,chequindi nonseguirebbel’esempiodelBundesrattedesco, doveirappresentantidiun land,perlegge,votano tuttiallostessomodo.Sarà ilregolamentodel nuovoSenatoa stabiliresel’organizzazioneingruppiparlamentaridebba seguireilprincipiodell’appartenenzapartiticaodella rappresentanzaterritoriale.

QUOTEROSALariformaritoccal’articolo

55richiedendo laparità digenere:«Leleggi chestabilisconolemodalità dielezionedelle Camerepromuovonol’equilibrio tradonnee uomininellarappresentanza».Normesimilisonopreviste ancheperl’elezionedei consigliregionali.

PARTECIPAZIONELariformaintroduceanche il“dovere”di partecipareallesedutein aulae incommissione:l’obbligoperiparlamentaripasserebbequindidai sempliciregolamentidelle Camerealrilievodella Cartacostituzionale.Neifatti perlaprimavolta l’assenteismodiventeràincostituzionale.

In60annidistoriailCnelhaprodotto14disegnidileggedicuinessunoèstatoapprovatodalparlamento

IRISPARMI PROMESSI. Soppressione delleProvince edel Cnel,trasformazione delSenato, tetto agli stipendidei consiglieriregionali: tutti i taglidella riforma

ICOSTIDELLAPOLITICAOgni riforma è figlia del suo tempo.Anche questa, comunque vada a fi-nire il 4 dicembre, paga il pedaggioa un’attualità intessuta di sfiduciae rabbia contro indennità, vitalizi,prebende, diarie, rimborsi spese,benefit, immunità. Da anniil dibatti-tosullapolitica èorientato allaridu-zione dei privilegi della élite cheper gli elettori è sintetizzata in unaparola: la Casta. E non è un caso sein buona misura la propaganda del“sì” fa leva proprio sul taglio dei co-sti della politica, inserito diretta-

mentenellaCartacostituzionale at-traverso la trasformazione del Se-nato in un organo non elettivo sen-za indennità e attraverso la sop-pressione delle Province e del Cnel,il Consiglio nazionale dell’econo-mia e del lavoro. La terza e ultimapuntata di questo viaggio nel cuoredella riforma Boschi-Renzi parteda qui, dalle zavorre di cui la mon-golfiera Italia vorrebbe liberarsiper volare più in alto.

VersoilreferendumUltimatappa delviaggio dentrolariformacostituzionale

24SONOIMEMBRI ATTUALI DELCNEL

MAFINOAL2011 ERANO121

Finoal2011ilCneleracompostoda121membri,chepoisonostatidimezzatia64eoggiridottia24,perché40sisonodimessienonsonostatisostituiti

Ilpalazzo diMontecitorio, sededellaCamera

Leregole delgioco

107SONOLEPROVINCE ITALIANE,

RADDOPPIATEDALL’UNITÀD’ITALIA

OggileProvinceitalianesono107,quasiraddoppiaterispettoalle59incuil’Italiaerasuddivisanel1861.Ilrecordfutoccatonel2009quandoerano110

IL GIORNALE DI VICENZADomenica 23 Ottobre 20168 Primo Piano