Galletti Antonella, LA TUTELA E LA CIRCOLAZIONE DEI BENI CULTURALI NELL’UNIONE EUROPEA

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    LA TUTELA E LA CIRCOLAZIONE DEI BENI

    CULTURALI NELLUNIONE EUROPEA

    Antonella Galletti

    Cultoredi diritto dellUnione europea nellUniversit Kore di Enna

    ABSTRACT:Nellattuale quadro normativo europeo i riferimenti al dato culturale sono molteplici, ma ancoraassente una trattazione organica del tema e il settore di riferimento la cultura considerata in senso pi ampio,

    secondo quanto disposto dallart. 151 del TCE, ora articolo 167 del TFUE. Il diritto dei beni culturali sembrarimanere confinato nelle frontiere nazionali. evidente, pertanto, che lazione dellUnione europea sia rivolta al

    plurale concorrendo, quindi, allo sviluppo delle culture degli Stati membri e non di una cultura propriamenteeuropea. Nel settore dei beni culturali lattivit normativa di diritto secondario ha avuto come obiettivo quello diconciliare nel mercato interno la libera circolazione dei beni culturali con le esigenze di protezione degli stessi.

    Prima delladozione del regolamento 3911/92, relativo allesportazione dei beni culturali, e della direttiva 7/93,relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro, gli Stati si

    limitavano, infatti, ad effettuare controlli alle frontiere esclusivamente con riguardo ai beni rientranti nel

    proprio patrimonio

    PAROLE CHIAVE: Convenzione Unidroit; Tutela giuridica dei beni culturali; Regolamento 3911/92; Direttiva 7/93

    1. IntroduzioneLa battaglia dei beni culturali che ci vede tutti impegnati come cittadini di questo Paese,

    archivio e museo del genere umano, in primo luogo una battaglia culturale: se non ci

    convinceremo della necessit e della convenienza di coesistenza e rispetto delle forme

    culturali [] contribuiremo alla dispersione e alla distruzione del sapere accumulato e delle

    possibilit di sviluppo civile insite nel patrimonio dei beni culturali1.

    Tutelare il patrimonio culturale significa tutelare la storia ma anche la natura

    contemporanea di un popolo.

    Il modello europeo costituisce un esempio unico di coesistenza tra culture differenti ma,

    al contempo e sotto vari profili, affini, cosicch la connotazione culturale di tale

    ordinamento apparsa con sempre maggiore rilievo2.

    stato il Trattato di Maastricht3 a segnare il passaggio verso un progetto di unificazione

    europea di pi ampio respiro, aprendo la strada ad un pi determinante intervento dellUnione

    1CARILE,Prefazione, in MEZZETTI (a cura di), I beni culturali. Esigenze unitarie di tutela e pluralit diordinamenti, Padova, 1995, , IX.2CHIAVARELLI,Il prestito e lo scambio, in CASINI (a cura di), La globalizzazione dei beni culturali, Bologna,2010, pp.114 ss.

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    in materia di beni culturali, tradizionalmente escluso sul presupposto del necessario rispetto

    delle identit nazionali dei singoli Stati membri4.

    Dal 1993 la cultura rientra tra le competenze dellUnione e la stessa deve essere tenuta

    in considerazione in tutte le azioni e nelladozione di atti (in materia normativa e finanziaria)

    anche al fine di promuovere la diversit e il dialogo interculturale.

    Nellattuale quadro normativo europeo i riferimenti al dato culturale sono molteplici5,

    ma ancora assente una trattazione organica del tema e il settore di riferimento la cultura

    considerata in senso pi ampio, secondo quanto disposto dallart. 151 del TCE,ora articolo 167

    del TFUE6.

    LUnione europea vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale

    europeo (articolo 3 del TUE, EX articolo 2 del TUE), appoggia ed integra lazione degli Stati

    membri nella conservazione e salvaguardia del patrimonio culturale di importanza europea

    (articolo 167 del TFUE). Si tratta di principi da considerare in modo certamente positivo

    nellambito del riconoscimento a livello europeo di una valorizzazione dei beni culturali.

    Il diritto dei beni culturali sembra, nondimeno, rimanere confinato nelle frontiere

    nazionali7, anche per levidente difficolt di disegnare un quadro di interventi dellUnione

    3 Firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1 gennaio 1993.4VITALE,La fruizione dei beni culturali tra ordinamento internazionale ed europeo, in CASINI (a cura di), op. cit.,

    p. 182.5 In particolare, gli articoli 3 TUE,6,13,107,165,198,207 TFUE.6Articolo 167 TFUE: 1. LUnione contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispettodelle loro diversit nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune. 2. Lazione

    dellUnione intesa ad incoraggiare la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, ad appoggiare e ad

    integrare lazione di questi ultimi nei seguenti settori: - miglioramento della conoscenza e della diffusione dellacultura e della storia dei popoli europei, - conservazione e salvaguardia del patrimonio culturale di importanzaeuropea, - scambi culturali non commerciali, - creazione artistica e letteraria, compreso il settore audiovisivo. 3.LUnione e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali

    competenti in materia di cultura, in particolare con il Consiglio dEuropa. 4. LUnione tien e conto degli aspetticulturali nellazione che svolge a norme di altre disposizioni dei trattati, in particolare ai fini di rispettare e

    promuovere la diversit delle sue culture. 5. Per contribuire alla realizzazione degli obiettivi previsti dal presentearticolo: - il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previaconsultazione del Comitato delle regioni, adottano azioni di incentivazione, ad esclusione di qualsiasiarmonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri; - il Consiglio, su proposta dellaCommissione, adotta raccomandazioni.7 Da parte degli Stati membri c stata, e c ancora oggi, la tendenza a considerare la disciplina del patrimonioculturale come un dominio riservato, una materia, cio, che deve essere regolata dalla legge del luogo ove si

    trovano i beni culturali, sui quali lo Stato esercita una potest di governo che, in linea di principio, non trovalimitazioni nel diritto internazionale classico. Cos, FRANCIONI, Protezione internazionale del patrimonioculturale: interessi nazionali e difesa del patrimonio comune della cultura, Milano, 2000, p.12.

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    adeguati. Le stessa definizione di bene culturale e di patrimonio culturale varia, inoltre,

    negli ordinamenti giuridici dei singoli Stati membri e si sottrae a qualsiasi forma di

    armonizzazione, che peraltro lo stesso articolo 167 del TFUE esclude espressamente8.

    possibile, tuttavia, dedurre nel riferimento al patrimonio culturale di importanza

    europea, contenuto nel sopracitato articolo, un segno di un pi forte coinvolgimento delle

    istituzioni dellUnione nelle politiche culturali. Si tratta, di fatto, di una nozione flessibile, in

    grado di favorire il dinamismo che contraddistingue il settore della cultura ma, proprio per

    questo, necessiterebbe di una precisazione di contenuto. Il legislatore europeo, al contrario,

    non fornisce una definizione europea di patrimonio culturale.

    A tal proposito lunica soluzione quella di accogliere una nozione di patrimonio

    culturale che includa tutto ci che ha un interesse archeologico, storico o artistico. Ne

    consegue che anche lidentit culturale europea potrebbe acquisire, nellambito degli obiettivi

    sanciti dallarticolo 3 del TUE,specifico rilievo9.

    La salvaguardia dellopposto interesse alla protezione delle diversit cultural i nazionali,

    ostacola, per, lelaborazione di politiche comunitarie pi incisive e laspirazione ad una

    cultura comune europea10.La questione potrebbe essere, quindi, quella di intendere il patrimonio culturale

    dellUnione non solo come somma dei singoli patrimoni nazionali degli Stati membri ma

    come la selezione di quelle testimonianze di civilt suscettibili di caratterizzare la

    dimensione culturale europea11.

    2. I beni culturali nelle disposizioni dei trattati dellUnione europea

    Il modo pi corretto per riflettere sul processo dintegrazione europea non puprescindere dal considerare che si tratta di un processo in costante modificazione e,

    8 In proposito, ACCETTURA,I beni culturali tra ordinamento europeo e ordinamenti nazionali, in Aedon, 2003,n.2.9VITALE,op. cit., p. 185.10DEGRASSI,Cultura e istituzioni. La valorizzazione dei beni culturali negli ordinamenti giuridici, Milano, 2008,

    pp. 190-201.11PAPA,Strumenti e procedimenti della valorizzazione del patrimonio culturale,Napoli, 2006, p. 91.

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    soprattutto, che lintegrazione ha assunto in una lunga fase iniziale una connotazione in

    prevalenza settoriale e quasi esclusivamente economica.

    Questo ci permette di capire come solo a partire dal Trattato di Maastricht la cultura

    ottenga dignit di menzione soltanto in una norma e come, a tuttoggi, al tema della cultura

    sia riservato il solo Titolo XIII, a sua volta unicamente formato dallarticolo 167del TFUE,che

    ha modificato, in modo per nulla significativo, larticolo 151 delTCE.

    Larticolo 167 del TFUE, cos come il vecchio articolo 151delTCE,non altro che una

    norma programmatica priva di quella diretta applicabilit che caratterizza alcune norme anche

    dei trattati, e pervasa da una sottesa sussidiariet12 che emerge dalla funzione che ha

    lUnione di contribuire allo sviluppo delle culture degli Stati membri.

    evidente, pertanto, che lazione dellUnione europea, destinata alla diffusione della

    cultura dei popoli europei e della tutela del patrimonio culturale di importanza europea, degli

    scambi e della conservazione artistica, sia rivolta al plurale concorrendo, quindi, allo sviluppo

    delle culture degli Stati membri e non di una cultura propriamente europea, sintesi del

    retaggio culturale comune al quale si riferisceanche larticolo 167TFUE, comma 1.

    Ci serve a chiarire i limiti entro i quali possibile parlare di un patrimonio culturaleeuropeo, oggetto dellazione dellUnione, e a sottolineare la difficolt di affermare una vera

    politica comune in questo settore, proprio per la insufficienza e linadeguatezza delle

    competenze che i trattati, anche dopo lentrata in vigore del Trattato di Lisbona, attribuiscono

    allUnione europea.

    Larticolo in questione (articolo 167 del TFUE) il frutto di un compromesso che, se per

    un verso, tiene conto dellesigenza di riconoscere competenze pi ampie ed introdurre

    procedure decisionali pi rapide, per laltro incontra le resistenze degli Stati alla delega diunulteriore fetta di sovranit a vantaggio dellUnione.

    Larticolo 167 TFUE segna comunque un passaggio importante nella storia del processo

    dintegrazione europea e nellevoluzione dellordinamento comunitario laddove,

    dallesclusione di ogni ingerenza delle norme e delle istituzioni comunitarie sulle discipline

    nazionali degli Stati membri in materia di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio

    12FRIGO, Beni culturali e diritto dellUnione Europea, in www.olir.it/areetematiche/166/documents/frigo_relazione 2010_roma_cesen.pdf.

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    culturale, si passa allesplicita previsione di una specifica competenza in materia di

    conservazione e protezione del patrimonio culturale europeo13.

    Ci nonostante, pur rappresentando unimportante base giuridica, se ne riscontrano i

    limiti e le indubbie ambiguit.

    Se da un lato, infatti, viene richiamato il retaggio culturale comune degli Stati

    membri, dallaltro se ne evidenziano le diversit nazionali e regionali. LUnione, limitandosi

    ad incoraggiare la cooperazione degli Stati, ed escludendo qualsiasi armonizzazione delle

    disposizioni legislative nazionali, sembra riservarsi una competenza piuttosto limitata14.

    Risulta quindi evidente che, al di l di ogni esplicita individuazione di una possibilit di

    intervento dellUnione nel settore culturale, la tutela e la conservazione dei patrimoni culturali

    nazionali restano appannaggio degli Stati. Ne conferma lintroduzione da parte del Trattato

    di Maastricht del 3 comma dellarticolo 92 del TCE,oggi articolo 107 del TFUE15,3comma,

    lettera d, il quale in materia di aiuti di stato definisce come compatibili con il mercato interno

    quelli destinati alla cultura e alla conservazione del patrimonio, a condizione che non alterino

    gli scambi e la concorrenza nellUnione.

    13PONTRELLI,La gestione, la valorizzazione e la circolazione dei beni del patrimonio culturale del diritto internoe comunitario, in JAMBRENGHI (a cura di),La cultura e i suoi beni giuridici, Milano, 1994 p.63.14VARESE,La politica culturale europea: cronache di una storia, in Economia della cultura, 2000, p.13 ss..15 Articolo 107 TFUE:1. Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nellamisura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorsestatali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare laconcorrenza. 2. Sono compatibili con il mercato interno: a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoliconsumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti; b) gliaiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamit naturali oppure da altri eventi eccezionali; c) gli aiuticoncessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisionedella Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da taledivisione. Cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta dellaCommissione, pu adottare una decisione che abroga la presente lettera. 3. Possono considerarsi compatibili conil mercato interno: a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita siaanormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonch quello delle regioni di cuiall'articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale; b) gli aiuti destinati a

    promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse; c) gli aiuti destinati ad agevolare losviluppo di talune attivit o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi inmisura contraria al comune interesse; d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del

    patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contrariaall'interesse comune; e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta dellaCommissione.

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    Gli interventi dellUnione nel settore della cultura dovranno inoltre escludere, come

    precedentemente affermato, qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e

    regolamentari degli Stati membri16.

    Del resto stata la stessa Commissione europea, nella sua Comunicazione del 198917, a

    sottolineare come lidea di unarmonizzazione delle legislazioni nazionali nel settore dei beni

    culturali risulti piuttosto irrealizzabile nel momento in cui gli Stati considerano luscita dal

    proprio territorio degli oggetti darte come violazione del patrimonio nazionale e non come

    condivisione con altri Paesi di un patrimonio comune europeo.

    Unarmonizzazione nel settore, oltre che di non facile attuazione, non sarebbe neanche

    auspicabile. Essa vieterebbe o sottoporrebbe a restrizioni in tutti gli Stati membri, secondo gli

    stessi criteri, lesportazione di oggetti che fanno parte del patrimonio nazionale ma lostacolo

    non verrebbe eliminato: luscita dal territorio nazionale che viene vista come una violazione

    del patrimonio, e la circostanza di sapere che il bene in questione godr della stessa

    protezione in un altro Stato membro non sufficiente. In altre parole, larmonizzazione non

    abolirebbe il ricorso allarticolo 36 del TFUE18(ex articolo 30 del TCE).

    In assenza, quindi, di unattribuzione di competenza di carattere generale in tema di

    tutela del patrimonio culturale europeo e dei singoli Stati membri, i trattati si occupano in

    realt soltanto dei beni culturali mobili in modo quasi esclusivamente indiretto, facendo

    sorgere il problema dellapplicabilit a questa particolare categoria di beni di norme che

    16Articolo 167 TFUE,5 comma.17 Comunicazione del 22 novembre 1989 al Consiglio, relativa alla protezione del patrimonio nazionale aventeun valore artistico, storico o archeologico, nella prospettiva della soppressione delle frontiere interne nel 1992,COM(89) 594 def.18Articolo 36 TFUE: Le disposizioni degli articoli 34 e 35 lasciano impregiudicati i divieti o restrizioniallimportazione, allesportazione o al transito giustificati da motivi di moralit pubblica, di ordine pubblico, di

    pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali,di protezione del patrimonio artistico o archeologico nazionale, o di tutela della propriet industriale ecommerciale. Tuttavia, tali divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, nuna restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri. Come osservato dalla Commissione nellaComunicazione COM(89) 594 def., esiste una notevole differenza tra la salvaguardia del patrimonio nazionale ele altre eccezioni alla libera circolazione delle merci (articolo 30 TCE, oggi articolo 36 TFUE). La maggior partedelle eccezioni previste nellarticolo summenzionato sono invocate per restringere le importazioni e possonoessere quindi eliminate, in quanto ostacoli alla libera circolazione, da uneventuale armonizzazione delle norme eregolamentazioni in questione. Invece il problema della protezione del patrimonio nazionale sussisterebbe anchese tutti gli Stati membri avessero ununica legislazione. Infatti, mentre per la tutela della salute, dellambiente

    ecc., si tratta unicamente di trovare un livello comunitario, in materia di protezione del patrimonio nazionale gliStati ragionano in termini di salvaguardia del loro patrimonio.

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    hanno scopi diversi da quelli di una loro tutela o valorizzazione. Si tratta, nello specifico, di

    quelle norme create fin dagli inizi del processo dintegrazione europea quali norme poste a

    garanzia di alcune libert fondamentali e, in particolare, della libera circolazione delle merci.

    In tale ottica si deve innanzitutto esaminare larticolo 26 del TFUE19,norma dichiarata

    direttamente applicabile dalla Corte di giustizia, e che assicura la libera circolazione delle

    merci, delle persone, dei servizi e dei capitali nellambito del mercato interno, come pure

    larticolo 28 del TFUE20, laddove evidenzia che lUnione doganale tra gli Stati membri

    comporta il divieto dei dazi doganali allimportazione e allesportazione e di tasse di effetto

    equivalente, nonch ladozione di una tariffa doganale comune con i Paesi terzi.

    Di notevole importanza sono anche gli articoli 3421 e 3522 del TFUE, dichiarati anchessi

    dalla Corte di immediata applicabilit, e che vietano le restrizioni quantitative

    allimportazione e allesportazione, nonch qualsiasi misura di effetto equivalente.

    Come si nota, le suddette disposizioni non fanno nessun riferimento alla nozione di

    bene culturale, ma sono sicuramente norme di rilievo nellordinamento dellUnione che hanno

    ad oggetto le merci. Ci pone il problema di decidere se sia possibile equiparare la nozione

    di beni culturali a quella di merci. A tal proposito la Corte di giustizia ha avuto modo dipronunciarsi sul punto in una famosa sentenza del 1968, nella quale ha stabilito che la natura

    di merci, con conseguente assoggettabilit allallora Trattato CE, deve essere riconosciuta

    anche agli oggetti di interesse artistico, storico e archeologico, qualora si tratti di beni

    suscettibili di una valutazione economica23.

    19Articolo 26 TFUE: 1. LUnione adotta le misure destinate allinstaurazione o al funzionamento del mercatointerno, conformemente alle disposizioni dei trattati. 2. Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiereinterne, nel quale assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondole disposizioni dei trattati. 3. Il Consiglio, su proposta della Commissione, definisce gli orientamenti e lecondizioni necessari per garantire un progresso equilibrato nellinsieme dei settori considerati.20Articolo 28 TFUE: 1. LUnione comprende ununione doganale che si estende al complesso degli scambi dimerci, dei dazi doganali allimportazione e allesportazione e di qualsiasi tassa di effetto equivalente, come pure

    ladozione di una tariffa doganale comune nei loro rapporti con i paesi terzi. 2. Le disposizioni dell articolo 30 edel capo 3 del presente titolo si applicano ai prodotti originari degli Stati membri e ai prodotti provenienti da

    paesi che si trovano in libera pratica negli Stati membri.21 Articolo 34 TFUE: Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative allimportazione nonchqualsiasi misura di effetto equivalente.22Articolo 35 TFUE:Sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative allesportazione nonch qualsiasimisura di effetto equivalente.23Corte di giustizia, 10 dicembre 1968, in causa 7/68, Commissione c. Italia, inRaccolta, p. 562.

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    Si deve per aggiungere che la regola generale posta dagli articoli 34 e 35 del TFUE

    trova un temperamento nel gi richiamato articolo 36 del TFUE, cio nellunica disposizione

    che ha espressamente ad oggetto, tra le altre, la tutela dei beni di interesse culturale, ed in base

    alla quale agli Stati membri viene concesso di introdurre o di mantenere quei limiti

    allimportazione, allesportazione e al transito che trovino una giustificazione nella

    protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale.

    A questo punto si tratta di esaminare quale sia lampiezza delle prerogative lasciate agli

    Stati in materia di limiti alla circolazione dei beni culturali e ci pu essere fatto confrontando

    le varie versioni linguistiche dellarticolo 36 del TFUE.

    Il testo italiano, insieme a quello portoghese e spagnolo, sembra consentire agli Stati

    una discrezionalit relativamente ampia, consentendo loro di mantenere quelle restrizioni che

    siano giustificate dallesigenza di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico

    nazionale. Al contrario, in altre versioni linguistiche, ed in particolare in quella inglese e

    francese, le prerogative nazionali appaiono pi limitate, trattandosi della salvaguardia dei

    tesori nazionali di valore artistico, storico o archeologico. Non sembra controverso che

    patrimonio nazionale e tesori nazionali rimandano a due nozioni concettualmente diversedella quali la prima consentirebbe alle autorit statati di includere tra le categorie dei beni

    oggetto di una disciplina di tutela anche beni che non potrebbero farsi rientrare nella

    seconda24.

    Nellinterpretare norme di diritto comunitario primario o secondario aventi significato

    diverso nelle varie versioni linguistiche la Corte di giustizia ha spesso applicato lo stesso

    metodo riconducibile essenzialmente ai seguenti criteri. In primo luogo, ogni volta che una

    norma rivolta a tutti gli Stati membri, lesigenza di uninterpretazione uniforme esclude unaconsiderazione separata del testo in una sola versione linguistica, ma necessita, invece, che

    essa venga interpretata con lobiettivo di assicurare il perseguimento dello scopo voluto dalla

    disposizione alla luce delle altre versioni linguistiche25. In secondo luogo, le diverse versioni

    24FRIGO,op. cit..25 Corte di giustizia, 12 novembre 1969, in causa 29/69,Erich Stauder c. City of Ulm, inRaccolta, p. 419, punto3; Corte di giustizia, 17 luglio 1997, in causa C-219/95, Ferriere Nord Spa c. Commissione, in Raccolta, p.I-4411, punto 15; Corte di giustizia, 20 novembre 2001, in causa C-268/99, Aldona Malgorzata et al. c.Staatssecretaris van Justuitie, inRaccolta, p. I-8615, punto 47.

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    linguistiche di una disposizione di diritto dellUnione devono essere interpretate in modo

    uniforme e, in caso di divergenze, la norma deve essere interpretata alla luce delleconomia

    generale e dellobiettivo perseguito dal complesso delle disposizioni alle quali essa

    appartiene26.

    Ebbene, se si utilizzano per larticolo 36 del TFUE le regole interpretative sopra

    richiamate, non sembra problematico affermare che i testi inglese e francese sono pi

    conformi alloggetto, allo scopo e ai contenuti del trattato di quanto lo siano i testi italiano,

    spagnolo e portoghese. In effetti, larticolo 36 del TFUE comprende un numero tassativamente

    limitato di eccezioni alla regola generale posta dagli articoli 34 e 35 del TFUE in tema di

    divieto di restrizioni quantitative agli scambi. Trattandosi di una norma di deroga, una sua

    interpretazione estensiva sarebbe contraria al TFUE ed incompatibile con lequilibrio tra gli

    obblighi da esso derivanti e le prerogative assegnate agli Stati membri.

    3. La disciplina dei beni culturali nelle fonti di diritto europeo derivato: il

    regolamento 3911/92/CEE e la direttiva 93/7/CEE.

    Nel settore dei beni culturali lattivit normativa di diritto secondario ha avuto come

    obiettivo quello di conciliare nel mercato interno la libera circolazione dei beni culturali con

    le esigenze di protezione dei tesori aventi valore artistico, storico o archeologico.

    In effetti, prima delladozione del regolamento 3911/92 relativo allesportazione dei

    beni culturali27, successivamente abrogato dal regolamento 116/200928, e della direttiva 93/7

    relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato

    membro29, gli Stati si limitavano principalmente ad effettuare controlli alle frontiere con

    26 Corte di giustizia, 27 ottobre 1977, in causa 30/77, Regina c. Pierre Bouchereau, inRaccolta, p. 01999, punto14; Corte di giustizia, 7 dicembre 1995, in causa C-449/93, Rockfon A/S c. Specialarbejderforbundet i Danmark,in Raccolta, p.I-4291, punto 28; Corte di giustizia, 17 dicembre 1998, in causa C-236/97, Skatteministrerietc.Codan, in Raccolta, p. I-8679, punto 28; Corte di giustizia, 9 gennaio 2003, in causa C-257/00, Nani Givanec.Secretary of State for the Home Department, inRaccolta, p. I-345, punto 37.27Regolamento (CEE)n. 3911/92 del 9 dicembre 1992 del Consiglio relativo allesportazione dei beni culturali. 28Il Regolamento (CE)n. 116/2009 del 18 dicembre 2008 del Consiglio relativo allesportazione dei beni culturaliha sostituito il precedente regolamento n. 3911/92, gi modificato in modo sostanziale a pi riprese. Il nuovoRegolamento ha quindi una funzione essenzialmente di codificazione ai fini di maggiore chiarezza (cfr.considerando 1 del regolamento n. 116/2009).29Direttiva (CEE)n. 93/7del 15 marzo 1993 del Consiglio relativa alla restituzione dei beni culturali uscitiillecitamente dal territorio di uno Stato membro.

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    riguardo ai beni rientranti nel proprio patrimonio, mentre i beni che provenivano da altri Stati

    membri non erano soggetti ad efficienti controlli in caso di esportazione.

    La realizzazione del mercato interno non poteva ignorare leliminazione dei controlli

    alle frontiere, con la conseguenza di determinare misure destinate ad assicurare un controllo

    pi uniforme delle esportazioni allo scopo di evitare lelusione delle norme nazionali di

    protezione mediante lesportazione in un Paese terzo attraverso il transito in un altro Stato

    membro le cui norme sulla circolazione dei beni culturali fossero maggiormente permissive di

    quelle dei Paesi dorigine.

    Con riguardo alla definizione di bene culturale entrambi gli atti sono corredati da un

    identico allegato che contiene lelenco delle categorie di beni culturali suscettibili di rientrare

    nellambito di applicazione del Regolamento e della Direttiva, in armonia con le prerogative

    degli Stati membri.

    In particolare, il Regolamento non fornisce una definizione propria di bene culturale, in

    quanto al suo articolo 1 chiarisce che per beni culturali si intendono i beni elencati

    nellallegato 1, fatti salvi i poteri degli Stati membri ai sensi dellarticolo 36 del

    TFUE30,precisando nei considerando che tale allegato ha soltanto lo scopo di definire lecategorie di beni culturali che dovrebbero formare loggetto di particolare protezione negli

    scambi con i Paesi terzi, senza incidere sulla libert degli Stati membri ai sensi del suddetto

    articolo 3631.

    La Direttiva, a sua volta, chiarisce nei considerando che lallegato non ha lobiettivo di

    definire i beni che fanno parte del patrimonio nazionale ai sensi dellarticolo 36 del TFUE,ma

    unicamente quello di dare una definizione dei beni suscettibili di essere classificati come tali e

    di formare oggetto di un procedimento di restituzione.Per quanto riguarda la circolazione, il regolamento 3911/92 prevede che lesportazione

    di beni culturali al di fuori del territorio dellUnione sia subordinata alla presentazione di una

    30Articolo1 del regolamento 116/2009: Fatti salvi i poteri degli Stati membri ai sensi dellarticolo 30 deltrattato (oggi, art. 36 TFUE)per beni culturali sintendono, ai fini del presente regolamento, i beni elencatinellallegato I.31 Considerando 7 del regolamento 116/2009: Lallegato I del presente regolamento ha lo scopo di definire lecategorie di beni culturali che dovrebbero formare oggetto di particolare protezione negli scambi con i paesiterzi, ferma restando la libert degli Stati membri di definire i beni da considerare patrimonio nazionale ai sensidellarticolo 30 del trattato (oggi, art. 36 TFUE).

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    licenza di esportazione che deve essere rilasciata, su richiesta dellinteressato, dalle singole

    autorit competenti dello Stato membro di origine, cio dallo Stato nel cui territorio si

    trovava il bene alla data del 1 gennaio 199332. Gli Stati possono tuttavia negare la licenza

    qualora i beni in questione rientrino tra quelli oggetto di una legislazione di tutela del

    patrimonio nazionale.

    Con riferimento al tema della restituzione, la direttiva 93/7 presenta alcuni aspetti

    comuni al sistema della Convenzione Unidroit del 199533 sul ritorno internazionale dei beni

    culturali rubati o illecitamente esportati, prevedendo lobbligo di restituzione dei beni

    rientranti nel suo ambito di applicazione che siano usciti illecitamente dal territorio di uno

    Stato membro. A tal fine gli articoli 4-9 della Direttiva prevedono per lo Stato membro

    richiedente la possibilit di presentare davanti allautorit giudiziaria competente dello Stato

    membro richiesto unazione di restituzione, stabilendo lobbligo di introdurre nelle

    legislazioni statali norme che consentano la restituzione anche nellipotesi di acquisto in

    buona fede, a condizione che il giudice sia convinto che il possessore abbia usato, allatto

    dellacquisizione, la diligenza richiesta34.

    Una vera e propria politica culturale europea va, naturalmente, ben oltre i profili quiesaminati.

    Le nuove disposizioni in materia di cultura introdotte dal Trattato di Maastricht e

    sostanzialmente riconfermate dal Trattato di Lisbona contengono dei limiti molto precisi che

    fanno dellintervento dellUnione poco pi di un sostegno alle gi esistenti politiche culturali

    dei singoli Stati membri.

    Emerge, quindi, che allo stato attuale la disciplina dellUnione dei beni culturali non

    pu prescindere dalle legislazioni nazionali e non ci sono elementi che facciano prevedere uncambiamento di questo indirizzo35.

    32 La data del 1 gennaio rimasta inalterata rispetto alla data gi prevista dal regolamento n. 3911/93, che erastata stabilita in coincidenza con leliminazione dei controlli alle frontiere interne ai fini della realizzazione delmercato unico.33La Convenzione Unidroit del 24 giungo 1995 sul ritorno internazionale dei beni culturali rubati o illecitamenteesportati in vigore dal 1 luglio 1995.34 Articolo 9 della direttiva n. 93/7.35MEZZETTI,op. cit., p. 25.

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