Le politiche del multilinguismo nell’UNIONE EUROPEA · Le politiche del multilinguismo...

41
1 Le politiche del multilinguismo nell’UNIONE EUROPEA di Manfredo Romano Arrigo Indice

Transcript of Le politiche del multilinguismo nell’UNIONE EUROPEA · Le politiche del multilinguismo...

1

Le politiche del multilinguismo

nell’UNIONE EUROPEA

di Manfredo Romano Arrigo

Indice

2

Prefazione di Silvia Costa Introduzione 1. Il principio del multilinguismo 1.1 Riferimenti normativi 1.2 Parità linguistica: il caso unico dell’UE

1.3 Obiettivi 1.3.1 La giustizia europea a tutela del multilinguismo

1.4 Risultati e programmi

2. Diversità linguistica 2.1 Lingue regionali e minoritarie 2.1.1 European Charter for Regional or Minority Languages 2.1.2 Le lingue europee a rischio estinzione

2.2 European Day of Languages

3. Apprendimento e insegnamento linguistico 3.1 Il caso Finlandia 3.2 Apprendimento linguistico: indagini e statistiche 3.2.1 C.E.F.R – Common European Framework of Reference of Languages 3.2.2 OLS - Online Linguistic Support

3.2.3 L’indagine “European Survey on Language Competences” 3.2.4 Il progetto “Language Rich Europe” 3.3 European Language Label

4. Multilinguismo ed economia europea 4.1 Lo studio ELAN – Effects on the European Economy of Shortages of Foreign Language Skills in Enterprise

4.2 Traduzione e interpretariato: i costi economici del multilinguismo 4.3 L’inglese come lingua franca?

Conclusioni Bibliografia

Prefazione

3

Tema fondante dell’UE, sin dall’inizio del processo di integrazione, il

multilinguismo rappresenta una grande sfida all’interno del progetto europeo,

un passaggio essenziale per il superamento di frontiere linguistiche e dunque

un vero e proprio grande traguardo culturale da raggiungere attraverso

un’azione politica comune, coerente e globale.

Le tappe di questo complesso percorso verso un’Europa multilingue, sono

sostanzialmente recenti e tutte concentrate negli anni 2000.

Partendo dal 2002, con il celebre “obiettivo di Barcellona”, indicato dal

Consiglio europeo e basato sull’intento comune relativo all’insegnamento di due

lingue straniere fin dall’infanzia per tutti i cittadini (lingua materna più due) e

proseguendo con la decisione del presidente della Commissione europea

Barroso1 di dare un peso specifico maggiore al concetto stesso di

“multilinguismo”, affidando un ruolo “ad hoc” al romeno Leonard Orban a

partire dal 1° Gennaio 2007 (data di ingresso ufficiale di Romania e Bulgaria

nell’Unione europea). Esemplificative sono le parole dello stesso Orban – in una

conferenza tenutasi a Roma nel marzo dello stesso anno – che assegna al

multilinguismo l’ambizioso obiettivo di “...aprire nuove opportunità, a livello

interpersonale, nella carriera professionale, verso nuovi mercati....”2

Fino alla comunicazione importantissima della Commissione europea (18

Settembre 2008) definita testualmente “Il multilinguismo: una risorsa per

l'Europa e un impegno comune” e alla Risoluzione del Consiglio europeo del 21

novembre 2008 relativa a una strategia europea per il multilinguismo.

L’attenzione comunque dimostrata da intellettuali, politici e studiosi alla

questione del multilinguismo in Europa, è certamente un buon viatico per

promuovere un grande dibattito internazionale e condurre con fiducia una

seria battaglia culturale, oltre che istituzionale.

Visto che la conoscenza, l’interscambio, la fluidità e la proprietà d’uso delle

lingue all’interno dell’UE non riguarda solo e strettamente lo sviluppo delle

competenze linguistiche o il rafforzamento della qualità e dell’efficienza

dell’insegnamento scolastico e delle tecnologie della comunicazione.

1 José Manuel Durão Barroso è stato Presidente della Commissione europea dal 2004 al 2014. 2 Discorso tenuto dall’allora Commissario Orban a Roma il 23 marzo 2007 presso l’Accademia di Romania.

2 Discorso tenuto dall’allora Commissario Orban a Roma il 23 marzo 2007 presso l’Accademia di Romania.

4

Ma riguarda la politica tutta nel suo senso più nobile e dunque le scelte che

una grande comunità politica democratica - come molti auspicano possa

diventare l’Unione Europea – dovrà fare nella prospettiva di aggregare e

valorizzare entità culturali e linguistiche differenti.

Questo, per punti, il tema e il senso del presente lavoro. Sintetico strumento

operativo per un’analisi e un approfondimento di un argomento appassionante

destinato ad aprire importanti orizzonti alle nuove generazioni.

.

5

Introduzione

“La lingua dell’Europa è la traduzione3”.

Umberto Eco

L’Unione Europea promuove e incoraggia il multilinguismo, inteso sia come

capacità del singolo individuo di esprimersi in più lingue, sia come coesistenza

di differenti comunità linguistiche in una specifica area geografica.

Si parla spesso di “plurilinguismo” oltre che di “multilinguismo” e non è dunque

raro fare confusione tra i due termini. A tal proposito è bene fare un

chiarimento preliminare tra i due termini secondo quanto espresso

brillantemente dalla studiosa e linguista Maria Cecilia Luise, docente presso

l’Università degli Studi di Firenze: ”In ambito scientifico si distingue tra

plurilinguismo e multilinguismo: il primo fa riferimento alle competenze

individuali di un soggetto relative alla capacità di imparare e usare più lingue, il

secondo invece vede il fenomeno della molteplicità di codici di comunicazione non

dal punto di vista della persona ma da quello sociale. Il multilinguismo fa

riferimento alla presenza all’interno di una comunità di più lingue a disposizione

dei parlanti, anche se non necessariamente conosciute e usate da tutti i parlanti.

Entrambe le prospettive non distinguono né fanno preferenze tra una lingua o

un’altra. Nei documenti del Consiglio d’Europa questa distinzione è sempre

presente, mentre per l’Unione europea le due accezioni vengono fatte rientrare

entrambe sotto il termine multilinguismo: “Il termine di multilinguismo si riferisce

sia al fatto di parlare lingue diverse in un determinato ambito geografico che alla

capacità di una persona di parlare più lingue” (Eurobarometro 2006, 243)”.

Aggiungendo poi che: “...Plurilinguismo...oggi tende a sostituire il termine

bilinguismo, a sottolineare che un individuo non necessariamente conosce “solo”

due lingue e che le caratteristiche sociali e cognitive di chi conosce due lingue

sono le stesse di chi ne conosce più di due”.4

Il principio e la ragione del multilinguismo europeo – risolutamente affermato

nei trattati – risiedono nella natura stessa dell’Unione e nel sistema giuridico

adottato che prevede la trasposizione del diritto UE in diritto nazionale.

3 Umberto Eco, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, Laterza, Roma, 2012.

4 Maria Cecilia Luise, Plurilinguismo e multilinguismo in Europa per una Educazione plurilingue e interculturale in LEA - Lingue e

letterature d’Oriente e d’Occidente, n. 2, Firenze University Press, 2013.

6

L'apprendimento delle lingue va pensato sia in chiave economica – quale

elemento fondamentale per la competitività europea – sia nell’ottica di

integrazione e costruzione di un'identità comune che parta dalla promozione e

valorizzazione della diversità culturale e linguistica.

Premesso che le lingue rappresentano l’espressione più diretta della cultura di

un popolo e conferiscono un senso di identità ai cittadini di uno stato, va

sottolineato che esse si configurano come forte elemento di contatto tra

persone, consentendo l’accesso a culture diverse e promuovendo la

comprensione reciproca.

La prima Europa, quella uscita dal Trattato che istituì la Comunità europea

del carbone e dell'acciaio firmato a Parigi il 18 aprile 1951 e composta dai 6

paesi fondatori (Italia, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo)

contemplava 4 lingue ufficiali: italiano, francese, tedesco e nederlandese.

Con l'estensione della comunità europea a nuovi stati, cresce anche il numero

delle lingue ufficiali: nel 1973 si aggiungono infatti l’inglese e il danese e negli

anni ottanta il greco, lo spagnolo e il portoghese.

Successivamente nel 1995 con l’adesione di 3 nuovi Stati – Austria, Finlandia e

Svezia – e l’introduzione del finlandese e dello svedese, il numero delle lingue

ufficiali si attesta a 11, determinando la creazione di ben 110 combinazioni

interlinguistiche, destinate ad un ulteriore incremento con l’ingresso dei nuovi

Paesi.

Con l’ingresso di ceco, slovacco, polacco, sloveno, lituano, lettone,

ungherese, estone, maltese, polacco e romeno si è successivamente passati

da 11 a 22.

La situazione attuale di ben 24 lingue ufficiali è il risultato della promozione

del gaelico d’Irlanda alla stregua di tutte le altre lingue dell’Unione (decisione

assunta nel 2005 e diventata operativa nel 2007), nonché dell’ultimo

allargamento relativo alla Croazia (l’ingresso del paese slavo è avvenuto il 1

luglio 2013), con conseguente promozione del croato al rango di ultima lingua

ufficiale – in ordine di tempo – entrata a far parte della grande famiglia

europea.

L’allargamento dei Paesi membri fino ai 28 attuali ha dunque comportato

l’introduzione di ben 12 lingue in più rispetto al passato.

7

1. Il principio del multilinguismo 1.1 Riferimenti normativi

Premesso dunque che attualmente l’Unione europea ha 24 lingue ufficiali, va

ricordato che per poter diventare lingua ufficiale dell’UE uno stato membro

deve fare richiesta al Consiglio europeo che deve approvarla all’unanimità:

“il regime linguistico delle istituzioni dell'Unione è fissato, senza pregiudizio delle

disposizioni previste dallo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea, dal

Consiglio, che delibera all'unanimità mediante regolamenti” 5.

Diverse sono le considerazioni legate al citato articolo del Trattato di Lisbona.

In primis va detto che la competenza a deliberare in materia linguistica spetta

esclusivamente agli Stati membri attraverso il Consiglio.

In secundis, assodato che la decisione del Consiglio deve essere presa

all’unanimità, va comunque chiarito che – in merito alle eventuali modifiche del

regime linguistico – ogni singolo Stato si è serbato una sorta di “diritto di veto” a

garanzia che non vengano prese decisioni senza il proprio consenso.

Infine c’è da dire che il Consiglio delibera esclusivamente attraverso i

Regolamenti, ossia attraverso quegli atti giuridici dalla portata generale,

direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri: ”un regolamento è un

atto legislativo vincolante. Deve essere applicato in tutti i suoi elementi nell'intera

Unione europea” 6.

Non sono ammesse deroghe. Neppure il ricorso ad una Direttiva, ossia quel

tipo di atto giuridico che ”vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto

riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi

nazionali in merito alla forma e ai mezzi.7”

5 Articolo 342 del Trattato di Lisbona.

6 http://europa.eu/eu-law/decision-making/legal-acts/index_it.htm

7 Articolo 288, comma 3 del Trattato di Lisbona.

8

Idem per il ricorso ad una Decisione perché – come viene chiaramente

affermato nel Trattato di Lisbona – ”La decisione è obbligatoria in tutti i suoi

elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi8.

Mancano dunque i concetti di diretta applicabilità e portata generale.

Il multilinguismo rientra dunque a pieno titolo tra i principi fondamentali

dell’Unione europea così come la coesistenza di molte lingue è essenza portante

delle varie anime europee, vedi la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione

europea: “l'Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica9”

1.2 Parità linguistica: il caso unico dell’UE

Il Parlamento europeo conferisce a tutte le lingue ufficiali pari dignità e

importanza. Secondo l’Articolo 158 del Regolamento del Parlamento

europeo infatti:

1. Tutti i documenti del Parlamento sono redatti nelle lingue ufficiali.

2. Tutti i deputati hanno il diritto di esprimersi in Parlamento nella lingua

ufficiale di loro scelta. Gli interventi in una delle lingue ufficiali sono

interpretati simultaneamente in ognuna delle altre lingue ufficiali e in

qualsiasi altra lingua ritenuta necessaria dall'Ufficio di presidenza.

3. Durante le riunioni di commissione e di delegazione è assicurata

l'interpretazione da e verso le lingue ufficiali utilizzate e richieste dai

membri e dai membri sostituti della commissione o della delegazione in

questione.

4. Durante le riunioni di commissione o di delegazione al di fuori dei luoghi

abituali di lavoro è assicurata l'interpretazione da e verso le lingue dei

membri che hanno confermato la propria presenza alla riunione. Con

l'accordo dei membri di uno qualsiasi dei predetti organi, è possibile

derogare in via eccezionale a detto regime. In caso di disaccordo l'Ufficio di

presidenza decide.

8 Articolo 288, comma 4 del Trattato di Lisbona.

9 Art. 22 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea

9

In merito alla politica della parità linguistica adottata dall’UE, trattasi di

decisione priva di precedenti nello scenario delle grandi organizzazioni

internazionali. L’adozione di un multilinguismo così ampio è infatti un unicum.

L’ONU, la più vasta organizzazione al mondo che annovera ben 193 stati sui

202 totali ha adottato per esempio soltanto 6 lingue ufficiali: inglese, francese,

cinese, russo, spagnolo e arabo.

Idem dicasi per l’OSCE - Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione

in Europa (composta da 57 paesi, europei e non) istituita per affrontare le

molteplici cause di instabilità in Europa e favorire la sicurezza del continente

che prevede anch’essa 6 lingue ufficiali: inglese, francese, italiano, tedesco,

spagnolo e russo.

Solo una lingua in più, per altro, viene utilizzata nei documenti ufficiali dal

Fondo Monetario Internazionale (186 Stati membri): inglese, francese,

spagnolo, arabo, cinese, russo, giapponese.

Per non parlare infine dell’Unione Africana – organizzazione circoscritta

geograficamente come l’Unione Europea, ma che conta quasi il doppio degli

stati membri (54) – che definisce ufficiali soltanto 6 lingue: l’arabo, l’inglese, il

francese, lo spagnolo, il portoghese e lo swahili.

La peculiarità del “caso europeo” rispetto ad altre grandi organizzazioni

internazionali consiste nel fatto che gli atti dell’Unione europea - espressi nelle

varie lingue ufficiali con equivalente valore giuridico - incidono direttamente sia

sugli Stati, che sui cittadini i quali devono poter accedere alle “leggi” europee

nella propria lingua madre.

In ausilio al concetto di pari dignità e importanza, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea vieta poi ogni forma di discriminazione, ivi

compresa quella linguistica: ”E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso,

la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche

genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o

di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il

patrimonio, la nascita, gli handicap, l'etnia o le tendenze sessuali10.”

10

Art. 21, comma 1 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea.

10

1.3 Obiettivi La politica ufficiale di multilinguismo dell’Unione si pone 3 grandi obiettivi:

garantire l’accesso alla legislazione, alle procedure e alle informazioni

dell’Unione europea nella propria lingua madre; incoraggiare l’apprendimento linguistico;

promuovere la diversità linguistica nella società;

favorire un’economia multilingue efficiente.

Premesso dunque che la politica linguistica dell'UE intende non solo

promuovere l'insegnamento e l'apprendimento delle lingue straniere nell'UE,

ma anche creare un ambiente favorevole a tutte le lingue degli Stati membri, va

sottolineato il fatto che l’utilizzo effettivo delle varie lingue da parte dei cittadini

“comunitari” rappresenta uno dei fattori che contribuiscono a fornire maggiore

legittimità e trasparenza all’Unione europea, senza tener conto dell’importante

contributo che viene fornito alla competitività dell’economia continentale.

Nel 2002 i capi di Stato e di governo dei vari paesi membri – riunitisi a

Barcellona – hanno messo a punto una strategia comune volta a “migliorare la

padronanza delle competenze di base, segnatamente mediante l’insegnamento di

almeno due lingue straniere fin dall’infanzia”11 in aggiunta alla lingua madre.

E’ il cuore del famoso “obiettivo di Barcellona”, vero spartiacque tra una

politica diretta semplicemente a preservare le lingue e una che si proponga

invece di svilupparne a pieno titolo le varie potenzialità.

Successivamente, nel settembre 2008 la Commissione europea, attraverso

l’allora Commissario per il Multilinguismo, Leonard Orban, ha varato una

comunicazione dal titolo: “Multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno

comune“12, importante documento sulla politica linguistica intesa come tema

trasversale a tutti gli altri aspetti delle politiche dell’UE.

11

Conclusioni del Consiglio europeo di Barcellona, 15-16 marzo 2002. 12

COM 2008-566 del 18 settembre 2008

11

Tale comunicazione, tra l’altro, sottolinea l’importanza della trasformazione

della diversità linguistica in una risorsa per la solidarietà e la prosperità

europea, ponendosi 2 obiettivi centrali:

incoraggiare la rimozione di barriere che ostacolano il dialogo interculturale

dare ai cittadini opportunità concrete per imparare a comunicare in altre

due lingue oltre la loro lingua madre (già presente nell’obiettivo di

Barcellona).

Per comprendere meglio l’impegno profuso dalle varie istituzioni comunitarie in

questo settore – in primis dalla Commissione europea – è bene ricordare le

parole pronunciate dell’ex Commissario per l’Istruzione, la Cultura, il

Multilinguismo e la Gioventù, Androulla Vassiliou nel 2012:

”Nell'Unione europea oggi ci sono 23 lingue ufficiali, che diventeranno 24 l'anno

prossimo con l'entrata della Croazia13 e circa 60 lingue minoritarie e regionali,

per non parlare di oltre 100 lingue usate dai migranti. Alcune saranno parlate

sempre più diffusamente di altre, ma noi attribuiamo a tutte la stessa

importanza. Ogni singola lingua incarna un'identità culturale irripetibile e

nessuna di esse dovrebbe essere sacrificata sull'altare dell'efficienza14”

La capacità di comunicare in diverse lingue, la mediazione e comprensione

interculturale sono tra le “competenze chiave” indispensabili ai fini di un

miglioramento della qualità dell’istruzione e della formazione” come indicato

nelle Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per

la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione («ET

2020»)15

13

La Croazia è entrata a far parte dell’Unione Europea il 1 luglio 2013. 14

Conferenza sul Multilinguismo in Europa, Limisso (Cipro), 27 settembre 2012. 15

http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52009XG0528%2801%29&from=IT

12

1.3.1 La giustizia europea a tutela del multilinguismo

Recentemente una sentenza del Tribunale dell’Unione europea16 è intervenuta

in difesa del multilinguimo, annullando tre bandi di concorso europei17

pubblicati dall’EPSO18 in cui i candidati erano tenuti a utilizzare il francese,

l’inglese o il tedesco come seconda lingua e come mezzo di comunicazione

durante la procedura selettiva.

I giudici, nell’accogliere i ricorsi presentati da stati membri quali Italia e

Spagna hanno utilizzato in maniera inequivocabile il termine “discriminazione”

riferendosi a quei candidati che parlano lingue diverse rispetto alle tre citate.

Risale a un paio di anni prima invece, un’altra sentenza che aveva annullato

dei bandi di concorso per posti di lavoro nelle istituzioni comunitarie, in quanto

pubblicati integralmente nella Gazzetta Ufficiale dell’UE solo in inglese,

francese e tedesco e non tradotti dunque anche nelle altre lingue ufficiali

dell’Unione.

Anche in questo caso il Tribunale aveva accolto il ricorso presentato dall’Italia

rilevando oltre alla discriminazione di tipo linguistico, un chiaro svantaggio per

i candidati "sotto il profilo sia della corretta comprensione di tali bandi sia del

termine per preparare ed inviare una candidatura". Svantaggio prosegue il

tribunale che "è la conseguenza della diversità di trattamento a motivo della

lingua".

Inoltre la corte sottolineò il fatto che i bandi di concorso controversi "non

contenevano alcuna motivazione che giustifichi la scelta, come seconda lingua

per le prove dei concorsi, fra le tre lingue in questione19.

16

Sentenza del Tribunale UE (VIII Sezione) del 24 settembre 2015 – Italia e Spagna / Commissione ( (Cause riunite T-124/13 e

T-191/13) ) (In, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 23.11.2015, C 389/29). 17

Il riferimento è ai seguenti bandi:

1) Bando di concorso generale EPSO/AST/125/12, inteso alla costituzione di elenchi di riserva per l’assunzione di assistenti nei settori dell’audit, della contabilità e della finanza, e dell’economia e della statistica (GU 2012, C394 A, pag.1); 2) Bando di concorso generale EPSO/AST/126/12, inteso alla costituzione di elenchi di riserva per l’assunzione di assistenti nei settori della biologia, delle scienze della vita e della salute, della chimica, della fisica e delle scienze dei materiali, della ricerca nucleare, dell’ingegneria civile e meccanica e dell’ingegneria elettrica ed elettronica (GU 2012, C394 A, pag.11); 3) Bando di concorso generale EPSO/AD/248/13, inteso alla costituzione di elenchi di riserva per l’assunzione di amministratori (AD6) nei settori della sicurezza degli edifici e dell’ingegneria delle tecniche edili (GU 2013, C29 A, pag.1). 18

Acronimo di European Personnel Selection Office. Si tratta della struttura che si occupa della selezione del personale delle

istituzioni UE. 19 Sentenza del Tribunale UE (Sezione V) del 12 settembre 2013, Causa T-126/09, Italia/Commissione (In, Gazzetta Ufficiale

dell’Unione Europea, 26.10.2013, C 313/19).

13

1.4 Risultati e programmi

Un contributo notevole al miglioramento della strategia europea per il

multilinguismo, inteso anche come mezzo a sostegno della competitività,

mobilità, occupazione giovanile e dialogo interculturale è stato dato, negli anni,

dai vari programmi di apprendimento e studio come Socrates, Comenius,

Erasmus e, per ultimo Erasmus+, avviato nel mese di gennaio 2014, che

riunisce tutti gli attuali programmi europei nel campo dell'istruzione, della

formazione, della gioventù e dello sport per il periodo 2014-2020.

Il programma Erasmus+ ha preso il via in un momento in cui l’Unione Europea

contava quasi 6 milioni di giovani disoccupati, con livelli che in alcuni paesi

(come la Grecia) superavano il 50%.

Al contempo si registravano circa 2 milioni di posti di lavoro vacanti e un terzo

dei datori di lavoro trovava difficoltà nell’assunzione di personale altamente

qualificato. Un deficit di competenze era dunque alla base dell’avvio del nuovo

contenitore europeo con la speranza di colmare tale divario, fornendo ai giovani

europei opportunità di studio, formazione ed esperienza all'estero.

D’altra parte equipaggiare i giovani europei con appropriate competenze formali

e non formali, oltre a quelle linguistiche, risulta fondamentale in una società

multietnica e in continuo mutamento come quella che si prospetta in Europa.

Le linee guida del programma Erasmus+ sono in questo senso molto

dettagliate: “Nel quadro dell'azione chiave 2 verranno incoraggiati i partenariati

strategici nell'ambito dell'insegnamento e dell'apprendimento delle lingue”.

E inoltre: “Nell'innovazione e nelle buone pratiche finalizzate a promuovere le

competenze linguistiche possono rientrare….metodi di insegnamento e di

valutazione…apprendimento linguistico assistito da computer e iniziative

imprenditoriali che utilizzano le lingue straniere”.

Anche riguardo ai fondi: “Il finanziamento a favore del sostegno linguistico può

inoltre essere fornito all'occorrenza ai beneficiari di partenariati strategici che

organizzano attività di formazione e insegnamento a lungo termine destinate al

personale, ai giovani lavoratori e agli allievi”20.

20 Erasmus+, Guida al Programma, Versione 3 (2015): 16/12/2014.

14

Qualche dato sul progetto Erasmus + fornito direttamente dalla Commissione

europea21:

Cifre chiave: Erasmus+ (2014-2020)

Bilancio complessivo € 14,7 miliardi

Chi ne beneficia Più di 4 milioni di persone

Istruzione superiore 2 milioni di studenti

Studenti dell'istruzione e della formazione professionali, apprendisti

650 000 studenti

Mobilità del personale 800 000 docenti, insegnanti, formatori, membri del personale educativo e animatori giovanili

Programmi di volontariato e di scambi giovanili

Più di 500 000 giovani

Sistema di garanzia dei prestiti per corsi di laurea magistrale

200 000 studenti

Corsi di laurea magistrale congiunti

Più di 25 000 studenti

Partenariati strategici 25 000 che uniranno 125 000 scuole, istituzioni d'istruzione e formazione professionali, istituzioni d'istruzione superiore e di educazione degli adulti, organizzazioni giovanili e imprese

Alleanze della conoscenza Più di 150 costituite da 1 500 istituzioni d'istruzione superiore e imprese

Alleanze delle abilità settoriali Più di 150 istituite da 2 000 erogatori d'istruzione e formazione professionali e imprese

Scuole Più di 200 000 insegnanti che collaborano on-line a partire da più di 100 000 scuole tramite l'e-twinning

21 http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-1008_it.htm

15

Europa Creativa

Sono molti i settori culturali e creativi dell’UE, in cui le opportunità non

vengono sfruttate a pieno. Una delle maggiori questioni che il settore della

cultura deve sostenere è certamente legata all’eccessiva diversificazione del

mercato, alle molteplici tradizioni culturali, alle differenti lingue.

Una diversità che rientra nel grande scenario europeo, ma che spesso ostacola

gli sforzi creativi degli operatori culturali impegnati a raggiungere il multiforme

pubblico dei vari paesi.

Il programma Europa Creativa, “programma quadro di 1,46 miliardi di euro

dedicato al settore culturale e creativo per il 2014-2020, composto da due

sottoprogrammi (Sottoprogramma Cultura e Sottoprogramma MEDIA)22”

interviene non solo a sostegno della promozione e tutela del patrimonio

linguistico e culturale europeo, ma rafforza la competitività del settore culturale

e creativo per promuovere una crescita economica intelligente, sostenibile e

inclusiva.

D’altra parte Europa creativa è accessibile ai 28 Stati membri e, a determinate

condizioni, anche a:

paesi dell'Associazione europea di libero scambio (Islanda,

Liechtenstein, Norvegia e Svizzera);

paesi candidati e candidati potenziali all'adesione all'UE (Montenegro,

Serbia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Turchia, Albania, Bosnia-

Erzegovina, Kosovo);

22

Dalla definizione fornita nel sito del MIBACT - Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.

16

paesi interessati dalla politica di vicinato (Armenia, Azerbaijan,

Bielorussia, Georgia, Moldova, Ucraina, Algeria, Egitto, Marocco, Tunisia,

Giordania, Libano, Libia, Palestina, Siria e Israele).

Per gli stati extra UE, la partecipazione al programma è invece legata a un

”biglietto d'entrata”, mentre il relativo costo – in rapporto al bilancio del

programma – si basa sull'entità dei rispettivi prodotti interni lordi.

Da ricordare infine che l’esistenza di un unico programma quadro consentirà

certo di ottimizzare le sinergie tra i diversi settori e di ottenere guadagni di

efficienza.

17

2. Diversità linguistica

La varietà e la ricchezza delle differenti lingue del continente, possono ben

riassumersi nel motto ufficiale dell’Unione Europea: "unita nella diversità"

scelto nel 2000 tra le varie proposte inviate da studenti di tutti i paesi membri

e attualmente in essere.

Il motto in tutte le lingue ufficiali dell'UE:

Bulgaro Единство в многообразието

Ceco Jednotná v rozmanitosti

Croato Ujedinjeni u različitost

Danese Forenet i mangfoldighed

Estone Ühinenud mitmekesisuses

Finlandese Moninaisuudessaan yhtenäinen

Francese Unie dans la diversité

Greco Ενωμένοι στην πολυμορφία

Inglese United in diversity

Irlandese Aontaithe san éagsúlacht

Italiano Unita nella diversità

Lettone Vienoti daudzveidībā

Lituano Suvienijusi įvairovę

Maltese Magħquda fid-diversità

Olandese In verscheidenheid verenigd

Polacco Zjednoczeni w różnorodności

Portoghese Unidade na diversidade

Romeno Unitate în diversitate

Slovacco Zjednotení v rozmanitosti

Sloveno Združeni v različnosti

Spagnolo Unida en la diversidad

Svedese Förenade i mångfalden

Tedesco In Vielfalt geeint

Ungherese Egység a sokféleségben

18

In una Risoluzione del 2008 il Consiglio dell’Unione europea ha stabilito che i

concetti di differenza e diversità linguistica siano dei veri e propri patrimoni da

tutelare: la diversità linguistica e culturale è parte intrinseca dell'identità

europea e…allo stesso tempo un retaggio condiviso, una ricchezza, una sfida e

una risorsa per l'Europa”23

Spesso il multilinguismo e la diversità linguistica hanno tuttavia prodotto e

continuano a produrre politiche contrastanti.

In effetti se da un lato – per quanto riguarda la diversità linguistica – valgono

questioni più strettamente collegate al sociale (come l’inclusione e i diritti

umani), dall’altro – relativamente alle politiche di apprendimento linguistico

– intervengono priorità complesse quali la mobilità lavorativa e le leggi di

mercato. In termini concreti la politica per il multilinguismo ha dunque avuto il

sopravvento su quella a sostegno della diversità linguistica.

23

Risoluzione 2008/C 320/01 del Consiglio dell’Unione europea relativa a una strategia europea per il multilinguismo.

19

2.1 Lingue regionali e minoritarie Premesso dunque che la diversità linguistica è uno dei tratti salienti della

“comunità” e che – come già ampiamente detto – nell’UE esistono 24 lingue

ufficiali e 3 alfabeti utilizzati (latino, greco e cirillico), va precisato poi che

esistono circa 60 lingue regionali e minoritarie (parlate da 46 milioni di

persone), di cui 5 riconosciute come semiufficiali, il catalano, il galiziano, il

basco, il gaelico scozzese e il gallese.

Mappa delle lingue minoritarie nel 2003:

20

2.1.1. European Charter for Regional or Minority Languages

La Carta Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie, adottata dal Consiglio

d’Europa24 il 23 giugno 1992 sotto forma legale di Convenzione e sottoscritta

dal Parlamento europeo il 5 novembre dello stesso anno, rappresenta il

principale documento contro il rischio di estinzione delle lingue meno diffuse.

Entrata ufficialmente in vigore – con 5 ratifiche – il 1 marzo 1998 la Carta è

stata approvata da 28 paesi membri del Consiglio d’Europa con l’astensione di

Cipro, Francia, Grecia, Regno Unito e Turchia.

La Carta – rispetto ad altre convenzioni internazionali – è documento che si

distingue per la sua originalità di ordine etico-ideologico, come si evince dalla

Parte II, in cui viene fortemente evidenziato il concetto di tutela e promozione

linguistica indipendente dall’identificazione di diritti “positivi” o “negativi” delle

singole comunità linguistiche minoritarie25.

Secondo lo svizzero François Grin – studioso di economia delle lingue – la Carta

non va interpretata con un approccio puramente normativo ”the concept of

rights is not central to the Charter”26 - bensì come un testo ispirato alla

diversità linguistica intesa come bene assoluto da tutelare e promuovere ai fini

di un miglioramento e sviluppo della qualità di vita dei cittadini.

In altre parole, un ambiente linguisticamente differenziato rappresenta un

livello superiore di qualità della vita rispetto ad uno monolitico e monolingue.

24

Istituzione che non fa parte dell’Unione Europea ma che rappresenta circa 800 milioni di cittadini di ben 47 paesi differenti. 25

Carta Europea delle Lingue Regionali e Minoritarie - Art. 7 - Obiettivi e principi. 26

Grin, F., Language policy evaluation and the European Charter for Regional or Minority Languages, Palgrave Macmillan,

London, 2003.

21

2.1.2 Le lingue europee a rischio estinzione

”Una lingua è in pericolo quando i parlanti smettono di usarla, se ne servono in

un numero sempre minore di contesti comunicativi e smettono di trasmetterla di

generazione in generazione. Ciò significa che vengono a mancare nuovi parlanti,

siano questi adulti o bambini 27”

Si può invece considerarla estinta quando non viene più parlata. Tuttavia

nell’era digitale la sua scomparsa si può definire tale, nel momento in cui i vari

programmi linguistici che non forniscono più il sostegno necessario e

addirittura, compiono azioni tali da ostacolarne l’utilizzo.

Tra le lingue ufficiali dell’Unione Europea il lettone, il lituano e il maltese sono

quelle lingue che potrebbero presto sparire dal mondo digitale. Allargando il

discorso continentale al di fuori dell’UE, oltre alle lingue ufficiali e alle 60

lingue regionali o minoritarie è bene ricordare anche che nel novero vanno

aggiunte le lingue parlate dai cittadini originari di altri paesi e continenti. Un

patrimonio prezioso, anche se estremamente fragile visto appunto che alcune

lingue europee hanno risorse digitali “inesistenti” oppure “deboli” (nel migliore

dei casi) e sono a rischio di estinzione digitale.

Anche il greco (lingua nobile alla base della civiltà classica) il bulgaro,

l’ungherese, il polacco e l’islandese (unica tra queste che non appartiene a

quelle ufficiali dell’Unione europea) sono a forte rischio di estinzione digitale e

reale.

Dal report emerge in particolare che queste lingue, scarsamente diffuse e

parlate, vengono trascurate dalle tecnologie digitali (software di controllo

grammaticale e di traduzione automatica, etc.), avendo dunque minore

possibilità di sopravvivenza.

La tesi è supportata da uno studio di oltre 200 esperti, della Meta-Net White

Paper Series, una rete di eccellenza composta da 60 centri di ricerca

appartenenti a 34 paesi europei che ha come obiettivo la costruzione di basi

tecnologiche per una società dell'informazione multilingue.

27

UNESCO, 2003.

22

In particolare a disposizione di ogni lingua sono stati individuati e analizzati i

supporti tecnologici in 4 differenti aree:

traduzione automatica

interazione parlata

analisi dei testi

disponibilità di risorse linguistiche.

Il Parlamento europeo nel 2013 ha approvato una risoluzione in cui invita la

Commissione europea e i governi regionali e locali dei diversi stati membri a

stabilire programmi specifici per promuovere il sostegno delle comunità

linguistiche o etniche in via di estinzione e nella quale incoraggia i vari stati

membri a promuovere azioni concrete:

“considerando che ogni lingua, comprese quelle a rischio di estinzione, riflette

un'esperienza storica, sociale e culturale, nonché un modo di pensare e di creare

che contribuiscono alla ricchezza e alla diversità dell'Unione europea e che sono

la base della sua identità; che la diversità linguistica e la presenza di lingue a

rischio di estinzione all'interno di un paese devono pertanto essere considerate

una risorsa anziché un onere e devono essere quindi sostenute e promosse;28”

28

Risoluzione del Parlamento europeo dell'11 settembre 2013 sulle lingue europee a rischio di estinzione e la diversità

linguistica nell'Unione europea (2013/2007(INI)

23

2.2 European Day of Languages

La Giornata Europea delle Lingue, appuntamento rituale promosso dal

Consiglio d’Europa, organismo rappresentativo di 800 milioni di cittadini di

47 paesi europei, si celebra il 26 settembre di ogni anno e ha lo scopo di

promuovere la diversità linguistica continentale fondata su oltre 200 lingue

europee.

Numerose università, istituti linguistici e culturali, scuole e associazioni di

settore partecipano alle celebrazioni che si svolgono con cadenza annuale dal

2001 a oggi. In occasione di questa giornata vengono organizzati diversi eventi

in tutto il continente, tra cui conferenze e convegni sul multilinguismo,

programmi a tema sia televisivi che radiofonici e attività dedicate ai bambini.

Alle autorità nazionali e ai diversi partners coinvolti, viene concessa piena

autonomia organizzativa; tuttavia al fine di coordinare le diverse attività a

livello nazionale, il Consiglio d’Europa richiede ai paesi partecipanti di

nominare un’ equipe nazionale che sia responsabile per i diversi eventi proposti

durante la giornata.

Nella celebrazione svoltasi a Bruxelles – presso la Commissione europea – il 26

settembre 2015, diversi sono stati gli interventi autorevoli: il Commissario

europeo per il Bilancio e le Risorse Umane, Kristalina Georgieva, economista

bulgara, ha sostenuto che la diversità linguistica preserva la diversità

dell’Europa e che questo deve essere un messaggio importante sia per il mondo

politico, che per il sistema di istruzione superiore e universitario.

24

Altrettanto importante risulta – sempre secondo la Georgieva – sostenere

l’apprendimento linguistico dal sistema scolastico fino al mondo del lavoro e

delle imprese.

Anche il Vice Presidente del Parlamento europeo Ioan Mircea Paşcu ha

sostenuto che un’ Europa multilingue è essenziale per una democrazia migliore

e – in riferimento particolare alla nota e drammatica situazione dei rifugiati –

ha ricordato come una valida formazione linguistica sia alla base di una più

rapida integrazione.

Integrazione che passa ovviamente tramite il mercato del lavoro. Sono proprio i

datori di lavoro, infatti, i primi a ritenere la conoscenza delle lingue straniere

un aspetto fondamentale.

Secondo Maurice Crul, professore presso l’Università di Amsterdam, la capitale

dei Paesi Bassi è oggi la città col maggior numero di gruppi etnici in Europa,

mentre gli olandesi rappresentano solamente il 15%.

Fino agli anni ’80 infatti, i gruppi etnici più consistenti presenti sul mercato del

lavoro provenivano dalle ex colonie (Indonesia e Repubblica del Suriname,

Antille Olandesi), mentre ad oggi se ne possono contare circa una ventina.

Contesto all’interno del quale il nederlandese risulta la lingua attraverso la

quale comunicare.

Per concludere, nel corso della Giornata, i rappresentanti delle varie istituzioni

europee hanno poi tenuto a precisare che il costo pro-capite del multilinguismo

si attesta su una cifra relativamente bassa. Perché se è vero che si è passati –

dalle origini a oggi – da 4 a 24 lingue ufficiali, è altrettanto vero che gli stati

membri sono diventati 28 rispetto ai 6 che posero negli anni ’50 le basi

dell’Unione.

25

3. Apprendimento e insegnamento linguistico

La Raccomandazione del Parlamento europeo del 2006 “Competenze chiave per

l’apprendimento permanente”, identifica “la comunicazione in lingue straniere….” tra le otto competenze chiave “…necessarie per la realizzazione personale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione29.” In particolare, in tema di apprendimento, il “Gruppo di studio ad alto livello”

creato dalla Commissione nel 2006, al fine di analizzare una nuova strategia

globale per il multilinguismo in Europa, ha richiamato l’attenzione non solo sul

valore interculturale dell’apprendimento delle lingue, ma anche sul concetto di

motivazione, intesa come elemento chiave del successo.

Incentivare l’aspetto motivazionale nel discente è compito, fin dall’infanzia, dei

sistemi scolastici ufficiali, ma non solo. La famiglia, le associazioni extra-

scolastiche, gruppi di interscambio culturale e soggiorni all’estero,

rappresentano efficaci supporti alla formazione linguistica.

3.1 Il caso Finlandia

Interessante in questo senso l’esperienza finlandese, basata sulla valorizzazione

dei mezzi di comunicazione di massa come strumenti di istruzione non

tradizionale delle lingue straniere (programmi TV, corsi on-line, web series),

sull’educazione ricreativa (”edutainment”).

Se da un lato infatti i programmi televisivi hanno il potere di suscitare interesse

verso culture differenti e rappresentano uno stimolo a imparare una lingua

straniera, dall’altro Internet può offrire un sostegno maggiormente attivo

all'apprendimento linguistico. Infatti i siti web specializzati, generalmente

offrono materiale didattico ”open source”, attività di ricerca, gruppi di lavoro a

distanza, etc.

29

Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave

per l'apprendimento permanente.

26

E tuttavia anche nel sistema dell’istruzione di base, il paese scandinavo è

all’avanguardia, visto che tutti gli alunni sono tenuti a studiare – oltre

ovviamente alla lingua madre – altre 2 lingue (di cui una deve essere l’altra

lingua ufficiale) e che possono arricchire il proprio curriculum scolastico

attraverso la scelta di ulteriori materie linguistiche.

Senza contare il fatto che – in linea col multilinguismo – la legislazione

finlandese non prescrive quali lingue devono essere insegnate nelle scuole, al di

là delle due lingue ufficiali obbligatorie (finlandese e svedese). Il curriculum

locale indica quali lingue possono essere studiate.

Nell’anno 2000 i corsi di lingue straniere offerti come opzionali nelle scuole

secondarie superiori erano ben 16: inglese, svedese, russo, tedesco, francese,

spagnolo, italiano, latino, finlandese, greco, portoghese, estone, ungherese,

cinese, giapponese e sami.

Il caso Finlandia rappresenta dunque un esempio di best practice di

insegnamento e apprendimento delle lingue straniere in classico ambiente

multilingue.

27

3.2 Apprendimento linguistico: indagini e statistiche

3.2.1 C.E.F.R. - Common European Framework of Reference of

Languages

Il Quadro Comune Europeo di Riferimento per la Conoscenza delle Lingue

rappresenta il più importante metodo, ideato in origine dal Consiglio d'Europa,

per fornire ai suoi Stati membri strumenti di valutazione in ambito educativo e

culturale, con specifico riferimento all’insegnamento, all’apprendimento e alla

certificazione delle lingue straniere.

Gli Stati membri dell’Unione europea si sono conformati al CEFR tanto che la

maggior parte di essi applica da tempo questo test attitudinale, strutturato

secondo sei livelli di competenza (A1, A2, B1, B2, C1, C2) e tre livelli intermedi

(A2+, B1+, B2+). Livelli utilizzati ormai in tutta Europa e in altri continenti

come parametri per fornire agli insegnanti di lingua un modello di riferimento

per la valutazione delle conoscenze linguistiche e per la preparazione di

materiale didattico.

Gli enti certificatori delle varie lingue europee hanno per altro completato

anch’essi il passaggio dai vecchi ai nuovi livelli-test, fornendo certificazioni

aggiornate o, in alternativa, tabelle di conversione tra le denominazione dei

propri livelli e quelle standard del Quadro Comune Europeo di Riferimento per la

Conoscenza delle Lingue.

Inoltre anche alcuni enti certificatori di paesi extraeuropei hanno già avviato

progetti di armonizzazione dei propri livelli linguistici con quelli del CEFR.

28

3.2.2 OLS - Online Linguistic Support

Interessante sostegno linguistico on line è l’OLS – Online Linguistic Support,

creato per testare e assistere i partecipanti al programma Erasmus+ e aiutarli a

migliorare la padronanza della lingua nella quale intendono lavorare, studiare o

portare avanti esperienze di volontariato.

Beneficiari dell’assistenza linguistica in rete sono studenti universitari che

effettuano programmi di mobilità di durata compresa tra 3 e 12 mesi,

tirocinanti legati al Programme Countries, e giovani che partecipano allo

European Voluntary Service, per un periodo tra 2 e 12 mesi. Esteso dal giugno

2015 ai partecipanti ai corsi di formazione professionale in mobilità per almeno

un mese, il servizio OLS è disponibile per le seguenti lingue: tedesco, inglese,

spagnolo, francese, italiano, nederlandese. Lingue che rappresentano circa il

90% dei casi di mobilità del programma Erasmus +.

3.2.3 L’indagine European Survey on Language Competences

La ESLC – European Survey on Language Competences (Indagine Europea

sulle Competenze Linguistiche) è un'importante iniziativa della Commissione

Europea per sostenere lo sviluppo di politiche di apprendimento delle lingue in

tutta Europa, “…non soltanto...un’indagine sulle competenze linguistiche, ma

un’indagine che possa fornire informazioni sull’apprendimento delle lingue, sui

metodi di insegnamento e sui curricula” 30.

Obiettivo dell’indagine – condotta da SurveyLang, un Consorzio di 8

organizzazioni di esperti nel campo della valutazione linguistica, progettazione

questionari di campionamento, processi di traduzione e psicometria – fornire ai

paesi partecipanti “dati comparabili” sulla conoscenza delle lingue straniere e

sulle best practices nell'apprendimento delle lingue.

30

Comunicazione della Commissione al Consiglio del 13 aprile 2007: COM (2007) 184

29

Lo studio, condotto in 14 paesi su un campione rappresentativo di circa 1.500

studenti all'ultimo anno della scuola secondaria inferiore e creato per fornire

un indicatore europeo delle competenze linguistiche, ha preso in esame le due

lingue europee maggiormente insegnate tra inglese, francese, tedesco, italiano e

spagnolo.

Il metro di valutazione utilizzato per testare le competenze degli studenti dei

vari paesi presi in esame, è articolato sui livelli raggiunti in tre aree di

apprendimento:

ascolto

lettura

scrittura

Il rapporto ESLC è dunque giunto ad alcuni risultati ed evidenze interessanti

sulle varie abilità linguistiche dei soggetti censiti, mettendo particolarmente in

luce alcuni dati:

per la prima lingua straniera, la percentuale di studenti che raggiunge il

livello di utente indipendente varia dall’82% di Malta e Svezia (inglese) al

14% della Francia (inglese) e al 9% dell’Inghilterra (francese).

per la seconda lingua straniera (non inglese), il livello di utente

indipendente è raggiunto dal 4% in Svezia (spagnolo) e dal 6% in Polonia

(tedesco) rispetto al 48% nei Paesi Bassi (tedesco).

L’indagine, somministrata sia in forma cartacea che on line, è stata realizzata

secondo gli standard internazionali già adottati in altre indagini in campo

educativo quali PISA, PIRLS e TIMSS e rappresenta certamente una delle più

valide e aggiornate raccolte di informazioni sugli effettivi livelli di competenza

linguistica a livello europeo.

30

3.2.4 Il progetto “Language Rich Europe”

Infine, tra le grandi iniziative a sostegno del dialogo interculturale e del

multilinguismo in Europa, spicca l’indagine Language Rich Europe, progetto

del British Council realizzato nel 2012 in collaborazione con l’Unione Europea

degli Istituti Nazionali di Cultura (EUNIC) e in partnership con un network di

soggetti europei. Progetto destinato a fornire non solo un contributo notevole in

termini di dati analizzati, ma anche a promuovere lo sviluppo di best practices

per il multilinguismo e a favorire importanti sinergie tra policy makers e

operatori del settore (insegnanti, comunicatori, imprenditori e responsabili dei

servizi pubblici).

Il progetto del British Council, finanziato con il sostegno della Commissione

Europea e condensato in un’indagine ad ampio spettro su molti tipi di lingue

(lingue straniere, lingue regionali o minoritarie, lingue immigrate e lingue

nazionali), risponde a una forte e generale domanda di dati statistici realmente

affidabili sulle politiche e pratiche linguistiche nei vari settori dell’istruzione e

della società.

D’altra parte l’esigenza crescente di informazioni metodologicamente

armonizzate tra i vari Stati membri, pur essendo soddisfatta da diversi studi e

ricerche ad hoc e ottimamente colmata dai regolari rapporti in tema di dati

sull’insegnamento linguistico di Eurostat (Ufficio Statistico dell'Unione

Europea), sembra condurre alla necessità di progetti sempre più mirati e

scrupolosi, in grado di sensibilizzare e coinvolgere costruttivamente sia

l’opinione pubblica che i policy makers europei. Come si ritrova, appunto, nel

caso del Language Rich Europe e della sua mission:

“...lo scopo degli indicatori elaborati attraverso il progetto LRE è di agire come

strumenti per sostenere i Paesi/regioni nell’autovalutazione e nel confronto con i

documenti dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa sul multilinguismo e

plurilinguismo”… e …”attraverso questo processo…di sensibilizzare l’opinione

pubblica e gli attori della politica al macro-livello, cioè i responsabili delle

decisioni nel campo delle politiche linguistiche nazionali e regionali; e di motivare

a compiere azione concreta i principali stakeholders nei vari settori, lingue e

Paesi/regioni”31.

31

Citazione da: ”Language Rich Europe – Tendenze nelle Politiche e nelle pratiche per il multilinguismo in Europa. Pubblicato da

Cambridge University Press, per il British Council, Novembre 2012.

31

Espressione operativa finale del lungo e dettagliato lavoro di analisi e vero

punto d’arrivo dell’intero progetto LRE sono poi una serie di “raccomandazioni”

proposte a livello europeo:

Raccomandazione 1

Alcuni passi dovrebbero essere intrapresi per aumentare l’attuale conoscenza

delle lingue parlate e utilizzate nelle diverse comunità e paesi d’Europa, oltre

che nei rapporti tra le lingue. Un esempio proviene dai dati disponibili riguardo

le traduzioni. Dovrebbe essere condotta un'indagine iniziale sui dati esistenti e

le autorità competenti dovrebbero essere incoraggiate a proseguire il lavoro in

questo settore effettuando ulteriori censimenti e sondaggi.

Raccomandazione 2

La formula trilingue della Commissione europea (lingua materna più altre due)

dovrebbero essere aggiornata e ulteriormente sviluppata. Per molti cittadini la

“madre lingua” non è più la stessa della lingua nazionale. La particolare

posizione della lingua inglese significa anche che molti cittadini imparano

solamente l'inglese e raramente una seconda lingua straniera.

Raccomandazione 3

Ogni bambino e ogni adulto dovrebbe avere il diritto di conoscere la lingua

ufficiale del proprio paese di residenza a un livello fluente. Le autorità

dovrebbero fare in modo di rimuovere gli eventuali ostacoli a tale obiettivo,

offrendo ad esempio un sostegno supplementare gratuito.

Raccomandazione 4

La particolare posizione dell’inglese in Europa dovrebbe essere esplicitamente

riconosciuta, al fine di proporre un nuovo modello per la coesistenza delle

lingue nell’Europa stessa. Ciò incoraggerebbe anche un maggior numero di

ricerche sulle diverse modalità in cui l’inglese potrebbe essere utilizzato per

sostenere il multilinguismo piuttosto che indebolirlo.

32

Raccomandazione 5

Una delle priorità dei nuovi programmi dovrebbe essere quello di consentire e

favorire la mobilità e l’aggiornamento professionale degli insegnanti di lingua in

Europa attraverso la creazione di uno specifico “Erasmus” per gli insegnanti.

Collegandosi a questo obiettivo, i governi nazionali dovrebbero essere

incoraggiati a cooperare – attraverso laboratori di formazione comune e

scambio di insegnanti, formatori ed educatori – oltre ad adoperarsi nella

rimozione delle barriere occupazionali per gli insegnanti di altri Stati membri.

33

3.3 European Language Label

Istituito dalla Commissione Europea allo scopo di riconoscere le iniziative più

all’avanguardia nell'insegnamento e nell’apprendimento delle lingue a tutti i

livelli di istruzione, l’European Language Label è un prestigioso premio

conferito una o due volte l’anno - nei Paesi partecipanti - a persone o progetti

distintisi nella promozione e nell’insegnamento linguistico e rivolto a tutte le

lingue, comprese quelle regionali, minoritarie e quelle dei segni.

Ogni due anni le priorità vengono modificate. Per il 2014 e 2015 erano le

seguenti:

Lingue e inclusione sociale

Lingue e sport

Lingue come parte dell’apprendimento permanente

Il premio viene assegnato a livello locale, regionale e nazionale a quei progetti

che siano riusciti a individuare percorsi creativi per innalzare il livello

qualitativo dell’insegnamento linguistico e a motivare gli studenti attraverso

approcci originali.

Tre sono i riconoscimenti che vengono assegnati:

al miglior insegnante di lingue.

all’apprendimento linguistico più innovativo, con l'intento di migliorare gli

standard dell’insegnamento linguistico in Europa

alla persona che ha compiuto i progressi maggiori nell’apprendimento

delle lingue straniere.

34

I vincitori vengono selezionati da una giuria nazionale di esperti di lingua,

mentre i progetti oltre che validi, replicabili e innovativi devono svolgersi nel

corso dell'anno in cui viene assegnato il Premio.

4. Multilinguismo ed economia europea

Nella grande sfida del multilinguismo in Europa, emerge il tema – in linea con

la “strategia di Lisbona” – del rapporto tra competenze linguistiche e

competitività economica. Sia relativamente allo sviluppo delle imprese, che alle

prospettive occupazionali dei lavoratori.

4.1 Lo studio ELAN – Effects on the European Economy of

Shortages of Foreign Language Skills in Enterprise

Lo studio ELAN (Effetti sull’Economia Europea della Scarsa Conoscenza delle

Lingue Straniere nelle Imprese), realizzato nel 2005 su scala continentale dal

National Centre for Languages, finanziato dalla Commissione Europea e

centrato sull’importanza delle competenze linguistiche e interculturali per il

successo nelle esportazioni, è strutturato attorno ad alcuni punti chiave:

ricerca su circa 2000 piccole e medie imprese del settore

dell’esportazione di 29 stati europei (stati membri UE, Associazione Europea di libero scambio e paesi candidati all’adesione) per indagare sui

danni economici derivanti dalle mancate ”skills” in materia di lingue.

indagine dei risultati ottenuti per ogni paese nel settore istituzionale,

educativo e del business

indagine sulle differenze fra trenta imprese multinazionali e le PMI in merito al ruolo delle abilità linguistiche applicate alle strategie

commerciali

analisi macro-economica dei risultati della ricerca svolta sulle PMI e volta

a offrire indicazioni sugli esiti economici legati agli investimenti in

competenze linguistiche. Nello specifico lo studio ELAN evidenzia come le piccole medie imprese europee

esportatrici siano economicamente penalizzate dalla carenza di competenze

35

linguistiche, come dimostrano gli stessi dati secondo i quali delle circa 2000

imprese-campione, 195 (11%) hanno perso contratti di lavoro con danni fino a

13 milioni di euro.

Inoltre dall’indagine è emerso come le aziende non investano autonomamente

nella formazione continua per i propri dipendenti – in campo linguistico – ma

preferiscano attendere che siano i sistemi nazionali di istruzione (e formazione)

a fornire loro persone che abbiano le adeguate competenze; l’alternativa è

rappresentata dalla ricerca di persone “geograficamente mobili” sul mercato del

lavoro che possiedano già i suddetti requisiti linguistici.

Risultato dell’ampio studio-monitoraggio, come di consueto alcune

“raccomandazioni”:

massima diffusione dei risultati dell’indagine

“stages” di lavoro all’estero per gli impiegati delle PMI

aumento dell’offerta formativa di interpreti e traduttori degli idiomi meno

insegnati quali: Cinese, Arabo, Russo e Giapponese

studi sull’incidenza economica delle competenze linguistiche anche in

settori economici chiave come il turismo e i servizi.

36

4.2 Traduzione e interpretariato: i costi economici del

multilinguismo

Non vi è dubbio che una conoscenza approfondita delle lingue risulti

fondamentale anche in altri settori, come ad esempio le public relations, il

marketing, il mondo della pubblicità, finanzia ed editoria.

Come ampiamente detto il multilinguismo è uno dei valori essenziali sui cui si

regge l’impalcatura dell’UE e, proprio in questo contesto, la Traduzione e

l’interpretariato rappresentano uno strumento fondamentale della

comunicazione tra le istituzioni e la società civile in quanto permettono a tutte

le parti coinvolte di esprimersi, comprendere e comunicare senza barriere.

L’incremento e il finanziamento del multilinguismo europeo comportano

tuttavia costi rilevanti, non solo dal punto di vista strettamente economico, ma

anche organizzativo, tanto che nel 2005 la Commissione ha incaricato lo

studioso svizzero François Grin di individuare un possibile, organico scenario

linguistico europeo.32

Il Rapporto Grin, tuttavia, dopo aver analizzato le varie opzioni praticabili –lingua unica (inglese), trilinguismo (inglese, francese e tedesco), “lingua artificiale” (l’esperanto) privilegiò inaspettatamente la terza soluzione.

Soluzione decisamente rifiutata dalla Commissione, che ritiene la diversità

linguistica un elemento a sostegno dell’esercizio dei diritti e della vitalità

democratica. La politica multilingue è dunque garante del processo

democratico stesso.

Stando ai dati degli ultimi anni, tra l’altro, il costo dei servizi di traduzione e

interpretariato dell’UE – che possiede il sistema formale più esigente in termini

di lingue di lavoro – risulterebbe in realtà estremamente esiguo, soprattutto se

confrontato con altre voci di bilancio: soltanto 1,1 miliardo di euro, ossia l’1%

dell’intero bilancio UE, lo 0,0087% del PIL. Vale a dire 2,20 € per cittadino. E

32

François Grin, L'enseignement des langues étrangères comme politique publique (L'insegnamento delle lingue straniere come

politica pubblica), 2005.

37

anche nell’ipotesi di un amento, un costo inferiore allo 0,01% del PIL sarebbe

da ritenersi ampiamente sostenibile.

4.3. L’inglese come lingua franca?

Abbiamo più volte detto che l’UE ha 24 lingue ufficiali e che la Commissione

europea ne utilizza 3 come ”lingue di lavoro” (inglese, francese e tedesco).

Stupisce dunque la proposta fatta nel 2013 dall’attuale Presidente della

Repubblica Federale di Germania, Joachim Gauck, proprio sulla questione

della lingua da utilizzare nella comunicazione tra gli stati membri dell’Unione

Europea.

Il capo di stato tedesco ha infatti proposto che sia l’inglese l’unica lingua

ufficiale dell’UE, ritenendola la più idonea alla promozione dei valori che

caratterizzano l’istituzione comunitaria.

Tuttavia – come era facilmente prevedibile – i paesi di lingua latina (tra cui

l’Italia) si sono dimostrati alquanto scettici: il pensiero comune infatti è che se

venisse dato il via libera alla lingua inglese non vi sarebbero altri ostacoli alla

supremazia britannica sugli altri stati membri dell’UE.

Come provocazione alcuni paesi hanno proposto dunque di istituire il latino

quale lingua franca dell’UE, mentre da altre fonti è stato rispolverato

l’esperanto (già proposto da Grin nel suo famoso Rapporto stilato nel 2005).

Infine c’è anche chi ha ipotizzato che i diplomatici dovrebbero essere obbligati a

non esprimersi mai nella propria lingua madre, allo scopo di creare maggiore

equità. Non vi è dubbio quindi che il dibattito sulla lingua sia aperto.

Per valutare poi l’incidenza della lingua inglese come “lingua franca non

ufficiale” è utile sottolineare che nemmeno in quei paesi europei che

possiedono il maggior numero di scuole e Università si riscontra un’offerta

didattica che preveda l’insegnamento di tutte le lingue ufficiali dell’Unione.

Secondo alcuni dati Eurostat, pubblicati proprio in occasione della Giornata

Europea delle Lingue 2015, l’insegnamento delle lingue straniere nella scuola

primaria è così strutturato:

38

L’81,7% degli alunni delle primarie dell’UE (circa 17,7 milioni) studia almeno

una lingua straniera: tra loro il 4,6% (un milione circa) impara due o più

lingue estere.

Oltre 17 milioni di studenti dichiarano di frequentare lezioni di lingua

inglese (95,6% sul totale), mentre:

4,9 milioni di studenti il francese (27,4%),

2,9 milioni il tedesco (16,3%),

2,1 milioni lo spagnolo (11,6%),

500mila il russo (2,7%)

200 mila l’italiano (1%).

La nostra lingua viene insegnata soprattutto nelle scuole di Malta (63,7%) e in

Croazia (11,1%). Sempre a proposito dell’Italia, è interessante notare che si

trova in cima alla classifica dell’Unione Europea, con il 99,7% di alunni

impegnati nello studio di una lingua straniera. La media europea si attesta di

poco oltre l’80%.

Infine - come prevedibile – la lingua più studiata in Italia è l’inglese, seguita a

breve distanza, rispettivamente, da francese e tedesco.

39

Conclusioni Per concludere si può dire dunque che, anche in rapporto alla sfida della

globalizzazione, il percorso del multilinguismo, vero “valore aggiunto” per

un’Europa realmente unita, interculturale, aperta all’integrazione sociale,

impegnata nell’armonizzazione delle competenze linguistiche e sempre più in

linea con le nuove frontiere della mobilità, è pienamente avviato.

L’Europa delle diversità linguistiche, dell’apprendimento di tutte le lingue,

incluse quelle regionali, minoritarie o quelle degli immigrati, dello scambio di

esperienze, è una realtà in itinere e l’auspicio è che attorno a questa idea

portante, si sviluppi un dialogo costruttivo sia a livello delle istituzioni, che a

livello di singole identità di popoli.

Del resto, se è vero che una moderna e illuminata politica del multilinguismo

può rendersi garante del processo democratico, alimentando la tolleranza nella

moderna Europa multiculturale, è altrettanto vero che una comunicazione

interlinguistica di qualità può generare molteplici benefici economici, come una

crescita della competitività economica e un miglioramento delle prospettive

occupazionali dei lavoratori all’interno del’UE.

Ma oltre a investire le aree specifiche dell’apprendimento linguistico, dei

moderni strumenti tecnologici di sostegno, della formazione, dell’insegnamento

scolastico, il multilinguismo e le sue auspicabili declinazioni, investono in

pieno il concetto stesso di “Cultura”. Giacché la questione linguistica europea

non riguarda solo la burocrazia e l’ufficialità, ma i popoli europei nella loro

globalità, nella loro aspirazione a esprimersi secondo le proprie peculiarità,

secondo la loro storia, secondo le proprie conoscenze profonde.

Ogni lingua parlata in Europa ha caratteristiche sue proprie, ogni linguaggio è

il riflesso della cultura di un popolo. Questo è il senso profondo del

multilinguismo, nei confronti del quale è sempre più auspicabile una strategia

globale

40

E davvero, come affermava Jean Jacques Rousseau nel ”Saggio sull'origine

delle lingue,“…”le lingue hanno tratto origine dai bisogni morali, dalle passioni.

Le passioni avvicinano gli uomini”.

BIBLIOGRAFIA

G. Agresti, M. D’Angelo, Rovesciare Babele. Economia ed ecologia delle lingue

regionali e minoritarie, Aracne editrice, Roma, 2010.

J.C. Beacco et al. Guide for the Development and Implementation of Curricula

for Plurilingual and Intercultural Education, Council of Europe, Language Policy

Division, Strasbourg, 2010. M. Cennamo (a cura di), Plurilinguismo e integrazione: abilità e competenze in una società multietnica, ESI, Napoli, 2010.

A. Chiti-Batelli, L’Europa intera parlerà solo inglese? Per un’interlinguistica scientifica, Franco Angeli, Milano, 2007.

E. Chiti, R. Gualdo, Il regime linguistico dei sistemi comuni euroepi: l’unione tra multilinguismo e monolinguismo, Giuffrè, Milano, 2008. D. Cosmai, The Language of Europe. Multilingualism and Translation in the EU Institutions: Practice, Problems and Perspective, Université de Bruxelles, 2014.

T. De Mauro, In Europa son già 103. Troppe lingue per una democrazia?, Laterza, Roma-Bari, 2014.

U. Eco, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, Laterza, Roma,

2012. M. Gazzola, F. Guerini, Le sfide della politica linguistica di oggi: fra la valorizzazione del multilinguismo migratorio locale e le istanze del plurilinguismo europeo, Franco Angeli, Milano, 2006.

F. Grin, L'enseignement des langues étrangères comme politique publique, in

Haut Conseil de l’evaluation de l’ecole, N.19, Septembre 2005.

F. Ost, Traduire. Défense et illustration du multilinguisme, Fayard, Paris, 2009.

41

N. Ostler, The last lingua franca: English Until the Return of Babel, Penguin

Books, London, 2010.