Le politiche per lo sviluppo regionale nell’Unione Europea :

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1 LE POLITICHE PER LO SVILUPPO REGIONALE NELL’UNIONE EUROPEA: Dal trattato di Roma alla programmazione 2007-2013 corso di programmazione economica territoriale, Grosseto, ott-nov 2008 appunti delle lezioni, prof. V. Sodano

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LE POLITICHE PER LO SVILUPPO REGIONALE NELL’UNIONE EUROPEA:

Dal trattato di Roma alla programmazione 2007-2013

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Gli Stati membri della C.E. già nel Trattato di Roma (1957) si prefiggono di ridurre le disparità tra le diverse regioni ed il ritardo di quelle meno favorite per assicurare lo sviluppo economico della Comunità.

In occasione della Conferenza al vertice tenutasi a Parigi (1972), viene riconosciuta "un'alta precedenza all'obiettivo di rimediare, nella Comunità, agli squilibri strutturali e regionali che avrebbero potuto pregiudicare la realizzazione dell'unione economica e monetaria".

Nel 1975 viene istituito il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) attraverso il quale vengono erogati contributi in conto capitale per investimenti produttivi

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L'Atto Unico Europeo (1987) ha dato inizio alla politica di coesione economica e sociale ed alla riforma dei Fondi Strutturali che costituiscono gli strumenti finanziari della politica stessa.

Il fondamento normativo dei Fondi è costituito dal Regolamento quadro 2052/88/CEE.Specifici regolamenti disciplinano i singoli Fondi: 4254/88/CEE (FESR), 4255/88/CEE (FSE), 4256/88/CEE (FEAOG).

Viene istituito altresì uno nuovo strumento finanziario, il Fondo di Coesione, destinato a quegli Stati Membri il cui reddito nazionale pro-capite è inferiore al 90% della media comunitaria (Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda).

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La Riforma del 1988 definisce 5 obiettivi prioritari che la politica strutturale comunitaria intende perseguire:

Obiettivo 1: promuovere lo sviluppo e l'adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo, affinché possano integrarsi completamente nello spazio comunitario (Area: Mezzogiorno) - (Fondi: FESR, FSE, FEAOG); - Obiettivo 2: riconvertire le regioni industriali in declino, aiutandole ad orientarsi verso nuove attività (Area: numerosi comuni del Centro-Nord) - (Fondi: FESR, FSE); - Obiettivo 3: lottare contro la disoccupazione di lunga durata (Area: tutto il territorio nazionale) - Fondi: FSE); - Obiettivo 4: facilitare l'inserimento professionale dei giovani (Area: tutto il territorio nazionale) - (Fondi: FSE); - Obiettivo 5: promuovere un più veloce adattamento delle strutture di produzione agricola (obiettivo 5a); favorire lo sviluppo delle zone rurali con basso livello di sviluppo socio-economico (obiettivo 5b) (Area: alcuni comuni del Centro-Nord) - (Fondi: FSE, FEAOG-orientamento).

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INTERREG II (1994-1999) The Interreg Community Initiative, which was adopted in 1990, was intended to prepare border areas for a Community without internal frontiers. The aim of the Regen Initiative launched in the same year was to help fill in some of the missing links in the trans-European networks for transport and energy distribution in the Objective 1 regions.

Interreg II combined the functions of Interreg I and Regen. It had three distinct strands with a total budget allocation of ECU 3,519 million in 1996 prices (of which ECU 2613 million must go to Objective 1 and 6 regions):

•Interreg II A (1994-1999): cross-border co-operation •Interreg II B (1994-1999): completion of energy networks •Interreg II C (1997-1999) : co-operation in the area of regional planning, in particular management of water resources Some examples of Interreg II A projects

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Nel 1988 era stata varata una prima riforma dei fondi strutturali, alla quale hanno fatto seguito due periodi di programmazione: a dieci anni di distanza, i dati ufficiali dellaCommissione europea hanno dimostrato che nella loro applicazione i Fondi hanno rappresentato una nuova politica economica e sociale di sviluppo, e non una semplice politica assistenzialistica di sostegno ai Paesi più deboli. Infatti si sono ridotte le disparità di reddito pro-capite tra gli Stati membri, anche grazie al Fondo di coesione che riguarda Spagna, Irlanda, Portogallo e Grecia; nelle regioni in ritardo di sviluppo (ex obiettivo 1) il reddito pro-capite è passato dal 64,6% al 67,2% della media europea; sono diminuite, anche se quasi impercettibilmente, le disparità di reddito tra le regioni. Ma tutto ciò non bastava perché: il livello della disoccupazione e le disparità di reddito all'interno degli Stati membri permangono tuttora su limitiinaccettabili

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Il Trattato sull'Unione Europea firmato a Maastricht (1992) ha fatto della coesione uno dei tre pilastri della costruzione europea, accanto all'UEM ed al mercato unico. Con il Trattato di Amsterdam (1997) il ruolo della coesione è stato ulteriormente potenziato in considerazione della sua rilevanza nella lotta contro la disoccupazione e nella prospettiva di allargamento a nuovi paesi con livelli di sviluppo assai diversi

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Seconda riforma dei fondi strutturali giugno 1999Programmazione 2000-2006

le linee guida della riforma sono avvenute nel 1997 con l'adozione di Agenda 2000, il documento politico sulle strategie europee relative all'allargamento, nel quale sono state abbozzate le prime linee guida sulla riforma dei Fondi.5Con Agenda 2000 l'impostazione dei Fondi strutturali viene profondamente modificata negli obiettivi, nei contenuti e nella loro organizzazione, anche se i fondipropriamente detti rimangono gli stessi.

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Le novità più rilevanti sono così riassumibili:

1. Il periodo di programmazione dell'utilizzo dei Fondi diventa più ampio, passando da 6 a 7 anni (2000-2006).2. Per quanto riguarda i Paesi candidati all'adesione è stato individuato un fondo specifico che prosegue l'azione già avviata con i programmi Phare e Tacis. 3. Una maggiore concentrazione, dovuta al fatto che i singoli Fondi riguarderanno un numero inferiore di obiettivi prioritari (che passano da 7 a 3) e la popolazione comunitaria che beneficerà degli obiettivi 1 e 2 scenderà ad una percentuale tra il 35 e 40% (attualmente è oltre il 50%); l'istituzione di una fase di sostegno transitorio (phasingout) per le regioni che escono dall'obiettivo 1 4. La riduzione delle Iniziative comunitarie, che vengono ridotte a 4 (Interreg, Urban, Leader, Equal). 5. La semplificazione delle procedure, per una maggiore autonomia e snellezza nell'utilizzo delle risorse. 6. La valorizzazione del partenariato, cioè una stretta concertazione tra Commissione, Stato, autorità competenti (es. regioni), parti sociali, altri partner sociali, che riguarda tutte le fasi della messa in opera.

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Con la riforma dei Fondi Strutturali del 21-22 Giugno 1999 vi è stato un accorpamento degli obiettivi che risultano essere, fino al 2006, i seguenti:

-Obiettivo 1: promuovere lo sviluppo e l'aggiustamento strutturale delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo (FESR, FSE, FEAOG-Orientamento, SFOP).

-Obiettivo 2: favorire la riconversione economica e sociale delle zone con difficoltà strutturali (FESR, FSE).

- Obiettivo 3: favorire l'adeguamento e l'ammodernamento delle politiche e dei sistemi di istruzione, formazione e occupazione (FSE).

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I FONDI STRUTTURALI

F.E.S.R. (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale)

F.S.E. (Fondo Sociale Europeo)

Il FEAOG (Fondo Europeo per l’Agricoltura sezione "Orientamento" o sezione "Garanzia“)

S.F.O.P. (Lo strumento finanziario della pesca)

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Programmazione 2000-2006

I Fondi strutturali, per la programmazione 2000-2006, contrariamente al periodo 1994-1999 che ne prevedeva cinque,vengono collegati a soli tre ObiettiviObiettivo 1: ha lo scopo di promuovere lo sviluppo e l'adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo; vi rientrano in particolare le regioni il cui PIL è minore del 75% della media europea,in particolare le Regioni del mezzogiorno di Italia. Obiettivo 2: ha lo scopo di sostenere la riconversione socioeconomica delle zone con difficoltà strutturali. Obiettivo 3: mira a sostenere, per le regioni escluse dall'obiettivo 1, l'ammodernamento dei sistemi di istruzione, formazione e occupazione

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Programmazione 2000-2006

La programmazione degli obiettivi a livello nazionale è regolata per l'Obiettivo 1 e l'Obiettivo 3 dal Quadro Comunitario di Sostegno (QCS), mentre il Documento Unico di Programmazione (DOCUP) fa riferimento all'obiettivo 2.

Tali documenti sono la base per gli interventi e per le spese concesse ai Fondi strutturali.

Questi analizzano la situazione ex-ante socio-economica e ambientale delle regioni interessate dallo specifico obiettivo e delineano le linee di intervento all'interno dei cosiddetti assi prioritari che ordinano l'ampia casistica dei materiali propositivi e progettuali di ogni singolo Programma operativo (PO).

All'interno di ogni Obiettivo si sviluppano quindi i Programmi Operativi, che si dividono in Programmi Operativi Nazionali (PON) e Programmi Operativi Regionali (POR) che delineano gli obiettivi specifici all'interno degli assi

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Interreg III

Che cos'è interreg III? interreg III è la nuova iniziativa comunitaria del FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) per il periodo 2000-2006. I relativi orientamenti sono stati approvati dalla Commissione il 28 aprile 2000 [GUCE C 143 del 23.5.2000.

L'obiettivo della nuova fase di INTERREG è rafforzare la coesione economica e sociale nell'Unione europea promuovendo la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale e uno sviluppo equilibrato del territorio comunitario. L'iniziativa è infatti imperniata su azioni che interessano le frontiere e le zone di frontiera tra Stati membri e tra l'Unione europea e i paesi terzi.

Particolare attenzione sarà riservata: alle frontiere esterne dell'Unione europea, soprattutto in prospettiva dell'allargamento;alla cooperazione con le regioni ultraperiferiche dell'Unione

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La riforma del 1999 ha guidato la programmazione 2000-2006

La successiva programmazione riguarda il periodo 2007-2013

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Programmazione 2007-2013

La nuova programmazione è basata sull'agenda di Lisbona e ha introdotto diverse variazioni rispetto alla programmazione del periodo precedente sia nella definizione degli obiettivi che restano essenzialmente tre,sia nella composizione dei Fondi strutturali di cui alcuni cambiano nome e finalità come il FEOGA che si trasforma in FEASR e lo SFOP in FEP.

Il Docup (documento unico di programmazione) previsto dal periodo di programmazione precedente per le Regioni obiettivo 2 è stato eliminato,tutte le regioni beneficiano invece dei Programmi Operativi Regionali

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Programmazione 2007-2013

I nuovi obiettivi sono:

Obiettivo "Convergenza"

Obiettivo "Competitività regionale e occupazione”

Obiettivo "Cooperazione territoriale europea"

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Obiettivo "ConvergenzaQuesto obiettivo, in linea con l'attuale obiettivo 1, è volto ad accelerare la convergenza degli Stati membri e delle regioni in ritardo di sviluppo, migliorando le condizioni di crescita e di occupazione. Esso riguarda gli Stati membri e le regioni in ritardo di sviluppo. I settori d'intervento sono i seguenti: qualità degli investimenti in capitale fisico e umano, sviluppo dell'innovazione e della società basata sulla conoscenza, adattabilità ai cambiamenti economici e sociali, tutela dell'ambiente nonché efficienza amministrativa. Il finanziamento è effettuato tramite FESR, FSE e Fondo di coesione.

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Obiettivo "Competitività regionale e occupazione" Questo obiettivo punta, al di fuori delle regioni in ritardo di sviluppo, a rafforzare la competitività, l'occupazione e le attrattive delle regioni. Esso consentirà di anticipare i cambiamenti socio-economici, promuovere l'innovazione, l'imprenditorialità, la tutela dell'ambiente, l'accessibilità, l'adattabilità dei lavoratori e lo sviluppo di mercati di lavoro che favoriscano l'inserimento. Si Il finanziamento è effettuato tramite FESR e FSE. Le regioni ammissibili sono le seguenti:le regioni attualmente ammissibili all'obiettivo 1 per il periodo di programmazione 2000-2006, che non soddisfano più i criteri di ammissibilità regionale dell'obiettivo convergenza e beneficiano pertanto di un finanziamento transitorio. Spetta alla Commissione selezionare ed adottare l'elenco delle regioni ammissibili, valido dal 2007 al 2013; tutte le altre regioni della Comunità non ammissibili all'obiettivo convergenza. Per quanto riguarda i programmi finanziati dal FSE, la Commissione propone quattro priorità, in linea con gli orientamenti formulati nell'ambito della Strategia europea per l’occupazione (SEO): accrescere l'adattabilità dei lavoratori e delle imprese, potenziare l'accesso all'occupazione, rafforzare l'inserimento sociale e avviare riforme nel settore dell'occupazione e dell'inserimento

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Obiettivo "Cooperazione territoriale europea" Questo nuovo obiettivo è inteso a rafforzare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale, basandosi sull' iniziativa Interreg. L’azione è finanziata dal FESR. L'obiettivo consiste nel promuovere la ricerca di soluzioni congiunte a problemi comuni tra le autorità confinanti, come lo sviluppo urbano, rurale e costiero e la creazione di relazioni economiche e reti di PMI. La cooperazione è orientata su ricerca, sviluppo, società dell'informazione, ambiente, prevenzione dei rischi e gestione integrata delle acque. Sono ammissibili le regioni di livello NUTS III, situate lungo le frontiere terrestri interne e talune frontiere esterne, nonché alcune frontiere marittime adiacenti, separate da un massimo di 150 chilometri.L'articolazione territoriale degli interventi viene ripartita in :PON (programmi operativi nazionali) POR (programmi operativi regionali) monofondo POIN (programmi operativi interregionali).

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La programmazione negoziata come strumento per le politiche di sviluppo localeCon riferimento alla normativa per la programmazione negoziata, prevista inizialmente per l'attuazione degli interventi straordinari per il Mezzogiorno (Legge 64/1986), e diffusa nell'ordinamento giuridico italiano con la Legge 142/1990 sulle Autonomie locali e con La legge 662/1996 (art. 2 comma 203) sono stati individuati  i seguenti strumenti : l’intesa istituzionale di programma, l’accordo di programma quadro, il patto territoriale, il contratto di programma.

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L'Intesa Istituzionale di Programma, accordo tra il Governo centrale e la Giunta Regionale per la realizzazione di un programma pluriennale di interventi d'interesse comune.

L'Accordo di Programma Quadro, che in attuazione dell'intesa istituzionale di programma, definisce un programma esecutivo di interventi di interesse comune o funzionalmente collegati, individuando le attività e gli interventi da realizzare nonché i tempi e le modalità di attuazione, i soggetti responsabili dell'attuazione delle singole attività ed interventi, le procedure necessarie per l'attuazione dell'accordo, gli impegni di ciascun soggetto, le risorse finanziarie occorrenti per le diverse tipologie di intervento.

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Il Patto Territoriale, l'accordo promosso dagli enti locali, dalle parti sociali o da altri soggetti pubblici o privati per l'attuazione di un programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale. Il Contratto di Programma, stipulato tra l'amministrazione pubblica competente e soggetti imprenditoriali, quali grandi imprese, consorzi di medie e piccole imprese, rappresentanze di distretti industriali, per la realizzazione di interventi oggetto di programmazione negoziata, mediante mobilitazione, e successivamente, localizzazione territoriale, di investimenti rilevanti.

Il Contratto d'Area, strumento operativo, concordato tra le amministrazioni, anche locali, le rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché altri soggetti eventualmente interessati, per la realizzazione di azioni finalizzate ad accelerare lo sviluppo e la creazione di nuova occupazione in aree in situazioni di crisiProgrammazione 1994-1999

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In sintonia con l'ampio processo di decentramento e di trasferimento di funzioni dal Centro verso le Regioni e le Autonomie locali e che riguarda soprattutto competenze in campo di sviluppo economico, è stato in seguito avviato il processo di regionalizzazione degli strumenti di programmazione negoziata per lo sviluppo locale.

Con il Decreto Legislativo n. 34 del 2004 viene infine introdotto il contratto di localizzazione come nuovo strumento di programmazione negoziata.

Si tratta infatti di  un contratto di diritto privato,attualmente utilizzato nel Mezzogiorno, che viene stipulato tra Sviluppo Italia, Pubblica Amministrazione, Enti Locali e impresa e rappresenta la combinazione di due strumenti: uno specifico Accordo di Programma Quadro per il finanziamento delle opere infrastrutturali, il sostegno della R&S, la formazione, l'accelerazione del coordinamento procedurale e un Contratto di Programma per la gestione delle agevolazioni a favore dell'investimento

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I Progetti Integrati Territoriali

In stretta relazione con il processo di decentramento nell'ultimo decennio, in Italia e i molti altri  Paesi UE, si sono avviate numerose iniziative di sviluppo locale basate su un nuovo approccio concettuale fondato su di un insieme di principi di carattere metodologico/operativo legati alla promozione di politiche di sviluppo organizzate per “cicli di progetto orientati ad unità territoriali di dimensioni ridotte (spesso sub provinciali) e realizzati attraverso forme di partecipazione attiva e responsabilizzazione degli stake-holders locali”. Un  importante punto di svolta è stato rappresentato dall'introduzione dei Progetti Integrati Territoriali  (PIT) quale modalità attuativa degli interventi cofinanziati nell'ambito dei POR delle Regioni Obiettivo 1, in linea con i principi ispiratori della programmazione 2000-06 in Italia: l'integrazione, la concertazione e il partenariato. Nelle regioni del Centro-Nord, dove, come noto, i Programmi per i diversi fondi comunitari sono promossi in modo disgiunto e senza le attività di coordinamento legate all'adozione del QCS, modelli simili a quello dei PIT sono stati largamente adottati, attraverso scelte autonome delle Regioni, per l'attuazione dei DocUP Obiettivo 2 configurando però una realtà molto più eterogenea e complessa di quella dell'Obiettivo 1. In quest'ottica la progettazione integrata territoriale assume le caratteristiche di approccio metodologico identificato da alcune caratteristiche specifiche riassumibili, nell'approccio territoriale ed integrato, che identifica la specificità del contesto operativo di riferimento (piccolo e sistemico invece che vasto e settoriale) e nell'approccio partecipativo, partenariale e decentrato, che indica l'esigenza prioritaria di coinvolgere e responsabilizzare maggiormente i destinatari finali delle politiche

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La Pianificazione StrategicaNel dibattito che coinvolge gli attori dello sviluppo locale rilevanti in materia di Pari Opportunità sono anche le ultime novità come la pianificazione strategica che può essere considerata un'evoluzione/implementazione della programmazione negoziata e della progettazione integrata. La Pianificazione strategica “può essere definita come la costruzione collettiva di una visione condivisa del futuro di un dato territorio, attraverso processi di partecipazione, discussione, ascolto: un patto tra amministratori, attori, cittadini e partners diversi per realizzare tale visione attraverso una strategia e una serie conseguente di progetti, variamente interconnessi, giustificati, valutati e condivisi; e infine come il coordinamento delle assunzioni di responsabilità dei differenti attori nella realizzazione di tali progetti”.3 Può quindi costituire una nuova modalità di inclusione dei criteri di equità come la sicurezza economica e sociale, l'inclusione sociale, la coesione sociale il mainstreaming di genere e l'empowerment attraverso processi di partecipazione e discussione.

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Gli attori dello sviluppo locale

In un'ottica di valorizzazione di ogni elemento del territorio i principali attori delle iniziative di sviluppo locale, sono gli Enti Locali; le Associazioni di categoria; le Organizzazioni sindacali; le Associazioni femminili; le Camere di Commercio; gli Istituti di credito e il sistema finanziario; le Istituzioni educative (Enti di Formazione Professionale, Università, etc.); le Imprese; gli Istituti di ricerca, il Settore no-profit (economia sociale) e le Istituzioni di Parità.

Al di là delle considerazioni metodologiche, tutti gli attori locali concordano sul ruolo chiave svolto dalla concertazione, metodologia che viene posta al centro soprattutto dei Patti Territoriali. Una metodologia vincente a livello macro e micro poiché, a fronte della rilevanza e delle differenze specifiche degli attori coinvolti in un'azione di sviluppo locale, punta su quella cultura del “non spreco” che è parte essenziale di una visione moderna di sviluppo eco-sostenibile, per individuare gli schemi di sviluppo più efficaci per rilanciare la situazione socio-economica locale. Metterla in pratica correttamente costituisce uno degli elementi di successo dei progetti di sviluppo locale perché attiva un processo di reciproca legittimazione e legittimazione del progetto di sviluppo. 

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