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IDEE VERDI - 3

LA PAROLA DI UNA DONNA FERMA L’UOMO DAL MACHETE - Marina CorradiIL PROFETA E IL CONTADINO - Guido Girolomoni e Guido CernettiL’ILLUSIONE DEL CAPITALISMO ETERNO - Severino replica a LomborgPICCOLI-GRANDI MIRACOLI DEL/NEL CAMMINO DI SANTIAGO - Fiorenzo Zerbetto

FUTURO SOSTENIBILE - 8

SUL PIANETA DELL’ACQUA MILIARDI DI ASSETATI - Sara GandolfiCOME CREARE LAVORO IN EDILIZIA - Luciano GallinoI BENI CHE SONO DI TUTTI - Stefano Rodotà

TECNOLOGIE APPROPRIATE - 12

ENERGIE DALLA NATURA: HI-TECH E TURBO-MARE - Stefano VergineSOLE PIGLIATUTTO - Elena BonanniNO TRIV IN ADRIATICO - WWF AbruzzoREGIONE MARCHE: NO TRIVELLAZIONI IN ADRIATICOFRACKING: UNA TECNOLOGIA DEVASTANTE - Carlo Strano

CONSUMI LEGGERI - 18

VANDANA: BASTA CIBO SPAZZATURA - Mario PappagalloPANE VENDUTO E BUTTATO: UNA PROPOSTA SEMPLICE - Umberto ZambriniBENVENUTO NEL CONDOMINIO-FAMIGLIA - Caterina PasoliniHO MENO COSE E SONO PIÙ FELICE - Graham HillVIVERE CON (MOLTO) MENO - Federico RampiniLA LEGGE CHE FA MARCIRE IL CIBO - Susanna TamaroPRESTO NUOVE NORME PER EVITARE SPRECO DI CIBO - La Ministra risponde a TamaroMANGIAMO PIÙ DI QUANTO SIA NECESSARIO - Matteo Gianattasio

MOBILITÁ INTELLIGENTE - 24

TAV A FIRENZE: DANNI SENZA FINE - Alberto RiparoTAV NIENTE PENALE SE SI RINUNCIA ALLA TORINO LIONE - Mario CavargnaL’INGORGO URBANO CHE SCHIACCIA I PENDOLARI - Fabio TonacciGLI ANTI-LADRI DI BICICLETTE - Irene Maria ScaliseLE GRANDI NAVI CONTINUANO A INTOSSICARE VENEZIA - Luciano Mazzolin

INQUINAMENTO ZERO - 28

TARANTO AVVELENATA DALL’ILVA - Alessandro Marescotti30.000 NO AL REFERENDUM ILVA - Peace Link“SALVA ILVA”: LA CORTE è STATA COSTITUZIONALE? - Adriano SofriL’EROE DEI DUE MARI: TARANTO UN LIBRO PER RIFLETTERE - Laura Tussi

ECOSALUTE - 32

VERONESI: L’IRRESISTIBILE ASCESA DI UN ONCOLOGO MOLTO POLITICO - Livio GiulianiPER UN’AGRICOLTURA SOSTENIBILE - Fulco PratesiIN CAMPAGNA TROPPI PESTICIDI - P. Col

AMICI ANIMALI - 37

FARFALLE IN CITTÁ - Carlo Brambilla

NATURA VIVA - 38

BOLOGNA: INIZIATIVA CIVICA NEL VERDE - Paola Sabbatani intervista Francesca Lenzi

DEMOCRAZIA E AMBIENTE - 40

DEMOCRAZIA SENZA PARTITI: è POSSIBILE? - Michele AinisL’IMPRENDITORE “INDIGNADO” CHE FA TREMARE LA SVIZZERA - Anais GinoriCALIFORNIA: REFERENDUM SUI MINIMI SINDACALI - Ennio Caretto

EDUCAZIONE AMBIENTALE - 42

PORTIAMO LA MUSICA IN STRADA - Paola d’AmicoAGRI-ASILI: ARRIVA LA TATA A KM ZERO - Christian BennaCON GIANFRANCO ALLA RICERCA DI MAESTRI GIOCATTOLAI - Roberto Papetti21-22 SETTEMBRE A MESTRE FIERA DI GAIA IN RICORDO DI GIANFRANCO ZAVALLONI

NONVIOLENZA E SOLIDARIETÁ - 46

MUOS DI NISCEMI MOSTRUOSAMENTE DANNOSO - Antonio MazzeoF35: DUBBI IN CIELO, BUSINESS A TERRA - Stefano RighiF35: CAMPAGNA “TAGLIA LE ALI ALLE ARMI” F35: OBAMA PUNTA SULL’ATOMICA IN ITALIA - Luciano ScalettariCOSA FARE DELLE BASI USA IN EUROPA? - Sergio Romano

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redazioni in rete

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SOMMARIOSOMMARIOEcoistituto del VEcoistituto del Veneto “Alex Langer”eneto “Alex Langer”Viale Venezia, 7 - 30171 Venezia-MestreTel/fax 041.935666 [email protected] Boato (dir. responsabile), Maristella Campello, Mao ValpianaAntonio Dalla Venezia, Toio de Savorgnani, Angelo Favalli, Anna Ippolito, Giulio L. Francia, Franco Rigosi,Francesco e Paolo Stevanato, Gianni Tamino,

Ecoistituto di Cesena Ecoistituto di Cesena via Germazzo, 189Tel/fax. 0547.323407 cell. [email protected] www.tecnologieappropriate.itDaniele Zavalloni, Leonardo Belli, Roberto Papetti, Vittorio BelliAlberto Rabitti, Andrea Magnolini

Ecoistituto del Piemonte Ecoistituto del Piemonte via Garibaldi, 13 - 10122 Torinotel. 011532824 fax 0115158000 www.serenoregis.orgNanni Salio, Cinzia Vaccaneo

Ecoistituto Emilia-Romagna - Centro diritto ambientaleEcoistituto Emilia-Romagna - Centro diritto ambientaletel. 0522922111 [email protected] Montanari, Celestina Pinelli

Ecoistituto VEcoistituto Valle del Talle del T icinoicinovia San Rocco, 9 - 20012 Cuggiono MItel.02.9746502 fax 02.97240252 www.ecoistitutoticino.orgOreste Magni, Aina Pacifico, Maria Lucia Benedetti, Giorgio Albertinale

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inquinamento zero

Da una parte c’era una città (divisa an-che lei, certo), dall’altra una legge volutada governo, partiti e sindacati.Una legge controfirmata dal presidentedella Repubblica, caldeggiata vasta-mente in nome delle ragioni superioridell’economia. Si penserà a una vittoriadel buon senso sul rigore astratto, o alcontrario della ragion di Stato sul diritto.La prassi della Consulta e l’aria del tempoinducevano ad aspettarsi il risultato che èvenuto. Fra una netta gerarchia di valorie un bilanciamento degli interessi concor-renti, gli interpreti conservatori della Costi-tuzione italiana prediligono il secondo.Procura e gip tarantini avevano scelto laprima: in soldoni, la salute viene prima.Gli interessi erano enormi. L’Ilva (e il go-verno) avevano fatto pesare la minacciache una sentenza di incostituzionalità vo-lesse dire la chiusura, a Taranto ealtrove. D’altra parte, se la pronuncia del-la Corte sconfessa i ricorrenti sul pianogiuridico, non chiude affatto la partitapenale, e forse la esacerba. Non perchéprocura e gip inseguano una rivalsa, maperché negando che la legge interferi-sca con l’autonomia e l’obbligatorietàdell’azione penale la Consulta lascia nel-le mani dei magistrati la sequela scottan-te dei reati commessi e accertati duranteil sequestro e in violazione delle stesseprescrizioni della legge. Reciprocamen-te, la soddisfazione ottenuta dall’aziendanon garantisce affatto di una stabilità dellavoro e delle sue condizioni, e annunciapiuttosto una forte riduzione dell’occupa-zione. (Poche ore prima della sentenza,all’Ilva un capannone di ferro e cementoè crollato rovinosamente: non era orariodi lavoro!) Di giorno il fumo dell’Ilva nonvede l’ora di sembrare una nuvola, per lavergogna. E ora, dunque? La legge ave-va due fianchi scoperti: quello di princi-pio, la negazione della salvaguardia pri-maria della salute, e quello di fatto. Per-ché la legge, che pur vanta il “cronopro-gramma”, si piega alla dilazione perma-nente, e il triennio cui dovrebbe gradual-mente applicarsi si muta in una mera sca-denza a tre anni. Sono mancate addirittu-ra le prescrizioni della precedente eblanda Aia (autorizzazione integrata am-bientale): al famigerato camino E312 delfiltro a maniche da installare entro l’ago-sto scorso non c’è traccia; la copertura

dei nastri e il rifacimento delle batterie,da completare entro il 2012, sono già slit-tati al 2014, su semplice richiesta dell’a-zienda. Addirittura, in tanto contenderesui dati dell’inquinamento, a tutt’ogginell’immenso stabilimento non sono an-cora installate centraline di monitoraggiodell’aria e degli inquinanti (nelle adiacen-ti Eni e Cementir, impestate la loro parte,ce ne sono 5 ciascuna). Lungi dall’essereun piano di interventi, l’Aia agisce comeun piano di rinvio. Sei giorni fa era stata laCassazione, motivando la convalida de-gli arresti, a scrivere duramente che i Rivae l’ex direttore dell’Ilva avevano spregiu-dicatamente continuato a «contaminare

terreni ed acque e animali destinati all’a-limentazione in un’area vastissima checomprende Taranto e i paesi vicini… cosìda integrare i reati di disastro doloso,omissione dolosa di cautele contro infor-tuni sul lavoro, avvelenamento di acque,per deliberata scelta della proprietà edei gruppi dirigenti…». E ora, dunque?Il 14 aprile si tiene un referendum: Voletechiudere tutta l’Ilva? Volete chiudere l’a-rea a caldo? È solo consultivo. Avvienetardi. È riservato alla sola Taranto: ma cisono comuni limitrofi, come Statte, chesono più vicini all’Ilva, e poi la maggio-ranza degli operai che all’Ilva lavoranoviene dai comuni della provincia. La sen-tenza di ieri potrà indurre più elettori areagire, ma resta probabile che fra quantiandranno a votare prevarrà il sì alla chiu-sura, e che si rimarrà lontano dal quorum:gli uni diranno che la città ha ripudiato lafabbrica, gli altri che la città è stata indif-ferente.Domenica mattina - giorno e ora inadattialla flemma tarantina - si è svolto un cor-teo indetto dagli “ambientalisti”, medici einfermieri in testa, e la parola d’ordine del

Contro i magistrati di Taranto

La Corte è stata costituzionale?La Corte ha dato ragione alla legge “salva Ilva”, tortoai magistrati di Taranto. Eora? Qualunque verdettofosse arrivato, la domanda sarebbe stata la stessa.

• Adriano Sofri

Non serviva agitarsi più di tanto. Quel refe-rendum da fissare «a una data più lontanapossibile», come nel 2010 ordinava la fa-miglia Riva - intercettata al telefono - al sin-daco di Taranto, Ippazio Stefano, non eraniente di cui l’Ilva avrebbe dovuto preoccupar-si. La prova è arrivata dalle urne: il Comuneha chiesto ai tarantini se volessero la chiusuradello stabilimento siderurgico e, se sì, dellasola area a caldo (quella più inquinante).Ha votato soltanto il 19,51% degli aventi dirit-to, lontanissimi dal quorum assurdo del 50%.Ancora più emblematici i dati dei quartieri a ri-dosso del siderurgico, dove alle urne si sonorecati meno di un elettore su dieci. Il referen-dum, spiegano in città, era lo strumento sba-gliato: non si può chiedere ai cittadini discegliere tra il diritto alla salute e quello allavoro. Deve essere la politica a dare una ri-sposta. Se fosse stato raggiunto il quorum,il Comune avrebbe dovuto in qualche manieratenere conto dell’indicazione dei cittadini e ilsindaco Stefano - che ieri ha votato, ma sen-za dichiarare come: «Una giornata importan-te, si decide il futuro della città» - in qualità diautorità sanitaria avrebbe dovuto emettereun provvedimento di chiusura dello stabili-

mento. «Fantapolitica» hanno spiegato i par-titi nei giorni scorsi, segnalando che la consul-tazione costava all’amministrazione 400 milaeuro.E tutti i partiti hanno snobbato il referendum,dando libertà di voto. Allo stesso modo hannofatto i sindacati. Avevano indicato di votare«sì» soltanto il Movimento 5 stelle («matroppo timidamente» hanno protestato ierii comitati organizzatori, con il leader deiVerdi Angelo Bonelli che se la prende con«Grillo muto»), Radicali e Sel (sul secondoquesito). «Con queste premesse - spiegaAlessandro Marescotti, presidente dell’asso-ciazione ambientalista Peacelink - era impos-sibile immaginare un risultato diverso. Risulta-to che non ci ha affatto deluso: quasi trenta-mila persone che vanno alle urne in pienaautonomia sono un fiume, un esercito. Ogginessuno potrà fare a meno di un cittadino sudieci che chiede di chiudere l’Ilva». Inutilel’appello al voto agli operai: pochissimi quelliche si sono messi in fila per esprimere la pre-ferenza. «Se avessi votato per la chiusuradello stabilimento - dicono fuori all’Acciaierianumero 5 - avrei cancellato il futuro mio e deimiei due figli».

Nei quartieri dell’acciaieria l’affluenza più bassa

IN 30MILA: “CHIUDIAMO L’ILVA”

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“L’Eroe dei due mari”: un libro a fu-metti, tratto da un romanzo di Giu-liano Pavone, che narra una storia disport e passione calcistica, quale so-gno di riscatto sociale per una cittàcome Taranto, simbolo e paradigmadi tutti i Sud del mondo impegnati adifendere la propria dignità contro lostrapotere capitalista e iperliberista, eche vuole rappresentare un importan-te parallelismo con l'esistenza socialedi una popolazione privata del pro-prio diritto alla vita, alla salute e alladignità del lavoro. La visione mo-

derna del calcio, non quello professionistico e legato alle biechelogiche di mercato, ma quello di provincia, incarnato da personeche vivono in una città dove le problematiche occupazionali,economiche e sociali, mordono con forza le basi della dignitàumana, rappresenta un valore nella lotta quotidiana dei cittadi-ni di Taranto per rivendicare il diritto alla salute e al lavoro in for-ma degna e conforme alla Costituzione, ossia “lavorare per vivere enon per morire”. Originale è la modalità rappresentativa del libroche tratta, tramite il fumetto, e illustra, in forma visiva, un paralle-lismo che, scritto in termini testuali, non espliciterebbe quel sensodi dinamicità e vicinanza alle tecniche di comunicazione molto af-fini ai giovani.Tramite l'animazione visiva del fumetto, sapientemente tracciatadai giovani autori, viene alleggerita la componente comunicativa,

per focalizzare lo scottante e drammati-co contenuto delle vicende tarantine.“L'eroe dei due mari” porta al riscatto lasquadra calcistica del Taranto, così comei movimenti ambientalisti conduconouna città alla riappropriazione di diritti

imprescindibili: la salvezza di una Taranto che vive il drammadel proprio declino, della trasformazione ambientale, attraver-so il degrado e il dissesto ecologico, a causa dell'inquinamentoindustriale. “L’Eroe dei due mari” fa vivere un sogno di riscattoalla squadra del Taranto. Attualmente tale riscatto invece permane,non viene arrestato, ma riesce a dare la massima espressione di sétramite un forte movimento associazionistico, di democrazia parte-cipata e attivismo dal basso, volto alla realizzazione di una cittàecosostenibile, a misura di persona.Fra classe operaia e quanti si occupano di problemi ambientali edecologici esistono molti punti di contatto. Sarebbe un grave errorescinderli. È giusto quindi che le esperienze si confrontino, perché lacrisi ambientale non potrà essere risolta se non si vince la lotta perattuare condizioni lavorative accettabili, con adeguati interventi sa-nitari e di bonifica e con la realizzazione di opportune misure di si-curezza nei luoghi di lavoro, per il rilancio culturale, morale, uma-nistico e ambientale della città di Taranto.Il libro è corredato da 20 pagine di cronologia con la storia delrapporto fra Taranto, l'Ilva e l'inquinamento ambientale.

Laura Tussi

L’EROE DEI DUE MARI: TARANTO, IL CALCIO, L’ILVA E UN SOGNO DI RISCATTO da un romanzo di Giuliano PavoneDisegni di Emanuele Boccanfuso, Virginia Carluccio, Gabriele Benefico,Walter Trono, Alberto BuscicchioPrefazione di Alessandro Marescotti, Supervisione di Carlo Gubitosa.Coedizione dell'Associazione Altrinformazione(www.altrinformazione.net) e di PeaceLink (www.peacelink.it).

inquinamento zeroTTAARRAANNTTOO iinnqquuiinnaammeennttoo,, mmaallaappoolliittiiccaa,, ppaassssiioonnee ccaallcciissttiiccaa uunn lliibbrroo ppeerr rriifflleetttteerree

sostegno ai magistrati. Era bello, ma me-no numeroso e teso di altre volte, e spic-cava l’assenza degli operai, quelli dei sin-dacati, quelli di nessuno, e quelli del co-mitato dei Liberi e pensanti, così da fardubitare di un passo indietro, al tempo incui scolari e ambientalisti manifestavanoper la magistratura e gli operai per il la-voro. I Liberi e pensanti avevano detto diavere i loro punti, e che non si manifestané pro né contro la magistratura, che hasolo da fare il suo dovere: buon argo-mento in genere, ma intanto l’Ilva era ar-rivata a denunciare in tribunale procura-tori, giudice, e custodi giudiziali. C’erauna fiammante automobile elettrica adaprire il corteo, e rendeva involontaria-mente l’idea di una distanza socialedall’Apecar che è diventata il simbolodei Liberi e pensanti. Non è facile affian-care i due mezzi di locomozione. Tuttavianon è vero che si sia tornati così indietro,e gli “ambientalisti” sanno che il primatodella salute è ormai sentito largamentefuori e dentro la fabbrica. Chissà se san-no che dentro la fabbrica qualche manoha scritto sui laminati sequestrati: “ForzaPatrizia”[il gip di Taranto, Patrizia Todisco].I Liberi e pensanti preparano ora il loro

Primo Maggio (qui si dice “l’Uno Mag-gio”): festa del lavoro, contro chi vuole ri-durlo al lavoro di pochi, e metterlo controla salute di tutti. Alla manifestazione del 7c’era un’effigie del papa, con la scritta“Francesco, vieni!” C’erano altre cosememorabili, come lo striscione retto dalledonne di Ciro Moccia, l’ultimo dei mortidell’Ilva: fra loro la sua figlia minore, l’a-vevo vista al funerale, che accarezzavala bara e mormorava: «Forza papà, forzapapà», nel giorno in cui era diventatagrande prima del tempo.Gira un’idea, di candidare Taranto a ca-pitale europea della cultura nel 2019 (so-no già candidate Ravenna, L’Aquila, As-sisi, Matera…). È una buona idea, suppo-ne almeno che l’Ilva retroceda entro limi-ti tecnici e umani decenti e che i ruderioltraggiati dell’antica acropoli di TarantoVecchia riacquistino bellezza e popolo,prima della calata degli avvoltoi. È suc-cesso ad altre città devastate da impian-ti voraci, e convertite a bellezza e cultura(Linz 2009, la slovacca e siderurgica Koöi-ce 2013). Chi farà i sopralluoghi non cer-chi la verità di Taranto ai recinti arrossatidell’Ilva, né ai due mari splendidi e avve-lenati, o al muraglione cupo che difende

da nessuno un arsenale militare svuotato:vada al cimitero di san Brunone, “sopraai Tamburi”. Nelle celle frigorifere aspet-tano le salme da inumare, la più poveradelle destinazioni postume, perché la ter-ra è troppo inquinata per essere maneg-giata dai lavoranti, come nei giardinetti enelle aiuole delle scuole elementari. Nonci sono più metafore, qua. “La terra deimorti” è vera terra di erbacce che respin-ge i morti. Costerebbe 6 euro al giorno, lagiacenza dei morti congelati, ma, datal’emergenza, si soprassiede. Fra i millemodi di indagare su quanto e come simuoia a Taranto c’è anche questo, la let-tura paziente delle date d’inizio e di finesulle lapidi. D’altra parte non c’è puntomigliore per il colpo d’occhio sulla granfabbrica che i tetti degli ossari, separatiappena da una strada. Peccato che dinotte la città dei morti chiuda, quando lospettacolo così grandiosamente fotoge-nico dell’Ilva culmina. Di notte le fumatesi impigliano ai camini e alle torri degli al-toforni come una ragnatela di nebbiagrigia e rossastra, un’illusione ottica diproduzione sovreccitata, e un risparmiosulla tariffa elettrica scontata della notte.

• la Repubblica